RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia

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RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA
        NEL SEICENTO
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
LA RETORICA
NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA

 Nel Seicento, la retorica, il persuadere movendo,
 acquista un ruolo sempre più dominante nella vita
 culturale, politica e sociale.
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
LA RETORICA
 NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
Fine del Cinquecento
• Nuovo ritorno alle radici della retorica
• Tale ritorno investe i diversi ambiti della cultura cinque-
  secentesca: artistico, letterario, sociale, pedagogico.
• L’intento di imitare e “movere” gli affetti non riguarda solo
  i pittori, ma anche musicisti, letterati e uomini di teatro.

            Tutti ricercano nella retorica antica
                        gli strumenti
          per rappresentare e suscitare le emozioni
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
LA RETORICA
NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
Fine del Cinquecento

• La retorica occupa un ruolo centrale nel sistema
  pedagogico (R. S., 1599) e nel teatro dei Gesuiti.

• La trattatistica (pittura, teatro, letteratura) dedica,
  ora, ampio spazio all’actio.
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LA RETORICA
NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
La classificazione delle passioni

In tutti i campi, si avverte l’esigenza di stabilire una
classificazione delle passioni. L’obiettivo: cogliere
l’essenza di ciascun affetto e trovare così il modo migliore
di rappresentarlo.
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LA RETORICA
NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
La classificazione delle passioni

 • Musurgia Universalis del padre gesuita A.Kircher
   (trasposizione musicale dei singoli affetti).

 • Vacationes autumnales di Cresollius (1620).
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LA RETORICA
 NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
 Un linguaggio universale

 Fisiognomica, mimica e gesti diventano oggetto di studi
 sistematici, diretti alla formulazione di un linguaggio
 universale.
• De furtivis literarum notis di P. Valeriano (1563)
• De Humana Phisiognomia di G. B. della Porta (‘82)
• L’Iconologia di Cesare Ripa (1603)
• L’Arte de Cenni di G. Bonifacio (1616)
• Chirologia and Chironomia di J. Bulwer (1644)
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John Bulwer,
Chirologia, or The Natural
 Language of the Hand
          (1644)
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
Gesti retorici
delle dita
da J. Bulwer
RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
LA RETORICA
   NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA
  I trattati citati

• si rifanno a Quintiliano attraverso l’Alberti, ma anche
  attraverso una rinnovata lettura dell’Institutio oratoria

• affermano il valore universale del linguaggio dei gesti

• offrendo un nutrito repertorio di gesti, hanno costituito una
  fonte importante per gli artisti interessati a dare voce e
  sentimento alle loro immagini mute.

• rivestono per la nostra comprensione delle creazioni artistiche
  del periodo una fondamentale importanza.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
             La retorica nella Ratio Studiorum

La retorica assume un ruolo centrale nel sistema
pedagogico dei Gesuiti, le cui regole vengono codificate nel
1599 con la stesura della Ratio Studiorum
 La Ratio Studiorum
 Il codice didattico che regolerà l’istruzione gesuitica
 per più di due secoli
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
La Compagnia di Gesù

• Fondata nel 1534 da Ignazio da Loyola
• Un vero e proprio esercito al servizio del Pontefice
• Funzione: difendere dalla riforma l’ortodossia dottrinale
• Strumenti: l’istruzione e l’educazione dei giovani
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
 I Collegi dei Gesuiti
• Nel 1551 viene fondato il Collegio Romano
• I collegi dei Gesuiti si diffusero in tutta l’Europa
• Vi erano accolti i giovani della nobiltà e delle famiglie
  borghesi più ricche

  Il recupero della pedagogia erasmiana
• Si riflette nelle scelte concernenti il corso degli studi: corsi
  di grammatica (latino), di retorica, di filosofia e di
  teologia.
• Funzionale agli intenti educativi: educare alle tattiche di
  controllo e alla loro riproducibilità.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
Le finalità dell’apprendistato umanistico

 • La retorica, il cui insegnamento viene posto al vertice degli
   studi umanistici
 • La lingua latina
 • I valori degli antichi (la storia antica)

       gli strumenti per “conservare” il proprio sistema di
       relazioni e di potere all’interno dell’orizzonte ecclesiastico
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
         Le finalità dell’apprendistato umanistico
  La lingua latina avrebbe consentito di
• conoscere meglio le Sacre Scritture
• padroneggiare il codice comune a più discipline d’avanguardia
  del tempo (anche quelle scientifiche)
• sottoporre i discenti allo studio diretto dei classici, affinché i
  supremi valori da essi tramandati ne potessero formare l’animo
  (uso strumentale della storia antica)

