RINOLOGIA ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL NASO - Medicina Zigoti
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RINOLOGIA ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL NASO ANATOMIA Il naso e i seni paranasali rappresentano il primo tratto delle vie aeree superiori e comprendono piramide nasale, cavità nasali, seni paranasali. Piramide nasale. Costituisce la parte più esterna del naso ed è formata da due componenti: o Porzione ossea: rappresentata dalle ossa proprie del naso e della branca montante del mascellare. o Porzione cartilaginea: rappresentata da cartilagini triangolari, le cartilagini alari e quelle accessorie. Cavità nasali. La cavità nasale è divisa dal setto nasale nelle due FOSSE NASALI; esse comunicano posteriormente con il rinofaringe attraverso le coane. Varie ossa contribuiscono alla formazione delle cavità nasale: osso mascellare, etmoide, sfenoide, vomere, cartilagine quadrangolare. In ciascuna fossa nasale riconosciamo: • PARETE MEDIALE: è costituita dal setto nasale: è una componente osteocartilaginea ricoperta da una cover mucosa di tipo respiratorio. • VOLTA della cavità nasale: ha la forma di una doccia, che è limitata mediamente dal setto nasale, lateralmente dal prolungamento superiore della parete turbinale, ossia la cosiddetta lamina dei cornetti. In senso antero-posteriore possiamo suddividerla in tre tratti: 1. Tratto frontonasale (inclinato in basso e in avanti) 2. Tratto etmoidale (che è praticamente orizzontale) 3. Tratto sfenoidale che declina verso il basso e all’indietro. • PAVIMENTO della fossa nasale: è trasversalmente concavo e tende ad essere pianeggiante dall’avanti all’indietro. Esso è formato anteriormente per ¾ dal processo palatino dell’osso mascellare, mentre nel ¼ posteriore dalla lamina orizzontale dell’osso palatino. • PARETE LATERALE è quella più importante per applicazioni fisiologiche, ed è irregolarmente rappresentata da tre salienze, i turbinati: o Turbinato inferiore: è un osso indipendente (in cornetto inferiore) o Turbinato medio: è una digitazione ossea dell'osso etmoidale. o Turbinato superiore: è una digitazione ossea dell'osso etmoidale. Osservando la parete laterale dopo l’asportazione dei turbinati, si identificano: - un corridoio inferiore sotteso al turbinato inferiore, detto meato inferiore, all'interno del quale sbocca il dotto naso-lacrimale. - Sotto il turbinato medio, il corridoio prende il nome di meato medio, dove sboccano il dotto naso-frontale, l'orifizio del seno mascellare e le cellule etmoidali anteriori. - Sotto il turbinato superiore identifichiamo il meato superiore che dà sbocco alle celle etmoidali posteriori e al seno sfenoidale, attraverso il recesso sfeno-etmoidale. 1
Vascolarizzazione del naso. L’ anatomia vascolare della cavità nasale è piuttosto complessa, riccamente vascolarizzata sia dal punto di vista venoso e arterioso con numerose zone di anastomosi. La vascolarizzazione arteriosa del naso è basata su entrambi i sistemi principali carotidei, tanto la carotide esterna quanto quella interna: ➢ La CAROTIDE ESTERNA attraverso il ramo terminale della arteria mascellare emette la arteria sfenopalatina→ vascolarizzazione arteriosa del setto nasale e delle cavità nasali posteriori. ➢ La CAROTIDE INTERNA dà origine all’arteria oftalmica, la quale emette due rami, le arterie etmoidali posteriore e anteriore→ vascolarizzazione arteriosa della volta delle cavità nasali e della porzione anteriore del setto nasale stesso. Seni paranasali. Sono delle cavità pneumiche accessorie annesse alle cavità nasali, il cui significato embriologico è probabilmente quello di fungere da cuscinetto per scaricare in qualche modo il peso del neurocranio sullo splancnocranio. I seni paranasali sono: - SENO FRONTALE - SENI MASCELLARI - SENO SFENOIDALE - CELLE ETMOIDALI → Tutti questi segni comunicano con le cavità nasali attraverso degli osti naturali→ grande rilevanza dal punto di vista fisiologico e di conseguenza anche patologico viene data all’area nel meato medio nota come complesso ostio-meatale: è la zona di principale drenaggio del seno mascellare, delle cellule etmoidali del comparto anteriore e del seno frontale. ENDOSCOPIA CON FIBRE OTTICHE Mentre in passato l'esame obiettivo delle cavità nasali avveniva mediante l'utilizzo di una luce frontale e di uno speculum nasale per dilatare con le sue valve la narice, attualmente è obbligatorio l'utilizzo di un ENDOSCOPIO, cioè di una fibra ottica che ci permette di visualizzare anche zone molto più nascoste e soprattutto la possibilità, collegando l'endoscopio a una telecamera, di magnificare l'immagine su schermi anche ad alta definizione. Questo ci permette di andare a visualizzare anche zone posteriori altrimenti non visibili. → L’endoscopia intesa come strumento di tipo diagnostico segue gli step particolari: 1. Scivolamento dell'endoscopio sul pavimento della cavità nasale, per visualizzare dall'avanti all'indietro il vestibolo nasale, il meato inferiore, turbinato inferiore, quindi posteriormente la coana con la cavità rinofaringea dove sboccano le due cavità nasali, e la porzione più laterale del cavo rinofaringeo, l’orifizio della Tuba di Eustachio e la fossetta di Rosenmuller. 2. Nel secondo step dell'endoscopia risalendo con l'endoscopio dalla coana, si visualizza il recesso sfeno-etmoidale, l’ostio naturale del seno sfenoidale è ancora più in su verso la volta della cavità nasale, la cosiddetta doccia olfattoria: è quel punto dell’osso etmoidale, chiamato lamina cribra, che dà il passaggio ai filuzzi olfattori che sono i recettori più periferici del nervo olfattorio stesso. 3. Il terzo step prevede il ritorno verso l'anteriore dell’endoscopio e il posizionamento dello stesso a livello del meato medio, per visualizzare il processo uncinato (rilievo osseo dietro il quale si nasconde l'ostio naturale del seno mascellare), lo iatus semilunare (regione tra il processo uncinato e la bulla etmoidale), e la bulla etmoidale (la prima cella del comparto etmoidale anteriore). Poi risalendo con l'endoscopio tra processo uncinato e Bulla etmoidale, si arriva al recesso frontale: parte anatomica che funge quasi da scivolo naturale di sbocco delle secrezioni mucose del seno frontale. Poi ancora più in su la fessura olfattoria. FUNZIONE RESPIRATORIA Qualunque siano le caratteristiche dell’aria inalata, essa raggiunge l'adeguata temperatura corporea, il tasso di umidità e la purezza necessaria affinché questa aria possa imboccare le vie aeree inferiori e giungere all'albero tracheobronchiale. La funzione principale dei turbinati è proprio quella, attraverso i meati, di incanalare l’aria inalata in un flusso laminare che permette a ciascuna particella di ossigeno di essere umidificata e purificata e giungere così modificata al cavo rinofaringeo. Se non ci fossero i turbinati il moto da laminare diventerebbe turbolento, non ci sarebbe il giusto tempo di esposizione delle particelle a contatto con la mucosa, quindi non verrebbe adeguatamente umidificata e purificata e ci sarebbe una dispersione di flusso aereo che risulterebbe decisamente ridotto verso il cavo rinofaringeo. ❖ MODULAZIONE DELLE RESISTENZE al passaggio del flusso aereo. La resistenza al flusso è data da due componenti all'interno della cavità nasale: o Una componente costante, data dalle strutture ossee e cartilaginee che ovviamente non sono modificabili a seconda delle condizioni ambientali. o Una componente variabile: data da: 2
