A caccia di rettili fossili nei calcari di Nardò

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A caccia di rettili fossili nei calcari di Nardò
A caccia di rettili fossili nei calcari di Nardò

Circa 70-75 milioni di anni fa, nel periodo conosciuto come Cretaceo Superiore, il territorio
che oggi costituisce la Puglia si formava in un contesto di piattaforma costiera. Un sistema di
piccole isole delimitate da lagune poco profonde e bordate da barriere a rudiste, simile alle
attuali Isole Bahamas. Le rocce che affiorano a Nardò in particolare, contengono
informazioni sull’ambiente e il tipo di organismi che popolavano le coste e lagune di una di
queste isole durante il tardo Cretaceo Superiore. I fossili cretacei di Nardò attirano
l’attenzione sia per la loro abbondanza che per la qualità di preservazione: non solo scheletri
completi, ma anche tessuti molli mineralizzati come pelle e muscoli che difficilmente
vengono fossilizzati. Una fonte di informazioni senza precedenti che contribuirà ad
approfondire le conoscenze sulla vita passata nell’area Mediterranea, consentendo confronti
con altre località di età simile in tutto il mondo.

            Fossili rinvenuti durante il recente scavo a Nardò, custoditi nel Museo della Preistoria.

L’interesse scientifico per gli affioramenti cretacei di Nardò si è risvegliato qualche anno fa,
durante lo studio sul primo rettile marino rinvenuto nell’area. I risultati di questo studio sono
stati pubblicati nel 2018 sulla rivista Royal Society Open Science (Paparella et al. 2018), ma
sin da prima dell’effettiva pubblicazione, l’attuale team di ricerca si è operato per avviare una
collaborazione con il team del Museo della Preistoria di Nardò e individuare una nuova area
di scavo.
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L'interesse del Museo ad implementare le conoscenze sui calcari cretacei è determinata
dalle informazioni essenziali che esse apportano alla ricostruzione dell’evoluzione
geo-ambientale del litorale neretino. Inoltre, per migliaia di anni, durante il Paleolitico,
hanno costituito la principale riserva di materie prime utilizzate dai gruppi neandertaliani e
sapiens per costruire manufatti destinati alla caccia e alle altre attività. Le caratteristiche
geo-litologiche e la localizzazione degli affioramenti contribuiscono a ricostruire le modalità
di organizzazione e la mobilità dei più antichi abitanti del Salento.

Gli sforzi congiunti dello staff del Museo della Preistoria, del team di ricerca italo-canadese,
della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Provincie di Lecce, Brindisi e
Taranto e delle autorità e comunità locali, hanno consentito di avviare nel 2019 un progetto
di ricerca e valorizzazione dei fossili di Nardò con l’obiettivo di svelare la ricchezza di questo
meraviglioso patrimonio scientifico e culturale.

 Brainstorming al Museo della Preistoria di Nardò e uno sguardo ai rinvenimenti del primo giorno di scavo. Da
  sinistra:Filomena Ranaldo, direttrice del museo; Anna Lena Manca, proprietaria della cava; Silvia Strafella,
archeologa e gestore del museo; Dario Massafra, archeologo del museo; Angelo Cipriani, geologo del progetto
di ricerca sui fossili neretini; e Ilaria Paparella, paleontologa collaboratrice del museo. Il team del Museo della
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Preistoria è composto da: Filomena Ranaldo, i cui interessi scientifici sono volti alla comprensione delle
dinamiche di diffusione e organizzazione dei gruppi umani nel Paleolitico e dell'evoluzione dei sistemi tecnici di
  produzione dei manufatti litici; Silvia Strafella, che si occupa della pianificazione delle attività didattiche, di
  accoglienza e promozione del museo; Dario Massafra, che si occupa della conservazione e dello studio dei
manufatti; l’archeozoologa Keiko Kitagawa, ricercatrice presso l’Università di Tubinga, Germania, coordinatrice
     delle attività di conservazione e studio dei reperti faunistici del Quaternario-Olocene; Ilaria Paparella,
          coordinatrice delle attività di conservazione e studio dei reperti fossili del pre-Quaternario.

Il team di ricerca è guidato dalla dott.ssa Ilaria Paparella, con il supporto del dott. Michael
Caldwell dell’Università Alberta (Edmonton, Canada). A capo degli studi geologici è il dott.
Angelo Cipriani. Il laboratorio Caldwell al completo è recentemente stato a Nardò per la
prima campagna di scavo che ha ufficialmente dato inizio al progetto “fossili di Nardò”.

