"Lo riconobbero nello spezzare il pane" - Sussidio per vivere il Triduo pasquale 2020 - Diocesi Nocera ...

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"Lo riconobbero nello spezzare il pane" - Sussidio per vivere il Triduo pasquale 2020 - Diocesi Nocera ...
«Lo riconobbero nello spezzare il pane»
                                                                    (cfr. Lc 24,35)

                                   Sussidio
                     per vivere il Triduo pasquale 2020
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Diocesi di Nocera Inferiore – Sarno / Ufficio Liturgico Diocesano
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"Lo riconobbero nello spezzare il pane" - Sussidio per vivere il Triduo pasquale 2020 - Diocesi Nocera ...
INTRODUZIONE

     «In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra
     d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il
     Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io
     vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io
     colpirò la terra d’Egitto» (Es 12,12-13).

Mai come quest’anno, in una situazione di emergenza sanitaria, forse comprendiamo il valore dello
stare chiusi in casa.
Fuori passa l’angelo sterminatore; ma le famiglie segnate nel battesimo con il sangue dell’Agnello
sono al sicuro.
Riscopriamo, anche se in un tempo di smarrimento, come la famiglia sia il luogo della sicurezza,
degli affetti e, in tutti i sensi, della salvezza.
Accogliamo con gratitudine questo sussidio, approntato dal direttore diocesano dell’Ufficio
Liturgico, che ci può accompagnare nei giorni santi e durante il triduo pasquale.
Possiamo riscoprire, rimanendo a casa e ricucendo i rapporti, la dimensione domestica della Chiesa
e la comunione, nell’aspetto orante e spirituale, con l’unica Chiesa di Cristo, che celebra la Pasqua
del suo Signore.
La mia benedizione, in questi giorni, raggiunga ogni membro della famiglia per sostenerlo ed
incoraggiarlo.

Nocera Inferiore, 5 aprile 2020
Domenica delle Palme

                                                                         + Giuseppe Giudice, Vescovo

                                                                                                       3
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PRESENTAZIONE

Questo sussidio che giunge nelle nostre case e alle nostre famiglie in questo tempo di emergenza
vuole sostenere la nostra preghiera in particolare durante il triduo pasquale, che siamo chiamati a
viver in maniera senz’altro singolare. Non possiamo fisicamente radunarci per celebrare nelle nostre
chiese, ma possiamo sentirci uniti nella preghiera ecclesiale e celebrare nella fede della Chiesa il
Triduo del Signore che ci ha redenti.

Ci saranno tante possibilità di “partecipare” alle celebrazioni del triduo attraverso i mezzi di
comunicazione. Esse ci daranno la possibilità di gustare, nei riti e nei segni, tutta la bellezza della
Pasqua. Questo piccolo strumento, lungi dal voler prendere il posto dei riti pasquali celebrati e vissuti,
intende offrire non un’alternativa, ma un supplemento alla preghiera comunitaria. Mente infatti siamo
abituati a vivere le celebrazioni del Triduo nella comunità ecclesiale, potremmo sentirci smarriti a
dover vivere la nostra insolita partecipazione ad esso nella dimensione domestica. Questo piccolo
contributo, ci si augura possa essere utile in questa “novità” cui siamo sottoposti.

In queste pagine proponiamo:

   1. Una introduzione generale ai singoli giorni del triduo.
   2. Una Liturgia della Parola che può essere fatta in famiglia, per ogni giorno del triduo, con i
      segni che caratterizzano quella giornata.
   3. La preghiera per i pasti.
   4. La benedizione della casa e della famiglia.
   5. La preghiera del vescovo in questo tempo di emergenza.
   6. Appendice sintetica sulla storia del Triduo.

Per vivere questi momenti di preghiera prendiamo cura del luogo in cui vivremo la preghiera.
Predisponiamo, nel luogo di casa più adatto, un piccolo tavolino coperto da una tovaglia bianca su
cui tenere aperta in questi giorni la Bibbia e un lume (da accendere quando preghiamo) la Parola di
Dio luce del nostro cammino possa illuminare questo tempo.

A questi elementi possiamo, per ogni giorno del triduo aggiungere un segno che caratterizzi quella
giornata e ci rimandi al mistero celebrato.
- Giovedì Santo: Una brocca con l’acqua e un asciugamano. Il Cristo obbediente e servo ci insegna
che l’eucaristia nasce dal dono totale di sé per la salvezza altrui.
- Venerdì Santo: Il crocifisso, cui guardiamo nella passione e in ogni momento della nostra vita.
Albero tanto glorioso che ci meritò un tale redentore.
- Sabato Santo: Un velo disteso sopra la Bibbia. Tutto il creato tace, anche Dio è in attesa della
resurrezione. Un’immagine della Beata Vergine Maria.
- Domenica di Pasqua: Le spighe di grano o dei semi. Perché la Pasqua è il germe della vita nova
offerta dalla redenzione di Cristo.
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GIOVEDÌ SANTO