▪ Valvola narinale o vestibolare: la narice può essere ampliata o ridotta mediante l'utilizzo dei muscoli alari. ▪ Valvola turbinale, cioè il volume dei turbinati: avendo una doppia innervazione simpatica e parasimpatica tende a cambiare dimensioni in base agli stimoli dall’esterno, siano essi termici, olfattori o gustativi. ❖ UMIDIFICAZIONE E RISCALDAMENTO: i turbinati nasali hanno uno scheletro osseo rivestito di un tessuto spugnoso che contiene sangue→sono tutti gli effetti dei corpi cavernosi. La mucosa che li ricopre è ricca di ghiandole mucipare e di ciglia che servono per il movimento di questo muco. Quando l’aria entra batte sui turbinati viene filtrata, riscaldata e umidificata, in modo che anche se a bassa temperatura o molto secca o molto umida, giunga nelle condizioni ideali alle vie aeree inferiori. ❖ PURIFICAZIONE E DIFESA: sono il primo meccanismo di barriera contro agenti patogeni (come batteri, virus e miceti), o anche agenti esterni infiammanti (come le polveri e le sostanze nocive). Le vibrisse (i peli del vestibolo nasale), le ghiandole mucipare e le ciglia, costituiscono un sistema di difesa efficace. L’epitelio pseudostratificato e la presenza delle ciglia sulla sommità permettono di costituire un sistema che si chiama CLEARANCE MUCOCILIARE: le particelle esterne superflue vengano incarcerate e successivamente inglobate nel muco e mandate verso le vie digestive. Le cellule ciliate sono più numerose di quelle mucipare con un rapporto di 5 a 1. Grazie ai battiti delle ciglia, l'avanzamento dello strato mucoso permette la purificazione dell’aria. Una particella che viene inserita all'inizio della cavità nasale ci mette all'incirca 8 ± 3 minuti nei bimbi e 13 ±3 minuti negli adulti per giungere a livello del cavo orale. La clearance mucociliare non è un meccanismo esclusivamente ad appannaggio della cavità nasale, ma è presente anche all'interno dei seni paranasali: anche il seno mascellare ha un battito di ciglia che permette la risalita del muco e la sua fuoriuscita attraverso il complesso osteomeatale (che è in posizione antideclive). → L’integrità funzionale dei seni paranasali è legata a un continuo scambio aereo tra le cavità nasali e i seni stessi, e un'adeguata clearance mucociliare affinché il muco prodotto all'interno degli stessi venga eliminato→ l'aria deve entrare nei seni e il muco deve uscire. ALTERAZIONE DELLA FUNZIONE RESPIRATORIA 1. Ostruzione degli osti di comunicazione. Cause: • Può essere legata a fattori meccanici già presenti, quali la DEVIAZIONE DEL SETTO NASALE. Se la deviazione è consistente e insiste sul complesso osteomeatale da un lato, è possibile che non vi sia un corretto scambio di ossigeno e di muco da quel seno paranasale. • Esistono anche delle varianti anatomiche che possono ridurre la normale fisiologia e il rapporto reciproco tra cavità nasale e seno paranasale, per esempio la pneumatizzazione/ipertrofia del turbinato medio o CONCHA BULLOSA: alla TC il turbinato medio appare rappresentato da una sottile lamina ossea e da una importante pneumatizzazione, che fa sì che lo spazio di comunicazione tra un seno mascellare e la cavità nasale sia francamente ridotto. Ovviamente l’aumento del volume del turbinato può a sua volta comportare una riduzione della pervietà degli osti di comunicazione tra la cavità nasale e il seno paranasale. Inoltre, l’ipertrofia dei turbinati può diventare cronica. Non ha senso togliere integralmente un turbinato, perché il flusso inspiratorio diventerebbe turbolento, meno efficace verso le cavità inferiori, e soprattutto che l’aria non sarebbe preparata adeguatamente→ SINDROME DA EMPTY NOSE: - Difficoltà a sentire gli odori - Mancata sensazione del passaggio d’aria (nonostante l’aria entri) - Frequenti flogosi delle vie respiratorie per l’assenza del naturale filtro • Escluse le cause meccaniche, la più comune situazione di ostruzione degli osti in comunicazione è legato all‘EDEMA DELLA MUCOSA che sempre accompagna situazioni flogistiche (ad esempio una rinite comune). In presenza di un fenomeno infiammatorio, la congestione nasale si manifesta come edema, cioè gonfiore della mucosa stessa, che può giungere fino alla chiusura dell’ostio di comunicazione con i seni paranasali→ vedi RINITI più avanti. 2. Difetti del trasporto muco-ciliare. Meno comune ma comunque presenti, sono le alterazioni del trasporto mucociliare. Sono molto rari in patologie congenite come la sindrome delle ciglia immobili, la sindrome di Kartaneger, o la fibrosi cistica. Più spesso il trasporto mucociliare viene rallentato o addirittura interrotto in seguito a fenomeni flogistici: un’infezione virale o batterica spesso comporta un danno all’epitelio ciliato di rivestimento attraverso due meccanismi: - Azione citotossica diretta dal virus - Ipossigenazione che si viene creare all’interno della cavità 3
→ ne consegue un accumulo di secrezioni mucose che favorisce ovviamente la sovrapposizione batterica, cioè l’impianto e la riproduzione di una flora batterica piogena. 3. Alterazioni qualitative e quantitative del muco. Il caso più comune è una ipersecrezione delle ghiandole mucose in presenza di un epitelio che è andato in contro a METAPLASIA MUCIPARA→ questo può aumentare la viscosità riducendo i valori del pH nella cavità nasale. Inoltre, la presenza di abbondante muco può ostruire gli osti di collegamento coi seni paranasali, e paralizzare le ciglia cagionando un difetto di trasporto mucociliare. RINITI L’ostruzione degli osti di comunicazioni è più frequentemente dovuta a situazioni di tipo flogistico→ con il termine di RINITE si intende un processo infiammatorio a carico delle cavità nasali, che si distingue dal punto di vista di nomenclatura in sottotipi particolari: - Rinite acuta (rinite da raffreddore comune) - rinite allergica - rinite vasomotoria Rinite acuta. È una infezione molto comune che è dovuta in più del 50% dei casi dal Rinovirus. Sintomi: È caratterizzata da una ostruzione nasale, uno scolo di muco sieroso e una ipertrofia dei turbinati. Normalmente è un processo autolimitante entro circa tre giorni, a meno che non ci sia un peggioramento dei sintomi per una sovrapposizione di batteri, ma cambiano le caratteristiche del processo. Rinite allergica. È dovuta alla presenza della cosiddetta diatesi allergica: si verifica l’interazione dell’antigene specifico con degli anticorpi prodotti, che comportano la liberazioni di mediatori infiammatori (istamina e serotonina) che hanno una azione vasodilatatoria e permeabilizzante sui capillari. Sintomi: - Ostruzione nasale - Rinorrea (cioè produzione di secrezione muco prevalentemente acquosa) - Prurito nasale - Starnutazione - Rinolalia (cioè parlare con naso chiuso) - Lacrimazione - Cefalea frontale Gli allergeni più comuni possono essere di due tipi: • Perenni, come i pollini. I sintomi spesso sono invece più blandi ma presenti costantemente durante la giornata. • Stagionali, come i dermatofagoidi (acaro della polvere), piuttosto