   La retorica avrebbe consentito di
 • comunicare in modo elegante e impeccabile
 • comunicare in modo persuasivo
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
   I manuali dei Gesuiti
• Partitiones oratoriae di Cicerone

• Retorica ad Herennium

• Institutio oratoria di Quintiliano,

• De arte rhetorica libri tres ex Aristotele, Cicerone et
  Quintiliano, di C. Soarez (1560)
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
                 Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560
• Un punto di riferimento imprescindibile della cultura retorica
  del Cinque-Seicento gesuitico
• Tentativo di conciliare il patrimonio culturale della Scolastica
  con la tradizione patristica – con quello dell’Umanesimo
• La devozione verso gli studi umanistici è dimostrata dalla stessa
  distribuzione della materia retorica:
                      • Inventio
                      • Dispositio
                      • Elocutio
                      • Memoria
                      • Pronunciatio (o Actio)
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
          Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560

 Memoria e Pronunciatio (capitoli 52-58 del terzo libro
 De elocutione):
• Memoria: soccorre con espedienti mnemonici alla prontezza
  della battuta
• Pronunciatio: modula i registri vocali in funzione dei
  sentimenti che si vogliono trasmettere
La Pronunciatio, al pari dell’Elocutio che “attribuisce colore al
    linguaggio” (forza emotiva), si occupa dell’efficacia
              connotativa messaggio parlato.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
              Il De arte rhetorica di C. Soarez
              1560
       Actio e Pronunciatio (capitoli 52-58 del terzo libro
                          De elocutione):
• Soarez, al pari di Cicerone e di Quintiliano, sottolinea il valore
  del principio retorico dell’actio, definita come “eloquentia
  corporis”.

• Distingue l’actio dalla pronuntiatio, precisando che:
      l’actio “oculos”, la pronunciatio “aures movet”.

  L’ “actio, quasi corporis quaedam eloquentia, ad
  animum penetrat affectus” al pari della “vox”.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
              Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560

 La funzione pedagogica dell’actio
 L’actio viene valorizzata dal Soarez
• per il suo potere di movere
• ma anche per la sua funzione pedagogica

       Secondo Soarez:
  non solo il linguaggio del corpo (così come la parola), è
  perfettibile attraverso precetti ed esercizi retorici, ma
  attraverso l’educazione della gestualità è possibile
  forgiare l’uomo “interiore” Erasmo
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
            Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560

La funzione pedagogica dell’actio
La pedagogia gesuitica intendeva educare l’uomo alla
moderazione (il decorum), la quale costituiva il vertice delle
virtù civili.

L’actio, le cui regole si fondano sul “giusto mezzo”, offriva i
mezzi adatti per una retorizzazione del comportamento, che,
come tale, agisse sull’interiorità, ponendosi come strumento:
• di autocontrollo delle passioni
• di creazione di un’identità esteriorizzata facilmente
controllabile e gestibile
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
         Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560
        L’unità antropologica fra anima e corpo

  L’idea di una “retorica del comportamento” implicava la
  nozione della stretta unità antropologica fra anima e corpo:
l’educazione di una dimensione coinvolge per trascinamento
                          anche l’altra
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI
            Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560

Le origini del “Teatro di Formazione”
Nelle considerazioni del Soarez si possono cogliere i motivi
che porteranno a:

• lo sviluppo del “Teatro di formazione”
• la valorizzazione dell’actio drammatica, intesa come
  drammatica, intesa come :

  valido strumento di comunicazione delle passioni e, quindi, di
  persuasione
  mezzo per formare l’interiorità degli allievi
IL TEATRO DI FORMAZIONE
              Il teatro di ispirazione tragica

I Gesuiti diedero particolare impulso, tra i generi letterari,
al teatro di ispirazione tragica:

• si prestava a una accentuata esemplarità di temi
• garantiva un’indubbia efficacia spettacolare e persuasiva
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                     Funzione didattica

Gli esercizi teatrali, così come la presentazione di monologhi
drammatici, piccole scene e lunghi drammi in latino,
svolgevano la funzione di testare

• l’abilità declamatoria
• il portamento
• e il decorum
degli allievi, destinati a diventare personaggi pubblici
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                     Funzione edificante

Le recite messe in atto dagli allievi, oltre ad avere un
obiettivo prettamente educativo, avevano come scopo non
secondario quello di edificare gli spettatori, attraverso la
messa in scena di personaggi e di storie esemplari, tratti dal
mondo antico e dalla Bibbia.

