CONVENTO DI S. AGOSTINO - E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE - Archivio di Stato di Benevento
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Corporazioni religiose soppresse / 3 DOMENICO IADANZA CONVENTO DI S. AGOSTINO E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE IN BENEVENTO INVENTARIO E RIPRODUZIONE DIGITALE DEL COMPLESSO ARCHIVISTICO INTRODUZIONE I CANONICI REGOLARI GLI EREMITANI I PROVVEDIMENTI DI SOPPRESSIONE DEL XIX SECOLO L’ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE GLI EDIFICI ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTO - DICEMBRE 2020
Tutti i diritti riservati È vietata ogni riproduzione ISBN 978-88-945012-3-0 Copyright © - Archivio di Stato di Benevento Le immagini, quando non diversamente indicato, sono di proprietà del MiBACT Archivio di Stato di Benevento, riprodotte in digitale da D OMENICO R INALDI e C ARLINO V ARRICCHIO as-bn@beniculturali.it
INTRODUZIONE I CANONICI REGOLARI Per buona parte del medioevo il termine agostiniani fu una denominazione assai vaga, con la quale vennero solitamente indicati gruppi religiosi sorti senza una ben determinata regola di riferimento, organizzati semplicemente in vita comune non monastica e che quindi, per il diritto canonico del tempo, non potevano essere assimilati alla regola benedettina. I primi gruppi a collegarsi tra di loro e a dare vita a congregazioni organizzate furono quelli dei Canonici regolari, costi- tuitisi subito dopo il concilio del Laterano del 1059, dal quale trasse il nome anche la più nota delle congregazioni. I Canonici regolari furono anche i primi agostiniani di cui sia attestata la presenza in Benevento: si tratta della congregazione fondata nelle chiese di S. Andrea alla Piazza e della Ss. Trinità di 1 Sigillo del Convento di Torre Palazzo dal cardinale Alberto S. Andrea, XIV sec. Morra, cancelliere della Chiesa romana e Riproduzione in G. CONSOLI- poi papa dal 21 ottobre al 17 dicembre FIEGO, Sigillo beneventano. 1187 con il nome di Gregorio VIII. 1 Stefano Borgia, nel riportare il testo della lettera del pontefice Urbano III del 1° febbraio 1186, annota: «Urbano chiama Palatiolum la Starza di torre palazzo, donata dal re Guglielmo al Monistero di S. Andrea e che in questo luogo vi ebbe già una chiesa dedicata alla Ss. Trinità, della quale ne rimangono anche in oggi le vestigia nel Feudo di S. Giovanni, che così al presente si appella la detta Starza, o sia Palazzolo. Quivi in altri tempi vi fu un casale di qualche popolazione, che dal luogo si nominò il casale di Pallazzolo, ed è spesso ricordato nelle vecchie carte beneventane e massime nel necrologio di S. Spirito, nel quale sono registrati più defunti de Palazulo» (S. BORGIA, Memorie istoriche della pontificia città di Benevento dal secolo VIII al secolo XVIII, II, Roma, 1764, p. 243).
Il complesso architettonico di S. Andrea alla Piazza ha visto nel corso del tempo una serie di fusioni ed assem- bramenti di varie costruzioni. Il nucleo originario dell’antico priorato canonicale di S. Andrea a platea maiore comprendeva non solo la chiesa dedicata all’apostolo, ma anche il contiguo palatium ed alcune botteghe anti- stanti. Dopo essere stata adibita a seminario arcivescovile dal 1567 al 1990, la struttura divenne sede nel 1996 dell’Archivio di Stato di Benevento.
Morra, che in quel tempo non era ancora papa ma cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina e cancelliere della Chiesa romana, oltre a istituire l’ordine canonicale, riconfermò al priore Giovanni e ai canonici diversi possedimenti e stabilì le forme e i modi dell’elezione dei futuri priori, che spettava ai canonici riuniti in consiglio. Statuì inoltre che gli eletti fossero presentati per la necessaria conferma all’arcivescovo di Benevento, al quale era dovuto solo un censo annuo di quattro libbre di cera. I canonici infatti erano esenti dal plateatico sulle botteghe e sulle plancae si era soliti pagare fin dai pontificati di Alessandro III e Lucio II. Nell’accordare la protezione pontificia alla chiesa di S. Andrea e a quella della Ss. Trinità, il pontefice Urbano III confermò il 1° dicembre 1186 l’ordine canonicale. Il 26 marzo del 1187 lo stesso pontefice stabilì poi che i canonici non dovessero essere più di ventiquattro2. La congregazione fondata da Morra non ebbe uno sviluppo consistente 3 , ma i Canonici regolari furono ancora presenti in Benevento con la congregazione dei Lateranensi, ai quali papa Giulio II assegnò nel 1505 il monastero di S. Modesto, e con la congregazione del Ss. Salvatore, alla quale il commendatario cardinale Ascanio Colonna affidò nel 1595 la chiesa e il monastero di S. Sofia. 2 C. LEPORE, La biblioteca capitolare di Benevento: regesti delle pergamene secoli 7.-13.: regesti (668-1299), in «Rivista storica del Sannio», 3. Serie, Anno 10 (2 sem. 2003), pp. [177]-240. 3 La ricostruzione di Borgia è che «essendo poi mancati in questo monistero i Ca- nonici regolari di S. Agostino, fu esso da Bonifacio IX nel 1394 dato in commenda a Bartolomeo de Barbatis, arcidiacono di Benevento, e indi nel 1400 fu unito dallo stesso pontefice alla Mensa arcidiaconale della medesima Chiesa. Appresso nel secolo XVI il monistero e chiesa suddetta, ai tempi del cardinal Giacomo Savelli arcivescovo, passò in uso del nuovo Seminario da esso eretto in città.» (S. BORGIA, Memorie istoriche ... cit., p. 246). Giuseppe Consoli-Fiego riporta anche la versione di De Vita, secondo il quale la decisione di Bonifacio IX fu motivata dall’avere il priore dei Canonici regolari, Lorenzo della Cava, aderito all’antipapa Clemente VII (G. CONSOLI-FIEGO, Si- gillo beneventano, Benevento, Tipografia del Sannio, s.d.).
GLI EREMITANI Se appare certa l’epoca dell’insediamento in Benevento dei Canonici regolari, più controversa è quella in cui è possibile datare la presenza in città dell’altro principale ordine religioso che si richiamava alla regola agostiniana, quello degli Eremitani di S. Agostino. I numerosi gruppi di eremitani cominciarono ad associarsi in congregazioni nel XII secolo ma il processo di unificazione ebbe un impulso decisivo solo con Innocenzo IV - che con la bolla Incumbit nobis del 16 dicembre 1243 sancì l’unione degli eremiti toscani – e si compì con Alessandro IV: durante il suo pontificato le principali congregazioni si incontrarono a Roma nel capitolo del 1256 e si unirono sotto un’unica giurisdizione nell’ordine degli Eremitani di S. Agostino, riconosciuto con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae del 13 aprile 12564. La presenza in Benevento già prima del 1256 di eremitani che si riferivano alla regola di sant’Agostino è asserita da più studiosi. Padre Cherubino Caiazzo, nell'elencare i conventi agostiniani presenti nel regno di Napoli nel 1652, cita il convento di Benevento datandone la fondazione al 11965. Giuseppe Consoli-Fiego, citando le Memorie di Stefano Borgia, ricorda che «allorquando il pontefice Alessandro III, per sfuggire all’assedio del Barbarossa (1167), si rifugiò in Benevento, vestito da pellegrino, concesse ai padri dell’ordine un privilegio (quello di ricevere cose donate) di cui si ha notizia solo per la conferma che nel 1232 ne fece Gregorio IX»6 e ne 4 Alcuni studiosi ritengono che la nascita dell’Ordine sia precedente alla data del 1256 in quanto «il concilio II di Lione celebrato nel 1274, dichiarò espressamente che il suddetto Ordine non dovevasi annoverare tra i recenti istituti, perché tanto questo, quanto quello del Carmelo, di già avevano la loro esistenza innanzi al Con- cilio generale Lateranense IV celebratosi in Roma nel 1215» (p. CHERUBINO CAIAZZO, Gli Agostiniani a Napoli, Napoli, Tipografia Picone, 1936, p. 44). 5 Ibid., p. 112. 6 G. CONSOLI-FIEGO, Sigillo beneventano, cit., p. 3.
