"TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI" EDIZIONE 2015 - SI RIPORTANO A SEGUIRE A SCOPO ILLUSTRATIVO ALCUNI ESTRATTI DEL VOLUME - Dirittoambiente

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     SI RIPORTANO A SEGUIRE
      A SCOPO ILLUSTRATIVO
  ALCUNI ESTRATTI DEL VOLUME

“TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI”
           EDIZIONE 2015

        Diritto all’ambiente Edizioni
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI

                           TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI
                              Aspetti sostanziali e procedurali

                                                  Edizione 2015

                                       Diritto all’ambiente - Edizioni
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                                       ISBN 978-88-97388-11-1

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                                 staff tecnico di “Diritto all’ambiente - Edizioni”
                                    Finito di stampare nel mese di giugno 2015
                                             Presso Leoni Grafiche s.n.c.
                                        05022 Amelia - Viale Europa, 78/80

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                                                       PREFAZIONE

                                     Prefazione

Pur tra limiti e difficoltà applicative la Legge 189 del 2004 sta continuando a rappresen-
tare un importante passo in avanti per la considerazione giuridica degli animali nel nostro
Paese.
Lo scrivemmo undici anni fa per salutarne l’approvazione, dopo aver denunciato i tentativi
di affossamento in Parlamento, ne siamo ancora più convinti a undici anni di distanza.
Ma chi si è accorto concretamente di questo cambiamento? I condannati anche alla reclu-
sione per questo tipo di reati fino ad allora semplici contravvenzioni, i primi costretti alla
custodia cautelare per organizzazione di combattimenti fra cani, coloro che hanno cam-
biato preventivamente le loro modalità di commercio ma anche le migliaia di animali sal-
vati e per la prima volta sottratti definitivamente dalle mani di chi li maltrattava.
Eppure c’è chi aveva etichettato questa normativa come “un grave arretramento culturale”
e al massimo “applicabile solo a cani e gatti”, ebbene costoro sono stati smentiti dai fatti.
Questo manuale, che giunge ancora a nuova ed ennesima edizione, raccoglie grazie ad
una figura storica di quella che definisco “la via giudiziaria all’animalismo”, dott. Mau-
rizio Santoloci, ed all’avv. Carla Campanaro infaticabile motore dell’ufficio legale della
LAV, tutto ciò che c’è da sapere e fare a tutela degli animali, per la più piccola stazione
dei Carabinieri e lo studio legale, per l’associazione locale che gestisce un canile-rifugio e
l’agente della Polizia giudiziaria, per il Nucleo specializzato in materia di reati contro
gli animali del Corpo Forestale dello Stato e per l’autorità giudiziaria.
Noi, certo, vorremmo nuove e migliori leggi che affermino ancora di più il principio del
rispetto degli animali in attuazione peraltro del Trattato Europeo (e quest’anno abbiamo
fatto presentare a Camera e Senato una organica proposta di legge per il miglioramento
della Legge 189) ma contemporaneamente - oltre a difendere gli aspetti positivi di quelle
esistenti, messi ogni tanto in discussione come con la recente disgraziata norma sulla “te-
nuità del fatto” che prevede, fra le poche eccezioni, proprio una parte dei reati contro gli
animali - ci battiamo in ogni dove per la rigorosa applicazione di quelle in vigore. As-
sieme al lavoro d’informazione dell’opinione pubblica e di educazione nelle scuole, la
LAV - prima associazione riconosciuta che persegue finalità di tutela degli interessi lesi
dai reati previsti dalla legge - tenta di muovere e far applicare concretamente le idee ani-
maliste in tutti gli ambiti in cui si decide della loro vita o della loro morte.
La “questione animale” è sempre più presente nella società e, quindi, deve diventarlo sem-
pre di più anche nelle aule dei Tribunali o sul campo, oltre che deve essere affrontata in
maniera sempre più qualificata.
Con questo libro, e gli strumenti che fornisce ad addetti ai lavori e non, sarà più facile.

