CONVENTO DI S. AGOSTINO - E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE - Archivio di Stato di Benevento

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CONVENTO DI S. AGOSTINO - E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE - Archivio di Stato di Benevento
Corporazioni religiose soppresse / 3

              DOMENICO IADANZA

     CONVENTO DI S. AGOSTINO
     E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE
               IN BENEVENTO
     INVENTARIO E RIPRODUZIONE DIGITALE
        DEL COMPLESSO ARCHIVISTICO

  INTRODUZIONE
      I CANONICI REGOLARI
      GLI EREMITANI
      I PROVVEDIMENTI DI SOPPRESSIONE DEL XIX SECOLO
      L’ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE
      GLI EDIFICI

ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTO - DICEMBRE 2020
CONVENTO DI S. AGOSTINO - E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE - Archivio di Stato di Benevento
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ISBN 978-88-945012-3-0

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CONVENTO DI S. AGOSTINO - E ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE - Archivio di Stato di Benevento
INTRODUZIONE

I CANONICI REGOLARI
      Per buona parte del medioevo il termine agostiniani fu una
denominazione assai vaga, con la quale vennero solitamente indicati
gruppi religiosi sorti senza una ben determinata regola di riferimento,
organizzati semplicemente in vita comune non monastica e che quindi,
per il diritto canonico del tempo, non potevano essere assimilati alla
                              regola benedettina.
                                          I primi gruppi a collegarsi tra di loro
                                   e a dare vita a congregazioni organizzate
                                   furono quelli dei Canonici regolari, costi-
                                   tuitisi subito dopo il concilio del Laterano
                                   del 1059, dal quale trasse il nome anche la
                                   più nota delle congregazioni.
                                 I Canonici regolari furono anche i
                            primi agostiniani di cui sia attestata la
                            presenza in Benevento: si tratta della
                            congregazione fondata nelle chiese di S.
                            Andrea alla Piazza e della Ss. Trinità di
                                           1
Sigillo del Convento di Torre Palazzo dal cardinale Alberto
S. Andrea, XIV sec.         Morra, cancelliere della Chiesa romana e
Riproduzione in G. CONSOLI- poi papa dal 21 ottobre al 17 dicembre
FIEGO, Sigillo beneventano. 1187 con il nome di Gregorio VIII.

1
    Stefano Borgia, nel riportare il testo della lettera del pontefice Urbano III del 1°
    febbraio 1186, annota: «Urbano chiama Palatiolum la Starza di torre palazzo,
    donata dal re Guglielmo al Monistero di S. Andrea e che in questo luogo vi ebbe
    già una chiesa dedicata alla Ss. Trinità, della quale ne rimangono anche in oggi le
    vestigia nel Feudo di S. Giovanni, che così al presente si appella la detta Starza, o
    sia Palazzolo. Quivi in altri tempi vi fu un casale di qualche popolazione, che dal
    luogo si nominò il casale di Pallazzolo, ed è spesso ricordato nelle vecchie carte
    beneventane e massime nel necrologio di S. Spirito, nel quale sono registrati più
    defunti de Palazulo» (S. BORGIA, Memorie istoriche della pontificia città di
    Benevento dal secolo VIII al secolo XVIII, II, Roma, 1764, p. 243).
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Il complesso architettonico di S. Andrea alla Piazza ha visto nel corso del tempo una serie di fusioni ed assem-
bramenti di varie costruzioni. Il nucleo originario dell’antico priorato canonicale di S. Andrea a platea maiore
comprendeva non solo la chiesa dedicata all’apostolo, ma anche il contiguo palatium ed alcune botteghe anti-
stanti. Dopo essere stata adibita a seminario arcivescovile dal 1567 al 1990, la struttura divenne sede nel 1996
dell’Archivio di Stato di Benevento.
Morra, che in quel tempo non era ancora papa ma cardinale
prete di S. Lorenzo in Lucina e cancelliere della Chiesa romana, oltre
a istituire l’ordine canonicale, riconfermò al priore Giovanni e ai
canonici diversi possedimenti e stabilì le forme e i modi dell’elezione
dei futuri priori, che spettava ai canonici riuniti in consiglio. Statuì
inoltre che gli eletti fossero presentati per la necessaria conferma
all’arcivescovo di Benevento, al quale era dovuto solo un censo
annuo di quattro libbre di cera. I canonici infatti erano esenti dal
plateatico sulle botteghe e sulle plancae si era soliti pagare fin dai
pontificati di Alessandro III e Lucio II.
     Nell’accordare la protezione pontificia alla chiesa di S. Andrea
e a quella della Ss. Trinità, il pontefice Urbano III confermò il 1°
dicembre 1186 l’ordine canonicale. Il 26 marzo del 1187 lo stesso
pontefice stabilì poi che i canonici non dovessero essere più di
ventiquattro2.
     La congregazione fondata da Morra non ebbe uno sviluppo
consistente 3 , ma i Canonici regolari furono ancora presenti in
Benevento con la congregazione dei Lateranensi, ai quali papa Giulio
II assegnò nel 1505 il monastero di S. Modesto, e con la
congregazione del Ss. Salvatore, alla quale il commendatario
cardinale Ascanio Colonna affidò nel 1595 la chiesa e il monastero di
S. Sofia.

2
    C. LEPORE, La biblioteca capitolare di Benevento: regesti delle pergamene secoli
    7.-13.: regesti (668-1299), in «Rivista storica del Sannio», 3. Serie, Anno 10 (2
    sem. 2003), pp. [177]-240.
3
    La ricostruzione di Borgia è che «essendo poi mancati in questo monistero i Ca-
    nonici regolari di S. Agostino, fu esso da Bonifacio IX nel 1394 dato in commenda
    a Bartolomeo de Barbatis, arcidiacono di Benevento, e indi nel 1400 fu unito dallo
    stesso pontefice alla Mensa arcidiaconale della medesima Chiesa. Appresso nel
    secolo XVI il monistero e chiesa suddetta, ai tempi del cardinal Giacomo Savelli
    arcivescovo, passò in uso del nuovo Seminario da esso eretto in città.» (S. BORGIA,
    Memorie istoriche ... cit., p. 246).
    Giuseppe Consoli-Fiego riporta anche la versione di De Vita, secondo il quale la
    decisione di Bonifacio IX fu motivata dall’avere il priore dei Canonici regolari,
    Lorenzo della Cava, aderito all’antipapa Clemente VII (G. CONSOLI-FIEGO, Si-
    gillo beneventano, Benevento, Tipografia del Sannio, s.d.).
GLI EREMITANI
      Se appare certa l’epoca dell’insediamento in Benevento dei
Canonici regolari, più controversa è quella in cui è possibile datare la
presenza in città dell’altro principale ordine religioso che si
richiamava alla regola agostiniana, quello degli Eremitani di S.
Agostino.
      I numerosi gruppi di eremitani cominciarono ad associarsi in
congregazioni nel XII secolo ma il processo di unificazione ebbe un
impulso decisivo solo con Innocenzo IV - che con la bolla Incumbit
nobis del 16 dicembre 1243 sancì l’unione degli eremiti toscani – e si
compì con Alessandro IV: durante il suo pontificato le principali
congregazioni si incontrarono a Roma nel capitolo del 1256 e si
unirono sotto un’unica giurisdizione nell’ordine degli Eremitani di S.
Agostino, riconosciuto con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae del 13
aprile 12564.
      La presenza in Benevento già prima del 1256 di eremitani che
si riferivano alla regola di sant’Agostino è asserita da più studiosi.
Padre Cherubino Caiazzo, nell'elencare i conventi agostiniani
presenti nel regno di Napoli nel 1652, cita il convento di Benevento
datandone la fondazione al 11965. Giuseppe Consoli-Fiego, citando
le Memorie di Stefano Borgia, ricorda che «allorquando il pontefice
Alessandro III, per sfuggire all’assedio del Barbarossa (1167), si
rifugiò in Benevento, vestito da pellegrino, concesse ai padri
dell’ordine un privilegio (quello di ricevere cose donate) di cui si ha
notizia solo per la conferma che nel 1232 ne fece Gregorio IX»6 e ne

