Consiglio Nazionale dei Geologi - marzo 2018 - Consiglio ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi

         10-11-12 marzo 2018
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Quotidiano   Data     12-03-2018
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                                                                  Codice abbonamento:

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Ordine Nazionale Geologi
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Quotidiano   Data     11-03-2018
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Data       12-03-2018
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Aziende, svi uppo
 L'efficienza energetica sposa la sostenibilità: così la scelta etica diventa strategia
     Con il 14,7o/o degli occupati nel settore la regione si classifica terza in Italia
Da Alperia a Habitech, i modelli virtuosi usano la ricerca per evolvere l'imprenditoria
 La Green Week porta le eccellenze sotto i riflettori con 35 appuntamenti ad hoc
                                                                                                                      alle pag,ne 2   e 3 Damaggio

Le aziende che investono nel settore crescono più delle altre
Ilterritorio svetta in Italia per incidenza su Pii e occupazione

 business del a
Trentino-A to Adige pioniere
                                    quelle non green (41 contro            economia, gli occupati corri-      320.000, oltre il 46% delle qua-
                                    34%). E in Trentino Alto Adi-          spondenti ai green jobs erano      li a tempo indeterminato, più
 di Marika Damaggio                 ge? Con quasi 16.000 aziende           2,9 milioni, ossia il 13,1% del
                                    che eco-innovano, nel nostro           totale. L'occupazione green        del 32,5% riservate a laureati e
                                    territorio le professioni verdi        nel 2016 è cresciuta rispetto al   quasi il 37% considerate di dif-
         ino a qualche decennio     rappresentano il 14, 7% del to-       2014 di quasi 30.000 unità,         ficile reperimento. Le assun-
         fa era considerata una     tale (la media italiana è del         contribuendo per il 6,1% all'au-    zioni programmate nel corso
         scelta etica, un vezzo.    13,1%) e producono un valore          mento complessivo dell'occu-        del 2017 dalle imprese del
         Oggi le imprese che in-    aggiunto di 5,3 miliardi di eu-       pazione del Paese nel triennio      Trentino Alto Adige sono state
         vestono nel green sono     ro. Solamente nel 2017, le as-        (480.000 unità). Come nelle         7.220, con un'incidenza del
 più competitive. A confermar-      sunzioni programmate in re-           precedenti edizioni del Rap-        2,3% sulle assunzioni global-
 lo sono le performance eco-        gione sono state 7.220.               porto Greenltaly, a partire da      mente contate in Italia.
 nomiche misurate da Union-                                               questi dati è stato stimato il
 camere e Fondazione Symbola         Il                                   contributo dei green jobs al
 nell'ottava edizione del rap-          Il titolo del report Greenl-      Pil del Paese. «Il valore ag-           Ma quali e quante sono le
 porto Greenltaly. Il 58% delle     taly parla da sé: «Una risposta       giunto prodotto che si ottiene      realtà produttive ad alto fatto-
 medie imprese che hanno im-        alla crisi, una sfida per il futu-    è nel 2016 di 195,8 miliardi di     re green nella nostra regione?
 pegnato risorse in attività, ri-   ro». Definite green jobs, le          euro, pari al 13,1% del totale      Un censimento dell'istituto di
 cerca e sviluppo sostenibili       professionalità richieste dal         complessivo - recita il dos-        ricerca economica (Ire) della
 hanno aumentato il fatturato       mercato implicano competen-           sier - con un ranldng regio-        Camera di commercio di Bol-
 2016 rispetto al 2015, contro      ze diversissime: architetti, in-      nale che vede la Lombardia in       zano ha mostrato come un
 una crescita del 53% censita       gegneri, ricercatori, tecnici,        testa (15,3%), seguita da Emi-      quinto delle imprese altoatesi-
 tra le realtà produttive che       installatori, falegnami, esperti      lia-Romagna (14,8%), Trenti-        ne non agricole (circa 7.500)
 non hanno investito in eco-in-     di restauro urbano, risk mana-        no-Alto Adige (14, 7%), Val         adotti spontaneamente misu-
 novation. Lo stesso accade         ger, esperti nella commercia-         d'Aosta (14,0%) e Lazio             re atte a ridurre il proprio im-
 nell'export: è cresciuto nel       lizzazione di prodotti per il ri-     (13,9%)». Per quanto riguarda       patto ambientale. Ciò avviene,
 49% dei casi tra le imprese at-    ciclo, ecobrand manager, ov-          la nostra regione il valore ag-     per esempio, utilizzando ener-
 tive nella green economy (una      vero esperti di marketing. Ma         giunto delle professioni verdi      gie rinnovabili o riducendo i
 su due), rispetto al 33% tra chi   l'elenco potrebbe proseguire,         è pari a 5,3 miliardi.              consumi energetici dei pro-
 non ha adottato eco-policy. Ai     toccando scienze dure e non.                                              dotti. Sono invece circa 420
 migliori risultati aziendali si    Una platea che sta incidendo          I contratti                         (1'1,1%) le imprese che produ-
 affiancano quelli sull'occupa-     sempre di più sull'occupazio-            Ma la curva statistica conti-    cono o commercializzano so-
 zione: una crescita dei lavora-    ne nazionale. Partendo da             nua a crescere. In tutto il Pae-    luzioni tecniche o prodotti fi-
 tori, sempre nel 2016, ha ri-      un'analisi dei microdati Istat        se, le assunzioni di green jobs     nalizzati alla riduzione dell'in-
 guardato una quota maggiore        sulle forze di lavoro, nel 2016       programmate dalle imprese           quinamento ambientale. Infi-
 delle imprese green rispetto a     e con riferimento all'intera          per il 2017 arrivano a quasi        ne, circa 460 imprese (1'1,2%)
                     Ritaglio       stampa   ad   uso esclusivo          del   destinatario,    non   riproducibile.
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Pag. 12 N.60 - 12 marzo 2018
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12/03/2018
Pag. 44 N.10 - 12 marzo 2018
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12/3/2018                      Fondi progettazione/1. Delrio firma, arrivano 200 milioni. A grandi comuni e porti i 110 mln per «opere prioritarie»

            12 Mar 2018

            Fondi progettazione/1. Delrio firma,
            arrivano 200 milioni. A grandi comuni e
            porti i 110 mln per «opere prioritarie»
            Alessandro Arona

            Via libera del Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ai due fondi per finanziare la
            progettazione di "insediamenti prioritari" e opere degli enti locali, in tutto risorse per 200
            milioni di euro dal 2018 al 2020, che andranno interamente a Città metropolitane, Province,
            Comuni, Autorità di sistema portuale. Il Ministro ha firmato l'8 marzo il decreto per il «Fondo
            per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo
            sviluppo del Paese, nonché per la project review delle infrastrutture già finanziate», finanziato
            per 110 milioni di euro con il fondo Investimenti (legge di Bilancio 2017, comma 140, Dpcm
            Gentiloni luglio 2017), mentre il secondo decreto, « Fondo progettazione enti locali», istituito
            dalla legge di Bilancio 2018 e finanziato per 90 milioni (30 all'anno dal 2018 al 2020, ha ricevuto
            l'ok della Conferenza Stato-Regioni giovedì 8 marzo e sarà firmato a giorni da Delrio.