                                                            Gianluca Felicetti
                                                            Presidente LAV

                                            pag. 3
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                     NOZIONI DI BASE DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCEDURALE

                                 PARTE SECONDA

                          Nozioni di base
               di diritto sostanziale e procedurale
       strettamente necessarie alla applicazione corretta
              della normativa a difesa degli animali

   Per analizzare la portata applicativa della nuova normativa a tutela degli animali,
                             oggetto della nostra trattazione,
        è necessaria una breve digressione su alcuni degli elementi fondamentali
            del diritto penale, per comprenderne appieno le sue potenzialità.

                                         pag. 21
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                        NOZIONI DI BASE DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCEDURALE

§ 1. GLI ILLECITI A DANNO DEGLI ANIMALI:
     AMMINISTRATIVI E PENALI

Il concetto di illecito a danno degli animali (formale) non sempre coincide con
tutto ciò che è scorretto o dannoso sotto il profilo morale o sociale. Questo
confine è spesso fonte di equivoci operativi a livello procedurale.
Gli illeciti devono essere valutati esclusivamente rispetto a quello che la norma
prevede come tali. Se la norma non prevede un aspetto formalmente illecito,
quel fatto sarà dannoso e deleterio per gli animali, ma non è illegale; dovrà
essere affrontato in sede politica, amministrativa, sociale e culturale, ma non
può generare un intervento del sistema giurisdizionale. Ad esempio, la realizza-
zione di attività come la caccia o la macellazione regolarmente autorizzate e nel rispetto
di tutte le norme di settore, anche se vengono considerate da molti di noi - in base alla
singola sensibilità - non condivisibili in quanto dal nostro punto di vista di animalisti
vanno a danno di animali, non sono “illegali” e chi le esercita non può essere “denun-
ciato” (come qualcuno invece ritiene comunemente) alla magistratura, dato che appunto
non vi sono illeciti da perseguire; in questi casi l’azione può essere puramente sociale
e politica, per tendere a far cambiare nel sistema democratico la legislazione che regola e
legittima tali attività.
Inoltre, il campo degli illeciti non sempre è di tipo sanzionatorio tale da atti-
vare la competenza di un organo di polizia. Il caso classico sono i provvedi-
menti illegittimi della pubblica amministrazione che, pur violando le
leggi, di regola (e salvo casi particolari) non sono illeciti in senso sanzionatorio
e quindi vanno affrontati sotto il profilo delle illegittimità amministrative (ad
esempio con il ricorso al TAR).
Nel caso d’esempio manualistico sopra citato, per una forma di caccia o macellazione rea-
lizzata attraverso provvedimenti amministrativi adottati violando le regole sostanziali e
procedurali di settore, seguendo il rito specifico chi ha un interesse legittimo (comitati di
cittadini, ente esponenziale o singoli cittadini danneggiati in via diretta) può proporre ri-
corso al TAR competente contro quel provvedimento.
In tale campo - per casi particolarmente gravi e palesi - si può anche attivare in
sede penale una procedura particolare per la “disapplicazione” degli atti ammi-
nistrativi illegittimi, che nel campo della difesa giuridica degli animali è molto
importante.
Quando una violazione di legge prevede, invece, una sanzione entriamo nel
campo “punitivo”. Seguendo sempre l’esempio manualistico, se una forma di caccia o di
macellazione è stata realizzata violando le norme di settore e senza alcuna autorizzazione,
viene integrato un illecito e dunque si attiva il relativo sistema sanzionatorio specifico.
Il sistema punitivo per gli illeciti a danno di animali si connota per la convivenza
in esso di sanzioni sia amministrative sia penali. Quindi, per chi opera una de-
nuncia e per gli organi di vigilanza lo spartiacque tra illecito amministrativo e