Il Triduo si apre con la celebrazione della Messa vespertina in cœna Domini e si conclude con i Vespri
della domenica di Risurrezione. Nella Messa di apertura si commemorano tre eventi:
   •     - l’istituzione dell’Eucaristia;
   •     - l’istituzione del sacerdozio ministeriale;
   •     - il comandamento del Signore sull’amore fraterno.
         Potremmo chiederci anzitutto cosa significa “istituzione”. Gesù non istituisce mai una cosa,
         ma è sempre il suo rapporto con i discepoli ad essere chiamato in causa. Gesù dispone di se
         stesso a favore dei suoi discepoli, per cui potremmo dire che “istituzione” è sinonimo di
         “disposizione di sé”. Il senso del Triduo pasquale è Dio che in Cristo dispone di sé a vantaggio
         nostro. Gesù istituisce il sacerdozio ministeriale, che è un servizio al sacerdozio della Chiesa:
         noi infatti nel Battesimo siamo resi partecipi dell’unico sacerdozio di Cristo; in Lui possiamo
         unire la nostra vita, la vita del mondo, con Dio. Anticamente non si usava il termine
         “sacerdote” per indicare il ministro, ma “presbitero” oppure “episcopo”: colui che sorveglia,
         che guarda affinché il Corpo di Cristo (la Chiesa) viva effettivamente come tale.
         Gesù istituisce l’Eucaristia per poter rimanere sempre con i discepoli, perché quell’evento
         non fosse chiuso in se stesso ma sempre a disposizione, di tutti i tempi e di tutti noi. È
         importante anche ricordare che Cristo ha istituito l’Eucaristia per istituire la Chiesa. Paolo ha
         colto molto bene questo mistero della Chiesa e dell’Eucaristia che sono interdipendenti
         quando dice che c’è un solo pane e noi, pur essendo molti, comunicando a questo unico pane
         che è il corpo di Gesù, diventiamo un solo corpo cioè la Chiesa. È l’Eucaristia che fa la Chiesa,
         l’Eucaristia è il sacramento della Chiesa.
         Nella Messa di questo giorno l’istituzione dell’Eucaristia è narrata nella seconda lettura (1
         Corinzi), mentre il Vangelo è il racconto dell’ultima cena e della lavanda dei piedi (Gv 13).
         In questo gesto, che secondo l’opportunità dopo l’omelia può essere rivissuto, Gesù consegnò
         ai discepoli il “mandatum”, il comandamento nuovo: “Vi ho dato un esempio infatti, perché
         anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,15). Con l’aiuto dell’icona dell’ultima cena
         vorremmo proporre alcune sottolineature su questo brano di Vangelo.

VENERDÌ SANTO

Nel giorno in cui commemoriamo la Passione e la Morte del Signore, la Chiesa, fin dall’antichità,
non celebra l’Eucaristia. Nel pomeriggio oppure, quando non è possibile, alla sera, si celebra la
Passione del Signore, che è una convocazione attorno alla Croce e si svolge secondo tre movimenti.
Il 1° movimento è d’ingresso, caratterizzato dal riunirsi dell’assemblea nel silenzio assoluto e nel
gesto della prostrazione. In questo abisso di silenzio e prostrazione scende una Parola, che è la
narrazione dell’evento della Passione, nella versione di Giovanni. In questo abisso Gesù̀ è entrato.
Intorno a questa Parola, intorno alla Croce, vengono radunate tutte le necessità della Chiesa e del

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mondo: la Liturgia della Parola infatti si conclude con la preghiera universale, che si compone di
dieci solenni intercessioni. È raccomandato di mantenere la forma della preghiera universale in tutta
la sua ampiezza, per il significato che essa ha di espressione della potenza universale della Passione
di Cristo, appeso sulla Croce per la salvezza di tutto il mondo.
Nel 2° movimento la Croce viene verso l’assemblea. Può essere una Croce velata, che viene
progressivamente scoperta, oppure non essere velata ma venire mostrata per tre volte all’assemblea.
In entrambi i casi si acclama: “Ecco il legno della Croce, al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del
mondo” e l’assemblea risponde: “Venite, adoriamo”. Il senso della purificazione quaresimale è
quello di essere preparati a questo momento. L’uomo infatti, istintivamente, si ribella davanti alla
Croce, alla sofferenza, non riuscendo a cogliervi un senso spirituale. Cristo invece ci rivela che la
sofferenza è parte integrante dell’amore: chi ama, prima o poi soffre. Per riuscire ad accettare questa
realtà c’è bisogno di una purificazione dell’uomo vecchio che è in noi, quello che ragiona secondo la
logica della carne. Imparando ad offrire noi stessi, avvertiamo sì la sofferenza (poiché si tratta di
morire al nostro egoismo) ma anche la gioia, la vita che nasce dal sacrificio vissuto per amore. Così
quando il venerdì santo il sacerdote mostra la Croce, i fedeli adorandola (poiché ad una tale realtà ci
si può avvicinare solo con l’adorazione) riescono a vedere in quella scena di umiliazione la gloria di
Dio. L’occhio esterno guarda un uomo morto, l’occhio interiore contempla il Salvatore risorto. In
altre parole, attraverso questo itinerario di purificazione, si è resi in grado di vedere nella Croce
l’amore più grande, e la fede dice che tutto ciò che è assunto dall’amore è strappato alla morte.
Nel 3° movimento l’assemblea va verso la Croce. Ognuno fa un atto di adorazione alla Croce: la
genuflessione, il bacio, che è un atto di fede radicale, un atto di fede espresso col corpo. Fin dai
Concili antichi si dice che l’adorazione va fatta con lo spirito, con la bocca e con i sensi. Baciare la
Croce è riconoscere che attraverso di essa è venuta per noi la salvezza, è gesto di amore verso Colui
che su quella Croce ha voluto salire e morire per noi e per tutti.
Dopo i riti di comunione e l’orazione sul popolo, l’assemblea si scioglie in silenzio. L’altare viene
spogliato, e al centro della chiesa resta la croce.