            Il finanziamento della progettazione dei lavori pubblici è un tassello chiave del nuovo assetto del
            nuovo Codice appalti 2016, dato che prevede come regola generale la messa in gara di progetti
            esecutivi, e dunque presuppone il rafforzamento della capacità progettuale (tecnica e anche
            economica) da parte di tutti gli enti pubblici, anziché affidare alle imprese (come avveniva
            prima) la progettazione esecutiva. Dato però l'impatto della novità, e data la carenza di risorse
            degli enti locali dedicate alla progettazione, è evidente che questi fondi avrebbero duvuto essere
            messi in campo subito, fin dal 2016.

            Meglio tardi che mai, comunque: «Queste risorse – afferma il Ministro Delrio - consentiranno
            agli enti locali di realizzare buone progettazioni. Dalla messa in sicurezza di infrastrutture ed
            edifici pubblici, tra cui le scuole, alla revisione di progetti invecchiati, alla pianificazione
            strategica nelle città metropolitane, ai piani urbani della mobilità sostenibile, a progetti per la
            portualità».
            «Con i due fondi - prosegue Delrio - si costituirà un buon parco progetti: progetti fattibili, pronti
            per essere finanziati, sopperendo alla carenza di progettazione efficace che impedisce o rallenta
            la realizzazione degli investimenti pubblici. Un'attività che potrà essere utile anche per
            consentire agli enti locali di partecipare a bandi e finanziamenti».

            Le risorse a disposizione sono complessivamente 55 milioni per quest'anno, 65 per il 2019 e 80
            milioni nel 2020.

            Le risorse del fondo "insediamenti prioritari" sono già assegnate in dettaglio nel decreto, anche
            se le modalità di richiesta saranno definite nelle prossime settimane con un decreto direttoriale
            del Ministero. Lo stesso è previsto, con tabelle dettagliate, nel fondo enti locali, per Città

http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEJ9ZNEE/0                                                                                      1/3
12/3/2018                      Fondi progettazione/1. Delrio firma, arrivano 200 milioni. A grandi comuni e porti i 110 mln per «opere prioritarie»

            metropolitane e Province, mentre la quota dei Comuni sarà assegnata con bando, sulla base di
            punteggi. Le modalità operative sono sempre previste con decreto direttoriale.

            FONDO INSEDIAMENTI PRIORITARI
            Il Fondo opere prioritarie (decreto firmato) è previsto dall'articolo 202 del Codice appalti e
            finanziato nel 2017 con il fondo Investimenti per 500 milioni di euro dal 2017 al 2032, con 90
            milioni i primi tre anni: 25 milioni nel 2018, 35 nel 2019 e 50 nel 2020. Il decreto Delrio decide
            di concentrare in via sperimentale le risorse dei primi tre anni interamente su enti locali e
            autorità portuali.
            Le risorse andranno per 30 milioni alle 15 (nuove) Autorità di sistema portuale, 24 milioni alle 14
            Città Metropolitane, 30 milioni ai 14 Comuni capoluogo di Città Metropolitane, 25 milioni ai 36
            Comuni capoluogo di Regione o di Provincia autonoma (non ricadenti in Città Metropolitana) o
            con popolazione superiore ai 100.000 abitanti.

            Le risorse destinate alle 15 Autorità di sistema portuale sono ripartite tra i 79 progetti
            considerati ammissibili in sede di Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di
            Sistema Portuale del 30 gennaio 2018.

            Le risorse destinate a Città Metropolitane e Comuni (come definiti sopra) andranno utilizzate
            prioritariamente per la predisposizione dei Piani Strategici Metropolitani (Psm) e dei Piani
            urbani della mobilità sostenibile (Pums). Per chi ha già redatto i Psm o i Pums o già affidato
            l'incarico per la loro realizzazione, le risorse andranno utilizzate per la predisposizione di
            progetti di fattibilità o di project review riferiti ad opere contenute in tali strumenti di
            pianificazione o comunque di prioritario interesse nazionale, cioè coerenti con le strategie della
            nuova politica di pianificazione infrastrutturale e con i fabbisogni infrastrutturali individuati
            nell'Allegato al Def 2017.

            I beneficiari (Città metropolitane e Comuni) devono inviare l'elenco dei piani/progetti, entro 90
            giorni dalla pubblicazione sul sito ministeriale del decreto direttoriale che disciplina modalità e
            termini della presentazione delle proposte (una scadenza che oscillerà presumibilmente tra
            giugno e luglio prossimi). All'atto dell'assegnazione delle risorse per i piani/progetti considerati
            ammissibili, viene erogato un anticipo pari al 50% delle risorse allocate per l'anno corrente. Le
            modalità di erogazione del restante 50% vengono definite con Decreto direttoriale riportato sul
            sito ministeriale. Sono ammissibili solo le spese sostenute a valere su contratti e obbligazioni
            giuridicamente vincolanti stipulati dopo l'emanazione del presente decreto.

            Le risorse per ogni soggetto beneficiario (Autorità di sistema portuale, Città metropolitane,
            Comuni capoluoghi di Città metropolitane, altri capoluoghi di provincia) sono già ripartite
            dettaglio, con nome e cognome, nel decreto (si vedano le tabelle).

            RISORSE ALLE GRANDI CITTA'
            Mettendo insieme i due decreti (si veda l'altro servizio per il fondo enti locali), queste le cifre
            assegnate alle 14 Città metropolitane:

            Bari, 4,255 milioni, di cui 2,618 per la città metropolitana, e 1,637 milioni per il comune
            capoluogo;
            Bologna, 4,103 milioni, di cui 2,381 per la città metropolitana e 1,722 per il comune capoluogo;
            Cagliari, 3,055 milioni, di cui 1,610 per la città metropolitana e 1,445 per il comune capoluogo;
            Catania, 4,172 milioni, di cui 2,462 per la città metropolitana e 1,710 per il comune capoluogo;
            Firenze, 4,034 milioni, di cui 2,366 per la città metropolitana e 1,668 per il comune capoluogo;

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12/3/2018                      Fondi progettazione/1. Delrio firma, arrivano 200 milioni. A grandi comuni e porti i 110 mln per «opere prioritarie»

            Genova, 4,066 milioni, di cui 2,044 per la città metropolitana e 2,022 per il comune capoluogo;
            Messina, 3,685 milioni, di cui 2,005 per la città metropolitana e 1,680 per il comune capoluogo;
            Milano, 4,770 milioni, di cui 4,141 per la città metropolitana e 2,629 per il comune capoluogo;
            Napoli, 6,223 milioni, di cui 4,011 per la città metropolitana e 2,212 per il comune capoluogo;
            Palermo, 4,754 milioni, di cui 2,753 per la città metropolitana e 2,001 per il comune capoluogo;
            Reggio Calabria, 3,597 milioni, di cui 1,933 per la città metropolitana e 1,664 per il comune
            capoluogo;
            Roma, 10,917 milioni, di cui 5,537 per la città metropolitana e 5,380 per il comune capoluogo;
            Torino, 5,997 milioni, di cui 3,845 per la città metropolitana e 2,152 per il comune capoluogo;
            Venezia, 4,077 milioni, di cui 2,119 per la città metropolitana e 1,958 per il comune capoluogo.