deduce che doveva trattarsi dei padri eremiti, non essendo ancora stata fondata in S. Andrea la congregazione dei Canonici regolari. Comunque sia, è solo dopo l’unione delle disperse congregazioni nel 1256 che gli eremitani agostiniani lasciarono i romitori e la vita esclusivamente contemplativa e si riunirono nei primi conventi e – per quanto si possa accettare la loro presenza in Benevento già nel XII secolo – si ha testimonianza dell’esistenza nella città di un convento degli Eremitani di S. Agostino solo a partire dalla prima metà del secolo XIV. Gaetana Intorcia, che pure riporta la notizia contenuta nel n. 5 della rivista Analecta Augustiniana, anno 1905, secondo cui nel 1256 quello di Benevento sarebbe stato annoverato tra i ventinove conventi della Provincia agostiniana napoletana, non sembra fidarsene più di tanto e preferisce posticiparne la fondazione agli anni intorno al 1300, basandosi sulle donazioni elargite in favore del convento nel 1319, nel 1327 e nel 1336 e documentate nel fondo pergamene della Biblioteca capitolare di Benevento (cart. 3777).7 Indicazione conforme è rilevabile dall’indice e inventario dei libri e scritture del Convento di S. Agostino, redatto all’atto della soppressione del 1806 e nel quale la documentazione più antica risulta essere contenuta in un volume di testamenti risalente al 1346.8 Anche per i religiosi ospiti del convento le prime notizie risalgono alla stessa epoca, iniziando con fra Donato dell’ordine degli Eremiti di S. Agostino, vivente nel cenobio beneventano, dotato di singolare dottrina ed ornato di straordinaria probità, nel giorno 19 gennaio dell’anno 1366 da Urbano V ordinato arcivescovo di Lepanto9. 7 G. INTORCIA, Aggiornamento storico-critico, in G. DE NICASTRO, Benevento sa- cro, a cura di G. INTORCIA, Benevento, De Martini, 1976, p. 349. 8 ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTO [d’ora in poi ASBN], Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 282-283. 9 G. DE NICASTRO, Beneventana Pinacotheca, Benevento, Tipografia arcivescovile, 1720, p. 101, dove si cita come fonte T. HERRERA, Alphabetum Augustinianum, Madrid, Gregorii Rodriguez, 1644, t. I, p. 196: «Donatus de Benevento, in registro
Il 1366 è adottato come terminus ante quem per l’esistenza del convento di S. Agostino anche nell’atto notarile in cui viene registrata la nuova consacrazione della chiesa dopo le riparazioni dei danni arrecati all’edificio dai terremoti del 1688 e del 1702. L’atto traccia poi una rapida storia dell’ordine in Benevento attraverso altre figure preminenti di religiosi10. All’arcivescovo Donato segue così fra Adeodato da Benevento, maestro esimio di sacra teologia e precettore dei monaci di Montevergine, ricordato anche da Thomas de Herrera11 ed attivo nel 1563 circa. Vaticano instituitur Archiepiscopus Neopacensis 14. Cal. Februarij anno 1366 et iterum Nonis Aprilis anno 1367». La data della prima nomina è resa 17 gennaio 1366 nell’atto notarile del 1714 che registra la consacrazione della chiesa restaurata dopo il terremoto del 1702 e così viene ripresa da Intorcia e da altri, mentre De Nicastro scrive 12 gennaio, ma la data fornita da Herrera, al quale tutti si rifanno, è 14. Cal. Februarij che corrisponde al 19 gennaio, giorno di cui abbiamo trovato conferma solo in M. LE QUIEN, Oriens christianus, III, Parisiis, Ex typografia regia, 1740, p 1012. 10 Instrumentum solemnis consecrationis Ecclesiae S. Augustini Beneventi, in «Samnium», II (1929), 3, pp. 87-89. Le note su questi personaggi e in particolare su Donato Marra sono riprese tra gli altri in G. DE NICASTRO, Benevento Sacra, cit., pp. 225-226 e 349-350; G. DE NICASTRO, Beneventana Pinacotheca, cit., p. 175; J.F. OSSINGER, Bibliotheca Augustiniana, Ingolstadt et Augustae Vindelicorum, 1776, p. 557; C. MINIERI- RICCIO, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori napoletani fioriti nel secolo XVII, Milano, 1875, p. 205; A. ZAZO, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli, F. Fiorentino, 1973, p. 244; E. ANNECCHINI, Dal Convento di Sant’Agostino a Port’Aurea, in «Rivista Storica del Sannio», 1. Serie, 1919, n. 4; S. DE LUCIA, Passeggiate beneventane, Benevento, 1983. p. 112. Gaetana Intorcia nel suo aggiornamento critico all’opera di De Nicastro annovera altri religiosi non citati nell’atto di consacrazione perché attivi in epoca successiva: «Priore del convento, nel 1772, fu il beneventano Agostino Lepore, valente teologo, maestro di filosofia e storia ecclesiastica in Milano, Pavia, Bologna. Personalità di rilievo fu anche Beniamino l’Arena, musico, filosofo, teologo, accurato ricercatore di notizie storiche e raccoglitore dei rogiti notarili relativi alle donazioni fatte alla comunità». 11 T. HERRERA, Alphabetum ..., cit., p. 6.
