UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA "FORO ITALICO"
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “FORO ITALICO” Corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive Tesi di Laurea PARACANOA: GLI EFFETTI DELLA PRATICA DELLA CANOA SU ATLETI DISABILI RELATORE: Prof.ssa Angela Magnanini CANDIDATO: Francesco Sirimarco Matr. L22/03405 Anno accademico 2014/2015
INDICE INTRODUZIONE………………………………………………………………………5 CAPITOLO I 1.1 Lo sport per chi vive in una situazione di disabilità…………………………...8 1.1.1 Cenni storici sullo sport per disabili…………………………………..….10 1.1.2 Il Comitato Italiano Paralimpico……………………………………….….13 1.2 I benefici dello sport per soggetti disabili……………………………………..15 1.2.1 Benefici fisici……………………………………………………………..…16 1.2.2 Benefici psichici…………………………………………………………….18 1.2.3 Benefici socio relazionali…………………………………………………..19 CAPITOLO II 2.1 La paracanoa…………………………………………………………………….22 2.1.1 Adattamenti ai regolamenti e alle imbarcazioni…………………….......26 2.1.2 Manifestazioni ed eventi di paracanoa…………………………………..30 2.2 Forme di disabilità degli atleti di paracanoa…………………………………..32 2.2.1 Lesioni midollari…................................................................................33 2.2.2 Paralisi cerebrale…………………………………………………………...35 2.2.3 Amputazioni…………………………………………………………………37 2.3 Sistema di classificazione………………………………………………………38 2.3.1 Sistema di classificazione Paralimpico………………………………..…40 2.3.2 Sistema di classificazione della paracanoa…………………………..…43 CAPITOLO III 3.1 Scopo dell’indagine……………………………………………………...………46 3.2 Materiali e metodi………………………………………………………..………47 3.2.1 Campione……………………………………………………………………48 3.2.2 Analisi del questionario……………………………………………….……49 3.2.3 Analisi dei dati………………………………………………………………50 3.3 Risultati e discussione……………………………………………………..……51 CAPITOLO IV 4.1 Conclusioni ……………………………………………………….……………...57 4.2 Prospettive future ……………………………………………………………….58 BIBILIOGRAFIA………………………………………………………………….….60 SITOGRAFIA……………………………………………………………………...…61 ALLEGATI……………………………………………………………………………62 4
INTRODUZIONE Per ogni individuo, di qualsiasi età, genere, in tutte le condizioni, con o senza disabilità, l’attività motoria e sportiva ha un elevato valore educativo e formativo. Negli ultimi anni ci si è resi conto inoltre che, proprio nelle persone che vivono in situazione di disabilità, lo sport gioca un ruolo fondamentale sotto il profilo riabilitativo/funzionale per rimuovere le barriere mentali, architettoniche e sociali che spesso rendono difficili i normali processi d’inclusione e integrazione. Grazie al quotidiano lavoro di esperti del settore, è maturata la percezione che lo sport è una straordinaria fonte di benessere psico-fisico, nonché strumento di realizzazione personale e soprattutto d’inclusione sociale. Rivestendo una crescente importanza nella vita delle persone con disabilità, la pratica sportiva diventa quindi un mezzo per consolidare e acquisire sane abitudini di vita, migliorare le condizioni di salute e, più in particolare, accrescere gli spazi di autonomia personale di vitale importanza per coloro che vivono questa particolare situazione. Si può, in questo caso, parlare di “sport adattato” o “attività fisica adattata”, anche nota con la sigla APA, dall’inglese “Adapted Physical Activity” per indicare un’area interdisciplinare che comprende l’educazione fisica, le discipline sportive, la riabilitazione funzionale e le scienze motorie al servizio delle persone che vivono in situazione di disabilità, e dove la pedagogia speciale fornisce un contributo alla formulazione di modelli educativo-formativi fondati su logiche inclusive e di integrazione. Il presente elaborato, senza avere alcuna presunzione scientifica, intende esplorare e analizzare questa vasta area tematica, soffermandosi su come lo sport e la pratica della canoa si siano rivelati adattabili e praticabili da persone disabili, conducendone alcune di loro a divenire atleti di elevato livello, in procinto di partecipare ai giochi Paralimpici di Rio 2016. L’intenzione di esplorare questo tema nasce dalla mia grande passione per la canoa e principalmente dall’esperienza vissuta durante il programma Erasmus all’università di Porto, rivelatasi una preziosa occasione di confronto con la realtà dello sport adattato in maniera attiva e diretta. Sono lontani gli anni in cui lo sport della canoa veniva confuso con quello del canottaggio, senza apprezzarne e conoscerne la 5
fondamentale differenza, e si può ben sostenere che, con la consacrazione anche nel programma dei giochi Paralimpici, la specifica identità dello sport della canoa sia ormai conosciuta e riconosciuta a livello internazionale. Più in generale, però, si può ritenere scontata l’importanza di qualsiasi sport per le persone che vivono in situazioni di disabilità, rilevabile in modo concreto dal crescente interesse sul tema di Istituzioni, professionisti, federazioni e organizzazioni internazionali, oltre che di tutti noi, prossimi laureati in scienze delle attività motorie e sportive. Nello specifico, questo elaborato si propone di indagare come lo sport della paracanoa influenza le condizioni psicofisiche, di salute e sociali di persone con disabilità. Il lavoro è strutturato in due parti. Nella prima parte, che corrisponde ai primi due capitoli, sono affrontati il tema dello sport per i disabili e in particolare lo sport della paracanoa, attraverso una revisione teorica, avvalendosi della letteratura pedagogica e tecnica su questo argomento. Il primo capitolo, sul tema dello sport per le persone disabili, tratta delle condizioni in Italia e dello stato dei vari centri di riferimento. Partendo dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP), dopo alcuni cenni sulla storia dello sport per disabili, si valutano i benefici psicofisici e sociali che reca la pratica dello sport alle persone disabili, riportando le informazioni più attuali che possano chiarire le dinamiche e l’evoluzione di quest’area. Il secondo capitolo tratta