"Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo!" - OMELIA CHIUSURA VERIFICA EUROPA

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"Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo!" - OMELIA CHIUSURA VERIFICA EUROPA
«Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo!»
                      OMELIA CHIUSURA VERIFICA EUROPA
                                 Es 3:1-7; Sal 39; Gv 21:15-19

Carissimi Fratelli e Sorelle,

sono lieto di poter presiedere questa eucaristia conclusiva della vostra verifica
triennale per le Ispettorie FMA dell’ Europa.
Durante questi giorni avete voluto, da una parte, analizzare appunto l’assunzione
e realizzazione delle scelte prese nel passato Capitolo Generale, e, dall’altra,
approfondire la situazione presente, all’interno e all’esterno, dell’Istituto per
conoscere meglio ciò che il Signore si attende di voi.

Dato che tanto la lettura critica del passato come la lettura profetica del presente
si devono fare alla luce della Parola di Dio e del proprio carisma, ho chiesto di
celebrare la messa votiva di don Bosco o di Madre Mazzarello e di prendere questi
due testi vocazionali, quello di Mosè e quello di Simone Pietro.

In tutte e due le letture ci troviamo di fronte a vocazioni che vengono confermate,
per Mosè, dopo il grande fallimento del progetto di liberazione del suo popolo, e,
nel caso di Simone, dopo la vergognosa negazione del suo Signore.

Mosè, si era ritirato nel deserto, dove si era sposato e aveva generato dei figli.
Pensava ormai di condurre un’esistenza tranquilla, di vivere in pace la sua
vecchiaia ed invece si trova all’improvviso di fronte ad un fenomeno che attira la
sua attenzione. Preso dalla meraviglia si avvicina per vedere che cosa sia quel
roveto che arde senza consumarsi. In quel momento sente una voce che gli dice di
togliersi i sandali, perché quello è un luogo santo, e solo allora, quando si libera
delle sue precomprensioni, delle sue ideologie, può sentire la voce del Signore che
gli rivela che è Lui che vuole salvare il Suo popolo, e che vuole contare su di lui,
su Mosè, per realizzare il suo disegno di salvezza.

Simone, da canto suo, si sente chiamare con il suo primo nome, quello che aveva
prima dell’incontro con Gesù, e quindi prima della sua vocazione, e deve per tre
volte vedersi messo alla prova sul suo amore verso il Maestro. E solo quando può
confessare umiliato e addolorato: “Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”, può
ascoltare di nuovo la voce che gli dice: “Seguimi”.

Sono passati 140 anni della fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice e da allora fino ad oggi c’è stata una storia in cui si è passati
dall’entusiasmo della fondazione, all’impegno per l’elaborazione e approvazione
delle Costituzioni, all’estensione e consolidamento delle opere, al momento –
almeno in Europa – della stanchezza per la diminuzione del flusso vocazionale,

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per l’invecchiamento del personale, per il peso delle strutture, che rendono
necessario e urgente il ripensamento della presenza e la ristrutturazione delle
opere.

E le tentazioni potrebbero essere quella di Mosè che si ritira nel deserto, deluso
per il fallimento del suo progetto di liberare il popolo di Israele. Vorrebbe vivere
in serenità, con la sua famiglia, gli ultimi anni della sua vita. O la tentazione di
Simone, che, dopo la morte in croce del Maestro, torna dai suoi, al suo lavoro di
sempre, confuso per ciò che aveva vissuto con Gesù e i suoi seguaci e anche
umiliato dalla sua debolezza, per non essere stato all’altezza delle circostanze.

