Segreto bancario e interesse fiscale - Giappichelli

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Capitolo I
               Segreto bancario e interesse fiscale

SOMMARIO: 1. I principi costituzionali in tema di segreto bancario. – 2. Le norme di
  riferimento e la posizione giuridica del cliente. – 3. L’interesse pubblico alla perce-
  zione dei tributi e la compressione del segreto bancario. – 4. L’evoluzione normati-
  va in tema di deroghe al segreto bancario.

1. I principi costituzionali in tema di segreto bancario

    Con l’espressione “segreto bancario” si intende il particolare vincolo
di riserbo e segretezza relativo alle notizie in possesso delle banche con-
cernenti la loro clientela, cioè i soggetti con i quali si siano svolte opera-
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zioni attive o passive, o anche semplici trattative .
    Va in primo luogo rilevato che, alla luce del recente processo di tra-
sformazione del settore creditizio, l’operatività del segreto bancario de-
ve essere estesa, oltre che alle banche, a tutti i soggetti che, a qualunque
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titolo, gestiscono il risparmio o gli investimenti . Le considerazioni che

   1
      SCHIAVOLIN R., Segreto bancario, in Dig. disc. priv. - sez. comm., XIII, Utet, To-
rino, 1996, p. 355.
    2
      Si deve pertanto ritenere che ogni riferimento al segreto “bancario” debba es-
sere esteso, oltre che alle banche di cui all’art. 10 ed all’art. 13 del T.U.B. (Testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con D.Lgs. 1 settem-
bre 1993, n. 385) anche agli altri “intermediari finanziari” di cui all’art. 106 ed
all’art. 107 del medesimo T.U. (modificati da ultimo dall’art. 7 del D.Lgs. 13 ago-
sto 2010, n. 141) nonché al Testo unico delle disposizioni in materia di interme-
diazione finanziaria (T.U.F.) approvato con D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Il se-
greto bancario, quindi, trova applicazione, ad esempio, anche con riguardo alle
operazioni poste in essere da Poste Italiane s.p.a., dalle Società di Intermediazione
immobiliare (S.I.M.), dalle Società di Gestione del Risparmio (S.G.R.), dalle socie-
6             Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

verranno pertanto svolte, con riferimento al segreto bancario, trovano ap-
plicazione anche per le attività finanziarie esercitate oggi da tutti gli ope-
ratori finanziari, tra i quali assumono particolare rilevanza le imprese di
               3
assicurazione .
    Potrebbe sostenersi che il segreto bancario altro non sia che un dirit-
to del cliente, nei confronti della generalità dei consociati, alla riserva-
tezza dei propri dati economici, di cui l’intermediario sia venuto a co-
noscenza. A tale diritto si contrapporrebbe il relativo dovere dell’inter-
mediario a non divulgare, in alcun modo, le informazioni relative alla po-
sizione economica del proprio cliente.
    Il segreto bancario non è espressamente tutelato dalla Costituzione
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italiana. Non può negarsi che, a differenza di altri Stati europei , non è
ravvisabile una esplicita previsione di carattere costituzionale del segre-
to bancario.
    C’è da chiedersi se a tale diritto alla riservatezza dei dati economici
sia possibile garantire una tutela di rango costituzionale, ancorché me-
diata.
    Una tale tutela del segreto bancario potrebbe ravvisarsi negli artt. 41
e 47 Cost. L’art. 41 Cost. prevede che «l’iniziativa economica privata è li-
       5
bera» , ed il successivo art. 47 dispone che «la Repubblica incoraggia e tu-
tela il risparmio in tutte le sue forme».

tà eroganti il credito al consumo. Appare utile segnalare che il Ministero dell’Eco-
nomia ha predisposto un nuovo testo unico che dovrebbe contenere tutte le dispo-
sizioni di normazione secondaria, succedutesi nel tempo, emanate sia dal Ministe-
ro che dal Comitato interministeriale del Credito e del Risparmio (C.I.C.R.). Il nuo-
vo testo unico, non ancora approvato, dovrebbe costituire oggetto di un D.M., re-
care la denominazione «Disposizioni in materia di intermediari finanziari di cui agli
articoli 106, 107, 113 e 155, comma 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385» e contenere un catalogo aggiornato dei soggetti nei cui confronti trovano
applicazione le norme del T.U.B.
    3
      Appare opportuno ricordare ad esempio che l’art. 25 bis del T.U.F. disciplina,
parificandoli, i «Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazio-
ne».
    4
      Vedasi ad esempio l’esperienza della Repubblica Federale d’Austria, ove il se-
greto bancario è tutelato espressamente nella Legge Fondamentale dello Stato del
21 dicembre 1867, cui fa espresso rinvio l’art. 149 Cost.
    5
      Va rilevato che le considerazioni suesposte non sembrano smentite dalla for-
mulazione del nuovo testo dell’art. 41 citato, oggetto del D.D.L. Costituzionale n.
AC-4144 presentato alla Camera dei Deputati dal Governo il 7 marzo 2011 ed at-
tualmente all’esame della stessa Camera, nell’ambito delle procedure di cui all’art.
138 Cost. Il testo presentato all’esame parlamentare così prevede: «l’iniziativa e
Segreto bancario e interesse fiscale                         7