invece, più in particolare, dell’attuale quadro di situazione riguardante la disciplina della paracanoa. Inserita per la prima volta nel programma Paralimpico di Rio 2016, la paracanoa si è evoluta con il passare degli anni, permettendo a un numero sempre maggiore di persone disabili di avvicinarsi al mondo della canoa. Come succede per molte discipline sportive di alto livello, sono intervenuti molteplici adattamenti e adeguamenti che hanno interessato nel tempo regolamenti, imbarcazioni, programmi di gare e sistema di classificazione. Proprio sul sistema di classificazione, argomento sempre attuale e fortemente discusso, completo questo secondo capitolo, trattando prima del sistema di classificazione Paralimpico e successivamente di quello della paracanoa. La seconda parte dell’elaborato, corrispondente al terzo capitolo, è incentrata con un approccio sperimentale sull’analisi delle risposte agli item di un questionario motivazionale, da me elaborato sulla base delle 6
informazioni ottenute dalla letteratura scientifica, che riporta i risultati di un’indagine effettuata con gli atleti disabili della nazionale italiana di paracanoa, alcuni dei quali, già qualificati per i giochi Paralimpici di Rio 2016. Il questionario è teso a indagare le reali condizioni di salute prima e dopo la pratica della canoa, e più in particolare, le motivazioni che hanno indotto gli stessi atleti alla pratica della canoa e non di altri sport. Il questionario è stato poi arricchito anche da un commento personale richiesto su ogni atleta al tecnico/allenatore che li segue, al fine di completare le informazioni ottenute dal questionario, offrendo un quadro più completo circa le condizioni di ogni singolo atleta in maniera più dettagliata. Per ultimo sono riportate le conclusioni dell’elaborato e alcune considerazioni su possibili piste di ricerca future, evidenziando la possibilità che la paracanoa assuma sempre più marcatamente i connotati di uno strumento d’integrazione e d’inclusione sociale, mantenendo comunque una valenza agonistica di alto livello. 7
CAPITOLO I 1.1 Lo sport per chi vive in una situazione di disabilità Per “sport” s’intende qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, “sia orientata al miglioramento della condizione fisica e psichica, allo sviluppo delle relazioni sociali ovvero al raggiungimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”1. Lo sport, nelle sue diverse forme, è un mezzo per la formazione e la crescita della persona e rappresenta, quindi, una meravigliosa opportunità per dimostrare le proprie capacità, la propria forza fisica e “d’animo”, ma anche per confrontarsi con se stessi e gli altri, scoprendo il proprio corpo e i propri limiti e rafforzando la propria identità. La Carta Internazionale dello Sport e dell’Educazione Fisica dell’UNESCO, adottata dalla Conferenza Generale del 1978 a Parigi, afferma che “la pratica dell’educazione fisica e dello sport è un diritto fondamentale per tutti e ogni essere umano ha il diritto fondamentale di accedere all’educazione fisica e allo sport, che sono indispensabili allo sviluppo della sua personalità”2 ed a ciò consegue che l’interazione tra sport e disabilità è in realtà molto forte. Infatti, nonostante la storia dello sport per disabili sia segnata da spiacevoli episodi in tema di valorizzazione, tutela e integrazione della persona disabile, che potevano indurre a considerarlo impraticabile per i disabili, le coraggiose intuizioni di alcuni ed il determinato impegno di organizzazioni mondiali hanno conferito allo sport la funzione di veicolo di integrazione e riabilitazione, in grado di permettere alla persona disabile stessa di scegliere di fare sport. Lo sport diventa quindi uno strumento per agevolare il recupero funzionale e soprattutto per aumentare concretamente, e non solo in termini di percezione, la misura dell’autonomia personale nella dimensione fisica e sociale. Tutte le persone in una situazione di disabilità possono pertanto cimentarsi nella pratica sportiva e, 1 A. Magnanini, Educazione e movimento – Corporeità e integrazione dei diversamente abili, Del Cerro Ed, 2008, p.127. 2 Cfr. F.A.D.A. Federazione Associazioni Diversamente Abili, Diritto allo sport delle persone con disabilità, Corso di formazione per operatore Paralimpico, 2014, in www.accademia.edu (visionato il 20/02/2016) 8
se seguite e assistite in maniera corretta, possono superare qualsiasi barriera e raggiungere tutti gli obiettivi prefissati. In tal senso, nella programmazione di ogni attività sportiva, è essenziale una precisa ed attenta valutazione di ogni singolo atleta, funzionale ad impostare programmi il più possibile personalizzati in termini di durata e tipologia, oltreché adeguati al raggiungimento di obiettivi individuati correttamente tenendo conto dell’età, del tipo e della gravità del deficit, delle precedenti esperienze sportive, delle caratteristiche psicologiche, ma soprattutto delle motivazioni e delle aspettative di ognuno. E’ infatti fondamentale aiutare l’atleta che si cimenta nello sport, dopo il susseguirsi di un trauma, a ritarare gli obiettivi motorii in funzione delle proprie possibilità, stimolandone comunque il raggiungimento così come la capacità di individuarne di nuovi, aprendosi sempre a ulteriori sfide3. Inoltre, attività all’aria aperta o in contesti ambientali diversi da quelli comuni, come la pratica della canoa, possono favorire la variabilità di stimoli generati da un contesto ambientale sempre differente e unico, velocizzando e migliorando i processi di integrazione. Eventi e manifestazioni sportive, come i Giochi Paralimpici, hanno notevolmente aiutato e stimolato la sensibilizzazione e i processi d’integrazione, e aumentato la consapevolezza dei numerosi benefici che lo sport genera per le persone che vivono in situazioni di disabilità, dando luce inoltre a molte discipline sportive poco conosciute, ma sicuramente molto avvincenti. È giusto quindi sostenere e migliorare le strutture che svolgono attività sportiva