Nelle Adozioni Internazionali - Dati e prospettive - Commissione Adozioni ...
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Presidenza del Consiglio dei Ministri Commissione per le Adozioni internazionali Autorità centrale per la Convenzione de L’Aja del 29.05.1993 Dati e prospettive nelle Adozioni Internazionali Rapporto sui fascicoli dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017 in collaborazione con l’ Istituto degli Innocenti 1
Sommario Prefazione (a cura CAI)............................................................................................................. 3 PARTE PRIMA – I SOGGETTI DELL’ADOZIONE ............................................................ 1. Le coppie adottive: distribuzione territoriale e principali caratteristiche ................. 2. I minorenni autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo .................................. 9 3. Gli enti autorizzati ....................................................................................................... 17 PARTE SECONDA – APPROFONDIMENTI SPECIFICI ............................................... 18 a. L’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI SULLE ORIGINI...... Errore. Il segnalibro non è definito. b. UNA SFIDA AL DECRESCENTE FLUSSO A LIVELLO MONDIALE DELLE ADOZIONI INTERNAZIONALI .................................................................................... 24 APPENDICE STATISTICA .................................................................................................. 29 1. Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri ................................................................................................................................... 2. Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia ................ 3. Enti autorizzati ................................................................................................................ FONTI STATISTICHE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ........................................... .. 2
PARTE PRIMA – I SOGGETTI DELL’ADOZIONE 1. Le coppie adottive: distribuzione territoriale e principali caratteristiche Nel 2017 continua il calo del numero di coppie che, in possesso del decreto di idoneità, hanno fatto richiesta di autorizzazione all’ingresso di minori stranieri alla Commissione per le adozioni internazionali, segnando un nuovo minimo annuo con 1.163 coppie. In ogni anno compreso tra il 2012 e il 2016 si registra una contrazione delle coppie in oggetto, diminuzioni che sono state più o meno significative, dal meno 19,9% registrato tra il 2013 e il 2014, al meno 14,8% tra il 2015 e il 2016, al meno 7,2% tra il 2012 e il 2013 e al residuale meno 1% registrato tra il 2014 e il 2015. Tra il 2016 e il 2017 la contrazione del fenomeno è ancora più significativa delle precedenti e segna un meno 24,9%. Se poi si prende in considerazione l’intero arco temporale 2012-2017 il calo delle coppie che, in possesso del decreto di idoneità, hanno fatto richiesta di autorizzazione all’ingresso di minori stranieri alla Commissione per le adozioni internazionali, supera addirittura il 50% (52,9%). A livello territoriale la Lombardia si conferma la Regione con il maggior numero di coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri (179) seguita dal Veneto (126), dalla Toscana (124) e dal Lazio (111). Il resto delle regioni si collocano con valori al di sotto delle 100 unità, prima tra tutte la Campania con 99 coppie risulta anche la prima tra le regioni meridionali. Per una corretta lettura dei fenomeni territoriali si rapporta, invece, il numero delle coppie adottive alla popolazione residente dei coniugati tra i 30 e i 59 anni d’età e si ottiene un tasso annuo nazionale di 13,6 coppie richiedenti ogni 100mila coppie coniugate di questa età, tasso che mette in evidenza significative differenze territoriali tra aree del centro nord e sud. Al di sopra del tasso medio regionale si trovano la Toscana con il più alto tasso regionale (25), il Friuli Venezia Giulia (20,7), la Liguria (20,4), le Marche (18,6), il Veneto (18,3), l’Umbria (16,5) e l’Emilia Romagna (15,1). I valori più bassi invece si rilevano in Sicilia (5,9), in Sardegna (7,8) e in Campania (10,8). Così come messo in evidenza nei precedenti report della Commissione, osservando l’andamento dell’adozione internazionale negli ultimi sei anni, nei contesti regionali emerge come elemento trasversale il generalizzato calo del numero dei casi con picchi estremi in tutte le ripartizioni territoriali: Lombardia (-61%) nel nord-ovest, Trentino Alto Adige (-50%) nel nord-est, Lazio (-62%) nel centro e Sicilia (-64%) nel sud e nelle isole. 4
Figura 1 – Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri a scopo adottivo secondo la regione di residenza. Tassi per 100mila coppie coniugate di 30-59 anni – Anno 2017 A livello di singolo tribunale dei minorenni competente che ha emesso il decreto di idoneità all’adozione si conferma la collocazione territoriale storica con valori assoluti più alti registrati presso il tribunale di Venezia (126), seguito da quelli di Milano e Firenze (123) e da quello di Roma (110). Nel 2017 sono leggermente in aumento le coppie adottive in possesso di un decreto generico che rispetto all’anno precedente passano dal 70,8% al 73,6%. Sempre rispetto al 5
2016 rimane invariata la percentuale di coppie in possesso di un decreto mirato (24%), ovvero di un provvedimento in cui si specifica un certo Pese di provenienza piuttosto che l’appartenenza etnica, il genere, una particolare età o indicazioni specifiche sul minore. Di conseguenza a quanto detto diminuisce il numero di coppie in possesso di un decreto nominativo, quello in cui si richiede l’adozione di uno specifico bambino, che passano dal 4,9% al 2,3%. Nel 2017 la classe d’età delle coppie adottive alla data del decreto di idoneità con maggiore frequenza rimane la 40-44 anni sia per i mariti che per le mogli, rispettivamente il 40,1% e il 40,5%. Per gli uomini segue la classe d’età 45-49 anni (25,5%), quella di 35-39 anni (19,6%), quella di 50 e più anni (10,9%) e quella dei 30-34 anni (3,6%). Per le donne invece sono più frequenti le 35-39enni (26,2%), seguite dalle 45-49enni con il 20,1% dei casi, dalle 30-34enni (8%) e quelle con 50 e più anni (4,5%). Rimane marginale invece, per entrambi i coniugi, la quota di quanti hanno meno di 30 anni, 0,3% per gli uomini e 0,7% per le donne. Da questa distribuzione per età risulta un’età media alla data del decreto di idoneità corrispondente a 43,6 anni per gli uomini e a 41,8 anni per le donne. Età media delle coppie adottive che slitta in avanti di circa tre anni se si prende in considerazione la data di autorizzazione all’ingresso, si passa a 46,6 anni per gli uomini e a 44,7 anni per le donne. In questo caso la classe d’età con maggior frequenza diventa la 45-49 anni con il 37,6% dei mariti e il 36,4% delle mogli. Aumenta, rispetto a quanto visto per il decreto di idoneità l’incidenza degli ultra cinquantenni con il 23,9% per i mariti e il 12,7% per le mogli. Rimangono invece del tutto marginali le quote dei coniugi sotto i 35 anni, 0,9% per gli uomini e 2,7% per le donne. Figura 2 – Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri a scopo adottivo secondo la classe di età alla data del decreto di idoneità e alla data dell’autorizzazione all’ingresso dei coniugi (valori percentuali) – Anno 2017 6