La kenosi (l’abbassamento) del Figlio di Dio
Qual è il mistero che celebriamo in questo giorno? Nel capitolo terzo della Genesi leggiamo che
Adamo, non fidandosi di Dio, gli ha disobbedito e si è allontanato da Lui. San Paolo nella lettera ai
Romani afferma che “a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la
morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte” (Rm 5,12). Frutto del peccato è la morte:
quella spirituale, eterna, di cui la morte fisica è il segno.
Vedremo come Cristo ci salva da questa morte spirituale, per cui la morte fisica diventa un passaggio
al Padre, è il chicco di grano che cade in terra e muore per portare frutto nel Regno. Ma fino a Cristo
tutti noi uomini, segnati dal peccato originale, essendo separati da Dio siamo morti, perché solo Dio
è la vita. Dio, che è Amore, non poteva accettare che i suoi figli fossero per sempre in questa
situazione di lontananza da Lui. Allora il Figlio di Dio, per poter riportare l’uomo al Padre, accetta la
morte: questo è il mistero che celebriamo il venerdì santo. In esso ciò che è più importante sottolineare
non sono tanto le sofferenze fisiche di Gesù, quanto la sofferenza interiore che nasce dalla separazione

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dal Padre. Egli fa l’esperienza dello stato di coloro che sono separati da Dio. Il peccato è il luogo
dell’irrelazionalità, della solitudine estrema, dell’oblio, in cui è scomparsa l’invocazione, la parola
non è più rivolta, né a Dio né agli altri. Gesù scende nel luogo dove questa invocazione è scomparsa
e muore, perché lontano da Dio c’è solo la morte. Cristo però ha vissuto tutto questo non per fuggire
da Dio, ma per obbedienza verso di Lui: per questo, come dice san Pietro negli Atti degli Apostoli:
“non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere” (At 2,24). Il Figlio non può stare senza il
Padre, il Padre non può stare senza il Figlio, e continua a guardare là dove il Figlio è andato, e dove
il Padre guarda, risveglia, perché il suo sguardo è vita.

L’obbedienza di Cristo
Nel luogo dove non c’era più relazione con Dio, il Figlio ha perseverato nell’invocazione: “Cristo,
nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che
poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a Lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio,
imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro
che gli obbediscono” (Eb 5,7-9).
Questo brano ci sembra assurdo: cosa significa che il Padre ha esaudito Gesù, se non è intervenuto a
liberarlo dalla morte? Gesù ha pregato per essere liberato dalla morte. In effetti nell’orto degli Ulivi
gli evangelisti ci dicono che Lui ha pregato così: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice...”,
aggiungendo però subito: “Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. La morte da cui Gesù
chiede di essere liberato non è quindi prima di tutto la morte fisica, ma la morte che nasce dalla
disobbedienza a Dio, dal tenere per sé la propria vita, dal cedere alla tentazione di salvare se stesso,
che anche Gesù ha avuto. La morte da cui il Padre salva è questa, e il suo esaudimento consiste nel
donarci la forza di offrire noi stessi. Su chi offre se stesso per amore, la morte non ha alcun potere.
Noi risorgeremo, certo per la grazia e la potenza di Dio, e anche perché tutto ciò che è stato vissuto
nell’amore non può morire, perché l’amore è partecipazione alla vita di Dio, che è eterna.

SABATO SANTO

“Il sabato santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte,
la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione. È molto
raccomandata la celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi mattutine con la celebrazione
del popolo” (dal documento Preparazione e Celebrazione delle Feste Pasquali, PCFP): la Liturgia
delle Ore infatti sviluppa con inni, antifone e letture il mistero di questo giorno. Nella nostra
tradizione occidentale non è prevista nessuna assemblea liturgica: è proprio la Liturgia delle Ore che
ci aiuta ad entrare nel suo mistero. Cristo, morto, sceso nelle viscere della terra, entra nel regno degli
inferi per liberare coloro che ne sono prigionieri. È giorno di adorazione di Colui che, pur di prendere
su di Sé la pecora smarrita, accetta l’umiliazione della morte, la sofferenza della lontananza da Dio.
Ciò che ricordiamo il sabato santo è proprio la discesa agli inferi, nel regno della morte. Cristo va a
prendere Adamo ed Eva, i progenitori, e insieme a loro tutto il genere umano, per riportarlo al Padre

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e renderlo partecipe della vita eterna. Cristo non torna infatti al Padre da solo: Egli è “primogenito di
una moltitudine di fratelli”.
“Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande
silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è
addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a
scuotere il regno degli inferi. […] Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita,
va a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione” (Da un’antica omelia sul
sabato santo).

