Commento alla circolare n.9/04 del Ministero del lavoro sul rapporto di lavoro part-time come modificato dal decreto 276/03

Pagina creata da Pietro Carrara
 
CONTINUA A LEGGERE
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
_______________________________________________________________________________

Commento alla circolare n.9/04 del Ministero del lavoro sul rapporto di
lavoro part-time come modificato dal decreto 276/03
A cura di Claudio Treves

Il Ministro del lavoro ha varato il 18 u.s. una circolare illustrativa delle novità in materia di part-time
introdotte dal D. Lgs. 276/03. La circolare è di particolare importanza, poiché peggiora, se
possibile, le normative di legge.

Cancellazione delle norme? Va ricordato che la tecnica adottata dal legislatore, di modificare in
via emendativa la legislazione precedente, determina l’immediata esigibilità delle nuove norme,
salvo che non sussistano disposizioni contrattuali di tenore diverso. Da questo punto di vista,
particolare attenzione merita il punto, contenuto nella circolare al paragrafo dedicato al lavoro
supplementare, affermante la perdita d’efficacia, anzi il venir meno delle clausole contrattuali,
anche di contratti individuali, riguardanti l’implementazione delle disposizioni legislative precedenti
ora abrogate o modificate: si tratta di una palese forzatura di nessun valore giuridico, trattandosi
della pretesa dell’amministrazione pubblica di dettare disposizioni per l’autonomia collettiva su
materie su cui si è realizzato il libero incontro delle volontà contrapposte delle parti! Sarà quindi
cura delle categorie, ma soprattutto delle RSA/RSU delle imprese le cui direzioni volessero
sostenere la fine dell’efficacia e della validità di intese precedentemente sottoscritte, di respingere
con nettezza e rigore una simile interpretazione delle norme modificate, fino all’apertura di conflitti
sindacali e giuridici espliciti sulla difesa del valore delle intese sottoscritte. E’ essenziale non
consentire alcuna lesione all’autonomia collettiva; una particolare sottolineatura va posta nei
confronti dei nostri colleghi di Cisl e Uil, a salvaguardia del valore e dell’efficacia di intese
precedentemente sottoscritte, che quindi devono avere efficacia fino a quando esse non siano
modificate o da un’espressa disposizione di legge, oppure da un altrettanto espresso atto delle
parti a suo tempo contraenti.

Assetti negoziali e “libertà aziendale”: altra forzatura, qui purtroppo fondata nel nuovo testo, la
circolare la compie sul punto degli assetti negoziali. Come si potrà ben vedere confrontando i testi
del D. Lgs. 61 “prima e dopo la cura”, l’articolo 1, comma 3, del vecchio testo è stato modificato in
due punti. Il primo, eliminando il riferimento al contratto collettivo applicato, cosa che il
commentatore interpreta nel modo più indecoroso (su cui appresso); il secondo, eliminando,
riguardo alla contrattazione aziendale, l’obbligo di raccordo e di assistenza tra RSA/RSU e
sindacati territoriali (articolazione territoriale dei firmatari del CCNL applicato nell’impresa):
puntualmente, la circolare evidenzia che, qualora la normativa del part-time non esistesse nel
CCNL di settore merceologico corrispondente, l’impresa ben potrebbe riferirsi “ad un contratto
diverso da quello applicato” (cfr. paragrafo della circolare sul lavoro supplementare). Per cui
sarebbe possibile che in ipotesi, in un’impresa del settore petrolifero, se il CCNL non recasse
norme in proposito, si potrebbe ben applicare, a insindacabile scelta dell’impresa, il CCNL delle
cooperative sociali! Non basta: la circolare enfatizza che l’accordo aziendale adesso si può