                                 6
   Una parte della dottrina nega che sia possibile riconoscere alcun fon-
damento costituzionale al segreto bancario: né l’art. 47 né l’art. 41 Cost.
garantirebbero una posizione giuridica soggettiva di tal fatta, costituzio-
nalmente protetta.
                                         7
   Secondo un diverso orientamento , invece, quantomeno l’art. 47 Cost.,
che tutela il risparmio in tutte le sue forme, permetterebbe di conside-
rare che il segreto bancario sia uno strumento necessario per la realizza-
zione dell’interesse pubblico al risparmio e pertanto trovi una esplicita
tutela costituzionale.
   Entrambe le tesi suesposte si prestano, tuttavia, a talune considera-
zioni di segno contrario.
   Se è vero, infatti, che la formulazione dell’art. 47 Cost. sembrerebbe
consentire un’estensione, il più possibile ampia, della tutela del credito,
è altresì incontestabile che le norme costituzionali stabiliscono limita-
zioni ai diritti del singolo, a favore di superiori interessi collettivi. Inoltre,
è palese che non vi è, nel nostro ordinamento, una previsione espressa, di
rango costituzionale, del diritto alla riservatezza in senso lato: dal che, si
può sostenere che il legislatore costituzionale, quando ne ha ravvisato la
                                                       8
necessità, ha espressamente garantito tale diritto e così non è avvenuto
per il segreto bancario.
   Su tale punto è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza
18 febbraio 1992, n. 51. Si legge in tale sentenza che «al dovere del se-
greto bancario, cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in
relazione alle operazioni, ai conti e alle posizioni concernenti gli utenti
dei servizi da esse erogati, non corrisponde nei singoli clienti delle ban-
che una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente protetta, né,

l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espres-
samente vietato dalla legge. Non possono svolgersi in contrasto con l’utilità sociale,
con i principî fondamentali della Costituzione o in modo da recare danno alla si-
curezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge si conforma ai principî di fiducia
e di leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini prevedendo,
di norma, controlli successivi».
    6
      RUSSO P., Questioni vecchie e nuove in materia di operatività del segreto banca-
rio in materia tributaria, in Riv. dir. trib., 1991, p. 81.
    7
      RUTA A., Il segreto bancario nella realtà giuridica italiana, in AA.VV., Il segreto
nella realtà giuridica italiana, Cedam, Padova, 1983, p. 359.
    8
      A tal proposito vale la pena di ricordare l’art. 13 Cost., ove viene tutelato il di-
ritto alla riservatezza della persona, l’art. 14, ove si tutela la riservatezza del domi-
cilio, l’art. 15 in tema di segretezza della corrispondenza.
8              Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

men che meno, un diritto della personalità». La Corte aggiunge che il le-
gislatore può, a sua discrezione, disciplinare il segreto bancario nei con-
fronti degli intermediari, ma con il limite, questo sì costituzionalmente
previsto, di garantire «un non irragionevole apprezzamento dei fini di
utilità e di giustizia sociale che gli artt. 41, comma 2, e 42, comma 2, Cost.
prevedono a proposito della disciplina delle attività economiche e del re-
gime delle appartenenze dei beni patrimoniali».
    Pertanto, secondo la Corte, non solo non esiste un diritto costituzio-
                                                                      9
nale al segreto, ma sussistono dei vincoli costituzionali allo stesso .
    La sentenza succitata si inserisce in un consolidato orientamento del-
la Corte, tendente a limitare l’estensione dei diritti patrimoniali costitu-
zionalmente garantiti oltre le ipotesi espressamente previste dalla Costi-
          10
tuzione .
                                                   11
    Vero è che anche in ambito comunitario si è recentemente interve-
nuti sul segreto bancario, riducendone l’ambito di operatività ed assicu-
rando la permeabilità degli archivi delle istituzioni finanziarie al fine di
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prevenire illeciti comportamenti .