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

Questa veglia, commemorando la notte santa in cui Cristo è risorto, è considerata come madre di tutte
le sante veglie. È un modo di aver parte all’eccezionalità dell’evento, attraverso un agire eccessivo,
fuori dall’ordinario, come il non dormire. Dio fa sorgere la vita nella morte e questo nella veglia
pasquale si vede in quattro momenti, in quattro azioni simboliche, che caratterizzano le quattro parti
della veglia. Dio fa sorgere:
   •     - la luce nella notte (1° parte della veglia: Lucernario);
   •     - la Parola nella dimenticanza (2° parte: Liturgia della Parola);
   •     - la vita nell’aridità (3° parte: Liturgia Battesimale);
   •     - il banchetto nella fame (4° parte: Liturgia Eucaristica);
È importante ricordare che i simboli non sono mai delle cose, ma delle azioni: il simbolo non è la
luce, ma la luce che sgorga nelle tenebre. La Liturgia è simbolo in azione e non è mai un luogo per
esprimere la fede ma luogo in cui la fede si attua: è fede in atto, è un’azione che opera realmente un
passaggio. Guardiamo allora più da vicino le quattro parti della veglia.

Lucernario
Fuori dalla chiesa viene acceso e benedetto il fuoco nuovo, al quale viene acceso il cero pasquale che
è simbolo di Cristo risorto, che ci dona vita consumando se stesso: per questo è importante che il cero
sia effettivamente di cera. Nella chiesa buia si fa poi la processione con il cero pasquale, che viene
alzato per tre volte con l’acclamazione: “Lumen Christi” e la risposta dell’assemblea “Deo gratias”.
Questa processione evoca il cammino del popolo di Dio, condotto non più da una nube luminosa ma
da Cristo glorioso. Al cero pasquale vengono progressivamente accese le candele di tutti i fedeli: così
la Chiesa viene illuminata dalla luce di Cristo.
Il culmine di questo rito d’ingresso è il canto dell’Exsultet, che in forma poetica celebra la notte in
cui si sono attuati tutti gli avvenimenti della storia della salvezza. Si compone di tre momenti: nel
primo c’è l’invito alla lode, dove tutti sono chiamati ad esultare: il coro degli angeli, l’assemblea
celeste, la terra, la madre Chiesa (“Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste ... Esulti la
terra ... Gioisca la madre Chiesa”). Poi c’è il racconto della forza della Pasqua: l’amore ha lottato
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contro la morte e ha vinto. In questo racconto si fa la memoria delle quattro notti: la notte della
liberazione dall’Egitto, la notte della colonna di fuoco, la notte che ci fa passare dal peccato alla vita
e la notte in cui Cristo risorge; nel secondo il ricordo si mescola allo stupore, espresso dalle quattro
“o”: “O immensità del tuo amore per noi... O inestimabile segno di bontà... O notte beata... O notte
veramente gloriosa”. In questa parte troviamo un’espressione insolita, “felice colpa”: è reso
necessario il peccato, anch’esso acquista un senso, perché “ha” ci dice non che è bene peccare, quanto
che quando riconosciamo i nostri peccati e Dio ci perdona, lì noi abbiamo una vera conoscenza di
Dio. Solo Dio infatti perdona i peccati, e se noi siamo stati perdonati, abbiamo incontrato Dio. Allora
quando noi guardiamo i nostri peccati non possiamo più vederli senza guardare a Cristo, che li ha
presi su di sé. È un peccato che fa nascere il ricordo di Dio, della sua misericordia. Nel terzo momento
c’è l’intercessione: “Ti preghiamo dunque, Signore, che questo cero...” possa illuminare tutta
l’umanità. L’intercessione è una dimensione molto presente in tutte le Liturgie e ogni volta che
diciamo “preghiamo” dovremmo ricordarci che lì c’è il coro degli angeli, l’assemblea celeste... tutti
sono presenti quando la Chiesa prega.

Liturgia della Parola
In questa notte la Liturgia della Parola è molto abbondante: sono proposte sette letture dell’AT, con
i relativi Salmi, poi l’Epistola e il Vangelo. Anche questo è un simbolo: la Parola era stata crocifissa,
ora torna a scorrere come un fiume su tutta la terra. Le prime quattro letture richiamano le quattro
notti, presenti anche nella celebrazione della Pasqua giudaica: la notte della creazione del mondo, del
sacrificio di Abramo, dell’esodo e della venuta del Messia. Le altre tre letture sono battesimali: sono
un invito ad andare a Dio, perché la grazia è per tutti (Isaia, Baruc, Ezechiele). La struttura è sempre
la stessa, anche quando per motivi pastorali non si fanno tutte le letture: la Parola è prima proclamata,
poi cantata, infine pregata. Non è una Parola detta, ma celebrata.
Segue il canto del Gloria, la proclamazione dell’Epistola, il salmo alleluiatico e il Vangelo.

