M SSONICA mente - Grande Oriente d'Italia
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M SSONICAmente ISSN 2384-9312 n.21 Mag.-Ago. 2021 Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia Speciale Massoni da Nobel italiani Giosue Carducci, Camillo Golgi, Ernesto Teodoro Moneta, Enrico Fermi, Salvatore Quasimodo Rassegna quadrimestrale
M SSONICAmente ISSN 2384-9312 (online) Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia n.21 Mag.-Ago. 2021 Iscrizione Tribunale Roma Sommario n.21 Mag.-Ago. 2021 n.177/2015 del 20/10/2015 Direttore responsabile Stefano Bisi Direzione Giovanni Greco Art Director MASSONI DA NOBEL ITALIANI Gianmichele Galassi Redazione Idimo Corte Marco Cuzzi Bernardino Fioravanti Prefazione ......................................................................1 Giuseppe Lombardo di Stefano Bisi Marco Novarino Giosue Carducci .............................................................2 Editore di Giovanni Greco Grande Oriente d'Italia, ROC n.26027 via San Pancrazio 8, 00152 Roma Direzione e Redazione Camillo Golgi .................................................................6 MASSONICAmente, Grande Oriente d'Italia, di Claudio Bonvecchio via San Pancrazio 8, 00152 Roma Stampa Ernesto Teodoro Moneta ..............................................10 Consorzio Grafico e Stampa Srls - Roma di Velia Iacovino Rassegna Quadrimestrale edita online su www.grandeoriente.it Enrico Fermi ...............................................................14 di Massimo Andretta Le opinioni degli autori impegnano soltanto questi ul- timi e non configurano, necessariamente, l'orienta- mento di pensiero della rivista MASSONICAmente o del Grande Oriente d’Italia. Salvatore Quasimodo ...................................................20 La riproduzione totale o parziale dei testi contenuti di Giovanni Greco nella pubblicazione è vietata sotto qualsiasi forma, senza espressa autorizzazione scritta, secondo le norme vigenti in materia. Tutti i diritti riservati. Manoscritti e illustrazioni, anche se non pubblicati, non si restituiscono. In Copertina: Uno dei primi diplomi consegnati al vincitore del Premio Nobel
MASSONI DA NOBEL 1 PREFAZIONE di Stefano Bisi Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani La copertina del libro edito da Mimesis “Per il Bene e il Progresso dell'Uma- nità”. In queste parole è racchiuso il grande e impegnativo lavoro che tutti i massoni devono incessante- mente compiere per elevare se stessi e cercare di migliorare gli uomini e la Società in cui vivono. Per questo nobile fine sono stati molti i liberi muratori di eccezionale statura morale ed intellettuale che in ogni Epoca hanno deciso di aderire alla Massoneria e che ne hanno va- lorizzato il pensiero filosofico e gli imperituri e meravigliosi ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Fra di essi ci sono stati anche tanti il- lustri personaggi che nella vita pro- fana sono risultati vincitori del premio Nobel. Statisti, Scienziati, letterati, filosofi e poeti che hanno assunto cosciente- mente e orgogliosamente l’alto ed imprescindibile onere di migliorare se stessi e contribuire alla crescita e allo sviluppo sociale. Uomini come Theodore Roosevelt, Winston Churchill e Alexander Fle- ming, accanto ai quali splendono come stelle anche i nomi di eccelsi massoni italiani quali Enrico Fermi, Salvatore Quasimodo, Camillo Golgi, Giosue Carducci ed Ernesto Teodoro Moneta. Questo libro ha lo scopo di onorarne la memoria, di ricordare attraverso le pregevoli e accurate biografie, le sto- rie di questi straordinari uomini e fratelli. Non per futile e inutile vanagloria ma per far conoscere la loro preziosa opera al servizio del- l’Umanità. Sono stati “Massoni da Nobel”, come recita il titolo di questo volume, e continuano ad essere fulgidi esempi per tutti. L’auspicio è che, leggendo queste pagine, in tanti possano comprendere, apprezzare e condividere i sani principi propugnati dalla Massoneria e che anche coloro che sono pregiudizievolmente ostili ad essa si pongano delle domande e riflettano a lungo sul perché da oltre tre secoli milioni di uomini che hanno scritto pagine di storia con le loro scoperte e le loro azioni, hanno fatto e continuano a far parte della più universale e sublime scuola iniziatica di pensiero esistente. Perché la Bellezza della Massoneria è stata, è, e sarà sempre quella di donare al mondo fratelli e uomini illuminati.
2 GIOSUE CARDUCCI NOBEL PER LA LETTERATURA 1906 di Giovanni Greco Carducci il conservatore sovversivo Il giovane ben pensante, ben leggente, ben Giosue, la forma preferita dal poeta, Carducci è istudiante probabilmente lo scrittore più popolare dell’am- Giosue Carducci nacque in Val di Castello nel bito letterario italiano della seconda metà dell’ot- 1835, crescendo “selvatico” nella Maremma to- tocento e dell’intera epoca moderna. Fu il poeta scana, figlio di Ildegonda Celli e di Michele, car- dell’innovazione nella tradizione, interprete e in- bonaro, liberale, medico condotto che curò col quisitore della condizione umana e le sue opere chinino il figliolo spesso ammalato. Il padre per dalle “Rime Nuove” alle “Odi Barbare” furono lavoro si recò nel piccolissimo sperduto e deli- sempre improntate a una straordinaria purezza e zioso paesello toscano di Bolgheri, che poi grazie solennità di stili, sulla scia degli antichi classici a Carducci diverrà noto in tutto il mondo, attual- greci e latini, esattamente come farà anni dopo un mente una frazione di Castagneto Carducci in pro- altro massone premio nobel per la letteratura, Sal- vincia di Livorno con poco più di cento abitanti e vatore Quasimodo. Le sue opere subirono costan- con un vino fra i più pregiati al mondo, la Sassi- temente giudizi contraddittori e controversi, per caia, della tenuta san Guido (da lì principiò la pas- esempio le “Nuove poesie” furono duramente re- sione per il vino). Studiò dagli Scolopi a Firenze censite da Giuseppe Guerzoni, mentre Bernardino dove con altri amici, con Giuseppe Chiarini, Giu- Zendrini e persino Ivan Turgenev osannarono “la seppe Targioni Tozzetti, Giuseppe Torquato Gar- sua prosa nervosa, tagliente, succosa, mobilis- gani, fondò la società degli Amici pedanti che sima, sapiente impasto di alta letteratura e di par- intendeva promuovere la restaurazione del classi- lata viva”. Il prof. Marco Rocchi dell’ Università cismo a scapito delle ondate