per disabili, o adattata, e seguire gli operatori del settore nel difficile compito d’integrazione, coinvolgimento e avviamento allo sport, rimanendo al passo con i tempi sempre in continua evoluzione. Anche il concetto di “salute” è cambiato con il tempo e si è ampliato da una condizione di assenza di malattia, dove il rapporto corpo-salute è esclusivamente di natura medica, ad una dimensione di benessere psico-fisico che integra il rapporto corpo-salute nella globalità della prospettiva di vita e di realizzazione della persona4. Si è inoltre arrivati a non parlare più di “persone con disabilità” ma di “persone con limitazioni funzionali”, 3 E. Scanferla, La stimolazione motoria e sensoriale nella disabilità Indicatori di valutazione dell’attività, Associazione Equilibero Padova, in www.docplayer.it (visionato il 18/02/2016) 4 Cfr. A. Broglia, Strumenti aziendali e leve strategiche per la promozione delle attività sportive a servizio della disabilità, Torino, Giappichelli editore, 2012. 9
in accordo con la nuova definizione derivante dalla classificazione dell’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), che individua il fenomeno della disabilità nella presenza di restrizioni alla partecipazione associate a problemi di salute5. Nella più recente classificazione del 2001 dell’OMS, l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), trattando della disabilità non si riferisce più a un disturbo, organico o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato di salute, e questa concezione esalta gli aspetti di valorizzazione del singolo nel suo contesto ambientale e sociale. Ciò che diventa rilevante non è più stabilire la causa della menomazione, ma intervenire per poterne ridurre la percezione. Un’indagine svolta dall’Istat riporta che in Italia, nel 2013, le persone con limitazioni funzionali erano circa 3,2 milioni, di cui 2 milioni e 500 mila anziani. Più alta la quota tra le donne, 7,1% contro il 3,8% tra gli uomini6. Questi dati non sono stati analizzati a fondo, ma se si considera che dai numeri riportati dal CONI7 gli atleti tesserati al Comitato Paralimpico Italiano (CIP) nell’anno 2014 erano 10.460, ci si può rendere conto che, nonostante sia stato fatto molto fino ad adesso, ancora comunque si può e si deve fare per valorizzare ed esaltare lo sport dei disabili. Concludendo, si può affermare che lo sport per persone che vivono in situazione di disabilità permette il miglioramento della forma fisica, migliora l’aspetto cognitivo attraverso l’apprendimento motorio, la socializzazione e l’integrazione, esaltando le capacità e le abilità che si possiedono8, valorizzando la persona nel suo contesto. 1.1.1 Cenni storici sullo sport per disabili Le prime forme di attività sportiva per soggetti disabili si ebbero nella prima metà del ventesimo secolo, quando vennero organizzate le prime manifestazioni sportive internazionali per sordomuti. “Nel 1924, infatti, si sono 5 Cfr. ISTAT, Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare; XII Commissione "Affari sociali" della Camera dei Deputati Roma, 2014. 6 Ibidem. 7 Cfr. CONI, Lo sport in Italia – numeri e contesto 2014, Coni Servizi Centro Studi e Osservatori Statistici per lo Sport 8 Cfr. A. Magnanini, Op. cit. 10
svolti a Parigi i primi Giochi Internazionali per sordi”9. Queste manifestazioni erano comunque saltuarie e avvenivano in un clima ancora fortemente discriminante. Lo sport per le persone disabili, in particolare disabilità diverse da quelle sensoriali, prende forma solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. È il neurochirurgo inglese Ludwig Guttmann il pioniere dello sport per i disabili, che nel National Spinal Injuries Center presso lo Stoke Mandeville Hospital, nei pressi di Londra, avvia i reduci britannici alla pratica di alcune attività sportive adattate10. L’inserimento dello sport nella riabilitazione di chi aveva subito delle menomazioni, diventa quindi uno strumento per esaltare le capacità residue e recuperare un’accettabile condizione psicologica per raggiungere una buona autonomia con una dignitosa qualità di vita 11 . Ci si rese subito conto che l’attività sportiva, oltre ad un miglioramento psicologico, migliorava notevolmente le capacità muscolari, respiratorie, l’autonomia in carrozzina, avvenimenti che con i metodi tradizionali di cura tardavano ad arrivare. L’attività del Dott. Guttmann ottenne molto successo, tanto che nei successivi anni si svolsero una serie di iniziative sportive destinate alle persone disabili. Il 28 luglio 1948, in concomitanza dei Giochi Olimpici di Londra si tennero i primi Giochi di Stoke Mandeville. Nel 1952 gli stessi giochi divennero un evento internazionale. Nel 1960, in concomitanza delle Olimpiadi di Roma, si sono tenuti i giochi di Stoke Mandeville, ritenuti essere la prima Paraolimpiade, e contestualmente è stata istituita la Federazione Internazionale dei Giochi di Stoke Mandeville (ISMGF)12. Questi giochi furono organizzati nella stessa città che ospitava l’olimpiade, senza tuttavia utilizzare le stesse strutture. Solo nel 1964 a Tokyo, sia i giochi Olimpici sia quelli Paralimpici, vennero svolti nello stesso stadio. Da qui anche la nuova concezione del termine Paralimpico e del prefisso “para”, che muta da “paraplegico” a “parallelo ai giochi olimpici”. Inoltre sempre nel 1964 a Tokyo, si ha la creazione dello stendardo e dell’inno delle Paraolimpiadi. Da questo momento le Paralimpiadi si terranno con frequenza quadriennale nella stessa città dei giochi Olimpici. Sempre nel 1964 è stata 9 A. Magnanini, Op. Cit; p.124. 10 Cfr. L. Bertini, Attività Sportive Adattate, Ponte San Giovanni, Calzetti Mariucci Editori, 2005. 11 Ibidem. 12 Ibidem. 11