                                               www.cgil.it
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
_______________________________________________________________________________

stipulare “non più con la necessaria assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il
contratto nazionale applicato”. La gioia dell’estensore deve essere immensa, sia per la scomparsa
del nesso “negoziato e sottoscritto” che rende impossibile dare corso ad intese separate se il
tavolo che le avesse prodotte fosse stato al completo, sia perché finalmente si può realizzare il
sogno degli estensori del Libro bianco, la contrattazione tra eguali senza la noiosa presenza di
terzi quali le rappresentanze del sindacato esterno. Giova sempre ricordare che all’epoca della
sofferta discussione sulla legge sulla rappresentanza, poi miseramente abbandonata al suo
destino dalla maggioranza parlamentare nella precedente legislatura, uno dei punti di più grande
scontro, agitato proprio dagli intellettuali oggi vicini al governo, fu quello dell’anarchia negoziale
che sarebbe seguita alla contemporanea e scoordinata attività di organismi elettivi dei lavoratori (le
RSU) e strutture organizzative degli iscritti (i sindacati): la formulazione oggi cancellata del D. Lgs.
61 rappresentò il tentativo più coerente per dare una risposta coerente a quelle preoccupazioni,
istituendo appunto il legame necessario tra chi rappresenta quei lavoratori (i loro rappresentanti
eletti) e chi ha il compito di tenere la coerenza tra la difesa di quegli interessi e quelli dell’insieme
della “classe” dei lavoratori (i sindacati firmatari del CCNL applicato in azienda). Oggi,
evidentemente, il rischio dell’anarchia non preoccupa il legislatore e il suo commentatore,
immaginando di poter trarre vantaggi dalla disparità di potere tra il datore di lavoro e la
rappresentanza aziendale sprovvista dell’appoggio e del vincolo alla coerenza del sindacato
esterno. Di qui la compiaciuta sottolineatura del commentatore che “tale disposizione consente,
quindi, una regolamentazione differenziata riguardo ai contenuti applicativi degli aspetti demandati
alla contrattazione, ad esempio con riferimento al lavoro supplementare, clausole flessibili ed
elastiche e via dicendo”. E’ evidente come sia invece del tutto necessario, nella contrattazione
collettiva nazionale, ripristinare la necessaria “gerarchia delle fonti” tra i livelli negoziali: da questo
punto di vista l’intesa interconfederale sui contratti d’inserimento, e la stessa intesa sul modello
negoziale nei settori artigiani riconfermano i rapporti esistenti fra livello nazionale e secondi livelli,
aziendali o territoriali, nel senso che sono i CCNL a definire gli ambiti di intervento dei secondi
livelli di contrattazione. Ne consegue che questa norma “liberatoria delle RSA” non dovrebbe
trovare spazio applicativo, salvo nel caso di imprese che non applicano il CCNL di settore, ma in
esse è piuttosto improbabile che si sia dato corso alla nomina o all’elezione di RSA/RSU. In ogni
caso andrà posta particolare attenzione, nella definizione dei rinvii al secondo livello, che non vi
siano differenziazioni nella regolazione delle tipologie contrattuali di impiego. Rimane l’indubbio
effetto “politico” di contrapposizione al modello del 23 luglio e alla necessità di un raccordo tra
sindacato aziendale e organizzazione confederale.

Libertà individuale: l’apice viene raggiunto nell’enfasi dedicata allo spazio per intese che
prescindano dall’esistenza di accordi collettivi: sia nel paragrafo sul supplementare, che su quello
delle clausole elastiche e flessibili, il commentatore ricorda in continuazione come le normative
siano applicabili per semplice accordo individuale, anche se la contrattazione collettiva non fosse
intervenuta. Qui credo ci sia poco che la contrattazione possa fare, salvo predisporre contenziosi
individuali riferiti ai profili di seguito trattati. Ma questo riconferma la necessità, per la
contrattazione collettiva, di non lasciare alcun rinnovo contrattuale senza aver introdotto,
modificato o confermato in esplicito le normative sul part-time, proprio per asciugare ogni spazio
giustificativo di accordi individuali senza una copertura contrattuale collettiva di riferimento.

