Traffico illecito di rifiuti, Eni condannata al processo a Potenza

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Traffico illecito di rifiuti, Eni condannata al processo a Potenza
Traffico illecito di rifiuti, Eni condannata al processo a Potenza
(Fonte: https://www.recommon.org/)

Centro Olio Val d’Agri (COVA), Viggiano

Il “Petrolgate”, processo iniziato a fine 2017 presso il tribunale di Potenza, in Basilicata, si è
chiuso con una condanna in primo grado a Eni per traffico illecito di rifiuti prodotti dal Centro
Olio di Viggiano e smaltiti in impianti di depurazione su territorio nazionale.
La compagnia dovrà pagare una sanzione di 700mila euro, oltre a vedersi confiscare 44,2 milioni di
euro. Ruggero Gheller, Nicola Allegro, Luca Bagatti, Enrico Trovato, Roberta Angelini e Vincenzo
Lisandrelli, figure apicali dell’azienda nella gestione dell’impianto in Val d’Agri, sono stati
condannati a pene detentive fino a due anni. Un anno e sei mesi è stato inflitto all’ex dipendente
della regione Basilicata Salvatore Lambiase. L’Eni e i sette imputati dovranno risarcire i danni,
patrimoniali e non, alle 278 parti civili riconosciute nel procedimento. Sono stati invece 27 gli
imputati assolti.
Per una volta nemmeno i canali televisivi nazionali hanno potuto “bucare” la notizia, rilanciata nei
loro telegiornali della sera. Troppo dirompente il pronunciamento della corte presieduta dal
giudice Rosario Baglioni per essere ignorato. E così le vicende del “Texas d’Italia”, come è stata
ribattezzata per evidenti motivi la Basilicata, non sono rimaste relegate in ambito locale, perché
“tanto a chi vuoi che interessi quel che accade in una delle regioni meno popolate e più povere
d’Italia”.
Certo, andrebbe raccontato più nel dettaglio il ruolo svolto in questa saga infinita dalle
associazioni e dagli attivisti della società civile lucana. Noi di Re:Common dal 2017 seguiamo
quanto accade in Basilicata in solidarietà e collaborazione con l’Osservatorio Popolare Val d’Agri,
Mediterraneo No Triv e Cova Contro. Realtà che da anni denunciano episodi “anomali” e diversi
tipi di criticità al Centro Olio e in tutta l’area della Val d’Agri presentando esposti, facendo a
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proprie spese analisi sul campo e monitorando in ogni modo possibile le attività connesse allo
sfruttamento petrolifero.
Abbiamo cercato di fare da cassa di risonanza alle loro lotte, anche attraverso lo strumento
dell’azionariato critico, e a iniziative importanti come quelle del dottor Giambattista Mele,
promotore della prima Valutazione d’Impatto Sanitario a Viggiano e Grumento Nova, le cittadine
interessate dall’attività del Centro Olio Val d’Agri. Uno studio che certificava una problematica
seria, ovvero che gli indici di mortalità e di ricovero in ospedale dei residenti nei due comuni nel
periodo 2000-2014 hanno mostrato diversi eccessi rispetto ai dati medi sia della regione Basilicata
sia del complesso di 20 comuni dell’alta Val d’Agri.
Ma la Valutazione di Impatto Sanitario è stata subito attaccato senza mezzi termini dall’Eni,
mentre le istituzioni locali hanno preferito lasciar cadere nel vuoto questo grido d’allarme. Nel
corso degli anni le situazioni anomale non sono mancate. La più dolorosa è sicuramente quella
relativa al suicidio nel 2013 di Gianluca Griffa. L’ex responsabile della produzione del Centro Olio
in Val d’Agri venne trovato morto in un bosco del Piemonte. In un memoriale aveva raccontato
buona parte di quanto i pm di Potenza hanno ricostruito nell’inchiesta che ha portato al
procedimento per disastro ambientale.
Ma non va dimenticato quanto accaduto a Giuseppe Di Bello, tenente di polizia provinciale per
dieci anni spedito a fare il custode al museo di Potenza per le sue denunce sull’inquinamento
all’invaso del Pertusillo, o alla professoressa universitaria Albina Colella, citata per diffamazione
dall’Eni per ben cinque milioni di euro in merito a uno studio svolto sull’inquinamento delle acque
a ridosso del pozzo petrolifero Costa Molina 2. Causa che l’Eni ha perso, subendo a sua volta una
condanna per lite temeraria.
Quella pronunciata la sera del 10 marzo 2021 è una prima sentenza, a cui farà sicuramente seguito
un appello, ma anche un altro processo per disastro ambientale, relativo allo sversamento di 400
tonnellate di greggio occorso nel 2017, e che vedrà alla sbarra l’Eni e alcuni dei manager già
condannati. Proprio di loro si parla all’inizio di Mal d’Agri 2019, ricostruendo alcune delle
intercettazioni che quando furono rese pubbliche suscitarono grande scandalo. Il documentario dei
video-maker lucani Mimmo Nardozza e Salvatore Laurenzana, prodotto da Re:Common, è una
perfetta fotografia di come il petrolio sia stato e continui a essere più una maledizione che una
benedizione per una terra che a noi, durante le nostre missioni sul campo, troppe volte ha
ricordato più il Delta del Niger che il Texas.

Per approfondire:
Guarda il documentario “Mal d’Agri 2019” di Mimmo Nardozza e Salvatore Laurenzana
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