Liturgia Battesimale.
Solo dal IV secolo la notte di Pasqua è divenuta, giustamente, la notte dei Battesimi: il Battesimo
infatti è essere sepolti con Cristo per risorgere con Lui. Il fonte battesimale, nelle Chiese parrocchiali,
viene benedetto immergendo il cero pasquale nell’acqua: il grembo della Chiesa è fecondato da Cristo
e può generare i suoi figli.

Liturgia Eucaristica
Non è un’appendice ma è il culmine della veglia: è la festa a motivo di ciò che ci è stato donato. Tutto
quello che è successo prima è per l’Eucaristia: dal digiuno al banchetto, attraverso la lode, l’ascolto,
l’immersione e l’entrata nel Regno. In realtà tutta la vita del cristiano è un passaggio dal Battesimo
all’Eucaristia: una processione verso il Regno, avendo già la morte alle spalle.

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IL GIORNO DI PASQUA

Il giorno di Pasqua è un prolungamento della festività della notte. Il Vangelo del giorno è tratto da
Gv, e narra la scoperta della tomba vuota da parte di Maria Maddalena e poi di Pietro e Giovanni.
Questo Vangelo ben si inserisce tra l’annuncio della Risurrezione (ascoltato durante la veglia) e
quello dell’apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus (Messa vespertina). “Maria di Magdala si
recò al sepolcro di buon mattino... e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro”. La pietra è
ribaltata non perché Gesù sia uscito di lì ma perché si possa vedere che la tomba è vuota. Cristo l’ha
sprofondata, è disceso agli inferi e risorgendo non è tornato in questo mondo ma è andato al Padre.
Quando i discepoli lo vedono si dice che Egli “appare” loro. Con l’ascensione finisce questo apparire
ai discepoli, ma Egli è già passato al Padre. Che Cristo sia risorto è la speranza più grande per i
cristiani, i quali sanno di essere già stati uniti, nel Battesimo, alla morte e alla risurrezione di Cristo:
essi attendono che questo si manifesti pienamente, nel loro spirito e poi anche nei loro corpi.

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GIOVEDÌ SANTO

GIOVEDÌ SANTO Nella cena del Signore

Nel pomeriggio del Giovedì Santo si può vivere insieme questo momento in famiglia o personalmente. Prima di iniziare,
dopo essersi radunati, è bene osservare un momento di silenzio.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Preghiera

O Dio nostro Padre, tu ci hai riuniti come famiglia nel giorno in cui il tuo unico Figlio ha affidato alla
tua Chiesa, nel gesto d’amore del servizio ai discepoli, il dono del suo corpo eucaristico e del
sacerdozio ministeriale. Essi segni del sacramento nuovo dell’alleanza eterna ci immettono in questi
giorni in cui celebriamo la Pasqua di Cristo. Concedici, o Signore, di metterci in ascolto della tua
Parola per godere pienamente i frutti della carità e della misericordia. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

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Prima Lettura (Es 12, 1-8. 11-14)
Prescrizioni per la cena pasquale.

Dal libro dell’Èsodo
«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la
comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un
agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più
prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello
secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le
capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità
d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e
sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne
arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete:
con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del
Signore!
In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo
o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case
dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà
tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un
memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete
come un rito perenne”».

Salmo Responsoriale (Sal 115)
Rit. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore. Rit.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene. Rit.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo. Rit.

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Seconda Lettura (1Cor 11, 23-26)
Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella
notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il
mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova
Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore,
finché egli venga.

Canto al Vangelo (Cf Gv 13,34)
Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode a te, Cristo Signore!

     Vangelo (Gv 13, 1-15)
Li amò sino alla fine

Dal vangelo secondo Giovanni
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo
al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota,
di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a
Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla
vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con
l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù:
«Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai
i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon
Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha
fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non
tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello
che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni
agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

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Testi per la meditazione

Omelia del Giovedì santo 2017 di P. Arturo Marcelino Sosa Abascal S.I., Preposito Generale della
Compagnia di Gesù.