Lavoro supplementare: viene avallata la peggiore interpretazione possibile delle nuove norme,
sia per quanto riguarda l’obbligatorietà della prestazione supplementare nei limiti del tetto

                                               www.cgil.it
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
_______________________________________________________________________________

eventualmente stabilito dalla contrattazione, sia per quanto riguarda la sanzionabilità disciplinare
per “rifiuti ingiustificati”. Non si aggiunge per carità di patria che la ripetizione di “ingiustificati rifiuti”
e di provvedimenti disciplinari conseguenti potrebbe ben configurare quanto la legge esclude,
ossia la risoluzione del rapporto, motivata non già dall’ultimo ingiustificato rifiuto, ma dalla
reiterazione del provvedimento disciplinare… La contrattazione a tutti i livelli dovrà ribadire la
natura volontaria di ogni singola prestazione di lavoro supplementare, come fatto ad es. nel
rinnovo dei grafici, o comunque affermare l’impossibilità di sanzioni disciplinari per la mancata
prestazione. A tale proposito va ricordata la sentenza 210 del maggio 1992 della Corte
Costituzionale, in cui si argomentò sulla necessità per il singolo lavoratore part-time di poter
disporre del tempo necessario per la ricerca e lo svolgimento di altra attività che gli permettesse di
integrare il reddito derivante dal rapporto a part-time per raggiungere quanto previsto dall’art.36
Cost. (“un’esistenza libera e dignitosa per sé e la propria famiglia”). Se la prestazione
supplementare è dovuta, è evidente che non si può avere alcuna certezza di poter stringere altro
rapporto di lavoro, e quindi si è in contrasto con la sentenza 210/92.

Consolidamento e calcolo forfetario dell’incidenza degli istituti differiti: fedele alla linea, la
circolare non evita di sottolineare la cancellazione delle norme legali riguardanti i due istituti, cosa
che ovviamente non fa venir meno l’efficacia delle disposizioni contrattuali esistenti in proposito.

“Conseguenze del superamento del tetto”: ugualmente sottolineata la cancellazione della
norma che disponeva la maggiorazione almeno del 50% per ogni ora di supplementare prestata
oltre il tetto convenuto contrattualmente, adesso si devono definire le “conseguenze” di ciò, che
l’estensore si premura di suggerire ben potrebbero consistere in “riposi”. Cosa se ne facciano
lavoratori a tempo parziale di altri riposi, a fronte di prestazioni evidentemente concesse per
integrare il reddito del rapporto contrattuale, è di difficile comprensione.

Lavoro straordinario: per una curiosa eterogenesi dei fini, il commentatore si trova qui preso in
trappola dalle stesse norme che vuole applicare. Avendo disposto il legislatore che valgono i
riferimenti del D. Lgs. 66/03, si pone il problema di cosa sia straordinario nel caso di un part-time
verticale, posto che la definizione contempla che egli svolga lavoro a tempo pieno per singole
giornate, settimane o mesi. Avendo soppresso il D. Lgs. 66 la nozione di “orario giornaliero”, ne
deriva la strana conseguenza che lo straordinario per il part-time verticale è quantificabile solo alla
fine della settimana, qualora si sia superato l’orario settimanale, cosa per definizione impossibile
per i part-time verticali che lavorano solo alcuni giorni la settimana, a meno di ammettere che in
quella settimana il lavoratore part-time avesse lavorato più di 40 ore! La conseguenza è che lo
straordinario si applicherebbe solo a part-time verticali con prestazioni settimanali o mensili, e che
agli altri casi siano applicate le norme sul supplementare o sulle clausole elastiche in aumento. Se
si connettesse strutturalmente il lavoro supplementare con il diritto al suo consolidamento, la
soluzione proposta sarebbe perfino auspicabile, ma è improbabile si troverebbe il consenso
dell’estensore della circolare…