che spore fungine (animali domestici) o sostanze chimiche. I sintomi sono correlati all’esposizione all’allergene, quindi non sono costantemente presenti nell’arco della giornata ma prevalentemente nei momenti di esposizione. Rinite vasomotoria. si intende una forma di disregolazione del sistema neurovegetativo che presiede normalmente al controllo delle strutture dei turbinati, quindi delle dilatazioni dei capillari all’interno del turbinato. Per semplificare, è come se si trattasse di una rinite allergica dove i sintomi e la vasodilatazione non sono legati a una vasodilatazione allergenica ma a stimoli aspecifici e banali: es. passaggio da un luogo caldo ad uno freddo, da un luogo più umido ad uno più secco, dalla posizione supina a quella ortostatica. La risposta del naso sia dal punto di vista obiettivo-endoscopico ma anche come sintomatologia, ha molti punti in comune con la rinite allergica. È possibile differenziarli dai pazienti allergici tramite: - PRICK TEST: test allergologici cutanei- - RAST: esami ematologici specifici per la ricerca di immunoglobuline contro allergeni stabili, e questo è il. → In presenza di esami allergologici cutanei o ematici negativi, e sintomatologia congrua con quelli della rinite, verosimilmente si tratterà di una rinite non allergica o cosiddetta vasomotoria. 4
CICLO SINUSALE Affinché il distretto naso-sinusale funzioni adeguatamente, deve rimanere invariato il CICLO SINUSALE NORMALE: è un circolo virtuoso che prevede che in situazione fisiologica l’aria circoli dalle cavità nasali ai seni paranasali, e il muco venga eliminato in maniera adeguata→ le secrezioni non ristagnano, il pH rimane alcalino, il metabolismo è conservato, le ciglia svolgono correttamente il loro lavoro, e l’ambiente saprofita (nel pH corretto) funge da barriera alla sedimentazione di batteri piogeni o patogeni in generale. Quando vi siano alterazioni quantitative o qualitative del muco e difetto del trasporto, si avrà che: - Le secrezioni ristagnano e se si fanno più dense - Il pH diventa più acido - Si altera il metabolismo della mucosa→ danneggiamento delle ciglia dell’epitelio per cui il trasporto mucociliare viene maggiormente inficiato. - Si crea il pabulum ideale per la sovrapposizione di infezioni batteriche. - Il muco ristagnante e infetto va a ostruire ulteriormente il complesso osteomeatale. → Si giunge alla vera patogenesi delle patologie rinosinusali: la chiusura dell’ostio con l’impossibilità del muco di fuoriuscire e dell’aria di entrare all’interno dei seni paranasali→ vedi RINOSINUSITI. RINOSINUSITI Col termine di sinusite si indicava pertanto un’infezione della mucosa dei seni paranasali, ma ora è stato correttamente sostituito dal termine di rinosinusite, perché è fuori luogo pensare che un processo infiammatorio dei seni paranasali non abbia coinvolto in prima battuta la cavità nasale e che i germi eventuali non siano passati attraverso la cavità nasale. È una infiammazione della mucosa nasale e dei seni paranasale. Fattori anatomici predisponenti. • Gli osti di collegamento sono di calibro molto piccolo, raramente raggiungono i 3 mm, per cui sono facilmente ostruibili nelle condizioni patologiche che abbiamo citato in precedenza. • Il meato medio è situato nella porzione superiore del seno mascellare, per cui il drenaggio delle secrezione è senza dubbio più difficoltoso perché avviene in senso antigravitazionale. I seni paranasali non sono tutti presenti alla nascita: i seni che compaiono più precocemente sono i seni etmoidali e i seni mascellari, mentre il seno frontale e i seni sfenoidali tendono a svilupparsi e arearsi in una età superiore ai 3-7 anni. Patogenesi. Dobbiamo prendere in considerazione tutti i fattori ciati precedentemente: ▪ Fenomeni meccanici (che possono essere alterazioni cartilaginee e ossee) ▪ Fattori infiammatori, prevalentemente infezioni che in prima battuta sono quasi sempre di natura virale, talora flogosi di tipo allergico. Mentre l’infezione batterica è sempre da considerarsi come complicazione di una prima infezione virale. ▪ Deficit del trasporto mucociliare, che più frequentemente è legata a flogosi specifiche del distretto, si va in contro dell’infezione rinosinusale, cioè l’ostruzione degli osti di collegamento. Eziologia. L’80% delle rinosinusiti acute del bambino e dell’adulto sono precedute da una infezione virale da Rinovirus. Nel 20% dei casi per una base allergica. La rinosinusite acuta batterica, legata alla sovrapposizione di batteri successiva a una flogosi allergica o virale, è sostenuta principalmente dall’INFERNAL TRIO: comprende Streptococco Pneumonie (pneumococco), Haemofilus Influenzae e Moraxella Catharralis. Oltre a questi tre agenti eziologici, è possibile in una discreta percentuale di casi, trovare anche degli Stafilococchi all’interno della secrezione purulenta. Classificazione. Si classificano dal punto di vista temporale, in base alla durata dei sintomi: 5
• ACUTA per più di 10 giorni ma meno di 4 settimane. • SUBACUTA quando i sintomi si presentano alternativamente in un range tra le 4 e le 12 settimane ma che comunque si risolve completamente entro questo periodo • CRONICA nel caso in cui i sintomi durino per più di 3 mesi; generalmente le forme croniche tendono a interessare 1 o 2 seni paranasali e sono legate ad una incompleta guarigione del processo acuto) • RICORRENTE: si intende 4 o più episodi acuti che siano avvenuti nell’arco di 12 mesi Clinica. ✓ Presenza di una rinorrea sierosa ma soprattutto muco-purulenta per almeno 10 giorni ✓ Scolo di muco nasale retrofaringeo che generalmente comporta una tosse prevalentemente notturna ✓ Ostruzione nasale, che può esserci o meno a seconda della congestione della mucosa ✓ Cefalea ✓ DOLORE FACCIALE alla digitopressione o spontaneamente, generalmente localizzato in corrispondenza del seno all’interno del quale vi è la raccolta mucopurulente e questo spesso è di aiuto nell’identificare i seni paranasali coinvolti: o Rinosinusite mascellare proietta il dolore agli zigomi, all’arcata dentaria superiore, eventuale all’emergenza del nervo sottorbitario o Rinosinusite frontale, tipicamente alle arcate sopraccigliari o Rinosinusite sfenoidale un dolore più sordo occipitale/posteriore o proiettato al vertice. o Rinosinusite etmoidale può irradiarsi alle regioni temporali o comunque dare un dolore verso il canto interno dell’occhio. ✓ Sintomi ancillari possono essere alitosi, febbricola o febbre Indagini strumentali. Si può supportare la mia supposizione clinica con l’esecuzione di una TC senza a mdc o eventualmente di una RMN. Ma ricordarsi che per la diagnosi dell’acuta e la sospetta della clinica di tipo cronico è imprescindibile l’endoscopia nasale anteriore con fibre ottiche: si vede la mucosa congesta, si vedono gli osti congestionati o chiusi, si vedono i turbinati ipertrofici, la presenza di muco, eventualmente i polipi di tipo infiammatorio. Terapia. In caso di rinosinusite acuta o subacuta la terapia è medica: ➢ ANTIBIOTICI di prima scelta: penicilline coperte (come l’amoxicillina + acido clavulanico) o cefalosporine almeno di seconda se non terza generazione. L’alternativa è un macrolide soprattutto nelle forme allergiche alla penicillina. ➢ LAVAGGI