Un gene per sconfiggere la muffa grigia: nemico numero uno di oltre 200 specie di piante 5 novembre 2020

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Un gene per sconfiggere la muffa grigia: nemico numero uno di oltre 200 specie di piante 5 novembre 2020
Un gene per sconfiggere la muffa grigia:
nemico numero uno di oltre 200 specie
di piante
5 novembre 2020
Monitoraggio del 5/11/2020

Gli articoli qui riportati sono da intendersi non riproducibili né pubblicabili da
terze parti non espressamente autorizzate da Sapienza Università di Roma
Un gene per sconfiggere la muffa grigia: nemico numero uno di oltre 200 specie di piante 5 novembre 2020
Roma, 5 novembre 2020

COMUNICATO STAMPA

Un gene per sconfiggere la muffa grigia: nemico numero uno di
oltre 200 specie di piante
Uno studio internazionale, coordinato dalla Sapienza, identifica un nuovo
gene capace di contrastare l’invasione dei patogeni fungini e in particolare
di Botrytis cinerea, responsabile della muffa grigia in numerose specie
vegetali tra le quali la vite, il pomodoro e la fragola. I risultati del lavoro,
pubblicati sulla rivista Molecular Plant Pathology, aprono a nuove
possibilità in ambito agronomico per lo sviluppo di varietà più resistenti
senza l’uso di pesticidi pericolosi

Nel settore agronomico i patogeni delle piante rappresentano un grave problema in quanto
causano ingenti perdite dei raccolti e in alcuni casi intossicano i cibi di origine vegetale
secernendo micotossine potenzialmente pericolose anche per la salute dell’uomo.

Fra gli invasori più comuni e conosciuti vi è la botrite o anche detta la muffa grigia per la
peluria cenerina che ricopre la superficie delle foglie facendole seccare e appassire
rapidamente.

Per limitare i danni causati da questi patogeni, l’approccio maggiormente utilizzato è il
trattamento estensivo con pesticidi, purtroppo con gravi conseguenze sull’inquinamento del
suolo e delle falde acquifere. Una soluzione eco-compatibile sono le tecniche di manipolazione
genetica mirate a ottenere una maggiore resistenza delle piante ai microbi ambientali, il
cosiddetto miglioramento genetico, il cui limite applicativo consiste però nella scarsità di
conoscenze sui geni che le piante sfruttano per attivare i meccanismi di difesa immunitaria.

In questo ambito, un importante tassello è stato aggiunto grazie alla sinergica attività di ricerca
genetica, molecolare e biochimica che ha coinvolto i dipartimenti di Biologia e biotecnologie

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
CF 80209930587 PI 02133771002
Capo Ufficio Stampa: Alessandra Bomben
Addetti Stampa: Christian Benenati - Marino Midena - Barbara Sabatini - Stefania Sepulcri
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comunicazione@uniroma1.it stampa@uniroma1.it www.uniroma1.it
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Charles Darwin e di Scienze biochimiche della Sapienza insieme con altre università ed enti
francesi.
Nello studio pubblicato sulla rivista Molecular Plant Pathology, il team di ricercatori
coordinato da Vincenzo Lionetti e Daniela Bellincampi ha identificato nella pianta arabetta
comune (Arabidopsis thaliana) un nuovo gene di difesa contro i patogeni fungini e in
particolare Botrytis cinerea, un fungo necrotrofo in grado di provocare gravi perdite di
raccolto in più di 200 specie vegetali, incluse quelle di grande rilevanza agronomica, quali vite,
pomodoro e fragola.
“Il gene, chiamato AtPME17, si è visto avere un ruolo centrale nei meccanismi di difesa
immunitaria della pianta – spiega Vincenzo Lionetti del Dipartimento di Biologia e
biotecnologie Charles Darwin. L’enzima che codifica, la Pectina Metilesterasi17, è in grado di
modulare lo stato di metilazione delle pectine, componenti importanti della parete cellulare,
dove avviene il primo contatto tra pianta e patogeni. L’attività enzimatica rafforza localmente
la parete cellulare favorendo nella pianta l’attivazione della risposta immunitaria e bloccando,
in corrispondenza del sito di infezione, l’invasione del fungo”.
I risultati dello studio trovano considerevoli applicazioni in ambito biotecnologico: il gene
identificato può infatti essere impiegato nel miglioramento genetico di piante d’interesse
agronomico per lo sviluppo di varietà più resistenti a un gran numero di malattie infettive,
senza l’uso di pesticidi pericolosi per la salute umana e per l’ambiente.