4
    Alcuni studiosi ritengono che la nascita dell’Ordine sia precedente alla data del
    1256 in quanto «il concilio II di Lione celebrato nel 1274, dichiarò espressamente
    che il suddetto Ordine non dovevasi annoverare tra i recenti istituti, perché tanto
    questo, quanto quello del Carmelo, di già avevano la loro esistenza innanzi al Con-
    cilio generale Lateranense IV celebratosi in Roma nel 1215» (p. CHERUBINO
    CAIAZZO, Gli Agostiniani a Napoli, Napoli, Tipografia Picone, 1936, p. 44).
5
    Ibid., p. 112.
6
    G. CONSOLI-FIEGO, Sigillo beneventano, cit., p. 3.
deduce che doveva trattarsi dei padri eremiti, non essendo ancora
stata fondata in S. Andrea la congregazione dei Canonici regolari.
      Comunque sia, è solo dopo l’unione delle disperse
congregazioni nel 1256 che gli eremitani agostiniani lasciarono i
romitori e la vita esclusivamente contemplativa e si riunirono nei
primi conventi e – per quanto si possa accettare la loro presenza in
Benevento già nel XII secolo – si ha testimonianza dell’esistenza
nella città di un convento degli Eremitani di S. Agostino solo a partire
dalla prima metà del secolo XIV.
      Gaetana Intorcia, che pure riporta la notizia contenuta nel n. 5
della rivista Analecta Augustiniana, anno 1905, secondo cui nel 1256
quello di Benevento sarebbe stato annoverato tra i ventinove conventi
della Provincia agostiniana napoletana, non sembra fidarsene più di
tanto e preferisce posticiparne la fondazione agli anni intorno al 1300,
basandosi sulle donazioni elargite in favore del convento nel 1319,
nel 1327 e nel 1336 e documentate nel fondo pergamene della
Biblioteca capitolare di Benevento (cart. 3777).7
      Indicazione conforme è rilevabile dall’indice e inventario dei
libri e scritture del Convento di S. Agostino, redatto all’atto della
soppressione del 1806 e nel quale la documentazione più antica
risulta essere contenuta in un volume di testamenti risalente al 1346.8
      Anche per i religiosi ospiti del convento le prime notizie risalgono
alla stessa epoca, iniziando con fra Donato dell’ordine degli Eremiti di
S. Agostino, vivente nel cenobio beneventano, dotato di singolare
dottrina ed ornato di straordinaria probità, nel giorno 19 gennaio
dell’anno 1366 da Urbano V ordinato arcivescovo di Lepanto9.

7
    G. INTORCIA, Aggiornamento storico-critico, in G. DE NICASTRO, Benevento sa-
    cro, a cura di G. INTORCIA, Benevento, De Martini, 1976, p. 349.
8
    ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTO [d’ora in poi ASBN], Corporazioni religiose
    soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc.
    282-283.
9
    G. DE NICASTRO, Beneventana Pinacotheca, Benevento, Tipografia arcivescovile,
    1720, p. 101, dove si cita come fonte T. HERRERA, Alphabetum Augustinianum,
    Madrid, Gregorii Rodriguez, 1644, t. I, p. 196: «Donatus de Benevento, in registro
Il 1366 è adottato come terminus ante quem per l’esistenza del
convento di S. Agostino anche nell’atto notarile in cui viene registrata
la nuova consacrazione della chiesa dopo le riparazioni dei danni
arrecati all’edificio dai terremoti del 1688 e del 1702. L’atto traccia
poi una rapida storia dell’ordine in Benevento attraverso altre figure
preminenti di religiosi10.
     All’arcivescovo Donato segue così fra Adeodato da Benevento,
maestro esimio di sacra teologia e precettore dei monaci di
Montevergine, ricordato anche da Thomas de Herrera11 ed attivo nel
1563 circa.

     Vaticano instituitur Archiepiscopus Neopacensis 14. Cal. Februarij anno 1366 et
     iterum Nonis Aprilis anno 1367».
     La data della prima nomina è resa 17 gennaio 1366 nell’atto notarile del 1714 che
     registra la consacrazione della chiesa restaurata dopo il terremoto del 1702 e così
     viene ripresa da Intorcia e da altri, mentre De Nicastro scrive 12 gennaio, ma la
     data fornita da Herrera, al quale tutti si rifanno, è 14. Cal. Februarij che
     corrisponde al 19 gennaio, giorno di cui abbiamo trovato conferma solo in M. LE
     QUIEN, Oriens christianus, III, Parisiis, Ex typografia regia, 1740, p 1012.
10
     Instrumentum solemnis consecrationis Ecclesiae S. Augustini Beneventi, in
     «Samnium», II (1929), 3, pp. 87-89.
     Le note su questi personaggi e in particolare su Donato Marra sono riprese tra gli
     altri in G. DE NICASTRO, Benevento Sacra, cit., pp. 225-226 e 349-350; G. DE
     NICASTRO, Beneventana Pinacotheca, cit., p. 175; J.F. OSSINGER, Bibliotheca
     Augustiniana, Ingolstadt et Augustae Vindelicorum, 1776, p. 557; C. MINIERI-
     RICCIO, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori napoletani fioriti nel
     secolo XVII, Milano, 1875, p. 205; A. ZAZO, Dizionario bio-bibliografico del
     Sannio, Napoli, F. Fiorentino, 1973, p. 244; E. ANNECCHINI, Dal Convento di
     Sant’Agostino a Port’Aurea, in «Rivista Storica del Sannio», 1. Serie, 1919, n. 4;
     S. DE LUCIA, Passeggiate beneventane, Benevento, 1983. p. 112.
     Gaetana Intorcia nel suo aggiornamento critico all’opera di De Nicastro annovera
     altri religiosi non citati nell’atto di consacrazione perché attivi in epoca successiva:
     «Priore del convento, nel 1772, fu il beneventano Agostino Lepore, valente
     teologo, maestro di filosofia e storia ecclesiastica in Milano, Pavia, Bologna.
     Personalità di rilievo fu anche Beniamino l’Arena, musico, filosofo, teologo,
     accurato ricercatore di notizie storiche e raccoglitore dei rogiti notarili relativi alle
     donazioni fatte alla comunità».
11
     T. HERRERA, Alphabetum ..., cit., p. 6.
E «tra i religiosi celebri per dottrina e probità, che abitarono in
questo convento e arricchirono la sua chiesa di grandi benefici, si
annoverò fra Donato Marra, in quello stesso luogo insigne teologo
beneventano e chiarissimo predicatore in tutta Europa e specialmente
nella terra teutonica del suo tempo. Egli pubblicò nell’anno 1578 le
narrazioni sopra tutti gli inni della Chiesa e che sono in uso negli
ordini di S. Benedetto, di S. Agostino, di S. Domenico, di S.
Francesco e dei Carmelitani12. Morì sessagenario nell’anno 1580 e fu
inumato vicino l’antico sacello di S. Luca Evangelista». Marra fu
anche il promotore, a partire dal 1570, di una prima serie di
abbellimenti e modifiche alla chiesa e al convento, realizzata dal noto
architetto ed ingegnere Benvenuto Tortelli13.
      Continua la galleria di religiosi illustrata dall’atto di
consacrazione con il «padre maestro fra Agostino da Campobasso,
detto tuttavia da Benevento, che per molti anni resse lodevolmente la
carica di priore e poi di provinciale del regno di Napoli e infine di
vicario generale della Congregazione [di S. Giovanni] di Carbonara».
      E ancora «questo Cenobio, sia perché era costruito con le
comodità di un’abitazione, sia perché era situato nella parte più alta e
più salubre della città, fu abitato da Maffeo Barberino, chierico della
Camera apostolica, che in seguito, elevato al sommo pontificato,
assunse il nome di Urbano VIII. Questi nell’anno 1601, sorte delle
controversie in ragione dei confini tra la comunità di questa Città da
una parte e i regi ministri, alcuni baroni, comunità e uomini confinanti
dall’altra parte, fu qui inviato da Clemente VIII insieme con
Alessandro Ludovisio, uditore del Santo palazzo apostolico, al fine di
visitare, prendere conoscenza e raccogliere le necessarie e opportune
informazioni».

