Le scuole paritarie alle prese con il covid-19 - Filins
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Le scuole paritarie alle prese con il covid-19 Aggiornamenti/70 – 31 dicembre 2020 All’ultimo minuto dell’anno 2020 A cura del prof. Mauro Arena – consulente FILINS – già dirigente tecnico MIUR Gli ultimi giorni dell’anno 2020 registrano alcuni atti che producono effetti sul funzionamento delle istituzioni scolastiche, statali e paritarie. Li passiamo in rassegna. 1. Didattica Digitale Integrata e valutazione. Il decreto legge n. 183 del 31.12.2020, approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 dicembre e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 323 del 31 dicembre, Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea, denominato secondo la formulazione di rito Milleproproghe, poiché in esso si riconosce la straordinaria necessità e urgenza di provvedere alla proroga e alla definizione di termini di prossima scadenza al fine di garantire la continuità dell’azione amministrativa, nonché di adottare misure organizzative essenziali per l’efficienza e l’efficacia dell’azione di pubbliche amministrazioni e magistrature, nonché in materia di innovazione tecnologica, contiene una parte dedicata all’istruzione. Le norme entrano in vigore dal giorno 1gennaio 2021. L’articolo 5 (Proroga di termini in materia di istruzione) dispone rinvii relativamente a concorsi, che non interessano pertanto le scuole paritarie. È invece il comma 3 (Proroga in materia di valutazione degli apprendimenti) ad avere qualche ricaduta anche sul sistema non statale. Con esso si intende fornire copertura giuridica alla valutazione scolastica, effettuata attraverso la modalità della Didattica Digitale Integrata (a distanza). La vicenda ha alcuni aspetti abbastanza strani. Dobbiamo fare riferimento alle norme che fondano la procedura della valutazione nelle scuole. Esse sono: il D.P.R. n.122 del 22.06.2009 (scuola superiore) e il decreto legislativo n. 62 del 13.04.2017 (per il primo ciclo). Ora, in nessuna parte di questi testi si individua la situazione per la quale avverrà, poi, la valutazione scolastica. Tanto meno essa si circoscrive alla sola forma tradizionale di interrogazione, compito (in classe o comunque svolto dallo studente), o altro, effettuato nella sola forma in presenza. Ciò è del tutto ovvio poiché la responsabilità totale della valutazione è sempre stata assegnata alla esclusiva competenza e scelta del docente (certamente, ben programmata, deliberata, collegialmente condivisa, ecc.), ma poi anche perché non è possibile declinare l’innumerevole tipologia delle possibili occasioni attraverso le quali può essere effettuata una valutazione - degli apprendimenti o dei comportamenti – oltre a quelle da sempre attribuite alla scuola anche attraverso le infinite narrazioni succedutesi nel tempo (letteratura, cinema, ecc.) e che tradizionalmente erano ritenute – a torto – le esclusive modalità di accertamento possibili. 1
Insomma, nessuno poteva impedire al docente, già da prima, di assegnare voti ad attività svolte a distanza, purché regolate dalle procedure che sono state richiamate sopra. Un precedente recente è dato dal testo delle Linee Guida per la Didattica digitale integrata, pubblicate dal Ministero dell’istruzione con decreto n. 89 del 07.08.2020, che è opportuno rileggere: La normativa vigente attribuisce la funzione docimologica ai docenti, con riferimento ai criteri approvati dal Collegio dei docenti e inseriti nel Piano Triennale dell’Offerta formativa. Anche con riferimento alle attività in DDI, la valutazione deve essere costante, garantire trasparenza e tempestività e, ancor più laddove dovesse venir meno la possibilità del confronto in presenza, la necessità di assicurare feedback continui sulla base dei quali regolare il processo di insegnamento/apprendimento. La garanzia di questi principi cardine consentirà di rimodulare l’attività didattica in funzione del successo formativo di ciascuno studente, avendo cura di prendere ad oggetto della valutazione non solo il singolo prodotto, quanto l’intero processo. La valutazione formativa tiene conto della qualità dei processi attivati, della disponibilità ad apprendere, a lavorare in gruppo, dell’autonomia, della responsabilità personale e sociale e del processo di autovalutazione. In tal modo, la valutazione della dimensione oggettiva delle evidenze empiriche osservabili è integrata, anche attraverso l’uso di opportune rubriche