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12/3/2018                          Fondi progettazione/2. A Comuni e Province 12,5 milioni all'anno dal 2018, altri 5 alle Città metropolitane

            12 Mar 2018

            Fondi progettazione/2. A Comuni e Province
            12,5 milioni all'anno dal 2018, altri 5 alle
            Città metropolitane
            A.A.

            Le risorse assegnate dal Decreto Delrio per la progettazione degli enti locali (90 milioni in tre
            anni, 30 milioni per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020), passato alla Stato-Retgioni
            giovedì scorso e alla firma del Ministro, sono già definite per Città metropolitane eProvince,
            mentre nel caso dei Comuni saranno assegnate con bando e graduatoria triennale, sulla base di
            criteri e modalità da defnire con decreto direttoriale del Mit.
            E' già chiaro, comnque, che la finalittà degli interventi da progettare deve essere la messa in
            sicurezza degli edifici e delle strutture pubbliche di esclusiva proprietà dell'ente e con
            destinazione d'uso pubblica, con priorità agli edifici scolastici.

            FONDO ENTI LOLCALI
            Il Fondo progettazione enti locali (alla firma del Ministro Delrio), è stato istituito con il comma
            1079 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio 2018), con l'obiettivo di cofinanziare con
            risorse statali la redazione dei progetti di fattibilità e dei progetti definitivi degli enti locali, per
            opere destinate alla messa in sicurezza degli edifici e strutture pubbliche. Stanziati 30 milioni
            all'anno dal 2018 al 2020. Il decreto Delrio assegna così questi primi 90 milioni: per ogni
            annualità alle Città Metropolitane 5 mln, alle Province 12,5 mln, ai Comuni 12,5 mln. La
            finalità del fondo, per questi primi tre anni, è quella di progettare la messa in sicurezza degli
            edifici e delle strutture pubbliche di esclusiva proprietà dell'ente e con destinazione d'uso
            pubblica, con priorità agli edifici scolastici, con cofinanziamento statale max pari all'80%.
            A ciascuna Città metropolitana saranno assegnati (oltre ai fondi del Dm "insediamenti prioritari)
            100.000 euro in quota fissa, più una quota variabile proporzionale alla popolazione. Alle
            Province 70mila in quota fissa più una quota variabile proporzionale alla popolazione. Modalità
            e termini di accesso saranno definiti con Decreto direttoriale. Lo stesso avverrà con la quota
            riservata ai Comuni, ma già il Dm Delrio stabilisce che la ripartizione avverrà con bando
            pubblico, in base ad una graduatoria triennale 2018/2020, e la priorità sarà assegnata ai progetti
            di adeguamento alla normativa sismica degli edifici e delle strutture scolastiche. L'ammontare
            massimo del cofinanziamento statale sarà di 60mila euro per ogni progetto. L'assistenza tecnica
            e amministrativa nello svolgimento delle pratiche amministrative e gestionali sarà garantita da
            Cassa depositi e prestiti.

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12/3/2018                                      Appalti privati/1. Il prezzo può salire: il focus sulle norme e le sentenze dei giudici

            12 Mar 2018

            Appalti privati/1. Il prezzo può salire: il
            focus sulle norme e le sentenze dei giudici
            Lidia Scantamburlo

            Negli appalti privati il prezzo stabilito è destinato a rimanere invariato. Ma il Codice civile prima,
            e la giurisprudenza poi ammettono diverse eccezioni. Secondo la Cassazione, infatti, con il
            contratto di appalto l’esecutore assume il rischio della gestione economica dell’impresa a fronte
            del riconoscimento di un corrispettivo destinato, in via tendenziale, a restare invariabile
            (Cassazione civile, sentenza 11478/2016). Se però nel corso dell’esecuzione intervengono degli
            eventi idonei a modificare l’equilibrio contrattuale, come nel caso, ad esempio, di sopraggiunti
            aumenti o diminuizioni dei costi, la revisione prezzi negli appalti privati è ammessa (Tribunale
            di Genova, sentenza 23 agosto 2016).
            Il primo comma dell’articolo 1664 del Codice civile si occupa proprio di questa ultima ipotesi
            poiché, in caso di aumenti o diminuzione dei costi, consente di adeguare la pattuizione del
            corrispettivo tra committente e appaltatore.
            La possibilità di richiedere la revisione è riconosciuta dalla norma – che opera
            indipendentemente da un suo espresso richiamo in contratto e salvo che nel contratto stesso
            non vi si deroghi espressamente – sia all’appaltatore (nel caso di aumenti), sia al committente
            (nella ben più rara eventualità di una diminuzione): ad entrambi è attribuita la legittimità ad
            avvalersi di questo strumento.
            Non ogni aumento o diminuzione dei costi può però dare luogo alla revisione.
            La norma pone, anzitutto, un limite di carattere quantitativo: la revisione scatta solo per
            aumenti o diminuzioni superiori a un decimo del prezzo complessivo (inclusi, cioè, eventuali
            aumenti per variazioni progettuali o precedenti revisioni): il meccanismo non opera per
            variazioni inferiori a tale soglia (Cassazione civile, sentenza 10288/1998).
            Il limite del decimo del prezzo è comunque derogabile dalle parti, le quali hanno facoltà di
            aumentare o diminuire la misura della soglia di operatività del meccanismo revisionale (anche
            nel senso che possono prevedere che la revisione del prezzo sia dovuta per ogni variazione
            anche minima o, al contrario, sempre esclusa).
            È poi richiesto che si tratti di una variazione riguardante almeno uno dei seguenti profili:
            - i costi dei materiali;
            - i costi della manodopera.
            Nel caso dei materiali, la variazione può discendere sia dal diverso costo della materia prima, sia
            da voci accessorie della stessa (e tra queste sono ricomprese, ad esempio, le spese di trasporto),
            così come può trattarsi di un aumento generalizzato sul territorio o, anche, limitato al solo luogo
            di approvvigionamento dell’esecutore.