fondata l’International Sport Organization for the Disable (ISOD), l’organismo di coordinamento degli sport per tutti gli atleti disabili, con l’introduzione di nuove discipline sportive . “Nel 1976, a Toronto, parteciparono alle Paralimpiadi anche atleti ciechi ed amputati e nello stesso anno in Norvegia ebbero luogo i primi Giochi Olimpici Invernali”13. Nel 1980 sono stati fondati la International Blind Sport Association (IBSA) e la Cerebral Palsy – International Sports and Recreation Association (CP-ISRA). Nel 1984 le Paralimpiadi si sono tenute in Inghilterra e vi hanno preso parte più di quattromila atleti. Quelle successive si sono svolte in Corea del Sud, dove per la prima volta sono comparsi i controlli antidoping, utilizzando le stesse strutture e gli stessi impianti dei Giochi Olimpici. “Nel 1982 ISMGF, ISOD, IBSA e CP-ISRA hanno fondato un comitato internazionale per l’organizzazione e il coordinamento delle manifestazioni internazionali” 14 , che nel 1989 si è tramutato nel Comitato Paralimpico Internazionale (IPC), l’organizzazione internazionale degli sport per atleti con disabilità. Oggi l’IPC raggruppa 160 nazioni, rappresentate attraverso i Comitati Paralimpici Nazionali (NPCS) e le quattro Federazioni Internazionali fondatrici. Nel 1992, in occasione dei Giochi Paralimpici invernali di Albertville, l’intera manifestazione è stata trasmessa in televisione, aumentando così l’interesse popolare e aiutando a diffondere questa nuova concezione di sport. Per quanto riguarda le disabilità mentali, dal 1968, grazie alla sociologa americana Shriver, si svolgono gli Special Olimpics Games, nata come manifestazione non esclusivamente agonistica ma anche come momento di festa e condivisione15. Per i Giochi Paralimpici estivi di Rio de Janeiro che si disputeranno dal 7 al 18 settembre 2016, sono previste 22 discipline sportive tra cui anche la canoa e il triathlon, che faranno la loro prima apparizione nel programma dei giochi. Prenderanno parte ai Giochi più di quattromila e trecento atleti, provenienti da oltre centosettanta paesi16. 13 L. Bertini, Op. Cit.; p.19. 14 Ibidem, p.20. 15 Cfr. A. Magnanini, Op. Cit. 16 Pagina ufficiale dei giochi Paralimpici di Rio 2016, in www.rio2016.com (visionato il 21/02/2016). 12
1.1.2 Il Comitato italiano Paralimpico In Italia, il padre dello sport per disabili è il Dott. Antonio Manlio, che, grazie ad un impegno diretto nel lavoro specifico di riabilitazione per persone colpite da lesioni midollari, ha intravisto “i benefici della pratica di attività sportive nella terapia riabilitativa”17. Questo impegno, unito ad una straordinaria caparbietà, si è tradotto nell’organizzazione dei primi Giochi Paralimpici Estivi, in occasione delle Olimpiadi del 1960 a Roma. Nel Centro Paraplegici Villa Marina di Ostia, aperto nel giugno del 1957 per volere dell’Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), di cui il Dott. Manlio era il direttore18, è iniziato un lavoro specifico di riabilitazione per le persone colpite da lesione midollare, basato anche sulla pratica di attività sportive, con nuove metodologie terapeutiche per i pazienti neurolesi. Grazie al rapporto di amicizia con il Dott. Guttmann, il Dott. Manlio ha potuto trasferire i metodi utilizzati presso lo Stoke Mandeville Hospital, riuscendo a consentire anche alle persone disabili di godere dei benefici di praticare un’attività sportiva. Il Dott. Manlio aveva compreso che con la pratica di numerose discipline sportive quali nuoto, pallacanestro, tennis da tavolo, getto del peso, lancio del giavellotto, tiro con l’arco, scherma e corsa in carrozzina si potevano non solo a prolungare le aspettative di vita dei pazienti, garantendo loro una maggior salute, recuperandone l’identità fisica e favorendone conseguentemente il più alto possibile livello di inserimento nella società, “in una realtà ancora molto diffidente nei confronti del disabile”19 . Ovviamente, gli esiti dell’utilizzo dello sport come strumento riabilitativo non hanno tardato ad arrivare e sono risultati immediatamente positivi, con una significativa riduzione del tasso di mortalità e una più che soddisfacente attenuazione degli stati depressivi nelle persone disabili. Nel 1975, con l’intento di promuovere, sviluppare e disciplinare lo sport quale strumento di recupero e mezzo di salute, è stata costituita l’Associazione Nazionale per lo Sport dei Paraplegici ( ANSPI ), di cui è stato presidente Giovanni Pische, altro pioniere dello sport per disabili in Italia. Si comincia ad 17 L. Bertini, Op. Cit; p.26. 18 Cfr. Claudio Arrigoni, Paralimpici – lo sport per disabili: storie, discipline, personaggi, Milano, Hoepli, 2006. 19 A. Magnanini, Op. Cit. p.126. 13
intravedere una concezione di sport come diritto per tutti i cittadini disabili con l’effetto che, sia in Italia che nel resto del mondo, lo sport va trasformando da terapia riabilitativa ad attività ricreativa, fino ad arrivare addirittura attività agonistica. Nel 1980, l’ANSPI diviene Federazione Italiana Sport Handicappati (FISHa) che tenta di confrontarsi con il Comitato Olimpico Nazionale, “cercando di unificare le diverse federazioni sportive per i disabili”20. Nel 1981 la FISHA ottiene l’adesione al CONI, compiendo il primo significativo passo verso il riconoscimento dell’attività sportiva svolta da disabili. Sei anni dopo, il Comitato Olimpico ha riconosciuto giuridicamente la Federazione ed il suo ingresso nelle Federazioni Sportive Nazionali. Nel 1990, infine, la FISHa ha mutato il nome in Federazione Italiana Sport Disabili (FISD), che comprende le tre federazioni sportive FISHA, la Federazione Italiana Ciechi Sportivi (FICS) e la Federazione Sportiva Silenziosi Italiana (FSSI). “La FISD regola e controlla l’attività sportiva per sette tipologie di disabilità tra cui paraplegici, tetraplegici, amputati cerebrolesi, psichici, non vedenti e ipovedenti”21. Con il decreto d’attuazione della presidenza del consiglio dei ministri dell’8 aprile 2004, “la Federazione Italiana Sport Disabili è stata individuata come Comitato Italiano Paralimpico (CIP), riconoscendone la fondamentale importanza, con lo scopo di garantire il diritto allo sport in tutte le sue espressioni, promuovendo la massima diffusione della pratica sportiva per disabili”22. Il CIP è un organismo che è responsabile della pratica sportiva e della preparazione delle squadre agonistiche, ricoprendo il ruolo sociale di garantire il diritto allo sport in tutte le sue forme, permettendo a tutti di migliorare il proprio stato di benessere e utilizzando lo sport come strumento di recupero, crescita culturale e fisica. Si tratta, in sostanza, di un organismo garante e gestore della pratica sportiva a qualunque livello, amatoriale o di alto livello, e per qualunque disabilità, fisica, mentale, visiva, nel rispetto delle linee guida e in totale accordo con l’IPC e il CIO. 20 L. Bertini, Op. Cit; p.27. 21 Ibidem p. 27. 22 A. Magnanini, Op. Cit; p.127. 14
