CONTENUTI ASSEMBLEA D'ISTITUTO DEL 15 APRILE 2019 - Liceo Artistico

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CONTENUTI ASSEMBLEA D'ISTITUTO DEL 15 APRILE 2019 - Liceo Artistico
LICEO ARTISTICO, COREUTICO e SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
                    “ PIERO DELLA FRANCESCA”
               Annesso al CONVITTO NAZIONALE
                   V.EMANUELE II di AREZZO

 CONTENUTI ASSEMBLEA
D’ISTITUTO DEL 15 APRILE
          2019

             Temi trattati:
- Fenomeno mafioso
- Il problema ambientale
- La Shoah

                      All. 008 DID-PR-02
                    Rev. 1 – Data: 24/04/2019
CONTENUTI ASSEMBLEA D'ISTITUTO DEL 15 APRILE 2019 - Liceo Artistico
LICEO ARTISTICO, COREUTICO e SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
                          “ PIERO DELLA FRANCESCA”
                     Annesso al CONVITTO NAZIONALE
                         V.EMANUELE II di AREZZO

                                          ASSEMBLEA D’ISTITUTO
                                            LUNEDI’ 15 APRILE

    1. Il fenomeno mafioso

    Per illustrare il problema del fenomeno mafioso, sono intervenuti all’assemblea:
    - Salvatore Calleri, presidente della Fondazione “Antonino Caponnetto”
    - Giuseppe Vitale, agente della Direzione Investigativa Antimafia.

L’intervento di Salvatore Calleri ha avuto come obiettivo quello della presa di coscienza della diffusione del fenomeno
mafioso in tutto il territorio nazionale e di sfatare alcuni luoghi comuni che tendono a sminuire il fenomeno stesso.
I luoghi comuni in questione sono:
     1. La mafia non esiste
         Sin dai suoi albori, quindi già dal XIX secolo, per non essere perseguiti dalla legge, i mafiosi hanno contribuito
         attivamente ad argomentare che la mafia non esiste, una sorta di teoria negazionista estrema, in modo da
         favorire la sottovalutazione del fenomeno:
     2. La mafia se esiste è puramente un fenomeno criminale
         La mafia è qualcosa di complesso, moderno e arcaico insieme, intrecciato con la politica e con il consenso
         sociale nel proprio territorio, ed oggi è un fenomeno anche mediatico. Considerarlo un puro e semplice
         fenomeno criminale è sbagliato in toto.
     3. Si ammazzano tra di loro e a noi non interessa
         È un luogo comune che resiste in qualche modo per inerzia, sia per disprezzo nei confronti di chi viene
         ammazzato sia per paura che il conflitto tra mafiosi si estenda e finisca per colpire anche chi non c’entra nulla.
         In entrambi i casi siamo di fronte ad un errore di valutazione. Nelle guerre di mafia, i gruppi criminali vincenti
         ne escono rafforzati, e saranno causa di sempre nuovi problemi.
     4. Non si deve parlare di mafia perché si rovina la reputazione di un territorio
         È difficile in molte parti del Paese, soprattutto dove non esiste una tradizione mafiosa, riconoscere che la mafia
         è accanto a dove si vive e si lavora, e si crede erroneamente che riconoscendo il problema la situazione possa
         peggiorare, a partire dal rovinare la reputazione della propria terra.
     5. Teoria dell’isola felice
         Questo luogo comune è spesso utilizzato in coppia con il precedente e si fonda sull’illusione che un territorio
         in origine tranquillo - perché culturalmente privo di mafia - lo possa rimanere per sempre. Purtroppo non è più
         così: oggi non esistono posti in cui una qualche forma di mafia non sia presente.
     6. La mafia nasce dalla povertà
         Diffuso soprattutto nel meridione d’Italia, questo luogo comune ha origine dalla osservazione che dove c’è
         mafia c’è un senso di povertà generale. Ebbene, ovviamente questo fatto non significa in alcun modo che la
         mafia nasce dalla povertà, ma al contrario che la mafia utilizza ed impoverisce un territorio. Si guardi ad
         esempio alle origini di Cosa nostra: agli inizi, i racket mafiosi si imposero nel controllare il traffico degli
         agrumi verso le Americhe arricchendosi e impoverendo gli agricoltori. Quindi in conclusione la mafia crea
         povertà. Nei territori poveri possono ovviamente sorgere anche altre forme di criminalità legate al contesto
         sociale, ma questo è un altro discorso.
     7. Teoria della totale sconfitta dopo gli ultimi arresti
         Questo è il luogo comune proprio di ogni classe dirigente, quale che sia il proprio orientamento politico,
         quando giunge al governo di un Paese. Dopo le operazioni di contenimento effettuate dalle forze di polizia e
         dalla magistratura, vi è la presunzione della sconfitta definitiva e sulla mafia cala il silenzio. È un luogo
         comune pericoloso, perché fa abbassare la guardia.
     8. La mafia una volta era buona
         Questo è un luogo comune tuttora diffuso e basato su una sorta di fascinazione perversa di cui ancora oggi la
         mafia gode fra i cittadini. Alla costruzione di esso ha contribuito in parte la figura carismatica del primo