    9
        Sul punto, infra, par. 3.
    10
        Corte cost., sent. 9 maggio 1968, n. 55 e sent. 11 febbraio 1971, n. 22.
     11
        Le fonti del diritto comunitario, così come i trattati internazionali, assumono
la qualificazione di norme di rango costituzionale, in quanto adottate in esecuzione
dell’art. 10 e dell’art. 11 Cost. Sul punto, VERRILLI A., Diritto dell’Unione Europea,
Esselibri, Napoli, 2006, p. 219; MARTINES T., Diritto Costituzionale, IX ed., Giuf-
frè, Milano, 1994, p. 104 ss.; TESAURO G., Diritto Comunitario, II ed., Cedam, Pa-
dova, 2001, p. 162.
     12
        Numerosi accordi internazionali, adottati anche in ambito comunitario, pre-
vedono forme di collaborazione tra le istituzioni degli Stati anche relativamente allo
scambio di informazioni ottenute dagli istituti creditizi. È rilevante notare che spes-
so tali accordi non prevedono una limitazione uniforme del segreto bancario per
tutti gli Stati contraenti, ma si limitano a fissare un ambito comune di operazioni
sottratto alla riservatezza dei dati bancari; tuttavia consentono l’acquisizione di dati
da altri Stati, consentendo di superare i vincoli nazionali. Tra gli altri, si può ricor-
dare anche l’Accordo di Schengen del 14 giugno 1984 che all’art. 9 impone agli Sta-
ti, anche al fine di reprimere i fenomeni di frode fiscale e contrabbando, di «miglio-
rare lo scambio di informazioni e di intensificarlo per quanto riguarda le informa-
zioni che possano presentare un interesse per le altre Parti nella lotta alla criminali-
tà» e la Direttiva 77/799/CEE in tema di collaborazione alla frode fiscale. Vanno
altresì richiamate la Direttiva 91/308/CEE (recepita nell’ordinamento italiano con
D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 125) e la recentissima Direttiva 2001/97/CE. Con i citati
atti normativi secondari, si è disciplinata, in modo uniforme su tutto il territorio
dell’Unione, la compressione del segreto bancario al fine di prevenire le attività il-
lecite ed il riciclaggio.
Segreto bancario e interesse fiscale                      9

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    Parte della dottrina ha pertanto concluso nel senso che la Corte Co-
stituzionale abbia essenzialmente negato che il dovere di riserbo cui le
banche sono tenute nei confronti delle operazioni poste in essere dai lo-
ro clienti sia riconducibile a diritti e valori, strettamente connessi alla
personalità umana, costituzionalmente tutelati, dovendo ritenersi atti-
nenti a diritti patrimoniali, soggetti alla disciplina dettata dal legislatore
ordinario.
    Tale orientamento suscita alcune perplessità. Muovendo dalla lettura
delle pronunzie del giudice delle leggi è possibile pervenire ad una di-
versa conclusione.
    Il legislatore costituente non ha voluto escludere ogni vis espansiva
alla tutela dei diritti patrimoniali dei cittadini. Può soltanto affermarsi
che, mosso dalla necessità di contemperare l’esercizio di tali diritti con
la tutela dei diritti della personalità e delle esigenze pubbliche costitu-
zionalmente protette, ha statuito la prevalenza di quest’ultima.
    Ciò significa che è costituzionalmente legittima la compressione dei
diritti patrimoniali, ove sia strettamente necessario per garantire l’attua-
zione di altri interessi costituzionalmente tutelati. Ma, al di là di queste
ipotesi, i diritti patrimoniali dei cittadini trovano espressa e completa tu-
                                  14
tela nelle norme costituzionali .
    Va segnalato che di recente il legislatore, sia comunitario che nazio-
nale, ha riconosciuto una sempre maggiore rilevanza al diritto alla riser-
                                           15
vatezza dei dati personali in senso lato .
    Il segreto bancario, pertanto, si atteggerebbe quale estrinsecazione del-
l’art. 47 Cost., nella parte in cui tutela il corretto esercizio dell’attività
creditizia, cui corrisponde la necessità di riservatezza dei rapporti giuri-
dici e delle operazioni collegate all’attività di raccolta del risparmio e di
                        16
esercizio del credito .
    Se così è, non può negarsi che sia legittima e costituzionalmente pro-

   13
       SCHIAVOLIN R., Segreto bancario, cit., p. 357.
   14
       VIOTTO A., I poteri d’indagine dell’Amministrazione finanziaria, Giuffrè, Mi-
lano, 2002, p. 377; DE MITA E., Fisco e Costituzione, II, Giuffrè, Milano, 1993, p.
1534.
    15
       Sull’esigenza di ancorare la tutela della riservatezza ai principi fondamentali
previsti dalla Costituzione, MARTINES T., Diritto Costituzionale, cit., p. 771.
    16
       D’AYALA VALVA F., I nuovi accertamenti bancari, in Atti del Convegno di stu-
di tenutosi a Bari il 28 e 29 novembre 2003 e il 25 novembre 2006, Euroedizioni,
Torino, 2007, p. 342.
10             Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

tetta la pretesa del cittadino a che i propri dati economici e finanziari,
che per la loro portata potrebbero considerarsi “sensibili”, incamerati da-
gli intermediari nell’esecuzione delle operazioni, non vengano divulgati
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al di là delle ipotesi tassativamente previste dalla legge .