1.2 I benefici dello sport per soggetti disabili La necessità che il corpo ha di esprimersi si può tradurre in una qualsiasi attività motoria, dato che il movimento è uno dei bisogni primari dell’uomo. Svolgere attività motorie e/o sportive consente alla persona disabile di migliorare le proprie qualità fisiche, potenziare gli aspetti cognitivi e psichici e sviluppare competenze socio-relazionali molto preziose, che si tramutano in una maggiore autonomia. Il regolare svolgimento di un’attività fisica allenante determina nell’organismo umano adattamenti cardiovascolari e muscolari in grado di migliorare la prestazione organica, oltra ad una serie di benefici nelle diverse dimensioni psicologica e sociale. Lo sport, inoltre, è anche uno strumento di prevenzione alle principali malattie cardiovascolari e metaboliche, agendo come mezzo di crescita sociale e di autoaffermazione. Lo svolgimento di un regolare programma di attività fisica determina una serie di adattamenti vantaggiosi per l’organismo, che si traducono in un globale miglioramento dello stato di forma fisica. Lo sport viene spesso intrapreso come momento riabilitativo a seguito dell’instaurarsi del deficit, da qui la definizione di “sport-terapia”, che comunque riesce a diventare un forte elemento trainante “orientato ovviamente verso il recupero di una miglior funzionalità motoria, ma anche verso l’accettazione di una nuova realtà, diversa nelle sue caratteristiche e potenzialità espressive”23. Lo sport consente a chi lo pratica di scoprire, o nel caso del disabile di riscoprire, il proprio corpo, stimolandone la padronanza. L’acquisizione di esperienze di movimento e di specifiche abilità, “fornisce stimoli allo sviluppo motorio in concomitanza di eventi divertenti, generando relazioni interpersonali gratificanti”24. La pratica di attività sportive deve avere per il disabile lo scopo di permettere un’attività motoria che lo stimoli a sviluppare le proprie potenzialità, in un ambiente ricco di relazioni significative ed in una dimensione di ludicità. In tal senso, nel considerare una qualunque attività sportiva, e lo sport per disabili ne fa ovviamente parte, si devono distinguere due aspetti fondamentali dello sport: quello ludico e quello agonistico, e l’uno non preclude l’altro, ma anzi sono in stretta correlazione. Il gioco è riconosciuto di basilare importanza nella 23 L. Bertini, Op. Cit; p.69. 24 Ibidem, p.71. 15
vita non solo dell’individuo in età evolutiva, ma anche nell’adulto. Esso si caratterizza come un’attività piacevole, fine a se stessa, che diventa un tramite per la liberazione di un eccesso di energie fisiche e nervose attraverso l’attività motoria. È anche vero che nessuna attività sportiva si può definire tale se non possiede una minima componente agonistica. L’agonismo è insito nella natura umana, che si esprime nel desiderio continuo di misurarsi con se stesso e con gli altri, per essere sostanzialmente rassicurato sulle proprie capacità 25 . Lo sport però deve essere valorizzato anche per il profilo educativo, ed essere analizzato con i canoni della scienza dell’educazione, “funzionale a conseguire una corretta integrazione dell’individuo nella rete sociale”26. Nella persona che vive in situazione di disabilità, lo sport svolge un ruolo importantissimo nello sviluppo della persona, sia sul piano fisiologico sia sul piano psicologico. Come è stato spesso dimostrato, il ruolo che riveste l’attività motoria nel recuperò della persona disabile è di notevole rilievo, producendo benefici sul piano socio- educativo e cognitivo, oltre che a livello fisico e psicologico. A seguire sono riportati gli effetti dell’attività sportiva a livello fisico, sulla psiche e sul piano socio-relazionale, dando per scontato che questi benefici possono essere riscontrabili in qualunque persona che pratichi sport, senza distinzione di sesso, età, stato fisico o mentale e condizione economica. 1.2.1 Benefici fisici Con riferimento allo “sport”, appare scontato associare l’attività correlata ai benefici che si riflettono sulle condizioni generali del fisico e sulla salute. E’ ampiamente riconosciuto, ormai, che l’attività motoria è portatrice di effetti positivi sia a livello fisico che sul piano cognitivo e socio-educativo. A livello fisico, la pratica di un’attività motoria o sportiva, determina immediatamente un incremento della forza muscolare e della capacità di equilibrio, aspetti che assumono una grande rilevanza per le persone disabili. “Un miglioramento della capacità cinestesica e della coordinazione motoria generale si riscontra anche 25 Cfr. L. Michelini, Handicap e sport – medicina sportiva per atleti disabili; Roma, Società editrice universo, 1991. 26 A. Magnanini, Op. Cit; p.127. 16