Cari fratelli e sorelle, poche settimane fa sono andato con alcuni Consiglieri Generali della
Compagnia di Gesù a visitare la città di Ambikapur, Madia Pradesh, nell’India. Ci hanno ricevuto
con la lavanda dei piedi, lo stesso gesto di accoglienza fraterna fatto da Gesù ai suoi discepoli
all’inizio della celebrazione della cena pasquale.
Infatti, Gesù fa questo gesto come padrone di casa che riceve gioioso quelli che accettano il suo
invito. Leggiamo nella Lettera agli Ebrei (3,1-6):
Perciò, fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù,
l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, il quale è degno di fede per colui che
l’ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa. Ma, in confronto a Mosè, egli è stato
giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l’onore del costruttore della casa supera quello
della casa stessa. Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è
Dio. In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di
ciò che doveva essere annunciato più tardi. Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa.
E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.
Gesù è padrone della casa di Dio, non quella fisica dove hanno celebrato la Pasqua, data in prestito
da qualche suo amico o amica, ma quella del popolo che Dio si è costruito come casa sua, per abitarvi
in mezzo, come ci ricorda il prologo del IV Vangelo (1,14): E il Verbo si fece carne e venne ad abitare
in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene
dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Col gesto di lavare i piedi Gesù ci dice: “Benvenuti!” nella casa dove regna la fraternità, fondata sulla
fede nel Padre che l’ha costruita con i vincoli della misericordia e della verità, che ci fanno liberi e
testimoni della speranza. Come Pietro, noi fatichiamo a capire questo gesto del Dio-con-noi, del Dio
che si fa così vicino a noi da sembrare che abbia perso la sua maestà divina. Non c’è dubbio quanto
Pietro sia desideroso di essere con Dio, ma, come nei nostri confronti, Gesù lo deve scuotere per
aiutarlo a capire in quale modo partecipiamo veramente della sua vita e possiamo imparare ad agire
come lui.
Sappiamo bene come il IV Vangelo racconta con grande solennità questo gesto di Gesù che lava i
piedi, uno dopo all’altro, a ciascuno dei suoi discepoli, con i quali ha voluto celebrare la Pasqua
mentre la sua vita è totalmente a rischio e lui è deciso a consegnarla secondo la volontà del Padre.
Questa cena pasquale è modello e inizio della Eucaristia che la Chiesa celebra in memoria sua.
L’Eucaristia è il tavolo della casa costruita da Dio per noi, attorno al quale si riunisce il popolo per
ascoltare la sua parola e nutrirsi del corpo e il sangue del Signore consegnato affinché noi abbiamo
vita abbondante.
Accettare questo invito, essere ricevuti da Gesù con la lavanda dei piedi, e nutrirsi alla sua mensa ha
delle conseguenze importanti nella nostra vita. Significa convertirsi per mettere la speranza solo in
Dio. Cioè, diventare uomini e donne di fede e quindi servitori della missione del Signore che ci
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accoglie nella sua casa. Anche a noi viene rivolta la domanda che Gesù fa ai suoi discepoli: Capite
quello che ho fatto per voi? Cerchiamo di rispondere che veramente abbiamo capito questo segno.
Cosa vuol dire nella nostra vita che Gesù mi abbia lavato i piedi e preparato un posto alla sua mensa?
Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il
Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un
esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13,14-15).
Vuol dire, in primo luogo, che accettiamo Gesù come Maestro e Signore, come l’unica immagine di
Dio, come colui che rende presente in mezzo a noi il vero volto del Dio che nessuno aveva mai visto
prima (Gv 1,18). Vuol dire, inoltre, la nostra disposizione a convertirci in esseri umani liberi, cioè a
raggiungere quella libertà interiore che ci permette di fare come Gesù, metterci al servizio degli altri
per fare quello che speriamo sia la vita del regno della giustizia, della pace e dell’amore.
Il messaggio di oggi per ciascuno di noi è l’invito a rispondere di cuore e con i fatti a che cosa voglia
dire lavare i piedi gli uni agli altri. Cosa vuol dire essere collaboratori della missione di Gesù, il
Cristo, quando migliaia di bambini, donne e uomini di tutte età bussano alle porte delle nostre società
perché hanno dovuto fuggire dalle loro case, dai loro villaggi e paesi a causa della guerra, della
persecuzione religiosa o politica, della povertà che nega i diritti ad una vita degna, la casa per abitare
e l’educazione di qualità?
Ringraziamo il Signore per l’invito a far parte della sua casa, del suo popolo e a sederci alla sua
mensa. Contempliamo il suo esempio per far nascere in noi il desiderio di fare come lui. Chiediamo
la sua luce per sapere che cosa fare per essere come lui e la sua grazia per farlo veramente.

Si osserva un momento si silenzio

Intercessioni

Un familiare proclama e tutti rispondono:

- Signore, ascolta la nostra preghiera!

Preghiamo per il nostro papa Francesco, il nostro Vescovo Giuseppe: perché guidati nello Spirito
Santo che li ha posti quali pastori sul gregge esercitino il ministero con amore e dedizione.
- Signore, ascolta la nostra preghiera!

Preghiamo per tutti i cristiani: perché memori della loro vocazione al servizio e al bene, vivano con
coerenza e sollecitudine verso i fratelli, mostrando il volto autentico di Cristo attraverso la propria
vita.
- Signore, ascolta la nostra preghiera!

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Preghiamo per tutti noi che celebriamo in maniera tanto singolare il giorno della cena del Signore:
perché impariamo a gustare l’eucaristia ogni volta che vi partecipiamo e ne sentiamo la forza in ogni
momento della nostra vita.
- Signore, ascolta la nostra preghiera!