e diari di bordo, da quella più propriamente formativa in grado di restituire una valutazione complessiva dello studente che apprende (commento in Nota FILINS Aggiornamenti/40). Ciononostante, per una volontà iper-regolatrice che travolge gli spazi di autonomia dell’attività didattica, nel decreto legge n. 18 del 17.03.2020 (detto Cura Italia, convertito nella legge n. 27 del 24.04.2020) questo aspetto era stato formalmente normato, assegnando – ovviamente non avrebbe potuto essere diverso - alla valutazione dell’attività a distanza lo stesso valore di quella in presenza (articolo 87, comma 3/ter). L’estensore, tuttavia, evidentemente troppo affezionato al tradizionale contesto interrogazione/compito, aveva ritenuto di limitare tale concessione alla situazione conseguente allo stato di emergenza (fin qui, mantenendo solo l’equivoca distinzione di cui si è parlato), aggiungendo anche una data conclusiva, cioè comunque per l’anno scolastico 2019/2020. Questa precisazione, allora inutile (visto che la giustificazione era comunque data dallo stato di emergenza in vigore), è diventata ostativa ad una eventuale, ma probabile (ed ora certa), estensione anche per l’anno scolastico successivo. Sì che è stata ritenuta indispensabile una ulteriore proroga nell’ultimo Decreto citato (che recita al comma 3: per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021) (altro commento sull’argomento in Nota FILINS Aggiornamenti/12.1). Operazione superflua, se solo si fosse fin dall’inizio meglio richiamato il quadro normativo ordinario e straordinario nell’ambito del quale la prima deroga era stata concepita. 2. La ripresa dell’anno scolastico. Il giorno 23 dicembre si è tenuta la Conferenza Unificata tra Governo, Regioni, Province autonome, Province, Città metropolitane e Comuni per stabilire le linee guida per la ripresa dell’anno scolastico. La decisione assunta (sancita intesa, Rep. Atti n. 190/CU) è stata trasmessa al Ministero dell’istruzione in data 23 dicembre (nota n. 28400). Era stata anticipata da una Nota dello stesso M.I. (n. 28290 del 22 dicembre) con la quale si richiedeva di aggiornare il documento denominato Linee guida per garantire il corretto svolgimento dell’anno scolastico, modificando la disposizione, già presente nel D.P.C.M. del 3 dicembre (commento in Nota FILINS Aggiornamenti/68), dove si stabiliva che la percentuale della popolazione studentesca alla quale doveva essere garantita la didattica in presenza doveva essere pari al 75% del totale degli studenti. 2
Ora, la nuova Nota citata suggeriva di ridurla ad un più rassicurante 50 per cento, mantenendo il precedente 75 per cento come obiettivo da raggiungere in modo graduale, ove questo non sia subito possibile. Nella seduta della Conferenza l’intesa è raggiunta con la formula: rappresenta l’opportunità di riaprire con gradualità a partire dal 50 % nella didattica in presenza, che deve essere caratterizzata da un percorso certo e continuo. L’impegno assunto è di tornare progressivamente alla totalità degli studenti, passando al 75 per cento a partire dal prossino 15 gennaio. Il nuovo quadro, così riformulato, è diventato oggetto di una apposita ordinanza (del 24 dicembre; in Gazzetta Ufficiale del giorno 28; in vigore dal giorno 25 e fino al giorno 15 gennaio 2021) del Ministro della salute – stranamente; ci si sarebbe aspettato un intervento del Ministero dell’istruzione, o almeno congiunto - e dovrà necessariamente comportare anche l’aggiornamento del D.P.C.M. del 3 dicembre, la cui scadenza era fissata al giorno 15 gennaio 2021. La successione degli atti, infatti, in un intricato reticolo dove le norme si susseguono senza badare alla priorità dovuta per la gerarchia delle fonti, per di più insieme a fitte dichiarazioni in anticipo talvolta fuorvianti, ha prodotto uno scenario di provvedimenti che hanno visto: a. le disposizioni del D.P.C.M. del 3 dicembre: rientro a scuola per il 75 % degli studenti della scuola superiore dal giorno 7 gennaio; b. il suggerimento del M.I. alla Conferenza Stato-Regioni di ridurre la presenza degli studenti al 50%; c. l’intesa in seno alla Conferenza sulla quota del 50%, che viene subito comunicata al M.I. (e non invece alla Presidenza del Consiglio dei Ministri); d. l’ordinanza del Ministero della salute: rientro a scuola per il 50 % degli studenti a partire dal giorno 7 gennaio e fino al giorno 15 gennaio. In altre parole, tra le comunicazioni soltanto “indicative” (da parte del M.I. e della