Riferimenti:

AtPME17 is a functional Arabidopsis thaliana pectin methylesterase regulated by its PRO
region that triggers PME activity in the resistance to Botrytis cinerea - Daniele Del Corpo,
Maria R. Fullone, Rossella Miele, Mickaël Lafond, Daniela Pontiggia, Sacha Grisel, Sylvie
Kieffer‐Jaquinod, Thierry Giardina, Daniela Bellincampi and Vincenzo Lionetti. Molecular
Plant Pathology https://doi.org/10.1111/mpp.13002

Info:
Vincenzo Lionetti
Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin
vincenzo.lionetti@uniroma1.it
Ricerca del 09-11-20
                            SAPIENZA SITI MINORI WEB
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9COLONNE.IT                                                     Data pubblicazione: 05/11/2020
                                                                                         Link al Sito Web
Link: http://9colonne.it/281695/un-gene-per-sconfiggere-la-muffa-grigia-nemico-numero-uno-di-oltre-200-specie-di-piante
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                                                                                 Agenzia Giornalistica
                                                                                 direttore Paolo Pagliaro

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                           IL PUNTO DI PAOLO PAGLIARO        NEWS   ITALIANI NEL MONDO   BIG ITALY FOCUS   CARTOLINE DALL'ALTRA ITALIA   CARTOLINE IN ITALIANO

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                           14:14 CONFCOMMERCIO,
                           News    per abbonati MISERY INDEX: RISCHIO FORTE PEGGIORAMENTO A BREVE TERMINE (2)                 ●

                           14:13 GEOFISICA, LA RETE GARR CRESCE: L’INGV È UN NUOVO ENTE SOCIO (2)

                           Un gene per sconfiggere la muffa grigia:                                                                                              archivio
                           nemico numero uno di oltre 200 specie di
                           piante
                            Nel settore agronomico i patogeni delle piante rappresentano un grave problema in
                            quanto causano ingenti perdite dei raccolti e in alcuni casi intossicano i cibi di origine
                            vegetale secernendo micotossine potenzialmente pericolose anche per la salute
                            dell’uomo.
                            Fra gli invasori più comuni e conosciuti vi è la botrite o anche detta la muffa grigia per
                            la peluria cenerina che ricopre la superficie delle foglie facendole seccare e appassire
                            rapidamente.
                            Per limitare i danni causati da questi patogeni, l’approccio maggiormente utilizzato è il
                            trattamento estensivo con pesticidi, purtroppo con gravi conseguenze sull’inquinamento
                            del suolo e delle falde acquifere. Una soluzione eco-compatibile sono le tecniche di
                            manipolazione genetica mirate a ottenere una maggiore resistenza delle piante ai microbi
                            ambientali, il cosiddetto miglioramento genetico, il cui limite applicativo consiste però nella
                            scarsità di conoscenze sui geni che le piante sfruttano per attivare i meccanismi di difesa
                            immunitaria.
                            In questo ambito, un importante tassello è stato aggiunto grazie alla sinergica attività di
                            ricerca genetica, molecolare e biochimica che ha coinvolto i dipartimenti di Biologia e
                            biotecnologie Charles Darwin e di Scienze biochimiche della Sapienza insieme con altre
                            università ed enti francesi.
                            Nello studio pubblicato sulla rivista Molecular Plant Pathology, il team di ricercatori
                            coordinato da Vincenzo Lionetti e Daniela Bellincampi ha identificato nella pianta arabetta
                            comune (Arabidopsis thaliana) un nuovo gene di difesa contro i patogeni fungini e in
                            particolare Botrytis cinerea, un fungo necrotrofo in grado di provocare gravi perdite di
                            raccolto in più di 200 specie vegetali, incluse quelle di grande rilevanza agronomica, quali
                            vite, pomodoro e fragola.
                            “Il gene, chiamato AtPME17, si è visto avere un ruolo centrale nei meccanismi di difesa
                            immunitaria della pianta – spiega Vincenzo Lionetti del Dipartimento di Biologia e
                            biotecnologie Charles Darwin. L’enzima che codifica, la Pectina Metilesterasi17, è in
                            grado di modulare lo stato di metilazione delle pectine, componenti importanti della parete
                            cellulare, dove avviene il primo contatto tra pianta e patogeni. L’attività enzimatica
                            rafforza localmente la parete cellulare favorendo nella pianta l’attivazione della risposta
                            immunitaria e bloccando, in corrispondenza del sito di infezione, l’invasione del fungo”.
                            I risultati dello studio trovano considerevoli applicazioni in ambito biotecnologico: il gene
                            identificato può infatti essere impiegato nel miglioramento genetico di piante d’interesse
                            agronomico per lo sviluppo di varietà più resistenti a un gran numero di malattie infettive,
                            senza l’uso di pesticidi pericolosi per la salute umana e per l’ambiente.
                            (red 5 nov)
                            (© 9Colonne - citare la fonte)