Ma le sorprese sull’orario non sono finite: nelle definizioni il commentatore si è trovato di fronte
ad un problema, se cioè possa esisterere in assoluto un part-time orizzontale, in quanto la
definizione di esso come colui che svolge una prestazione in orario inferiore a quello giornaliero,
cozza con l’abrogazione, sempre a causa del D. Lgs. 66/03, della nozione stessa di orario
giornaliero. Ecco che soccorre un’invenzione incredibile del commentatore, ossia che “la
contrattazione collettiva potrà dettare una definizione di orario giornaliero che, ovviamente, avrà

                                                  www.cgil.it
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
_______________________________________________________________________________

valore solo ai fini del lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale”. Con il che s’immagina uno
scenario in cui si definisce un limite di orario giornaliero, che però non vale ai fini ad es. dello
straordinario dei lavoratori a tempo pieno, ma solo ai fini di stabilire se una persona è a part-time
oppure no! E’ pacifico che tutto ciò ha un rilievo per i CCNL dove non sia presente una definizione
contrattuale di orario giornaliero.

Clausole elastiche o flessibili: come premessa, va rilevato come con le modifiche di legge
l’apposizione di clausole elastiche e flessibili sia non più una disponibilità esclusiva della
contrattazione collettiva, ma sia al contrario disponibile anche ai singoli contraenti un contratto di
lavoro, il che fa venir meno quel ruolo autorizzatorio, e quindi regolativo, dell’autonomia collettiva
rispetto ai singoli. Conseguenza di ciò è che si cercherà, da parte delle imprese, di non normare
nelle sedi contrattuali proprie il ricorso a questi rapporti e le condizioni cui dovranno uniformarsi, ed
invece si privilegerà la pattuizione individuale. E’ poi del tutto ridicola la previsione, contenuta nella
legge, della possibilità di assistenza da parte della RSA che il lavoratore può richiedere all’atto
dell’assunzione, essendo da un lato escluso che il lavoratore all’atto dell’assunzione possa avere
la forza di imporre una simile presenza, ed essendo altresì del tutto superflua la stessa presenza
nel caso essa venga imposta, in quanto in quel caso si tratterebbe di un lavoratore dal potere
individuale così forte da non avere bisogno di alcun intervento di aiuto. E’ vero invece l’opposto,
cioè che si avrebbe bisogno dell’assistenza del sindacato proprio quando non la si richiede perché
troppo deboli o spaventati. Ma questo approccio si fonda sul principio non detto, che cioè non
sussiste più un “contraente debole” che la legge dovrebbe tutelare, ma che il contratto individuale
si stipula nel libero incontro delle volontà e delle convenienze…

Sparisce il diritto al ripensamento, il che comporta, per il malcapitato sottoscrittore di clausole
elastiche, la necessità di dimettersi qualora si renda conto dell’impossibilità di conciliare lo
svolgimento della prestazione con le altre esigenze di vita e di lavoro. Siamo in presenza di una
costrizione inaccettabile, che può far sorgere profili anche di costituzionalità della norma. E’
evidente che qualsiasi pattuizione di clausole elastiche di tipo contrattuale debba prevedere tale
diritto come necessario equilibrio di una condizione di totale subalternità al volere dell’imprenditore
che è contraria alla stessa ratio delle normative sull’orario di lavoro.

Il preavviso, definito nella legge di “almeno due giorni lavorativi” è interpretato in modo
assolutamente ambiguo nel senso che “le parti…possono stabilire una diversa misura…ma non
eliminarlo completamente”. Se l’italiano ha un senso, si potrebbe dedurre che la durata possa
essere accorciata, il che sarebbe palesemente illegale.

Analogamente a quanto disposto sul lavoro supplementare, anche qui si fa cenno a
“compensazioni” a fronte della sottoscrizione di clausola elastica, che sono rimesse all’autonomia
collettiva, anche se si cita la delega (legge 30/03) che parlava esplicitamente di maggiorazioni
retributive.