romantiche. Fu poi a di Urbino in un ottimo saggio, “Quel diavolo d’un Firenze e alla Normale di Pisa dove si laureò in Carducci”, ci ricorda in effetti che il poeta non fu Lettere e filosofia. Insegnò prima nei licei, nel gin- un uomo semplice o un uomo per tutte le stagioni. nasio di San Miniato e al liceo Forteguerri di Pi- Così in questo breve profilo più che disquisizioni stoia, e dopo ebbe la cattedra di Letteratura sulle sue opere, sull’erudito inappuntabile, sul- italiana all’Università di Bologna che tenne fino al l’insegnante carismatico, si son voluti cogliere al- suo pensionamento nel 1904. Già l’esperienza a cuni aspetti della sua vita giornaliera e della sua San Miniato con la sua prosa polemica e urticante visione del mondo, la vita come “l’ombra di un ci restituisce il volto vero di un poeta con tutte le sogno fuggente”, tendendo a tenere in non cale le sue “appiccature”. Sposò una parente, Elvira Me- tracce di un poeta ampolloso, austero, celebrativo: nicucci da cui ebbe un figlio Francesco che morì “io sacerdote de l’augusto vero, vate de l’avvenire” poco dopo la nascita e ancora la disgrazia della o “un poeta è un grande artiere”. In particolare il morte del piccolo Dante a tre anni, a cui dedicherà pregevole “laboratorio carducciano” del prof. “Pianto antico”: “tendevi la pargoletta mano” al Marco Veglia dell’Università di Bologna, anche at- melograno, un pianto antico doloroso e malinco- traverso lo studio di una campionatura delle sue nico, una ninna nanna per cullare il figliolo dece- lettere, ha restituito “la coerenza di un intellet- duto. Nel 1857 avvenne la fine dell’amato fratello tuale libero, di un “conservatore sovversivo” Dante che era morto forse suicida dopo una lite col (com’egli amava definirsi) che, nel concetto di cul- padre che un anno dopo morì per il terribile do- tura quale fondamento dell’azione…” trovava la lore. Da allora cominciò a pubblicare con l’editore sua vera essenza. In occasione del primo centena- G. Barbera. Le parole pronunciate già nel 1856 dal rio della morte di Carducci, Marco Veglia ha vo- Carducci relative ad una “società giovanile ben luto dedicare una biografia a Carducci che si è pensante, ben leggente, ben istudiante”, trove- rivelata una testimonianza assolutamente innova- ranno poi una eccezionale consonanza con gli tiva e di gran rilievo su questo scrittore. Dunque ideali latomistici e con l’intero percorso della sua stringatezza ed essenzialità, come invocato dallo vita. stesso Carducci, che amava ripetere “chi potendo esprimere un concetto in dieci parole ne usa do- La cattedra di letteratura italiana all’Univer- dici, lo ritengo capace delle peggiori azioni”, e sità di Bologna bando ai compromessi di ogni genere: “è pure un vil facchinaggio quello di dovere o volere andar Nel 1860 appena giunto a Bologna il 27 novembre d’accordo con molti”. di quell’anno, in un’aula gremita, fece una pro-
GIOSUE CARDUCCI 3 lusione sulla letteratura nazionale e cominciò le riodo bolognese che Carducci “accresce la nostra sue lezioni spesso disertate, sino al giorno in cui poesia di una musicalità larga, sonora, sonante, un si presentarono solo in tre: “la lezione di diritto empito di vigorosa cadenza” da un lato e dall’altro commerciale mi toglie tutti i giovani”. Carducci la sua severità di docente – una volta cacciò via un amò molto Bologna che “surge nel chiaro inverno allievo che si era firmato prima col cognome e poi la fosca turrita Bologna e il colle di sopra bianco col nome - seppe stemperarsi giocando sinanco a di neve ride”. Andò dapprima ad abitare nella lo- carte con i suoi allievi. In 43 anni di insegnamento canda “Aquila nera” di via Calvinazzi, pensione non ripetè mai la stessa lezione anche se alcune di “sobria, ma decorosa e accogliente” della famiglia queste lezioni non le ha mai sentite quasi nessuno Ghelli, poi abitò a via Broccaindosso 777 (dal tant’è che Carducci una volta scrisse: “mi sento 1870 n. 20), e dopo in Strada Maggiore al n. 37 in come un istrione pagato che si chiama professore”. una abitazione del celebre chirurgo Francesco Riz- La sua aula era in via Zamboni 33, un’aula piccola zoli e infine nella palazzina delle Mure Mazzini in e modesta, di recente restaurata, frequentata da via del Piombo. L’università di Bologna gli affidò pochi uditori, ma via via che la fama del poeta si anche un compito prestigioso, quello di dirigere ampliò l’auletta non fu più capace di ospitare tutti. un comitato di storici e letterati per stabilire la Se individuava qualche estraneo al corso di studi data convenzionale della istituzione universitaria erano severe reprimende perché in quell’aula “si felsinea fissata da Carducci nel 1088. doveva andare solo per studiare e non in cerca di La cattedra di “Eloquenza italiana” voluta dal mi- impressioni sullo studioso celebre”. nistro della pubblica istruzione Terenzio Mamiani Della Rovere ricevuta presso l’Ateneo felsineo fu Il profondo respiro massonico di Giosue Car- un’occasione straordinaria per Carducci che ebbe ducci così modo in particolare di incardinarsi nell’am- bito risorgimentale con massoni mazziniani roma- Carducci agli inizi degli anni sessanta entrò in gnoli per i quali bisognava assolutamente massoneria perché sentiva il bisogno di una casa, continuare sino alle annessioni di Venezia e di di un sito adatto alle sue esigenze “dove un rico- Roma. G.F. Pasini sostiene che per merito partico- vero trovar potrai o de’ miei giovini lustri diletto, lare del Carducci Bologna in quegli anni “diventa o mio carissimo tenne libretto?” e perché era un un centro di iniziative culturali dove l’amore per convinto assertore della teoria del dubbio e del- la poesia si unisce a quello per la ricerca erudita, l’ascolto: “ai giudizi dei nemici vuolsi avere sem- e alla passione politica”. A Bologna inaugurò un pre la debita osservanza”. formidabile sodalizio con l’editore Nicola Zani- Sulla loggia bolognese della sua iniziazione sono chelli, giunto lì da Modena, sodalizio paragona- state avanzate le ipotesi più svariate. C’è chi so- bile a quello di Benedetto Croce con Giovanni stiene che entrò nella “Concordia umanitaria” o Laterza. Il figlio di Nicola, Cesare, fu uno dei pochi nella loggia “Severa” e chi fu iniziato nella loggia invitati alla cerimonia del nobel che si tenne a casa “Galvani” – come indicato nella rivista Lux nel Carducci per le sue assai precarie