La forme di impiego occasionale dopo l'abrogazione dei voucher - ANCL SU Novara

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Baveno, 16 giugno 2017

La forme di impiego occasionale dopo
      l’abrogazione dei voucher.

          Andrea Rapacciuolo – Responsabile Area Coordinamento Vigilanza
                  Ispettorato Interregionale del Lavoro di Milano
                   (mail: andrea.rapacciuolo@ispettorato.gov.it ).

       Ai sensi della circolare del 18 Marzo 2004 del Ministro del Lavoro si precisa che le considerazioni
       sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo
                                   per l’Amministrazione di appartenenza.

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IL «NUOVO LAVORO OCCASIONALE»

Normativa di riferimento: D.L. N.50/2017 - Art. 54 bis (emendamento)

               Disciplina delle prestazioni occasionali

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Com’è noto, il Governo ha presentato un emendamento al Decreto Fiscale
n.50/2017 - art. 54-bis - con il quale intende porre a disposizione degli operatori
un nuovo strumento di impiego «flessibile» dopo l’abrogazione della disciplina sui
voucher. Il Governo ha posto la fiducia sull’intero provvedimento (c.d. Finanziaria
di primavera) ed è stato approvato in via definitiva lo scorso 15 giugno 2017.

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Al comma 1 di detto articolo troviamo subito la definizione di «prestazione occasionale»,
una definizione di tipo esclusivamente economico (da integrare con la previsione di cui al
comma 13 ?!):

1. il lavoratore fornisce prestazione occasionale di lavoro quando nell’anno civile non
    percepisce complessivamente (cioè con tutti i possibili utilizzatori) più di 5.000 euro;

2. l’utilizzatore fruisce di prestazione occasionale di lavoro quando nell’anno civile non
    paga retribuzioni complessivamente (cioè con tutti i possibili prestatori) superiori a
    5.000 euro;

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3. il rapporto tra singolo utilizzatore e singolo lavoratore non può superare i
   2.500 euro nell’anno civile.

Due annotazioni immediate:
• ottima la soluzione adottata circa il periodo di riferimento che è l’anno civile e
  non l’anno solare;
• non è specificato se gli importi sono da intendersi netti o lordi (noi
  propendiamo per la prima ipotesi).

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In tema di diritti riconosciuti al lavoratore occasionale, il comma 2 riconosce, con
l’iscrizione alla gestione separata, il diritto previdenziale IVS e garantisce la copertura
assicurativa INAIL per infortuni e le malattie professionali. Inoltre, ai sensi del comma 3, il
lavoratore occasionale sarà tutelato come tutti gli altri lavoratori subordinati nel pieno
rispetto degli articoli 7, 8 e 9 del D. Lgs. n. 66/2003 relativamente al riposo giornaliero
(11 ore tra una prestazione e l’altra, con l’eccezione della prestazione frazionata),
settimanale (24 ore consecutive) ed alla pausa (almeno 10 minuti dopo 6 ore lavorative).

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Sempre in tema di diritti il comma 3 ribadisce che la tutela della salute e sicurezza del
lavoratore occasionale trova disciplina nell’art. 3 comma 8 del T.U. sicurezza, in base al
quale le disposizioni del Testo Unico si applicano solo nei casi in cui la prestazione
occasionale sia resa a favore di un utilizzatore imprenditore o professionista mentre nel
caso in cui l’utilizzatore sia una famiglia si applica solo l’art. 21. Sono comunque esclusi
dall’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di tutela di salute e sicurezza i piccoli
lavori domestici a carattere straordinario compresi l’insegnamento privato supplementare
e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati ed ai disabili.

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Il testo normativo prosegue con il comma 4 che ribadisce un principio già previsto nella
vecchia normativa sui voucher: i compensi sono esenti da imposizione fiscale, non
incidono sullo “status ” di disoccupato mentre per i lavoratori extracomunitari sono
computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio od il rinnovo
del permesso di soggiorno.