E «tra i religiosi celebri per dottrina e probità, che abitarono in questo convento e arricchirono la sua chiesa di grandi benefici, si annoverò fra Donato Marra, in quello stesso luogo insigne teologo beneventano e chiarissimo predicatore in tutta Europa e specialmente nella terra teutonica del suo tempo. Egli pubblicò nell’anno 1578 le narrazioni sopra tutti gli inni della Chiesa e che sono in uso negli ordini di S. Benedetto, di S. Agostino, di S. Domenico, di S. Francesco e dei Carmelitani12. Morì sessagenario nell’anno 1580 e fu inumato vicino l’antico sacello di S. Luca Evangelista». Marra fu anche il promotore, a partire dal 1570, di una prima serie di abbellimenti e modifiche alla chiesa e al convento, realizzata dal noto architetto ed ingegnere Benvenuto Tortelli13. Continua la galleria di religiosi illustrata dall’atto di consacrazione con il «padre maestro fra Agostino da Campobasso, detto tuttavia da Benevento, che per molti anni resse lodevolmente la carica di priore e poi di provinciale del regno di Napoli e infine di vicario generale della Congregazione [di S. Giovanni] di Carbonara». E ancora «questo Cenobio, sia perché era costruito con le comodità di un’abitazione, sia perché era situato nella parte più alta e più salubre della città, fu abitato da Maffeo Barberino, chierico della Camera apostolica, che in seguito, elevato al sommo pontificato, assunse il nome di Urbano VIII. Questi nell’anno 1601, sorte delle controversie in ragione dei confini tra la comunità di questa Città da una parte e i regi ministri, alcuni baroni, comunità e uomini confinanti dall’altra parte, fu qui inviato da Clemente VIII insieme con Alessandro Ludovisio, uditore del Santo palazzo apostolico, al fine di visitare, prendere conoscenza e raccogliere le necessarie e opportune informazioni». 12 D. MARRA, Enarrationes in hymnos omnes, qui cantantur in Ecclesia per annum, secundum morem S. Romanae Ecclesiae et ordinem breviarij nuper editi, et secu- ndum morem religiosorum ordinum Sancti Augustini, Benedicti, Dominici Franci- sci et Carmelitarum, s.l., Orazio Salviano, 1578. 13 F. STRAZZULLO, Architetti e ingegneri napoletani dal ‘500 al ‘700, Napoli 1969, pp. 305-335, citato in G. INTORCIA, Aggiornamento ... cit, p. 350.
ASBN, Notai, Atti del notaio Gianfrancesco De Simone di Montesarchio, n. 14557, anno 1821, controguardia posteriore.
Prima di concludersi con i terremoti del 1688 e del 1702 e con la ricostruzione voluta dall’arcivescovo Orsini, la rievocazione storica accenna solo alle difficoltà incontrate dalla comunità degli eremiti agostiniani e al suo ridimensionamento14: «Fino all'anno 1656, nel quale questa città nel regno di Napoli e tutta quanta l'Italia soffrì per un'immane epidemia di peste, in questo cenobio vissero trenta religiosi e si ebbe l'approvazione dei postulanti e il noviziato, che poi, a causa dei redditi molto diminuiti, fu dismesso». Con il terremoto del 1702 e la successiva ricostruzione e consacrazione della chiesa, iniziò per gli Eremiti di S. Agostino un secolo che si concluse con il primo di una serie di reiterati provvedimenti di soppressione. 14 Dal Convento di S. Agostino dipendevano quattro chiese e sono la chiesa di S. Andrea da Palofernis, la chiesa di S. Matteo di Porta Aurea, la chiesa di S. Maria e la chiesa di S. Eustachio. Enrico Isernia nella sua Istoria della città di Benevento dalla sua origine fino al 1894, edita dalla Tipografia D’Alessandro nel 1895, afferma che di queste chiese ora non si serba alcuna memoria e la sua asserzione è ripresa da Salvatore De Lucia nel volume Passeggiate beneventane, edito dalla stessa tipografia nel 1925, ma Alfredo Zazo nel suo lavoro sulle chiese parrocchiali di Benevento del XII-XIV secolo le indi- vidua con precisione, tutte nell’area dell’Arco di Traiano. S. Andrea da Palofernis «era accanto a Port’Aurea (Arco a Traiano), cinta dalle chiese di S. Matteo di Port’Aurea, di S. Maria Paternonis (o S. Maria Abate Arnone) e di S. Eustachio (poi S. Loia). Secondo il Della Vipera la chiesa sarebbe stata fondata dalla “nobile e antica famiglia beneventana Palofernis”, il cui nome do- vette corrompersi. Unita nel XVI secolo a quella di S. Maria Paternonis, nel 1641 “era già diruta e scoverta a modo di casalino”». S. Matteo di Porta Aurea «era accanto all’Arco a Traiano ed esisteva certamente nel 1170, quando abbiamo notizia di una “donatio iuris patronatus Ecclesiae S. Mathei de Porta Au- rea facta per Robertum filium Landolfi militis de Regino, Corrado filio Roberti”». S. Maria Paternonis «sorgeva nel “controito di Porta’Aurea” e sicuramente nel 1193. Edificata da un abate Arnone, il nome ne rimase corrotto. Nei documenti meno antichi appare anche col nome di “S. Maria a Paternòla”. Appartenne al Col- legium S. Spiritus nel 1639 e sullo scorcio di quel secolo risulta già profanata». S. Eustachio «era a destra dell’Arco a Traiano. Nel XVII sec. “conservava l’aspetto di chiesa diruta”; in seguito fu ridotta a giardino». (A. ZAZO, Le Chiese parrocchiali di Benevento del XII-XIV secolo, in «Samnium», XXXII (1959), 1-2, pp. 72 e 75). La localizzazione delle quattro chiese è anche nel manoscritto di Emmanuele An- necchini Breve compendio istorico delle principali notizie della città di Benevento dalla sua fondazione fino all’anno 1802, Benevento, 1904.
I PROVVEDIMENTI DI SOPPRESSIONE DEL XIX SECOLO Il 14 gennaio 1799 le truppe francesi entrarono in Benevento e occuparono la città pontificia. Il 2 maggio Carlo Popp, che sostituì Andrea Valiante quale commissario organizzatore nell’amministra- zione francese della città15, decretò la soppressione di ben diciannove case monastiche, tra cui quella degli Eremiti di S. Agostino16, che po- chi anni prima, nel 1788, era stata separata dalla provincia agostiniana di Terra di Lavoro, posta alle dipendenze del padre generale e da que- sti assegnata alla provincia romana17. Il provvedimento del commis- sario Popp ebbe un’efficacia limitata per il fatto di essere stato preso solo un mese prima dell’ingresso in città dei militi del cardinale Ruffo e della fine dell’esperienza rivoluzionaria. La soppressione delle case religiose si ripropose sette anni dopo con il decreto del 17 agosto 1806, uno dei primi atti del Principato di Talleyrand, sottoscritto dal governatore Alexandre Dufresne de Saint Léon: « Art. I - In tutta l’estensione del principato e della città di Bene- vento saranno estinti e soppressi i conventi ed ordini religiosi qui infra descritti. (…) Convento dei padri eremiti Agostiniani. (…) Art. II – I beni ed entrate appartenenti ai detti conventi sono riuniti al patrimonio del principe. (...) Art. XI – I sigilli saranno posti sopra gli archivi, carte e proprietà 15 L'aggregazione di Benevento alla Repubblica francese fu solennizzata il 7 aprile 1799 dall'arcivescovo Domenico Spinucci con un rito pontificale alla presenza del commissario Popp. 16 A. ZAZO, Il ducato di Benevento dall’occupazione borbonica del 1798 al Princi- pato di Talleyrand, Napoli, 1941, p. 61. 17 C. TESTA, Ricerche sulla soppressione dell’Ordine Agostiniano nel Regno di Na- poli durante l’occupazione napoleonica, in «Analecta Augustiniana», XXXIX (1976), p. 210.