Tra le coppie adottive si conferma un livello di istruzione, rispetto alla media nazionale, medio alto. Tra i mariti il 44,8% ha conseguito un diploma di laurea e il 44,7% il diploma della media superiore, percentuali che diventano rispettivamente il 55,3% e al 38,4% per le mogli. Spariscono di fatto nel 2017 le coppie adottive senza alcun titolo di studio, mentre per la licenza elementare si registra solo per le mogli con una esigua percentuale pari allo 0,1%. E anche in questo caso è utile riportare quanto più volte indicato nei precedenti report della Commissione, a proposito di un livello culturale delle coppie adottanti mediamente molto più elevato rispetto a quello della popolazione italiana complessivamente intesa, ancora più evidente tra le mogli rispetto ai mariti, basti dire che la diffusione del titolo di laurea nella 7
popolazione italiana interessa poco più del 10% dei soggetti residenti – le coppie adottive posseggono dunque questa caratteristica in misura quattro volte superiore a quella attesa se l’adozione internazionale fosse accessibile, allo stesso modo, da tutti i soggetti della popolazione residente. Figura 3 – Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri a scopo adottivo secondo il titolo di studio dei coniugi (valori percentuali) – Anno 2017 E’ quasi consequenziale quindi riscontrare che anche nel 2017 e in aumento rispetto al 2016 la professione prevalente dei coniugi – sulla base della classificazione Istat della posizione occupazionale – è connessa a professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione. Anche questa volta le mogli si pongono in una condizione di vantaggio relativo e infatti: tra i mariti si rileva un 34,1% di professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, seguito da un 17,6% di impiegati e da un 16,6% di professioni tecniche; invece tra le mogli si rileva un 42,5% di professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, seguito da un 20,3% di impiegate e da un 13,4% di professioni tecniche. Figura 4 – Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri a scopo adottivo secondo la professione dei coniugi (valori percentuali) – Anno 2017 8
Nel 2017 rimane invariata la percentuale di coppie adottive con figli naturali. Complessivamente sono l’87,1% le coppie che non hanno figli mentre il restante 12,9% ha almeno un figlio naturale. In particolare l’11,6% ha un solo figlio mentre l’1,3% più di due figli. Rispetto alla richiesta del numero di minori in adozione, nel 2017, la percentuale di coppie che ha adottato un solo minore è del 79,9%, il 16,7% ha invece adottato due minori e il 3,5% ha adottato più di due minori. 2. I minorenni autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo 9
Nel 2017, parallelamente al calo del numero di coppie adottive, continua a diminuire anche il numero dei minori adottati. I minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia a scopo adottivo nel 2017 sono 1.440 che a fronte delle 1.163 coppie restituisce un numero medio di minori adottati per coppia pari a 1,23. Rispetto al 2016 il numero di minori adottati ha di fatto registrato una contrazione del 23% e se si considera come riferimento il 2012, il numero delle adozioni nel 2017 risulta più che dimezzato (-54%). A livello territoriale, in termini assoluti, la Lombardia è la Regione con il più alto numero di minori adottati, che con 209 adozioni pesa per il 14,5% sul totale delle adozioni nazionali. A seguire la Toscana (159), la Campania (146), il Veneto (140) il Lazio (130) e la Puglia (120). È proprio in alcune di queste regioni che si registrano tra il 2012 e il 2017 le maggiori contrazioni del fenomeno, in particolare in Lombardia (-63%) e nel Lazio (-65%). A livello di singolo tribunale è quello di Firenze a detenere il numero più alto con 158 autorizzazioni all’ingresso in Italia nel 2017, seguono i tribunali di Milano (141), Venezia (140) e Roma (128). La diminuzione dei minori adottati viene rimarcata anche dalla contrazione del tasso annuo che nel 2017 scende a 14,5 minori adottati su 100mila minori residenti, con un range che varia da un valore massimo di 27,9 della Toscana a quello minimo di 2,3 del Molise. Storicamente il tasso medio anno relativo al quinquennio 2006-2010 resta in assoluto quello più alto, influenzato dal boom adottivo registrato nel 2010, marcando un valore pari a 36,7 minori ogni 100mila residenti, ben 22 punti di differenza rispetto al 2017. Le variazioni più forti si registrano in Lombardia che in questo lasso di tempo passa da 47,6 a 12,5, in Liguria da 64,8 a 18,5, e in Molise da 49,0 a 2,3. 10
Figura 5 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo la residenza dei genitori adottivi. Tasso per 100mila 0-17enni - Anno 2017 Nel 2017, così come negli anni precedenti, la Federazione Russa si conferma il principale Paese di provenienza con 228 minori adottati con adozione internazionale. Al di sopra delle 100 adozioni si collocano la Colombia (157), l’India (123) e l’Ungheria (112). Seguono altri 5 Paesi che contano tra le 50 e le 100 adozioni: Polonia (94), Vietnam (80), Brasile (76), Repubblica Popolare Cinese (74) e Bulgaria (57). A questi seguono altri 32 Paesi che contano meno di 50 adozioni. 11