NASALI E SUFFUMIGI con soluzioni ipertoniche saline per decongestionare la mucosa e liberarla del muco. ➢ FARMACI DECONGESTIONANTI NASALI: si possono utilizzare nei primi giorni di terapia, sono vasocostrittori che riducendo il volume della mucosa possono in qualche modo favorire anche il deflusso del muco. Si possono utilizzare antinfiammatori solo per brevi periodi, mentre i mucolitici sono controindicati, perché aumentano la quantità di secrezione. Nelle forme croniche, prima si tenta con una terapia medica: ➢ Antibiotici per 30 giorni ➢ Lavaggi nasali ➢ Corticosteroidi per via aerosolica o per inalazione diretta → se niente di tutto questo dovesse funzionare, si può ricorrere alla chirurgia di tipo endoscopico: serve a riaprire le vie di drenaggio delle cavità paranasali. Si va ad ampliare l’ostio di comunicazione naturale tra i seni paranasali e la cavità nasale, si aspirano le secrezioni abbondanti e si lasciano i seni paranasali più pervi. Oltre alle forme croniche diventa indicata la terapia chirurgica qualora ci siano delle complicanze, come ascessi retrorbitari o sinusiti resistenti, empiemi dei seni paranasali o anche sovrapposizioni micotiche all’interno dei seni paranasali. POLIPOSI NASALE La rinosinusite cronica può anche essere una forma con polipi nasali: sono delle estroflessioni di colorito giallo verdognolo, generalmente da considerarsi come una manifestazione di estrema infiammazione della mucosa che tende a ballonizzare, cioè gonfiare e dare queste escrescenze. Causano ostruzione meccanica della fossa nasale, spesso anche della volta. Sintomi. Oltre ai sintomi da rinosinusite cronica, si aggiungono: ✓ Ipo o anosmia, cioè una diminuzione della capacità olfattoria. ✓ Accentuazione della rinolalia chiusa anteriore, cioè naso chiuso 6
✓ Secrezione di muco con scarsissima soddisfazione nel soffiare il naso poiché meccanicamente il polipo tende ad ostruire. I polipi nasali tendono a svilupparsi più frequentemente in pazienti allergici o con ipereosinofilia. Terapia. Per quanto possano rispondere adeguatamente a terapia corticosteroidea anche a lungo termine riducendo il loro volume, tendenzialmente vanno in contro ad una indicazione di asportazione chirurgica. Patologie associate. Nella poliposi nasale spesso ci sono associate problematiche quali: - Allergia o l’intolleranza all’acido acetilsalicilico. - Meno frequenti: fibrosi cistica, sindrome di Young o discinesie ciliari come la sindrome di Kartaneger. Endoscopia. Si vedono queste neoformazioni opalescenti, traslucide, giallo verdognole, che occupano parzialmente o in toto la cavità nasale, ma che soprattutto tendono ad emergere dall’etmoide e cadendo per gravità vanno a tappare la comunicazione con i seni paranasali. SINUSITE MASCELLARE ODONTOGENA È una forma di rinosinusite che merita di essere nominata. Anatomicamente le radici del 5 e 6 elemento dentario dell’arcata superiore tendono ad aggettare nel seno mascellare. Per cui in presenza di importanti cure canali, o di avulsione dei denti, o di implantologia con eventuale migrazione di materiale amorfo o addirittura di strumentazione verso la mucosa del seno mascellare, posso avere una infezione legata al passaggio di germi normalmente presenti nel cavo orale, verso il seno paranasale, dove tali germi normalmente non sono presenti. In caso di rinosinusite odontogena i seni più interessati sono i seni mascellari spesso monolateralmente, cioè dal lato dove le cure dentarie sono state eseguite in precedenza. Hanno indicazione diretta alla chirurgia endoscopica associata o meno alla bonifica dell’elemento dentario che ha provocato la patologia. COMPLICANZE DELLE RINOSINUSITI Le rinosinusite, come tutti i processi infettivi su base batterica, possono qualora trattati non adeguatamente o misconosciuti, dare adito a formazione di complicanze. Per quanto concerne i seni paranasali il richiamo all’anatomia è fondamentale per capire quelle che possono essere le vie di fuga di un empiema sinusale (raccolta mucopurulenta)→ ricordiamo che le celle etmoidali confinano con molte strutture nobili: in senso medio-laterale con l’orbita e il suo contenuto, in senso caudo-craniale con la base del cranio. La classificazione delle complicanze è basata sulla invasione delle strutture vicine. ➢ Complicanze orbitarie, nell’85% dei casi, che possono essere: o Cellulite orbitaria o Ascesso del contenuto orbitario o Neurite ottica retrobulbare. ➢ Complicanze ossee: osteomielite dei tavolati ossei confinanti, per esempio frontale ➢ Complicanze endocraniche, nel passaggio della secrezione purulenta verso la base del cranio: o Meningiti (per invasione delle meningi) o Ascessi cerebrali (per diffusione al parenchima cerebrale) o Embolizzazione vascolare in particolare dei seni venosi cerebrali, come ad esempio la tromboflebite del seno cavernoso. Complicanze intracraniche. L’ascesso epi/subdurale, la meningite o l’ascesso cerebrale siano per lo più processi infettivi legati allo spostamento di un fronte di avanzamento purulento dal seno frontale, e più raramente dall’etmoide. Mentre invece la tromboflebite del seno cavernoso, è una grave complicanza generatasi dall’infezione non controllata a carico del seno sfenoidale. 7
Complicanze orbitarie. Sono molto più comuni e sono in assoluto la complicanza rinosinusitica più comune nel bimbo, dove le celle etmoidali sono molto poco rappresentate, le laminette ossee che ne costituiscono le pareti sono assai sottili, e la lamina papiracea (che separa l’etmoide dal contenuto orbitario) è facilmente superabile da un processo infettivo. Si manifesta spesso come un edema palpebrale, con una rinorrea purulenta, e un dolore più o meno intenso a livello del globo oculare. Trattamento delle complicanze. Prevede sempre prima una terapia antibiotica ad ampio spettro, ed eventualmente corticosteroidea, per almeno 48h. Se non vi è risposta o se c’è già una complicanza endocranica, è indispensabile l’intervento endoscopico per decomprimere la componente nasale e favorire il deflusso delle secrezioni purulente, eventualmente associato ad un intervento neurochirurgico qualora vi sia un interessamento del parenchima cerebrale. FUNZIONE OLFATTORIA L‘epitelio olfattorio contiene circa 30.000 neuroni per mm2, ed è una piccola zona di tessuto ultraspecializzato di colorito giallo marrone, presente sulla volta della cavità nasale e sulla porzione più craniale delle due pareti, mediale e laterale. I recettori, i filuzzi olfattori, sono esterni al cranio ei loro assoni convergono poi nel bulbo olfattorio, da qua nel tratto olfattorio verso il nervo olfattorio. Dal nervo olfattorio vi sono dei centri di Relay del trigono olfattivo, quindi la stria olfattiva mediale e laterale e il collegamento si conclude nella CORTECCIA PIRIFORME→ contrae rapporti con numerose strutture encefaliche, quali il talamo, ipotalamo, mesencefalo, bulbo, ponte, midollo spinale, il che giustifica la connessione tra la nostra capacità olfattoria e altre funzioni quali la memoria o le stimolazioni neurovegetative legate all’olfatto. Le SOSTANZE ODOROSE possono essere divise in: • sostanze odorose pure, • Sostanze olfatto-trigeminali • Sostanze olfatto-gustative • Sostanze olfatto-gustativo-trigeminale. L’OLFATTOMETRIA