condizioni di sa- 1925 allorquando un anziano massone bolognese, lute. In un minuscolo spazio della libreria, ancora Salomone Sanguinetti, ricordava di aver intro- esistente e visitato, noto come “la saletta”, Car- dotto lui stesso il Carducci nel tempio della loggia ducci incontrava i colleghi, gli studiosi e gli amici, Galvani. Questa tesi è stata sostenuta dalla “Rivi- ospiti del calibro di Giovanni Pascoli, di Lorenzo sta massonica” del 15 febbraio 1907, dalla rivista Stecchetti, di Severino Ferrari, di Aurelio Saffi, di “Acacia”, dall’”Albo carducciano” redatto da Fu- Marco Minghetti, di Gabriele D’Annunzio che magalli e Salveraglio, dal G. Oratore G. Albano, andò a salutarlo nel 1901, facendo venire di con- che ebbe l’incarico di redigere la commemora- tinuo squisite bottiglie di vino. Amò infatti il vino zione ad opera del Goi. Romeo Monari sostiene incondizionatamente – “nei calici il vin scintilla, che l’ode di respiro massonico “Dopo Aspro- sì come l’anima ne la pupilla” - esaltandolo come monte” venne letta in una riunione di loggia dopo simbolo di un soprannaturale pagano e si racconta la sua affiliazione. E’ certo comunque che appar- che, in un’occasione, dopo una bevuta fuori dal- tenne alla loggia “Felsinea” in base al ritrova- l’ordinario venne sorretto e aiutato a tornare a casa mento di una sua agenda del 1866: “Mi feci da un domestico della famiglia Marcheselli, vicini associare ai fr. e fui fatto maestro e segretario prov- di casa, un tal Domenico, che vedendolo barcol- visorio. Andai alla loggia Felsinea. Pagai d’entrata lare con molto garbo lo sorresse e fu ripagato da come maestro lire trenta e cinque in acconto”. una calda stretta di mano e da un “grazie bra- Nel 1867 scrisse una lettera di doglianze a nome v’uomo”. della loggia “Felsinea”, che lo aveva visto fra i Come ricorda Antonio Saccà fu soprattutto nel pe- sette fratelli fondatori, che gli valse l’espulsione da parte del G.M. Lodovico Frapolli. La loggia in-
4 MassonicaMente n.21 - Mag./Ago. 2021 fatti da scozzese volle mutare il proprio rito in La chiesa di Polenta e la cacciata dell’asperso- simbolico unendosi al Gran Consiglio di Milano rio e il Goi agì di conseguenza. E’ stata ritrovata a quel tempo la firma di Carducci al diploma di Come ricorda Marco Cuzzi la società “Dante Ali- maestro di Francesco Magni, poi ottimo rettore ghieri” fondata nel 1889 che ebbe uno spiccato dell’Ateneo felsineo. Sinanco in questa fase fu sentimento irredentista vide fra gli altri il cospi- sempre attivo e partecipe alla vicenda latomistica cuo sostegno anche del Carducci insieme a Chia- come dimostra anche il carteggio fra il poeta e il rini, Saffi, Barzilai, Guerrazzi e Menotti Garibaldi. G.M. Lemmi pubblicato nel 1991 a cura di Cri- Il 30 settembre 1894 Carducci parlò a San Marino in occasione della inaugurazione del nuovo Pa- stina Pipino. Ma poi Adriano Lemmi ed Ernesto lazzo Pubblico con una splendida orazione sulla Nathan lo convinsero a rientrare tant’è che il 20 “libertà perpetua”, mentre tre anni dopo, allor- aprile 1886 venne affiliato a Roma alla loggia quando la contessa Pasolini lo condusse in visita “Propaganda massonica”, dove nel 1888 rag- alla chiesa di San Donato in Polenta nei pressi di giunse il 33° grado del Rito scozzese antico e ac- Bertinoro, scrisse la celebre “La chiesa di Polenta” cettato. In quello stesso anno fu fatto membro che termina con una commossa preghiera alla Ma- onorario della loggia “VIII Agosto” fondata da donna a cui Carducci fu sempre devoto: “Ave Augusto Dalmazzoni nella solenne inaugurazione Maria, quando su l’aure corre l’umil saluto, i pic- avvenuta a Bologna nel palazzo del Podestà. cioli mortali scovrono il capo e curvano la fronte”. In questa circostanza Carducci fu pervaso da un La “bontà dell’elemento”: Giovanni Pascoli forte misticismo facendo cadere il suo tradizionale Di rilievo anche il rapporto fra Giovanni Pascoli e anticlericalismo e sembrò che volesse farsi promo- Carducci. Quando Pascoli, giovane studente uni- tore di una sorta di riconciliazione con la chiesa versitario socialista venne arrestato per aver par- soprattutto per sostenere gli interessi dell’istitu- tecipato ad una manifestazione politica, fu portato zione monarchica. Il suo furore anticlericale con i nel carcere bolognese di San Giovanni in monte suoi eccessi ben noti dei tempi giovanili era ormai dove entrò in una cupa e preoccupante depres- al tramonto, l’”Inno a Satana”, “salute o Satana o sione. Una sera nella sede felsinea della massone- ribellione”, esempio del più viscerale e veemente ria, una guardia carceraria parlò di un giovane anticlericalismo, anche se certo lo sberleffo non studente depresso e disperato, ritenuto prossimo mancò mai: “Via l’aspersorio, prete e il tuo metro”. a un gesto terribile, e Carducci presente chiese il Non gli importa più dei preti che sono “più vecchi nome di questo giovane: “ma Pascoli è uno dei de’ lor vecchi dei” e dopo aver maledetto il papa miei allievi prediletti!”. Da poco infatti aveva tempo prima, “oggi col papa mi concilierei”. messo con la matita blu un “molto bene” a un suo compito particolarmente gradito al poeta. E così Carducci e i suoi molteplici amori nel giro di pochi giorni Pascoli venne scarcerato, Di un certo rilievo nella vita di Carducci il rap- e anni dopo, Carducci gli fece avere la sua cattedra porto speciale con la regina Margherita di Savoia, di Letteratura italiana all’Università e una collo- rapporto fatto di ammirazione reciproca e di forte cazione all’interno della loggia bolognese “Riz- attrazione della quale Carducci scrisse che “si zoli” subito dopo la laurea del Pascoli nel 1882. muove e cammina musicalmente con certe pause In un verbale del 23 settembre 1882 della loggia wagneriane” considerandola come un’icona per “Rizzoli” si legge che “il profano Giovanni Pascoli, un nuovo inizio della storia d’Italia. Il 21 novem- professore, desidera farsi iniziare massone, ma do- bre 1890 la regina donò un suo ritratto al poeta ac- vendo egli partire subito per il luogo del suo im- compagnato da una dedica: “in segno della grande piego occorre in vista della bontà dell’elemento ammirazione che sento per il poeta che, unendo che la loggia soprassieda alle formalità d’uso”. in sommo grado ne’ suoi versi il senso d’italianità Alla “Rizzoli” vi era come M.V. il suo avvocato di- gentile e di ferrea latinità, seppe fare della sua fensore di un tempo Barbanti Bròdano e nel mi- poesia la più alta espressione dell’Italia risorta”. lieu massonico lo stato maggiore della democrazia La regina venne tradita dal re per tutta la vita con bolognese da Costa a Ceneri, da Regnoli a Filo- la contessa Eugenia Bolognini Litta Visconti, detta panti, da Saffi a Carducci, tutti accumunati da un “Litta” o “la bolognina”, moglie di Giulio Litta Vi- sogno di fratellanza universale che, come ricorda sconti che a conoscenza della tresca utilizzava la Fabio Roversi Monaco, venne interrotto dalle moglie per condurre in porto i suoi affari commer- “trincee della prima grande guerra”. ciali. In occasione dell’uccisione del marito assas- sinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci, la regina ammise la “bolognina” alla veglia funebre anche se qualche anno prima le aveva sparato pro-