           Lo stesso tipo di dramma edificante trovò
             largo sviluppo per opera dei Barberini.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                I trattati sull’actio scenica

Per la comunicazione corretta ed incisiva del contenuto
si sviluppa un dettagliato linguaggio del gesto per attori.
Vengono pubblicati numerosi trattati destinati agli allievi
dei collegi, nei quali il movimento di ogni singola parte del
corpo è descritta secondo le regole dell’espressività e del
decorum.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                   I trattati sull’actio scenica

  Alcuni testi esemplari:
• le Vacationes autumnales del padre gesuita Louis de
  Cresolles (1620) il gesuita francese destinate
     “agli avvocati, ai predicatori, ma soprattutto agli allievi
  dei collegi e ai loro esercizi di recitazione”

• la Dissertatio de actione scenica (1727) del padre
  gesuita F. Lang, dedicata al teatro e, in particolare,
  all’actio scenica
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                Le Vacationes di Cressolles

Cressolles descrive il movimento del corpo e il giusto decoro
che compete alle diverse parti del corpo, a partire dalla
testa:
    questa non deve essere tenuta “né troppo alta né
    troppo bassa ... Dovrebbe essere tenuta eretta e in
    una posizione naturale e andrebbe mossa con
    moderazione...”.
   Al contempo, “il suo movimento deve essere
   coordinato col movimento del busto e del braccio”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
           Le Vacationes di Cressolles

Riguardo al movimento delle mani,
parafrasando Quintiliano, dichiara che:

     “le mani devono esse stesse parlare
          con tutte le loro dita ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
             Le Vacationes di Cressolles

“La mano destra ... ha un ruolo preminente che deve essere
 messo in luce nell’azione dell’oratore... compie la maggior
 parte dei movimenti, agisce e si muove con ampiezza.

 Ciò, tuttavia, non esclude una collaborazione espressiva
 tra le due mani. Così, ad esempio, nel gesto del computo,
 dove la destra conta sulle dita della sinistra ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
            Le Vacationes di Cressolles

“La mano destra viene stesa moderatamente in avanti per
 segnare il principio di un discorso e chiedere silenzio.
 Se viene flessa il medesimo gesto può esprimere collera o
 minaccia o ancora un sentimento benevolo ...”
 Cressolles esorta, infine, a rispettare la regola
 enunciata da Quintiliano, di
      “non alzare la mano sopra il livello degli occhi ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
               Le Vacationes di Cressolles

  Nel descrivere i movimenti delle dita, Cresolles cita i
  due gesti principali raccomandati da Quintiliano:

• quello “adatto all’esordio, alla narrazione (unione del
  pollice con il dito medio) e all’argomentazione accesa
  (unione del pollice sia con il medio che con l’indice)”
• il gesto di indicare
IL TEATRO DI FORMAZIONE
               La Dissertatio di Lang

Il frutto più complesso di una lunga tradizione,
maturata sin dai primordi del teatro gesuitico, la
quale affonda le proprie radici e ricerca i propri
canali di espressione nel mondo dell’antica retorica.

Lang, nelle sue descrizioni del comportamento che
l’attore deve tenere sul palco, si rifà a Cicerone e a
Quintiliano
IL TEATRO DI FORMAZIONE
              La Dissertatio di Lang

Lang apre il proprio trattato con un capitolo intitolato
     Dell’azione scenica, la sua definizione e valore

   Sottolinea il potente valore espressivo, persuasivo e
 comunicativo dell’azione e quindi l’importanza che essa
               riveste nella declamazione
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                La Dissertatio di Lang

“Mi si permetta di affermare che l’azione di tutto il
corpo è dotato di un tale meraviglioso potere di eccitare le
emozioni, che il direttore del dramma, il quale è
specializzato nell’azione del corpo, può piegare un
pubblico alla propria volontà ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
              La Dissertatio di Lang

“Ma per non divagare, mi limiterò a descrivere le
caratteristiche dell’azione scenica. Essa è l’arte di
modificare l’intero corpo in una maniera studiata per
suscitare nel pubblico uno stato emozionale”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
               La Dissertatio di Lang

In un altro punto del trattato, Lang sottolinea
l’importanza che l’attore conosca - al fine di poter
comunicare al meglio le proprie emozioni - il significato
corrispondente a ciascun gesto:

“Sono davvero saggi coloro che hanno affermato che i
movimenti e i gesti sono l’eloquenza del corpo ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                La Dissertatio di Lang

Poiché come la mente parla attraverso le parole, il
corpo esprime ciò che sente attraverso le azioni delle
proprie membra.