12
     D. MARRA, Enarrationes in hymnos omnes, qui cantantur in Ecclesia per annum,
     secundum morem S. Romanae Ecclesiae et ordinem breviarij nuper editi, et secu-
     ndum morem religiosorum ordinum Sancti Augustini, Benedicti, Dominici Franci-
     sci et Carmelitarum, s.l., Orazio Salviano, 1578.
13
     F. STRAZZULLO, Architetti e ingegneri napoletani dal ‘500 al ‘700, Napoli 1969,
     pp. 305-335, citato in G. INTORCIA, Aggiornamento ... cit, p. 350.
ASBN, Notai, Atti del notaio Gianfrancesco De Simone di Montesarchio,
n. 14557, anno 1821, controguardia posteriore.
Prima di concludersi con i terremoti del 1688 e del 1702 e con
la ricostruzione voluta dall’arcivescovo Orsini, la rievocazione
storica accenna solo alle difficoltà incontrate dalla comunità degli
eremiti agostiniani e al suo ridimensionamento14: «Fino all'anno 1656,
nel quale questa città nel regno di Napoli e tutta quanta l'Italia soffrì
per un'immane epidemia di peste, in questo cenobio vissero trenta
religiosi e si ebbe l'approvazione dei postulanti e il noviziato, che poi,
a causa dei redditi molto diminuiti, fu dismesso».
     Con il terremoto del 1702 e la successiva ricostruzione e
consacrazione della chiesa, iniziò per gli Eremiti di S. Agostino un secolo
che si concluse con il primo di una serie di reiterati provvedimenti di
soppressione.

14
     Dal Convento di S. Agostino dipendevano quattro chiese e sono la chiesa di S. Andrea
     da Palofernis, la chiesa di S. Matteo di Porta Aurea, la chiesa di S. Maria e la chiesa di
     S. Eustachio. Enrico Isernia nella sua Istoria della città di Benevento dalla sua origine
     fino al 1894, edita dalla Tipografia D’Alessandro nel 1895, afferma che di queste chiese
     ora non si serba alcuna memoria e la sua asserzione è ripresa da Salvatore De Lucia nel
     volume Passeggiate beneventane, edito dalla stessa tipografia nel 1925, ma Alfredo
     Zazo nel suo lavoro sulle chiese parrocchiali di Benevento del XII-XIV secolo le indi-
     vidua con precisione, tutte nell’area dell’Arco di Traiano.
     S. Andrea da Palofernis «era accanto a Port’Aurea (Arco a Traiano), cinta dalle
     chiese di S. Matteo di Port’Aurea, di S. Maria Paternonis (o S. Maria Abate Arnone)
     e di S. Eustachio (poi S. Loia). Secondo il Della Vipera la chiesa sarebbe stata
     fondata dalla “nobile e antica famiglia beneventana Palofernis”, il cui nome do-
     vette corrompersi. Unita nel XVI secolo a quella di S. Maria Paternonis, nel 1641
     “era già diruta e scoverta a modo di casalino”».
     S. Matteo di Porta Aurea «era accanto all’Arco a Traiano ed esisteva certamente nel 1170,
     quando abbiamo notizia di una “donatio iuris patronatus Ecclesiae S. Mathei de Porta Au-
     rea facta per Robertum filium Landolfi militis de Regino, Corrado filio Roberti”».
     S. Maria Paternonis «sorgeva nel “controito di Porta’Aurea” e sicuramente nel
     1193. Edificata da un abate Arnone, il nome ne rimase corrotto. Nei documenti
     meno antichi appare anche col nome di “S. Maria a Paternòla”. Appartenne al Col-
     legium S. Spiritus nel 1639 e sullo scorcio di quel secolo risulta già profanata».
     S. Eustachio «era a destra dell’Arco a Traiano. Nel XVII sec. “conservava
     l’aspetto di chiesa diruta”; in seguito fu ridotta a giardino».
     (A. ZAZO, Le Chiese parrocchiali di Benevento del XII-XIV secolo, in «Samnium»,
     XXXII (1959), 1-2, pp. 72 e 75).
     La localizzazione delle quattro chiese è anche nel manoscritto di Emmanuele An-
     necchini Breve compendio istorico delle principali notizie della città di Benevento
     dalla sua fondazione fino all’anno 1802, Benevento, 1904.
I PROVVEDIMENTI DI SOPPRESSIONE DEL XIX SECOLO
      Il 14 gennaio 1799 le truppe francesi entrarono in Benevento e
occuparono la città pontificia. Il 2 maggio Carlo Popp, che sostituì
Andrea Valiante quale commissario organizzatore nell’amministra-
zione francese della città15, decretò la soppressione di ben diciannove
case monastiche, tra cui quella degli Eremiti di S. Agostino16, che po-
chi anni prima, nel 1788, era stata separata dalla provincia agostiniana
di Terra di Lavoro, posta alle dipendenze del padre generale e da que-
sti assegnata alla provincia romana17. Il provvedimento del commis-
sario Popp ebbe un’efficacia limitata per il fatto di essere stato preso
solo un mese prima dell’ingresso in città dei militi del cardinale Ruffo
e della fine dell’esperienza rivoluzionaria.
      La soppressione delle case religiose si ripropose sette anni dopo
con il decreto del 17 agosto 1806, uno dei primi atti del Principato di
Talleyrand, sottoscritto dal governatore Alexandre Dufresne de Saint
Léon:
     « Art. I - In tutta l’estensione del principato e della città di Bene-
       vento saranno estinti e soppressi i conventi ed ordini religiosi qui
       infra descritti.
       (…)
       Convento dei padri eremiti Agostiniani.
       (…)
       Art. II – I beni ed entrate appartenenti ai detti conventi sono riuniti
       al patrimonio del principe.
        (...)
       Art. XI – I sigilli saranno posti sopra gli archivi, carte e proprietà

15
     L'aggregazione di Benevento alla Repubblica francese fu solennizzata il 7 aprile
     1799 dall'arcivescovo Domenico Spinucci con un rito pontificale alla presenza del
     commissario Popp.
16
     A. ZAZO, Il ducato di Benevento dall’occupazione borbonica del 1798 al Princi-
     pato di Talleyrand, Napoli, 1941, p. 61.
17
     C. TESTA, Ricerche sulla soppressione dell’Ordine Agostiniano nel Regno di Na-
     poli durante l’occupazione napoleonica, in «Analecta Augustiniana», XXXIX
     (1976), p. 210.
pubbliche e communi dei detti conventi e chiese e gli individui
       potranno portar via con loro i mobili, abiti e lingerie personali che
       arredano la loro camera o cella.
       Art. XII – Col presente decreto si mette il sequestro sopra le pro-
       prietà e redditi dei detti stabilimenti religiosi soppressi tra le mani
       di ogni massaro, censitario o debitore sotto qualunque titolo siasi,
       i quali non potranno pagar nulla né rilasciare alcuna somma o ef-
       fetto appartenente agli stabilimenti suddetti, il tutto senza nostro
       ordine sotto pena di pagare due volte.
       Art. XIII – Tutti i libri esistenti nei detti conventi saranno riuniti
       alla libreria pubblica quando se ne sarà fatto un catalogo.
       (...)
       Art. XV – Noi vedremo con piacere i beneventani divoti frequen-
       tare con maggiore assiduità le chiese parrocchiali, che sono le
       vere chiese, o luogo di riunione dei fedeli».18
      I beni delle corporazioni soppresse furono quindi incamerati dal
Patrimonio ducale, che li gestì fino al ritorno di Benevento sotto il
dominio della Santa Sede, procedendo non solo a locazioni, conces-
sioni e rinnovi di enfiteusi, ma anche ad alienazioni19, tra le quali si
ricordano quella del monastero di S. Vittorino e quelle dei conventi
di S. Teresa e di S. Agostino, venduti al sacerdote Rivellini di Vitu-
lano il primo e a Pascale Spallone di Celenza il secondo.
     L’atto di vendita del convento di S. Agostino venne redatto dal
notaio Filippo Zoppoli20 il 6 aprile 1810. Ad esso intervennero Giu-
seppe Pacca, marchese della terra di Matrice, nella qualità di tesoriere

