RETORICA, PEDAGOGIA, PITTURA NEL SEICENTO - Facoltà di Lettere e Filosofia
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LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA Nel Seicento, la retorica, il persuadere movendo, acquista un ruolo sempre più dominante nella vita culturale, politica e sociale.
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA Fine del Cinquecento • Nuovo ritorno alle radici della retorica • Tale ritorno investe i diversi ambiti della cultura cinque- secentesca: artistico, letterario, sociale, pedagogico. • L’intento di imitare e “movere” gli affetti non riguarda solo i pittori, ma anche musicisti, letterati e uomini di teatro. Tutti ricercano nella retorica antica gli strumenti per rappresentare e suscitare le emozioni
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA Fine del Cinquecento • La retorica occupa un ruolo centrale nel sistema pedagogico (R. S., 1599) e nel teatro dei Gesuiti. • La trattatistica (pittura, teatro, letteratura) dedica, ora, ampio spazio all’actio.
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA La classificazione delle passioni In tutti i campi, si avverte l’esigenza di stabilire una classificazione delle passioni. L’obiettivo: cogliere l’essenza di ciascun affetto e trovare così il modo migliore di rappresentarlo.
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA La classificazione delle passioni • Musurgia Universalis del padre gesuita A.Kircher (trasposizione musicale dei singoli affetti). • Vacationes autumnales di Cresollius (1620).
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA Un linguaggio universale Fisiognomica, mimica e gesti diventano oggetto di studi sistematici, diretti alla formulazione di un linguaggio universale. • De furtivis literarum notis di P. Valeriano (1563) • De Humana Phisiognomia di G. B. della Porta (‘82) • L’Iconologia di Cesare Ripa (1603) • L’Arte de Cenni di G. Bonifacio (1616) • Chirologia and Chironomia di J. Bulwer (1644)
LA RETORICA NELLA CULTURA CINQUE-SECENTESCA I trattati citati • si rifanno a Quintiliano attraverso l’Alberti, ma anche attraverso una rinnovata lettura dell’Institutio oratoria • affermano il valore universale del linguaggio dei gesti • offrendo un nutrito repertorio di gesti, hanno costituito una fonte importante per gli artisti interessati a dare voce e sentimento alle loro immagini mute. • rivestono per la nostra comprensione delle creazioni artistiche del periodo una fondamentale importanza.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI La retorica nella Ratio Studiorum La retorica assume un ruolo centrale nel sistema pedagogico dei Gesuiti, le cui regole vengono codificate nel 1599 con la stesura della Ratio Studiorum La Ratio Studiorum Il codice didattico che regolerà l’istruzione gesuitica per più di due secoli
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI La Compagnia di Gesù • Fondata nel 1534 da Ignazio da Loyola • Un vero e proprio esercito al servizio del Pontefice • Funzione: difendere dalla riforma l’ortodossia dottrinale • Strumenti: l’istruzione e l’educazione dei giovani
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI I Collegi dei Gesuiti • Nel 1551 viene fondato il Collegio Romano • I collegi dei Gesuiti si diffusero in tutta l’Europa • Vi erano accolti i giovani della nobiltà e delle famiglie borghesi più ricche Il recupero della pedagogia erasmiana • Si riflette nelle scelte concernenti il corso degli studi: corsi di grammatica (latino), di retorica, di filosofia e di teologia. • Funzionale agli intenti educativi: educare alle tattiche di controllo e alla loro riproducibilità.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Le finalità dell’apprendistato umanistico • La retorica, il cui insegnamento viene posto al vertice degli studi umanistici • La lingua latina • I valori degli antichi (la storia antica) gli strumenti per “conservare” il proprio sistema di relazioni e di potere all’interno dell’orizzonte ecclesiastico
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Le finalità dell’apprendistato umanistico La lingua latina avrebbe consentito di • conoscere meglio le Sacre Scritture • padroneggiare il codice comune a più discipline d’avanguardia del tempo (anche quelle scientifiche) • sottoporre i discenti allo studio diretto dei classici, affinché i supremi valori da essi tramandati ne potessero formare l’animo (uso strumentale della storia antica) La retorica avrebbe consentito di • comunicare in modo elegante e impeccabile • comunicare in modo persuasivo