come conseguenza di ripetizioni consapevoli e finalizzate degli atti motori”27. Peraltro, come già detto precedentemente, oltre al miglioramento dell’equilibrio, aumenta la capacità di rilassamento con notevoli benefici soprattutto per alcuni tipi di disabilità. Si generano quindi una buona abilità e una maggiore versatilità nel muoversi, dato che il gesto motorio può essere eseguito dalla persona disabile in diversi modi. “L’apprendimento e il consolidamento di nuovi schemi motori, adattati al tipo di disabilità, aumentano la considerazione in sé stessi, migliorano la percezione del proprio corpo e delle sue possibilità di movimento nello spazio circostante, arricchendo la conoscenza e la terminologia dei 28 movimenti” . Questo miglioramento e consolidamento delle capacità coordinative e condizionali, dovuto alla pratica costante di un’attività motoria, agirà anche sulle capacità percettive e di concentrazione, aumentando conseguentemente l’autostima e la sicurezza interiore. A livello fisiologico, l’attività motoria permette all’organismo di produrre endorfine, sostanze chimiche che, nell’uomo, hanno effetti positivi sull’umore generale e sulla regolazione del sonno. Chi pratica regolarmente un’attività potrà avere una diminuzione dell’ansia, dello stress e del nervosismo, e quindi raggiungere uno stato di benessere emotivo generale. Lo sport inoltre agisce come strumento di prevenzione, migliorando lo stato fisico ma soprattutto di salute. La prevenzione di malattie cardiovascolari, respiratorie, stati di ipertensione e obesità, sono solo alcune patologie sulle quali la pratica di attività motoria ha effetti positivi. Proprio per quanto riguarda l’alimentazione, una corretta dieta alimentare è altresì importante per il mantenimento di un buono stato di salute fisica generale, permettendo il giusto bilanciamento tra massa magra e massa grassa, che nel caso di disabili in carrozzina potrebbe essere alterato, data la minor massa magra e la difficolta a fare esercizio fisico. Lo sport produce nell’uomo, sia normo-dotato che disabile, molteplici benefici, con positive ripercussioni nei vari aspetti della vita quotidiana, ma è il raggiungimento di un ottimo livello di autonomia che può essere considerato il fine ultimo della pratica di un’attività motoria. 27 L. Bertini, Op. Cit; p.72. 28 Ibidem, p.67. 17
1.2.2 Benefici psichici Sul piano psicologico, notevoli benefici si hanno quando l’attività motoria e sportiva genera uno stato di benessere e soddisfazione generale. In una concezione di sport in cui sono valorizzate ed esaltate le potenzialità, “le capacità e le abilità che si possiedono, e non quelle che non si possiedono”29, provare soddisfazione a svolgere un’attività motoria, compiere un gesto tecnico considerato impossibile o raggiungere un obiettivo prefissato, stimolano l’interesse, l’impegno e la motivazione, che permettono al disabile di confrontarsi e relazionarsi con l’ambiente esterno. Se i benefici fisici dovuti alla pratica di un’attività motoria possono essere facilmente riconosciuti, quelli psicologici possono essere poco visibili e difficili da percepire. L’attività motoria consente ad una persona disabile di acquisire maggiore sicurezza nelle proprie capacità, contribuendo a ripristinare la fiducia nelle proprie potenzialità. Lo sport e l’acquisizione di nuove forme di movimento favoriscono atteggiamenti di autonomia e di autocontrollo sempre maggiori, oltre che lo sviluppo di comportamenti individuali che “migliorano con una piacevole e serena occupazione del tempo libero” 30 . La conoscenza di sé, altro elemento fondamentale, può derivare dallo sperimentare le proprie capacità, le proprie possibilità e i propri limiti. Attraverso una competizione, la persona disabile, lo sportivo, impara a reagire alla fatica e sfidare i propri limiti, ed a non arrendersi alle difficoltà. Proprio nella persona disabile, infatti, lo sport e l’attività motoria abituano alla disciplina e all’allenamento, determinando una profonda conoscenza di sé e la consapevolezza nelle proprie capacità, attraverso il passaggio dal mondo del “non posso” al mondo del “posso, riesco”31. Lo sport può essere inteso anche come valvola di sfogo, in cui poter rilasciare tutte le energie fisiche e mentali in eccesso. Diventa quindi un mezzo per scaricare tensioni e aggressività che, se non adeguatamente controllate, potrebbero invece manifestarsi in reazioni violente e improvvise. Va anche precisato che il vissuto e lo stato psicologico della persona disabile cambiano notevolmente se 29 A. Magnanini, Op. Cit; p.137. 30 L. Bertini, Op. Cit; p.67. 31 Ibidem, p.72. 18
la disabilità è congenita o se è determinata da un trauma o altri eventi. Nelle persone con disabilità congenita il vissuto psicologico determinerà una maggiore facilità nel superare gli ostacoli perché noti fin dalla nascita. Coloro che hanno subito una limitazione o la perdita di una funzione vitale a causa di un trauma o di malattie occorse dopo la nascita, avranno una maggiore difficoltà nel superare gli ostacoli della particolare condizione. Da tutto quanto detto, si desume che l’intervento di allenatori o persone vicine al disabile durante la pratica sportiva, deve tenere sempre in considerazione una molteplicità di variabili. Da non trascurare anche l’effetto che la pratica sportiva produce sulla stimolazione delle facoltà intellettive e delle capacità creative. Con l’attività motoria si tiene allenata la memoria, prevenendo il suo invecchiamento, addestrando la concentrazione e imparando a comprendere nuove informazioni. Il contributo dell’attività motoria e psicomotoria allo sviluppo della persona e alla sua educazione è ampiamente riconosciuto. In una visione pedagogica si è rivalutata la valenza sociale, di comunicazione e d’inclusione, oltre a un ovvia connotazione ludica, della pratica motoria e sportiva32. Si può affermare quindi che lo sport nelle persone disabili, motivandole costantemente, “promuove la solidarietà, la socializzazione, fa aumentare l’autostima, rende l’individuo più autonomo e meno dipendente dalla famiglia” 33 . Il fine ultimo rimane la riconquista della propria identità e la conoscenza di sé, che attraverso lo sport possono essere nettamente agevolate e sono indispensabili nei processi d’integrazione e inclusione,. 1.2.3 Benefici socio relazionali Proprio in una prospettiva d’inclusione e integrazione, la partecipazione di persone disabili in attività motorie e sportive agevola l’apertura verso gli altri e induce a nuovi rapporti sociali, “consente di abbandonare l’isolamento e l’autocommiserazione che derivano dalla depressione causata dal trauma, favorendo i processi relazionali nel contesto sociale”34. Lo sport e le attività motorie sono sempre svolte in relazioni con altre persone e in contesti sociali 32 Cfr. P. Moliterni, Didattica e Scienze motorie, Roma, Armando 2013 33 A. Magnanini, Op. Cit; p.140. 34 L. Bertini, Op. Cit; p.67. 19