Nel caso specifico della flessibilità in aumento, la circolare fa una distinzione tra clausola in
aumento e lavoro supplementare o straordinario, in quanto l’effetto della prima sarebbe definitivo e
non temporaneo come nel caso del lavoro supplementare. L’effetto di una tale considerazione
potrebbe suggerire che alla prima variazione in aumento il contratto s’intenda trasformato in
maniera strutturale nel nuovo quantitativo di ore, ma subentra subito la precisazione che “tale
incremento può ovviamente essere delimitato nel tempo e potrebbe anche essere solo eventuale”,

                                               www.cgil.it
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
_______________________________________________________________________________

con il che si può dire che le illusioni spariscono e si torna alla triste realtà di prestazioni elevabili ad
libitum da parte dell’impresa, solo se questa lo desideri. Il combinato disposto delle norme in
commento, con quelle dell’obbligatorietà del lavoro supplementare, fanno concludere che la
tendenza per il futuro sarà di privilegiare, da parte delle imprese, l’offerta di part-time con requisiti
d’orario minimi (otto ore a settimana?) con la costrizione alla sottoscrizione di clausole elastiche
oppure allo svolgimento di supplementare senza consolidamento: insomma il contrario delle
affermazioni sulla maggiore conciliabilità di vita famigliare e lavoro su cui l’ideologia governativa
tanto insiste perfino nelle premesse della circolare in commento. Di qui una particolare attenzione
nella contrattazione a stabilire minimi di prestazione per i contratti a part-time, se possibile
elevando quelli esistenti.

Trasformazione dei rapporti: anziché un diritto generale all’informazione su possibili occasioni di
trasformazione, con la relativa precedenza rispetto a nuovi ingressi, adesso si è in presenza di
eventuali clausole individuali di prelazione, da inserirsi nel contratto individuale, e non più
contemplate nella legislazione.

Computo: come nella legge, adesso i part-time contano pro quota anche nel computo del monte
ore dei diritti sindacali. Già si commentò a suo tempo la gravità nel D. Lgs. 61/00 di aver accettato
il criterio del pro rata ai fini del calcolo dei dipendenti (es. ai fini dell’applicabilità dell’art.18 o degli
ammortizzatori sociali), adesso non resta che contemplare mestamente il ridursi drastico, specie
dove i part-time sono la figura tipica dell’organizzazione del lavoro (es. ipermercati, ristorazione
veloce), dell’agibilità sindacale.

Estensione all’agricoltura: la norma di legge viene interpretata seccamente come estensione
tout court dell’istituto al comparto agricolo, senza la benché minima considerazione della
complessa situazione che si verrebbe a creare, ad es. riguardo agli accrediti contributivi in
agricoltura che come è noto funzionano per intere giornate e non per “mezze prestazioni”. Come
uscirne fuori non è dato saperlo dalla lettura della circolare, e dovrebbe essere compito delle parti
del settore avanzare legittime richieste di correzione al legislatore.

Come risulta chiaro da questi cenni, l’effetto di questa circolare e di queste norme è devastante. Si
tratta a questo punto di essere estremamente rigorosi nell’azione contrattuale, riconfermando in
sostanza la volontarietà del ricorso al lavoro supplementare, il diritto al ripensamento in caso di
sottoscrizione delle clausole elastiche, nonché il principio generale del consolidamento delle
prestazioni in eccesso rispetto al contratto individuale sottoscritto. Ma crediamo sia il caso anche di
promuovere e sostenere iniziative di tipo politico, nei confronti delle forze politiche di opposizione
in primo luogo, e di contenzioso vertenziale, nei confronti di imprese dove la presenza di lavoratori
a part-time sia significativa. Nei prossimi giorni esploreremo se ed in che misura l’organizzazione
sindacale, come agente negoziale, possa essere legittimata ad agire in prima persona.

                                                 www.cgil.it
Puoi anche leggere