GIOSUE CARDUCCI 5 babilmente due colpi di pistola senza buon esito raro, gli venne consegnato a Bologna date le sue mentre la Litta si dileguava in una carrozza. precarie condizioni di salute, era costretto in car- Carducci ebbe molti amori, con Dafne Gargioli, rozzella, dall’ambasciatore di Svezia. La sera del Adele Bergamini, Silvia Pasolini, Maria Anto- 10 dicembre, il barone De Bildt, passato prima da nietta Torriani, Anna Maria Mozzoni, la scrittrice Londra e poi da Roma, venne prelevato dall’Hotel Annie Vivanti, Carolina Cristofori Piva, la Lidia Brun di Bologna dal marchese Tanari prosindaco delle “Odi barbare”, moglie di un alto ufficiale che lo condusse a casa Carducci dove lo attende- “Lidia su il placido fiume e il tenero amore, al sole vano il fratello Valfredo, le figlie Beatrice, Laura, occiduo naviga”. In una occasione Carducci volle Libertà, i generi Masi e Guaccarini, i nipoti, Vit- stare con Lidia sino ad una partenza. “Già il mo- torio Puntoni, il prefetto di Bologna, il senatore stro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, Pier Desiderio Pasolini con la moglie la contessa ansa, i fiammei occhi sbarra; immane pel buio Silvia, il marchese Nerio Malvezzi e poche altre gitta il fischio che sfida lo spazio” – il poeta accom- persone. La cerimonia fu molto semplice ma par- pagnò alla stazione la donna amata, in una mat- ticolarmente sentita. Il barone consegnò a Car- tina d’autunno, sotto la pioggia, fra un crepitio di ducci un telegramma del re: “Felicitez de ma part freni e il rumore secco degli sportelli sbattuti del Monsieur Giosue Carducci du prix Nobel qu’il a treno, mentre il mostro, il treno, il ladro di affetti, si bien merité”. Carducci ringraziò il popolo sve- gli rapisce il volto di Lidia che lo saluta con tra- dese: “nobile nei pensieri e negli atti”. In quella sporto, con un pallido rossore, e lui, il poeta, che occasione il barone disse: “la libertà del nostro piano piano, con accurata lentezza ritorna a casa, pensiero non si conturba sotto le volte gotiche ed dove non si ha voglia di tornare, fra la nebbia con è perciò che abbiamo sentito che possiamo, senza cui vorrebbe confondersi, barcollando come un venire meno alla nostra fede, stendere le mani in ubriaco, avendo ormai smarrito il senso della sua riverente omaggio verso di Voi. La severità morale vita e della sua persona, immerso in un tedio infi- delle vostre liriche, la candida purezza nella quale nito, in un dolore acuto, lancinante, che prende sorge il vostro canto verso le alte cime, tutta l’au- forte il petto e lo squassa senza remissione: ”Vo- stera semplicità della vostra vita sono pregi eleva- glio crogiolarmi in questa mia dolorosa stanchezza tissimi, davanti ai quali ci inchiniamo tutti, a che mi pare debba essere eterna”. qualunque religione o partito a cui apparteniamo. Sono doni di Dio, che sotto qualunque forma ap- Quando al Nobel Giosue Carducci “batté” parisca, è sempre lo stesso e da lui imploriamo che Leone Tolstoj continui a scendere sul vostro venerando capo la santa benedizione che si chiama amore”. In quella Nel 1906 Carducci vinse il premio nobel per la let- occasione non fu consegnata la medaglia che in- teratura nello stesso anno in cui un altro italiano, vece venne data al ministro d’Italia a Stoccolma e massone, l’istologo Camillo Golgi, di cui si è oc- poi recapitata al Carducci tre giorni dopo da un cupato da par suo Claudio Bonvecchio, vinceva il funzionario della Banca Commerciale. Il consiglio premio nobel per la medicina. Il nobel per la let- comunale di Bologna inviò al poeta il seguente teratura è stato assegnato cinque volte ad italiani: messaggio: “come la madre affettuosa si gloria del- Grazia Deledda nel 1926, Luigi Pirandello nel l’omaggio al suo figlio insigne, Bologna che è vo- 1934, Salvatore Quasimodo nel 1959, Eugenio stra madre adottiva è superba di voi”. Montale nel 1975 e Dario Fo nel 1997. Fra i cin- Si spense due mesi dopo, la notte fra il 15 e il 16 que uomini vincitori due massoni, Carducci e febbraio 1907 per un attacco fatale di broncopol- Quasimodo, e la figura di Pirandello di cui si parla monite. I funerali solenni registrarono una nell’introduzione. Una vittoria straordinaria per enorme partecipazione popolare e i suoi studenti Carducci dato che gli altri candidati erano del ca- e i suoi fratelli massoni vegliarono la salma rive- libro di Leone Tolstoj. Il barone De Bildt, membro stita delle insegne massoniche. Ricordato anche dell’Accademia di Stoccolma, prima nel 1904 e poi da numerose logge a lui intitolate in Italia come nel 1906, aveva proposto la candidatura di Car- la n. 103 e la “Ça ira” a Bologna (sonetti carduc- ducci e a lui si unirono il conte Ugo Balzani, pre- ciani sulla rivoluzione francese), originariamente sidente della società romana di storia patria e il loggia democratica composta prevalentemente da prof. Jhoann Vising, rettore della scuola superiore artigiani, come la 752 a Vibo Valentia, come la n. di Gottemburg. La motivazione del premio reci- 813 a Roma o la n. 824 a Follonica. Riposa alla tava: “non solo in riconoscimento dei suoi pro- certosa di Bologna accanto alla madre, alla moglie, fondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto ai figli e vicino alla sua tomba monumentale vi un tributo all’energia creativa, alla purezza dello sono quelle di Enrico Panzacchi e il sepolcro di stile e alla forza lirica che caratterizza il suo capo- Severino Ferrari, poeta felsineo di “gentile e uma- lavoro di poetica”. Il nobel, caso più unico che nissimo cuore”.