Preghiamo per tutti coloro che soffrono a causa di questa terribile epidemia che colpisce tutta
l’umanità: perché orientati a Cristo sappiano riconoscere il bisogno di fratellanza, prima via di
consolazione e di pace.
- Signore, ascolta la nostra preghiera!

Preghiamo per tutti i defunti: perché possano incontrare il Signore misericordioso e nella
Gerusalemme celeste pregare per tutta la Chiesa.
- Signore, ascolta la nostra preghiera!

Padre nostro...

Preghiera per la comunione spirituale

Signore, credo che sei realmente presente
nel Santissimo Sacramento,
Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia.
Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente,
vieni spiritualmente nel mio cuore.
Come già venuto io Ti abbraccio e mi unisco tutto a Te,
non permettere che abbia mai a separarmi da Te.
Eterno Padre, io Ti offro il sangue preziosissimo di Tuo figlio
in riparazione dei miei peccati,
in suffragio delle anime del purgatorio
e per i bisogni della Santa Chiesa.
Amen.

Preghiera

Raccolti, intorno a te, come famiglia, in comunione con tutte le famiglie della nostra parrocchia, e in
unità di intenti con tutte le famiglie del mondo per celebrare, come popolo di Dio, il solenne inizio
della Pasqua, ti preghiamo di ascoltare la nostra supplica. Ti chiediamo di rinnovare il nostro cuore e
benedire la nostra vita, in attesa di poter partecipare pienamente al convito eucaristico, desiderosi, di
essere ammessi, un giorno al convito eterno. Tu vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Conclusione

Benedici noi, Signore Gesù Cristo, la nostra famiglia e tutte le famiglie del mondo, sostienici con la
tua presenza, accompagnaci con il tuo aiuto. Amen.
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VENERDÌ SANTO

Nel pomeriggio del Venerdì Santo, si può vivere insieme questo momento in famiglia. Prima di iniziare, dopo essersi
radunati, è bene osservare un momento di silenzio.

Ci raduniamo insieme e contempliamo il mistero della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Amen.

Preghiera

Ricòrdati, Padre, della tua misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia, per la quale
Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen.

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Prima Lettura (Is 52, 13 - 53, 12)
Egli è stato trafitto per le nostre colpe. (Quarto canto del Servo del Signore)

Dal libro del profeta Isaia
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
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Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.

Salmo Responsoriale (Dal Salmo 30)
Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele. Rit.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare. Rit.

Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori. Rit.

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Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore. Rit.

Seconda Lettura (Eb 4, 14-16; 5, 7-9)
Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio
di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che
non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa
come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per
ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. Cristo,
infatti, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio
che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio,
imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro
che gli obbediscono.

Canto al Vangelo (Cf. Fil 2, 8-9)
Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Gloria e lode a te, Cristo Signore!

                          Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

                                                  Vangelo Gv 18, 1-19, 42

                                             Ivi se ne trova solo la parte centrale

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine,
gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e
dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse
loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù
uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». Come
lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro
Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi
abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». All’udire
                                                                                                         20
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queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei
tu?». C Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il
potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun
potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un
peccato più grande». Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei
gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro
Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo
chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato
disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro
Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che
Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la
croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri
due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece
porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa
iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in
latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei
Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho
scritto». I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti –
una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo
da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si
compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato
la sorte». E i soldati fecero così. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre,
Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il
discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco
tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura,
disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in
cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È
compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
                                        Qui si genuflette e si fa una breve pausa

 Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato
– era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e
fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano
stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono
le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi
ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi
crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso».
E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei
Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il
corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e
portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo
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avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel
luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale
nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato
che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Testi per la meditazione

Omelia del Venerdì Santo 2017 di P. Luis Orlando Torres, Rettore del Collegio Internazionale del
“Gesù”