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                  NOZIONI DI BASE DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCEDURALE

illecito penale è sempre un aspetto estremamente importante, anche e soprat-
tutto perché cambia non solo la sanzione ma anche la procedura.
A livello pratico, e senza entrare in complesse questioni giuridiche, per tutti
una buona chiave di lettura semplice per capire quando ci troviamo di fronte
ad una sanzione amministrativa è quello di leggere la sanzione: se dopo il pre-
cetto rileviamo la parola chiave “è soggetto alla sanzione amministrativa di euro…o
da euro a euro” saremo nel campo delle sanzioni amministrative; se invece tro-
viamo nel testo di legge le altre quattro parole chiavi, alternative o congiunte
a secondo i casi, “reclusione – multa”, “arresto – ammenda” siamo automatica-
mente nel campo delle sanzioni penali.
Va sottolineato che spesso gli equivoci di lettura tra le norme derivano dall’uso
improprio di alcuni termini che vengono confusi rispetto al comune linguag-
gio quotidiano. Così ad esempio spesso si cita il termine “contravvenzione”
per indicare una sanzione amministrativa (“mi hanno fatto la contravvenzione
per non aver pagato il biglietto sull’autobus”) mentre invece in senso tecnico
la contravvenione è un reato... Lo stesso per il termine “multa” che molti con-
fondono con una sanzione amministrativa (“ho preso la multa per divieto di
sosta”) mentre si tratta di una sanzione penale...
Va - infine - rilevato che é altrettanto importante per tutti seguire la giurispru-
denza e l’evoluzione delle leggi, giacché in questo settore i mutamenti sono
spesso improvvisi e significativi.

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                   NOZIONI DI BASE DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCEDURALE

§ 7. LA RILEVANZA PRIMARIA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO
      ANCHE NEI REATI A DANNO DEGLI ANIMALI
7.1 I due elementi costitutivi del reato
Molto spesso chi opera una denuncia da un lato e la polizia giudiziaria dall’al-
tro concentrano particolare attenzione e gran parte degli accertamenti sulla ve-
rifica dell’elemento oggettivo del reato, sottovalutando ed in qualche caso
ignorando addirittura del tutto gli aspetti inerenti l’elemento soggettivo. Si tratta
di un grosso limite all’efficacia delle indagini che può tradursi, ed anzi spesso si
traduce in dibattimento, in una situazione di incompletezza generale del sup-
porto probatorio sostenuto dal pubblico ministero.
In realtà va sottolineato che ogni reato si compone di due elementi: uno
oggettivo e l’altro soggettivo. L’elemento oggettivo, naturalmente, essendo
connesso alla materialità storica del fatto illecito posto in essere, rappresenta re-
altà di più immediata percezione e di più diffusa attività di accertamento pro-
batorio. Ma nel contempo si deve rilevare che nel campo penale non vi è,
e non vi può essere, responsabilità se a carico del soggetto denunciato
non si ravvisa, e soprattutto non si prova, la sussistenza del dolo o della
colpa.
Infatti il dolo e la colpa rappresentano gli elementi soggettivi costituenti parte
rilevante e primaria di ogni reato. Detti elementi, al pari del collaterale aspetto
oggettivo, devono essere provati già a livello iniziale dalla polizia giudiziaria
prima in sede di indagini e dal pubblico ministero dopo in fase dibattimentale:
non si può di fatto invertire l’onere della prova, operando esclusivamente una
denuncia asettica del fatto basata esclusivamente sugli elementi oggettivi e rite-
nendo per implicita e scontata la responsabilità automatica del soggetto connesso
a tali fatti. Al contrario la P.G. prima, ed il pubblico ministero dopo, devono
acquisire di propria iniziativa tutti gli elementi specifici che dimostrino come
lo stesso soggetto abbia agito con dolo o con colpa e che quindi vi sia una con-
nessione diretta tra il suo comportamento soggettivo e quel fatto illecito posto
in essere e denunciato.
Va sottolineato che cagionare dinamicamente un evento non sempre
equivale automaticamente ad essere penalmente responsabile dello
stesso. Serve infatti la “colpevolezza” e questa va individuata in prima battuta
dalla polizia giudiziaria. In diversi casi la P.G. sottovaluta questo aspetto, rite-
nendo scontato che cagionare equivale ad essere responsabile, e non approfon-
disce dunque l’elemento soggettivo. In questo modo si inverte l’onere della
prova e spesso la sentenza – nonostante la chiara e documentata oggettività sto-
rica del fatto – esonera il soggetto denunciato dalla responsabilità penale per as-
senza di prove sull’elemento soggettivo.