6 CAMILLO GOLGI NOBEL PER LA MEDICINA 1906 di Claudio Bonvecchio Dopo aver diretto, a Pavia, per più di trent’anni di certo visto, molte volte, suo padre nelle condi- un Collegio Universitario che porta il nome di zioni di quel medico così efficacemente descritto Bartolomeo Camillo Emilio Golgi e, dopo essermi da Renato Fucini. Ne è prova la sua sensibilità di seduto per più di quarant’anni sulla sedia del suo medico che lo portò – nel corso della sua straordi- studio, mi sono sentito quasi obbligato a tracciare naria attività scientifica – a occuparsi della malaria il profilo di questo grande scienziato: premio che, insieme alla pellagra, era una delle patologie Nobel, nel 1906, per la medicina, ma anche ini- che colpiva, con più frequenza, le classi lavoratrici ziato Libero Muratore nella Libera Muratoria Uni- delle campagne sfruttate e lasciate a sé stesse. versale. Golgi è nato, terzo di tre figli, il 7 luglio Ben presto il giovane Golgi si trasferirà – per un 1843 a Còrteno – piccolo paese della bresciana Val breve periodo a Pavia – poi, dal 1852 al 1856, fre- Camonica a cui, nel 1956, fu aggiunto il nome di quenterà il Ginnasio di Lovere (Bergamo) per poi Golgi per onorare il suo illustre concittadino – e fare ritorno, definitivamente, a Pavia dove termi- raggiunse l’Oriente Eterno, il 21 gennaio 1926, a nerà i suoi studi liceali nel Regio Ginnasio Li- Pavia: sua città di adozione. Era figlio di un me- ceale. Liceo questo – dal 1865 intitolato a Ugo dico condotto, Alessandro, pavese di origine, che Foscolo e attualmente ancora funzionante (visto già subito dopo la laurea – conseguita all’Univer- che l’ho frequentato pure io) – collocato nell’an- sità degli Studi di Pavia nel 1838 – si trasferì a tico convento barnabita di Santa Maria di Cane- Còrteno. E qui non ci si può astenere dal ricordare panuova, attivo come scuola superiore dal 1557 e l’importanza e il valore che ebbero i medici con- che vanta, oltre a Golgi, illustri alunni: come Be- dotti nell’Italia ottocentesca e unitaria. Basta scor- nedetto Cairoli, Felice Casorati, Luigi Porta, Fi- rere Dolci ricordi dalle Veglie di Neri di Neri Tanfucio, lippo Turati, Tranquillo Cremona e altri ancora. ossia Renato Fucini, per rendersene conto. Nel 1860, si iscriverà alla Facoltà medica dell’Alma “Quando mi destai, “così scrive Renato Fucini” Ticinensis Universitas di Pavia. L’Università degli vidi mio padre seduto dall’altra parte del focolare Studi di Pavia – sorta, come Scuola giuridica, per vo- che si asciugava alla fiamma i calzoni fradici di lontà dell’Imperatore Lotario nel 1825, fondata, pioggia. Pareva stanco e pallido. Tossiva mala- come Studium Generale, dall’Imperatore Carlo IV mente e aveva schizzi di fango fino sulla faccia”. nel 1361 su sollecitazione di Galeazzo Visconti, Era il ritratto di medici che, scarsamente remune- duca di Milano e riportata a nuova e più presti- rati, soli, senza particolari strumenti, svolgevano, giosa vita da Sua Maestà Imperiale Maria Teresa con dedizione estrema e con laico spirito fraterno, e da Suo figlio Giuseppe II nel Settecento – era il loro compito di medici condotti: la loro mis- une delle più antiche e prestigiose Università Ita- sione. Si muovevano a piedi e a cavallo, in situa- liane. In essa avevano insegnato illustri giuristi e zioni estreme e in zone disagiate e dissestate, per letterati – come Baldo degli Ubaldi, Andrea Al- portare soccorso medico, umana vicinanza, consi- ciato, Giasone del Maino, Lorenzo Valla, Agrippa glio e, spesso, anche aiuto materiale a una popo- di Nettesheim, Girolamo Cardano, Giandomenico lazione poverissima, devastata da malattie sociali Romagnosi, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo – e non e da infime condizioni di vita. L’Italia moderna ha meno illustri scienziati: come Lazzaro Spallanzani, dimenticato questi silenziosi e nascosti eroi del Lorenzo Mascheroni, Alessandro Volta, Antonio progresso e della Fratellanza. E li ha dimenticati, Scarpa, solo per citarne alcuni. In questo contesto, pure, la Libera Muratoria più incline a celebrare i Golgi avrà avuto modo di partecipare all’attiva (pur importanti) fasti politici e letterari del Risor- vita gogliardica incrementata anche dall’esistenza gimento che la quotidiana fatica e il continuo sa- di due secolari Collegi Universitari come il Colle- crificio di questi umili personaggi. Uomini che gio Ghislieri (fondato nel 1567 da san Pio V) e erano, in molti casi, Liberi Muratori. E che percor- l’Almo Collegio Borromeo fondato nel 1561 da revano pianure e montagne – come Alessandro San Carlo Borromeo. Golgi – per testimoniare, con la loro quotidiana Ma non si deve pensare che la vita gogliardica pa- fatica, una fede spesso religiosa, sicuramente laica, vese, sicuramente vissuta da Golgi, trascorresse sempre umana e alimentando la fiaccola ideale solo in divertimenti, allegria, giochi, passioncelle, dell’amore per il prossimo. Questo “stile umano” avventure erotiche e versi licenziosi: come quelli sicuramente ha influenzato Camillo Golgi che avrà che fecero cacciare dal Collegio Ghislieri, nel
CAMILLO GOLGI 7 1726, Carlo Goldoni. I giovani universitari pavesi l’importante reparto di Chirurgia che quello di erano, anche, politicamente, socialmente e patriot- Dermatologia per diventare, subito dopo, Assi- ticamente impegnati. Lo dimostra la probabile stente della Clinica di Malattie Nervose diretta del presenza di una Loggia della Libera Muratoria nel già famoso (e oggi criticatissimo) Cesare Lom- Collegio Ghislieri e in città, i fermenti rivoluzio- broso, di cui da studente era stato allievo. Nel con- nari francesi fatti propri dagli studenti, la presenza tempo, frequentava il laboratorio istologico napoleonica in Università e soprattutto – dopo fondato dal celebre Paolo Mantegazza e diretto da l’eclissi di Napoleone – la grande speranza risor- Giulio Bizzozzero che gli sarà mentore e Maestro. gimentale che infiammava i giovani universitari Lombroso e Bizzozzero saranno dunque le sue pavesi. Basta solo pensare al contributo di sangue guide in un cammino che lo porterà al vertice dei Fratelli Cairoli, Ernesto, Luigi, Enrico, Gio- mondiale della scienza medica. L’uno, Cesare vanni e Benedetto: l’unico, sopravvissuto anche se Lombroso – che era stato un convinto patriota e ferito agli altri quattro morti sui campi di batta- volontario nell’esercito piemontese – aveva tro- glia. O agli studenti pavesi morti – insieme a vato nell’Università degli Studi di Pavia (dove si quelli pisani – nella battaglia di Curtatone e Mon- era laureato) un ambiente a lui consono non solo tanara del 29 maggio 1848 e ai 170, circa, studenti per la celebrità dell’Ateneo ma, anche, per lo spi- pavesi che parteciparono, con Giuseppe Garibaldi, rito ivi imperante. La Facoltà Medica – in sintonia alla spedizione dei Mille. Non bisogna, poi, di- con le più avanzate convinzioni dell’epoca – rifiu- menticare – oltre all’afflato politico – anche quello tava, infatti, le dottrine vitaliste e orientava le sue culturale e sociale. L’Università degli Studi di ricerche sulla base