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI I manuali dei Gesuiti • Partitiones oratoriae di Cicerone • Retorica ad Herennium • Institutio oratoria di Quintiliano, • De arte rhetorica libri tres ex Aristotele, Cicerone et Quintiliano, di C. Soarez (1560)
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 • Un punto di riferimento imprescindibile della cultura retorica del Cinque-Seicento gesuitico • Tentativo di conciliare il patrimonio culturale della Scolastica con la tradizione patristica – con quello dell’Umanesimo • La devozione verso gli studi umanistici è dimostrata dalla stessa distribuzione della materia retorica: • Inventio • Dispositio • Elocutio • Memoria • Pronunciatio (o Actio)
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 Memoria e Pronunciatio (capitoli 52-58 del terzo libro De elocutione): • Memoria: soccorre con espedienti mnemonici alla prontezza della battuta • Pronunciatio: modula i registri vocali in funzione dei sentimenti che si vogliono trasmettere La Pronunciatio, al pari dell’Elocutio che “attribuisce colore al linguaggio” (forza emotiva), si occupa dell’efficacia connotativa messaggio parlato.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 Actio e Pronunciatio (capitoli 52-58 del terzo libro De elocutione): • Soarez, al pari di Cicerone e di Quintiliano, sottolinea il valore del principio retorico dell’actio, definita come “eloquentia corporis”. • Distingue l’actio dalla pronuntiatio, precisando che: l’actio “oculos”, la pronunciatio “aures movet”. L’ “actio, quasi corporis quaedam eloquentia, ad animum penetrat affectus” al pari della “vox”.
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 La funzione pedagogica dell’actio L’actio viene valorizzata dal Soarez • per il suo potere di movere • ma anche per la sua funzione pedagogica Secondo Soarez: non solo il linguaggio del corpo (così come la parola), è perfettibile attraverso precetti ed esercizi retorici, ma attraverso l’educazione della gestualità è possibile forgiare l’uomo “interiore” Erasmo
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 La funzione pedagogica dell’actio La pedagogia gesuitica intendeva educare l’uomo alla moderazione (il decorum), la quale costituiva il vertice delle virtù civili. L’actio, le cui regole si fondano sul “giusto mezzo”, offriva i mezzi adatti per una retorizzazione del comportamento, che, come tale, agisse sull’interiorità, ponendosi come strumento: • di autocontrollo delle passioni • di creazione di un’identità esteriorizzata facilmente controllabile e gestibile
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 L’unità antropologica fra anima e corpo L’idea di una “retorica del comportamento” implicava la nozione della stretta unità antropologica fra anima e corpo: l’educazione di una dimensione coinvolge per trascinamento anche l’altra
IL SISTEMA PEDAGOGICO DEI GESUITI Il De arte rhetorica di C. Soarez 1560 Le origini del “Teatro di Formazione” Nelle considerazioni del Soarez si possono cogliere i motivi che porteranno a: • lo sviluppo del “Teatro di formazione” • la valorizzazione dell’actio drammatica, intesa come drammatica, intesa come : valido strumento di comunicazione delle passioni e, quindi, di persuasione mezzo per formare l’interiorità degli allievi
IL TEATRO DI FORMAZIONE Il teatro di ispirazione tragica I Gesuiti diedero particolare impulso, tra i generi letterari, al teatro di ispirazione tragica: • si prestava a una accentuata esemplarità di temi • garantiva un’indubbia efficacia spettacolare e persuasiva
IL TEATRO DI FORMAZIONE Funzione didattica Gli esercizi teatrali, così come la presentazione di monologhi drammatici, piccole scene e lunghi drammi in latino, svolgevano la funzione di testare • l’abilità declamatoria • il portamento • e il decorum degli allievi, destinati a diventare personaggi pubblici
IL TEATRO DI FORMAZIONE Funzione edificante Le recite messe in atto dagli allievi, oltre ad avere un obiettivo prettamente educativo, avevano come scopo non secondario quello di edificare gli spettatori, attraverso la messa in scena di personaggi e di storie esemplari, tratti dal mondo antico e dalla Bibbia. Lo stesso tipo di dramma edificante trovò largo sviluppo per opera dei Barberini.