Oggi la Parola di Dio ci fa vedere che, in realtà, è Dio che è impegnato nel creare,
ricreare, nel portare a pienezza il suo meraviglioso piano di salvezza, perché
vuole che tutti, uomini e donne, abbiano vita in abbondanza. Perciò non dubita in
chiamare e ri-chiamare, rivolgendosi persino a persone già anziane e stanche
come Mosè, o a persone ritenute, per sé stesse, poco affidabili, come Simone. Ciò
che importa, ciò che veramente conta è che, come Mosè abbiamo ancora la
capacità di meravigliarci davanti al segno del “roveto ardente”; che abbiamo il
desiderio di avvicinarci per vedere e cercare di capire; che abbiamo l’umiltà di
spogliarci dei nostri sandali, delle nostre vedute e delle nostre forme di pensare e
di agire; che abbiamo il coraggio di tornare a credere e a scommettere sulla Parola
che ci chiama. Come Simone, addolorato e umiliato nel sentirsi interrogare per
tre volte sul suo amore al Signore, consci della nostra debolezza saremo portati a
confessare: “Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”.

Questo non è il tempo dell’entusiasmo delle origini, ma neppure è il tempo per la
rassegnazione o le strategie di sopravvivenza. Oggi è il tempo di Dio, della sua
grazia, del suo incessante impegno di salvezza. L’appello di Dio esige però da
coloro che Lui chiama una grande apertura, una piena fiducia, un’amorosa
docilità e un coraggio a tutta prova per far fronte alle nuove sfide e saper cogliere
le nuove opportunità.

Il segreto del rinnovamento della Vita Religiosa si trova nel saper ritornare a
Cristo, mettendo Dio al centro della nostra vita personale, della vita comunitaria
e istituzionale; nel tornare alle ispirazioni originali ed originanti dei fondatori; nel
leggere da credenti i ‘segni dei tempi’. E tutte queste tre esigenze devono essere
accolte e adempiute contemporaneamente, nello stesso movimento spirituale e
pastorale della nostra vita. Potremo così avere, come centro di tutto il nostro
vivere, amare e lavorare, la missione che dà il tono a tutta la nostra vita e attività.

La nostra missione non si può identificare con le opere, le istituzioni, le attività o
con le imprese che conduciamo. La nostra missione è piuttosto l’espressione del
nostro zelo per la salvezza dei giovani, la “passione” del ‘Da mihi animas cetera
tolle’, una mistica che ha la sua sorgente “nel cuore di Cristo, apostolo del Padre”.

Il mondo in cui viviamo e nel quale portiamo avanti la missione salesiana a favore
di ragazzi e ragazze, specialmente i più poveri e bisognosi, non è solo il
palcoscenico dove ci rendiamo presenti e operiamo. Rappresenta piuttosto
l’interlocutore per eccellenza e il luogo all’interno del quale rispondiamo ai giovani
e, attraverso di loro e con loro, rispondiamo pure a Dio. Ecco, a mio avviso, le
sfide globali del momento storico che stiamo vivendo a raggio mondiale, rilevando

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che queste sfide sono, nello stesso tempo, delle opportunità per il rinnovamento
della nostra vita salesiana e della nostra missione.

Sfide culturali
1.1 La prima sfida è, senza dubbio, la post-modernità, che porta con sé aspetti
positivi in relazione alla dignità dell’essere umano e al suo benessere, ma anche
dei contro-valori come il narcisismo, il disorientamento etico, il relativismo.

1.2 Una seconda sfida è l’inculturazione e la mentalità interculturale. Se da un
lato l’inculturazione è positiva, dall’altro un suo eccesso porta alla chiusura, alla
ricerca del proprio interesse, nascondendosi dietro posizioni ideologiche e alla
incapacità di apprezzare una diversità culturale.

1.3 La terza sfida riguarda la secolarizzazione e il secolarismo. La
secolarizzazione favorisce un processo di maturazione e un arricchimento adulto
negli individui e nella società, ma qualche volta essa diventa immanenza e
impossibilità di fare spazio a Dio. Le forze positive della secolarizzazione possono
degenerare nel secolarismo, un fenomeno in lento ma costante progresso.