2. Le norme di riferimento e la posizione giuridica del cliente

   Si rivela opportuno chiedersi quali siano le norme, di rango ordinario,
che prevedano e tutelino il segreto bancario (e, per analogia, quello finan-
ziario ed assicurativo).
   In primo luogo, è necessario rilevare che anche a livello di normativa
ordinaria non esiste una definizione di segreto bancario. Accade cioè di
                                                                      18
sovente che il legislatore introduca “deroghe al segreto bancario” sen-
za che tuttavia esso sia stato definito da una norma, a differenza di quan-
                                                                         19
to avviene in alcune esperienze estere, anche territorialmente vicine .

     17
       Sui rapporti tra le deroghe al segreto bancario e la disciplina sulla riservatez-
za dei dati personali, vedasi infra, cap. IV, par. 4.
    18
       È interessante notare che l’art. 18 della L. 30 dicembre 1991, n. 413 è rubri-
cato «Modifiche alla disciplina del segreto bancario» ma contiene soltanto la di-
sciplina delle modalità di ricerca ed acquisizione di dati rilevanti ai fini dell’accer-
tamento tributario presso le banche e non modifica alcuna norma in tema di segre-
to bancario.
    19
       È il caso della Repubblica di San Marino, ove vige una specifica normativa in
merito al segreto bancario, prevista dalla Legge sulle imprese e sui servizi bancari,
finanziari ed assicurativi del 17 novembre 2005, n. 165, il cui art. 36 così dispone:
«per segreto bancario si intende il divieto dei soggetti autorizzati di rivelare a terzi
i dati e le notizie acquisite nell’esercizio delle attività riservate». Lo stesso art. 36
disciplina compiutamente sia i soggetti obbligati al segreto, sia i casi di inopponibi-
lità dello stesso, limitati esclusivamente alle richieste dell’autorità giudiziaria pena-
le e a quelle dell’autorità di vigilanza al fine di contrastare i fenomeni di terrorismo
e riciclaggio. La violazione del segreto bancario è punita, ai sensi del successivo
art. 139, con la reclusione e l’interdizione dagli uffici di amministratore.
    Similmente, nella Confederazione Svizzera la Legge Federale sulle banche del-
l’8 novembre 1934 prevede, all’art. 47, che «chiunque rivela un segreto, che gli è
confidato o di cui ha notizia nella sua qualità di membro di un organo, impiegato,
mandatario o liquidatore di una banca, incaricato di un’inchiesta o incaricato del
risanamento dalla Commissione delle banche, membro di un organo o impiegato
di un ufficio di revisione riconosciuto, ovvero tenta di indurre a siffatta violazione
del segreto professionale, è punito con la detenzione fino a sei mesi o con la multa
fino a 50.000 franchi».
Segreto bancario e interesse fiscale                         11

    Diversi sono stati i tentativi di ricondurre anche in Italia il segreto
bancario ad uno specifico disposto normativo.
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    Secondo un primo orientamento , il segreto bancario avrebbe la sua
                                           21
fonte normativa nell’art. 7 del T.U.B. , che stabilisce che «tutte le noti-
zie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d’Italia in ragione del-
la sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d’ufficio anche nei con-
fronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze, Presidente del CICR. Il segreto non può essere
opposto all’autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano ne-
cessarie per le indagini, o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate
penalmente».
    Alla previsione secondo la quale gli organi di vigilanza sono tenuti al
segreto dei dati rilevati nel corso delle ispezioni presso gli enti creditizi,
anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, conseguirebbe la se-
gretezza delle informazioni, a fortiori, per gli operatori che le detengo-
no. Pertanto, l’art. 7 del T.U.B., nello stabilire una deroga al segreto ban-
cario nei confronti degli organi di vigilanza creditizia, ne rafforzerebbe
l’effettività con riguardo ad ogni altra ipotesi. Tanto più che, come pre-
visto al comma 2 dell’art. 7, «i dipendenti della Banca d’Italia, nell’eser-
cizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e hanno l’obbligo di
riferire esclusivamente al Governatore tutte le irregolarità constatate, anche
quando assumano la veste di reati» e quindi sono sottratti all’obbligo di
                                                              22
denunzia all’Autorità giudiziaria di cui all’art. 331 c.p.p. .
    Identica previsione era contenuta all’art. 4 del T.U.F. con riguardo
                                                    23
alle attività di vigilanza esercitate dalla Consob .