pubbliche e communi dei detti conventi e chiese e gli individui potranno portar via con loro i mobili, abiti e lingerie personali che arredano la loro camera o cella. Art. XII – Col presente decreto si mette il sequestro sopra le pro- prietà e redditi dei detti stabilimenti religiosi soppressi tra le mani di ogni massaro, censitario o debitore sotto qualunque titolo siasi, i quali non potranno pagar nulla né rilasciare alcuna somma o ef- fetto appartenente agli stabilimenti suddetti, il tutto senza nostro ordine sotto pena di pagare due volte. Art. XIII – Tutti i libri esistenti nei detti conventi saranno riuniti alla libreria pubblica quando se ne sarà fatto un catalogo. (...) Art. XV – Noi vedremo con piacere i beneventani divoti frequen- tare con maggiore assiduità le chiese parrocchiali, che sono le vere chiese, o luogo di riunione dei fedeli».18 I beni delle corporazioni soppresse furono quindi incamerati dal Patrimonio ducale, che li gestì fino al ritorno di Benevento sotto il dominio della Santa Sede, procedendo non solo a locazioni, conces- sioni e rinnovi di enfiteusi, ma anche ad alienazioni19, tra le quali si ricordano quella del monastero di S. Vittorino e quelle dei conventi di S. Teresa e di S. Agostino, venduti al sacerdote Rivellini di Vitu- lano il primo e a Pascale Spallone di Celenza il secondo. L’atto di vendita del convento di S. Agostino venne redatto dal notaio Filippo Zoppoli20 il 6 aprile 1810. Ad esso intervennero Giu- seppe Pacca, marchese della terra di Matrice, nella qualità di tesoriere 18 ARCHIVIO STORICO PROVINCIALE DI BENEVENTO, Soppressione dei conventi: editto di Dufresne Saint Léon, Dss. Mob. 45, cass. 1, inv. 5521. 19 L’alienazione era stata disposta da Talleyrand con decreto del 4 settembre 1807. 20 Francesco e Filippo Zoppoli, padre e figlio, furono i notai ufficiali dell’ammini- strazione francese del Ducato di Benevento, nonché conservatori dell’archivio du- cale con sede nel collegio di S. Filippo Neri, dove fu concentrata tutta la documen- tazione delle corporazioni religiose soppresse. Durante l’amministrazione francese del 1799, Francesco è giudice del Tribunale superiore istituito da Valiante e commissario per i conventi soppressi di S. Dome- nico in Benevento e dei Padri del SS.mo Redentore in Sant’Angelo a Cupolo. Nel
generale della Camera ducale e Pasquale Spallone21 della terra di Ce- lenza del regno di Napoli: « Asserisce spontaneamente avanti di noi esso signor marchese Pacca tesoriere come tra gli altri beni immobili, devoluti alla Ca- mera ducale per la soppressione dei monisteri nel Principato di Benevento seguita ai diciannove agosto dell’anno mille ottocento e sei, avvi l’ex monistero di Sant’Agostino con la chiesa e corpi annessi, sito e posto nella parrocchia dei Santi Angelo e Stefano di questa città, che assieme colle altre case ex religiose Sua al- tezza serenissima con suo decreto del dì quattro settembre dell’anno mille ottocento e sette ha ordinato alienarsi. Per effetto di un tal decreto avendo sua eccellenza il signor go- vernatore del Principato don Luigi Beer fatto apprezzare il moni- stero e chiesa sudetti con giardini e larghetto dall’architetto di Sua altezza serenissima signor don Giovanni Torre, questi con sua rela- zione del dì dieci ottobre dell’anno milleottocentotto, con cui ne descrive l’intiero stato, ha riferito ascendere il prezzo del convento, giardini e chiesa sudetti a ducati quattromilaseicento e quattro. maggio del 1799, quando l’esperienza rivoluzionaria si è ormai esaurita e gli uo- mini del cardinale Ruffo sono alle porte della città, è tra i firmatari di una supplica a Ferdinando IV, ma questo non gli risparmierà l’inquisizione e la condanna a quindici anni di esilio. Dal 28 agosto 1806, regnando Sua altezza serenissima Carlo Maurizio Talleyrand Perigord, principe e duca di Benevento, comincia a rogare esclusivamente per il Patrimonio ducale. Durante una sua malattia, dal 24 marzo all'11 aprile 1808, il governatore Luis de Beer con decreto datato 17 marzo 1808 autorizza la sua sosti- tuzione nella carica di "Primo notaro di questa Città e Ducato di Benevento" con il figlio, notaio Filippo Zoppoli, che gli subentra definitivamente dal 1810. 21 Spallone era originario di Celenza Valfortore ma residente in Benevento all’epoca dei fatti. Fervente rivoluzionario, lo si ritrova già il 7 luglio 1799 come uno dei testimoni in una dichiarazione giurata dinanzi al notaio Liberatore Ruggiero di San Bartolomeo in Galdo, intesa a minimizzare il ruolo avuto negli eventi rivoluzionari da Gaetano Mascia di Napoli (G. VETRONE, Sub auspiciis Gallicae Reipublicae. Il 1799 negli atti dei notai di Benevento e della sua attuale provincia, Benevento, ASBn, 2002, p. 89). Diversi anni dopo, il 6 settembre 1823, Spallone, che sembra avesse legami con la carboneria, venne arrestato per “corrispondenza con i faci- norosi” del distretto di Larino e di San Severo, essendo all’epoca residente a Troia (G. CLEMENTE, La Capitanata nel 1823 attraverso il rapporto sullo “spirito pub- blico” di Biase Zurlo, s.l., 1988, p.126).
In queste circostanze il predetto signor Spallone ha pregato detto signor governatore del Principato a vendergli il divisato convento, giardini ed adiacenze, tali quali si descrivono nel mentovato rap- porto dell’architetto Torre, esclusa la chiesa per ducati mille e quattrocento, da pagarli nel corso di anni dieci ed intanto corri- sponderne l’interesse al cinque per cento nell’annua somma di ducati settanta scalarmente, sino a tanto che tutto l’intiero debito di ducati mille e quattrocento, prezzo capitale della compera, non si fusse soddisfatto. Il prelodato signor governatore, considerando che lo stabile sta sito in una parte ignobile della città, che richiede una manuten- zione annua considerabile e la scarsezza del numerario, si è con- disceso che sull’offerta del signor Spallone, nonostante sia infe- riore alla valuta data al detto monistero dall’architetto Torre, si fusse proceduto all’accensioni delle candele formalmente a norma del diritto»22. Tralasciamo la trascrizione della parte dell’atto in cui viene de- scritta la complessa procedura dell’asta mediante accensione delle candele, procedura che fu ripetuta due volte: la prima alla presenza del tesoriere Pacca, la seconda, mancando il tesoriere, dinanzi al go- vernatore de Beer. Non si ebbero altre offerte oltre quella di Spallone, ma, quando l’accordo si era già concluso con il perfezionamento delle clausole contrattuali, « pendente il sovraesposto trattato e gli otto giorni accordati dalla legge, il signor Giacomo Calandrelli del già Giuseppe, beneven- tano, ai venticinque del detto spirato marzo presentò al lodato si- gnor governatore del Principato la sovraimposta del quarto sul prezzo della vendita definitiva, come sopra aggiudicata al pre- detto Pasquale Spallone, ond’è che fece ascendere il prezzo del riferito ex monistero di Sant’Agostino a ducati millesettecento- cinquanta». L’asta fu così riaperta, si andò di nuovo all’accensione delle candele e infine l’immobile fu assegnato a Pasquale Spallone per du- 22 ASBN, Notai, Atti del notaio Filippo Zoppoli di Benevento, n. 14968, anno 1810, cc. 64-94.