IL TEATRO DI FORMAZIONE I trattati sull’actio scenica Per la comunicazione corretta ed incisiva del contenuto si sviluppa un dettagliato linguaggio del gesto per attori. Vengono pubblicati numerosi trattati destinati agli allievi dei collegi, nei quali il movimento di ogni singola parte del corpo è descritta secondo le regole dell’espressività e del decorum.
IL TEATRO DI FORMAZIONE I trattati sull’actio scenica Alcuni testi esemplari: • le Vacationes autumnales del padre gesuita Louis de Cresolles (1620) il gesuita francese destinate “agli avvocati, ai predicatori, ma soprattutto agli allievi dei collegi e ai loro esercizi di recitazione” • la Dissertatio de actione scenica (1727) del padre gesuita F. Lang, dedicata al teatro e, in particolare, all’actio scenica
IL TEATRO DI FORMAZIONE Le Vacationes di Cressolles Cressolles descrive il movimento del corpo e il giusto decoro che compete alle diverse parti del corpo, a partire dalla testa: questa non deve essere tenuta “né troppo alta né troppo bassa ... Dovrebbe essere tenuta eretta e in una posizione naturale e andrebbe mossa con moderazione...”. Al contempo, “il suo movimento deve essere coordinato col movimento del busto e del braccio”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE Le Vacationes di Cressolles Riguardo al movimento delle mani, parafrasando Quintiliano, dichiara che: “le mani devono esse stesse parlare con tutte le loro dita ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE Le Vacationes di Cressolles “La mano destra ... ha un ruolo preminente che deve essere messo in luce nell’azione dell’oratore... compie la maggior parte dei movimenti, agisce e si muove con ampiezza. Ciò, tuttavia, non esclude una collaborazione espressiva tra le due mani. Così, ad esempio, nel gesto del computo, dove la destra conta sulle dita della sinistra ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE Le Vacationes di Cressolles “La mano destra viene stesa moderatamente in avanti per segnare il principio di un discorso e chiedere silenzio. Se viene flessa il medesimo gesto può esprimere collera o minaccia o ancora un sentimento benevolo ...” Cressolles esorta, infine, a rispettare la regola enunciata da Quintiliano, di “non alzare la mano sopra il livello degli occhi ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE Le Vacationes di Cressolles Nel descrivere i movimenti delle dita, Cresolles cita i due gesti principali raccomandati da Quintiliano: • quello “adatto all’esordio, alla narrazione (unione del pollice con il dito medio) e all’argomentazione accesa (unione del pollice sia con il medio che con l’indice)” • il gesto di indicare
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Il frutto più complesso di una lunga tradizione, maturata sin dai primordi del teatro gesuitico, la quale affonda le proprie radici e ricerca i propri canali di espressione nel mondo dell’antica retorica. Lang, nelle sue descrizioni del comportamento che l’attore deve tenere sul palco, si rifà a Cicerone e a Quintiliano
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Lang apre il proprio trattato con un capitolo intitolato Dell’azione scenica, la sua definizione e valore Sottolinea il potente valore espressivo, persuasivo e comunicativo dell’azione e quindi l’importanza che essa riveste nella declamazione
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang “Mi si permetta di affermare che l’azione di tutto il corpo è dotato di un tale meraviglioso potere di eccitare le emozioni, che il direttore del dramma, il quale è specializzato nell’azione del corpo, può piegare un pubblico alla propria volontà ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang “Ma per non divagare, mi limiterò a descrivere le caratteristiche dell’azione scenica. Essa è l’arte di modificare l’intero corpo in una maniera studiata per suscitare nel pubblico uno stato emozionale”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang In un altro punto del trattato, Lang sottolinea l’importanza che l’attore conosca - al fine di poter comunicare al meglio le proprie emozioni - il significato corrispondente a ciascun gesto: “Sono davvero saggi coloro che hanno affermato che i movimenti e i gesti sono l’eloquenza del corpo ...”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Poiché come la mente parla attraverso le parole, il corpo esprime ciò che sente attraverso le azioni delle proprie membra. Per questa ragione l’attore deve conoscere i naturali movimenti del corpo che corrispondono al significato delle parole che deve pronunciare ...”