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI           LEGGE 189 DEL 2004: ANALISI DELLE SINGOLE FATTISPECIE CRIMINOSE

                                 PARTE QUARTA

                  Legge 189 del 2004:
       analisi delle singole fattispecie criminose

                                     pag. 57
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI               LEGGE 189 DEL 2004: ANALISI DELLE SINGOLE FATTISPECIE CRIMINOSE

§ 3. ILLICEITÀ SPECIALE: LA CRUDELTÀ E LA MANCANZA
      DI NECESSITÀ
3.1 La condotta di uccisione di animale – Requisiti per l’illiceità
Per la sussistenza del reato di uccisione e maltrattamento di animali sono ne-
cessari due requisiti di illiceità speciale: la crudeltà e la mancanza di necessità. La
loro sussistenza serve a rendere penalmente rilevante la condotta di uccisione
di animale che dunque non è illecita in sé e per sé, ma solo in presenza in via
alternativa di tali requisiti, in quanto la crudeltà non necessita della mancanza
di necessità, perché l’incrudelimento presuppone di per se stesso l’assenza di
qualsiasi giustificabile motivo da parte dell’agente. Tali requisiti provengono
dall’originario art. 727 c.p. che li prevedeva in via concorrente, punendo “l’in-
crudelimento degli animali senza necessità”. Rispetto al passato la grande innova-
zione è che tali requisiti sono previsti in via alternativa, e così oggi sarà punibile
ad esempio l’abbattimento di animali non malati, cioè senza necessità, o l’ab-
battimento cruento di animali malati. In particolare per quanto riguarda “la
crudeltà”, si considera la giurisprudenza del precedente art. 727 c.p., per cui
si intende un’uccisione o un maltrattamento con atti concreti di volontaria in-
flizione di sofferenze anche a causa di insensibilità dell’autore del reato. Non è
necessario infatti il solo scopo della malvagità, nè occorre per forza un truce
compiacimento nell’infierire sull’animale, potendosi avere crudeltà anche per
mera insensibilità ed indifferenza dell’autore ad atti di per sé oggettivamente
crudeli, nè sono necessari per forza veri e propri atti di torture o barbarie.
Inoltre la circostanza aggravante dei motivi abbietti o futili ex art. 61 c.p.,
comma 1, è compatibile con il reato in questione, in quanto nella fattispecie
non rientra come elemento necessario la futilità che indica la sproporzione tra
l’azione compiuta e il motivo per cui si è agito.
Per quanto riguarda il secondo elemento previsto d’illiceità speciale “senza
necessità” anche in questo caso ci si richiama alle interpretazioni fornite dalla
giurisprudenza in materia. Secondo i giudici di legittimità, il concetto di ne-
cessità deve intendersi in senso analogo a quello previsto dagli artt. 52 e 54 c.p.,
comprendendo ogni situazione in cui l’uccisione non sia in altro modo evita-
bile perché dettata dall’esigenza di evitare un pericolo imminente o impedire
l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona e ai beni
propri o altrui (Corte di Cassazione, sentenza 28 febbraio 1997, n. 1010), e così solo se
l’uccisione sarà contenuta entro tali limiti della causa giustificatrice potrà rite-
nersi che l’art. 544 bis c.p. non trovi applicazione (Cass. Pen. Sez. III 2110/02).
Ne deriva che occorre di volta in volta verificare che sia rinvenibile o meno
un’effettiva e non superabile situazione di necessità della condotta vessatoria
che ha portato alla morte dell’animale, solo a tali condizioni la norma incrimi-
natrice deve ritenersi non trovi applicazioni e tale valutazione sarà affidata al
prudente apprezzamento dell’autorità giudicante. È importante sottolineare che