cati milleottocento alle condizioni già concordate, delle quali ci sem- bra interessante riportare i primi tre articoli per come avrebbero po- tuto modificare la storia del convento e l’assetto urbanistico di quella parte della città e il settimo, che dà conto della già avvenuta occupa- zione dell’immobile: « Articolo primo. Il ricorrente dichiara che egli intende comprare tutti i fabbricati, che componevano il suppresso convento di Sant’Agostino, corredato de’ legni, ferramenti, marmi e di tutti gli altri pezzi d’opera, che attualmente vi esistono, inclusivamente ai due piccioli giardini allo stesso convento adiacenti, alla sagristia e retro-sagristia, al campanile ed al picciolo spiazzo, ch’esiste da- vanti la porta esteriore in contiguità della strada pubblica, tanto che resti eccettuato soltanto il locale ch’era destinato per la chiesa. Il sudetto primo articolo fu modificato dal governatore del Prin- cipato come siegue. Ammesso, con la condizione che l’aggiudicatario non possa mai fabricare sul piccolo spiazzo avanti all’attuale porta del convento. Rinuncia nell’istesso modo il fisco del Principato e quello del Co- mune ad ogni diritto di simil natura che potesse avere ora e in avvenire. L. Beer. Spallone accetta come sopra. Articolo secondo. Dichiara che nel corso di un biennio dal giorno della stipula del correlativo istrumento di vendita la Camera fi- nanziera di Sua altezza serenissima debba a proprie spese demo- lire la fabbrica del detto locale destinato per chiesa, spurgare il suolo di tutto il materiale e ridurlo per tutta la sua estensione a spiazzo di pubblico uso, il quale renda medesimamente vistoso il prospetto della fabbrica ch’esso ricorrente anderà a costruire nel detto convento. Questo secondo articolo restò modificato dal governatore del Principato come siegue. Ammesso, ma il governatore non intende esser costretto alla de- molizione della chiesa nello stretto termine di un biennio, bensì in quello di quattro o al più cinque anni. L. Beer. Spallone accetta come sopra. Articolo terzo. Dichiara che tutto il materiale ricavabile dalla de- molizione del detto locale della chiesa restar debba a profitto della Camera, meno la porta esteriore di detta chiesa, di legno, con i
ferramenti, le forniture dell’istessa porta, con architrave di pietra, tutti i conchi ossia coppi e piani che covrono il tetto di detta chiesa restino a profitto di esso ricorrente, il quale non sarà tenuto a com- penso alcuno. Il predetto terzo articolo fu limitato nell’infrascritto modo. Si concede la porta. In quanto all’altro materiale l’offerente avrà soltanto la preferenza nella compra, qualora il detto materiale non serva alla Camera stessa. L. Beer. Spallone accetta come sopra. (...) Articolo settimo. Dichiara che dal giorno della stipula in poi esso ricorrente debba essere immesso nel libero e pacifico possesso del convento anzidetto e sue adiacenze ed in conseguenza per parte della Camera debbano congedarsi tutti gli inquilini ed altri qual- sivogliano detentori di talune parti dello stesso convento, senza che a costoro sia dovuto dal medesimo ricorrente alcuno inden- nizzo sotto pretesto di migliorie, che quivi abbiano procurate, at- teso che l’offerta del prezzo anzidetto riguarda lo stabile nello stato attuale, in cui trovasi. Questo articolo settimo si modificò nel modo seguente. Ammesso. L’aggiudicatario sarà soltanto tenuto di mantenere gli attuali abitatori in godimento sino al prossimo venturo mese di agosto ed al giorno vent’otto del medesimo per la semplice abita- zione. L. Beer. Spallone accetta come sopra»23. Quando, alla fine di gennaio del 1814, le truppe murattiane occuparono Benevento e posero fine al principato di Talleyrand, non erano ancora trascorsi quattro dei cinque anni che Luis de Beer si era riservato per ottemperare all’impegno di abbattere la chiesa di S. Agostino. Un anno e mezzo dopo il Congresso di Vienna riconsegnò Benevento al papa e della demolizione non si parlò più. Il 10 aprile 1816 un dispaccio della Segreteria di Stato comunicò a monsignor Giovanni Conversi, delegato apostolico in Benevento, che 23 Ibidem.
Chiesa e convento di S. Agostino nelle piante 1-Pizzella (1763), 2-Casselli (1781), 3-Mazarini (1823) e 4-Satellitare (Google, Maxar Technologies 2020).
« … la santità di nostro signore, sentito il parere della Sacra con- gregazione della riforma, aderendo alle istanze di codesto cardi- nale arcivescovo, ha benignamente acconsentito che tutti i locali e beni invenduti delle corporazioni religiose di codesta città e dio- cesi siano posti a disposizione di detto eminentissimo arcivescovo, il quale è incaricato di ripristinare varii monasteri e conventi ed erogare il rimanente dei fondi in altri usi pii a norma di un piano esibito ed approvato. Prego dunque l’eccellenza vostra di dare gli ordini occorrenti a cotesta amministrazione di consegnare all’eccellentissimo arcive- scovo o a chi verrà da esso a tale oggetto destinato tutti i beni ed effetti delle corporazioni religiose soppresse con tutte le carte re- lative, formando per buona regola un atto autentico della conse- gna, accompagnato da gl’inventarii dei beni e delle carte mede- sime»24. Il delegato apostolico dispose che il marchese Giuseppe Pacca, tesoriere generale dei beni demaniali, provvedesse alla consegna dei locali, dei beni e delle relative carte a Girolamo Acciaro, canonico del Capitolo metropolitano, e a Marino Follo, canonico del Collegio di S. Bartolomeo apostolo, a ciò deputati dall'arcivescovo Spinucci. La ri- consegna iniziò il 30 aprile con i bastardelli delle rendite in denaro dei luoghi pii25 e proseguì quindi anche nei giorni successivi con le case religiose, tra le quali la sola chiesa di S. Agostino, trovandosi il convento venduto a Pasquale Spallone di Celenza. Nel giro di pochi mesi gli eremiti agostiniani poterono così ri- tornare a Benevento e rientrare in possesso dei beni dell’Ordine. Il 18 luglio 1816, con atto del notaio Francesco Antonio D’Aversa, torna- rono in possesso del convento: « Primo. Esso signor Carrera, in nome e parte del predetto signor don Pasquale Spallone cede e rinuncia in beneficio dei padri della 24 ASBN, Notai, Atti del notaio Girolamo Fiorenza di Benevento, n. 13845, anno 1816, c. 128. 25 Al punto XIV è indicato «Bastardello del Convento di S. Agostino, ascendente la rendita a ducati quattrocentonovantadue, grani cinque e cavalli sei, inclusi in essi ducati novanta frutti della compra del locale».