del metodo sperimentale, im- Pavia, infatti, era all’avanguardia negli studi prontato a un rigoroso materialismo. Questo sti- scientifici e medici già dal Settecento con l’illustre molò, senza dubbio, gli interessi di Lombroso che anatomista Antonio Scarpa, con medici come Sa- iniziò ad occuparsi, attivamente, delle malattie muel A. Tissot e Johann P. Frank e, altrettanto lo mentali e delle relazioni intercorrenti tra la biolo- sarà nell’Ottocento con personaggi del calibro di gia e le patologie della mente e con questo, senza, Bartolomeo Panizza, Giulio Bizzozzero, Eugenio dubbio influenzò il giovane Golgi nel perseguire Oehl, Paolo Mantegazza e Cesare Lombroso. gli studi sull’eziologia delle malattie mentali e L’orientamento prevalente – in sintonia col sentire neurologiche e, quindi, del cervello. Inutile dire europeo – era quello positivista. Un Positivismo, che, in questi studi, Golgi mostrava una sensibi- certo, in cui la ricerca scientifica si associava, lità positivista e antimetafisica che si sposava pie- anche, con spinte patriottiche – basta ricordare namente anche con le posizioni della Libera Carlo Cairoli, Ordinario di Chirurgia, Rettore Muratoria dell’epoca. Così, sotto la guida di Lom- dell’Università e padre dei già citati Fratelli Cai- broso, pubblicò, nel 1868, il suo primo articolo roli – e sociali. Non è casuale che il celebre Cesare scientifico su di un caso di pellagra e, nel 1869, Lombroso – ebreo di nascita, positivista, raziona- una importante monografia vertente Sull’eziologia lista, libero pensatore e forse, pure lui Fratello – delle alienazioni mentali. L’altro, Giulio Bizzozzero – si sia occupato di quel vero e proprio flagello so- convinto positivista e enfant prodige della Medicina ciale rappresentato dalla pellagra. Rappresentava – esercitò una altrettanta e maggiore influenza su il desiderio di mettere la scienza medica a dispo- Golgi che aveva preso le distanze da Lombroso sizione delle classi più umili per favorirne il mi- che gli sembrava – e aveva, pienamente, colto nel glioramento e l’innalzamento: come farà lo stesso segno – “troppo avventato nelle sue conclusioni e Golgi occupandosi, attivamente, del problema non rigorosamente aderenti ai precetti proclamati della malaria non meno drammatico della pella- da Lombroso”. Questo lo avvicinò agli interessi di gra. Bizzozzero che lo stimolò ad occuparsi di Istologia, È, dunque, in questo contesto estremamente ricco interessandosi prioritariamente del sistema ner- di stimoli che si snoderà il cammino universitario voso e perseguendo un metodo rigorosamente di Camillo Golgi che, ventiduenne, si laureò, nel sperimentale. Anche in questo caso, accanto a 1865, in Medicina, con una Tesi “Sull’eziologia quelle scientifiche era presente il desiderio di sve- delle malattie mentali” discussa con Cesare Lom- lare, grazie all’architettura del cervello, i “segreti, broso e, subito dopo, iniziò il suo cammino di me- dei comportamenti degli esseri umani. Grazie al dico e di ricercatore. Infatti, senza alcuna giovane Giulio Bizzozzero (era più giovane di lui), discontinuità, prese servizio presso il pluriseco- Golgi si applicò con grande impegno alla ricerca, lare – era stato fondato su sollecitazione del dome- giungendo a pubblicare diversi lavori tra i quali nicano fra Domenico da Catalogna nel 1448 – uno studio sulla neuroglia (un tessuto fondamen- Ospedale San Matteo di Pavia, frequentando sia tale che sostiene l’encefalo e il midollo spinale)
8 MassonicaMente n.21 - Mag./Ago. 2021 che ebbe una discreta risonanza, a livello interna- Ma se questo è il cursus honorum strettamente me- zionale. dico di Camillo Golgi, non meno importante è Tuttavia, per motivi prettamente economici e su quello civile e politico. Un cursus honorum che la- insistenti pressioni paterne – come è noto la car- scia intravvedere come l’affiliazione muratoria – riera universitaria, ieri come oggi, non favorisce di cui non conosciamo i dettagli – ha lasciato, in certo i meno abbienti – Golgi partecipò, nel 1872, lui, una importante traccia. Fu infatti Magnifico al concorso per Primario Chirurgico presso le Pie Rettore dell’Università degli Studi di Pavia per Case degli Incurabili di Abbiategrasso. E lo vinse. ben due mandati – dal 1893 al 1896 e dal 1901 al Questa vincita, tuttavia, non si trasformò, per lui, 1909 – dando un importante e equilibrato contri- in una comoda sinecura: come poteva accadere in buto alla crescita dell’Università, a cui si dedi- casi consimili. Casi in cui il primariato in una pic- cherà con particolare impegno in anni di grande cola cittadina coincideva con una posizione di pre- fermento sociale. Suo scopo principale era la di- stigio e di potere, magari aumentati da un fesa e l’ampliamento della Università in cui scor- matrimonio rappresentativo e da una vita senza geva la possibilità di dar vita a una Italia in grado particolari stimoli, ma di rappresentanza. Al con- di competere con gli altri Istituti Scientifici: a li- trario, Golgi allestì – con caparbietà e spirito di sa- vello internazionale. Questo è stato il motivo per crificio – un rudimentale laboratorio, continuando cui è sceso in politica, concentrandosi sulla ammi- nelle sue ricerche. II risultati non si fecero atten- nistrazione di Pavia: la sua città di adozione, dere. Infatti, sarà proprio a Abbiategrasso che anche se mai dimenticherà Corteno, il suo paese porrà le basi per la cosiddetta “reazione nera”: la di nascita. Si schiererà nell’Unione Liberale Mo- fissazione del tessuto nervoso in bicromato di po- narchica lottando, nelle elezioni comunali, contro tassio e poi l’immersione in nitrato d’argento. il futuro Senatore a vita Roberto Rampoldi espo- Questa reazione facevi si che alcune cellule, così nente della sinistra (amico dei miei nonni) che fu trattate, risultassero al microscopio, rivelando la deputato per molte legislature sempre nella Sini- morfologia e l’architettura del tessuto cerebrale: in stra. In questa contesa, il vincitore fu Golgi, moti- tutte le loro ramificazioni. Era l’inizio di quelle vato più che dal desiderio di condurre una attività che saranno chiamate le Neuroscienze e che, oggi, politica vera e propria dalla volontà di difendere hanno una importanza straordinaria e, sempre di l’Università sia dalle mire milanesi sia dall’apatia più ne avranno. Grazie a questa scoperta, Golgi dei pavesi. Golgi temeva infatti che Milano vo- studiò, in seguito e con successo, la struttura del lesse dotarsi di strutture universitarie competitive cervelletto (le cellule di Golgi della corteccia ce- con Pavia – come, per altro stava avvenendo – di- rebellare), i bulbi olfattori, altri aspetti ancora del- minuendo, con questa frammentazione, la possi- l’area cerebrale e i primi principi della sua teoria bilità di avere sedi universitarie in grado di generale dell’organizzazione del cervello. Grazie a compete a livello internazionale. Va, in questo, questi studi e alla rapida diffusione della sua no- ravvisata l’intelligenza accademica del Golgi che torietà, divenne, nel 1876, professore di Istologia