18
     ARCHIVIO STORICO PROVINCIALE DI BENEVENTO, Soppressione dei conventi:
     editto di Dufresne Saint Léon, Dss. Mob. 45, cass. 1, inv. 5521.
19
     L’alienazione era stata disposta da Talleyrand con decreto del 4 settembre 1807.
20
     Francesco e Filippo Zoppoli, padre e figlio, furono i notai ufficiali dell’ammini-
     strazione francese del Ducato di Benevento, nonché conservatori dell’archivio du-
     cale con sede nel collegio di S. Filippo Neri, dove fu concentrata tutta la documen-
     tazione delle corporazioni religiose soppresse.
     Durante l’amministrazione francese del 1799, Francesco è giudice del Tribunale
     superiore istituito da Valiante e commissario per i conventi soppressi di S. Dome-
     nico in Benevento e dei Padri del SS.mo Redentore in Sant’Angelo a Cupolo. Nel
generale della Camera ducale e Pasquale Spallone21 della terra di Ce-
lenza del regno di Napoli:
     « Asserisce spontaneamente avanti di noi esso signor marchese
       Pacca tesoriere come tra gli altri beni immobili, devoluti alla Ca-
       mera ducale per la soppressione dei monisteri nel Principato di
       Benevento seguita ai diciannove agosto dell’anno mille ottocento
       e sei, avvi l’ex monistero di Sant’Agostino con la chiesa e corpi
       annessi, sito e posto nella parrocchia dei Santi Angelo e Stefano
       di questa città, che assieme colle altre case ex religiose Sua al-
       tezza serenissima con suo decreto del dì quattro settembre
       dell’anno mille ottocento e sette ha ordinato alienarsi.
       Per effetto di un tal decreto avendo sua eccellenza il signor go-
       vernatore del Principato don Luigi Beer fatto apprezzare il moni-
       stero e chiesa sudetti con giardini e larghetto dall’architetto di Sua
       altezza serenissima signor don Giovanni Torre, questi con sua rela-
       zione del dì dieci ottobre dell’anno milleottocentotto, con cui ne
       descrive l’intiero stato, ha riferito ascendere il prezzo del convento,
       giardini e chiesa sudetti a ducati quattromilaseicento e quattro.

     maggio del 1799, quando l’esperienza rivoluzionaria si è ormai esaurita e gli uo-
     mini del cardinale Ruffo sono alle porte della città, è tra i firmatari di una supplica
     a Ferdinando IV, ma questo non gli risparmierà l’inquisizione e la condanna a
     quindici anni di esilio.
     Dal 28 agosto 1806, regnando Sua altezza serenissima Carlo Maurizio Talleyrand
     Perigord, principe e duca di Benevento, comincia a rogare esclusivamente per il
     Patrimonio ducale. Durante una sua malattia, dal 24 marzo all'11 aprile 1808, il
     governatore Luis de Beer con decreto datato 17 marzo 1808 autorizza la sua sosti-
     tuzione nella carica di "Primo notaro di questa Città e Ducato di Benevento" con
     il figlio, notaio Filippo Zoppoli, che gli subentra definitivamente dal 1810.
21
     Spallone era originario di Celenza Valfortore ma residente in Benevento all’epoca
     dei fatti. Fervente rivoluzionario, lo si ritrova già il 7 luglio 1799 come uno dei
     testimoni in una dichiarazione giurata dinanzi al notaio Liberatore Ruggiero di San
     Bartolomeo in Galdo, intesa a minimizzare il ruolo avuto negli eventi rivoluzionari
     da Gaetano Mascia di Napoli (G. VETRONE, Sub auspiciis Gallicae Reipublicae.
     Il 1799 negli atti dei notai di Benevento e della sua attuale provincia, Benevento,
     ASBn, 2002, p. 89). Diversi anni dopo, il 6 settembre 1823, Spallone, che sembra
     avesse legami con la carboneria, venne arrestato per “corrispondenza con i faci-
     norosi” del distretto di Larino e di San Severo, essendo all’epoca residente a Troia
     (G. CLEMENTE, La Capitanata nel 1823 attraverso il rapporto sullo “spirito pub-
     blico” di Biase Zurlo, s.l., 1988, p.126).
In queste circostanze il predetto signor Spallone ha pregato detto
       signor governatore del Principato a vendergli il divisato convento,
       giardini ed adiacenze, tali quali si descrivono nel mentovato rap-
       porto dell’architetto Torre, esclusa la chiesa per ducati mille e
       quattrocento, da pagarli nel corso di anni dieci ed intanto corri-
       sponderne l’interesse al cinque per cento nell’annua somma di
       ducati settanta scalarmente, sino a tanto che tutto l’intiero debito
       di ducati mille e quattrocento, prezzo capitale della compera, non
       si fusse soddisfatto.
       Il prelodato signor governatore, considerando che lo stabile sta
       sito in una parte ignobile della città, che richiede una manuten-
       zione annua considerabile e la scarsezza del numerario, si è con-
       disceso che sull’offerta del signor Spallone, nonostante sia infe-
       riore alla valuta data al detto monistero dall’architetto Torre, si
       fusse proceduto all’accensioni delle candele formalmente a
       norma del diritto»22.

      Tralasciamo la trascrizione della parte dell’atto in cui viene de-
scritta la complessa procedura dell’asta mediante accensione delle
candele, procedura che fu ripetuta due volte: la prima alla presenza
del tesoriere Pacca, la seconda, mancando il tesoriere, dinanzi al go-
vernatore de Beer. Non si ebbero altre offerte oltre quella di Spallone,
ma, quando l’accordo si era già concluso con il perfezionamento delle
clausole contrattuali,
     « pendente il sovraesposto trattato e gli otto giorni accordati dalla
       legge, il signor Giacomo Calandrelli del già Giuseppe, beneven-
       tano, ai venticinque del detto spirato marzo presentò al lodato si-
       gnor governatore del Principato la sovraimposta del quarto sul
       prezzo della vendita definitiva, come sopra aggiudicata al pre-
       detto Pasquale Spallone, ond’è che fece ascendere il prezzo del
       riferito ex monistero di Sant’Agostino a ducati millesettecento-
       cinquanta».
     L’asta fu così riaperta, si andò di nuovo all’accensione delle
candele e infine l’immobile fu assegnato a Pasquale Spallone per du-