Figura 6 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo il Paese di provenienza (valori percentuali) - Anno 2017 Negli anni la Federazione Russa è stata tuttavia anche uno dei principali Paesi che ha risentito del significativo calo del numero di adozioni. Solo tra il 2016 e il 2017 ha fatto registrare una contrazione del 25% (da 306 a 228 adozioni) che sale addirittura al 70% se si amplia il periodo di riferimento fino al 2012 dove le adozioni erano state 749. Altri due Paesi, tra il 2016 e il 2017, fanno registrare una forte contrazione del numero delle adozioni: la Polonia (-48%, da 181 a 94) e l’Etiopia (-44%, da 79 a 44). Al contrario Ungheria, Filippine e Haiti in un quadro di generale diminuzione del fenomeno adottivo, nel 2017 hanno di fatto aumentato il numero di adozioni verso l’Italia. L’Ungheria da 85 a 112 adozioni, le Filippine da 16 a 37 e Haiti da 24 a 31. 12
Figura 7 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo il continente di provenienza (valori percentuali) - Anno 2017 Allargando lo scenario ai relativi Continenti, l’Europa, nonostante la forte contrazione in termini di valori assoluti, si conferma il continente dal quale arrivano più bambini con una incidenza pari al 43% del totale delle adozioni. Segue l’America con il 25% e prende posizione il continente Asiatico che nell’ultimo anno raggiunge il 24% di adozioni. Esce ampiamente ridimensionato il continente Africano con appena l’8% di bambini adottati. Figura 8 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo la situazione del Paese di provenienza rispetto alla Convenzione de l’Aja (valori percentuali) - Anno 2017 13
Esaminando questi Paesi secondo la loro situazione formale nei confronti della convenzione dell’Aja emerge nel 2017 una forte prevalenza di adozioni realizzate nei Paesi ratificanti (24 Paesi per un totale di 1.016 adozioni) che incidono sul 70,6% delle adozioni internazionali. Seguono le adozioni realizzate nei Paesi firmatari la convenzione che sono state 243 pari al 16,9% del totale e le adozioni realizzate in Paesi aderenti che contano 80 adozioni e il 5,6% di incidenza sul totale. Nello stesso anno si contano anche 101 adozioni provenienti da Paesi che non hanno ratificato, né firmato e né aderito alla convenzione dell’Aja. La ripartizione per genere degli adottati è una delle variabili che negli anni non subisce significativi scostamenti. Sono, mediamente, i maschi ad incidere con frequenze più alte anche se con forti differenze in relazione all’età dei minori. Tra i piccolissimi, quelli sotto l’anno di età, le femmine sono state negli ultimi 4 anni sopra il 50% e addirittura nel 2017 raggiungono il 70%. Percentuali più alte o comunque simili a quelle dei maschi si presentano per le adottate di 10 anni e più. Nelle due classi di età centrali, la 1-4 anni e la 5-9 anni invece la predominanza dei maschi è molto forte e raggiuge mediamente il 60% delle adozioni. Figura 9 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo la classe d’età e il genere (valori percentuali) - Anno 2017 14
Nel 2017 quasi la metà dei bambini adottati ha un’età compresa tra i 5 e i 9 anni (47%), mentre i piccoli di 1-4 anni incidono per il 39%. Le classi d’età più estreme, dei più grandi con più di10 anni e dei piccolissimi con meno di un anno sono invece quelle meno rappresentate, si conta rispettivamente il 12% e l’1% di minori adottati. Nel 2017 l’età media all’adozione delle 1.440 adozioni internazionali è stata di 6,1 anni. L’età dei bambini in adozione e il Paese di provenienza sono forse le caratteristiche che più influenzano e indirizzano la scelta delle coppie. I dati mettono in evidenza che tra i diversi Paesi il fattore età all’adozione è molto variabile e passa dai 13,4 anni medi registrati in Bielorussia agli 1,6 anni registrati in Corea del Sud. Età medie che superano significativamente il valore medio di 6,1 anni in un blocco di Paesi dell’Est Europa e in un blocco di Paesi del Centro-Sud America. E infatti oltre alla già citata Bielorussia, si contano 9,1 anni medi in Ucraina e 8,4 anni medi in Polonia a queste si affiancano Brasile (8,7), Cile (8,1) e Costa Rica (8,1). Di contro parte alla già citata Corea del Sud si affiancano per età all’adozione particolarmente basse l’Etiopia (3,2 anni), il Vietnam (3,1 anni) e l’Armenia (1,8 anni). Tabella 1 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo il Paese di provenienza e l’età media. Primi quindici Paesi per numero di adozioni e Italia - Anno 2017 Minori adottati Età media (in anni) Federazione Russa 228 5,7 Colombia 157 5,9 India 123 5,4 Ungheria 112 6,5 Polonia 94 8,4 Vietnam 80 3,1 Brasile 76 8,7 Rep. Pop. Cinese 74 3,7 Bulgaria 57 8,3 Perù 45 5,6 Etiopia 44 3,2 Ucraina 39 9,1 Filippine 37 5,4 Haiti 31 6,0 Cile 29 8,1 A livello continentale l’Europa e l’America sono i continenti in cui si registra un’età media più alta tra gli adottati. In Europa il 54% degli adottati ha tra i 5 e 9 anni, mentre più 15
del 17% sopra 10 anni, il 28% tra uno e quattro anni e solo lo 0,3% al di sotto dell’anno. In America la distribuzione percentuale cambia di poco, scende al 14% la percentuale dei più grandi con età superiori ai dieci anni mentre salgono quelle delle classi inferiori, 56% per i bambini tra i 5-9 anni, 29% tra 1 e 4 anni e 1% per i piccolissimi sotto l’anno di età. Decisamente più piccoli i bambini provenienti da Asia e Africa. Il 63% dei bambini adottati nel continente Asiatico ha meno di quattro anni, la stessa percentuale sale al 74% per i bambini africani. Figura 10 – Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia secondo il continente di provenienza e la classe d’età (valori percentuali) - Anno 2017 Una delle informazioni disponibili nella banca dati della Commissione riguarda le motivazioni che hanno contribuito alla dichiarazione dello stato di abbandono del minore e alla successiva adozione internazionale. Nel 2017 il 62% di minori stranieri adottati in Italia aveva i genitori a cui era stata revocata la responsabilità genitoriale, il 37% aveva subito un abbandono o una rinuncia alla genitorialità da parte dei genitori biologici e il restante 1% era orfano. Percentuali che cambiano in maniera consistente in relazione al Continente di provenienza. In Africa e in Asia i casi più frequenti sono quelli riconducibili all’abbandono o alla rinuncia da parte dei genitori rispettivamente il 95% e il 98% mentre in America e in Europa è la perdita della potestà genitoriale a coprire la quasi totalità dei casi, con percentuali intorno al 90%. 16