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                  LEGGE 189 DEL 2004: ANALISI DELLE SINGOLE FATTISPECIE CRIMINOSE

la nozione di “necessità’’deve essere letta in un’accezione restrittiva, al fine di non
vanificare la portata applicativa degli articoli in questione, e deve quindi inten-
dersi come una situazione di cogenza verificata non sulla base di usi o pratiche
generalmente accettate, ma in base alla valutazione comparativa degli interessi
umani e animali coinvolti, ed alla constatazione che: 1) i primi riguardano beni
vitali o comunque di estrema importanza per l’uomo; 2) non vi sia altro modo
per soddisfarli; 3) vi siano fondate ragioni per ritenere che il sacrificio degli in-
teressi animali coinvolti sia idoneo a consentire il soddisfacimento degli interessi
umani in questione (cfr. Il maltrattamento degli animali: soggettività, Costituzione
e tutela penale; pag. 58-59 - Alessandra Valastro – Torino). Conformemente a que-
st’orientamento la Suprema Corte con sentenza n. 15061 del 2007 nel confer-
mare il sequestro preventivo di un collare antiabbaio ha chiarito che “costituisce
incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto
meno al reato di cui all’art. 727 c.p. ogni comportamento produttivo nell’animale di sof-
ferenze che non trovino giustificazione nell’insuperabile esigenza di tutela non altrimenti
realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili, ancorchè non limitati a quelli primari
cui si riferisce l’art. 54 c.p., rimanendo quindi esclusa detta giustificazione quando si
tratti soltanto della convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventual-
mente molesti dell’animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti edu-
cativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento (v.
per tutte Cass. sez. 3^, sent. n. 43230 del 12 novembre 2002)”.

Più recentemente, il Tribunale penale di Ravenna è intervenuto sulla que-
stione della necessità come causa di giustificazione di lesioni altrimenti
penalmente rilevanti, nella sentenza n. 231 del 2011 (confermata dalla Terza
Sezione della Corte di Cassazione con sentenza n. 47661 dell’8 ottobre 2014)
secondo un più che condivisibile excursus logico che vale la pena condividere
per cui “A fronte del dettato normativo appare necessario chiedersi quale significato possa
avere la locuzione “senza necessità” e per quale motivo sia apparso necessario al legisla-
tore escludere espressamente la ricorrenza di questa “causa di giustificazione”. Nell’esame
del concetto giuridico indicato dalla norma non può che prendersi le mosse dai contenuti
della scriminante dello stato di necessità, così come delineata dall’art. 54 c.p.. La dispo-
sizione, così come quelle inerenti a tutte le cause di giustificazione di ordine generale, at-
tribuisce rilevanza alla tutela di determinati beni giuridici, qualora gli stessi entrino in
conflitto con altri valori, ugualmente riconosciuti dall’ordinamento. La giurisprudenza
di legittimità si è attestata, sul punto, intorno a parametri molto rigidi, ritenendo
integrata l'esimente solo alla presenza del pericolo di un danno grave alla per-
sona attuale e imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell'autore del fatto
la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all'uopo suffi-
ciente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto, né un peri-
colo altrimenti evitabile.” (…) “La norma fa quindi riferimento ad un concetto di

                                            pag. 70
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                  ART. 19/TER LEGGE 189 DEL 2004. RAPPORTO ED APPLICABILITÀ

                                 PARTE QUINTA

                   Art. 19/TER Legge 189 del 2004
                      Rapporto ed applicabilità
                      della Legge 189 del 2004
                        alle discipline di settore

                                     pag. 115
TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                        ART. 19/TER LEGGE 189 DEL 2004. RAPPORTO ED APPLICABILITÀ

zioni dell’allegato del d.lgs. n. 116 del 1992 inerenti le modalità di allevamento
e sperimentazione comportano l’integrazione della fattispecie penale, princi-
pio che potrà essere impiegato in casi analoghi inerenti violazioni in tali am-
biti. Ed inoltre, in fase cautelare, per verificare la sussistenza del periculum in
mora non potrà più essere rilevante la paventata vendita a terzi degli animali vit-
time di reato, in quanto trattandosi di bene di cui è obbligatoria la confisca, con
conseguente affido agli Enti di protezione animale, come previsto dall’art. 19
quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.