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L’emendamento cerca di porre un limite a eventuali comportamenti elusivi stabilendo, al
comma 5, che non possono rendere prestazioni occasionali i lavoratori già alle dipendenze
dell’utilizzatore negli ultimi sei mesi o che, nello stesso periodo, abbiano avuto un
rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Il divieto riguarda anche soggetti che
tali rapporti li abbiano in corso. Nulla di ulteriore dice la disposizione, non ripetendo,
come in altre occasioni, che il divieto è esteso ad imprese collegate o controllate o facenti
capo, anche per interposta persona, allo stesso proprietario.

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Ma, quali sono i soggetti che possono ricorrere alle prestazioni occasionali? La risposta la
troviamo ai commi 6, 7, 8 e 14:

1. persone fisiche (nella sostanza ci si riferisce alle famiglie) che potranno ricorrere alle
prestazioni occasionale attraverso il c.d. “Libretto Famiglia” di cui parla il successivo
comma 10. Il riferimento letterale alle “persone fisiche non nell’esercizio dell’attività
professionale o d’impresa” esclude, secondo noi chiaramente, le associazioni senza scopo
di lucro, le ASD, le associazioni religiose, le fondazioni e soggetti consimili;

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2. imprese e professionisti che hanno alle proprie dipendenze fino a cinque lavoratori
subordinati a tempo indeterminato. In tal senso, i lavoratori a tempo parziale sono
computabili “pro-quota”, gli intermittenti a tempo indeterminato si calcolano secondo la
previsione contenuta nell’art. 18 del D. Lgs. n.81/2015 mentre gli apprendisti sono esclusi
dal computo; in vero si ha l’impressione che, non computando i contratti a termine, gli
intermittenti a tempo determinato e le collaborazioni instaurate a vario titolo, il campo di
applicazione resterà abbastanza vasto;

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3. imprese agricole ma solo in relazione ai c.d. soggetti svantaggiati di cui parla il comma 8
(pensionati, studenti “over 25”, disoccupati, percettori di integrazioni salariali, di reddito di
inclusione) che nell’anno precedente non sono stati iscritti negli elenchi anagrafici dei
lavoratori agricoli. Con questa disposizione si tende, giustamente, a salvaguardare la
posizione previdenziale di chi ha già lavorato nel settore;

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4. pubbliche amministrazioni, esclusivamente per esigenze temporanee ed eccezionali e
nelle attività tassativamente specificate nello stesso comma 7, vale a dire
• nell’ambito di progetti sociali rivolti a persone in stato di povertà, disabilità, detenzione,
  tossicodipendenza o fruitori di ammortizzatori sociali;
• per lavori di emergenza legati a calamità od eventi naturali improvvisi;

• per attività di solidarietà anche in collaborazione con associazioni di volontariato od
  Enti pubblici;
• per l’organizzazione di manifestazioniwww.silaq.com
                                        sociali, sportive, culturali e caritatevoli.         13
Non tutti i datori di lavoro possono ricorrere al contratto occasionale: esso è vietato
(comma 14) in edilizia e nei settori affini, nella escavazione e nella lavorazione di materiale
lapideo, nelle cave, nelle miniere e nelle torbiere, nell’ambito della esecuzione di appalti
di opere e servizi (compresi gli steward negli stadi di calcio). E non è prevista la
derogabilità da parte di CCNL o altre fonti normative

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La disposizione di favore di cui al comma 8 riferisce che sono computati al 75% i compensi
per prestazioni occasionale di cui al comma 1 lettera b) di alcuni soggetti particolarmente
deboli nel mercato del lavoro: pensionati, studenti “over 25”, disoccupati, percettori di
integrazioni salariali, di reddito di inclusione e di altre prestazioni a sostegno del reddito.

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Il successivo comma 9 traccia la procedura di accesso alla piattaforma informatica INPS.

Sia gli utilizzatori che i lavoratori debbono registrarsi, preventivamente, su una piattaforma
informatica predisposta dall’INPS: tale operazione può avvenire anche attraverso un
professionista abilitato ai sensi della Legge n. 12/79. Tale piattaforma supporta sia le
operazioni di accreditamento dei compensi sia la valorizzazione della posizione contributiva
a favore dei lavoratori. I pagamenti possono essere effettuati con un sistema di pagamenti
elettronici ed anche con il modello F24, escludendosi però la compensazione dei crediti.
Per il solo “Libretto Famiglia” la registrazione e gli adempimenti possono essere svolti
tramite un Ente di patronato.
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Il “Libretto Famiglia” può essere acquistato direttamente, attraverso la piattaforma
informatica o presso gli Uffici postali. Esso è destinato a pagare i compensi per le
prestazioni rese: per piccoli lavori domestici, compreso il giardinaggio, la pulizia o la
manutenzione; per assistenza domiciliare ai bambini, alle persone anziane, alle persone
ammalate ed a quelle affette da disabilità; per l’insegnamento privato supplementare.