2.   Sfide ecclesiali
2.1 La situazione attuale fa della nuova evangelizzazione non un ‘optional’, ma
un obbligo missionario. Come persone consacrate, la nostra testimonianza è
“particolarmente eloquente” e il nostro contributo appare come “un bisogno
urgente”. “L’Europa ha sempre bisogno della santità, della profezia, dell’attività di
evangelizzazione e di servizio delle persone consacrate” (EiE 37).

2.2 La Chiesa, e più specificamente la vita consacrata, in Europa, è “tentata da
un offuscamento di speranza…” (EiE 7). E’ vero che questo disagio sorge
naturalmente dalla vita consacrata, perché il suo compito principale è
‘l’affermazione del primato di Dio e della vita eterna’, mentre oggi deve vivere in
un mondo ‘dove sembrano spesso smarrite le tracce di Dio’ (VC 85)”. Ma il disagio
di cui soffre la vita religiosa al giorno d’oggi non nasce soltanto da cause esterne,
dalla sua naturale incompatibilità con il mondo, esso sorge anche dal di dentro,
perché, tra le altre cose, essa si è trovata all’improvviso privata di quei ruoli
particolari nella società, che per tanto tempo le hanno dato sicurezza e
importanza sociale”.

2.3 Il pluralismo, che può scivolare nel relativismo, col suo risultato nichilistico,
ci presenta una sfida di maggiore impegno. Esso deve provocare in noi una
riflessione ed un pensiero forte che deve essere tradotto in riflessione teologica -
vitalità spirituale e pastorale - impegno sociale, dinamicamente integrati.

3.    Sfide istituzionali
3.1 Notiamo una maggiore debolezza di formazione iniziale in due aspetti
fondamentali dello sviluppo personale: il discernimento vocazionale e
l’accompagnamento personale.

3.2 Evidente è anche la frammentazione e la mancanza di assimilazione delle
linee-guida per la pastorale.

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3.3 Infine osserviamo nelle Congregazioni una debolezza di direzione e
animazione, particolarmente a livello ispettoriale e locale. A livello locale ciò si
rileva specialmente nella sproporzione di forze tra la comunità e l’opera, nel
settorialismo all’interno delle opere, nella mancanza di una vera animazione
umana, pastorale, carismatica. Inoltre c’è difficoltà nel trovare leaders di
comunità; e spesso la loro preparazione è improvvisata. C’è bisogno infine di una
preparazione remota per la responsabilità e le qualità di leadership; il legame tra
animazione e governo è un punto debole.

4.     Sfide personali
4.1 C’è una serie di problemi legati all’individualismo nelle decisioni pastorali,
al modo in cui il tempo libero viene impiegato, allo spazio dato al benessere
personale a spese della disponibilità alla missione. In aggiunta, c’è un attivismo
che lascia poco spazio alla vita spirituale, allo studio sistematico,
all’apprendimento continuo, all’abitudine alla riflessione. I religiosi non sono
abituati all’autoformazione, e neppure ne sentono l’urgenza.

4.2 Spesso non c’è coscienza dell’identità della nostra vocazione Salesiana
consacrata e così manca l’identificazione personale con quella vocazione. C’è
disaffezione con la comunità; non ci vuole molto per sentirsi estranei alla
comunità; ogni piccolo conflitto compromette la propria vocazione. La povertà non
è vista come un bene che ci qualifica come persone consacrate; ciò porta ad uno
stile borghese, a scelte di vita non coerenti con la logica della “sequela Christi”.
Ciò che interessa è più sentirsi bene, che la dedizione alla propria vocazione.
Talvolta l’alienazione affettiva ed effettiva dal mondo dei giovani è in crescita; essi
spesso non sono compresi o percepiti come l’unica nostra ragion d’essere. Per
tutte queste ragioni non saremo capaci di affrontare il problema
dell’evangelizzazione se non rafforzeremo le radici della nostra consacrazione e del
carisma salesiano.