3. Gli enti autorizzati Nel 2017 gli Enti autorizzati che hanno seguito le coppie adottive nel loro iter adottivo all’estero sono stati 53. Cifa Onlus – Centro Internazionale per l’infanzia e la famiglia si conferma come l’ente con il maggior numero di coppie (123), a seguire AiBi - Associazione amici dei bambini con 64 coppie, N.A.A.A. Network Aiuto Assistenza Accoglienza – Onlus con 58 coppie e Servizio Polifunzionale per l’Adozione Internazionale (SPAI) e International Adoption con 52 coppie adottive. Dal punto di vista dei minori adottati 7 enti autorizzati hanno eseguito più di 50 adozioni coprendo il 37% del totale dei minori autorizzati all’ingresso, 21 hanno perfezionato l’ingresso di un numero di minorenni compreso tra 20 e 50, pari al 46% del totale, mentre i rimanenti 25 enti hanno seguito un numero di adozioni inferiore a 20. Tra i primi quindici Paesi di origine in cui sono state realizzate il maggior numero di adozioni internazionali emerge che il Cifa Onlus – centro internazionale per l’infanzia e la famiglia ha perfezionato il maggior numero di ingressi in Russia, nella Repubblica Popolare Cinese, in Ucraina e nelle Filippine, il Servizio Polifunzionale per l’adozione Internazionale in Colombia, l’International Adoption in India, l’ A.S.A. – Associazione Solidarietà Adozioni Onlus in Ungheria, la Cicogna in Polonia, Ariete Onlus e Azione per le famiglie nuove in Vietnam, il Mantello in Brasile e Bulgaria, Ai.Bi – Associazione Amici dei Bambini in Perù, In Cammino per la famiglia in Etiopia, S.O.S. Bambino International Adoption in Haiti, Associazione famiglie Adottive in Cile. 17
PARTE SECONDA – APPROFONDIMENTI SPECIFICI a. L’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI SULLE ORIGINI Il tema dell'accesso alle origini da parte di coloro che per diverse ragioni sono stati separati o allontanati dalla propria famiglia biologica da sempre è presente all'attenzione delle nostre società. Nel tempo, è stato percepito in modo diverso ed è stato di conseguenza interpretato e regolamentato differentemente all'interno dei sistemi normativi interni alle singole società, ma il bisogno di conoscere le proprie radici, di scoprire, di dare continuità alla propria storia e senso al proprio divenire è stato costantemente espresso dall'essere umano come persona. Tutti i figli adottivi, indipendentemente da quale sia la loro origine, l’età al momento dell’adozione e le vicende vissute, hanno sempre una storia che comprende due parti: una precedente all’adozione ed una successiva. In passato si pensava che fosse opportuno, per favorire l’integrazione del bambino nella nuova famiglia e nel nuovo contesto, “rimuovere” quanto avvenuto prima che il soggetto venisse adottato. In questa prospettiva, si giungeva, talvolta, a nascondere il fatto che il bambino fosse adottato, oppure si cercava di non dare rilevanza alla sua storia, parlandone il meno possibile e spingendolo a pensare che le sue radici fossero nella famiglia che lo aveva accolto come figlio. L’adozione veniva, quindi, considerata una “seconda nascita”, un voltare pagina che cancellava quanto avvenuto prima, per iniziare una nuova vita. Tale approccio era notevolmente facilitato dal fatto che la maggior parte dei bambini venivano adottatati molto piccoli e, conseguentemente, non conservavano alcun ricordo cosciente delle loro esperienze pre-adottive. Da alcuni anni, questa idea dell’adozione è stata fortemente rivista, anche a seguito di orientamenti emersi a livello sovranazionale In particolare, nelle raccomandazioni espresse dal Comitato ONU sui diritti del fanciullo, più volte il nostro Paese è stato chiamato a rivedere la propria disciplina interna in direzione più garantista rispetto all’esercizio del diritto di cui all' art 7 della CRC. Ma la tutela del diritto all’accesso delle informazioni sulle proprie origini non deriva solo dall’art. 7 della CRC ma anche da altre disposizioni interne alla CRC stesso e da un insieme di richiami normativi contenuti in altri strumenti internazionali, in particolare riferibili alla disciplina dell’adozione. Ricordiamo, innanzitutto, quanto previsto dalla Convenzione de L’Aja del 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di cooperazione internazionale che – all’art. 16, 18
comma 1 lett a, e agli artt. 30 e 31 – dedica un’articolata disciplina della materia prevedendo un’idonea archiviazione e conservazione dei dati inerenti l’identità del minore in adozione e le informazioni sulla sua storia personale e l'accesso del minore o del suo rappresentante a tali informazioni, con l'assistenza appropriata, nella misura consentita dalla legge dello Stato. A livello europeo, anche la Convenzione sull’Adozione dei Minori del 1967 – così come modificata nel 2008 – pone un accento particolare sul diritto all’identità riconoscendo ai minori adottati il diritto di accedere alle informazioni sulle proprie origini, e precisando che, in caso di richiesta di anonimato, siano le autorità competenti a decidere se e quali informazioni siano accessibili per gli adottati. In questo senso si è espresso più volte anche il Parlamento Europeo invitando gli stati ad eliminare ogni disposizione contraria al diritto degli adottati di conoscere le proprie origini una volta raggiunta la maggiore età. In ambito europeo convivono due diversi orientamenti sulla questione: una prima posizione riconosce prevalente il diritto dell’adottato ad accedere a tutte le informazioni disponibili riferibili alla sua storia biologica e familiare a partire dal pieno riconoscimento dell’art. 7 CRC, una seconda posizione, invece, ritiene che, anche ai fini di una effettiva tutela della salute e del benessere del nascituro, prevalga il diritto della madre biologica all'anonimato del parto. Tra i Paesi dell’Unione Europea vi sono infatti quelli in cui la persona adottata, perdendo qualsiasi collegamento con la famiglia di origine, non può accedere ad informazioni sull’identità del genitore biologico (Austria, Francia, Principato di Monaco, Bulgaria, Russia, Macedonia) e normative nelle quali il diritto a conoscere la propria origine è parzialmente garantito a partire da una certa età (Germania, Croazia, Ungheria, Lettonia, Portogallo). Altri Stati, invece, concedono il diritto ad un’ampia informazione, subordinato, tuttavia, a valutazioni e autorizzazioni da parte dei giudici al fine di apprezzare i differenti interessi in gioco (Bulgaria, Estonia, Lituania, Svizzera, Spagna, Regno Unito e Irlanda). Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) si è più volte espressa sulla questione, riconoscendo quale violazione dell’art. 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (da qui in avanti denominata CEDU – mettere in nota testo articolo), e quindi quale violazione del diritto alla vita privata e familiare, il mancato riconoscimento da parte del legislatore interno del pieno diritto all’accesso alle informazioni sulle origini. Già nel caso Odievre c. France la Corte europea si era pronunciata nel senso di garantire fin dove possibile l’accesso alle informazioni sulle origini. Se da una parte infatti riconosceva 19