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Nel corso del trattato, Lang si occupa sia dell’esposizione verbale (pronunciatio) che dell’azione vera e propria (actio). Rifacendosi a Soarez, spiega che l’actio e la pronunciatio si differenziano per il modo in cui colpiscono i sensi: “La pronunciatio colpisce l’anima attraverso l’orecchio, mentre l’actio fa lo stesso attraverso l’occhio”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang I capitoli IV – VII dedicati all’actio Lang elenca tutta una serie di regole relative al movimento delle diverse parti del corpo: tali regole, ispirate ai principi dell’espressività e del decorum, derivano, in gran parte, dai testi di Cicerone e Quintiliano.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang I capitoli IV – VII dedicati all’ actio IV. Riguardo l’atteggiamento del corpo e degli arti inferiori V. Riguardo le azioni delle ginocchia e delle anche e le tecniche di inchinarsi e di sedersi VI. Riguardo le braccia, i gomiti e le mani VII. In che modo le altre parti del corpo, specialmente gli occhi e la testa, devono essere predisposte al fine di conseguire un buon risultato artistico nello spettacolo?
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Lang enuncia una serie di principi che regolano la gestualità delle braccia e delle mani, in modo tale che il loro movimento risulti decoroso “secondo quanto è stato insegnato da Cicerone e da Quintiliano”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Nella parte conclusiva del capitolo, l’autore stila un elenco dei gesti e dei loro significati corrispondenti. L’ammirazione si mostra sollevando entrambe le mani, ma non troppo in alto rispetto al torace, mentre il palmo delle mani va girato verso il pubblico.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani L’avversione o l’orrore si esprime rivolgendo la testa a sinistra, lontano dall’oggetto che provoca disgusto, mentre entrambe le braccia sono estese e leggermente sollevate nella direzione opposta,come se stessero respingendo qualcosa di repellente.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Similmente, l’odio si mostra scuotendo solo la mano destra leggermente a partire dal polso, come se, con tale azione, rimuovesse l’oggetto disgustoso. Il dolore o la tristezza vengono espressi incrociando le mani all’altezza del torace o al livello della vita.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani La supplica viene espressa sollevando entrambe le mani con i palmi posti l’uno di fronte all’altro, o abbassando le mani e tenendo le dita ermeticamente intrecciate. Da J. Bulwer In Quintiliano leggiamo: “supplicando le abbassiamo (le mani)… le mani congiunte sono un segno di maggiore emozione …”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Un’esclamazione di sorpresa viene resa facendo oscillare le braccia decorosamente verso l’alto con le mani aperte, i palmi leggermente girati l’uno verso l’altro e anche rovesciati all’indietro. Da J. Bulwer In Quintiliano leggiamo: “Acconcio ad esprimer meraviglia è il gesto della mano, con la palma rivolta all’insù e ben serrata, dito per dito, a partire dal mignolo, che con un movimento inverso viene allo stesso tempo allungata e aperta”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Il rimprovero viene indicato piegando tre dita e sollevando il dito indice teso … Da J.Bulwer In Quintiliano leggiamo: “Con questo dito disteso e gli altri raccolti e premuti dal pollice si fa il gesto delle minacce, muovendo con impeto il braccio dall’insù all’ingiù …”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani L’incoraggiamento si esprime aprendo le braccia e un po’ le mani verso la perso che costituisce il centro dell’attenzione, come se si volesse abbracciarla. Il pentimento si indica ponendo la mano chiusa sul petto. In Quintiliano leggiamo: “… usiamo anche accostare al petto la mano chiusa per dimostrare pentimento o ira”
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Cap. VI Riguardo le braccia, i gomiti, le mani Dopo aver descritto i gesti “artisticamente appropriati”, Lang elenca quelli che non dovrebbero essere tenuti sul palco: “Compiere gesti con la sola mano sinistra non è approvato”. “È artisticamente scorretto sollevare le mani al di sopra del livello delle spalle o della testa, sebbene un personaggio fortemente afflitto o spinto dalla rabbia ad uno stato di follia possa farlo”.