Per questa ragione l’attore deve conoscere i naturali
movimenti del corpo che corrispondono al significato
delle parole che deve pronunciare ...”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                  La Dissertatio di Lang

Nel corso del trattato, Lang si occupa sia dell’esposizione
verbale (pronunciatio) che dell’azione vera e propria (actio).
Rifacendosi a Soarez, spiega che l’actio e la pronunciatio si
differenziano per il modo in cui colpiscono i sensi:

   “La pronunciatio colpisce l’anima attraverso l’orecchio,
       mentre l’actio fa lo stesso attraverso l’occhio”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
             La Dissertatio di Lang

      I capitoli IV – VII dedicati all’actio

Lang elenca tutta una serie di regole relative al
movimento delle diverse parti del corpo: tali regole,
ispirate ai principi dell’espressività e del decorum,
derivano, in gran parte, dai testi di Cicerone e
Quintiliano.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                    La Dissertatio di Lang

                 I capitoli IV – VII dedicati all’ actio

IV.    Riguardo l’atteggiamento del corpo e degli arti inferiori
V.     Riguardo le azioni delle ginocchia e delle anche e le
       tecniche di inchinarsi e di sedersi
VI.    Riguardo le braccia, i gomiti e le mani
VII.   In che modo le altre parti del corpo, specialmente gli occhi
       e la testa, devono essere predisposte al fine di conseguire
       un buon risultato artistico nello spettacolo?
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                   La Dissertatio di Lang

         Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Lang enuncia una serie di principi che regolano la gestualità
delle braccia e delle mani, in modo tale che il loro
movimento risulti decoroso

           “secondo quanto è stato insegnato da
           Cicerone e da Quintiliano”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
              La Dissertatio di Lang
       Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Nella parte conclusiva del capitolo, l’autore stila
un elenco      dei gesti e dei loro significati
corrispondenti.
  L’ammirazione
  si mostra sollevando entrambe le mani, ma non
  troppo in alto rispetto al torace, mentre il palmo
  delle mani va girato verso il pubblico.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                  La Dissertatio di Lang

            Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

L’avversione o l’orrore
si esprime rivolgendo la testa a sinistra, lontano dall’oggetto che
provoca disgusto, mentre entrambe le braccia sono estese e
leggermente sollevate nella direzione opposta,come se stessero
respingendo qualcosa di repellente.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                   La Dissertatio di Lang
             Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Similmente, l’odio
si mostra scuotendo solo la mano destra
leggermente a partire dal polso, come se,
con tale azione, rimuovesse l’oggetto
disgustoso.

Il dolore o la tristezza
vengono espressi incrociando le mani all’altezza del torace
o al livello della vita.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                    La Dissertatio di Lang

           Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

 La supplica
 viene espressa sollevando entrambe le
mani con i palmi posti l’uno di fronte
all’altro, o abbassando le mani e tenendo
le dita ermeticamente intrecciate.
                                               Da J. Bulwer

In Quintiliano leggiamo:
“supplicando le abbassiamo (le mani)… le mani congiunte sono
un segno di maggiore emozione …”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                    La Dissertatio di Lang
             Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Un’esclamazione di sorpresa
viene resa facendo oscillare le braccia
decorosamente verso l’alto con le mani aperte,
i palmi leggermente girati l’uno verso l’altro e
anche rovesciati all’indietro.
                                                        Da J. Bulwer
 In Quintiliano leggiamo:
 “Acconcio ad esprimer meraviglia è il gesto della mano, con la
 palma rivolta all’insù e ben serrata, dito per dito, a partire dal
 mignolo, che con un movimento inverso viene allo stesso tempo
 allungata e aperta”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                La Dissertatio di Lang
            Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Il rimprovero
viene indicato piegando tre dita e sollevando
il dito indice teso …
                                                     Da J.Bulwer

 In Quintiliano leggiamo: “Con questo dito disteso e gli altri
raccolti e premuti dal pollice  si fa il gesto delle minacce,
muovendo con impeto il braccio dall’insù all’ingiù …”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                  La Dissertatio di Lang
           Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

L’incoraggiamento
si esprime aprendo le braccia e un po’ le mani verso la perso
che costituisce il centro dell’attenzione, come se si volesse
abbracciarla.