come la conoscenza delle informazioni sulla propria storia biologica e famigliare non metteva in discussione la relazione tra persona adottata e genitori adottivi, dall’altra evidenziava con forza come l’identità del genitore biologico rappresenta un modo per scoprire le circostanze in cui un soggetto è nato ed è stato abbandonato, elementi che fanno parte della vita privata e dell’identità personale di un individuo e che risultano fondamentali per lo sviluppo e la realizzazione della propria personalità. Più di recente, la Corte Europea ha condannato l’Italia per violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea, in quanto non ha consentito ad una cittadina italiana adottata di accedere ai dati identificativi della propria madre naturale. La vicenda, arrivata a Strasburgo, ha preso il via dal ricorso avviato da una donna Anita Godelli, 69 anni, che, abbandonata alla nascita, era stata adottata, cercando poi invano di avere notizie sulla propria madre biologica. Ad avviso della Corte di Strasburgo, è vero, infatti, che in questo settore esiste un ampio margine di discrezionalità attribuito agli Stati, ma a patto che le autorità nazionali tengano conto dei diversi interessi in gioco e siano in grado di bilanciare le diverse esigenze al fine di garantire a tutti il pieno rispetto del diritto alla vita privata e familiare di cui all’articolo 8 della Convenzione europea. Nel sistema italiano, invece, secondo la CEDU, è solo il diritto della madre all’anonimato ad essere oggetto di tutela: il bambino abbandonato, una volta cresciuto in caso di rifiuto della madre, non può conoscere le circostanze della propria nascita e dell’abbandono. E’ necessaria, invece, una valutazione delle circostanze del caso e il raggiungimento di un giusto equilibrio tra i diritti contrapposti, evitando ogni automatismo. Tanto più che il desiderio di conoscere le proprie origini non cessa con l’età e che il mancato soddisfacimento di questa esigenza procura sofferenze psicologiche e fisiche. Dall’esame di questo insieme di disposizioni di rilievo sovranazionale si evidenza quindi come il tema in esame sia stato oggetto di continua e specifica attenzione e confronto che hanno portato a ritenere l’importanza di avvicinarci quanto più possibile a rendere concreta la possibilità, per coloro che sono stati adottati, di recuperare notizie sulla propria storia biologica e familiare. Sarebbe allo stato attuale auspicabile che le disposizioni internazionali venissero ratificati da tutti gli stati europei in modo da uniformare un aspetto tanto delicato di una materia già complessa, quale è quella dell’adozione. Va ricordato infatti che gli strumenti normativi di carattere internazionale sono vincolanti solo qualora le disposizioni che contengono entrino a 20
far parte degli ordinamenti interni grazie agli strumenti di ratifica elaborati da ogni legislatore nazionali. Non sono quindi di per sé vincolanti. E anche qualora le disposizioni in essi contenuti non siano integralmente riprese dai Paesi ratificanti non esiste allo stato attuale uno strumento che obblighi il legislatore interno al loro rispetto. Sono per la verità presenti strumenti alternativi, quali raccomandazioni e linee guida provenienti da organismi sovranazionali, che possono contribuire a dirigere l’attenzione politica e l’opinione pubblica su questi temi, generando pressioni perché il diritto interno si adegui a quello internazionale. Ma rimane in ogni caso, come è pur giusto che sia, una discrezionalità del legislatore interno. Va d’altra parte rilevato che il nostro Paese ha in parte accolto gli inviti rivolti a modificare disciplina interna in materia, soprattutto grazie all’intervento innovatore e coerente della giurisprudenza di corti di merito e di legittimità. In particolare, basandosi su una precedente e fondamentale sentenza della Corte Costituzionale del 2013, anche la Corte di Cassazione Sez Un. nel 2017 ha ritenuto di dover comunque dare, ai soggetti coinvolti, la possibilità concreta di esercitare i loro diritti fondamentali: alla madre, di eventualmente ritrattare, sul versante dei rapporti relativi alla genitorialità naturale, la scelta per l’anonimato, se è messa in condizione di cambiarla allorché il figlio si dichiari interessato a conoscere le sue origini; al figlio, di accedere alle informazioni sulle sue origini e di definire così la sua identità naturale, con tutto ciò che sul piano personale questo può significare, sempre che la portatrice dell’interesse all’anonimato intenda revocare, per effetto di una scelta rimessa alla sua valutazione e alla sua coscienza, la dichiarazione iniziale. Un’ulteriore spinta a questo cambiamento culturale inerente il tema della ricerca delle origini è venuta dal progressivo aumento dell’età dei bambini adottati (6,1 anni nel 2011 l’età media nelle adozioni internazionali, con oltre il 10% di minori superiori ai 10 anni) e dall’avvento del social network che hanno reso più facile il recupero delle informazioni e la possibilità di rintracciare i familiari biologici. Allo stesso tempo questi fattori hanno causato anche un incremento del fenomeno inverso, vale a dire della ricerca del figlio adottivo da parte dei suoi genitori biologici e/o di altri componenti della famiglia di nascita. Questi fattori, unitamente al fatto che le normative e le prassi sull’accesso ai dati della storia del figlio adottivo variano significativamente da Paese a Paese, hanno anche introdotto la possibilità di cercare ed ottenere informazioni sul proprio passato molto prima del raggiungimento dei 25 anni di età previsto dalla legge italiana. 21