   20
       RUTA A., Il segreto bancario, cit., p. 359.
   21
       Tale disposizione si ricollega a quella contenuta negli artt. 10 e 78 della pre-
vigente Legge Bancaria (D.L. 12 marzo 1936, n. 375, convertito in L. 7 marzo
1938, n. 141).
    22
       L’art. 331 c.p.p. così dispone: «salvo quanto stabilito dall’articolo 347, i pub-
blici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle
loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio,
devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona
alla quale il reato è attribuito».
    23
       I commi 10 e 11 dell’art. 4 del T.U.F., modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 30 di-
cembre 2010, n. 239, così dispongono: «tutte le notizie, le informazioni e i dati in
possesso della CONSOB in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti dal
segreto d’ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione
del Ministro dell’economia e delle finanze. Sono fatti salvi i casi previsti dalla leg-
12            Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

   La previsione del segreto bancario in norme di carattere pubblicisti-
co testimonierebbe che esso non esplichi soltanto una funzione di tutela
del singolo cliente, ma che, unitamente a questa, garantisca l’affidamen-
to della generalità dei consociati nel sistema creditizio, fondamentale in
un’economia di mercato.
                                        24
   Tuttavia, secondo diversi autori , dalla lettura della norma succitata
non è possibile estrapolare l’esistenza di un dovere di segretezza in capo
agli operatori finanziari. Infatti, la norma non è indirizzata alla generali-
tà dei soggetti, ma solo ai funzionari della Banca d’Italia. Inoltre, la di-
sposizione opera esclusivamente per le informazioni conosciute nel cor-
so dell’esercizio dell’attività di vigilanza, e pertanto troverebbe applica-
zione solo nei confronti dei soggetti che siano stati assoggettati alla vigi-
lanza della Banca d’Italia e con riferimento alle informazioni conosciute
                                           25
nel corso dell’attività di vigilanza stessa .
   Aderendo a tale interpretazione, si dovrebbe ritenere che la fonte del
dovere di riserbo che investe gli operatori finanziari sia costituita dalle
norme del codice civile.
   In particolare, si possono richiamare le disposizioni contenute negli
                                 26
artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. . Le citate disposizioni del codice civile,
dettate per la generalità dei contratti, imponendo un generale obbligo
di correttezza nello svolgimento dei rapporti giuridici, anche prima del-
la conclusione del negozio giuridico, recherebbero quale corollario del

ge per le indagini relative a violazioni sanzionate penalmente. I dipendenti della
CONSOB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e hanno
l’obbligo di riferire esclusivamente alla Commissione tutte le irregolarità constata-
te, anche quando integrino ipotesi di reato». Chi scrive ritiene che l’esclusione del
segreto nei confronti del Ministro dell’Economia e delle Finanze non si estenda al-
l’Agenzia delle Entrate nell’esercizio dei poteri istruttori.
    24
       SCHIAVOLIN R., Segreto bancario, cit., p. 357; SERRANÒ M.V., La tutela del
contribuente nelle indagini bancarie, Edas, Messina, 2003, p. 13.
    25
       Di cui agli art. 65 e ss. del T.U.B. È opportuno ricordare che, fino all’entrata
in vigore del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, numerose attività di controllo e
vigilanza non erano esplicate dalla Banca d’Italia ma dall’Ufficio Italiano dei Cam-
bi (U.I.C.). Oggi, le residue funzioni dell’U.I.C. sono state attribuite all’Unità di
Informazione Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia.
    26
       L’art. 1175 c.c. così dispone: «Il debitore e il creditore devono comportarsi
secondo le regole della correttezza». Si legge nell’art. 1337 c.c. che «le parti, nello
svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi
secondo buona fede». Il testo dell’art. 1375 c.c. è il seguente: «Il contratto deve
essere eseguito secondo buona fede».
Segreto bancario e interesse fiscale                        13