 Il pentimento
 si indica ponendo la mano chiusa sul petto.
 In Quintiliano leggiamo:
  “… usiamo anche accostare al petto la mano chiusa per
 dimostrare pentimento o ira”
IL TEATRO DI FORMAZIONE
                   La Dissertatio di Lang
             Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani

Dopo aver descritto i gesti “artisticamente appropriati”,
Lang elenca quelli che non dovrebbero essere tenuti sul palco:

 “Compiere gesti con la sola mano sinistra non è approvato”.

 “È artisticamente scorretto sollevare le mani al di sopra del
  livello delle spalle o della testa, sebbene un personaggio
  fortemente afflitto o spinto dalla rabbia ad uno stato di follia
  possa farlo”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE
               La Dissertatio di Lang

Il trattato termina con la descrizione di immagini
simboliche alle quali il giovane allievo avrebbe dovuto
ispirarsi per esprimere, in forma simbolica e convenzionale,
stati d’animo, emozioni, concetti.
La Figura della Devozione:

“Con una mano una figura accende una fiamma su un
altare sacrificale e con l’altra si tocca il petto”
LA PITTURA NEL SEICENTO
                Il trionfo dell’ Ut pictura rhetorica

• Trattato della pittura e scultura, uso et abuso loro del Cortona
  e del teologo gesuita Giovanni Domenico Ottonelli (1652)
• Observations sur la peinture di Poussin riportate dal Bellori.
• Lettera di G. B. Manzini (1599-1664), amico del Guercino e
  fervido sostenitore del grande stile elevato della retorica,
  indirizzata al monaco benedettino Giuseppe da Piacenza
LA PITTURA NEL SEICENTO
              Actio scenica e actio dipinta

La ricorrente presenza di gesti retorici nelle opere d’arte di
questo periodo è profondamente legata al ruolo che,
nell’esperienza religiosa italiana, occupa il dramma
edificante.
Roma: Collegio romano e Teatro della famiglia del pontefice
a Palazzo Barberini.
Poussin e Guercino furono profondamente legati,
rispettivamente, all’ambiente dei Gesuiti e a quello dei
Barberini.
Nicolas Poussin, Rebecca al pozzo, 1640, Parigi, Louvre
Secondo Félibien, la tela fu realizzata su commissione di Pointel e portata a termine nel 1648. Da
    quest’ultimo pervenne al duca de Richelieu e più tardi (1665), insieme a tutta la sua raccolta
artistica, a Luigi XIV (Luigi di Borbone, 1638 – 1715). La composizione in esame viene considerata
  dagli studiosi come come uno dei capolavori più alti della della maturità di Poussin. L’episodio è
     tratto dalla Bibbia (Genesi, 24, 15 sgg.), che prefigura l’Annunciazione. Viene narrato con
     un’integrazione psicologica che ben si evidenzia nelle fanciulle raccolte presso la fontana,
 permettendo – nella diversità delle loro pose ed atteggiamenti – un profondo studio sulle risposte
  del cuore al cospetto della Grazia, problema, questo, di importanza capitale nel modo di sentire
Cornelis Jansen (Giansenio), 1585-1638
                                             Blaise Pascal,1623-1662
vescovo di Ypres, autore dell'Augustinus e
padre del giansenismo.
“La mano esprime la sua più alta eleganza nel parlare.
Il pollice si unisce con grazia all’indice o al medio, aperte le
altre dita; talvolta le tre dita si contraggono”.
                                                  Cressolles
Devotio:
“Con una mano una figura accende
una fiamma su un altare sacrificale e
con l’altra si tocca il petto …”;

  Pietas:
 “Una figura la cui testa è circondata
  da fiamme al posto dei capelli. Le
  sue spalle sono alate. La sua mano
  sinistra è premuta contro il petto …

                               Lang
Nicolas Poussin, Martirio di S. Erasmo
Il Martirio di S. Erasmo costituisce il primo
incarico pubblico di Nicolas Poussin a Roma,
ove il pittore francese si era trasferito nel 1624.
Eseguito per l'altare del transetto destro della
Basilica di S. Pietro nel quale si conservavano
le reliquie del Santo, il dipinto vi rimase fino al
Settecento, allorché fu sostituito da una copia in
mosaico e trasferito nel palazzo pontificio del
Quirinale.
Portato nel 1797 a Parigi in seguito al Trattato di
Tolentino, entrò a far parte, dopo la sua
restituzione, della Pinacoteca Vaticana di Pio VII
                      (1820).