Religione di S. Agostino e per essi ad esso padre Fulgenzio Sa- viano26, di lei rappresentante, il locale del convento sudetto nello stato in cui rattrovasi, con tutte le migliorie fatte dal sudetto si- gnor Spallone, come a dire degli arconi nel magazzino ed altri comodi, senza che se ne poss’amovere cos’alcuna, potendo detto padre Saviano disporre come vero e legittimo padrone, suben- trando in tutti gli diritti, azioni ed obbligazioni spettanti e compe- tenti al principale di esso cedente. Secondo. Che, attesa tale cessione resti il sudetto Spallone imme- diatamente sciolto e liberato dal pagamento del prezzo del sudetto convento, mentre, a suppliche di esso padre Fulgenzio Saviano, si è sua eminenza cardinale arcivescovo Spinucci compiaciuta di così disporre con suo rescritto del giorno quindici del corrente lu- glio milleottocentosedici, che originalmente si alliga nel presente istrumento, et quatenus opus, esso padre Saviano, in nome e parte della Religione e dei suoi rappresentanti se n’obbliga special- mente di evizione, talché del contratto celebrato dal detto signor Spallone col demanio d’allora niun conto se ne debba più tenere. Terzo. Che la Religione dei padri di S. Agostino e per essa esso padre Saviano debb’accollarsi l’obbligo di pagare al tesoriere pontificio, signor marchese don Giuseppe Pacca27, i sudetti ducati 26 Padre Fulgenzio Saviano all'epoca della soppressione trovò alloggio in una stanza dell'ex convento di S. Domenico Maggiore in Napoli, perché era sotto controllo della polizia e non poteva allontanarsi da Napoli (C. TESTA, Ricerche sulla sop- pressione dell’Ordine agostiniano nel Regno di Napoli durante l’occupazione na- poleonica, in «Analecta Augustiniana», XXXIX (1976), p. 233). Era rettore della chiesa di S. Giovanni a Teduccio, quando il padre generale lo nominò suo delegato per la restaurazione del Convento di Benevento, primo ad essere chiuso nel 1806 e anche primo ad essere riaperto dopo la caduta di Napoleone (ID, Ricerche sulla restaurazione dell’Ordine agostiniano nel Regno di Napoli:1815-1838, in «Ana- lecta Augustiniana», XLII (1979), pp. 248-249). 27 Il marchese Pacca il giorno precedente, il 17 luglio, ha già concordato con il padre Saviano una dilazione di tre anni per il pagamento dei ducati duecentocinquanta- nove. Non bisogna stupirsi che Giuseppe Pacca, già tesoriere generale della Ca- mera ducale per Sua altezza serenissima il principe di Talleyrand, diventi senza soluzione di continuità tesoriere generale del Ducato beneventano per la Reve- renda camera apostolica: lo stesso marchese era stato nominato governatore di Be- nevento dopo l’armistizio di Sparanise del 12 gennaio 1799, poi da febbraio, sotto l’amministrazione francese, presidente della Municipalità di Benevento e ancora
ducentocinquantanove dovuti da esso signor Spallone per attrasso dei frutti provenienti dal prezzo del sudetto convento ...»28 Alla fine di agosto l’arcivescovo Spinucci accolse la richiesta dei padri agostiniani, emettendo un decreto di reintegrazione del loro convento e disponendo la riconsegna di tutte le rendite, bastardelli e scritture appartenenti al medesimo. Nello stesso giorno del 31 agosto 1816, per mano del notaio Girolamo Fiorenza, venne stipulato l’atto di ripristino: Girolamo Acciaro, canonico del Capitolo metropolitano di Benevento, e Marino Follo, canonico della Chiesa collegiata di S. Bartolomeo apostolo, nella qualità di amministratori dei luoghi pii soppressi « hanno reintegrato il detto padre Saviano nel dominio e possesso della detta Chiesa di S. Agostino ed Oratorio di S. Antonio Abate e lo hanno ripristinato in tutti i diritti, ragioni ed azioni; gli han consegnato nel tempo stesso i bastardelli delle rendite di questo anno, che ascendono a ducati quattrocentodue e grani cinque, una con tutte le scritture appartenenti al detto Monistero, giusta il no- tamento che s’inserisce, esarato dall’Inventario generale delle scritture appartenenti ai luoghi pii soppressi, avendone prima fatta la verifica e confronto»29 L’attività degli eremiti di S. Agostino in Benevento ebbe una nuova interruzione nel 1820 a seguito dei moti rivoluzionari di a giugno, dopo l’ingresso delle truppe di Ruffo in città, governatore per sua maestà il re di Napoli. 28 ASBN, Notai, Atti del notaio Francesco Antonio D’Aversa, n. 12090, cc. 1122- 1125. Copia dell’atto, priva di allegati, è in ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 142-149. 29 ASBN, Notai, Atti del notaio Girolamo Fiorenza, n. 13845, c. 357. L’atto rilegato nel protocollo del notaio Fiorenza per l’anno 1816 riporta il cognome del padre Saviano sempre corretto in Faviano, ma in realtà lo stesso religioso si firma sem- pre Saviano. L’elenco delle scritture spettanti al Convento di S. Agostino, prean- nunciato nel testo, manca; è reperibile in ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 282-283. Copia dell’atto, priva degli allegati è in ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 156, cc. 295-298.
quell’anno. Nella città pontificia la rivolta scoppiò il 5 luglio, guidata dai capi delle undici vendite carbonare, tra i quali alcuni sacerdoti e un ex agostiniano, padre Clerici, che fu anche chiamato a fare parte dell’Alta Vendita, una sorta di governo provvisorio. L’Alta Vendita il 13 luglio deliberò l’espulsione dei religiosi regolari, restando i locali dei conventi in uso alle vendite carbonare e devolute le rendite all’era- rio pubblico30. Conclusasi l’esperienza rivoluzionaria nel marzo del 1821 e ri- tornata la città sotto il controllo pontificio nei primi giorni di aprile, padre Fulgenzio Saviano poté riprendere la sua opera di consolida- mento della presenza degli agostiniani in Benevento. Un anno dopo, il 19 ottobre 1822, ottenne dall’arcivescovo Spinucci l’attribuzione di nuove rendite per il Convento di cui era intanto divenuto priore: « Siccome le rendite appartenenti al sudetto venerabile Convento non sono sufficienti a mantenere un numero bastevole di religiosi, di tal che non può aversi una famiglia completa per destinarla al maggior culto divino, così il sudetto padre priore credé opportuno di umiliare supplica al prelodato eccellentissimo cardinale arcive- scovo per ottenere un aumento di rendite d’annessarsi al sudetto Convento. Il medesimo eccellentissimo cardinale arcivescovo, essendosi dimostrato sempre mai propenso a sostenere il culto della nostra Chiesa cattolica apostolica romana, investendosi della giusta domanda avanzatasi dal ridetto padre priore, con suo rispettabile rescritto in data diciotto corrente ordinò (...) che il re- siduo delle rendite del sudetto soppresso Convento del Carmine, che rimaneva dopo la cennata segregazione [delle rendite appar- tenenti a legati lasciati per la celebrazione di messe piane e can- tate], si fossero aggiudicate al sudetto venerabile Convento dei padri agostiniani, una con l’attrasso proveniente dai cespiti delle sudette rendite che venivano aggiudicate, e consegnarsi al priore del medesimo venerabile Convento dei padri agostiniani tutte le platee, scritture e bastardelli appartenenti al medesimo soppresso Convento del Carmine. Ordinò similmente che tutte le rendite, site in regno, appartenenti 30 F. DE SIMONE, Benevento dal 1799 al 1849, a cura di A. ZAZO, Napoli, Armanno, 1949, pp. 52-55.