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VGLOBALE.IT                                           Data pubblicazione: 05/11/2020
                                                                                              Link al Sito Web
Link: https://www.vglobale.it/2020/11/05/un-gene-puo-sconfiggere-la-muffa-grigia/
          art

                                                                                                                                                                    ACCEDI            

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           Un gene può sconfiggere la muffa
           grigia
           Di (Fonte Università Sapienza) - 5 Novembre 2020                                                              106

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           Uno studio internazionale, coordinato dalla Sapienza, identifica un nuovo gene capace
           di contrastare l’invasione dei patogeni fungini e in particolare di Botrytis cinerea,
           responsabile della muffa grigia in numerose specie vegetali tra le quali la vite, il
           pomodoro e la fragola. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista «Molecular Plant
           Pathology», aprono a nuove possibilità in ambito agronomico per lo sviluppo di
                                                                                                                                  Clima                        Inquinamento
           varietà più resistenti senza l’uso di pesticidi pericolosi
                                                                                                                                 Le foreste dei climi caldi   Il Codacons contro i
                                                                                                                                 assorbono più CO2            mozziconi di sigarette
           Nel settore agronomico i patogeni delle piante rappresentano un grave problema in quanto
           causano ingenti perdite dei raccolti e in alcuni casi intossicano i cibi di origine vegetale
           secernendo micotossine potenzialmente pericolose anche per la salute dell’uomo.

           Fra gli invasori più comuni e conosciuti vi è la botrite o anche detta la muffa grigia per la
           peluria cenerina che ricopre la superficie delle foglie facendole seccare e appassire
           rapidamente.
                                                                              SAPIENZA SITI MINORI WEB                                                                                     2
VGLOBALE.IT                             Data pubblicazione: 05/11/2020
                                                                   Link al Sito Web

Per limitare i danni causati da questi patogeni, l’approccio maggiormente utilizzato è il
trattamento estensivo con pesticidi, purtroppo con gravi conseguenze sull’inquinamento del
suolo e delle falde acquifere. Una soluzione eco-compatibile sono le tecniche di manipolazione
genetica mirate a ottenere una maggiore resistenza delle piante ai microbi ambientali, il
cosiddetto miglioramento genetico, il cui limite applicativo consiste però nella scarsità di
conoscenze sui geni che le piante sfruttano per attivare i meccanismi di difesa immunitaria.

                                                                                                                                         ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA
In questo ambito, un importante tassello è stato aggiunto grazie alla sinergica attività di
ricerca genetica, molecolare e biochimica che ha coinvolto i dipartimenti di Biologia e
biotecnologie Charles Darwin e di Scienze biochimiche della Sapienza insieme con altre
università ed enti francesi.

Nello studio pubblicato sulla rivista «Molecular Plant Pathology», il team di ricercatori
coordinato da Vincenzo Lionetti e Daniela Bellincampi ha identificato nella pianta arabetta
comune (Arabidopsis thaliana) un nuovo gene di difesa contro i patogeni fungini e in
particolare Botrytis cinerea, un fungo necrotrofo in grado di provocare gravi perdite di
raccolto in più di 200 specie vegetali, incluse quelle di grande rilevanza agronomica, quali vite,
pomodoro e fragola.

«Il gene, chiamato AtPme17, si è visto avere un ruolo centrale nei meccanismi di difesa
immunitaria della pianta — spiega Vincenzo Lionetti del Dipartimento di Biologia e
biotecnologie Charles Darwin —. L’enzima che codifica, la Pectina Metilesterasi17, è in grado
di modulare lo stato di metilazione delle pectine, componenti importanti della parete cellulare,
dove avviene il primo contatto tra pianta e patogeni. L’attività enzimatica rafforza localmente
la parete cellulare favorendo nella pianta l’attivazione della risposta immunitaria e bloccando,
in corrispondenza del sito di infezione, l’invasione del fungo».

I risultati dello studio trovano considerevoli applicazioni in ambito biotecnologico: il gene
identificato può infatti essere impiegato nel miglioramento genetico di piante d’interesse
agronomico per lo sviluppo di varietà più resistenti a un gran numero di malattie infettive,
senza l’uso di pesticidi pericolosi per la salute umana e per l’ambiente.

Riferimenti
AtPme17 is a functional Arabidopsis thaliana pectin methylesterase regulated by its PRO
region that triggers PME activity in the resistance to Botrytis cinerea – Daniele Del Corpo,
Maria R. Fullone, Rossella Miele, Mickaël Lafond, Daniela Pontiggia, Sacha Grisel, Sylvie
Kieffer‐Jaquinod, Thierry Giardina, Daniela Bellincampi and Vincenzo Lionetti. Molecular Plant
Pathology https://doi.org/10.1111/mpp.13002

(Fonte Università Sapienza di Roma)

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