La pala d'altare, inizialmente commissionata a
Pietro da Cortona, passò nel 1628 al Poussin,
che la compì entro l'anno successivo, seguendo
i disegni preparatori già elaborati dal Cortona.
Il dipinto raffigura Erasmo, vescovo di
Formia, mentre subisce il martirio durante le
persecuzioni di Diocleziano nel 303 d.C.

Il pittore rappresenta il martire in primo
piano, un sacerdote che indica la statua di
Ercole (l'idolo pagano che Erasmo aveva
rifiutato di adorare subendo per questo il
martirio sulla pubblica piazza), un soldato
romano a cavallo incaricato dell'esecuzione,
il carnefice che estrae l'intestino facendolo
arrotolare intorno a un argano da marinai, un
frammento di architettura classica e angeli
che scendono verso la vittima recando la
palma e la corona, simboli del martirio.

Quetsa composizione diviene il prototipo per
le successive rappresentazioni di episodi di
martirio e ad essa si ispirò anche il Valentin
per il Martirio dei SS. Processo e
Martiniano eseguito per un altare vicino in
S. Pietro
“Una configurazione della mano
più adatta ai momenti più gravi e
ricchi di pathos del discorso è
quella per cui tre dita comprimono
il pollice, mentre si solleva
l’indice;
la mano viene alzata all’altezza
della spalla, l’avambraccio portato
ad una certa distanza dal petto:
questo gesto afferma con forza.
 Lo stesso gesto, modificato dal
girare dell’avambraccio e della
mano verso il suolo, incalza ed
aggiunge forza ad una
conclusione”.

                        Cressolles
Valentin de Boulogne,
Martirio dei SS. Processo e
Martiniano 1629
Nicolas Poussin: La morte di Saffira, 1654-56, Parigi Louvre

La finalità del gesto è “ad castigandam impietatem”            Cressolles

Il rimprovero viene indicato piegando tre dita e sollevando il
dito indice teso …                                          Lang
il tema della composizione è tratto dagli Atti degli Apostoli (5, 7 sgg,) e riguarda
l’episodio morale di Saffira che, dopo aver mentito a san Pietro per avarizia, muore
sul colpo. Poussin sapeva benissimo che trattandolo si metteva in competizione
con Raffaello, realizzatore dello stesso episodio in uno dei famosi arazzi custoditi
nei Musei Vaticani.
Il rimprovero

“Talvolta (l’oratore), con un brusco movimento,
 tende il braccio verso l’uditorio, affermando,
 denunciando, minacciando: gesto che ha un
 senso di dignità, d’autorità, di potenza.
Così, per la maggior parte dei popoli, è un simbolo del
potere regio rappresentare, come si fa abitualmente, un
braccio e una mano.
E le Sacre Scritture, tramandateci da uomini ispirati
dallo Spirito Santo, attribuiscono a Dio un “braccio
levato, proteso, un braccio di forza, di potenza”, quando
vogliono significare la sua autorità immensa e infinita,
il suo potere, il suo imperio”

                               Cressolles
L’indice puntato verso l’alto

    Il gesto sembrerebbe tradire la norma classica, sancita
    da Quintiliano, e ribadita sia dal Cressolles che dal
    Lang, secondo cui l’oratore non deve sollevare le
    braccia o le mani al di sopra degli occhi né abbassarle
    al di sotto della vita.

    Tuttavia,

    “il decorum cristiano può, talvolta, fare
    eccezione rispetto a quello dell’avvocato pagano:
    “è appropriato levare il braccio e la mano al di
    sopra della testa, se prendiamo a testimone la
    divinità o le potenze celesti”.