tanto al sudetto soppresso Convento del Carmine, che apparte- nenti al soppresso Convento dei carmelitani scalzi sotto il titolo di S. Teresa, alla soppressa Canonica di S. Modesto ed al sop- presso Convento di S. Maria degli Angeli, una con tutti gli arre- trati di dette rendite di regno, si aggiudicassero al predetto Con- vento, autorizzando il detto padre priore, e suoi successori al detto venerabile Convento di S. Agostino, a poter rivendicare le dette rendite di regno e da poter riscuotere gli attrassi, ossiano arretra- menti nella miglior maniera gli riuscirà possibile ... Articolo 2°. Il detto signor canonico Follo, in virtù della sudetta autorizzazione, consegna al detto padre priore tutte le scritture, platee e bastardelli appartenenti al soppresso Convento del Car- mine, delle quali se n’è formato notamento, che in questo mede- simo istrumento s’inserisce».31 Quarant’anni dopo l’ordine subì ancora una volta un provvedimento di soppressione e il convento l’ultima definitiva chiusura. Con decreto n. 251, dato in Napoli il 17 febbraio 1861, il principe Eugenio di Savoja Carignano, quale luogotenente generale del re nelle provincie napoletane, estese ai territori meridionali la legge del 29 maggio 1855 votata dal Parlamento subalpino: « Art. 1. Cessano di esistere quali enti morali riconosciuti dalla legge civile tutte le Case degli ordini monastici di ambo i sessi esistenti nelle provincie napoletane, non escluse le Congregazioni regolari, ad eccezione di quelle che saranno designate con nostro successivo decreto come benemerite per riconosciuti servigi che rendono alle popolazioni nella sana educazione della gioventù, nell'assistenza agli infermi ed in altre opere di pubblica utilità. (...) 4. I beni ora posseduti da’ Corpi ed enti morali contemplati ne’ precedenti articoli, saranno amministrati dalla Cassa ecclesiastica dello Stato nelle forme e secondo le norme che le sono proprie, 31 ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 7-23.
per mezzo di una speciale Direzione, da stabilirsi nelle provincie napoletane; nella quale Cassa passeranno di pien diritto l’immediata proprietà e possesso delle sostanze, ragioni ed azioni de’ medesimi ... (...) 28. I libri e i documenti scientifici posseduti dalle Case religiose soppresse sono devoluti alla pubbliche Biblioteche che saranno determinate dal Governo. La Direzione della Cassa proporrà al Dicastero degli affari ecclesiastici le disposizioni opportune per la conservazione degli archivii, de’ monumenti e degli oggetti di arte appartenenti alla Case religiose, ed alle Collegiate soppresse, e la loro più conveniente destinazione»32. Alcuni conventi furono occupati prima ancora che la Cassa ecclesiastica potesse prenderne possesso. Tra questi molti di quelli beneventani: oltre al convento degli Agostiniani, occupato dai Regi carabinieri, quelli dei Crociferi di S. Caterina, dei Missionari di S. Anna, dei Conventuali di S. Antonio, dei Rocchettini di S. Modesto e dei Domenicani 33 . Altre pubbliche istituzioni andarono poi ad occupare anche l’edificio delle Scuole pie e il monastero di S. Pietro delle monache. L’anno successivo la legge n. 794 del 21 agosto prescrisse «il passaggio al Demanio dello Stato dei beni immobili spettanti alla Cassa ecclesiastica». Molti degli enti religiosi salvati dalla formulazione delle disposizioni del 1855 e del 1861 furono poi soppressi dal regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866, che abolì la Cassa ecclesiastica trasferendone le competenze ad un nuovo ente, il Fondo per il culto, e che adottò una definizione più ampia e generica degli istituti colpiti: 32 Collezione delle leggi e de' decreti emanati nelle provincie continentali dell'Italia meridionale durante il periodo della luogotenenza, vol. 1, Napoli 1861, pp.726- 737. 33 P. FENOLIO, Relazione sulle operazioni e sullo stato della Cassa ecclesiastica nelle provincie napoletane dalla promulgazione del decreto 17 febbraio 1861 a tutto dicembre 1862, Napoli, Stamperia nazionale, 1863, p. 49.
« Non sono più riconosciuti nello Stato gli Ordini, le Corporazioni e le Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatorii e Ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere eccle- siastico. Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corpora- zioni, alle Congregazioni ed ai Conservatorii e Ritiri anzidetti sono soppressi». Con il trasferimento al demanio dei beni delle corporazioni religiose soppresse, l’amministrazione statale acquisì anche gli archivi che conservavano la documentazione necessaria per la gestione di quel patrimonio. Delle successive vicende dell’archivio degli agostiniani diamo conto nella descrizione del fondo. Chiuso il convento, la chiesa fu ancora officiata fino al 186534 da padre Lorenzo Musco e dai fratelli conversi frate Nicola di Benevento e frate Agostino Tinessa di Montesarchio. L’11 luglio di quell’anno, infatti, il prefetto comunicava al sindaco che la Direzione speciale della Cassa ecclesiastica aveva provveduto a chiudere anche la chiesa. Successivamente, con bolla dell’arcivescovo Ascalesi del 30 giugno 1918, fu eretta nella chiesa dell’ex convento la nuova parrocchia di S. Agostino, munita di regio assenso in data 9 settembre 1920, cui seguì il conferimento del beneficio parrocchiale con altra bolla arcivescovile del 20 giugno 1923 35 . Danneggiata dai bombardamenti del 1943, riparata a cura del Genio civile – male, secondo il combattivo parroco del tempo, don Alfredo Munno36 –, dichiarata inagibile dopo il sisma del 1962 e restaurata dopo quello del 1980, oggi la chiesa è di nuovo unita al convento, acquisiti entrambi dall’Università degli studi del Sannio dopo il trasferimento del Comando carabinieri in una nuova sede. 34 L’anno 1865 è indicato in G. INTORCIA, Aggiornamento critico ..., cit., p. 351, mentre in C. CAIAZZO, Gli agostiniani a Napoli ..., cit., p. 160 è riportato che la chiesa restò aperta fino al 1884. 35 ASBN, Prefettura di Benevento, b. 450, fasc. 15. 36 ASBN, Prefettura di Benevento, in corso di inventariazione. La riproduzione par- ziale del fascicolo Benevento, Beneficio parrocchiale “S. Agostino e S. Antonio Abate” è allegata in appendice al presente lavoro.