Attraverso il “Libretto Famiglia” viene erogato anche il contributo per i servizi di baby-
sitting della Legge n. 92/2012.

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Com’è questo “Libretto Famiglia” ? Contiene titoli di pagamento di valore nominale pari a
10 euro utilizzabili per prestazioni di durata non superiore a 60 minuti. Per ciascun titolo
di pagamento sono, inoltre, completamente a carico dell’utilizzatore la contribuzione alla
gestione separata pari a 1,65 euro ed il premio INAIL stabilito nella misura di 0,25 euro.
L’importo di 0,10 euro è destinato per il finanziamento della gestione (da detrarre dai 10
euro, pensiamo). Andrà, ovviamente, chiarito se contributi e premi siano aggiuntivi (come
sembra) rispetto ai 10 euro così come andrà specificato se si possono compensare (noi
pensiamo di si) le ore di lavoro con un numero di titoli superiore (per esempio 50 euro per
4 ore oppure due titoli per ogni ora di lavoro).

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Come si comunica l’impiego «in famiglia» di lavoratori con prestazioni occasionali? La
procedura è semplice: attraverso la piattaforma INPS o attraverso i contact center,
l’utilizzatore comunica alcuni dati essenziali entro il 3 del mese successivo a quello in cui
si è verificata la prestazione: i dati identificativi del lavoratore, il compenso pattuito, il
luogo di svolgimento e la durata della prestazione, eventuali altre notizie necessarie ai fini
della gestione del rapporto.

La comunicazione viene ricevuta, contestualmente, anche dal prestatore via SMS o a
mezzo posta elettronica.

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Passiamo ora alla disciplina dell’impiego «in impresa» di lavoratori con prestazioni
occasionali, sia essa anche pubblica. Innanzitutto si cita la fonte del rapporto di lavoro in
impresa (in famiglia basta una stretta di mano), il contratto di prestazione occasionale.
Caratteristiche della prestazione (che si acquisisce in modo semplificato):
• occasionale o saltuaria di ridotta entità,

• con compenso massimo fissato per legge,

• condizioni e modalità di impiego tassative.

Il primo requisito lascia uno spazio interpretativo importante: attendiamo le prime
indicazioni di prassi per sapere l’idea del Governo sull’argomento.
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Il comma 15 afferma che per attivare il contratto di lavoro occasionale ogni utilizzatore
imprenditore o professionista è tenuto a versare attraverso la piattaforma informatica
INPS, con le modalità previste al comma 9 (ad esempio, utilizzando il modello F24 per il
pagamento) le somme utilizzabili per pagare le prestazioni. L’1% degli importi va a coprire
le spese gestionali (e viene detratto dal totale).

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Ma quale è la misura minima oraria? E’ di 9 euro con l’eccezione del lavoro agricolo ove il
compenso è pari alla retribuzione oraria prevista dal contratto collettivo stipulato dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
L’utilizzatore è tenuto a versare alla gestione separata, in quanto a suo totale carico, una
contribuzione pari al 33% del compenso oltre al premio INAIL che viene fissato nella
misura del 3,5%.

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Modalità di comunicazione simili a quelle già analizzate. Per attivare la prestazione è
necessario inviare, almeno 60 minuti prima che inizi la prestazione, una comunicazione
all’INPS (e non più, come nel vecchio lavoro accessorio, all’Ispettorato territoriale del
Lavoro) attraverso la piattaforma informatica o i servizi dei centri di contatto. Tale
comunicazione deve contenere: i dati anagrafici ed identificativi del prestatore; il luogo di
svolgimento della prestazione; l’oggetto della prestazione; la data e l’ora di inizio della
prestazione, o, se imprenditore agricolo, la durata della prestazione con riferimento ad un
arco temporale non superiore a 3 giorni; il compenso pattuito, comunque non inferiore a
36 euro per lavori di durata non superiore a 4 ore continuative nell’arco della giornata.