                                        Cressolles
L’indice puntato verso l’alto
Il chiasmo classico delle mani e dei
piedi

“Poiché la mano destra deve essere più
in vista della sinistra, la norma dunque
è di stare in piedi con il piede sinistro
leggermente proteso, ma parallelo e non
“a squadra” rispetto al destro”.

                         Cressolles
L’indice puntato verso l’alto

N.Poussin La morte di Germanico,1627. Minneapolis Institut of Art
La tela è una delle opere più celebri di Poussin, commissionata nel 1626 dal cardinale Francesco
Barberini, terminata nel 1628. L’opera portò definitivamente alla ribalta il pittore francese nell’ambiente
romano, e divenne ben presto uno dei modelli canonici per le rinnovate esigenze del classicismo
postcarraccesco. Ispirato al racconto degli Annali di Tacito, il dipinto combina l’idea di un’immagine
eroica di forte impronta etica con la ricerca archeologica. Il comandante Tiberio Druso Nerone,
soprannominato Germanico per le vittorie riportate in Germania, è inviato dal padre adottivo Tiberio in
Siria, dove lo fa avvelenare per gelosia dal governatore Pisone. Poussin raffigura, come in un bassorilievo,
il momento in cui Germanico dal letto di morte chiede ai suoi uomini di essere vendicato.
N. Poussin Il giudizio di Salomone,1649, Parigi Louvre
Il Giudizio di Salomone (1649) è un olio su tela di Nicolas Poussin. Il Giudizio di
Salomone si riferisce ad una storia dalla Bibbia ebraica, in cui Salomone regnò tra due
donne sia la pretesa di essere la madre di un bambino. È diventata una metafora
riferendosi ad un giudice saggio che usa uno stratagemma per determinare la verità,
inducendo le parti a rivelare i loro veri sentimenti. In particolare, il giudice pretende che
distruggerà l oggetto della controversia, piuttosto che permettere una delle parti della
controversia per vincere a spese del Giudizio di Salomone other.The è stato a lungo un
soggetto popolare per gli artisti.
L’avversione o l’orrore
si esprime rivolgendo la testa a sinistra,
 lontano dall’oggetto che provoca
 disgusto, mentre entrambe le braccia
 sono estese e leggermente sollevate nella
 direzione opposta,come se stessero
 respingendo qualcosa di repellente.

                             Lang
Guercino , la moglie di Putifarre Washington 1649
“Opponer la mano … é atto
                                                       di contraddittione, o di
                                                       opposizione …”

                                                                 G. Bonifacio

Guido Reni, Giuseppe e la moglie di Putifarre, 1626,
                Mosca Museo Puskin
A.Gentileschi,Susanna e i vecchioni, 1610,
Pommersfelden, Collezione Graf von Schönborn (Wiesentheid)
La pittrice aveva appena 17 anni e il
dipinto fu esibito dal padre Orazio
come prova della maestria ormai
raggiunta dalla figlia. Esso è stato
pertanto oggetto di controverse
attribuzioni: molti hanno ritenuto
che fosse sostanzialmente opera
di Orazio, firmato col nome di
Artemisia solo per scopi promoziona.
Il soggetto di Susanna e i vecchioni è,
tra     gli     episodi    dell'Antico
Testamento,       uno      dei     più
rappresentati, specialmente nel XVI
e XVII secolo: narrato nel Libro di
Daniele: la casta Susanna, sorpresa al
bagno      da    due    anziani    che
frequentavano la casa del marito, è
sottoposta a ricatto sessuale: o
acconsentirà di sottostare ai loro
appetiti o i due diranno al marito di
averla sorpresa con un giovane
amante.         Susanna        accetta
l'umiliazione di una ingiusta accusa;
sarà Daniele a smascherare la
menzogna dei due laidi anziani. La
rappresentazione di Susanna sorpresa
ignuda       dai     vecchioni      ha
Il dipinto è dimostrazione del livello eccelso delle precoci
capacità pittoriche di Artemisia, ma anche della ricerca di
una sua autonomia rispetto ad Orazio. Pur rimanendo nella
scia del realismo caravaggesco, Artemisia sembra qui
guardare anche alle novità portate a Roma da Annibale
Carracci. Pare che la pittrice abbia scelto di ritrarre la
protagonista in una posa alquanto avvitata per mostrare il
proprio virtuosismo. Il corpo di Susanna risulta realistico
anche in particolari come il ventre e il seno, solitamente
idealizzati da artisti a lei contemporanei. Tale effetto è stato
ottenuto grazie alla sottile ombreggiatura operata sul nudo.
Colpisce sul piano stilistico l'essenzialità rispetto ad altri di   Susanna sarebbe ispirata
soggetto analogo, non vi sono ancelle attorno a Susanna, né         dall’ Adamo di Michelangelo
vasche o ruscelli per le abluzioni, né fronde che nascondono i
due guardoni. La scena è tenuta dai soli tre protagonisti
disposti in modo marcatamente piramidale. I due anziani
sono appoggiati ad una balaustra e confabulano, sorpresi nel
momento esatto in cui formulano la proposta lasciva. Nel
dipinto appaiono come un'unica massa scura che grava
esattamente sopra la testa della giovane donna, che risulta
oppressa➡ sensazione di intrappolamento aumentata grazie
al muro compatto alle sue spalle. Artemisia descrive in
questo modo il disagio psicologico di Susanna, che,
sopraffatta dall'evento, non cerca neppure di nascondere le
forti e generose forme del suo corpo (inconfondibilmente
dipinte da Artemisia), ma tende le mani quasi a voler
allontanare da sé la molestia dei due.
Guercino, Susanna e i vecchioni, 1649-50 .Parma Galleria Nazionale

“Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di
passione per te; acconsenti e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo;
diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle” (Daniele, 13,
19-20).
La figura di Susanna è un vero capolavoro di purezza classica e di nobiltà formale, una di quelle
nobili eroine, martiri e sante dallo sguardo melanconico e sensuale nelle vesti discinte, che danno
origine a quell’iconografia femminile, esempio di bellezza e virtù, particolarmente apprezzata nella
cultura figurativa del Seicento. Il soggetto, ripreso dagli Apocrifi dell’Antico Testamento, vuol
essere un esempio di affermazione della salvezza contro l’ingannevole malvagità di cui rimase
vittima la casta Susanna, moglie di un facoltoso ebreo. Di intensa efficacia narrativa la scena
esemplifica e riassume tutti i caratteri dello stile più maturo del pittore emiliano. Il dipinto, che
appartiene al periodo tardo dell’artista, fu commissionato dal conte reggiano Paolo Parisetti, il
quale possedeva una pregevole collezione di dipinti di artisti bolognesi del Seicento, con una
particolare predilezione per temi di carattere moraleggiante o devozionale
Pentimento e Perdono

                                                       “Padre io ho peccato
                                                       contro il cielo e di
                                                       fronte a te; io non
                                                       sono più degno di
                                                       essere chiamato
                                                       figlio” (Luca, 15,
                                                       21);

                                                       “Per questo mio
                                                       figlio era morto, ed è
                                                       di nuovo vivo; fu
                                                       perso, ed è ritrovato”
                                                       (Luca, 15, 24).

Guercino, Il ritorno del figliol prodigo, 1617,
         Torino Galleria Sabauda
Pentimento e Perdono

                                        La supplica
                                        viene espressa sollevando entrambe
                                        le mani con i palmi posti l’uno di
                                        fronte all’altro, o abbassando le
                                        mani e tenendo le dita
                                        ermeticamente intrecciate.
                                                                  Lang

L’incoraggiamento
si esprime aprendo le braccia e un po’ le mani verso la persona che
 costituisce il centro dell’attenzione, come se si volesse abbracciarla.
                                                                    Lang
La supplica della Maddalena

                                                 Giunger le palme delle mani
                                                 insieme tenendole dinnanzi al petto
                                                 è gesto d’humilmente, devotamente
                                                 supplicare misericordia …”,

                                                                  G. Bonifacio

Guido Reni, Maddalena in preghiera (1630, particolare   )
La supplica della Maddalena

                    “Il gesto ...indica una mente
                    languente di dolore ed
                    estenuata da diverse
                    afflizioni”

                                  Bulwer
La sottomissione e il dolore

               Il dolore o la tristezza vengono
                espressi incrociando le mani
                all’altezza del torace o al livello della
                vita.

                                      Lang
Conclusioni

Se come affermava Quintiliano “La maniera di comunicare si
esplica o nel rappresentare o nell’imitare gli affetti”,
e se l’actio era indicata, a tale fine, come uno degli strumenti
più potenti, le immagini prese in esame illustrano come l’antica
arte della retorica abbia influito sulle creazioni artistiche
affinché:

                      ut pictura rhetorica
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