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LICEO ARTISTICO, COREUTICO e SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
                         “ PIERO DELLA FRANCESCA”
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                        V.EMANUELE II di AREZZO

      pentito, Tommaso Buscetta, personaggio peraltro utilissimo nel contrasto alla mafia siciliana. E ha contribuito
      anche il racconto di pentiti e mafiosi secondo i quali una parte della vecchia guardia mafiosa era inizialmente
      contraria al traffico di droga, trasformando tale racconto in una sorta di mito della mafia di una volta buona.
      Ma è bene esser chiari: la mafia buona non è mai esistita.
9.    Non si fanno passi avanti
      Questo è il luogo comune preferito dal “pessimista cronico”. Molti passi avanti nella lotta alle mafie ci sono e
      ci saranno. Semmai a volte andrebbe ribadito che non bastano, oppure che in determinati momenti sembra che
      ne siano stati fatti anche alcuni indietro. Ma da un punto di vista storico, almeno da quando la mafia moderna
      in tutte le sue forme è nata, dei passi avanti non sono mancati, in primis una buona legislazione antimafia.
10.   La mafia è invincibile
      Manco a dirlo questo luogo comune piace molto ai mafiosi, che si sono così creati un mito di autorevolezza e
      di invincibilità che male non fa. A favorire il mito oggi contribuiscono spesso anche le numerose fiction sul
      tema. Per smontarlo basta considerare la mafia per quello che è: un fenomeno tristemente umano, come diceva
      Giovanni Falcone, che si può battere. Con alti e bassi.
11.   La mafia dà lavoro
      È un luogo comune molto diffuso, favorito dalle vicende di molti beni confiscati, soprattutto le aziende, che
      funzionavano e producevano quando erano di proprietà del mafioso, mentre smettono di produrre o sono in
      crisi dopo la confisca, con il controllo da parte dello Stato. Ma occorre molta attenzione: il sistema
      clientelare/sociale della mafia sul territorio consentiva a quella azienda di esercitare una sorta di monopolio
      con enormi profitti. Inoltre, per esser chiari, alla floridezza di un bene mafioso, ad esempio un bar prestigioso
      oppure un supermercato, contribuiva anche l’affluire nelle casse della liquidità che proveniva da attività
      illecite, ottenuta ad esempio grazie al riciclaggio di denaro sporco, con cui si facevano quadrare i conti anche
      per pagare i dipendenti. Sottoposta alle normali regole di mercato una nuova impresa sana può dunque vedere i
      suoi conti peggiorare. E i lavoratori sono in difficoltà. Ma una cosa che spesso non si dice è che buona parte
      (non tutti) dei dipendenti è collegata a volte al datore di lavoro mafioso in base ad un sistema clientelare/
      sociale. Quindi la mafia dà lavoro ai suoi e lo leva agli altri, o non assumendoli, o danneggiandoli con la
      concorrenza sleale, drogando il mercato nella migliore delle ipotesi e con il pizzo e l’usura nelle peggiori.
12.   La mafia non spara più
      In modo superficiale oggi in molti ritengono che la mafia moderna, a differenza di quella antica, non spari più
      perché dedita solo agli affari. Errore grave. La mafia non ha mai smesso di sparare o di fare e preparare
      attentati, o al momento giusto di vendicarsi. La mafia non dimentica anche a distanza di anni.
13.   La lotta alla mafia la dobbiamo lasciare solo alle forze preposte, ossia alle Forze dell’Ordine e alla
      Magistratura
      Una parte delle istituzioni e del ceto politico guarda con fastidio chi si batte contro la mafia e la sua cultura
      senza essere un membro dell’apparato giudiziario o investigativo. Ovviamente sbagliano e cadono in un
      tranello mafioso, in quanto la forza della lotta alla mafia sta proprio nel fatto che antimafia sociale ed