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12/3/2018                                      Appalti privati/1. Il prezzo può salire: il focus sulle norme e le sentenze dei giudici

            Nel concetto di manodopera sono invece ricompresi gli aumenti di costi collegati alle
            retribuzioni degli operai o degli impiegati, nonché quelli per assicurazioni sociali e per i vari
            oneri posti dalla legge a carico dell’appaltatore in qualità di datore di lavoro, mentre non può
            essere invocato, quale causa di revisione, il pagamento dei lavori straordinari o notturni.
            È infine richiesto che l’aumento dei costi sia l’effetto di circostanze non prevedibili al momento
            della conclusione del contratto e che comunque discenda da cause estranee ad entrambi i
            contraenti (Cassazione civile, sentenza 1494/2011). Non deve quindi trattarsi di eventi
            straordinari (come richiesto all’articolo 1467 del Codice civile), ma di eventi imprevedibili con ciò
            significando che l’effetto modificativo del prezzo può anche essere di natura ordinaria.
            È questo un profilo di estrema rilevanza al quale prestare la dovuta attenzione al momento della
            sottoscrizione del contratto: la giurisprudenza ha infatti chiarito che l’appaltatore non può, ad
            esempio, pretendere un compenso aggiuntivo per la mancata effettiva previsione di fattori di
            per sé prevedibili al momento della conclusione del contratto secondo la media diligenza e
            perizia (Cassazione civile, sentenza 5951/2008).
            Diversamente, se la maggiore onerosità risulta causata da ritardi imputabili al committente, la
            disciplina dell’articolo 1664, comma 1, non troverà applicazione e l’aumento dei costi andrà
            compensato per intero a titolo di risarcimento danni fermo restando che l’imprevedibilità dovrà
            essere valutata alla luce del precedente andamento dei prezzi (Cassazione civile, sentenza
            19655/2006). Del tutto diversa è la disciplina della revisione prezzi per gli appalti pubblici,
            fissata dal Dlgs 50/2016, articolo 106 (Codice degli appalti).
            Le scelte dei giudici

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12/3/2018                                 Appalti privati/2. Contro il rischio aumenti il committente si può tutelare con clausole ad hoc

            12 Mar 2018

            Appalti privati/2. Contro il rischio aumenti il
            committente si può tutelare con clausole ad
            hoc
            Lidia Scantamburlo

            Il diritto alla revisione prezzi così come disciplinato dall’articolo 1664 del Codice civile è
            derogabile, già alla firma del contratto. Possono essere inserite clausole dirette a rimuovere il
            limite legale di aumento o a escludere aumenti solo per determinate prestazioni. Ci si può
            spingere fino alla deroga totale ponendo interamente a carico dell’appaltatore il rischio
            economico derivante da eventuali aumenti dei costi (Cassazione civile, sezione I, sentenza
            25762/2015).
            L’aumento dei rischi a carico dell’appaltatore non trasforma, in ogni caso, automaticamente il
            contratto da commutativo ad aleatorio e questo neanche nell’ipotesi di esclusione totale della
            revisione prezzi (Cassazione civile, sezione II, sentenza 4198/2014); così come l’eventuale
            rinuncia alla revisione non comporta di per sé la rinuncia all’equo compenso in favore
            dell’appaltatore.
            Una siffatta clausola di esclusione della revisione dei prezzi non è vessatoria, ai fini della
            specifica sottoscrizione ex articolo 1341 del Codice civile ed è sufficiente che la relativa volontà
            risulti chiaramente manifestata, non essendo necessari specifici vincoli di forma. Si ritiene,
            pertanto, che la clausola contrattuale contenente l’espressa pattuizione della invariabilità del
            corrispettivo escluda che le parti possano in seguito chiedere la revisione del corrispettivo ai
            sensi dell’articolo 1664, sia nel corso dell’opera, sia dopo.
            Al di là delle casistiche generali astratte, un eventuale giudizio di ammissibilità della clausola
            non potrà che mutare di volta in volta, dovendo essere agganciato ad una valutazione concreta e
            complessiva dell’equilibrio del contratto e a un’ indagine sull’effettiva volontà delle parti.
            La rinuncia dell’appaltatore alla revisione prezzi può essere comunque anche successiva alla
            conclusione del contratto e discendere da un comportamento concludente, quale, ad esempio,
            l’accettazione senza riserve, ad opera ultimata, dell’intero prezzo pattuito in origine. In
            conclusione, il committente, che vuole tutelarsi o prevenire richieste di aumento in corso
            d’opera, potrà optare, in primo luogo, per un appalto a corpo (o a forfait), dove non solo il
            corrispettivo è determinato in misura fissa riferita globalmente all’opera, ma la
            contabilizzazione dei lavori (e il pagamento) avvengono in base allo stato di avanzamento lavori.
            Il committente potrà rafforzare l’invariabilità del corrispettivo con l’ulteriore ed espressa
            dichiarazione di rinuncia dell’appaltatore alla revisione prezzi; occorre infatti prevenire
            successive eccezioni dell’appaltatore tese a rilevare la genericità o l’irrilevanza delle clausole di
            rinuncia, quali, ad esempio, “prezzi fissi e invariabili” o “rinuncia a maggiori compensi”, che
            potrebbero essere interpretate quale mera conferma del prezzo pattuito o essere ricondotte a
            difficoltà di esecuzione di scarsa importanza.
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12/3/2018                                       Incentivi al recupero/1. Dal budget ai lavori ammessi: il focus sul bonus verde

            12 Mar 2018

            Incentivi al recupero/1. Dal budget ai lavori
            ammessi: il focus sul bonus verde
            Cristiano dell'Oste e Giuseppe Latour

            Quali interventi in giardino sono agevolati dal bonus verde? Con l’avvicinarsi della bella
            stagione aumentano i proprietari di casa che se lo chiedono, anche per programmare budget e
            interventi. Di sicuro la detrazione fiscale Irpef del 36% – calcolata su una spesa massima di
            5mila euro per unità abitativa – premia chi “sistema a verde” un’area pertinenziale scoperta:
            cioè realizza un giardino dove prima non c’era o trasforma in modo pesante un giardino già
            esistente (ad esempio, piantando nuovi alberi, realizzando tappeti erbosi, vialetti e impianti di
            irrigazione).
            Al di là di questi interventi, però, ci sono una serie di situazioni intermedie per affrontare le
            quali i contribuenti possono affidarsi ai chiarimenti forniti dalle Entrate a Telefisco 2018. Che la
            «manutenzione ordinaria annuale» non rientri nell’agevolazione, è un punto ormai chiarito
            dall’Agenzia. La manutenzione beneficia invece dello sconto se «connessa» ai lavori, così come
            gli oneri di progettazione.
            Tra le esclusioni, anche i lavori eseguiti in economia in cui il contribuente acquista direttamente
            i materiali. Discorso diverso per le piante in vaso: per le Entrate hanno diritto al bonus, ma solo
            se l’acquisto è parte di un intervento di radicale trasformazione del giardino.
            Il richiamo agli «interventi straordinari di sistemazione a verde» è contenuto nella relazione alla
            legge di Bilancio 2018 – che ha introdotto la detrazione – e può aiutare i contribuenti a
            orientarsi nei casi dubbi. Anche se l’Agenzia non ha preso posizione su questo aspetto specifico,
            è probabile che il taglio di un albero ad alto fusto non rientri nel concetto di “sistemazione” e
            quindi non dovrebbe essere agevolato. Lo stesso vale per l’acquisto di erba sintetica, che non
            pare in linea con la ratio della legge. Né la norma lascia molte speranze a chi vorrebbe agevolare
            l’acquisto di macchinari, compresi i robot tagliaerba.
            Altri interventi sono espressamente agevolati dalla legge che cita «recinzioni, impianti di
            irrigazione e realizzazione pozzi» e aggiunge la «realizzazione di coperture a verde e di giardini
            pensili».
            Questo consente di dire che l’acquisto con posa in opera di una cisterna prefabbricata dovrebbe
            essere agevolato se fa parte di un impianto di irrigazione. Chi è interessato a installare una
            recinzione, invece, deve ricordare che può avere anche la detrazione del 50% “standard” per il
            recupero edilizio, su una spesa massima di 96mila euro: a patto, però, che la recinzione possa
            essere inquadrata nelle opere di sicurezza per prevenire atti illeciti. A livello pratico la spesa
            dovrà essere fatturata e pagata a parte, nel caso del 50% con bonifico tracciabile, mentre per il
            bonus verde le Entrate ammettono bonifici semplici, carte di credito, bancomat e assegni.
            Una certa attenzione richiede anche la realizzazione di un giardino pensile. Non c’è una nozione
            di legge, ma dovrà trattarsi di interventi strutturati, mentre è assodato che l’acquisto di alcuni