IL TEATRO DI FORMAZIONE La Dissertatio di Lang Il trattato termina con la descrizione di immagini simboliche alle quali il giovane allievo avrebbe dovuto ispirarsi per esprimere, in forma simbolica e convenzionale, stati d’animo, emozioni, concetti. La Figura della Devozione: “Con una mano una figura accende una fiamma su un altare sacrificale e con l’altra si tocca il petto”
LA PITTURA NEL SEICENTO Il trionfo dell’ Ut pictura rhetorica • Trattato della pittura e scultura, uso et abuso loro del Cortona e del teologo gesuita Giovanni Domenico Ottonelli (1652) • Observations sur la peinture di Poussin riportate dal Bellori. • Lettera di G. B. Manzini (1599-1664), amico del Guercino e fervido sostenitore del grande stile elevato della retorica, indirizzata al monaco benedettino Giuseppe da Piacenza
LA PITTURA NEL SEICENTO Actio scenica e actio dipinta La ricorrente presenza di gesti retorici nelle opere d’arte di questo periodo è profondamente legata al ruolo che, nell’esperienza religiosa italiana, occupa il dramma edificante. Roma: Collegio romano e Teatro della famiglia del pontefice a Palazzo Barberini. Poussin e Guercino furono profondamente legati, rispettivamente, all’ambiente dei Gesuiti e a quello dei Barberini.
Nicolas Poussin, Rebecca al pozzo, 1640, Parigi, Louvre
Secondo Félibien, la tela fu realizzata su commissione di Pointel e portata a termine nel 1648. Da quest’ultimo pervenne al duca de Richelieu e più tardi (1665), insieme a tutta la sua raccolta artistica, a Luigi XIV (Luigi di Borbone, 1638 – 1715). La composizione in esame viene considerata dagli studiosi come come uno dei capolavori più alti della della maturità di Poussin. L’episodio è tratto dalla Bibbia (Genesi, 24, 15 sgg.), che prefigura l’Annunciazione. Viene narrato con un’integrazione psicologica che ben si evidenzia nelle fanciulle raccolte presso la fontana, permettendo – nella diversità delle loro pose ed atteggiamenti – un profondo studio sulle risposte del cuore al cospetto della Grazia, problema, questo, di importanza capitale nel modo di sentire
Cornelis Jansen (Giansenio), 1585-1638 Blaise Pascal,1623-1662 vescovo di Ypres, autore dell'Augustinus e padre del giansenismo.