generale principio di buona fede e correttezza l’obbligo di garantire la
riservatezza dei dati conosciuti dalla banca nei rapporti con i clienti ef-
fettivi o potenziali.
    Il dovere di riservatezza non verrebbe violato tutte le volte in cui la
divulgazione a terzi dei dati non confligga con il rispetto del criterio di
correttezza, ad esempio quando la Banca comunichi a terzi i dati dei pro-
pri clienti per consentirne la valutazione circa l’affidabilità e la solvibili-
tà e comunque quando necessario al fine di evitare un “incauto affida-
mento” della banca nel cliente.
    Pertanto in capo agli operatori finanziari, secondo tale ricostruzione
ermeneutica, incombe un obbligo di riservatezza strettamente legato al di-
vieto di recare pregiudizio ai soggetti con i quali si è entrati in contatto.
Sennonché, anche siffatta ricostruzione non appare esente da critiche.
                                                                             27
    Invero la banca è legata al segreto in forza di un vincolo contrattuale
e che pertanto la responsabilità derivante dalla violazione di tale vincolo
sia esclusivamente di natura contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c. Ma se
così è, ovviamente, il cliente potrebbe agire esclusivamente nei confronti
                                                                          28
dell’ente creditizio, e non del soggetto cui i dati sono stati comunicati .
    Ma vi è di più. La ricostruzione secondo la quale il segreto bancario sa-
rebbe riconducibile alle previsioni del codice civile circa l’esecuzione del
contratto, è espressamente contrastata in una pronuncia, ancorché risalen-
te, della Corte di Cassazione. Infatti la Suprema Corte, con sentenza 18 lu-
glio 1974, n. 2147, ha ravvisato la fonte del segreto bancario nella consue-
tudine, in quanto derivante da un comportamento costante delle banche,
tenuto nella convinzione di assolvere un preciso obbligo normativo. In tal
                                                                29
caso, il dovere di riserbo costituirebbe un “uso normativo” ai sensi del-

   27
        In tal caso, appare possibile escludere che la responsabilità dell’istituto di cre-
dito possa configurarsi come “responsabilità da contatto sociale”, ossia come respon-
sabilità derivante dall’impegno a garantire una posizione giuridica meritevole di
tutela assunto a prescindere dall’esistenza di un obbligo contrattuale. Sulla nozio-
ne, di origine giurisprudenziale, della responsabilità da contatto sociale, Cass., sez.
III, sent. 22 gennaio 1999, n. 589.
     28
        L’art. 1218 c.c. prevede che «il debitore che non esegue esattamente la pre-
stazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempi-
mento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante
da causa a lui non imputabile».
     29
        Gli usi sono regole non scritte osservate dalla generalità dei consociati in mo-
do costante ed uniforme per un congruo periodo di tempo nel convincimento che
si tratti di norme giuridicamente vincolanti.
14             Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

                  30
l’art. 1374 c.c. , e pertanto consentirebbe, in ogni caso, di considerare
“ingiusto” il danno provocato dalla divulgazione dei dati e pertanto ri-
sarcibile ai sensi art. 2043 c.c.
    D’altra parte, le informazioni relative alla sfera finanziaria di ogni in-
dividuo hanno, per loro stessa natura, carattere prettamente personale ed
è, quindi, del tutto normale che siano trattate come strettamente confi-
denziali.
    Quand’anche la presenza di una norma consuetudinaria non possa ne-
garsi, è evidente che, in ogni caso, la genesi del segreto bancario non può
che ravvisarsi in norme di diritto civile (e quindi destinate a regolare i
rapporti tra privati) e non in disposizioni di carattere pubblicistico.
    Ma se il segreto bancario origina nell’ambito del negozio giuridico,
senza subire interferenze pubblicistiche, le parti del contratto potranno
disporre, di comune accordo, modificazioni alla regolamentazione dello
stesso, fino a prevedere un’esplicita esclusione del citato dovere di riser-
                                              31
vatezza o una forte limitazione dello stesso .
    Infine, non è mancato chi ha ravvisato la fonte del segreto bancario
nelle norme penali che puniscono la divulgazione di segreti d’ufficio, con-
tenute nell’art. 326 c.p. per i pubblici ufficiali e nell’art. 622 c.p. con ri-
                                          32
guardo agli esercenti arti e professioni .

     30
       L’art. 1374 c.c. così dispone: «il contratto obbliga le parti non solo a quanto è
nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo
la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità».
    31
       Ciò appare potenzialmente lesivo della posizione del cliente, in quanto sog-
getto alla maggiore forza contrattuale dell’istituto creditizio, derivante dalla sua forza
economica.
    32
       L’art. 326 c.p. così dispone: «il pubblico ufficiale o la persona incaricata di
un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o
comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano
rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la re-
clusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la
reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pub-
blico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale,
si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è
punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di
procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad
altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni».
    Il contenuto dell’art. 622 c.p. è il seguente: «chiunque, avendo notizia, per ra-
gione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto,
lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito,
Segreto bancario e interesse fiscale                         15