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12/3/2018                                       Incentivi al recupero/1. Dal budget ai lavori ammessi: il focus sul bonus verde

            vasi per il balcone non può – da solo – avere il bonus verde.
            Su come debbano essere documentati gli interventi, per ora non ci sono indicazioni. Nel caso –
            simile – del bonus mobili, le Entrate hanno chiesto ai contribuenti di conservare la
            documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta
            transazione per i pagamenti con carte di credito o bancomat, documentazione di addebito sul
            conto corrente) e le fatture di acquisto con la specificazione della natura, qualità e quantità dei
            beni e servizi acquisiti.
            Tra gli altri punti chiariti in via ufficiale c’è la possibilità di “raddoppiare” il bonus verde per
            interventi sul giardino condominiale e sul giardino privato (anche pensile) dei singoli
            appartamenti, anche se nello stesso edificio.
            L’agevolazione è una detrazione Irpef per i giardini delle case esistenti. Escluse, quindi, le
            abitazioni di nuova costruzione, così come le fatture intestate a società o relative ad aree verdi di
            edifici non abitativi. Per le unità a uso promiscuo, invece, il bonus è dimezzato. Le spese
            agevolate sono quelle sostenute nel 2018 (vale la data del bonifico o il pagamento entro il 31
            dicembre) e il recupero avverrà in dieci rate annuali, quindi partire dai modelli 730 e Redditi Pf
            presentati l’anno prossimo.

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12/3/2018                                         Incentivi/2. Su gazebo, pergolati e arredi non pesa la variabile dei permessi

            12 Mar 2018

            Incentivi/2. Su gazebo, pergolati e arredi
            non pesa la variabile dei permessi
            C.d.L.-GI.L.

            Per misurare in maniera esatta l’estensione del bonus verde, non c’è da considerare solo la
            variabile fiscale. Insieme all’applicabilità degli sconti, bisogna mettere sul piatto il fattore dei
            titoli abilitativi. Valutando, cioè, quale permesso viene richiesto per le diverse tipologie di
            intervento.
            Tenendo presente una premessa di carattere generale: in assenza di un titolo abilitativo, come
            una comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) o come il più gravoso permesso di costruire,
            per accedere alle detrazioni sarà sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
            «in cui – come spiega l’agenzia delle Entrate - deve essere indicata la data di inizio dei lavori» e
            bisogna attestare che gli interventi di ristrutturazione rientrano tra quelli agevolabili. In pratica,
            un’autocertificazione da conservare in caso di controlli.
            La maggioranza degli interventi che è possibile effettuare in giardino rientra nel perimetro
            dell’edilizia libera: vuol dire che, in base alle previsioni del Testo unico per l’edilizia (Dpr
            380/2001), potranno essere avviati senza alcuna formalità. Anche se va considerato un
            elemento: molte di queste opere sono anche tra quelle che, più di frequente, finiscono al centro
            di contestazioni. È, allora, molto utile fissare un confine per dire quando l’investimento
            incentivato sarà al sicuro da problemi.
            Esattamente l’operazione appena fatta dal Governo, con il suo glossario unico in materia di
            edilizia, da poco firmato dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio e in attesa di
            pubblicazione definitiva in Gazzetta ufficiale. Si tratta di un elenco che, per garantire uniformità
            a livello nazionale nel trattamento delle diverse opere, fissa esattamente i paletti che gli uffici
            comunali, a livello locale, dovranno rispettare. E proprio il giardino, in questo ambito, gioca un
            ruolo molto importante.
            La disposizione alla quale agganciarsi, secondo quanto spiega il glossario, nel caso del bonus
            verde è l’articolo 6, comma 1, lettera e-quinquies) del Dpr 380/2001. Qui si stabilisce che sono
            eseguibili senza alcun titolo abilitativo «le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di
            arredo delle aree pertinenziali degli edifici». La conseguenza, in base alla ricostruzione ufficiale
            del Governo, è che potranno andare in edilizia libera le opere di installazione, riparazione,
            sostituzione, rinnovamento relative agli arredi da giardino (ad esempio barbecue in muratura,
            fontane, muretti, sculture, fioriere, panche fissate al suolo).
            Ma non solo. Saranno in edilizia libera anche i gazebo di limitate dimensioni e non stabilmente
            infissi al suolo; i giochi per bambini, comprese le relative recinzioni; i pergolati, anche questi di
            limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; i ricoveri per animali domestici e da
            cortile, le voliere e simili, con relativa recinzione; i ripostigli per attrezzi, i manufatti accessori di
            limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; le sbarre, i separatori, i dissuasori e simili,
            gli stalli per biciclette; le tende, le tende a pergola, le pergotende, le coperture leggere di arredo;
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12/3/2018                                         Incentivi/2. Su gazebo, pergolati e arredi non pesa la variabile dei permessi

            gli elementi divisori verticali non in muratura, anche di tipo ornamentale. Quasi tutte opere che
            potrebbero rientrare nel perimetro del nuovo sconto, anche se la conferma definitiva dovrà
            arrivare dalle Entrate.