“La mano esprime la sua più alta eleganza nel parlare. Il pollice si unisce con grazia all’indice o al medio, aperte le altre dita; talvolta le tre dita si contraggono”. Cressolles
Devotio: “Con una mano una figura accende una fiamma su un altare sacrificale e con l’altra si tocca il petto …”; Pietas: “Una figura la cui testa è circondata da fiamme al posto dei capelli. Le sue spalle sono alate. La sua mano sinistra è premuta contro il petto … Lang
Nicolas Poussin, Martirio di S. Erasmo Il Martirio di S. Erasmo costituisce il primo incarico pubblico di Nicolas Poussin a Roma, ove il pittore francese si era trasferito nel 1624. Eseguito per l'altare del transetto destro della Basilica di S. Pietro nel quale si conservavano le reliquie del Santo, il dipinto vi rimase fino al Settecento, allorché fu sostituito da una copia in mosaico e trasferito nel palazzo pontificio del Quirinale. Portato nel 1797 a Parigi in seguito al Trattato di Tolentino, entrò a far parte, dopo la sua restituzione, della Pinacoteca Vaticana di Pio VII (1820). La pala d'altare, inizialmente commissionata a Pietro da Cortona, passò nel 1628 al Poussin, che la compì entro l'anno successivo, seguendo i disegni preparatori già elaborati dal Cortona.
Il dipinto raffigura Erasmo, vescovo di Formia, mentre subisce il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano nel 303 d.C. Il pittore rappresenta il martire in primo piano, un sacerdote che indica la statua di Ercole (l'idolo pagano che Erasmo aveva rifiutato di adorare subendo per questo il martirio sulla pubblica piazza), un soldato romano a cavallo incaricato dell'esecuzione, il carnefice che estrae l'intestino facendolo arrotolare intorno a un argano da marinai, un frammento di architettura classica e angeli che scendono verso la vittima recando la palma e la corona, simboli del martirio. Quetsa composizione diviene il prototipo per le successive rappresentazioni di episodi di martirio e ad essa si ispirò anche il Valentin per il Martirio dei SS. Processo e Martiniano eseguito per un altare vicino in S. Pietro
“Una configurazione della mano più adatta ai momenti più gravi e ricchi di pathos del discorso è quella per cui tre dita comprimono il pollice, mentre si solleva l’indice; la mano viene alzata all’altezza della spalla, l’avambraccio portato ad una certa distanza dal petto: questo gesto afferma con forza. Lo stesso gesto, modificato dal girare dell’avambraccio e della mano verso il suolo, incalza ed aggiunge forza ad una conclusione”. Cressolles
Valentin de Boulogne, Martirio dei SS. Processo e Martiniano 1629
Nicolas Poussin: La morte di Saffira, 1654-56, Parigi Louvre La finalità del gesto è “ad castigandam impietatem” Cressolles Il rimprovero viene indicato piegando tre dita e sollevando il dito indice teso … Lang
il tema della composizione è tratto dagli Atti degli Apostoli (5, 7 sgg,) e riguarda l’episodio morale di Saffira che, dopo aver mentito a san Pietro per avarizia, muore sul colpo. Poussin sapeva benissimo che trattandolo si metteva in competizione con Raffaello, realizzatore dello stesso episodio in uno dei famosi arazzi custoditi nei Musei Vaticani.
Il rimprovero “Talvolta (l’oratore), con un brusco movimento, tende il braccio verso l’uditorio, affermando, denunciando, minacciando: gesto che ha un senso di dignità, d’autorità, di potenza. Così, per la maggior parte dei popoli, è un simbolo del potere regio rappresentare, come si fa abitualmente, un braccio e una mano. E le Sacre Scritture, tramandateci da uomini ispirati dallo Spirito Santo, attribuiscono a Dio un “braccio levato, proteso, un braccio di forza, di potenza”, quando vogliono significare la sua autorità immensa e infinita, il suo potere, il suo imperio” Cressolles
L’indice puntato verso l’alto Il gesto sembrerebbe tradire la norma classica, sancita da Quintiliano, e ribadita sia dal Cressolles che dal Lang, secondo cui l’oratore non deve sollevare le braccia o le mani al di sopra degli occhi né abbassarle al di sotto della vita. Tuttavia, “il decorum cristiano può, talvolta, fare eccezione rispetto a quello dell’avvocato pagano: “è appropriato levare il braccio e la mano al di sopra della testa, se prendiamo a testimone la divinità o le potenze celesti”. Cressolles
L’indice puntato verso l’alto
Il chiasmo classico delle mani e dei piedi “Poiché la mano destra deve essere più in vista della sinistra, la norma dunque è di stare in piedi con il piede sinistro leggermente proteso, ma parallelo e non “a squadra” rispetto al destro”. Cressolles
L’indice puntato verso l’alto N.Poussin La morte di Germanico,1627. Minneapolis Institut of Art
La tela è una delle opere più celebri di Poussin, commissionata nel 1626 dal cardinale Francesco Barberini, terminata nel 1628. L’opera portò definitivamente alla ribalta il pittore francese nell’ambiente romano, e divenne ben presto uno dei modelli canonici per le rinnovate esigenze del classicismo postcarraccesco. Ispirato al racconto degli Annali di Tacito, il dipinto combina l’idea di un’immagine eroica di forte impronta etica con la ricerca archeologica. Il comandante Tiberio Druso Nerone, soprannominato Germanico per le vittorie riportate in Germania, è inviato dal padre adottivo Tiberio in Siria, dove lo fa avvelenare per gelosia dal governatore Pisone. Poussin raffigura, come in un bassorilievo, il momento in cui Germanico dal letto di morte chiede ai suoi uomini di essere vendicato.