22
     ASBN, Notai, Atti del notaio Filippo Zoppoli di Benevento, n. 14968, anno 1810,
     cc. 64-94.
cati milleottocento alle condizioni già concordate, delle quali ci sem-
bra interessante riportare i primi tre articoli per come avrebbero po-
tuto modificare la storia del convento e l’assetto urbanistico di quella
parte della città e il settimo, che dà conto della già avvenuta occupa-
zione dell’immobile:
   « Articolo primo. Il ricorrente dichiara che egli intende comprare
     tutti i fabbricati, che componevano il suppresso convento di
     Sant’Agostino, corredato de’ legni, ferramenti, marmi e di tutti gli
     altri pezzi d’opera, che attualmente vi esistono, inclusivamente ai
     due piccioli giardini allo stesso convento adiacenti, alla sagristia
     e retro-sagristia, al campanile ed al picciolo spiazzo, ch’esiste da-
     vanti la porta esteriore in contiguità della strada pubblica, tanto
     che resti eccettuato soltanto il locale ch’era destinato per la chiesa.
     Il sudetto primo articolo fu modificato dal governatore del Prin-
     cipato come siegue.
     Ammesso, con la condizione che l’aggiudicatario non possa mai
     fabricare sul piccolo spiazzo avanti all’attuale porta del convento.
     Rinuncia nell’istesso modo il fisco del Principato e quello del Co-
     mune ad ogni diritto di simil natura che potesse avere ora e in
     avvenire. L. Beer. Spallone accetta come sopra.

     Articolo secondo. Dichiara che nel corso di un biennio dal giorno
     della stipula del correlativo istrumento di vendita la Camera fi-
     nanziera di Sua altezza serenissima debba a proprie spese demo-
     lire la fabbrica del detto locale destinato per chiesa, spurgare il
     suolo di tutto il materiale e ridurlo per tutta la sua estensione a
     spiazzo di pubblico uso, il quale renda medesimamente vistoso il
     prospetto della fabbrica ch’esso ricorrente anderà a costruire nel
     detto convento.
     Questo secondo articolo restò modificato dal governatore del
     Principato come siegue.
     Ammesso, ma il governatore non intende esser costretto alla de-
     molizione della chiesa nello stretto termine di un biennio, bensì
     in quello di quattro o al più cinque anni. L. Beer. Spallone accetta
     come sopra.

     Articolo terzo. Dichiara che tutto il materiale ricavabile dalla de-
     molizione del detto locale della chiesa restar debba a profitto della
     Camera, meno la porta esteriore di detta chiesa, di legno, con i
ferramenti, le forniture dell’istessa porta, con architrave di pietra,
       tutti i conchi ossia coppi e piani che covrono il tetto di detta chiesa
       restino a profitto di esso ricorrente, il quale non sarà tenuto a com-
       penso alcuno.
       Il predetto terzo articolo fu limitato nell’infrascritto modo.
       Si concede la porta. In quanto all’altro materiale l’offerente avrà
       soltanto la preferenza nella compra, qualora il detto materiale
       non serva alla Camera stessa. L. Beer. Spallone accetta come
       sopra.
       (...)
       Articolo settimo. Dichiara che dal giorno della stipula in poi esso
       ricorrente debba essere immesso nel libero e pacifico possesso del
       convento anzidetto e sue adiacenze ed in conseguenza per parte
       della Camera debbano congedarsi tutti gli inquilini ed altri qual-
       sivogliano detentori di talune parti dello stesso convento, senza
       che a costoro sia dovuto dal medesimo ricorrente alcuno inden-
       nizzo sotto pretesto di migliorie, che quivi abbiano procurate, at-
       teso che l’offerta del prezzo anzidetto riguarda lo stabile nello
       stato attuale, in cui trovasi.
       Questo articolo settimo si modificò nel modo seguente.
       Ammesso. L’aggiudicatario sarà soltanto tenuto di mantenere gli
       attuali abitatori in godimento sino al prossimo venturo mese di
       agosto ed al giorno vent’otto del medesimo per la semplice abita-
       zione. L. Beer. Spallone accetta come sopra»23.

     Quando, alla fine di gennaio del 1814, le truppe murattiane
occuparono Benevento e posero fine al principato di Talleyrand,
non erano ancora trascorsi quattro dei cinque anni che Luis de
Beer si era riservato per ottemperare all’impegno di abbattere la
chiesa di S. Agostino. Un anno e mezzo dopo il Congresso di
Vienna riconsegnò Benevento al papa e della demolizione non si
parlò più.

    Il 10 aprile 1816 un dispaccio della Segreteria di Stato comunicò
a monsignor Giovanni Conversi, delegato apostolico in Benevento, che

23
     Ibidem.
Chiesa e convento di S. Agostino nelle piante 1-Pizzella (1763), 2-Casselli
(1781), 3-Mazarini (1823) e 4-Satellitare (Google, Maxar Technologies 2020).
« … la santità di nostro signore, sentito il parere della Sacra con-
       gregazione della riforma, aderendo alle istanze di codesto cardi-
       nale arcivescovo, ha benignamente acconsentito che tutti i locali
       e beni invenduti delle corporazioni religiose di codesta città e dio-
       cesi siano posti a disposizione di detto eminentissimo arcivescovo,
       il quale è incaricato di ripristinare varii monasteri e conventi ed
       erogare il rimanente dei fondi in altri usi pii a norma di un piano
       esibito ed approvato.
       Prego dunque l’eccellenza vostra di dare gli ordini occorrenti a
       cotesta amministrazione di consegnare all’eccellentissimo arcive-
       scovo o a chi verrà da esso a tale oggetto destinato tutti i beni ed
       effetti delle corporazioni religiose soppresse con tutte le carte re-
       lative, formando per buona regola un atto autentico della conse-
       gna, accompagnato da gl’inventarii dei beni e delle carte mede-
       sime»24.
      Il delegato apostolico dispose che il marchese Giuseppe Pacca,
tesoriere generale dei beni demaniali, provvedesse alla consegna dei
locali, dei beni e delle relative carte a Girolamo Acciaro, canonico del
Capitolo metropolitano, e a Marino Follo, canonico del Collegio di S.
Bartolomeo apostolo, a ciò deputati dall'arcivescovo Spinucci. La ri-
consegna iniziò il 30 aprile con i bastardelli delle rendite in denaro
dei luoghi pii25 e proseguì quindi anche nei giorni successivi con le
case religiose, tra le quali la sola chiesa di S. Agostino, trovandosi il
convento venduto a Pasquale Spallone di Celenza.
      Nel giro di pochi mesi gli eremiti agostiniani poterono così ri-
tornare a Benevento e rientrare in possesso dei beni dell’Ordine. Il 18
luglio 1816, con atto del notaio Francesco Antonio D’Aversa, torna-
rono in possesso del convento:
     « Primo. Esso signor Carrera, in nome e parte del predetto signor
       don Pasquale Spallone cede e rinuncia in beneficio dei padri della

24
     ASBN, Notai, Atti del notaio Girolamo Fiorenza di Benevento, n. 13845, anno
     1816, c. 128.
25
     Al punto XIV è indicato «Bastardello del Convento di S. Agostino, ascendente la
     rendita a ducati quattrocentonovantadue, grani cinque e cavalli sei, inclusi in essi
     ducati novanta frutti della compra del locale».
Religione di S. Agostino e per essi ad esso padre Fulgenzio Sa-
       viano26, di lei rappresentante, il locale del convento sudetto nello
       stato in cui rattrovasi, con tutte le migliorie fatte dal sudetto si-
       gnor Spallone, come a dire degli arconi nel magazzino ed altri
       comodi, senza che se ne poss’amovere cos’alcuna, potendo detto
       padre Saviano disporre come vero e legittimo padrone, suben-
       trando in tutti gli diritti, azioni ed obbligazioni spettanti e compe-
       tenti al principale di esso cedente.
       Secondo. Che, attesa tale cessione resti il sudetto Spallone imme-
       diatamente sciolto e liberato dal pagamento del prezzo del sudetto
       convento, mentre, a suppliche di esso padre Fulgenzio Saviano,
       si è sua eminenza cardinale arcivescovo Spinucci compiaciuta di
       così disporre con suo rescritto del giorno quindici del corrente lu-
       glio milleottocentosedici, che originalmente si alliga nel presente
       istrumento, et quatenus opus, esso padre Saviano, in nome e parte
       della Religione e dei suoi rappresentanti se n’obbliga special-
       mente di evizione, talché del contratto celebrato dal detto signor
       Spallone col demanio d’allora niun conto se ne debba più tenere.
       Terzo. Che la Religione dei padri di S. Agostino e per essa esso
       padre Saviano debb’accollarsi l’obbligo di pagare al tesoriere
       pontificio, signor marchese don Giuseppe Pacca27, i sudetti ducati

