Cresce il grido d'allarme dei locali del centro storico: "Aiuti e soluzioni subito o qui sarà il deserto" - Genova24

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Cresce il grido d'allarme dei locali del centro storico: "Aiuti e soluzioni subito o qui sarà il deserto" - Genova24
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     Cresce il grido d’allarme dei locali del centro storico:
     “Aiuti e soluzioni subito o qui sarà il deserto”
     di G.M.
     22 Gennaio 2021 – 12:32

     Genova. Rete contatto Genova, Kowalski, Tazze Pazze, Jalapeno, Maninvino, Romeo
     Viganotti, Scurreria Beer and Bagel, Ai Troeggi, Dall’orso, Cucina Valoria, Il Balcone,
     Mescite, O’ Boteco, Rossocarne, Forchetta curiosa, Groove, Malkovich. Ma anche
     Paccotglia e la Libreria Falso Demetrio, Negroneria Genovese, Lo Speziale, Rosmarino, Da
     Giuse, Veracruz, Pintori, Fitz Pub, Taggiou, Les Rouges, Uva, Archivolto Mongiardino,
     Kamun, U gelato du caroggio, La lepre, Sa Pesta, Jamila, Rooster, Cibus, Masetto. E
     ancora il ristorante il Fabbro, La meridiana Café, la trattoria dell’Acciughetta, Borotalco, il
     Salotto, Vezza Boutique e il Gradisca.

     Sono alcuni, molti, locali e negozi che – da molti anni o da poco tempo – animano il centro
     storico genovese. Bar e ristoranti, pub e osterie, ma anche vinerie, gastronomie, negozi di
     abbigliamento, librerie, sartorie, insomma tutta una rete sociale di persone e di lavoratori
     che per i genovesi che frequentano i caruggi sono diventati un punto di riferimento
     quotidiano.

     Bene, il rischio concreto è che alcune attività, di questa lunga lista, possano non esistere
     più quando finirà il momento pandemico, il momento di incertezza tra chiusure e

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     riaperture, quello di crisi economica tra delivery che non bastano certo a far reggere i
     conti e ristori che, quando arrivano, sono comunque insufficienti. Ed è per questo che
     hanno deciso di firmare una lettera aperta alle istituzioni locali e nazionali per chiedere
     soluzioni concrete e, soprattutto, immediate. Qui trovate il testo integrale. Lettera
     aperta dei commercianti del centro storico.

     Nel giro di pochi giorni i firmatari della lettera sono quasi raddoppiati. “Stiamo
     cercando di acquisire ancora maggiore massa critica, di sensibilizzare ancora più persone
     – dice Pier Cozzolino, gestore del Kowalski – in modo da avere un peso diverso quando e se
     mai saremo contattati dalle istituzioni locali e attraverso esse nazionali, per adesso non
     sono ancora arrivati segnali”.

     Le richieste sono molto semplici, e non si riferiscono soltanto al dio denaro ma anche a
     un rilancio turistico e culturale del centro storico: ristori per il 50% della differenza di
     fatturato tra il 2019 e il 2020, allentamento della pressione fiscale per alleggerire il
     passato e fino al 2022, politiche attive per facilitare la creazione di eventi, prolungamento
     della concessione gratuita dei dehors fino a fine estate 2022 e promozione costante ed
     efficace del nostro territorio rivola sia ai cittadini sia ai turisti.

     Anno nuovo, vita vecchia. “Con l’inizio del 2021, trascorse le festività in un clima
     surreale dovuto alle restrizioni decise per contenere i numeri della pandemia, le più tristi
     previsioni circa il destino della nostra categoria si sono materializzate. Nel momento in cui
     scriviamo, infatti, gli ultimi risarcimenti promessi dal governo non sono a tutti
     arrivati e i prossimi mesi si annunciano difficili, sulla falsa riga di quelli trascorsi
     nell’ultimo autunno”, scrivono i commercianti.

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     Una città a sé. “Abbiamo deciso di scrivere questa lettera per sensibilizzare le istituzioni
     e l’opinione pubblica, il centro storico genovese ha le sue proprie peculiarità
     completamente diverse da quelle di altre zone del comune, della regione, della nazione. Un
     vizio del nostro paese è quello di affrontare i problemi nazionali come se fossimo una
     nazione unita dallo stesso medesimo destino oltre che dalla lingua. Non è così”.

     Presidio di legalità e cultura. Non solo divertimento, un centro storico animato dai
     negozi e locali è un centro storico più sicuro e di maggior valore. “Parliamo del presidio
     costante e duraturo che si oppone ogni giorno a una criminalità sempre più aggressiva –
     dicono i commercianti – una mafia che agogna di uscire allo scoperto e conquistare nuovi
     lidi, ma che l’onestà delle nostre attività e del tessuto sociale nel quale esse vivono ha
     continuato nel tempo a porsi come muraglia invalicabile delle virtù di una cittadinanza che
     non vuole arrendersi”

     “Parliamo della crescita culturale unica nel tessuto genovese, con la produzione di eventi
     offerti a tutta la popolazione che ostinatamente continua a germogliare, non smettendo di
     porre accenti sulla qualità della vita di una delegazione che, altrimenti, sarebbe
     abbandonata al buio della scarsa illuminazione, al silenzio dello spaccio dilagante e a
     qualche karaoke stonato realizzato in un paio di locande patinate. Parliamo infine e
     soprattutto della capacità di valorizzare un territorio che, viceversa, varrebbe meno di un
     appartamento in “Vicolo Stretto”, visto che finirebbe preda della desolazione criminale
     sopra descritta o della mala movida dell’alcool a basso costo e delle grida lanciate con
     tamburi scaccia turisti“.

     In queste settimane si sono moltiplicate le manifestazioni di piazza, a dire il vero, almeno a
     Genova, piuttosto sparute e disordinate di ristoratori ed esercenti contro i dpcm e le
     chiusure, e a favore “del lavoro”. Ce ne sarà una nuova lunedì mattina davanti alla

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     prefettura del capoluogo ligure. Le associazioni di categoria, di fatto e per ora, hanno
     scelto di portare avanti un profilo del tutto istituzionale.

     Meno manifestazioni, più risposte. La rete del centro storico in merito chiarisce che “la
     nostra categoria non ha, per storia e conformazione, la possibilità di scioperare, né
     purtroppo, una voce univoca che possa rappresentarla tenendo conto delle diverse
     specificità di cui abbiamo accennato in apertura – conclude la lettera – di certo non
     vogliamo scioglierci in inutili manifestazioni capaci solo di lasciare il tempo che trovano e
     neppure dar aria alle pance già gonfie di quei soloni della ristorazione che fin troppo
     agitano le televisioni nazionali. Vogliamo essere pratici, arrivare al punto e perorare fino
     alla fine la nostra battaglia”.

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