Conferenza) e prive di valore prescrittivo, interviene un’ordinanza che scavalca le disposizioni di un D.P.C.M., che pure richiama nelle premesse, salvo, però, disattenderlo. Nel quadro nazionale vanno poi collocate le disposizioni regionali e provinciali, frutto degli accordi definiti nelle sedi degli Uffici Provinciali del Governo, ai sensi della disposizione contenuta nel D.P.C.M. del 3 dicembre (articolo 1, comma 10, lettera s). Qui si leggono disposizioni articolate e diversificate secondo i territori, includendo scaglionamenti degli orari di ingresso/uscita degli studenti; apertura nel giorno di sabato; distribuzione percentuale nel periodo settimanale (la quota prevista, 75 prima ed oggi 50 per cento, va considerata per ogni singolo giorno e non per il corso dell’intera settimana); ripartizione percentuale degli studenti assegnati ai vari orari scaglionati; coordinamento tra i plessi di scuole adiacenti, ecc. Non va dimenticata l’azione autonoma delle Regioni, tra le quali non manca il dissenso per la riapertura dal giorno 7 (vedi, per la regione Campania, le dichiarazioni del presidente Vicenzo De Luca del giorno 27 dicembre). Il Lazio è sulla stessa lunghezza d’onda. Mario Rusconi (presidente dell’Anp del Lazio) ha dichiarato che i Consigli d’Istituto faranno diversamente poiché le indicazioni prescrittive del prefetto di Roma non possono trovare piena attuazione data la complessità del sistema che riguarda il funzionamento delle scuole Superiori; e parecchie scuole superiori sono pronte a presentare un piano all’Ufficio scolastico regionale, deliberato dal Consiglio d’Istituto, spiegando che non riescono a rispettare l’ordinanza prefettizia almeno per quanto riguarda gli scaglionamenti. 3
Né è inopportuno richiamare la posizione delle organizzazioni di categoria: CGIL-CISL-UIL-SNALS e ANP del Lazio protestano vibratamente verso gli accordi territoriali dei Prefetti che finiscono per commissariare de facto il sistema scolastico. Per finire – ma solo per il momento – con la petizione delle UNSIC (Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori), sottoscritta finora da settemila firme che chiedono di proseguire con la Dad per qualche altra settimana, almeno alle superiori. L’assenza di chiarezza in tutta questa articolazione viene ancora sottolineata dal Ministero dell’istruzione, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, con la nota n. 2241 del giorno 28 dicembre. Il Capo Dipartimento vuole precisare come la partecipazione didattica in presenza al 50 per cento non sia derogabile dall’organizzazione autonoma delle scuole, le quali, pertanto, anche se hanno già predisposto piani alternativi, dovranno tutte attenersi alla quota prescritta del 50 per cento almeno fino al 15 gennaio. Se il Capo dipartimento è certo, meno lo è Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, che dichiara: si “riapra il 7 o l’11, farà poca differenza rispetto ai tanti mesi in cui la scuola è stata chiusa. La capienza è stata del 50%, in linea generale, ma ci sono diverse Regioni che saranno pronte per il 75%”. Poco dopo, nel pomeriggio del giorno 29, il Comitato Tecnico Scientifico ha però diffuso una nuova Nota con la quale si conferma la possibilità di riapertura delle scuole superiori, tenendo conto delle valutazioni dell’Unione Europea che considera gli istituti scolastici un luogo non pericoloso per il contagio. Il dubbio che la situazione non fosse del tutto chiara è venuto anche al Ministero dell’interno. Il Gabinetto del Ministro ha pubblicato in data 28 dicembre una nota in proposito (oggetto: Ordinanza del Ministro della salute del 24 dicembre 2020 recante misure urgenti di contenimento e gestione dell’emergenza sanitaria idonee a garantire la graduale riapertura in sicurezza dell’attività didattica in presenza. Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, sul Documento di “Linee guida per garantire il corretto svolgimento dell’anno scolastico 2020-2021” (Repertorio atti n. 190/CU del 23 dicembre 2020). Riassunto il percorso, inequivocabilmente, si precisa, innanzitutto, che la percentuale del 50 per cento rappresenta un elemento fisso, nel senso che la ripresa della didattica in presenza non potrà superare tale limite nell’arco temporale definito dalla stessa Ordinanza. Tuttavia, la inderogabilità affermata dal Ministero dell’interno e dal Dipartimento del M.I. trova una pronta derogabilità nei chiarimenti offerti da qualche Ufficio Scolastico Regionale. L’U.S.R. per