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12/3/2018                                  Esclusione per gravi errori professionali, l'elenco del codice non è tassativo: decide le Pa

            12 Mar 2018

            Esclusione per gravi errori professionali,
            l'elenco del codice non è tassativo: decide le
            Pa
            Roberto Mangani

            L'illecito professionale, che costituisce una delle cause di esclusione dalle gare, può sussistere
            anche al di fuori delle ipotesi elencate all'articolo 80, comma 5, lettera c) del Dlgs 50/2016. Di
            conseguenza all'ente appaltante resta un adeguato margine di discrezionalità per valutare se
            determinati inadempimenti, pur non configurando le ipotesi previste dalla norma, costituiscano
            un grave illecito professionale.
            Con queste importanti affermazioni il Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299, offre un
            rilevante contributo interpretativo su una materia controversa, che ha visto intervenire l'Anac
            con le Linee guida n. 6 del 16 novembre 2016 - aggiornate in data 11 ottobre 2017 - e su cui si è
            già formata una copiosa giurisprudenza, non sempre di segno univoco.
            Il fatto
            Nell'ambito di una procedura di gara per l'affidamento del servizio delle coperture assicurative
            l'ente appaltante aveva proceduto all'esclusione di un concorrente. A fondamento del
            provvedimento di esclusione veniva contestato un grave inadempimento del concorrente
            derivante da un precedente rapporto contrattuale con lo stesso ente appaltante. In particolare
            tale inadempimento consisteva nella mancata restituzione di una somma di denaro accantonata
            durante la vigenza di un precedente contratto assicurativo e che veniva rivendicata dall'ente
            appaltante.
            Vi era quindi tra ente appaltante e concorrente una situazione di conflittualità che tuttavia non
            si era ancora tradotta in alcuna delle ipotesi previste dalla norma.
            L'articolo 80, comma 5, lettera c) configura infatti come illeciti professionali tipizzati quelle
            carenze nell'esecuzione di un precedete contratto che hanno dato luogo alla risoluzione
            anticipata non contestata in giudizio o confermata all'esito di un giudizio ovvero a una
            condanna per risarcimento danni o ad altre sanzioni.
            Nel caso di specie nessuna di queste ipotesi si era verificata. Il giudice amministrativo di primo
            grado ha quindi ritenuto che il provvedimento di esclusione dovesse considerarsi illegittimo,
            poiché una situazione di conflittualità e di reciproche contestazioni – come quella prospettata -
            che tuttavia non aveva dato luogo né alla risoluzione del contratto né al risarcimento danni né
            ad altre sanzioni non configurava l'illecito professionale nei termini indicati dalla norma.
            L'interpretazione dell'articolo 80, comma 5, lettera c)
            La tesi accolta dal giudice amministrativo di primo grado si basa sul presupposto che la nuova
            norma che delinea il grave illecito professionale come causa di esclusione dalle gare ha
            modificato profondamente il regime previgente contenuto nell'articolo 38, comma 1, lettera f)
            del Dlgs 163/2006 che si occupava del grave errore professionale.

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12/3/2018                                  Esclusione per gravi errori professionali, l'elenco del codice non è tassativo: decide le Pa

            Questo cambio di indirizzo da parte del legislatore avrebbe di molto limitato la discrezionalità
            dell'ente appaltante, che potrebbe procedere all'esclusione solo in presenza delle situazioni
            indicate dalla norma. Al contrario, a fronte della contestazione di inadempimenti anche gravi
            che tuttavia non hanno trovato consacrazione nella risoluzione del contratto definitiva – in
            quanto non contestata ovvero confermata in giudizio – o nell'ottenimento di un risarcimento
            danni o nell'irrogazione di altre sanzioni (quali penali o incameramento della garanzia), all'ente
            appaltante sarebbe precluso ogni margine di valutazione, non potendo dar luogo all'esclusione
            del concorrente.
            Questa tesi ha trovato accoglimento in molte pronunce dei giudici amministrativi di primo
            grado. Essa viene tuttavia smentita dal Consiglio di Stato con la pronuncia in commento.
            A sostegno della propria posizione il giudice amministrativo di secondo grado porta in primo
            luogo un dato testuale. La lettera c) del comma 5 dell'articolo 80, dopo aver prefigurato il grave
            illecito professionale come causa di esclusione dalle gare, indica che «tra questi» – cioè tra gli
            illeciti professionali - rientrano le situazioni più volte richiamate. L'utilizzo dell'espressione «tra
            questi» sta a significare che l'elencazione contenuta nella norma non è tassativa ma solamente
            esemplificativa, posto che è lo stesso legislatore a esplicitare che vengono indicate solo alcune
            delle ipotesi "tra quelle" astrattamente configurabili.
            È quindi del tutto ragionevole ritenere che le significative carenze nell'esecuzione di un
            precedente contratto di appalto ricomprendano anche l'inadempimento di un'obbligazione
            particolarmente significativa nell'ambito del contratto o l'adozione di comportamenti scorretti o
            notevoli ritardi nello svolgimento delle prestazioni.
            In sostanza gli inadempimenti o i ritardi obbligano l'ente appaltante a procedere all'esclusione
            quando si concretizzano in una delle ipotesi contemplate dalla norma, che per definizione ha
            qualificato tali ipotesi come grave errore professionale.
            Tuttavia non è vero il contrario, e cioè che al di fuori di queste ipotesi l'ente appaltante non
            possa comunque procedere all'esclusione.
            Il Consiglio di Stato afferma infatti che non è preclusa all'ente appaltante la possibilità di
            operare una valutazione discrezionale in ordine agli inadempimenti posti in essere che, pur non
            avendo dato luogo alle ipotesi esplicitamente indicate dalla norma, sono comunque classificabili
            come gravi errori professionali. Tali inadempimenti possono essere infatti tali da minare
            l'affidabilità del concorrente, rispondendo quindi alla ratio sottesa alla disciplina del grave
            errore professionale, che è quella di escludere dalla competizione soggetti che in precedenti
            rapporti contrattuali hanno tenuto un comportamento che ha fatto venir meno l'elemento
            fiduciario.
            Posto quindi che l'esclusione può essere disposta anche al di fuori dei casi indicati dalla norma,
            ciò che muta è l'onere motivazionale che grava sull'ente appaltante. Infatti qualora si sia in
            presenza delle ipotesi previste dalla norma – risoluzione di un precedente contratto non
            contestata o confermata in giudizio, risarcimento del danno, altre sanzioni – l'onere
            motivazionale è di molto alleggerito, potendosi limitare a evidenziare l'effettiva sussistenza di
            tali situazioni.
            Nel caso invece in cui l'ente appaltante intenda procedere all'esclusione per un grave illecito
            professionale che non sia riconducibile alle situazioni sopra indicate dovrà motivare in maniera
            diffusa la sua decisione, proprio perché frutto di autonoma valutazione discrezionale, indicando
            in maniera puntuale i comportamenti del concorrente che secondo il proprio giudizio integrano
            il grave illecito professionale.