4.3 Ultima, ma non meno importante, la dimensione affettiva è scarsamente
valutata in diverse aree: nelle relazioni interpersonali, nella dimensione
intellettuale, nella vita spirituale, nell’azione pastorale. Perciò non c’è “calore”
fraterno nella vita di tante comunità. Le emozioni, i sentimenti e gli affetti sono
trascurati e addirittura non se ne tiene conto; c’è mancanza di educazione alle
emozioni a questo riguardo, di formazione appropriata e di formatori esperti.

Per fronteggiare le sfide attuali e future della vita salesiana e della missione vorrei
definire il “Da mihi animas, cetera tolle” da tre caratteristiche:

-      misticismo: in una Europa così secolarizzata abbiamo bisogno di “trovare
una risposta nel riconoscimento del primato assoluto di Dio” nella “donazione
totale di noi stessi” e nella “conversione permanente di un’esistenza offerta come
vero culto spirituale” (EiE 38).

-     profezia: “Nell’odierna situazione multiculturale e religiosa viene sollecitata
la testimonianza della fraternità evangelica”; le nostre comunità religiose sono
chiamate ad essere coraggiose nel vivere il Vangelo come modello alternativo di
vita e “stimolo alla purificazione, all’integrazione di valori diversi, mediante il
superamento delle contrapposizioni” (EiE 38).

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-     servizio: “La presenza di nuove forme di povertà e di emarginazione deve
suscitare la creatività nel prendersi cura dei più bisognosi” (EiE 38), che ha
segnato la nascita dell’Istituto e produrrà la rinascita delle ispettorie in Europa, a
beneficio dei ragazzi e ragazze poveri ed emarginati per ragioni economiche,
sessuali, razziali o religiose. Il tutto a imitazione di Gesù, che umiliò se stesso e
venne per servire e non per essere servito.

Come mistica, profeta e serva, la FMA si prepara a rispondere alle sfide che si
pongono davanti a lei e ai giovani dell’Europa. Preparandoci al bicentenario della
nascita di Don Bosco siamo chiamati di nuovo a:
 -     “ripartire da Don Bosco e da Madre Mazzarello”, a impegnarci in una nuova
evangelizzazione, a promuovere le vocazioni, al vivere in forma coerente e
testimoniante la nostra povertà, ad interpretare con fedeltà e disciplina la nostra
consacrazione, a far fronte alle nuove frontiere;
-       assumere la ‘nuova evangelizzazione’, la quale è una opportunità per
rivitalizzare il carisma, ripensare la presenza, ristrutturare le opere, favorire la
collaborazione tra Ispettorie e accogliere delle nuove missionarie.

Tutto ciò richiede un cambiamento di mentalità e di prassi: entrare in un
processo di vera conversione, passando da una mentalità chiusa ad una aperta e
pronta al cambiamento, guardando al futuro con ottimismo.

Noi, salesiani e salesiane, figli tutti di don Bosco, siamo eredi e realizzatori di un
sogno. Care Sorelle, ritornate quindi alle vostre Ispettorie, alle vostre comunità e
ai giovani, piene d’ispirazione carismatica e dinamismo spirituale perché il sogno
di Don Bosco si avveri. Tutto è possibile a Dio. Oggi, come ieri, il segreto è la
fedeltà a Cristo nella fedele e radicale sequela ed imitazione; nella fedeltà
dinamica ai fondatori, nella capacità di rispondere ai bisogni e attese dei giovani,
e di aggiornare il sistema preventivo. Oggi, come ieri, il modo migliore per
fronteggiare queste sfide è rimanere umili, forti e robusti. Oggi, come ieri, non
siamo soli, ma abbiamo Maria come maestra e Madre. Ricuperiamo la capacità di
meravigliarci davanti al nuovo di Dio e torniamo a crederci. Rinnoviamo la nostra
confessione di amore a Gesù, da innamorati discepoli, testimoni e apostoli suoi.
Amen

                                                      don Pascual Chávez V. SDB

                                                             Ariccia, 11 Gennaio 2012

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