26
     Padre Fulgenzio Saviano all'epoca della soppressione trovò alloggio in una stanza
     dell'ex convento di S. Domenico Maggiore in Napoli, perché era sotto controllo
     della polizia e non poteva allontanarsi da Napoli (C. TESTA, Ricerche sulla sop-
     pressione dell’Ordine agostiniano nel Regno di Napoli durante l’occupazione na-
     poleonica, in «Analecta Augustiniana», XXXIX (1976), p. 233). Era rettore della
     chiesa di S. Giovanni a Teduccio, quando il padre generale lo nominò suo delegato
     per la restaurazione del Convento di Benevento, primo ad essere chiuso nel 1806
     e anche primo ad essere riaperto dopo la caduta di Napoleone (ID, Ricerche sulla
     restaurazione dell’Ordine agostiniano nel Regno di Napoli:1815-1838, in «Ana-
     lecta Augustiniana», XLII (1979), pp. 248-249).
27
     Il marchese Pacca il giorno precedente, il 17 luglio, ha già concordato con il padre
     Saviano una dilazione di tre anni per il pagamento dei ducati duecentocinquanta-
     nove. Non bisogna stupirsi che Giuseppe Pacca, già tesoriere generale della Ca-
     mera ducale per Sua altezza serenissima il principe di Talleyrand, diventi senza
     soluzione di continuità tesoriere generale del Ducato beneventano per la Reve-
     renda camera apostolica: lo stesso marchese era stato nominato governatore di Be-
     nevento dopo l’armistizio di Sparanise del 12 gennaio 1799, poi da febbraio, sotto
     l’amministrazione francese, presidente della Municipalità di Benevento e ancora
ducentocinquantanove dovuti da esso signor Spallone per attrasso
       dei frutti provenienti dal prezzo del sudetto convento ...»28
      Alla fine di agosto l’arcivescovo Spinucci accolse la richiesta
dei padri agostiniani, emettendo un decreto di reintegrazione del loro
convento e disponendo la riconsegna di tutte le rendite, bastardelli e
scritture appartenenti al medesimo. Nello stesso giorno del 31 agosto
1816, per mano del notaio Girolamo Fiorenza, venne stipulato l’atto
di ripristino: Girolamo Acciaro, canonico del Capitolo metropolitano
di Benevento, e Marino Follo, canonico della Chiesa collegiata di S.
Bartolomeo apostolo, nella qualità di amministratori dei luoghi pii
soppressi
     « hanno reintegrato il detto padre Saviano nel dominio e possesso
       della detta Chiesa di S. Agostino ed Oratorio di S. Antonio Abate
       e lo hanno ripristinato in tutti i diritti, ragioni ed azioni; gli han
       consegnato nel tempo stesso i bastardelli delle rendite di questo
       anno, che ascendono a ducati quattrocentodue e grani cinque, una
       con tutte le scritture appartenenti al detto Monistero, giusta il no-
       tamento che s’inserisce, esarato dall’Inventario generale delle
       scritture appartenenti ai luoghi pii soppressi, avendone prima fatta
       la verifica e confronto»29
    L’attività degli eremiti di S. Agostino in Benevento ebbe una
nuova interruzione nel 1820 a seguito dei moti rivoluzionari di

     a giugno, dopo l’ingresso delle truppe di Ruffo in città, governatore per sua maestà
     il re di Napoli.
28
     ASBN, Notai, Atti del notaio Francesco Antonio D’Aversa, n. 12090, cc. 1122-
     1125.
     Copia dell’atto, priva di allegati, è in ASBN, Corporazioni religiose soppresse,
     Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 142-149.
29
     ASBN, Notai, Atti del notaio Girolamo Fiorenza, n. 13845, c. 357. L’atto rilegato
     nel protocollo del notaio Fiorenza per l’anno 1816 riporta il cognome del padre
     Saviano sempre corretto in Faviano, ma in realtà lo stesso religioso si firma sem-
     pre Saviano. L’elenco delle scritture spettanti al Convento di S. Agostino, prean-
     nunciato nel testo, manca; è reperibile in ASBN, Corporazioni religiose soppresse,
     Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 159, cc. 282-283.
     Copia dell’atto, priva degli allegati è in ASBN, Corporazioni religiose soppresse,
     Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 156, cc. 295-298.
quell’anno. Nella città pontificia la rivolta scoppiò il 5 luglio, guidata
dai capi delle undici vendite carbonare, tra i quali alcuni sacerdoti e
un ex agostiniano, padre Clerici, che fu anche chiamato a fare parte
dell’Alta Vendita, una sorta di governo provvisorio. L’Alta Vendita il
13 luglio deliberò l’espulsione dei religiosi regolari, restando i locali
dei conventi in uso alle vendite carbonare e devolute le rendite all’era-
rio pubblico30.
      Conclusasi l’esperienza rivoluzionaria nel marzo del 1821 e ri-
tornata la città sotto il controllo pontificio nei primi giorni di aprile,
padre Fulgenzio Saviano poté riprendere la sua opera di consolida-
mento della presenza degli agostiniani in Benevento. Un anno dopo,
il 19 ottobre 1822, ottenne dall’arcivescovo Spinucci l’attribuzione di
nuove rendite per il Convento di cui era intanto divenuto priore:
     « Siccome le rendite appartenenti al sudetto venerabile Convento
       non sono sufficienti a mantenere un numero bastevole di religiosi,
       di tal che non può aversi una famiglia completa per destinarla al
       maggior culto divino, così il sudetto padre priore credé opportuno
       di umiliare supplica al prelodato eccellentissimo cardinale arcive-
       scovo per ottenere un aumento di rendite d’annessarsi al sudetto
       Convento. Il medesimo eccellentissimo cardinale arcivescovo,
       essendosi dimostrato sempre mai propenso a sostenere il culto
       della nostra Chiesa cattolica apostolica romana, investendosi
       della giusta domanda avanzatasi dal ridetto padre priore, con suo
       rispettabile rescritto in data diciotto corrente ordinò (...) che il re-
       siduo delle rendite del sudetto soppresso Convento del Carmine,
       che rimaneva dopo la cennata segregazione [delle rendite appar-
       tenenti a legati lasciati per la celebrazione di messe piane e can-
       tate], si fossero aggiudicate al sudetto venerabile Convento dei
       padri agostiniani, una con l’attrasso proveniente dai cespiti delle
       sudette rendite che venivano aggiudicate, e consegnarsi al priore
       del medesimo venerabile Convento dei padri agostiniani tutte le
       platee, scritture e bastardelli appartenenti al medesimo soppresso
       Convento del Carmine.
       Ordinò similmente che tutte le rendite, site in regno, appartenenti