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12/3/2018                                  Esclusione per gravi errori professionali, l'elenco del codice non è tassativo: decide le Pa

            Né contro questa tesi può essere avanzata l'obiezione che in questo modo si amplierebbe
            nuovamente l'ambito di discrezionalità dell'ente appaltante che, anche in rapporto alla
            precedente normativa, il legislatore ha evidentemente voluto limitare. Questo argomento non
            può infatti essere utilizzato per annullare totalmente la discrezionalità dell'ente appaltante, che
            permane ancorché condizionata da un onere motivazionale particolarmente gravoso.
            L'applicazione pratica dei principi enunciati
            Il caso sottoposto all'attenzione è emblematico delle conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di
            Stato. La situazione di conflittualità tra ente appaltante e concorrente era riconducibile a una
            grave inadempimento che, ad avviso del primo, il secondo ha posto in essere in un precedente
            rapporto contrattuale. Si trattava della mancata restituzione di una somma di denaro che,
            secondo la prospettazione dell'ente appaltante, era ad esso dovuta.
            Ancorché questo inadempimento non avesse dato luogo a suo tempo a una risoluzione
            contrattuale o a un risarcimento del danno o ad altre sanzioni, ciò non impedisce all'ente
            appaltante di ritenere che esso integri un grave illecito professionale. D'altro canto nel caso di
            specie il provvedimento di esclusione contiene un'adeguata e articolata motivazione a sostegno
            della decisione adottata, preceduta anche da un contraddittorio con l'interessato.
            Risultano quindi rispettate le indicazioni contenute nelle Linee guida n. 6 secondo cui
            l'esclusione deve essere disposta all'esito di un procedimento in contraddittorio, oltre che
            rispondere al principio di proporzionalità.
            La conclusione è che il provvedimento di esclusione è da considerare legittimo, posto che
            preclude la partecipazione alla gara di un soggetto che ha commesso una grave inadempimento
            contrattuale proprio nell'esercizio dell'attività tipica di una compagnia di assicurazioni.
            L'affidabilità di tale soggetto risulta quindi minata fino al punto di legittimare l'ente appaltante a
            non voler intrattenere con lo stesso un nuovo rapporto contrattuale.

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12/3/2018                                       Norme tecniche per un anno a 200 euro, al via la convenzione Uni-Confindustria

            12 Mar 2018

            Norme tecniche per un anno a 200 euro, al
            via la convenzione Uni-Confindustria
            M.Fr.

            Tutte le regole tecniche dell'Uni per un anno al costo di 200 euro. È questo l'oggetto della
            convenzione sottoscritta tra Confindustria e Uni a favore di tutte le imprese del sistema
            associativo. Più precisamente l'offerta al costo di 200 euro l'anno (più Iva al 22%) è riservata alle
            imprese fino a 49 dipendenti. Per le imprese da 50 dipendenti in su il costo è di 300 euro l'anno
            (più Iva al 22%) sempre che il fatturato annuo sia inferiore a 500 milioni di euro.

            L'accesso on line alla banca dati è consentito sempre (24 ore su 24, sette giorni su sette). Oltre
            alle norme Uni è possibile consultare i recepimenti di norme En e le adozioni italiane di norme
            Iso. L'oggetto della convenzione riguarda la sola consultazione a video. La stampa dei testi o il
            download sono invece funzioni a pagamento escluse dalla convenzione, e richiedono il normale
            accesso al "negozio virtuale" dell'Uni (a questo link).
            Per le imprese edili, l'abbonamento viene attivato attraverso l'Ance (Servizio Tecnologico)
            compilando un apposito modulo da inviare per mail (teconologiesicurezza@ance.it). Dopo il
            pagamento, l'impresa riceverà - direttamente dall'Uni - le credenziali per l'accesso alla banca
            dati. L'abbonamento ha una durata di 12 mesi a partire dalla data dell'attivazione.

            Più in generale, l'accordo sottoscritto con Confindustria prevede che se verranno superate le
            5mila adesioni da parte dell'intero sistema industriale, «verranno individuate ulteriori iniziative
            per agevolare ulteriormente l'accesso alle norme tecniche Uni alle aziende aderenti al sistema
            confindustriale». Il 31 marzo è previsto il primo incontro Confindustria-Uni per monitorare
            l'applicazione della convenzione (il secondo e ultimo incontro è previsto il 30 giugno 2018).
            Entro il 30 settembre 2018 è invece prevista la scadenza per il rinnovo della convenzione.

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Codice dei contratti: Il punto della situazione
12/03/2018

L’occasione della pubblicazione del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei
trasporti 16 gennaio 2018, n. 14 contenente il “Regolamento recante procedure e schemi-
tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici, del
programma biennale per l’acquisizione di forniture e servizi e dei relativi elenchi annuali e
aggiornamenti annuali” è buona per fare il punto della situazione sul Codice dei contratti di
cui al d.lgs. n. 50/2016 a quasi due anni dall’entrata in vigore.

Pochi di noi, anche i più scettici, avrebbero ipotizzato che a distanza di due anni il
Codice dei contratti non avrebbe avuto una completa attuazione ma, purtroppo la
situazione è, oggi, sotto gli occhi di tutti e non può essere camuffata.

Ma andiamo ai numeri che, purtroppo, sono impietosi. Come è possibile rilevare
dall’allegata tabella, i provvedimenti attuativi che avrebbero dovuto rendere
completamente operativo il codice dei contratti sono 67 che si riducono a 66 in
considerazione del fatto che non è più necessario predisporre il Decreto del Ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti con linee guida interpretative e di indirizzo per assicurare
l’uniforme applicazione e interpretazione delle norme di cui al nuovo codice per il fatto
stesso che il citato comma è stato abrogato dal “decreto correttivo di cui al d.lgs. n. 56/2017.
Dei 66 provvedimenti rimanenti ne sono entrati i vigore 20 (quelli individuati in verde
nella tabella allegata) mentre per altri 46 la situazione è sdoppiabile in quelli per i quali
sono stati già predisposti provvedimenti non ancora entrati in vigore(quelli individuati
in giallo nella tabella allegata) che sono 13 e quelli per i quali non si è ancora mossa
foglia che sono i restanti 33.

La situazione è, pertanto, di codice rosso e speriamo che chi andrà al Governo
troverà soluzioni adeguate per rimettere in carreggiata un provvedimento che è nato
male e che è stato gestito peggio anche per il fatto stesso che è mancata la supervisione
di quella Cabina di regia che istituita con questo scopo è stata e continua ad essere
latitante.

In riferimento ai tanti provvedimenti che ancora devono essere emanati per rendere
operativo il Codice dei contratti al fine di evitare la grande confusione che sta generando
una situazione che ha dell’inverosimile, segnaliamo, sperando di non dimenticarne
nessuno, quelli che pur non essendo, ancora, entrati in vigore hanno iniziato il lungo e
faticoso cammino verso il traguardo che sono i seguenti:

   1. Art. 22, comma 2 - Dpcm per l'individuazione delle opere da sottoporre a dibattito
      pubblico. Avrebbe dovuto essere predisposto entro il 19 aprile 2017 mentre ad oggi,
      dopo i pareri resi dai ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali, dalle Camere e dal
      Consiglio di Stato, le osservazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri inviate
      al Mit il 7 novembre 2017, con cui si richiede anche eventuale parere di Conferenza
      Unificata che si è pronunciata con i pareri nn. 173/CU e 175/CU del 14 e 21
      dicembre 2017, il nuovo parere del Consiglio di Stato n. 359 del 12 febbraio 2018 ed
      il parere della VIII Commissione della Camera dei Deputati reso il 20 febbraio 2018,
      si è in attesa del parere del’8° Commissione del Senato e dell’adeguamento del testo
      alle osservazioni sia del Consiglio di Stato che dell’VIII Commissione della Camera.
   2. Art. 23, comma 3 - Dm Ministero Infrastrutture per definire i nuovi livelli di
      progettazione. Dopo il parere del Consiglio di Stato n. 22 del 10 gennaio 2017, il
      Parere della Conferenza n. 121/CU del 5 ottobre 2017 e l’approvazione del Consiglio
      superiore dei lavori pubblici il 22 ottobre 2017, ad oggi si è, ancora, in attesa del
      testo definitivo.
   3. Art. 36, comma 7 - Linee guida Anac sull’affidamento degli appalti sottosoglia – Si
      tratta delle Linee guida Anac n. 4 la cui prima edizione è stata approvata con delibera
      n. 1097 del 26 ottobre 2016 mentre per la seconda edizione, posta in consultazione
      (contenente le novità introdotte dal decreto correttivo) fino al 25 settembre 2017 e
      sulla quale è stato acquisito il parere Consiglio di Stato n. 361 del 12 febbraio 2018
      non è stata, a tutt’oggi, predisposto i testo definitivo.
4. Art. 38, comma 2 - Dpcm recante i criteri per l’iscrizione all’albo delle stazioni
   appaltanti. Avrebbe dovuto essere predisposto entro il 18 luglio 2016 mentre a
   gennaio 2018 lo schema di decreto è stato inviato dalla Presidenza del Consiglio dei
   Ministri alla Conferenza Unificata per il parere.
5. Art. 81, comma 2 - Dm Infrastrutture con indicazione della documentazione da
   inserire nella banca dati nazionale degli operatori economici che sostituirà Avcpass
   entro 31 dicembre 2016. Avrebbe dovuto essere predisposto entro il 31 dicembre
   2016 mentre, terminata il 31 gennaio 2017 la consultazione pubblica sullo schema di
   decreto, a tutt’oggi non si hanno notizie.
6. Art. 83, comma 2 e 84 commi 2 e 8 - Linee guida Anac sul sistema di qualificazione
   e sull'avvalimento nei lavori pubblici. Indicazioni sullo standard di controlli richiesti
   alle Soa. Avrebbero dovuto essere predisposte entro il 19 aprile 2017. La
   consultazione sul provvedimento è terminata il 3 maggio 2017 ma il decreto
   correttivo ha stabilito che per la qualificazione non sono più necessarie linee guida
   ma un decreto Mit per il quale l'Anac ha riproposto in data 12/05/2017 nuove
   consultazioni chiuse il 13 luglio 2017 ma si resta in attesa della proposta definitiva e,
   quindi, a tutt’oggi, non si hanno notizie di tale Decreto.
7. Art. 83, comma 10 - Linee guida Anac per istituzione del sistema di premialità e
   penalità relativo alla reputazione delle imprese (rating di impresa). Avrebbero dovuto
   essere predisposte entro il 20 agosto 2017. La prima bozza di linee guida basata sul
   rating obbligatorio è stata ritirata ed un nuovo provvedimento dovrebbe essere
   predisposto alla luce del decreto correttivo che ha aggiornato la scadenza prima
   prevista per il 18 luglio 2016.
8. Art. 103, comma 9 - Dm Sviluppo Economico con lo schema-tipo per le
   fideiussioni. Sullo schema di provvedimento è stata sentita l'Anac ed il Consiglio di
   Stato ha espresso il proprio parere n. 1665 del 12 luglio 2017.
9. Art. 111, commi 1 e 2 - Dm Infrastrutture su proposta Anac con linee guida per il
   direttore dei lavori e per il direttore di esecuzione del contratto di servizi e forniture.
   Avrebbe dovuto essere predisposto entro il 31 dicembre 2016 mentre, terminata il 18
   luglio 2016. Le originarie linee guida sono state poste in consultazione da Anac fino
   al 16 maggio 2016 e sui relativi testi sono stati acquisiti i pareri del Consiglio
   superiore dei lavori pubblici n. 6734 del 18 luglio 2016 e n. 6907 del 22 luglio 2016
   e del Consiglio di Stato n. 2282 del 3 novembre 2016 in cui si chiede di riscrivere il
   decreto con l’impostazione non di linee guida ma da decreto. Sul nuovo testo,
   aggiornato anche al decreto correttivo, sono stati acquisiti i pareri Consiglio di Stato
   n. 360 del 12 febbraio 2018 e della VIII Commissione della Camera dei deputati il il
   20 febbraio 2018, si è in attesa del parere del’8° Commissione del Senato e si resta, a
   tutt’oggi, in attesa del testo definitivo.
10. Art. 177, comma 3 - Linee guida Anac sul rispetto del sistema "80% in gara, 20% in
       house" degli appalti dei concessionari ("60% in gara, 40% in house", per i
       concessionari autostradali, come specificato dall'articolo 1, comma 568, della legge
       di bilancio n. 205/2017). Dovrebbero essere pronte entro l’1 aprile 2018. Il 4
       dicembre 2017 sono state messe in consultazione da Anac e fino al 15 gennaio 2018
       le indicazioni per la verifica dei limiti percentuali. Con l'articolo 1, comma 568, della
       legge di bilancio n. 205/2017, è stata posticipata la data di adozione delle linee guida
       dal 18 luglio 2016 al 90° giorno dall'entrata in vigore della legge di bilancio e,
       quindi, l’1 aprile 2018. Si resta i attesa, a tutt’oggi del testo definitivo.
   11. Art. 181, comma 4 - Linee guida Anac, sentito il ministero dell'Economia, per
       definire i sistemi di monitoraggio sull'attività dei partner privati in operazioni di Ppp
       da parte delle stazioni appaltanti. In consultazione fino al 10 giugno 2016. Dopo il
       parere n. 775 del Consiglio di Stato rilasciato il 29 marzo 2017, si resta in attesa del
       del testo finale.
   12. Art. 197, comma 3 - Provvedimento Anac per determinare le classifiche di
       qualificazione dei contraenti generali
   13. Art. 197, comma 4 - Linee guida Anac per ulteriori requisiti general contractor.
       Consultazione sul provvedimento terminata il 3 maggio 2017 con successivo parere
       del Consiglio di Stato n. 1479 del 21 giugno 2017. Il Correttivo ha però stabilito che
       per la qualificazione serve un decreto Mit e non più delle linee guida Anac e, quindi,
       si resta, a tutt’oggi del testo del decreto stesso.

È opportuno, anche, segnalare che oltre ai provvedimenti previsti puntualmente
nell’articolato del Codice ce ne sono altri indicati all’articolo 213, comma 2 dove si parla di
linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione
flessibile, comunque denominati che deve predisporre l’ANAC e che sono riportati
relativamente a quelli già predisposti o in corso di modifica nella seconda parte
dell’allegata tabella.

                                                                  A cura di arch. Paolo Oreto

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Documenti Allegati
Tabella provvedimenti attuativi del Codice

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