il Lazio, ad esempio, elabora, nel giorno 29 dicembre, una Nota articolata (n. 39675) in cui il Direttore ricorda come Nei casi in cui fosse oggettivamente impossibile rispettare le prescrizioni del documento prefettizio, mi è stata data, dal medesimo documento, facoltà di derogarvi su richiesta delle scuole interessate, per il buon andamento dell’amministrazione e considerando anche le differenze territoriali. Considerazione più che ragionevole, che andava certamente considerata fin dall’inizio, assegnando il giusto grado di autonomia – dovuta - alle istituzioni scolastiche. Come quella, ad esempio, che considera la situazione di studenti che non usano i mezzi pubblici per recarsi a scuola. In questo caso, la risposta (del Lazio) è: Le scuole che per ragioni contingenti siano frequentate esclusivamente da studenti che non utilizzano i mezzi pubblici possono fare a meno di aderire alle prescrizioni sugli orari di ingresso. In tutti i casi di variazione dell’accordo le scuole che ritengano di trovarsi in tale situazione dovranno chiedere al proprio Ufficio scolastico provinciale di farsi tramite di una richiesta di deroga, che dovrà essere adeguatamente motivata. Il circolo vizioso è così compiuto. 4
3. La legge di bilancio per il 2021. Il giorno 30 dicembre, con il voto del Senato, è stato definitivamente approvata la legge n. 178 del 30.12.2020 (in Gazzetta Ufficiale n. 322, supplemento ordinario, del 30.12.2020), avente per oggetto: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023. È sempre molto complicato esaminare l’annuale legge di bilancio, luogo di molteplici richiami e contenuti, a volte contrastanti tra loro; accade anche per questa, come afferma Sabino Cassese (Corriere della sera, 29 dicembre 2020): questo fritto misto è poi scritto in modo difficilmente comprensibile ... (se è così per un giurista di calibro, figuriamoci per un cittadino poco meno che esperto). Questa volta si è ricorsi addirittura ad un decreto legge riparatore, pubblicato nel successivo giorno 31 (decreto legge 31 dicembre 2020, n. 182, Modifiche urgenti all’articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, pubblicato quindi sulla Gazzetta Ufficiale del giorno 31) per intervenire su alcuni errori e correggerli subito dopo la pubblicazione della Legge di riferimento (si tratta di questioni relative alle detrazioni fiscali). All’articolo 1 della Legge vi sono alcuni commi riservati all’istruzione. Tra questi, interessano direttamente le scuole paritarie i seguenti: a. Comma 297: sono previsti fondi aggiuntivi per i PCTO, che salgono di 55 milioni di euro per il 2021, per uno stanziamento complessivo di 130 milioni nel 2021, ma che scendono a 125 milioni nel 2022; la somma è ripartita anche a favore delle scuole paritarie. b. Comma 504 e comma 505: viene concessa al M.I. la facoltà di confermare, attraverso apposita ordinanza, anche per l’anno scolastico 2020/2021 il modello di esame dello scorso anno sia per il primo sia per il secondo ciclo; sono anche stanziati 30 milioni di euro per le azioni di intervento contro la pandemia nel corso degli esami, disposti per le scuole statali e paritarie: In relazione all’evolversi della situazione epidemiologica e al fine di garantire il corretto svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, secondo gli standard di sicurezza sanitaria previsti dalla legislazione vigente, con decreto del Ministro dell’istruzione sono assegnate alle istituzioni scolastiche statali e paritarie sedi di esame di Stato le risorse finanziarie allo scopo necessarie, tenendo conto del numero di studenti e di unità di personale interessati. ... sono stanziati 30 milioni di euro per l’anno 2021 sui pertinenti capitoli del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge27 dicembre 2006, n.296, e delle scuole paritarie. E poi: con una o più ordinanze del Ministro dell’istruzione, possono essere adottate specifiche misure per la valutazione degli apprendimenti e per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione. c. Comma 514: viene incrementato di 70 milioni di euro il finanziamento specifico a favore delle scuole paritarie che accolgono studenti con disabilità: Per l’anno 2021, il contributo di cui all’articolo 1-quinquies, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 2016, n.42, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio2016, n.89, è incrementato di 70 milioni di euro. Buon anno 2021. 5
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