30
     F. DE SIMONE, Benevento dal 1799 al 1849, a cura di A. ZAZO, Napoli, Armanno,
     1949, pp. 52-55.
tanto al sudetto soppresso Convento del Carmine, che apparte-
       nenti al soppresso Convento dei carmelitani scalzi sotto il titolo
       di S. Teresa, alla soppressa Canonica di S. Modesto ed al sop-
       presso Convento di S. Maria degli Angeli, una con tutti gli arre-
       trati di dette rendite di regno, si aggiudicassero al predetto Con-
       vento, autorizzando il detto padre priore, e suoi successori al detto
       venerabile Convento di S. Agostino, a poter rivendicare le dette
       rendite di regno e da poter riscuotere gli attrassi, ossiano arretra-
       menti nella miglior maniera gli riuscirà possibile ...
       Articolo 2°. Il detto signor canonico Follo, in virtù della sudetta
       autorizzazione, consegna al detto padre priore tutte le scritture,
       platee e bastardelli appartenenti al soppresso Convento del Car-
       mine, delle quali se n’è formato notamento, che in questo mede-
       simo istrumento s’inserisce».31
     Quarant’anni dopo l’ordine subì ancora una volta un
provvedimento di soppressione e il convento l’ultima definitiva
chiusura.
     Con decreto n. 251, dato in Napoli il 17 febbraio 1861, il
principe Eugenio di Savoja Carignano, quale luogotenente generale
del re nelle provincie napoletane, estese ai territori meridionali la
legge del 29 maggio 1855 votata dal Parlamento subalpino:
     « Art. 1. Cessano di esistere quali enti morali riconosciuti dalla
       legge civile tutte le Case degli ordini monastici di ambo i sessi
       esistenti nelle provincie napoletane, non escluse le Congregazioni
       regolari, ad eccezione di quelle che saranno designate con nostro
       successivo decreto come benemerite per riconosciuti servigi che
       rendono alle popolazioni nella sana educazione della gioventù,
       nell'assistenza agli infermi ed in altre opere di pubblica utilità.
       (...)
       4. I beni ora posseduti da’ Corpi ed enti morali contemplati ne’
       precedenti articoli, saranno amministrati dalla Cassa ecclesiastica
       dello Stato nelle forme e secondo le norme che le sono proprie,

31
     ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di S.
     Antonio Abate, vol. 159, cc. 7-23.
per mezzo di una speciale Direzione, da stabilirsi nelle provincie
       napoletane; nella quale Cassa passeranno di pien diritto
       l’immediata proprietà e possesso delle sostanze, ragioni ed azioni
       de’ medesimi ...
       (...)
       28. I libri e i documenti scientifici posseduti dalle Case religiose
       soppresse sono devoluti alla pubbliche Biblioteche che saranno
       determinate dal Governo.
       La Direzione della Cassa proporrà al Dicastero degli affari
       ecclesiastici le disposizioni opportune per la conservazione degli
       archivii, de’ monumenti e degli oggetti di arte appartenenti alla
       Case religiose, ed alle Collegiate soppresse, e la loro più
       conveniente destinazione»32.
      Alcuni conventi furono occupati prima ancora che la Cassa
ecclesiastica potesse prenderne possesso. Tra questi molti di quelli
beneventani: oltre al convento degli Agostiniani, occupato dai Regi
carabinieri, quelli dei Crociferi di S. Caterina, dei Missionari di S.
Anna, dei Conventuali di S. Antonio, dei Rocchettini di S. Modesto e
dei Domenicani 33 . Altre pubbliche istituzioni andarono poi ad
occupare anche l’edificio delle Scuole pie e il monastero di S. Pietro
delle monache.
     L’anno successivo la legge n. 794 del 21 agosto prescrisse «il
passaggio al Demanio dello Stato dei beni immobili spettanti alla
Cassa ecclesiastica». Molti degli enti religiosi salvati dalla
formulazione delle disposizioni del 1855 e del 1861 furono poi
soppressi dal regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866, che abolì la
Cassa ecclesiastica trasferendone le competenze ad un nuovo ente, il
Fondo per il culto, e che adottò una definizione più ampia e generica
degli istituti colpiti:

32
     Collezione delle leggi e de' decreti emanati nelle provincie continentali dell'Italia
     meridionale durante il periodo della luogotenenza, vol. 1, Napoli 1861, pp.726-
     737.
33
     P. FENOLIO, Relazione sulle operazioni e sullo stato della Cassa ecclesiastica nelle
     provincie napoletane dalla promulgazione del decreto 17 febbraio 1861 a tutto
     dicembre 1862, Napoli, Stamperia nazionale, 1863, p. 49.
« Non sono più riconosciuti nello Stato gli Ordini, le Corporazioni
       e le Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatorii
       e Ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere eccle-
       siastico.
       Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corpora-
       zioni, alle Congregazioni ed ai Conservatorii e Ritiri anzidetti
       sono soppressi».
      Con il trasferimento al demanio dei beni delle corporazioni
religiose soppresse, l’amministrazione statale acquisì anche gli
archivi che conservavano la documentazione necessaria per la
gestione di quel patrimonio. Delle successive vicende dell’archivio
degli agostiniani diamo conto nella descrizione del fondo.
      Chiuso il convento, la chiesa fu ancora officiata fino al 186534
da padre Lorenzo Musco e dai fratelli conversi frate Nicola di
Benevento e frate Agostino Tinessa di Montesarchio. L’11 luglio di
quell’anno, infatti, il prefetto comunicava al sindaco che la Direzione
speciale della Cassa ecclesiastica aveva provveduto a chiudere anche
la chiesa. Successivamente, con bolla dell’arcivescovo Ascalesi del
30 giugno 1918, fu eretta nella chiesa dell’ex convento la nuova
parrocchia di S. Agostino, munita di regio assenso in data 9 settembre
1920, cui seguì il conferimento del beneficio parrocchiale con altra
bolla arcivescovile del 20 giugno 1923 35 . Danneggiata dai
bombardamenti del 1943, riparata a cura del Genio civile – male,
secondo il combattivo parroco del tempo, don Alfredo Munno36 –,
dichiarata inagibile dopo il sisma del 1962 e restaurata dopo quello
del 1980, oggi la chiesa è di nuovo unita al convento, acquisiti
entrambi dall’Università degli studi del Sannio dopo il trasferimento
del Comando carabinieri in una nuova sede.

34
     L’anno 1865 è indicato in G. INTORCIA, Aggiornamento critico ..., cit., p. 351,
     mentre in C. CAIAZZO, Gli agostiniani a Napoli ..., cit., p. 160 è riportato che la
     chiesa restò aperta fino al 1884.
35
     ASBN, Prefettura di Benevento, b. 450, fasc. 15.
36
     ASBN, Prefettura di Benevento, in corso di inventariazione. La riproduzione par-
     ziale del fascicolo Benevento, Beneficio parrocchiale “S. Agostino e S. Antonio
     Abate” è allegata in appendice al presente lavoro.
La parrocchia, la cui attività dalla fine degli anni ‘50 fu a lungo
limitata alle funzioni di sagrestia a causa delle condizioni
dell’edificio di culto, dopo la rinuncia del parroco titolare don Alfredo
Munno rimase dal 1° settembre 1979 vacante; il 3 maggio 1983 ne fu
trasferita la sede e il territorio al rione Mellusi e con bolla emessa
nella stessa data l’arcivescovo Carlo Minchiatti l’affidò a don Ilario
Gallucci, primo parroco di S. Agostino in S. Gennaro Vescovo37.
      Quanto all’Ordine degli agostiniani eremitani, fece ritorno a
Benevento nell’ottobre 1934 per reggervi l’orfanotrofio maschile,
trasferito dal complesso di S. Sofia a quello della Ss. Annunziata. Il
padre provinciale del tempo vi trasportò il Professorio di teologia e
gli studenti poterono frequentare la facoltà teologica presso il locale
Seminario regionale Pio XI, eretto nel 1932. A capo della comunità
fu nominato padre Umberto La Camera di Benevento e maestro dei
professi fu padre Antonio Farinaro 38 . Ai padri agostiniani è oggi
affidata la parrocchia di Santa Maria della Pace e Santa Rita di recente
istituzione nel quartiere IACP della Pace Vecchia.