temeva – cosa questa che avverrà nel secondo do- nella Regia Università degli Studi Pavia e anche poguerra – la provincializzazione delle Università di Anatomia nell’Università degli Studi di Siena. ridotte a super Licei a causa della loro dispersione Dopo la parentesi senese, fu nominato in via defi- sul territorio nazionale. Sulla notoria apatia dei nitiva (1879) Ordinario di Patologia Generale e pavesi basta scorrere la storia di Pavia per tro- responsabile di un reparto nell’Ospedale Dan varne ampie conferme. Matteo. Il suo desiderio – comunque in perfetta sintonia Gli onori accademici, la notorietà internazionale e con l’approccio sociale della Libera Muratoria del- il matrimonio (nel 1877 con Lina Aletti, nipote di l’epoca – era quello di dar vita ad un nuovo e mo- Giulio Bizzozzero) non lo distolsero dalla ricerca: derno Policlinico San Matteo in grado di come già era accaduto durante il periodo trascorso rispondere alle esigenze della popolazione della a Abbiategrasso. Al contrario, continuerà la ricerca nuova Italia. Questo suo progetto – maturato nel testimoniata dall’organo tendineo del Golgi, dai periodo in cui fu Assessore alla Sanità nel Co- corpuscoli di Golgi-Mazzoni, dagli imbuti cornei mune di Pavia – troverà accoglienza soltanto nei della mielina, dagli studi sulla malaria (che si primi decenni del Novecento in cui sorgerà, delo- concreteranno nella Legge di Golgi), dalle ricerche calizzato rispetto alla sede storica, il nuovo Poli- sull’istologia del rene, sulla trasfusione del san- clinico San Matteo. gue peritoneale, sui canalicoli delle cellule parie- Con lo stesso spirito di servizio e la medesima tali delle ghiandole gastriche e su molto altro umiltà, terminato il suo periodo di Rettorato, Ca- ancora. millo Golgi tornerà all’insegnamento e agli studi
CAMILLO GOLGI 9 occupandosi sia della rete perineuronale sia del- umani in nome di quel “bene e progresso del- l’apparato reticolare interno del sistema nervoso l’Umanità” che – oggi come allora – è una delle che fu chiamato “apparato di Golgi”. E, con la frasi più significative del Rituale di Iniziazione. stessa alacrità intellettuale continuò sino alla Certo era un Positivista, sicuramente non era – al- morte la carriera di studioso pur ottenendo una meno per quanto ne sappiamo – un esoterista: in lunga serie di onori accademici e pubblici. Fu no- senso stretto. Ma sappiamo, anche, che fortunata- minato Senatore del Regno nel 1900 e fu chia- mente nella Libera Muratoria Universale il filone mato, come già ricordato, ad esercitare, ancora, la esoterico e quello più razionalista convivono, pro- carica di Magnifico Rettore nell’Università degli ficuamente: divisi su molti aspetti ma totalmente Studi di Pavia dal 1901 al 1909. Nel 1906 ebbe, concordi nel lavorare per il proprio perfeziona- poi, il grandissimo e meritatissimo onore di rice- mento interiore e per il miglioramento della vita vere dalle mani del Re di Svezia il Premio Nobel di chi vive accanto a noi. Questa è stata la divisa per la Fisiologia e la Medicina insieme a Ramon di Camillo Golgi. Questo – ben più del Nobel e di y Cayal, con cui aveva avuto cavalleresche contese. tutti gli onori terreni – è il suo grande merito e il Ricevette il Nobel prima del Fratello Giosué Car- dovere di ricordarlo come un Fratello che dà lu- ducci, Premio Nobel per la Letteratura. Non biso- stro, in eterno, alla Libera Muratoria Universale. gna, altresì, dimenticare che fu decorato della più Onore al Fratello Camillo Golgi. alta onorificenza italiana, il Gran Cordone dell’Or- dine di San Maurizio e Lazzaro, a cui si aggiunse il Cavalierato dell’Ordine Civile di Savoia e l’am- bitissimo Cavalierato dell’Ordine pour le Merite dell’ImperoTedesco. Durante la Prima Guerra Mondiale, oramai anziano, non si sottrasse al suo dovere di patriota, dando il suo contributo come Camillo Golgi. Credit: Wellcome M0012780, CC-4.0 direttore dell’Ospedale di Guerra che era stato in- stallato nell’Almo Collegio di Pavia, ponendo tutti i suoi sforzi e le sue competenze nel curare i feriti di guerra e nell’adoperarsi per la loro riabilita- zione. Nel 1918, andò e pensione pur continuando a in- segnare fino al 1920 come Professor Emeritus nel- l’Alma Tciinensis Universitas che lo aveva avuto come studente, Professore e figlio prediletto. Nel 1926 raggiunse l’Oriente Eterno lasciando la moglie che lo segui nel 1940. Una semplice tomba li accoglie entrambi nel Cimitero Monumentale di Pavia. Difficile è stabilire il Cammino Muratorio di Ca- millo Golgi: non avendone alcuna documenta- zione. Non si sa se è stato iniziato a Brescia, a Pavia o a Roma. Non si conoscono né la data di Iniziazione e neppure quella dell’Assonnamento: se mai ci fu un Assonnamento. E neppure sap- piamo se è stato iniziato nel Grande Oriente d’Ita- lia o nella Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori: ma questo, in fondo, poco conta. Quello che conta è che Camillo Golgi è stato – come dimostra tutta la sua vita, il suo im- pegno morale, civile e scientifico – un vero, grande, sincero Libero Muratore. Ha dimostrato come nell’Italia che si stava edificando era possi- bile, per un figlio della piccola borghesia, rag- giungere, per il merito i traguardi più elevati. Ha testimoniato, altresì, una ferrea volontà e un ar- dore civile che l’ha guidato, con sacrifici, in tutta la sua esistenza a migliorare la vita degli esseri
ERNESTO TEODORO MONETA NOBEL PER LA PACE 1907 di Velia Iacovino C ombattente garibaldino, libero muratore, tra i più brillanti giornalisti dell’Otto- cento, Ernesto Teodoro Moneta, nato da un’antica e aristocratica famiglia il 20 settembre 1833 a Milano, dove morì il 10 febbraio del 1918, zione, dai suoi scritti, da quel progetto di pace in- ternazionale, che portò avanti con impareggiabile passione e che aveva radici nella sua formazione. Un progetto in cui credette fortemente, convito come era della necessità di costituire libere comu- ingiustamente poco celebrato, perché forse malin- nità nazionali guidate da istituzioni rappresenta- teso nelle sue apparenti contraddizioni, è l’unico tive che si occupassero di realizzare un’armoniosa italiano ad essersi aggiudicato il Nobel per la e pacifica convivenza tra i popoli. Moneta fu fino Pace, il più ambito riconoscimento del mondo. Ri- in fondo un libero muratore che non temette mai conoscimento, che gli venne conferito, insieme al di schierarsi e che seppe dare senza retorica forma giurista francese Louis Renault, il 10 dicembre concreta ai suoi principi, attirando su di sé una 1907 per il suo appassionato impegno nella pro- sorta di ingiustificata damnatio memoriae che ha mozione “della fraternità delle genti”, come recita sempre pesato sulla sua figura e che ancor oggi la scritta in latino incisa sulla medaglia che gli fu resta difficile da dissipare. consegnata in quella speciale occasione. Di bel- l’aspetto, affascinante ed empatico, Moneta amava In punta di penna e di sciabola andare a cavallo, recitare in spettacoli teatrali ama- toriali e scrivere recensioni per Il Secolo, il quoti- Le note