4.1 Approfonimento - La nuova disciplina amministrativa sulla pro-
    tezione degli animali utilizzati per la sperimentazione animale e
    pratiche correlate - Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 26

Il 29 marzo è entrato in vigore il nuovo Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n.
26 (Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati
a fini scientifici) che disciplina i vari aspetti ed attività legati alla pratica della spe-
rimentazione animale in Italia.

La Direttiva 2010/63/UE
Il decreto recepisce la Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali uti-
lizzati a fini scientifici, che disciplina a sua volta in ambito comunitario la pro-
tezione degli animali impiegati per la ricerca scientifica, basandosi sui principi
generali del Trattato, tra cui evidentemente quello della protezione degli ani-
mali. Il principio del benessere degli animali costituisce infatti un principio ge-
nerale del diritto comunitario in quanto inserito nel titolo II del TFUE
(Disposizioni di applicazione generale) “Nella formulazione e nella attuazione delle
politiche della Unione nei settori della agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato
interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri ten-
gono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto es-
seri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le
consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tra-
dizioni culturali e il patrimonio regionale”. Ed infatti il secondo considerando della
direttiva citata ribadisce testualmente che “Il benessere degli animali è un valore
dell’Unione sancito dall’articolo 13 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(TFUE)” mentre nel terzo è chiarito che “Il 23 marzo 1998 il Consiglio ha adot-
tato la decisione 1999/575/CE relativa alla conclusione da parte della Comunità della
convenzione europea sulla protezione degli animali vertebrati utilizzati a fini sperimen-
tali o ad altri fini scientifici ( 4 ). Diventando parte della convenzione, la Comunità ha
riconosciuto l’importanza a livello internazionale della tutela e del benessere degli ani-
mali utilizzati a fini scientifici”. Come tale questo principio di protezione si pone
in una linea gerarchica sovraordinata per quanto riguarda le politiche comuni-

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                      ART. 19/TER LEGGE 189 DEL 2004. RAPPORTO ED APPLICABILITÀ

tarie ivi incluse quella del mercato interno (articolo 26 ss.) ed in particolare della
libera circolazione delle merci (articolo 28 ss.), in materia di ravvicinamento o
armonizzazione delle disposizioni legislative nazionali (articolo 114), in materia
di ricerca e sviluppo (articolo 179 ss.). Da qui la necessità di una stringente di-
sciplina che potesse garantire l’attuazione di tale principio comunitario.
Vale la pena precisare come il nuovo Decreto, tra le sue premesse, citi due
norme cardine sulla protezione penale degli animali in Italia, ovvero la legge 20
luglio 2004, n. 189 sul maltrattamento animale e la legge 4 novembre 2010,
n. 201 sul traffico di animali d’affezione e protezione degli animali da compa-
gnia, a riprova dell’indirizzo univoco riposto verso la protezione degli animali
impiegati in tali attività, dimostrandone un necessario ed inevitabile coordina-
mento, anche in base ad un’interpretazione sistematica del quadro normativo
generale sulla protezione animale.