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Resta davvero oscuro il significato di questa previsione e le interpretazioni sin qui editate
sono oltremodo incerte (e tante altre ancora ce ne saranno nei prossimi giorni):
• ogni giornata di lavoro occasionale deve essere retribuita almeno con 36 euro, anche
  ove le ore fossero inferiori a 4;
• una prestazione di 4 ore non consecutive divise in due prestazioni da 2 ore sarebbe
  oltremodo penalizzante perché imporrebbe doppio pagamento dell’importo minimo;
• addirittura sotto le 4 ore non sarebbe ammessa prestazione occasionale, tesi
  quest’ultima piuttosto ardita.

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Anche in questo caso il prestatore riceve, contestualmente, via SMS o posta elettronica,
copia della dichiarazione. Ma, cosa succede se la prestazione, ritualmente comunicata,
non si svolge? Il committente è tenuto a comunicarlo all’INPS attraverso la piattaforma
informatica o i centri di contatto messi a disposizione entro i 3 giorni successivi al giorno
programmato di svolgimento: nulla dice la disposizione ma noi riteniamo che il lavoratore
debba ricevere contestualmente tale dichiarazione per poter esercitare lui stesso un
controllo su possibili abusi. In mancanza di comunicazione (il termine sopra descritto è
infatti perentorio) l’INPS provvede al pagamento delle prestazioni ed all’accredito dei
contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

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Come e quando paga l’INPS ?

L’INPS provvede al pagamento delle prestazioni il giorno 15 del mese successivo con
accredito su cc bancario o, in mancanza, con bonifico bancario domiciliato presso Poste
Italiane che poi lo «paga» al lavoratore. Le spese di bonifico sono a carico del lavoratore.

L’INPS provvede all’accredito dei contributi previdenziali ed al trasferimento all’INAIL dei
premi assicurativi (e dei dati informativi) al 30 giugno ed al 31 dicembre di ciascun anno.

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L’impianto sanzionatorio parte dal comma 20: in caso di superamento del limite
dei 2.500 euro in favore dello stesso utilizzatore o, comunque, di superamento
delle 280 ore nell’anno civile, il rapporto si trasforma a tempo pieno ed
indeterminato, fatto salvo il caso della Pubblica Amministrazione (il rapporto di
lavoro può nascere soltanto attraverso una procedura concorsuale o di selezione
pubblica). In particolare per il settore agricolo il limite di durata è leggermente
diverso: è la risultante del rapporto tra i 2.500 euro e la retribuzione individuata
dal contratto collettivo.
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Sotto l’aspetto sanzionatorio la mancata (o ritardata) comunicazione da parte
dell’utilizzatore o l’aver utilizzato il lavoro occasionale in uno dei casi vietati dal
comma 14 è punito con una sanzione amministrativa, non diffidabile, compresa
tra 500 e 2.500, per ogni prestazione lavorativa in cui risulta accertata la
violazione. Ai sensi dell’art. 16 della Legge n.689/81 il pagamento può avvenire
nella misura ridotta per un importo pari a 833,33 euro per ogni prestazione
lavorativa accertata in violazione, entro 60 giorni.

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Facendo due rapidi calcoli non si arriva mai a 280 ore perché i limiti massimi sono
277 ore per l'impresa e 250 per le famiglie.

Non si ritiene applicabile l’art. 8 della Legge n.689/81 in materia di cumulo
formale in luogo del cumulo materiale delle sanzioni contestate.
Non si contesta comunque la maxi-sanzione per lavoro nero ma solo la sanzione
amministrativa per la mancata comunicazione.
Il Ministero del lavoro compie opera di monitoraggio ed il 31 marzo di ogni anno
relaziona il Parlamento in tal senso.

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IL CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE

                  Normativa di riferimento

D.Lgs. n. 81/2015 (artt. da 13 a 18): in vigore dal 25/06/2015

                           Capo II

             Lavoro a orario ridotto e flessibile

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NOZIONE – ART. 13 D.LGS. 81/2015

Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante
il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro (si tratta quindi di un
rapporto di lavoro subordinato) che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo
discontinuo o intermittente.