N. Poussin Il giudizio di Salomone,1649, Parigi Louvre
Il Giudizio di Salomone (1649) è un olio su tela di Nicolas Poussin. Il Giudizio di Salomone si riferisce ad una storia dalla Bibbia ebraica, in cui Salomone regnò tra due donne sia la pretesa di essere la madre di un bambino. È diventata una metafora riferendosi ad un giudice saggio che usa uno stratagemma per determinare la verità, inducendo le parti a rivelare i loro veri sentimenti. In particolare, il giudice pretende che distruggerà l oggetto della controversia, piuttosto che permettere una delle parti della controversia per vincere a spese del Giudizio di Salomone other.The è stato a lungo un soggetto popolare per gli artisti.
L’avversione o l’orrore si esprime rivolgendo la testa a sinistra, lontano dall’oggetto che provoca disgusto, mentre entrambe le braccia sono estese e leggermente sollevate nella direzione opposta,come se stessero respingendo qualcosa di repellente. Lang
Guercino , la moglie di Putifarre Washington 1649
“Opponer la mano … é atto di contraddittione, o di opposizione …” G. Bonifacio Guido Reni, Giuseppe e la moglie di Putifarre, 1626, Mosca Museo Puskin
A.Gentileschi,Susanna e i vecchioni, 1610, Pommersfelden, Collezione Graf von Schönborn (Wiesentheid)
La pittrice aveva appena 17 anni e il dipinto fu esibito dal padre Orazio come prova della maestria ormai raggiunta dalla figlia. Esso è stato pertanto oggetto di controverse attribuzioni: molti hanno ritenuto che fosse sostanzialmente opera di Orazio, firmato col nome di Artemisia solo per scopi promoziona. Il soggetto di Susanna e i vecchioni è, tra gli episodi dell'Antico Testamento, uno dei più rappresentati, specialmente nel XVI e XVII secolo: narrato nel Libro di Daniele: la casta Susanna, sorpresa al bagno da due anziani che frequentavano la casa del marito, è sottoposta a ricatto sessuale: o acconsentirà di sottostare ai loro appetiti o i due diranno al marito di averla sorpresa con un giovane amante. Susanna accetta l'umiliazione di una ingiusta accusa; sarà Daniele a smascherare la menzogna dei due laidi anziani. La rappresentazione di Susanna sorpresa ignuda dai vecchioni ha
Il dipinto è dimostrazione del livello eccelso delle precoci capacità pittoriche di Artemisia, ma anche della ricerca di una sua autonomia rispetto ad Orazio. Pur rimanendo nella scia del realismo caravaggesco, Artemisia sembra qui guardare anche alle novità portate a Roma da Annibale Carracci. Pare che la pittrice abbia scelto di ritrarre la protagonista in una posa alquanto avvitata per mostrare il proprio virtuosismo. Il corpo di Susanna risulta realistico anche in particolari come il ventre e il seno, solitamente idealizzati da artisti a lei contemporanei. Tale effetto è stato ottenuto grazie alla sottile ombreggiatura operata sul nudo. Colpisce sul piano stilistico l'essenzialità rispetto ad altri di Susanna sarebbe ispirata soggetto analogo, non vi sono ancelle attorno a Susanna, né dall’ Adamo di Michelangelo vasche o ruscelli per le abluzioni, né fronde che nascondono i due guardoni. La scena è tenuta dai soli tre protagonisti disposti in modo marcatamente piramidale. I due anziani sono appoggiati ad una balaustra e confabulano, sorpresi