L’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 26/2014 ed i contenuti
L’art. 1 disciplina l’oggetto del Decreto che sono appunto le misure relative
alla protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici o educativi, disciplinando
così la sostituzione, la riduzione dell’uso di animali nelle procedure nonché il
perfezionamento delle tecniche di allevamento e cura degli animali nelle pro-
cedure, andando a regolare la provenienza, l’allevamento, l’identificazione, la
custodia nonché la soppressione degli animali coinvolti e le attività correlate, e
disciplinando inoltre l’aspetto autorizzativo dei progetti che prevedono tali at-
tività (punto b). Come principio generale, cui evidentemente deve attenersi la
pubblica amministrazione nell’autorizzare tali attività, vi è quello dell’art. 1
comma 2 che espressamente prevede come legittimo l’utilizzo degli animali
esclusivamente se per ottenere il risultato ricercato “non sia possibile utilizzare altro
metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e pra-
ticamente applicabile che non implichi l’impiego di animali vivi”. È inoltre prevista
l’applicazione del Decreto sui prodotti cosmetici, eccezion fatta per quanto di-
sposto dal regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Con-
siglio del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici. Tale Regolamento vale la
pena precisare a partire dall’11 luglio 2013 ha sostituito la direttiva «cosmetici»,
disciplina la tutela della salute e l’informazione dei consumatori, vigilando sulla
composizione e l’etichettatura dei prodotti e dispone espressamente il divieto
degli esperimenti sugli animali per i prodotti finiti, gli ingredienti o le combi-
nazioni di ingredienti nonché l’immissione sul mercato europeo di prodotti la
cui formulazione finale sia stata oggetto di una sperimentazione animale pro-
dotti contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati og-
getto di una sperimentazione animale. Tra le altre cose, l’art. 11 prevede il
divieto di utilizzo di animali randagi per le attività del decreto ed al secondo
comma è previsto un divieto generale di impiego di cani e gatti ad eccezione

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                  D.LGS. N. 28/2015 E RIFLESSI SUI REATI A DANNO DEGLI ANIMALI

                                 PARTE OTTAVA

      Decreto Legislativo 16 marzo 2015 n. 28
             “Disposizioni in materia di non punibilità
                 per particolare tenuità del fatto”

         I riflessi sui reati a danno degli animali

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                     D.LGS. N. 28/2015 E RIFLESSI SUI REATI A DANNO DEGLI ANIMALI

§ 2. IL DECRETO SULLA “PARTICOLARE TENUITÀ DEL
FATTO” ED I RIFLESSI DIRETTI SUGLI ATTI REDATTI
DALLA POLIZIA GIUDIZIARIA PER I REATI A DANNO DEGLI
ANIMALI

Il recente decreto sulla “particolare tenuità del fatto” (Decreto Legislativo 16
marzo 2015 n. 28), per certi versi piuttosto sottovalutato nella percezione opera-
tiva dalle forze di polizia, riguarda invece direttamente l’attività di gran parte degli
organi di polizia giudiziaria. Infatti, questa nuova disciplina normativa riguarda
tutti i reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a
cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.
Si tratta di uno spettro di applicazione di illeciti penali molto vasto, che co-
munque ricomprende potenzialmente la quasi totalità dei reati ambientali (salvo
rarissime eccezioni) e gran parte dei reati a danno degli animali; dunque, in
particolare la polizia giudiziaria che opera in questo particolare settore appare
particolarmente esposta alle novità di questa emergente disciplina legislativa.

Ma perché questo decreto riguarda anche le forze di polizia giudiziaria, men-
tre apparentemente sembra essere una norma di interesse diretto solo per ma-
gistrati ed avvocati? Per un motivo molto semplice: perché prevede una nuova
ipotesi di non punibilità che può stroncare alla radice molte procedure conse-
guenti alle denunce - appunto - anche per reati a danno degli animali.

Non vi è dubbio che il pubblico ministero in prima battuta, ed il giudice (GIP
in particolare) in seconda fase, traggono elementi utili per decidere se proce-
dere con la dichiarazione di non punibilità in relazione a quel caso concreto so-
stanzialmente dalla comunicazione di notizia di reato della PG e - comunque
e secondo le varie fasi procedurali - dagli verbali allegati a tale comunicazione.
Ecco, dunque, che gli atti redatti dalla polizia giudiziaria assumono un va-
lore straordinario come fonte primaria per orientare in qualche modo as-
solutamente diretto la futura giurisprudenza in materia di non punibilità
per “tenuità del fatto” anche per i reati a danno degli animali.