è il test più comunemente usato per studiare i disturbi dell’olfatto, che vengono chiamati generalmente iposmie o anosmie (quando è assente completamente la funzione olfattoria). In particolare, i più comunemente utilizzati sono i cosiddetti sniffin’ sticks. IPOSMIA e ANOSMIA • La causa più comune di ipo-anosmia è legata a processi flogistici cronici, quali la rinosinusite cronica con polipi→ il polipo nasale funge da ostacolo meccanico alla corrente aerea che porta le particelle odorose verso l’epitelio specializzato. • Un’altra causa molto comune di ipo-anosmia sono le forme traumatiche: il trauma cranico frontale o occipitale, nell’8% dei casi può cagionare un deficit olfattorio→ di questi, nel 70% dei casi è un deficit completo e porta ad una anosmia totale, mentre il 14% dei casi invece recupera entro un anno la propria funzione olfattoria. Il danno è dovuto principalmente a una concussione del cranio: durante una caduta occipitale (più che frontale) si verifica un rebound della testa dall’indietro all’avanti con un movimento rapido del contenuto cranico, che fa scorre il bulbo olfattorio con il rischio di decapitare i filuzzi olfattivi rispetto al bulbo stesso. 8
• Altre forme che possono causare un deficit della funzione olfattoria (iposmia/anosmia) sono le così dette nevriti tossiche o carenziali→ la forma più comune è la nevrite olfattoria post raffreddore semplice. Capita di incontrare numerosi pazienti che in seguito al classico raffreddore o influenza, invece di avere un normale recupero della funzione olfattoria alcuni giorni dopo il termine della situazione flogistica, lamentino disturbi persistenti anche in assenza di rinorrea e muco. Questo è legato al particolare tropismo del rinovirus e dei virus respiratori delle vie aeree superiori nei confronti delle cellule olfattorie, cagionando una nevrite che se perdura per numerosi giorni può essere irreversibile. • Raramente esistono anche forme tumorali in grado di generare un problema olfattorio, il più comune (sebbene assai raro) è l’estesioneuroblastoma, un tumore di natura neuroectodermica che origina propriamente dalla mucosa olfattoria. FUNZIONE DI RISONANZA La voce viene prodotta a livello della laringe, ma il naso, le cavità nasali e le cavità pneumiche paranasali rappresentano un’importante componente del così detto VOCAL TRACT→zona delle vie aereodigestive superiore che funge da cassa di risonanza al suono che viene emesso dalle corde vocali. Questo è il motivo per cui l’ostruzione del naso tende a generare delle alterazioni nella percezione della voce prodotta dal paziente, infatti parliamo di RINOLALIA: è la modificazione del timbro per aumento o diminuzione della risonanza nasale (quando si parla con il naso chiuso), che può essere: ➢ APERTA: quando via sia una comunicazione tra cavità nasali e rinofaringe (per insufficienza velare post- adenoidectomia). ➢ CHIUSA: quando vi sia una ostruzione che può essere: o ANTERIORE: per ingombro delle cavità nasali (come un raffreddore) o POSTERIORE: quando la flogosi riguarda la porzione più posteriore delle cavità nasali, oppure come avviene nei pazienti in età pediatrica, una importante ipertrofia delle adenoidi a livello del cavo rinofaringeo. EPISTASSI DEFINIZIONE L’epistassi o rinorragia, è un'emorragia di tipo arterioso o venoso proveniente dalle fosse nasali. Può essere: - Sintomatica: è un sintomo di una patologia nasale o sistemica - Essenziale, cioè senza causa apparente (raramente). Vascolarizzazione anteriore del naso. Alla vascolarizzazione arteriosa del setto nasale concorrono differenti rami derivanti da entrambi i circoli principali del capo, cioè la carotide esterna e quella interna: • Il circolo della carotide esterna, tramite il suo ramo terminale che è l’arteria mascellare, dia dei rami che si occupano della vascolarizzazione arteriosa della porzione posteriore della cavità nasale, in particolare l’arteria sfenopalatina e l’arteria palatina discendente. • Il circolo della carotide interna emette attraverso l’arteria oftalmica, le due arterie etmoidali anteriore e posteriore, che si occupano della vascolarizzazione arteriosa principalmente della volta della cavità nasale e del terzo anteriore delle cavità stessa. Inoltre, sul setto nasale si forma una ricca rete nasale anastomotica, specialmente in una zona posta nella porzione antero- inferiore del setto nasale, nota come Locus Valsalvae: vi è una fittissima rete di vasi capillari, noti come plesso di Kiesselbach o area di Little, che sono responsabili, in caso di ressi (rottura meccanica), della maggior parte delle EPISTASSI ANTERIORI. 9
Vascolarizzazione posteriore del naso. Identifichiamo due zone particolarmente vascolarizzate: • Nella parte posteriore del vomere abbiamo rami dell'arteria sfenopalatina che si anastomizzano con rami della palatina maggiore. • Lateralmente, nel terzo posteriore del meato inferiore, abbiamo una ricca rete di vasi venosi, nota come zona di Woodruff. Queste due regioni anatomiche sono responsabili della maggior parte delle cosiddette EPISTASSI POSTERIORI. CAUSE LOCALI Cause flogistico-infettive. • Presenza di varici, cioè dilatazioni/ectasie dei capillari settali. • cause tossico-chimiche-farmacologiche: collegati all'abuso di steroidi topici o decongestionanti nasali, ma anche abusi voluttuari, quali quelli della cocaina. L'effetto di questi farmaci o medicazioni topiche è legato alla vasocostrizione di questi vasi e successiva vasodilatazione reattiva che può portare alla ressi, cioè alla rottura dei capillari stessi, con conseguente epistassi. • Rinite allergica o non allergica • infezioni quali le rinosinusiti • Corpi estranei o perforazioni del setto nasale. Cause traumatiche. • Microtraumatismo digitale: è la causa principale traumatica locale; la pulizia della fossa nasale o anche solo il microtraumatismo, può generare lesioni mucose superficiali soprattutto a carico del Locus Valsalvae con conseguente sviluppo di epistassi. • Taumatismi delle ossa delle cavità nasali e del setto. Cause neoplastiche. Sono le cause locali assai più rare • Benigne: per esempio il polipo sanguinante del setto nasale o il papilloma invertito • Maligne: assai più rare come carcinoma, melanoma o estesioneuroblastoma (che sono quei rari tumori a partenza dalle cellule olfattorie). In caso di causa neoplastica locale, l'epistassi è spiccatamente monolaterale, e spesso associata a quella che viene definita RINORREA SANIOSA, cioè l'eliminazione attraverso la cavità nasale di materiale necrotico purulento, che spesso emana anche cattivo odore. CAUSE SISTEMICHE Il ruolo fondamentale nel generare l'epistassi è dato dalle cause sistemiche: • Patologie cardiovascolari: in particolare ipertensione arteriosa, cause dismetaboliche quali il diabete. • Vasculiti (più raramente). • Coagulopatie e malattie ematologiche (più raramente). Statisticamente, le cause sistemiche più frequenti nel paziente anziano sono da un lato l’ipertensione arteriosa e dall'altro una coagulopatia, generalmente di tipo iatrogeno, legata al fatto che i pazienti over 60 sono spesso scoagulati, in quanto assumono quotidianamente antiaggreganti o anticoagulanti, soprattutto se cardiopatici o vasculopatici. DIAGNOSI