biografiche, pubblicate sul sito del Premio diano fondato nel 1866 da Edoardo Sonzogno e Nobel, confermano i forti dissapori familiari, cau- che dal 1867 fino al 1895 fu lui a dirigere brillan- sati dal suo strenuo anticlericalismo, che pur ap- temente. (Nobel Lectures, Peace 1901-1925, Editor Fred- pariva in contrasto con la sua profonda religiosità. erick W. Haberman, Elsevier Publishing Company, “Si allontanò dalla moglie e dai suoi due figli du- Amsterdam, 1972 - https ://www. nobelprize. org/prizes/ rante la sua vita – si legge- in gran parte perché peace/1907/ moneta/biographical/ ). la moglie non fu in grado di accettare questa ap- parente incoerenza nell’atteggiamento del marito verso la fede che per lei significava così tanto”. La Massoneria e la famiglia Ebbe a dire di lui Morris Ghezzi, giurista, socio- Nel corso del tempo c’è anche chi ha sollevato logo, libero muratore, per molti anni vicepresi- dubbi sulla sua iniziazione massonica. Ma a spaz- dente della Fondazione Moneta (oggi non più zarli definitivamente via è oggi la testimonianza attiva): “Fu un apostolo dell’universalismo e uma- diretta della sua pronipote Alessandra Ricci Mo- nesimo liberomuratorio che gettò le fondamenta neta Caglio Monneret de Villard, avvocato pena- della modernità e che come nella Rivoluzione lista, che abbiamo intervistato. “Purtroppo – ha francese e in quella americana anche in Italia di- spiegato la discendente del premio Nobel- buona resse le fila delle guerre e dei movimenti che por- parte dei documenti del mio trisnonno sono an- tarono all’Unità d’Italia ed alla nascita della dati perduti... ma in famiglia tutti sapevano della democrazia nel nostro paese. Moneta fu una figura sua appartenenza alla Massoneria, sia per le sue di grandissimo rilievo mondiale, purtroppo quasi idee sia per i litigi furiosi con la moglie prima e censurata nella memoria del nostro paese, e un col figlio maggiore poi, entrambi ferventi cattolici. convintissimo assertore dei principi della Masso- Mi raccontava mia madre che, quando mio nonno, neria Universale alla quale si rifacevano anche Ga- entrò anche lui nella Libera Muratoria, il padre gli ribaldi e Cavour, che gettò le basi per una nuova rimproverò aspramente di essere ‘eretico’ come visione del diritto internazionale autonomo dalle Ernesto Teodoro, che era profondamente e frater- nazioni. Appartenne a quella composita schiera di namente legato a Giuseppe Garibaldi da un forte intellettuali che con la penna e la sciabola fonda- rapporto di stima e di amicizia che proseguì anche rono l’Italia moderna, democratica, socialista, at- dopo la campagna dei Mille”. C’è stata una vo- traverso una rivoluzione compiuta che fu l’Unità lontà precisa “da parte dei membri più fanatica- del paese. Una figura dalla religiosità laica e teo- mente religiosi della nostra famiglia - sostiene sofica vincente, che da guerriero si convertì ai Alessandra Moneta- di cancellarne per sempre principi kantiani sulla pace universale e ne di- l’identità massonica”. Identità che invece emerge venne un apostolo fino al Premio Nobel” (Tabloid con forza e tutta evidenza dalle sue prese di posi- n. 7/8 2003 Fabrizio De Marinis “Grande Garibaldino e
ERNESTO TEODORO MONETA 11 direttore de Il Secolo meritò nel 1907 il Nobel per la pace. Un giornale per costruire l’Italia In punta di sciabola”). Sotto la sua sapiente guida durata 30 anni, Il Secolo divenne tra gli organi di informazione più vivaci In prima linea e innovativi dell’epoca, punto di riferimento di Personaggio affatto facile da decodificare, dalle in- tutto quel vasto movimento di pensiero democra- comprensibili -per molti- antinomie, visse una tico e socialista fortemente coinvolto nei processi vita intensa. Dal 18 al 22 marzo del 1848 – non unitari e nelle grandi riforme sociali. Con Moneta aveva ancora compiuto 15 anni- prese parte alle il numero dei lettori passò in breve tempo da 30 Cinque Giornate di Milano per poi cercare di ar- mila a oltre 100 mila grazie anche ad alcune ini- ruolarsi come volontario nell’esercito piemontese ziative popolari che tra cui la pubblicazione di ro- senza riuscirvi poiché il Comitato lombardo di manzi a puntate firmati da scrittori come Victor emigrazione, al di là del Ticino, ne aveva respinto Hugo, George Sand, Julius Verne, Alexander la richiesta, inviandolo invece alla Scuola militare Dumas, e la promozione di lotterie e concorsi a di Ivrea affinché potesse proseguire gli studi (Ful- premi. Dalle colonne del suo quotidiano il gior- vio Conti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume nalista ex garibaldino espresse un’opposizione 75 - 2011). Successivamente Moneta, come pro- critica, da radicale moderato, al governo sia della vano documenti scoperti solo nel 2007 nell’archi- Destra storica che della Sinistra costituzionale, si vio storico dell’Università di Pavia, frequentò il scagliò contro il clero, che considerava un fattore prestigioso ateneo pavese - lo stesso nel quale si di forte ostacolo al progresso sociale, e propose formò un altro Nobel italiano e massone, il medico l’abolizione della leva obbligatoria da sostituire istologo Camillo Golgi- seguendo con brillanti ri- con periodiche esercitazioni militari da tenersi nei sultati nell’anno accademico 1852- 1853 il corso comuni di residenza. di discipline politico-legali, che influì molto sulla sua futura vocazione pacifista. Ma presto Moneta Ernesto Teodoro Moneta, Porta Venezia, Milano. Opera di preferì tornare alle battaglie risorgimentali. Nel Tullio Brianzi, 1924. La statua fu rimossa durante il Fascismo, nel 1937, e ricollocata al suo posto nel 1945. 1858, “subito dopo l’attentato di Felice Orsini a Foto: Giovanni Dall'Orto, 2007 Parigi, fondò una società segreta di giovani d’azione, della quale egli solo aveva tutti i nomi e le fila” (Appunti autobiografici, in “Giù le armi! Ernesto Teodoro Moneta e il progetto di pace internazionale” Clau- dio Ragaini, Franco Angeli). A Torino l’anno succes- sivo, mettendo da parte i suoi ideali repubblicani, aderì alla Società nazionale italiana, il cui pro- gramma prevedeva l’unificazione sotto la dinastia dei Savoia, collaborando con due giornali che ne propagandavano gli ideali: L’Unità nazionale e Il Pic- colo Corriere d’Italia. Subito dopo si arruolò come volontario nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, co- mandati da Garibaldi. L’ultima battaglia Partecipò alla Spedizione dei Mille restando al fianco dell’Eroe dei due mondi anche in seguito, fino alla sfortunata battaglia di Custoza del 1866, durante la quale divenne assistente di campo del generale Giuseppe Sirtori (1813-1874), politico e patriota italiano, ultimo comandante dell’Esercito meridionale, cinque volte deputato, con cui strinse una profonda amicizia destinata a durare tutta la vita, nonostante la forte disillusione che aveva provato proprio nel corso di quell’ultima campagna militare che segnò la fine della sua car- riera militare e il ritorno alla vita civile e alla sua vera passione: il giornalismo.
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