Si deve tener conto, infatti, che, come dimostrato dalle ricerche e dall’esperienza sul campo, venire a conoscenza della propria storia e/o stabilire un contatto con i propri familiari di nascita rappresenta un’esperienza delicata e, talvolta, in grado di turbare profondamente l’equilibrio psicologico ed esistenziale del soggetto, soprattutto, ma non soltanto, quando coinvolgono figli adottivi minorenni (non a caso la summenzionata legge 149 ha previsto che l’accesso al fascicolo dell’ultra venticinquenne sia subordinato ad un iter di verifica delle sue motivazioni e caratteristiche). A fronte di tale complessità, attualmente, i figli adottivi che intendano avviare un percorso di ricerca di informazioni sulle loro origini e, talvolta, di contatto con i familiari biologici (o che fossero da questi rintracciati), si trovano senza avere istituzioni né servizi di riferimento. Non vi sono, infatti, referenti che possano aiutarli a decodificare questo loro desiderio, a comprendere le aspettative in esso riposte, a valutare le conseguenze, a comunicarlo ai genitori adottivi, a mediare l’eventuale successivo rapporto con i familiari di nascita ritrovati. La stessa condizione di mancanza pressoché totale di interlocutori la sperimentano i genitori adottivi che si trovano a confrontarsi con richieste dei loro figli di cercare informazioni e/o contatti relativi al loro passato, spesso durante l’adolescenza e, quindi, ben prima del limite dei 25 anni fissato dalla nostra legge. Possiamo quindi mettere in evidenza che il fenomeno, pur non presentandosi rilevante da un punto di vista statistico (si stimano circa 400-450 casi ogni anno in Italia), porta con sé aspetti di forte criticità, non solo per gli attori principali di questa complessa vicenda (partoriente e neonato), ma anche per i servizi e per gli operatori che vi lavorano, a causa delle innumerevoli implicazioni di carattere culturale, psicologico e sociale. E’ importante, quindi, per le esigenze delineate e legate alla delicatezza della materia, che l’attività di accompagnamento e supporto agli adulti adottati che intendono accedere alle informazioni relative alle proprie origini sia espletata da un soggetto con particolare competenza in materia di servizi di consulenza e orientamento nel settore, in grado al contempo di raccogliere e conservare adeguatamente le informazioni sensibili di cui trattasi. 22
b. UNA SFIDA AL DECRESCENTE FLUSSO A LIVELLO MONDIALE DELLE ADOZIONI INTERNAZIONALI b.1. Uno sguardo europeo È interessante partire dall’esito della riunione (Briefing) del PE, Adozione dei minori nell’Unione Europea (Ue) del giugno 2016. Il documento in oggetto evidenzia che vi sono stati cambiamenti significativi nel panorama dell'adozione negli ultimi anni a livello globale, comprese le fluttuazioni nel numero delle adozioni, nei paesi coinvolti e in chi è idoneo ad adottare. Il documento fornisce una panoramica dell'adozione dei minori nell'Ue, concentrandosi sull'andamento del numero di adozioni nazionali e internazionali e sul confronto degli attuali requisiti di adozione nei singoli Stati membri. Dai dati raccolti ed esaminati dal documento, emerge che per l'Ue nel suo insieme le adozioni nazionali superano di gran lunga le adozioni internazionali e che il numero di minori che sono stati adottati da paesi terzi nell'Ue è diminuito nel decennio preso in esame (2004-2014), il che riflette una più ampia tendenza globale. Emerge altresì che la Spagna, l’Italia e la Francia (rispettivamente 3081, 3037 e 2.735 nel decennio 2004-2014) sono i Paesi dell’Ue con il numero maggiore di minori adottati provenienti da Paesi extra europei, mentre la Russia è il Paese di origine con il numero maggiore di minori adottati da Paesi dell’Ue (21.727), seguito dall’Etiopia (9.053) e dalla Cina (8.718). L’Italia detiene il primato di minori adottati provenienti da altri Paesi dell’Ue (488) seguita dalla Francia (120) e dalla Svezia (59). Poiché l'adozione rimane una competenza nazionale, l'Ue non ha una politica comune in questo campo e vi sono notevoli divergenze nelle legislazioni e nelle prassi tra gli Stati membri.1 Una differenza fondamentale è che oltre all’adozione “piena” o “legittimante”, che pone definitivamente fine ai legami giuridici tra il bambino adottato e i suoi genitori biologici, la legislazione in alcuni Stati - Belgio, Bulgaria, Francia, Lussemburgo, Malta, Polonia e Portogallo (fino a 2016) - consente anche un’adozione “semplice” o “mite”, in cui il bambino adottato mantiene legami giuridici ed economici con la sua famiglia di origine2. Anche i 1 L'adozione è esplicitamente esclusa dall'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (articolo 1.3). 2 In merito all’Italia, non citata nel documento in oggetto, occorre ricordare che la Corte Costituzionale con ordinanza n. 347 del 29 luglio 2005, ha ritenuto che in via interpretativa si possa dedurre la possibilità di 23
criteri di ammissibilità che devono presentare gli aspiranti genitori adottivi variano da uno Stato all'altro, così come gli approcci per rendere le informazioni disponibili agli adottati e ai genitori biologici, le modalità di consultazione del bambino e il procedimento per il consenso dei genitori. I dati mostrano che alcuni Stati hanno fissato un'età a partire dalla quale è richiesto il consenso all'adozione da parte del minore coinvolto, età che può variare dai 10 anni in Estonia, Lituania, Romania e Slovenia, fino ai 15 anni in Austria. Va rilevato che ogni Stato d'origine ha i propri requisiti e restrizioni in relazione agli aspiranti genitori adottivi e che questi hanno la precedenza sui requisiti nello Stato ricevente. È infine emerso che l’Italia è l’unico Stato tra quelli membri dell’Ue (28) in cui non è ammessa in via generale l’adozione da parte di persone singole. L'ambito di azione dell'Ue in questo settore è stato preso in esame per l'ultima volta in maniera approfondita quasi un decennio fa. Nel 2006, un'indagine Eurobarometro ha mostrato un forte interesse pubblico all’intervento dell'Ue nella regolamentazione delle adozioni tra gli Stati membri. Il livello di interesse varia da uno Stato all'altro, essendo più alto in Italia e Francia (87% e 85%) e più basso negli Stati baltici e nell'Europa centrale (61%), ma in media il 76% dei cittadini europei vede con favore un intervento dell'Ue in quest'area. A questa indagine ne sono seguite altre che hanno messo in evidenza come sarebbe auspicabile un intervento Ue, in particolare per quanto riguarda le adozioni transfrontaliere. Inoltre sono state fornite alcune raccomandazioni: - rendere disponibili statistiche comparabili disaggregate sull'adozione in tutta l'Ue; - la creazione di un certificato di adozione europeo; - l'istituzione di un registro o agenzia per l’adozione europea. Infine, è stato da più parti rilevato come attualmente non esista un sistema unificato per la raccolta e l’elaborazione dei dati inerenti l'adozione di minori all’interno dei paesi dell’Ue, e i sistemi informativi e di monitoraggio variano tra Stato e Stato, a volte anche all'interno di essi, il che solleva questioni di comparabilità. Analogamente, solo alcuni Stati membri dell'Ue procedere a un’adozione internazionale in casi particolari di un minore abbandonato nelle medesime condizioni in cui tale adozione sarebbe consentita qualora il minore si trovasse sul territorio italiano. 24