L'epistassi non è una patologia in senso classico, è spesso un’urgenza clinica. È un sintomo, per cui la terapia molto frequentemente viene effettuata prima della diagnosi. In generale un paziente che stia sanguinando dal naso, viene inquadrato rapidamente, studiando l'aspetto generale del paziente, i parametri vitali, spesso approfittando della presenza di un accompagnatore di un caregiver, a cui viene chiesta brevemente una anamnesi farmacologica, oltre che medica; vengono richiesti generalmente in pronto soccorso degli esami di laboratorio molto semplici, quali l'emocromo, lo studio della coagulazione, oltre che la misurazione della pressione arteriosa per valutare che il paziente sia stabilizzato prima di intervenire in qualità di otorino-laringoiatra. Anamnesi. Pertanto, generalmente, non al paziente se non in condizioni di farlo, ma all'accompagnatore viene chiesta: - Entità dell'epistassi, cioè quanto ha sanguinato il paziente - Come è iniziato, se spontaneamente o dopo aver soffiato il naso oppure cambiando posizione dal decubito clinostatico (cioè da sdraiato a in piedi/ortostatico) - Anamnesi positiva per patologie quali ipertensione, diabete o coagulopatia 10
- Anamnesi fisiologica e farmacologia: se il paziente assume farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, o se ha abusato nell'ultimo periodo di farmaci antinfiammatori non steroidei (che se assunti in quantità adeguate possono cagionare disturbi della coagulazione). - Nell'anamnesi patologica remota e prossima, sempre chiedere se il paziente sia stato sottoposto a chirurgia nasale negli ultimi 30 giorni→ una delle cause più frequenti può essere chiaramente quella iatrogena, cioè un sanguinamento post intervento anche a distanza di 15-20 giorni dalla chirurgia nasale. Esame obiettivo. L’esame obiettivo viene normalmente eseguito con una RINOSCOPIA ANTERIORE, previa detersione/toilette della fossa nasale da eventuali coaguli mediante aspirazione; questo al fine eventualmente di identificare il punto di sanguinamento. Laddove possibile, ossia dove l’emorragia non sia così copiosa da non consentirlo, si può eseguire anche una ENDOSCOPIA A FIBRE OTTICHE per trovare e reperibile, il punto di sanguinamento. L'imaging ha un ruolo ancillare in questa frase: TC, RM ed eventuali ANGIOGRAFIE→ vengono riservate a casi di epistassi ricorrente/saltuaria, non nel momento del sanguinamento ma per identificare ad esempio delle patologie neoplastiche monolaterali o delle alterazioni vascolari non meglio definite. TRATTAMENTO Già prima che lo specialista ORL prenda in carico il paziente con epistassi vi sono alcuni provvedimenti, che possiamo considerare di buon senso oltre che di primo soccorso, che possono essere applicati anche a domicilio o laddove il paziente sanguina: ✓ Compressione meccanica bidigitale delle narici, all'incirca per 2-3 minuti. ✓ Il capo va lasciato in posizione neutra o eventualmente flesso in avanti, mai all’indietro perché retroporre il capo significa permettere al sangue di defluire eventualmente anche verso le vie aeree inferiori. ✓ Può essere posto del ghiaccio o un qualcosa di fresco sulla radice del naso, per vasocostringere i principali vasi afferenti alla cavità nasale. ✓ Tamponare in maniera rapida ed essenziale il naso con cotone imbevuto di acqua fredda. Mai di tamponare il naso con delle garze o del materiale che possa avere una superficie irregolare, perché in questo caso rischiate di staccare eventuali tappi piastrinici che stiamo già limitando l’epistassi stessa. La terapia dell'epistassi che non si autolimiti, è comunque basata sull' interruzione del sanguinamento stesso mediante TAMPONAMENTO NASALE. Per eseguire un tamponamento nasale adeguato serve: - Una fonte di illuminazione frontale - Uno strumento che dilati la narice (cioè uno speculum nasale) - Una pinza possibilmente a baionetta che permetta di posizionare del materiale all’interno della fossa nasale - Assistenza di personale paramedico che sia addestrato. - Per tamponare di utilizza: o Se l'epistassi è di modesta entità, materiali emostatici o riassorbibili, tipo spugne di fibrina. o Se di maggiore entità, tampone di materiale spugnoso sintetico non riassorbibile, tipo i tamponi di Merocel: sono autoespansibili, di dimensioni variabili dai 4 ai 12 cm e a contatto con un liquido tendono a gonfiarsi, e oltre ad assorbire il sangue che il paziente sta perdendo, generano anche una compressione di tipo meccanico all'interno della fossa nasale. Questi temponi non riassorbibili vanno comunque rimossi entro 48-72 ore, anche a livello ambulatoriale; se lasciati più di 48 ore, meritevoli di una copertura antibiotica. Kit necessario per il tamponamento nasale. A destra, tamponi un po' più evoluti, con due dispositivi di rigonfiamento per sanguinamenti posteriori o palloncini a cuffia graduabile per esercitare anche una compressione adeguata. Prima che venissero creati i tamponi con doppia cuffia anche posteriore, in caso di epistassi posteriore si ricorreva alla procedura cosiddetta di TAMPONAMENTO POSTERIORE: viene inserito un sondino di Nelaton dalla fossa nasale verso il rinofaringe, recuperato dalla bocca; al capo orale del sondino veniva legato un tampone con almeno 3 fili di seta, si tirava il sondino dal naso, fino a posizionare il tampone nella porzione posteriore della cavità nasale o nel cavo rinofaringeo. 11
Quindi si tamponava la fossa nasale anteriore per dominare il sanguinamento tanto anteriormente quando posteriormente. Quando eseguito un tamponamento posteriore di questo tipo, il paziente veniva comunque ospedalizzato, e posto in alimentazione parenterale, poiché l'impossibilità del palato a sollevarsi, rende complicata l'alimentazione per OS normale. Quando l'epistassi non sia attiva continuativamente e si sia identificato un punto emorragiparo, conviene prendere in considerazione la CAUTERIZZAZIONE (o causticazione) del vaso sanguinante, che può essere: ❖ CHIMICA, con sostanze chimiche come il nitrossido di argento oppure l'acido tricloroacetico. Non deve mai essere eseguita bilateralmente, perché c'è rischio di ischemizzare la mucosa e creare delle perforazioni iatrogene del setto nasale. ❖ ELETTRICA: è un'alternativa rapida ed efficace, con un coagulatore bipolare in corrispondenza del vaso beante. Qualora siamo di fronte a epistassi recidivanti o inarrestabili, soprattutto a carico della porzione posteriore, quindi ascrivibili a sanguinamenti della regione mascellare o sfenopalatina, si può procedere con: ➢ RADIOLOGIA INTERVENTISTICA, con l'eventuale embolizzazione selettiva dei vasi del circolo posteriore. Riguarda solo il circolo ovviamente della carotide esterna, si procede per via angiografica al reperimento del vaso beante, cioè viene cateterizzata selettivamente la carotide esterna, quindi viene inviato del materiale riassorbibile o non riassorbibile, che embolizzi e chiuda il vaso sanguigno interessato dalla ressi, cioè viene escluso il circolo patologico che sta sanguinando; in particolare questo avviene generalmente sull’arteria sfenopalatina, o in casi selezionati addirittura sull’arteria mascellare. ➢ CHIRURGIA ENDOSCOPICA: viene riservata a casi non altrimenti controllabili. Qualora il punto sanguinante sia evidenziabile magari in regione posteriore della cavità nasale e non sia raggiungibile mediante pinza bipolare o causticazione chimica, si può andare incontro a una chirurgia endoscopica di cauterizzazione dei vasi sanguinanti, o il posizionamento e la legatura di arterie (quali la sfenopalatina) con clip o con lacci. Ovviamente si fa con paziente addormentato. ➢ CHIRURGIA ESTERNA: rarissima e non più utilizzata, con addirittura legatura dell’arteria mascellare interna o della carotide esterna o selettivamente dei rami etmoidali anteriori e posteriori. 12