Il decreto detta degli indici/criteri in ordine ai quali il PM ed il giudice de-
vono attenersi per le loro decisioni. E proprio nel contesto di questi in-
dici/criteri articolati deve - a nostro modesto avviso - oggi adeguarsi in
modo totalmente rinnovato la struttura della comunicazione di notizia di
reato per illeciti penali a danno degli animali. Perché non vi è dubbio che
la polizia giudiziaria da oggi deve in qualche modo affrontare i singoli temi
degli indici criteri previsti dalla nuova normativa per fornire a PM e giudice
tutti gli elementi essenziali per decidere in merito.

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TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI                                                       GLOSSARIO

                                     Glossario
Autorità amministrativa: con questo termine si indica l’organo (o l’insieme degli or-
gani) a cui spetta l’esercizio della funzione amministrativa. La funzione amministrativa
è l’attività diretta alla realizzazione degli interessi pubblici dello Stato attraverso prov-
vedimenti che danno effettiva operatività all’astratto contenuto delle leggi.
La funzione amministrativa è esercitata dallo Stato e dagli altri Enti pubblici (come le
Regioni, le Province, i Comuni).

Autorità giudiziaria: organo a cui spetta l’esercizio della funzione giurisdizionale. La
funzione giurisdizionale (o giurisdizione) è l’attività volta a garantire l’applicazione e
l’osservanza della legge nei casi concreti, ed è esercitata dai giudici (il cui insieme co-
stituisce la magistratura). Il giudice, mediante la sentenza, dà una interpretazione della
legge e la applica al caso concreto. L’autorità giudiziaria si distingue, secondo le com-
petenze, in civile, penale e amministrativa.
L’autorità giudiziaria civile (Giudici di Pace, Tribunali, Corte d’Appello, Corte di Cas-
sazione) è competente per la soluzione delle controversie che sorgono tra privati. È
inoltre competente per le controversie tra privati e Pubblica Amministrazione per la
difesa dei diritti soggettivi dei primi.
L’autorità giudiziaria penale (Giudici di Pace, Tribunali, Corte d’Appello, Corte d’As-
sise, Corte di Cassazione) è competente per la punizione di quei comportamenti che
sono considerati dalla legge come reato. È l’autorità giudiziaria penale che, a seguito
di un processo penale, applica le sanzioni penali (o pene) ai responsabili del compor-
tamento illecito.
L’autorità giudiziaria amministrativa generale (Tribunali amministrativi regionali, Con-
siglio di Stato) è competente per le controversie tra privati e Pubblica Amministrazione
per la difesa dell’interesse dei primi a un corretto funzionamento della P.A. Si può
dunque ricorrere all’autorità giudiziaria amministrativa nel caso in cui si lamenti un
“cattivo uso” del potere da parte dell’amministrazione pubblica.

Calunnia: reato disciplinato dall’articolo 368 del Codice penale. Lo commette chi,
mediante una denuncia anche anonima o sotto falso nome, incolpa di un reato qual-
cuno (una persona, una impresa, un ente) sapendo invece che è innocente, oppure si-
mula a suo carico delle tracce di reato. È dunque importante, per non commettere
questo reato, che i fatti di danneggiamento ambientale che si denunciano all’autorità
pubblica abbiano una reale fondatezza, soprattutto se viene indicato il nome dei pre-
sunti responsabili (persone fisiche, imprese, Enti).

Codice Così fan tutti: definizione ideata dalla redazione di “Diritto all’ambiente” per
indicare l’insieme delle prassi e consuetudini attivate in questi anni in alternativa alle
regole di legge; si tratta di un marchio ideato da “Diritto all’ambiente” e registrato
con il n. 0001344160 presso l’Ufficio italiano Brevetti e Marchi del Ministero dello
Sviluppo Economico da “Diritto all’ambiente” e tutelato dalla legge sulla protezione
dei marchi e del copyright anche in sede penale.

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