    È tuttavia evidente che l’art. 326 c.p. non può trovare applicazione nel
caso di specie, atteso che i dipendenti degli istituti creditizi e finanziari
                                                    33
non rivestono la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico
         34
servizio , ma esclusivamente quella di lavoratori subordinati in servizio
                                          35
presso esercenti un’attività d’impresa .
    Anche con riguardo alla derivazione del dovere di segretezza dal di-
sposto dell’art. 622 possono nutrirsi dubbi: la norma infatti presuppone
la violazione di un segreto, e quindi dovrebbe preesistere una precisa di-
sposizione che vincoli l’operatore al segreto, affinché si integri la fatti-
                               36
specie di reato ivi prevista .
    Si può tuttavia agevolmente ritenere che la violazione del dovere di
segretezza scaturente dalle norme di diritto civile possa integrare l’ipo-
tesi di cui all’art. 622 c.p., in quanto l’esercizio dell’attività creditizia po-
stula, in capo all’amministratore o al dipendente che divulghi notizie ap-
prese in relazione al proprio ufficio, il requisito di professionalità richie-
sto dalla norma penale incriminatrice.

se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la
multa da trenta euro a cinquecentosedici euro. La pena è aggravata se il fatto è
commesso da amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori o se è com-
messo da chi svolge la revisione contabile della società. Il delitto è punibile a que-
rela della persona offesa».
    33
       Ai sensi dell’art. 357 c.p. «agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficia-
li coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o ammini-
strativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da
norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e
dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svol-
gersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi».
    34
       Il testo dell’art. 358 c.p. è il seguente: «agli effetti della legge penale, sono in-
caricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pub-
blico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle
stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri
tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di
ordine e della prestazione di opera meramente materiale».
    35
       L’art. 1, comma 1, D.P.R. 27 giugno 1985, n. 350 così dispone: «l’attività di
raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e di esercizio del credito ha
carattere d’impresa, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli enti
che la esercitano». È altresì da ricordare che nell’ultimo ventennio si è assistito ad
una progressiva dismissione e privatizzazione delle partecipazioni detenute, a vario
titolo, da enti pubblici nelle istituzioni creditizie.
    36
       Ciò in quanto la norma penale richiamata non punisce esplicitamente la di-
vulgazione delle informazioni ottenute in esecuzione di un rapporto finanziario, a
differenza dell’art. 47 della Legge Federale svizzera sulle banche.
16            Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

    Infine, da ultimo può considerarsi che il segreto bancario è sussumi-
bile negli obblighi di riservatezza derivanti dalla legislazione sulla pro-
tezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
    Ai sensi dell’art. 5 del citato D.Lgs., infatti, il “codice” in esso conte-
nuto «disciplina il trattamento di dati personali, anche detenuti all’estero,
effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo
comunque soggetto alla sovranità dello Stato».
    In particolare, l’intero titolo IX del Decreto accoglie una serie di pre-
scrizioni dirette in modo specifico al “sistema bancario, finanziario ed
assicurativo” e relative soprattutto alla tutela dei dati diffusi al fine di
                                                     37
consentire la verifica sulla solvibilità dei clienti .
    Va ricordato che dalla violazione delle norme previste dal codice ap-
provato con il D.Lgs. n. 196/2003 derivano numerose sanzioni, sia pe-
nali che risarcitorie.
    Le citate norme, anche se non dirette in modo esplicito a garantire il
“segreto bancario”, ampliano le tutele dei clienti nei confronti degli ope-
ratori finanziari.
    In conclusione, deve rilevarsi che la mancanza di un esplicita previ-
sione legislativa in tema di segreto bancario rende di difficile individua-
zione l’ampiezza dei diritti del cliente e dei relativi doveri degli operato-
ri, oltre che caduche le forme di tutela.

3. L’interesse pubblico alla percezione dei tributi e la compressione
   del segreto bancario

   La mancanza di una specifica disposizione che definisca il contenuto
di tale segreto ed i suoi limiti in modo soddisfacente rende difficile in-
dividuare le fonti del segreto bancario nell’ordinamento italiano.
   Tuttavia, alla luce delle considerazioni suesposte, è possibile sostene-

     37
      Ai sensi dell’art. 117, dedicato all’affidabilità e puntualità nei pagamenti, «il
Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deon-
tologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato nell’am-
bito di sistemi informativi di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di
concessione di crediti al consumo o comunque riguardanti l’affidabilità e la puntu-
alità nei pagamenti da parte degli interessati, individuando anche specifiche moda-
lità per garantire la comunicazione di dati personali esatti e aggiornati nel rispetto
dei diritti dell’interessato».
Segreto bancario e interesse fiscale                     17