      istituzionale sono due facce della stessa medaglia. Tra l’altro è bene ricordare che l’antimafia istituzionale,
      rispetto a quella sociale, sconta un ritardo di decenni.
14.   Chi fa antimafia lo fa per guadagnarci o fare carriera
      Nella maggior parte dei casi chi fa realmente antimafia ha solo da perderci perché, se fatta in modo serio, la
      lotta alla mafia crea solo fastidi e nemici: è la triste verità. Non esistono politici che provengono dalla lotta alla
      mafia in modo diretto, nessuno che sia diventato ministro di qualche governo. Solo alcuni magistrati che hanno
      fatto politica provenendo dall’antimafia hanno avuto incarichi istituzionali di rilievo, come Piero Grasso alla
      Presidenza del Senato o Luciano Violante alla Presidenza della Camera. Alla Commissione parlamentare
      antimafia non viene nominato mai nessuno che provenga dal movimento civile, con l’eccezione di Giuseppe
      Lumia nel 2000, che poi non è stato più riconfermato. Sonia Alfano è stata Presidente della CRIM
      (Commissione sul crimine organizzato, la corruzione e il riciclaggio del denaro) del Parlamento europeo, poi
      non più ricandidata e la stessa commissione cancellata. In politica, insomma, fare antimafia non paga.
15.   La mafia non tocca le donne e i bambini
      La mafia ha sempre toccato e sfruttato entrambi se serve ai loro scopi. E pure uccisi. In qualunque momento
      storico, senza distinzioni tra mafia vecchia e nuova. Lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di organi e
      pure di bambini sono uno dei business delle organizzazioni criminali tra i più remunerativi. I casi sono

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LICEO ARTISTICO, COREUTICO e SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
                          “ PIERO DELLA FRANCESCA”
                     Annesso al CONVITTO NAZIONALE
                         V.EMANUELE II di AREZZO

        tantissimi: tra i più conosciuti quello del pastorello di Corleone ucciso dal boss Michele Navarra con una
        iniezione letale, l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido e quello della piccola Graziella
        Campagna, brutalmente massacrata solo perché aveva trovato la carta d’identità del boss Gerlando Alberti.
        Simili episodi devono essere un promemoria
        per tutti noi. E come non ricordare tutte le piccole vittime di tumori aggressivi, diretta conseguenza degli
        interramenti criminali di rifiuti industriali, gestiti dalla camorra nella Terra dei Fuochi?
    16. Il carcere duro per i mafiosi è inumano
        La norma (il cosiddetto 41bis) non permette ai mafiosi e ai terroristi di dialogare con l’esterno, è quindi una
        misura efficacissima per limitare il loro potere, pur senza ledere alcun diritto riconosciuto al detenuto. Anzi in
        tempi di sovraffollamento carcerario si sta verificando il paradosso inevitabile di chi in regime di 41bis gode di
        spazi fisici maggiori. Sul punto è opportuno richiamare il pensiero dello stesso Caponnetto: «tagliare ogni
        legame, ogni possibilità di mantenere i contatti tra i boss e la propria famiglia, questo è l’art. 41bis. Perché
        prima d’ora questi delinquenti all’Ucciardone (carcere di Palermo), neanche passavano dalle celle, non ci
        passavano proprio, entravano e andavano diritti in infermeria tutti quanti. Pigiami di lusso, rolex d’oro al
        braccio, pasti ordinati presso i migliori ristoranti... Innaffiati con lo champagne. Questa era la vita dei boss
        mafiosi all’Ucciardone... Addirittura lì dentro si tenevano di notte riunioni... È il controllo del territorio la forza
        principale del potere mafioso oltre al suo verticismo. Una volta allontanato dal proprio territorio il capo
        mafioso non conta più niente... Ecco perché l’art. 41bis aveva e ha una sua ragion d’essere».