diversi da quelli abituali, obbligando quindi la persona a relazionarsi in maniera ogni volta diversa, utilizzando le proprie potenzialità e capacità. Affacciandosi sul mondo esterno e praticando sport o un’attività motoria, il disabile costruisce nuove relazioni umane e individua nuovi profili di collaborazione disinteressata. Nel mondo dello sport, infatti, le interazioni che s’instaurano sono molteplici e di diverso tipo, giacché si entra in contatto con l’allenatore, con i compagni e con gli avversari. Questo vasto panorama di situazioni consente al soggetto di sperimentare diversi stati emotivi, di gestire eventuali conflitti relazionali e di imparare ad adattare la sua personalità alle persone con cui interagisce. Sono proprie dello sport, infatti, una serie di relazioni, regole, sanzioni e premi “che rappresentano uno spaccato esperienziale che costituiranno per la persona disabile un bagaglio di nuove conoscenze e di strumenti operativi e di pensiero, da utilizzare per districarsi in molte altre situazioni della vita”35. Nei rapporti interpersonali, alla persona disabile sono posti degli obiettivi e degli specifici ruoli, permettendogli di migliorare così il processo di costruzione della sua identità personale. Un beneficio socio-relazionale che la pratica sportiva produce è costituito anche dall’acquisizione delle regole. Qualsiasi sport possiede un insieme di regole che vanno rispettate per garantire la conduzione di un gioco leale e paritario. La persona disabile, l’atleta, deve quindi sottostare a queste norme - scritte e non - per giungere alla realizzazione dell’obiettivo. Accettare le regole che vengono imposte significa anche accettare il giudizio dell’altro, acconsentire al sacrificio imposto dagli allenamenti ed essere in grado di confrontarsi con gli altri. Gli sport di squadra, in questo senso, hanno una forte valenza socio-relazionale. Il gruppo può essere definito come un insieme non casuale di persone con bisogni, motivazioni e valori condivisi, che si trovano in una relazione di interdipendenza positiva le une con le altre per il raggiungimento di uno scopo comune. Nel gruppo si percepisce un forte calore e un forte senso di appartenenza e si sperimenta in prima persona il significato dell’aiutarsi reciprocamente per il raggiungimento di un obiettivo. Ogni membro del gruppo dipende dal compagno, che al tempo stesso costituisce per lui una risorsa. Il disabile è costretto a relazionarsi e confrontarsi e, inoltre, il fatto di 35 A. Magnanini, Op. Cit; p.139. 20
vedere vicino a sé un’altra persona che agisce, può, con il tempo, “maturare un’importante capacità emulativa, permettendogli di sviluppare un buon grado di socialità”36 . La persona disabile che pratica sport potrà raggiungere una maggiore consapevolezza delle proprie possibilità, diventare capace di finalizzare le attività proposte in comune con i compagni, rendendosi sempre più disponibile a socializzare37. Completando, i benefici dello sport sul piano socio-relazionale si possono tradurre in una maggiore autonomia e una consapevole apertura verso gli altri, sviluppando la capacità di confrontarsi e relazionarsi con le persone e l’ambiente circostante. 36 L. Bertini, Op. Cit; p.70. 37 Cfr. L. Bertini, Op. Cit. 21
CAPITOLO II 2.1 La paracanoa Paracanoa è il termine utilizzato per indicare lo sport della canoa e del kayak per persone in situazione di disabilità. Prima che questo termine fosso introdotto dalla federazione internazionale di canoa che regola l’attività agonistica, la International Canoe Federation (ICF), per allinearsi nel 2009 alle direttive del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC), la canoa e il kayak per persone con disabilità era individuata attraverso diverse sigle come Adaptive Paddling”, “Handykayak”, “Canoeing for All” o anche “PaddleAbility”. Ancora adesso alcune federazioni nazionali di canoa utilizzano un linguaggio diverso per indicare il movimento della paracanoa e su vari documenti dell’ICF si può incontrare il termine “PaddleAbility”38. La paracanoa non differisce dalla canoa e dal kayak per le persone normo-dotate. Le competizioni consistono in gare di velocità, che richiedono una grande forza e potenza per accelerare e mantenere una buona velocità fino al traguardo. Esistono anche altre forme di competizione, ma ovviamente è possibile utilizzare la canoa e il kayak anche solo per svago e divertimento. Le competizioni di velocità della paracanoa comprendono sia le competizioni in kayak sia in canoa ed i kayak utilizzati nella paracanoa sono gli stessi utilizzati da atleti normo-dotati, con alcuni piccoli accorgimenti. La canoa è invece sostituita da imbarcazioni chiamate “outrigger” o “Va’a”, mentre a livello internazionale questa imbarcazione viene identificata con la lettera “V”. Sono imbarcazioni lunghe e strette, a cui sono connessi, attraverso due traverse, un bilanciere o “ama”, che incrementa la stabilità. Queste imbarcazioni sono utilizzate sia da atleti disabili sia da atleti normo- dotati, ma nelle competizioni ufficiali dell’ICF, l’utilizzo di questo tipo d’imbarcazione è riconosciuto solo per le competizioni di paracanoa. Il mezzo con cui si genera la propulsione, la pagaia, è la stessa sia per atleti disabili che normo-dotati mentre la grandezza delle pale e la lunghezza della pagaia possono cambiare in base alle caratteristiche fisiche di ogni atleta. Ci sono 38 International Canoe Federation (ICF). ICF Paracanoe Rules 2011. Disponibile in www.canoeicf.com (visionato il 01/12/2015). 22