rendono disponibili le informazioni sulle adozioni nazionali e internazionali e tali dati non sono sempre disaggregati.3 b.2. Le ragioni della decrescita e quali risposte possibili Le ragioni della decrescita sono molteplici, attengono sia ai Paesi di origine che ai Paesi di accoglienza. Occorre richiamare il principio di sussidiarietà dell’adozione internazionale, che è stato per la prima volta esplicitato nella Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989 (Crc). L’articolo 21 comma 1 lettera b) della Crc, prevede infatti che gli Stati parti, nel superiore interesse del minore: “riconoscono che l’adozione all’estero può essere presa in considerazione come un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest’ultimo non possa essere affidato a una famiglia affidataria o adottiva oppure essere allevato in maniera adeguata nel paese d’origine;”. Pertanto, nell’assegnare un ruolo di sensibile rilievo all’adozione all’estero la Convenzione conferma che l’aozione internazionale deve essere presa in considerazione soltanto se non sia stato possibile assicurare al minore il diritto a vivere nel proprio abituale contesto, nel suo Paese di origine. La Convenzione dell’Aja del 1993 ratificata in Italia con la legge 476/1998, ha richiamato nel preambolo il principio di sussidiarietà “Ricordando che ogni Stato dovrebbe adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine” vincolando la realizzazione di un’adozione internazionale alla verifica del principio di sussidiarietà. L’art. 4 comma 1 lettera b) infatti prevede che le adozioni contemplate dalla 3 Per l’info-grafica del presente documento, sono state richieste informazioni alle amministrazioni nazionali competenti in tutti i 28 Stati membri, che sono state integrate ove necessario o possibile con dati ufficiali pubblicati dagli uffici statistici nazionali e, nel caso delle adozioni internazionali, nella presentazione obbligatoria della Convenzione dell'Aia (Articolo 7). L’obiettivo del presente documento è quello di costruire un'immagine più completa possibile delle tendenze nell'adozione nazionale ed internazionale nell'Ue, con informazioni specifiche sulla proporzione delle adozioni intra-familiari, comprese le adozioni del coniuge, il sesso e l'età dei minori adottati, e le ragioni sottese all'adozione. Tuttavia, non è stato possibile raccogliere un insieme di dati totalmente comparabili e disaggregati per tutti gli Stati membri dell'Ue per l'intero periodo in esame. Ciò si riflette nel calcolo dei valori medi, il che significa che il numero totale di adozioni nazionali e internazionali per l'Ue nel suo complesso per l'intero periodo 2004-2014 è necessariamente superiore a quello riportato in questo documento. 25
Convenzione possono aver luogo soltanto se le autorità competenti dello Stato d'origine: “hanno constatato, dopo aver debitamente vagliato le possibilità di affidamento del minore nello Stato d'origine, che l'adozione internazionale corrisponde al suo superiore interesse”. In tal senso l’articolo 39 ter comma 1 lettera f) della legge 476/1998, ha quindi introdotto come norma di legge, il requisito per gli Enti che intendono ricevere l’autorizzazione a svolgere attività nel campo delle adozioni internazionali, di “impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori;”. Viene quindi esplicitamente chiesto agli Enti di intervenire tramite l’attuazione di progetti di cooperazione volti a prevenire le condizioni di abbandono o a favorire la destituzionalizzazione e il reinserimento dei bambini in famiglia, attraverso misure di sostegno e di crescita delle famiglie di origine e quindi di tutta la comunità di appartenenza. Per quanto riguarda i Paesi di origine, si riscontra una tendenza diffusa ad attivare e rafforzare in virtù del principio di sussidiarietà citato, gli istituti che consentono la permanenza del minore nel suo Paese di origine, in particolare l’affidamento familiare e l’adozione nazionale. Si tratta di istituti che solo nell’ultimo decennio hanno vissuto uno sviluppo consistente, sul quale sarebbe interessante soffermarsi se si fosse in possesso dei dati nazionali dei singoli Paesi di origine. Si constata a volte che in alcuni paesi di provenienza l’istituto dell’affido etrofamigliare viene declinato attraverso delle famiglie che accolgono i minori temporaneamente dietro compenso ancorché si tratti di minori in stato di abbandono o anche attraverso l’utilizzo di così dette case famiglia che in sostanza altro non sono che delle piccole comunità famigliari secondo il nostro ordinamento. In tal modo è evidente che si priva un certo numero di minori della possibilità di essere adottati all’estero pur non essendovi prospettive di adozioni nazionali o di rientro nella famiglia di origine. Un’altra tendenza che va sviluppandosi parallelamente alla precedente, è quella di alcuni Paesi di origine di inserire nel circuito dell’adozione internazionale, soprattutto minori cosiddetti “special needs”, ossia minori che hanno un’età superiore ai cinque anni, oppure affetti da problematiche di carattere socio-sanitario. 26
Oltre a ciò, in virtù della ratifica della Convenzione dell’Aja del 1993, sono diversi gli Stati di origine che hanno modificato la procedura interna, spesso centralizzandola o inserendo nuovi passaggi amministrativi che se da un lato offrono maggiori garanzie di rispetto delle norme, dall’altro rallentano notevolmente l’iter. I Paesi di accoglienza, risentono notevolmente della riduzione dei flussi di adozioni internazionali, e pertanto si vedono costretti a studiare nuove strategie di intervento in questo campo. Sicuramente una di queste strategie, consiste nell’avviare trattative per l’apertura di procedure adottive con Paesi di origine con cui non hanno lavorato fino ad oggi. Si tratta di un percorso non semplice che, per rafforzare le garanzie sancite dalle Convenzioni e dalle normative nazionali, può sfociare nella ratifica di accordi bilaterali. Un’altra strategia consiste nello studiare nuovi strumenti, che possano non sostituirsi ma affiancarsi all’istituto dell’adozione internazionale. L’esempio dell’Italia che ha realizzato in questi ultimi due decenni programmi di soggiorni climatici o terapeutici a favore dei minori della Bielorissia, a seguito del disastro nucleare di Chernobil, ne è indicativo oltre che essere un esempio studiato da altri Stati di accoglienza. Infine anche i programmi di cooperazione nei Paesi di origine, citati espressamente dall’articolo 39 ter comma 1 lettera f) della legge 476/1998, sono da sostenere e rafforzare, perché possono concretamente contribuire al miglioramento del funzionamento del sistema e delle singole procedure adottive, come ad esempio nel settore della formazione del personale delle Autorità centrali e degli attori che operano in questo campo - ciascuno nel suo ruolo e per le proprie competenze – andando a completare con il loro tassello il puzzle di questa complessa e delicata materia. 27