L’intervento Giuseppe Vitale, agente della Direzione Investigativa Antimafia, oltre a raccontare alcuni episodi della sua
carriera, ha invece avuto come obiettivo quello di dimostrare come il fenomeno mafioso sia un problema che non
riguarda solo la Sicilia ma che ha assunto dimensioni nazionali ed internazionali.

    2. Il problema ambientale

Dopo la prima parte dell’assemblea dedicata al fenomeno mafioso, la seconda parte è stata dedicata a problematiche di
natura ambientale. Questo tema è stato introdotto da un video di Maurizio Crozza sul #FridayforFuture, la protesta
nata dall'iniziativa della sedicenne svedese Greta Thunberg che ha contagiato i giovani di tutto il mondo e che ha visto
scendere in piazza anche migliaia di giovani italiani in numerose piazze del nostro Paese. I giovani hanno chiesto, di
fronte al problema del riscaldamento globale, che i governanti si prendano un impegno di fronte a questo tema
perché diventi la priorità nell’agenda politica tenuto conto che siamo ormai prossimi ad un punto di non ritorno.
È poi seguito un intervento di un’alunna del C.I.C. volto a promuovere comportamenti ecologicamente responsabili
alla portata di qualsiasi persona, volti soprattutto a contenere l’uso di prodotti di plastica.

    3. La Shoah

La terza parte dell’assemblea è stata dedicata alla Shoah prendendo spunto dal fatto che 10 alunni dell’Istituto hanno
partecipato all’iniziativa de “Il treno della Memoria”. Il treno della memoria si è messo in moto domenica 20 gennaio
2019, dalla stazione fiorentina di Santa Maria Novella, carico di 555 studenti (e 61 insegnanti) da 60 diverse scuole
superiori di tutte e dieci le province della Toscana. Il rientro a Firenze è avvenuto giovedì 24 gennaio.
Il Treno della Memoria, organizzato dalla regione Toscana, è uno dei progetti più rilevanti al mondo sul tema della
memoria della Shoah che prevede, tra le altre cose, anche la visita al campo di Auschwitz-Birkenau.
Un’alunna partecipante al viaggio è intervenuta illustrando i momenti salienti dell’esperienza soffermandosi in
particolar modo sulla visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. L’alunna ha sottolineato, inoltre,
l’incontro con le sorelle Andra e Tatiana Bucci, due sorelle italiane di origine ebraica, superstiti dell'Olocausto
perché il dottor Mengele le credette gemelle.
Al termine dell’intervento, è stato proiettato il cartoon ‘La stella di Andra e Tati’, realizzato da RaiGulp. Il film
d’animazione, di poco più di mezz’ora, racconta la Shoah attraverso la toccante storia delle sorelle Bucci. In
particolare, esso, oltre a narrare la deportazione delle piccole che vennero rastrellate da casa loro il 29 marzo 1944
insieme alla madre, alla nonna, agli zii e al cuginetto di 7 anni, si intreccia con quella di alcuni ragazzi in visita ad
Auschwitz con la loro insegnante.

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