quindi molte somiglianze nella pratica della canoa e del kayak tra atleti disabili e normo-dotati, sia per quanto riguarda le competizioni, sia per quanto riguarda i materiali utilizzati. Ad alto livello, l’imbarcazione e la pagaia possono essere gli stessi, pur adottando dei mirati accorgimenti per permetterne l’utilizzo in maniera sicura e controllata. Gli sport della canoa e del kayak sono governati dall’ICF, e tra questi è ovviamente compresa anche la paracanoa. “Outrigger” e “Va’a”, invece, sono governate dalla International Va’a Federation (IVF) che sin dai primi campionati mondiali del 1996 per atleti normo-dotati, ha promosso e sviluppato un sistema di classificazione riconosciuto e applicato a partire dai campionati mondiali IVF a Sacramento 39 del 2008. Per regolare a livello internazionale la paracanoa e permettere a persone in situazione di disabilità di praticare la canoa e il kayak, l’ICF e l’IVF hanno deciso di lavorare insieme, formando un comitato di lavoro composto da rappresentati di entrambe le federazioni, che ha portato nel 2009 a lanciare il programma di sviluppo della paracanoa riuscendo a inserire questa disciplina nel programma dei campionati mondiali di canoa e kayak. Tab.1: Numero delle federazioni internazionali e numero degli atleti partecipanti agli ultimi campionati mondiali. WORLD NUMBER OF NUMBER OF CHAMPIONSHIP FEDERATION ATHLETETS 2009 Dartmouth (CAN) Demonstration in Sprint World Championship 2010 Poznan (POL) 28 67 2011 Szeged (HUG) 26 74 2012 Poznan (POL) 31 97 2013 Duisburg (GER) 33 118 2014 Moscow (RUS) 38 n.d. Nella tabella 1 è riportato il numero di federazioni nazionali e di atleti che hanno partecipato ai campionati mondiali. Dalla sua prima apparizione in Canada, nel 2009, come semplice dimostrazione, fino a Milano 2015, il numero di atleti e 39 D.A Hudson, Race-time prediction for the Va’a Paralympic sprint canoe; The 2014 conference of the International Sports Engineering Association. Disponibile in www.sciencedirect.com (visionato il 07/12/2015). 23
nazioni partecipanti è sempre cresciuto. Atleti dei cinque continenti hanno preso parte alle ultime edizioni dei campionati mondiali, a dimostrazione che il movimento della paracanoa sia ormai di interesse mondiale, tanto che, dopo la candidatura nel 2010, l’IPC ha inserito nel programma dei Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro del 2016 anche la Paracanoa. Si spera che questa prima apparizione ai Giochi Paralimpici possa essere un’ulteriore consacrazione e continuare a stimolare la crescita di questa disciplina. Per questo primo grande appuntamento, sono in programma sei eventi, divisi per uomini e donne e nelle rispettive classi funzionali40. Tab.2: Tempi delle medaglie d’oro maschili alle ultime edizioni dei campionati mondiali, divisi per classe di appartenenza. MAN K1 200M V1 200M LTA TA A LTA TA A 2010 Poznan 44.176 44.617 56.151 54.918 2011 Szeged 43.294 44.055 54.340 57.648 1:02.958 1:30.792 2012 Poznan 43.259 44.614 53.550 54.749 59.024 1:13.143 2013 Duisburg 38.891 40.790 51.330 50.613 56.111 1:01.610 2014 Moscow 39.208 40.928 49.375 50.368 48.596 54.944 2015 Milan 39.270 42.542 50.863 50.656 49.489 57.912 L’attenzione che questa disciplina ha ricevuto e continua a ricevere, l’innovazione dei materiali utilizzati e soprattutto il miglioramento delle metodiche di allenamento per atleti disabili, ha permesso agli atleti della paracanoa di migliorare le proprie performance raggiungendo risultati straordinari. Nelle tabelle 2 e 2.1 sono riportati i tempi dei primi classificati ai campionati mondiali, divisi tra kayak e Va’a nelle rispettive classi funzionali ( dal marzo 2016 le sigle “LTA”, “TA”, “A”, indicatori della classe di appartenenza e soprattutto del grado di funzionalità residua di ogni atleta, sono stati cambiati con le sigle KL1, KL2, KL3 per il kayak e VL1, VL2, VL3 per la Va’a41 ). Da una 40 International Paralympic Committee (IPC), Rio 2016 Paralympic Games – Qualification Guide Canoe, IPC Committee, disponibile in www.paralympic.org (visionato il 03/12/2015). 41 International Canoe Federation (ICF), ICF Paracanoe KAYAK Classification Manual 2015, disponibile in www.canoeicf.com (visionato il 15/2/2016). 24
veloce e superficiale lettura 42 , si può notare come dal primo campionato mondiale fino all’ultimo che si è disputato, i tempi di gara siano sempre migliorati. Tab. 2.1: tempi delle medaglie d’oro femminili alle ultime edizioni dei campionati mondiali, divisi per classe di appartenenza WOMEN K1 200M V1 200M LTA TA A LTA TA A 2010 Poznan 53.190 1:02.942 x 1:12.096 2011 Szeged 56.425 1:04.139 1:26.561 1:11.882 1:31.682 x 2012 Poznan 57.775 1:04.693 1:05.684 1:08.028 1:08.655 2013 Duisburg 54.317 56.982 59.808 59.967 1:03.243 1:05.628 2014 Moscow 49.700 53.128 55.213 57.948 1:00.358 1:00.016 2015 Milan 50.501 53.023 56.865 1:02.536 59.916 1:15.299 Se pensiamo che agli ultimi campionati mondiali di Milano per atleti normo- dotati, la medaglia d’oro maschile, sulla stessa distanza della gara di paracanoa (200 metri), è stata vinta con il tempo di 34.802 secondi rispetto ai 39.270 secondi nella paracanoa, ci si può rendere conto di quanti passi in avanti siano stati fatti sotto tutti i punti di vista. Grazie al miglioramento dei materiali utilizzati, alle tecniche e ai metodi di allenamento, ma ovviamente anche al sostegno di tutto il movimento della paracanoa, gli atleti hanno potuto realizzare prestazioni sempre migliori. I tempi riportati nella tabella 2 e 2.1 sono riportati nei bollettini ufficiali di gara. Sicuramente uno studio più approfondito su i tempi di gara, valutando un modello di prestazione adeguato per gli atleti della paracanoa, potrebbe fornire informazioni più dettagliate, ma non è lo scopo di queste pagine. 42 Nell’analizzare i tempi di gara, sarebbe corretto prendere in considerazione una serie di variabili, come la temperatura dell’acqua, la temperatura atmosferica e la forza del vento. Queste variabili potrebbero aver condizionato in maniera considerevole i temi di gara, che di conseguenza non rispecchierebbero le capacità degli atleti, nell’ottica in cui sono stati riportati i dati. 25
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