re che il segreto bancario non sia, nella nostra legislazione, posto a tute-
la di incomprimibili diritti della personalità, ma che possa, al più, trova-
re una garanzia costituzionale, mediata ed affievolita, nelle norme che tu-
telano gli interessi patrimoniali dei consociati.
    Ciò ha portato la Corte Costituzionale a negare che il diritto alla riser-
vatezza dei dati comunicati alle istituzioni creditizie possa comprimere
                                                                    38
gli interessi generali tutelati da altre norme della Costituzione .
    La giurisprudenza costituzionale è oramai consolidata nel ritenere
che il segreto bancario non possa essere opposto alle innegabili esigenze
di accertamento della corretta corresponsione dei tributi.
    A tal fine, appare utile richiamare la già citata sentenza n. 51/1992,
con la quale la Corte stabilisce che «al livello dei principi costituzionali
resta fermo, comunque, che le scelte discrezionali del legislatore, ove si o-
rientino a favore della tutela del segreto bancario, non possono spingersi fino
al punto di fare di questo ultimo un ostacolo all’adempimento di doveri in-
derogabili di solidarietà, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pub-
bliche in ragione della propria capacità contributiva (art. 53 della Costitu-
zione), ovvero fino al punto di farne derivare il benché minimo intralcio al-
l’attuazione di esigenze costituzionali primarie, come quelle connesse all’am-
ministrazione della giustizia e, in particolare, alla persecuzione dei reati».
    Sempre nella stessa sentenza, il Giudice delle leggi ha riconosciuto che
ogni norma di deroga al segreto bancario «dev’esser interpretata in armo-
nia con la Costituzione e, più in particolare, con il principio che il dovere di
riservatezza connesso con il segreto bancario non può coprire illeciti tributa-
ri e non può essere di ostacolo all’accertamento dei medesimi illeciti».
    È evidente pertanto che, alla luce del suesposto orientamento della
Corte Costituzionale, l’interesse pubblico alla percezione dei tributi, in
quanto strettamente connesso con gli inderogabili doveri di solidarietà
sociale di cui agli artt. 2, 3 e 53 Cost., non può trovare ostacolo nel se-
greto bancario.
    In sintesi, l’amministrazione tributaria, qualora sia necessario ai fini
dell’attività di accertamento, che trova la sua ratio costituzionale nel ci-
              39
tato art. 53 , può accedere ai dati relativi alle operazioni o ai patrimoni

   38
       Vedasi, sul punto, DE MITA E., Fisco e Costituzione, II, Giuffrè, Milano, 1993,
p. 1533.
    39
       Per una esaustiva disanima del principio di capacità contributiva, di cui al-
l’art. 53 Cost., AA.VV., La capacità contributiva, a cura di MOSCHETTI F., Cedam,
Padova, 1993.
18            Le indagini fiscali sulle operazioni finanziarie e assicurative

di singoli clienti, tenuti riservati dalle banche, purché si tratti di ipotesi e
di modalità prestabilite dalla legge. In via di principio nessun documento
o nessun dato, relativo agli utenti dei servizi bancari e detenuto confiden-
zialmente dagli intermediari, può essere sottratto ai poteri di accerta-
mento degli uffici tributari, se tali poteri, in ossequio al principio di le-
       40
galità , sono esercitati in modo non arbitrario ed indiscriminato.
    Al legislatore viene dunque demandato il compito di scegliere, a se-
conda dei casi e dell’evoluzione della società italiana, il grado di con-
temperamento dei due interessi in gioco, posto che dalla pronuncia del-
la Corte emerge che la compressione del segreto bancario in tanto è co-
stituzionalmente legittima in quanto necessaria per garantire il corretto
adempimento dell’obbligo costituzionale di cui all’art. 53.
    Si può pertanto concordare con coloro che ritengono che i poteri i-
struttori dell’Amministrazione Finanziaria, ed ancor più la compressio-
ne dei diritti, anche patrimoniali, dei contribuenti, in tanto sono legit-
timi in quanto siano preordinati al rispetto del principio di capacità con-
           41
tributiva .
    È tuttavia evidente come sia molto difficile trovare un punto di equi-
librio tra due interessi naturalmente confliggenti, e come si vedrà nel pro-
sieguo della presente trattazione, il legislatore e la giurisprudenza sono
giunti, talvolta, a soluzioni che non appaiono rispettosi del citato orien-
tamento della Corte Costituzionale.

4. L’evoluzione normativa in tema di deroghe al segreto bancario

   La rilevanza preminente dell’interesse pubblico alla percezione dei tri-
buti, nei limiti precedentemente evidenziati, ha condotto, nel corso degli
anni, ad una progressiva ma inarrestabile compressione del segreto ban-
cario.
   Si è infatti assistito, a seguito dell’esponenziale aumento del numero
dei contribuenti, ad un consequenziale allargarsi dei poteri d’indagine

     40
       L’art. 23 Cost. prevede che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base alla legge». Chi scrive ritiene che tale norma, in com-
binato disposto con il successivo art. 97, debba trovare applicazione non solo per
gli obblighi sostanziali, ma anche per quanto attiene alle modalità procedurali atti-
nenti alla fase dell’accertamento e della riscossione.
    41
       MOSCHETTI F., Profili generali, in AA.VV., La capacità contributiva, cit., p. 11.
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