37
     Ibidem.
38
     C. CAIAZZO, Gli agostiniani a Napoli ..., cit., p. 160
L’ORATORIO DI S. ANTONIO ABATE
     « ... ritrovandosi da tempo antichissimo eretta dento la sudetta
       chiesa di S. Agostino di Benevento una cappella, dedicata a S.
       Antonio Abate, a fianco della navata di essa nel corno
       dell’epistola, ed al servizio della cappella sudetta addetta una
       fratellanza di laici, piacque ai padri di detto Convento ed ai
       confrati di detta Cappella stabilire alcuni patti e conventioni
       intorno al servizio ed officiatura da prestarsi per detti padri alla
       sudetta Cappella ed ancora intorno alla divisione dell’oblazioni,
       che ad essa venivano, acciò, ricevendo stabilezza e certa regola le
       cose, sapessero tanto i padri quanto i confrati ciò che loro
       respettivamente spettasse, onde, concordemente operando, ne
       seguisse il servigio di Dio ed il beneficio spirituale del prossimo,
       che è l’unico fine di dette confraternite. Quali patti e conventioni,
       ridotte in pubblica forma dal notaio Gaspare Campana ad 11
       maggio 1511 [sono] le seguenti»39.
     Dell’atto del 1511 non rimangono copie né nella
documentazione del Convento di S. Agostino né tra i pochi atti del
notaio Gaspare Campana conservati dall’Archivio di Stato di
Benevento, ma i termini dell’accordo sono richiamati nell’atto redatto
dal notaio Nicola Compare il 28 marzo 1700, che quell’accordo in
parte modificava. Citiamo ancora da quest’atto alcune delle
condizioni stabilite nel 1511:
     « In primis li prefati monaci, tutti conventualiter ut supra congregati,
       danno concedono ed assegnano, conforme deputorno, dettero,
       concessero ed assegnarono ad essi confrati la cappella di S.
       Antonio Abate (...).
       Item siano tenuti e debbano li detti frati e monaci di S. Agostino
       servire la cappella sudetta, videlicet [vale a dire] in ciascuna
       ebdomoda [settimana] celebrare all’altare di detta cappella di

39
     ASBN, Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Agostino e Oratorio di
     S. Antonio Abate, vol. 154, cc. 140-151.
     E’ qui contenuta copia dell’atto del notaio Nicola Compare del 28 marzo 1700,
     che manca invece nel fondo Notai dell’ASBN, dove si conserva per quell’anno
     solo un bastardello con una breve annotazione dell’istrumento in questione.
1 – Pianta dell’oratorio (ASBN, Notai, n. 8398, a. 1777).
2 – Facciata dell’oratorio (particolare da http://www.italiavirtualtour.it)
3 – Arcate di comunicazione tra la chiesa e l’oratorio, tompagnate nel
    1700 (da https://www.facebook.com/pezzidisannio).
S. Antonio Abbate due messe piane, hoc est [cioè] una la
domenica e l’altra infra l’ebdomoda, quia sic [perché così].
Item detti frati e monaci siano obbligati e promettono celebrare la
vespera della vigilia e la messa cantata nel dì della festa di S.
Antonio Abate solennemente, come è convenevole, per la quale
vespera essi confrati promettono dare la pietanza a detti frati e
monaci, quia sic.
Item che essi frati e monaci debbano e siano tenuti andare
processionalmente sì come è costume ad accompagnare il
confrate defonto (...)
Item li detti confrati di S. Antonio Abate promettono, debbano e
siano tenuti per elemosina, mercede e pagamento delli servizii,
officii e messe, che si celebrano nella prefata cappella, dare,
pagare e assegnare a detti monaci e frati tarì dieci di buona ed
uguale moneta in ciascheduno anno nella festa di S. Antonio
Abate nel mese di gennaio.
Item che tutte l’elemosine ed oblazioni, che verranno a detta
Cappella, essere de’ sudetti confrati, eccetto che li sudetti frati e
monaci debbano avere la metà dell’elemosine che vengano in
detta cappella appiccate alle corna dell’animali e similmente la
metà di tutti l’animali, li quali fussero a detta Cappella donati per
divozione di sant’Antonio Abbate.
Item che tutto il pane e prete mortuoro, che sarà donato e portato
per elemosina all’altare della cappella di S. Antonio la vigilia e
festa di tutti i santi, se n’habbiano a fare tre parti, delle quali una
parte si debba consignare alli confrati predetti e le due parti alli
frati e monaci di detto Monastero, per il quale pane promettono
di celebrare l’officio delli morti a detta cappella, cioè la messa e
la vespera di tutti i santi ovvero in quelli delli morti.
Item essi monaci e frati ex nunc danno, concedono e assegnano
alli confrati sudetti due casalini, siti e posti dentro dell’orto di
detto monasterio dietro l’altare maggiore, quali casalini essi
confrati promettono edificare e costruirli a loro spese e di quelli
valersene e servirsene per spogliaturo e debbano fare la porta di
dietro l’altare maggiore che sta dentro la chiesa (...)
Item essi monaci e frati danno concedono e deputano a detti
confrati per loro servizio a congregarsi in detta cappella seu in
detto spogliaturo la campana detta la Mezzana, la prima che sta
       quando s’esce la portella della chiesa dentro il chiostro ed usare
       alli loro bisogni, sic est.
       Item siano tenuti essi frati e monaci deputare due di loro a detta
       Confratanza, li quali debbiano intervenire, una con li maestri pro
       tempore deputati, a vedere li conti delle cose amministrate ...»40
      Il notaio Compare traccia quindi di seguito una rapida
descrizione dell’evoluzione dei rapporti tra il Convento e la
Confraternita 41 : dall’incremento del numero dei confrati e della
generosità delle offerte, che conduce all’aggiornamento della
convenzione tra i due enti con l’atto del notaio Gaspare Terozio del
26 febbraio 1590, fino alla crisi susseguente all’epidemia di peste del
1656, con l’azzeramento delle elemosine e la stasi delle attività di
culto, quindi la lenta ripresa, di cui però sembrano non beneficiare i
monaci del Convento, il conseguente deteriorarsi delle relazioni, la
nascita di un contenzioso, i diversi e vani tentativi di bonaria
soluzione e infine – sotto l’impulso energico del cardinale
arcivescovo Orsini – la nuova convenzione del 1700, che sostituì
quella del 1511 e determinò anche consistenti modifiche alla struttura
interna della chiesa. Riportiamo alcuni passi, retti dall’iniziale
asseriscono esse parti:

40
     Ibidem.
     Per una descrizione della festa, che la Confraternita organizzava il 17 gennaio di
     ogni anno, si rimanda a De Lucia, Passeggiate ..., cit., pp. 112-113. Per le spese
     sostenute per tale organizzazione si veda ASBN, Corporazioni religiose soppresse,
     Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate, vol. 165.
41
     In realtà fino al 1692 non risultava una legittima e canonica fondazione della con-
     fraternita e, quand’anche fosse esistita, essa era da considerarsi revocata ed abolita
     in virtù della bolla Quaecumque a Sede Apostolica emessa dal pontefice Clemente
     VIII il 7 dicembre 1604. La questione fu sanata dall’arcivescovo Orsini il 1° marzo
     1692 con la sua Bulla erectionis, istitutionis et canonicae fundationis Confrater-
     nitatis S. Antonii Abbatis Beneventi.
     La bolla è riportata in Regole della Circonfraternita di S. Antonio Abbate di Bene-
     vento, Benevento, Luigi de Martini, 1887, pp. 5-8. L’opuscolo è contenuto in
     ASBN, Prefettura di Benevento, b. 1727, fasc. 13 e riprodotto in appendice al pre-
     sente lavoro.
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