APPENDICE STATISTICA Indice delle tavole 1. Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri 2. Minori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia 3. Enti autorizzati 28
1. Coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri Tavola 1.1 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo la regione di residenza. Valori assoluti, valori percentuali e tassi per 100mila coniugate di 30-59 anni - Anno 2017 Tassi per 100mila coppie Regioni Valori assoluti In % sul totale coniugate 30-59 anni Piemonte e Valle d' Aosta 69 5,9 11,5 Lombardia 179 15,4 12,9 Trentino-Alto Adige 17 1,5 12,5 Veneto 126 10,8 18,3 Friuli-Venezia Giulia 33 2,8 20,7 Liguria 39 3,4 20,4 Emilia-Romagna 87 7,5 15,1 Toscana 124 10,7 25,0 Umbria 20 1,7 16,5 M arche 39 3,4 18,6 Lazio 111 9,5 13,4 Abruzzo e M olise 28 2,4 11,9 Campania 99 8,5 10,8 Puglia 82 7,1 13,3 Basilicata 11 0,9 13,0 Calabria 37 3,2 12,7 Sicilia 45 3,9 5,9 Sardegna 17 1,5 7,8 Totale 1.163 100,0 13,6 29
Tavola 1.2 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo la regione di residenza e l'anno della richiesta - Anni 2012-2017 Anni Regioni 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Piemonte e Valle d'Aosta 173 153 117 119 92 69 Lombardia 459 409 329 321 257 179 Trentino-Alto Adige 34 50 41 35 26 17 Veneto 233 224 178 176 151 126 Friuli-Venezia Giulia 40 39 24 33 43 33 Liguria 77 85 71 59 52 39 Emilia-Romagna 165 143 141 148 119 87 Toscana 241 241 180 206 145 124 Umbria 34 33 23 25 29 20 M arche 77 67 58 63 42 39 Lazio 293 240 187 151 145 111 Abruzzo e M olise 71 59 36 37 29 28 Campania 164 188 132 146 133 99 Puglia 155 135 117 119 123 82 Basilicata 25 26 14 20 13 11 Calabria 72 64 74 66 54 37 Sicilia 124 108 87 58 70 45 Sardegna 32 27 25 37 26 17 Totale 2.469 2.291 1.834 1.819 1.549 1.163 30
Tavola 1.3 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo il tribunale competente e l'anno della richiesta. Valori assoluti anni 2012-2016, valori assoluti e percentuali anno 2017. 2017 in % Tribunali per minorenni 2012 2013 2014 2015 2016 v.a. sul totale Torino 174 152 115 118 92 69 5,9 M ilano 373 282 238 233 168 123 10,6 Brescia 86 123 90 88 91 56 4,8 Trento 23 33 21 19 21 8 0,7 Bolzano 13 18 14 9 5 10 0,9 Venezia 235 225 177 176 148 126 10,8 Trieste 39 41 30 39 45 32 2,8 Genova 79 86 75 60 55 40 3,4 Bologna 164 142 141 148 119 86 7,4 Firenze 235 238 175 205 144 123 10,6 Perugia 35 34 23 25 30 19 1,6 Ancona 80 67 59 63 41 40 3,4 Roma 295 240 189 152 144 110 9,5 L'Aquila e Campobasso 69 57 36 37 29 27 2,3 Napoli 134 150 95 103 91 63 5,4 Salerno 31 39 37 43 39 36 3,1 Bari 81 73 61 63 52 38 3,3 Lecce 52 37 31 38 45 22 1,9 Taranto 19 26 25 18 25 22 1,9 Potenza 25 27 14 21 16 14 1,2 Catanzaro 55 45 61 46 43 25 2,1 Reggio Calabria 16 18 15 21 12 11 0,9 Palermo 50 62 34 20 27 19 1,6 M essina 38 18 20 21 15 6 0,5 Caltanissetta 14 6 6 8 7 7 0,6 Catania 22 25 27 8 19 14 1,2 Cagliari 20 14 9 20 16 6 0,5 Sassari 12 13 16 17 10 11 0,9 Totale 2.469 2.291 1.834 1.819 1.549 1.163 100,0 31
Tavola 1.4 - Tasso medio annuo delle coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo la regione di residenza (a). Periodi 2000 (b)-2005, 2006-2010, 2011-2015 ed anni 2016 e 2017. Tasso medio annuo (b) Regioni 2000 -2005 2006-2010 2011-2015 2016 2017 Piemonte 19,6 25,5 23,5 15,5 11,6 Valle d'Aosta 13,6 12,9 19,0 6,4 6,4 Lombardia 29,2 39,1 28,7 18,5 12,9 Trentino-Alto Adige 26,9 34,3 31,9 19,1 12,5 Veneto 31,3 39,2 30,3 21,9 18,3 Friuli-Venezia Giulia 26,6 28,4 23,3 27,0 20,7 Liguria 39,1 37,0 39,4 27,2 20,4 Emilia-Romagna 29,0 31,9 27,1 20,6 15,1 Toscana 32,4 50,5 44,2 29,0 25,0 Umbria 27,9 36,5 25,9 23,2 16,5 M arche 27,0 37,1 32,1 20,0 18,6 Lazio 22,6 30,6 28,5 17,5 13,4 Abruzzo 15,8 23,7 21,5 10,5 14,1 M olise 33,9 39,2 28,9 20,3 2,3 Campania 14,4 20,3 18,3 14,5 10,8 Puglia 18,8 24,7 22,3 19,7 13,3 Basilicata 8,5 21,4 25,0 15,4 13,0 Calabria 22,1 24,2 26,1 18,5 12,7 Sicilia 14,8 20,8 14,4 9,2 5,9 Sardegna 10,7 15,0 14,9 11,9 7,8 Totale 23,7 30,9 26,0 18,1 13,6 (a) Al momento dell'autorizzazione all'ingresso del bambino (b) Dal 16/11/2000 Tavola 1.5 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri nell'anno 2017 secondo l'anno del conferimento incarico all'ente autorizzato Anni del conferimento incarico 2005-2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Totale Totale 20 18 67 99 224 332 337 66 1.163 32
Tavola 1.6 - Classe di età dei coniugi alla data del decreto di idoneità (a) - Anno 2017 Valori percentuali Classi di età marito moglie < 30 0,3 0,7 30-34 3,6 8,0 35-39 19,6 26,2 40-44 40,1 40,5 45-49 25,5 20,1 50 e più 10,9 4,5 Totale 100,0 100,0 Età media 43,6 41,8 (a) Decreto di idoneità o provvedimento della Corte di Appello Tavola 1.7 - Classe di età dei coniugi alla data dell'autorizzazione all'ingresso - Anno 2017 Valori percentuali Classi di età marito moglie < 30 0,0 0,1 30-34 0,9 2,6 35-39 8,9 13,6 40-44 28,8 34,7 45-49 37,6 36,4 50 e più 23,9 12,7 Totale 100,0 100,0 Età media 46,6 44,7 33
Tavola 1.8 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo la motivazione del decreto di idoneità e l'anno della richiesta - Anni 2012-2017 Anni M otivazione 2012 2013 2014 2015 2016 2017 valori assoluti Generico 1.782 1.695 1.264 1.379 1.095 856 M irato 637 587 478 409 375 280 Nominativo 50 9 92 31 76 27 Totale 2.469 2.291 1.834 1.819 1.546 1.163 valori percentuali Generico 72,2 74,0 68,9 75,8 70,8 73,6 M irato 25,8 25,6 26,1 22,5 24,3 24,1 Nominativo 2,0 0,4 5,0 1,7 4,9 2,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tavola 1.9 - Coppie che hanno richiesto l'autorizzazione all'ingresso in Italia di minori stranieri secondo il titolo di studio dei coniugi - Anno 2017 Valori percentuali Titolo di studio marito moglie Senza scolarizzazione - - Licenza elementare - 0,1 Licenza media inferiore 10,5 6,2 Diploma media superiore 44,7 38,4 Laurea 44,8 55,3 Totale 100,0 100,0 34
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