Il venerdì santo è un giorno difficile ed è un giorno di grazia. Difficile perché oggi vediamo Cristo in
croce; di grazia perché oggi vediamo Cristo in croce. Come è possibile che Cristo sulla croce sia allo
stesso tempo la cosa più difficile di questo giorno ma anche la grazia di questo giorno? Nella
contemplazione della passione negli Esercizi spirituali, Ignazio ci invita a chiedere la grazia di
domandare “dolore, compianto e confusione, perché per i miei peccati il Signore va alla passione”. E
poi, nella seconda contemplazione, ci consiglia di domandare “dolore con Cristo addolorato, schianto
con Cristo affranto, lacrime, pena interna di tanta pena che Cristo soffrì per me.” Dolore, compianto,
confusione, lacrime non sono sentimenti facili. Infatti, molti di noi vorremmo sfuggire a questi
sentimenti, negarli, oppure non averli come parte della nostra vita.
È difficile contemplare Cristo in croce perché è difficile affrontare il proprio dolore e il dolore degli
altri. A livello personale, c’è il dolore della malattia, della separazione da una persona cara, della
solitudine, del fallimento, di una crisi personale. Ma c’è anche il dolore di chi soffre una grande
ingiustizia, il dolore dei poveri, delle persone senza fissa dimora, dei migranti che arrivano alle nostre
spiagge, dei perseguitati per la loro fede e di tutti quanto soffrono la violenza della guerra,
dell’inimicizia tra i popoli, delle disuguaglianze sociali. Troviamo il dolore ogni giorno nella stampa,
nella via crucis dell’Africa e del Prossimo Oriente. Tutto questo dolore è difficile da contemplare. A
volte preferiamo non vederlo, chiudendo gli occhi, negandolo. Ma non è possibile; lo troviamo nei
giornali ogni giorno, bussa alla nostra porta e chiede un po´di misericordia.
Ma ancora più difficile è riconoscere il mio ruolo nel dolore degli altri, la mia responsabilità per il
dolore del mondo. Anch’io, anche noi possiamo causare dolore agli altri: con la nostra indifferenza e
incomprensione, con la nostra violenza verbale o fisica, oppure chiudendo gli occhi per non vedere,
e le mani per non aiutare, chi si trova in difficoltà.
Non è facile ascoltare la descrizione del servo che fa il profeta Isaia: il mio servo era sfigurato, senza
apparenza né bellezza, disprezzato, maltrattato, rifiutato, umiliato; uomo dei dolori, trafitto per le
nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità; fu eliminato, fu percosso a morte. Si tratta di una
descrizione profetica di quanto Cristo, il servo, soffre nella sua umanità, e nell’umanità di tutti i nostri
fratelli e sorelle che passano per la prova del dolore, della violenza, e della morte.
Ma oggi, venerdì santo, è anche giorno di grazia. La croce di Gesù è un segno paradossale. Da una
parte mostra la morte ingiusta di un innocente (quanti innocenti muoiono ogni giorno ingiustamente!)
e, dall’altra, rivela l’amore di colui che dà la vita per noi. Tutta la vita di Gesù è un prodigarsi di
amore per noi: è la grazia di questo giorno. Lo abbiamo sentito ieri nel vangelo del giovedì santo:
“Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” Questa esperienza d’amore
nel contemplare Cristo sulla croce ci invita a crescere in misericordia e in tenerezza. Il dolore in se
stesso non ha senso, si sperimenta come qualcosa che non dev´essere; ma può acquisire senso se ci

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cambia, se ci trasforma in persone di misericordia e tenerezza, in persone che vivono con cuore aperto
e mani aperte per dare, per aiutare.
Ma c’è di più. Contemplare Cristo sulla croce, contemplare l’innocente che soffre ingiustamente, è
un invito a impegnarsi nella difesa dei poveri e dei deboli, di tutti coloro che sperimentano la
sofferenza ingiusta, la violenza e il disprezzo.
Contemplare Cristo sulla croce è un invito alla fede, a credere che l’amore è più forte della morte;
che l’amore vissuto, condiviso, donato gratuitamente ha una forza che supera il dolore, la sofferenza
e l’ingiustizia, soprattutto quando questo amore si traduce in solidarietà con i più deboli e in aiuto
reale a chi è nel bisogno. Insomma quando l´amore ci fa sentire fratelli e sorelle degli altri e crediamo
che ogni persona, qualunque sia la sua condizione di vita, è degna di rispetto, di accoglienza e di
misericordia.

Si osserva un momento si silenzio

PREGHIERA UNIVERSALE
Si prega oggi con questa antica preghiera universale che dal IV secolo accompagna la liturgia della Chiesa e che oggi
si incarna nella storia delle nostre famiglie aprendo il nostro cuore all’universalità della presenza di Cristo salvatore.

I. Per la santa Chiesa
Preghiamo, fratelli carissimi, per la santa Chiesa di Dio: il Signore le conceda unità e pace, la
protegga su tutta la terra, e doni a noi, in una vita serena e tranquilla, di render gloria a Dio Padre
onnipotente.
 Ascoltaci, Signore

II. Per il papa
Preghiamo il Signore per il nostro santo padre il papa Francesco: il Signore Dio nostro, che lo ha
scelto nell’ordine episcopale, gli conceda vita e salute e lo conservi alla sua santa Chiesa, come
guida e pastore del popolo santo di Dio.
 Ascoltaci, Signore

III. Per tutti gli ordini sacri e per tutti i fedeli
Preghiamo per il nostro vescovo Giuseppe, per tutti i vescovi presbiteri e i diaconi, per tutti coloro
che svolgono un ministero nella Chiesa e per tutto il popolo di Dio.
 Ascoltaci, Signore

IV. Per i catecumeni
Preghiamo per i [nostri] catecumeni: il Signore, Dio nostro, illumini i loro cuori e apra loro la porta
della sua misericordia, perché mediante l’acqua del Battesimo ricevano il perdono di tutti i peccati
e siano incorporati in Cristo Gesù, nostro Signore.
 Ascoltaci, Signore

V. Per l'unità dei cristiani
Preghiamo per tutti i fratelli che credono in Cristo; il Signore Dio nostro conceda loro di vivere la
verità e professano e li raduni e li custodisca nell'unica sua Chiesa.
 Ascoltaci, Signore
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