FARINGE OROFARINGE L’orofaringe è quella porzione di faringe ubicata tra il cavo rinofaringeo e la regione ipofaringolaringea. È quella regione anatomica della bocca posta al di dietro del pilastro tonsillare anteriore e dell’ugola, che comprende tridimensionalmente: - Il terzo posteriore della lingua, cioè la base della lingua - La tonsilla palatina lateralmente - Il palato molle con l’ugola superiormente - la membrana basilare che ricopre i corpi vertebrali cervicali posteriormente. L’ANELLO DEL WALDEYER comprende: • tonsille palatine • tonsille faringee, più note come adenoidi • tonsille peritubariche • tessuto linfatico della base della lingua noto come tonsilla linguale. Funzioni. L’orofaringe dal punto di vista fisiologico ha numerose funzioni: ✓ Respiratoria, in quanto dà passaggio al flusso aereo ✓ Deglutitoria per i movimenti anteroposteriori della base della lingua che innescano la deglutizione ✓ Fonatoria in quanto cavità di risonanza e parte del vocal tract ✓ Immunologica per la presenza di questo tessuto linfatico che soprattutto in età infantile ha il compito di filtrare gli antigeni provenienti dall'esterno, provocando una reazione immunologica di formazione di anticorpi che permettono in buona sostanza di creare un adeguato corredo immunologico per il bambino. Esame obiettivo. L’esame obiettivo dell'orofaringe è molto semplice. Rispetto però all'esame obiettivo del cavo orale per il quale è sufficiente far aprire la bocca al paziente, spesso deve avvalersi dell'utilizzo di un abbassalingua, soprattutto per quei pazienti che presentino una lingua piuttosto voluminosa in grado di coprire la parete posteriore del faringe. L’ispezione mediante abbassamento della lingua ci permette di visualizzare bene il volume delle tonsille, il palato molle, l'ugola e la parete posteriore dell’orofaringe stessa. FARINGOTONSILLITE È un’infezione a carico delle tonsille e della faringe, caratterizzata normalmente da un corredo sintomatologico di odinofagia (mal di gola), con o senza febbre, talora associato a tosse, disfagia e saltuariamente disfonia. Epidemiologia. Nei paesi industrializzati, queste infezioni respiratorie sono responsabili all'incirca di 1/5 delle visite mediche a cui sottoposti i bambini e gli adulti. Addirittura negli Stati Uniti rappresentano la terza cause consultazione ORL e la seconda in Italia, con oltre 10.000.000 visite annue. È molto frequente in età pediatrica (nel 50% dei casi) e colpisce prevalentemente soggetti in un range di età dai 5 ai 15 anni. Eziologia. ➢ La causa principale e più frequente di faringotonsillite è sempre in partenza un virus respiratorio. L’agente eziologico più frequentemente interessato è l'Adenovirus, ma non dimentichiamo anche tanti altri virus con tropismo per le vie respiratorie (tra cui anche il coronavirus). ➢ Solo nel 30% dei casi è di origine batterica: tra questi l'agente eziologico principale è rappresentato dallo Streptococco Beta Emolitico di gruppo A (SBEA); altri potenziali patogeni quali l’Haemofilus Influenzae, la Moraxella Catharralis, e lo Stafilococco nelle sue varianti→ tutti questi batteri possono essere isolati anche nel faringe di bambini sani, pertanto possono essere considerati parzialmente saprofiti che in condizioni di ospite adeguate, quali ad esempio un’infezione virale pregressa, può diventare patogeno. Esame obiettivo. Si osserva una mucosa faringea spiccatamente iperemica, che si associa spesso ha un ipertrofia delle tonsille palatine, talora ricoperte da un essudato tonsillare. Si possono ritrovare anche petecchie sul palato molle o addirittura piccole lesioni esulcerative. Diagnosi eziologica. Quello che fa la differenza nel diagnosticare un processo batterico a carico del faringe rispetto uno di tipo virale è la presenza o meno dell’essudato sulla superficie tonsillare: 13
• Generalmente un faringe iperemico arrossato associato a sintomi insorti da 24-48 ore è probabilmente un processo sostenuto da un agente eziologico virale. • Quando invece durante l'ispezione si palesino sulla superficie tonsillare delle placche di essudato biancastro, sempre in presenza di sintomi, quali appunto disfagia dolorosa, sensazione di gonfiore alla gola, eventualmente iperpiressia, la diagnostica in senso batterico è piuttosto semplice e scontata. Sia i processi virali che quelli batterici, sono frequentemente accompagnati dall’insorgenza di linfoadenopatie laterocervicali dolenti. Il PUNTEGGIO DI MC ISAAC viene utilizzato dai pediatri per definire o meno l'eziologia batterica della faringite- faringotonsillite. Ino score elevato per quanto concerne la temperatura, l'assenza di tosse, linfonodi gonfi, la presenza di essudato, e un'età tra i 3 e 14 anni, aumenta di molto la percentuale di sospetto di infezione batterica. Uno score basso sembra escludere, ma non può escludere con sicurezza una forma batterica. Test diagnostici. ❖ TEST RAPIDO PER LA RICERCA DELLO STREPTOCOCCO: particolarmente usato in ambito pediatrico, meno in ambito otorinolaringoiatrico. Teniamo presente che lo streptococco beta emolitico non è l'unico batterio coinvolto nella patogenesi delle tonsilliti acute, per cui in presenza di sintomatologia classica da faringotonsillite, presenza di tonsille ipertrofiche, ricoperte da placche, si può supporre che si tratti di un’infezione batterica anche senza eseguire un test rapido. ❖ ESAME COLTURALE: è considerato il Gold Standard, ma siccome necessita generalmente di 48-72 ore per dare un risultato di positività, è assolutamente escluso dalla pratica clinica otorinolaringoiatrica comune: essendo di fronte a una spiccata sintomatologia, è indispensabile iniziare empiricamente una terapia antibiotica ad ampio spettro→ una conferma microbiologica della presenza dello streptococco beta emolitico non aggiunge nulla e non cambia molto all'indirizzo terapeutico che noi andremo ad adottare, tanto più che avere un risultato di laboratori dopo 3 giorni dal sospetto diagnostico spesso giunge a malattia quasi risolta. In ambito otorinolaringoiatrico, riserviamo l’esecuzione di un tampone per esame colturale esclusivamente a quei casi che già adeguatamente trattati con terapia antibiotica ad ampio spettro non abbiano dato una risposta adeguata al trattamento e pertanto supponendo che si siano isolati dei ceppi batterici differenti o comunque resistenti alla classica terapia antibiotica vogliamo avere un supporto dal laboratorio per cambiare eventualmente e mirare la seconda terapia antibiotica. → il tampone lo riserviamo ai casi di fallimento terapeutico laddove la terapia di prima battuta sia stata eseguita anche in maniera corretta dal paziente. ❖ ESAMI EMATOCHIMICI: hanno una minima utilità, perché l'esame obiettivo significativo ci autorizza già ad impostare una terapia. Oltretutto, siccome è un processo acuto, già nell’emocromo effettuato normalmente in PS si può riscontrare: o Innalzamento dei globuli bianchi soprattutto di natura neutrofilica, quando l’eziologia sia batterica o la VES e la PCR possono muoversi o Un movimento del Titolo Anti-StreptoLisinico (ASLO): il singolo valore di ASLO estrapolato da ematochimici eseguiti una volta sola in un paziente, seppur elevato, non è indice di malattia: può essere anche esclusivamente una memoria immunologica del paziente che sia venuto in contatto, con lo streptococco beta emolitico, anche molto in precedenza. Il titolo anticorpale può rimanere alto anche in pazienti che non abbiano più avuto infezioni o addirittura in pazienti tonsillectomizzati. L'unica utilità di questo anticorpo è quella di vederlo mosso in due controlli seriati nel sospetto di malattia reumatica, cioè vedere un titolo innalzato a distanza di qualche giorno dal precedente esame ematochimico può in qualche modo indirizzare il nostro sospetto clinico verso una infezione o reinfezione da streptococco beta emolitico. → gli esami ematochimici, salvo rari casi, non devo essere richiesti in prima battuta, ci si può affidare all’esame clinico. Terapia. La terapia della faringotonsillite batterica è in prima battuta un TERAPIA ANTIBIOTICA, che va iniziata il prima possibile, poiché è un ritardo nell'esecuzione della terapia antibiotica può non solo a una difficoltà e a un prolungamento della patologia rispetto alla guarigione, ma anche all’insorgenza delle complicanze→ è per quello che andiamo a ridimensionare il ruolo di tamponi rapidi o esami colturali sui tamponi. 14
Nel sospetto di patologia sostenuta da Streptococco Beta Emolitico, la terapia Gold Standard secondo tutte le linee guida nazionali e internazionali, si basa sull'utilizzo di: • PENICILLINE per almeno 10 giorni. Il più utilizzato è l’amoxiclavulanato (Augmentin): la sua corretta posologia è di 3 volte al giorno, ossia ogni 8 ore, e non due volte al giorno come spesso viene somministrato→ la vita di questo farmaco nel sangue e di 8 ore, quindi se somministrato ogni 12 ore c'è l'eventualità che il paziente non sia coperto dall'ottava alla dodicesima ora. • CEFALOSPORINE di terza generazione per almeno 5 giorni che hanno uno spettro d'azione sovrapponibile a quello delle penicilline. • MACROLIDI: sono efficaci e hanno una copertura del tutto sovrapponibile a quella delle penicilline o delle cefalosporine e sono indicate in prima battuta come alternativa alle altre qualora si sospetti un'intolleranza o allergia alle penicilline. Qualora la patologia sia francamente batterica ma non sostenuta da streptococco emolitico, la terapia non differisce molto: - Cefalosporine orali o macrolidi→ queste due famiglie rispetto alla penicillina tendono ad avere uno spettro d'azione leggermente più ampio. - In taluni casi selezionati anche la famiglia dei fluorochinoloni riveste un ruolo importante, fermo restando che tali farmaci non sono indicati in età pediatrica per la tendenza ad essere secreti abbondantemente a livello delle cartilagini di accrescimento. Durante i primi giorni la sintomatologia algica, cioè il dolore alla deglutizione, così come la febbre, possono essere piuttosto spiccati, per cui è importante associare anche un TERAPIA ANTINFIAMMATORIA/ANTIPIRETICA, quali Ibuprofene o Paracetamolo. Non sono indicati in prima battuta né cortisonici né anestetici locali o altri farmaci. Persistenza della sintomatologia. Qualora i sintomi di faringotonsillite tendano a persistere, soprattutto in età pediatrica o adolescenziale nonostante una adeguata terapia antibiotica, deve spostare la vostra attenzione su patologie piuttosto comuni in quella fascia d'età e spesso non coinvolte in prima battuta nella diagnostica, in particolare la MONONUCLEOSI INFETTIVA: è sostenuta da un'infezione da EBV, e può manifestarsi spesso con: ✓ Angina o tonsillite monocitica: quadro classico di flogosi dell'orofaringe, in cui la tonsilla aumentata di volume è spesso ricoperta non solo da placche ma da una sorta di panno pseudo-fibrinoso e che risulta leggermente più resistente alla terapia antibiotica anche se correttamente instaurata. ✓ Presenza di adenopatie più importanti rispetto a quelle attese a livello laterocervicale. Qualora vi sia il forte sospetto di mononucleosi infettiva, conviene instaurare la terapia antibiotica già in prima battuta con un macrolide: in quanto sono stati segnalati numerosi casi di rash cutanei insorti in soggetti affetti da mononucleosi infettiva sottoposti a terapia con amoxicillina + acido clavulanico. → se avete il sospetto che quella tonsillite che state vedendo non sia altro che un epifenomeno di un’infezione da EBV, il consiglio è un macrolide per una decina di giorni, al posto della penicillina anche se coperta. Complicanze peritonsillari. Quando la terapia antibiotica sia stata condotta in maniera non adeguata (ad esempio per la scorretta temporalizzazione della posologia), possono insorgere delle complicanze, che a livello tonsillare generalmente sono degli empiemi o ASCESSI PERITONSILLARI: raccolte purulente nella regione peritonsillare. È facilmente diagnosticabile perché il paziente lamenta un dolore maggiore rispetto al classico mal di gola, se aprite la bocca vedete che una parte del palato è bombato, gonfiato, l'ugola e spostata, è deviata controlateralmente, il paziente tende ad avere un sintomo classico che è la stomatolalia, cioè parlare con la bocca piena (come avere una patata in bocca). In caso di ascesso peritonsillare è indispensabile che il paziente venga sottoposto a un agoaspirazione, non solo per effettuare un esame colturale ma anche per scaricare la tensione che genera dolore al paziente stesso→ nonostante sia una manovra leggermente cruenta svolta a paziente sveglio, i pazienti ad avere un beneficio immediato dell'aspirazione della secrezione purulenta. In questo caso il paziente già complicato da un ascesso peritonsillare dovrà essere ospedalizzato: viene sottoposto ad una terapia antibiotica endovenosa, eventualmente anche corticosteroidea, si sospende l'alimentazione per OS e quindi il paziente viene messo in nutrizione parenterale. Indagini radiologiche vengono riservate esclusivamente ai casi in cui vi sia il sospetto di migrazione dell'ascesso, quindi trasformazione dell'ascesso in un flemmone, lungo le fasce dalla regione parafaringea verso il collo, con il rischio di sviluppare una mediastinite. In questo caso c'è indicazione ad eseguire subito una TAC del massiccio facciale e del collo, per escludere la complicanza assai più grave del flemmone verso il mediastino. Terapia chirurgica. Ad oggi nel 2020, le indicazioni certe sono due: • Qualora l’ipertrofia tonsillare eventualmente anche associata adenoidea, contribuiscono a sviluppare la sindrome delle apnee notturne del sonno, comprovata da un esame polisonnografico. • Qualora io abbia pazienti con 5 o più episodi all'anno di tonsilliti batteriche, quindi che abbiamo necessitato di terapia antibiotica, per almeno due anni consecutivi. 15
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