nel momento esatto in cui formulano la proposta lasciva. Nel dipinto appaiono come un'unica massa scura che grava esattamente sopra la testa della giovane donna, che risulta oppressa➡ sensazione di intrappolamento aumentata grazie al muro compatto alle sue spalle. Artemisia descrive in questo modo il disagio psicologico di Susanna, che, sopraffatta dall'evento, non cerca neppure di nascondere le forti e generose forme del suo corpo (inconfondibilmente dipinte da Artemisia), ma tende le mani quasi a voler allontanare da sé la molestia dei due.
Guercino, Susanna e i vecchioni, 1649-50 .Parma Galleria Nazionale “Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle” (Daniele, 13, 19-20).
La figura di Susanna è un vero capolavoro di purezza classica e di nobiltà formale, una di quelle nobili eroine, martiri e sante dallo sguardo melanconico e sensuale nelle vesti discinte, che danno origine a quell’iconografia femminile, esempio di bellezza e virtù, particolarmente apprezzata nella cultura figurativa del Seicento. Il soggetto, ripreso dagli Apocrifi dell’Antico Testamento, vuol essere un esempio di affermazione della salvezza contro l’ingannevole malvagità di cui rimase vittima la casta Susanna, moglie di un facoltoso ebreo. Di intensa efficacia narrativa la scena esemplifica e riassume tutti i caratteri dello stile più maturo del pittore emiliano. Il dipinto, che appartiene al periodo tardo dell’artista, fu commissionato dal conte reggiano Paolo Parisetti, il quale possedeva una pregevole collezione di dipinti di artisti bolognesi del Seicento, con una particolare predilezione per temi di carattere moraleggiante o devozionale
Pentimento e Perdono “Padre io ho peccato contro il cielo e di fronte a te; io non sono più degno di essere chiamato figlio” (Luca, 15, 21); “Per questo mio figlio era morto, ed è di nuovo vivo; fu perso, ed è ritrovato” (Luca, 15, 24). Guercino, Il ritorno del figliol prodigo, 1617, Torino Galleria Sabauda
Pentimento e Perdono La supplica viene espressa sollevando entrambe le mani con i palmi posti l’uno di fronte all’altro, o abbassando le mani e tenendo le dita ermeticamente intrecciate. Lang L’incoraggiamento si esprime aprendo le braccia e un po’ le mani verso la persona che costituisce il centro dell’attenzione, come se si volesse abbracciarla. Lang
La supplica della Maddalena Giunger le palme delle mani insieme tenendole dinnanzi al petto è gesto d’humilmente, devotamente supplicare misericordia …”, G. Bonifacio Guido Reni, Maddalena in preghiera (1630, particolare )
La supplica della Maddalena “Il gesto ...indica una mente languente di dolore ed estenuata da diverse afflizioni” Bulwer
La sottomissione e il dolore Il dolore o la tristezza vengono espressi incrociando le mani all’altezza del torace o al livello della vita. Lang
Conclusioni Se come affermava Quintiliano “La maniera di comunicare si esplica o nel rappresentare o nell’imitare gli affetti”, e se l’actio era indicata, a tale fine, come uno degli strumenti più potenti, le immagini prese in esame illustrano come l’antica arte della retorica abbia influito sulle creazioni artistiche affinché: ut pictura rhetorica
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