La parrocchia, la cui attività dalla fine degli anni ‘50 fu a lungo limitata alle funzioni di sagrestia a causa delle condizioni dell’edificio di culto, dopo la rinuncia del parroco titolare don Alfredo Munno rimase dal 1° settembre 1979 vacante; il 3 maggio 1983 ne fu trasferita la sede e il territorio al rione Mellusi e con bolla emessa nella stessa data l’arcivescovo Carlo Minchiatti l’affidò a don Ilario Gallucci, primo parroco di S. Agostino in S. Gennaro Vescovo37. Quanto all’Ordine degli agostiniani eremitani, fece ritorno a Benevento nell’ottobre 1934 per reggervi l’orfanotrofio maschile, trasferito dal complesso di S. Sofia a quello della Ss. Annunziata. Il padre provinciale del tempo vi trasportò il Professorio di teologia e gli studenti poterono frequentare la facoltà teologica presso il locale Seminario regionale Pio XI, eretto nel 1932. A capo della comunità fu nominato padre Umberto La Camera di Benevento e maestro dei professi fu padre Antonio Farinaro 38 . Ai padri agostiniani è oggi affidata la parrocchia di Santa Maria della Pace e Santa Rita di recente istituzione nel quartiere IACP della Pace Vecchia. 37 Ibidem. 38 C. CAIAZZO, Gli agostiniani a Napoli ..., cit., p. 160
L’ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE « ... ritrovandosi da tempo antichissimo eretta dento la sudetta chiesa di S. Agostino di Benevento una cappella, dedicata a S. Antonio Abate, a fianco della navata di essa nel corno dell’epistola, ed al servizio della cappella sudetta addetta una fratellanza di laici, piacque ai padri di detto Convento ed ai confrati di detta Cappella stabilire alcuni patti e conventioni intorno al servizio ed officiatura da prestarsi per detti padri alla sudetta Cappella ed ancora intorno alla divisione dell’oblazioni, che ad essa venivano, acciò, ricevendo stabilezza e certa regola le cose, sapessero tanto i padri quanto i confrati ciò che loro respettivamente spettasse, onde, concordemente operando, ne seguisse il servigio di Dio ed il beneficio spirituale del prossimo, che è l’unico fine di dette confraternite. Quali patti e conventioni, ridotte in pubblica forma dal notaio Gaspare Campana ad 11 maggio 1511 [sono] le seguenti»39. Dell’atto del 1511 non rimangono copie né nella documentazione del Convento di S. Agostino né tra i pochi atti del notaio Gaspare Campana conservati dall’Archivio di Stato di Benevento, ma i termini dell’accordo sono richiamati nell’atto redatto dal notaio Nicola Compare il 28 marzo 1700, che quell’accordo in parte modificava. Citiamo ancora da quest’atto alcune delle condizioni stabilite nel 1511: « In primis li prefati monaci, tutti conventualiter ut supra congregati, danno concedono ed assegnano, conforme deputorno, dettero, concessero ed assegnarono ad essi confrati la cappella di S. Antonio Abate (...). Item siano tenuti e debbano li detti frati e monaci di S. Agostino servire la cappella sudetta, videlicet [vale a dire] in ciascuna ebdomoda [settimana] celebrare all’altare di detta cappella di 39 ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 154, cc. 140-151. E’ qui contenuta copia dell’atto del notaio Nicola Compare del 28 marzo 1700, che manca invece nel fondo Notai dell’ASBN, dove si conserva per quell’anno solo un bastardello con una breve annotazione dell’istrumento in questione.
1 – Pianta dell’oratorio (ASBN, Notai, n. 8398, a. 1777). 2 – Facciata dell’oratorio (particolare da http://www.italiavirtualtour.it) 3 – Arcate di comunicazione tra la chiesa e l’oratorio, tompagnate nel 1700 (da https://www.facebook.com/pezzidisannio).
S. Antonio Abbate due messe piane, hoc est [cioè] una la domenica e l’altra infra l’ebdomoda, quia sic [perché così]. Item detti frati e monaci siano obbligati e promettono celebrare la vespera della vigilia e la messa cantata nel dì della festa di S. Antonio Abate solennemente, come è convenevole, per la quale vespera essi confrati promettono dare la pietanza a detti frati e monaci, quia sic. Item che essi frati e monaci debbano e siano tenuti andare processionalmente sì come è costume ad accompagnare il confrate defonto (...) Item li detti confrati di S. Antonio Abate promettono, debbano e siano tenuti per elemosina, mercede e pagamento delli servizii, officii e messe, che si celebrano nella prefata cappella, dare, pagare e assegnare a detti monaci e frati tarì dieci di buona ed uguale moneta in ciascheduno anno nella festa di S. Antonio Abate nel mese di gennaio. Item che tutte l’elemosine ed oblazioni, che verranno a detta Cappella, essere de’ sudetti confrati, eccetto che li sudetti frati e monaci debbano avere la metà dell’elemosine che vengano in detta cappella appiccate alle corna dell’animali e similmente la metà di tutti l’animali, li quali fussero a detta Cappella donati per divozione di sant’Antonio Abbate. Item che tutto il pane e prete mortuoro, che sarà donato e portato per elemosina all’altare della cappella di S. Antonio la vigilia e festa di tutti i santi, se n’habbiano a fare tre parti, delle quali una parte si debba consignare alli confrati predetti e le due parti alli frati e monaci di detto Monastero, per il quale pane promettono di celebrare l’officio delli morti a detta cappella, cioè la messa e la vespera di tutti i santi ovvero in quelli delli morti. Item essi monaci e frati ex nunc danno, concedono e assegnano alli confrati sudetti due casalini, siti e posti dentro dell’orto di detto monasterio dietro l’altare maggiore, quali casalini essi confrati promettono edificare e costruirli a loro spese e di quelli valersene e servirsene per spogliaturo e debbano fare la porta di dietro l’altare maggiore che sta dentro la chiesa (...) Item essi monaci e frati danno concedono e deputano a detti confrati per loro servizio a congregarsi in detta cappella seu in
detto spogliaturo la campana detta la Mezzana, la prima che sta quando s’esce la portella della chiesa dentro il chiostro ed usare alli loro bisogni, sic est. Item siano tenuti essi frati e monaci deputare due di loro a detta Confratanza, li quali debbiano intervenire, una con li maestri pro tempore deputati, a vedere li conti delle cose amministrate ...»40 Il notaio Compare traccia quindi di seguito una rapida descrizione dell’evoluzione dei rapporti tra il Convento e la Confraternita 41 : dall’incremento del numero dei confrati e della generosità delle offerte, che conduce all’aggiornamento della convenzione tra i due enti con l’atto del notaio Gaspare Terozio del 26 febbraio 1590, fino alla crisi susseguente all’epidemia di peste del 1656, con l’azzeramento delle elemosine e la stasi delle attività di culto, quindi la lenta ripresa, di cui però sembrano non beneficiare i monaci del Convento, il conseguente deteriorarsi delle relazioni, la nascita di un contenzioso, i diversi e vani tentativi di bonaria soluzione e infine – sotto l’impulso energico del cardinale arcivescovo Orsini – la nuova convenzione del 1700, che sostituì quella del 1511 e determinò anche consistenti modifiche alla struttura interna della chiesa. Riportiamo alcuni passi, retti dall’iniziale asseriscono esse parti: 40 Ibidem. Per una descrizione della festa, che la Confraternita organizzava il 17 gennaio di ogni anno, si rimanda a De Lucia, Passeggiate ..., cit., pp. 112-113. Per le spese sostenute per tale organizzazione si veda ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 165. 41 In realtà fino al 1692 non risultava una legittima e canonica fondazione della con- fraternita e, quand’anche fosse esistita, essa era da considerarsi revocata ed abolita in virtù della bolla Quaecumque a Sede Apostolica emessa dal pontefice Clemente VIII il 7 dicembre 1604. La questione fu sanata dall’arcivescovo Orsini il 1° marzo 1692 con la sua Bulla erectionis, istitutionis et canonicae fundationis Confrater- nitatis S. Antonii Abbatis Beneventi. La bolla è riportata in Regole della Circonfraternita di S. Antonio Abbate di Bene- vento, Benevento, Luigi de Martini, 1887, pp. 5-8. L’opuscolo è contenuto in ASBN, Prefettura di Benevento, b. 1727, fasc. 13 e riprodotto in appendice al pre- sente lavoro.
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