  Il team di scavo al completo. Da sinistra: Ilaria Paparella, Angelo Cipriani, Michael Caldwell, Aaron LeBlanc,
Alessandro Palci e Sydney Mohr. Michael Caldwell è professore presso il Dipartimento di Scienze Biologiche e il
Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università dell’Alberta, ed esperto in evoluzione di lucertole e serpenti.
 Il gruppo Caldwell (Aaron LeBlanc, Sydney Mohr, Alessandro Palci, Ilaria Paparella) ha rivolto il suo interesse
       verso Nardó a seguito della scoperta del primo rettile marino dell'area neretina. Aaron LeBlanc studia
  l’evoluzione dei denti in pesci, rettili e mammiferi, e ha condotto numerose ricerche sui mosasauri. Sydney
Mohr è una dottoranda nel laboratorio Caldwell, impegnata nello studio di un particolare gruppo di mosasauri,
 nonché illustratrice scientifica. Alessandro Palci si occupa dell’evoluzione sia dei serpenti che dei mosasauri.
     Ilaria Paparella sta attualmente completando un secondo dottorato all’Università dell’Alberta incentrato
  sull’evoluzione delle iguane e collabora attivamente con il Museo della Preistoria di Nardò. Angelo Cipriani,
    laureato e dottorato presso l’Università di Roma “La Sapienza”, è l’esperto geologo del progetto “fossili di
                       Nardò”, impegnato nella revisione della stratigrafia e geologia dell’area.
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Il sito di studio è rappresentato da una cava in disuso che già in passato è stata luogo di
ricerche e rinvenimenti. Grazie alla passione e dedizione del sig. Giuseppe Agostino Manca e
dell’attuale erede, sig.ra Annalena Manca, la cava è stata salvaguardata negli anni e messa a
disposizione a scopo di ricerca e valorizzazione per questo nuovo progetto. I lavori in corso
nel sito e la sua vicinanza sia al Museo della Preistoria che ai siti archeologici di Porto
Selvaggio consentiranno di creare percorsi educativi e turistici congiunti, arricchendo la
ricchezza e l’interesse culturale nel territorio neretino. Data la rilevanza geo-paleontologica
del sito di scavo, e in generale la necessità di valorizzazione e conservazione del patrimonio
geologico italiano, sono anche state avviate le procedure per rendere la cava un “geosito”.

                         Il team di scavo al lavoro durante la prima spedizione.
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In accordo con la Soprintendenza, i fossili raccolti durante i nuovi scavi andranno ad
arricchire la collezione paleontologica del Museo della Preistoria di Nardò, dove saranno
studiati e valorizzati. L’idea è quella di promuovere la rilevanza scientifica di questo
patrimonio culturale neretino a livello internazionale e contemporaneamente costruire
percorsi educativi e formativi tra museo e sito di scavo di cui potrà beneficiare prima di tutto
la comunità locale. Non solo raccolta e studio di nuovi fossili, quindi, ma anche
sensibilizzazione della comunità riguardo un bene finora sottovalutato. Il progetto mira a
condividere con il pubblico la rilevanza dei fossili neretini, trasformando il sito di scavo in un
laboratorio paleontologico all’aperto, direttamente collegato all’esposizione museale presso
il Museo della Preistoria di Nardò.

       Ritrovamento ed estrazione di una tartaruga fossile dal sito di scavo durante la campagna 2019.

La prima campagna di scavo si è rivelata di gran successo, con un numero impressionante di
nuove scoperte tra cui pesci, frammenti di lucertole e una tartaruga completa di guscio, arti
e tessuti molli mineralizzati. Notevole anche il rinvenimento di invertebrati come crostacei
ed echinidi, e numerosi coproliti (escrementi fossili), che contribuiscono a determinare quali
erano le caratteristiche ambientali dell’area nel Cretaceo Superiore.
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Chiusura dei lavori al museo: messa in sicurezza dei nuovi reperti e documentazione fotografica.

Ai nuovi reperti raccolti durante il recente scavo vanno aggiunti i circa 50 esemplari fossili già
conservati nel Museo della Preistoria, la maggior parte dei quali è ancora da riesaminare
anche alla luce dei nuovi ritrovamenti. Una quantità di materiale che alimenterà le ricerche
scientifiche per anni e che incita il gruppo di lavoro a continuare questo progetto con
ottimismo ed entusiasmo.
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