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DIVIETO DI LAVORO INTERMITTENTE

1) Sostituzione lavoratori che esercitano il diritto di sciopero
2) Presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti
   collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni;
3) Presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione
   dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni
4) Da parte di datori di lavoro (precedente formulazione «imprese») che non hanno effettuato la
   valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei
   lavoratori.

«Il DVR deve essere «attuale» ed adeguato alle condizioni strutturali, logistiche della realtà aziendale
nonché alle problematiche di formazione ed informazione tipiche dei lavoratori a chiamata»
(CIRCOLARE 20/2012).

Violazione divieto: trasformazione in contratto a tempo indeterminato (CIRCOLARE 20/2012).
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IPOTESI AMMESSE

Le prestazioni di lavoro intermittente sono ammesse nei seguenti casi:
a) secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi (anche aziendali), anche con riferimento
alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del
mese o dell'anno;

b) in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati
con decreto del Ministro del lavoro.
Il Ministero ha precisato che la norma oggi vigente (fino a nuova disposizione) è il D.M.
23.10.2004, ai sensi del quale “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con
riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 6.12.1923, n. 2657”
(Interpello n. 10/2016);

c) in ogni caso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano
svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.
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DISCONTINUITA’ DELLA PRESTAZIONE

La prestazione è da considerarsi discontinua anche se i periodi abbiano «una durata
significativa», a condizione che siano intervallati da una o più interruzioni, cosicché la
durata del contratto non coinciderà esattamente con la durata della prestazione
(circolare MLPS n. 20/2012 e lettera circolare MLPS/DGAI prot. n. 7258 del 22/4/2013,
c.d. vademecum sulla riforma Fornero).

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LIMITE MASSIMO DI IMPIEGO

Il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo
datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di
effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari.

Superamento del limite: trasformazione in rapporto di lavoro a tempo pieno e
indeterminato.

Eccezioni: settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

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FORMA SCRITTA AI FINI DELLA PROVA
a) durata e ipotesi, oggettive (previsione da parte del contratto collettivo o per opera del decreto ministeriale) o
soggettive (requisiti anagrafici in capo al lavoratore);

b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata
del lavoratore, che non può essere inferiore a 1 giorno lavorativo;

c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di
disponibilità, ove prevista;

d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro,
nonché modalità di rilevazione della prestazione;

e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
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INDENNITÀ DI DISPONIBILITÀ

La misura dell’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è
determinata dai contratti collettivi (anche aziendali) e non è comunque
inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro

L’indennità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo
ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo

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PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE

Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di
mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno
favorevole rispetto al lavoratore di pari livello

Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è
riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in
particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole
componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio,
congedi di maternità e parentali

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COMPUTO DEL LAVORATORE INTERMITTENTE

Il lavoratore intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione
all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre.

La disciplina del contratto a tempo determinato non trova applicazione nelle
ipotesi di lavoro intermittente a termine (vedi circolare MLPS n. 4/2005 che si
ritiene ancora operativa nella nuova disciplina).

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Ipotesi «da certificare» (in attesa della
                        «liberalizzazione» di cui al DDL Sacconi)

L’azienda svolge attività di catering partecipando ad eventi di promozione di
bevande e food organizzati da terzi. L’azienda non applica CCNL Pubblici Esercizi e
non ha dipendenti a tempo indeterminato. L’azienda non è iscritta a nessuna
associazione di categoria. I lavoratori occupati svolgono le seguenti mansioni:
barman, cuochi, camerieri, lavapiatti, facchini, addetti al guardaroba, addetti alle
pulizie.

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E’ possibile l’utilizzo del contratto a chiamata a prescindere dall’età applicando il
R.D. n.1257/1923; infatti l’elencazione prevista al n.5 della tabella allegata al R.D.
suddetto prevede proprio «camerieri, personale di servizio e di cucina negli
alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e
piroscafi». In tal senso per quanto riguarda le mansioni non mi pare ci siano
problemi in quanto espressamente indicate (camerieri e personale di servizio e di
cucina) mentre per quanto riguarda il settore di appartenenza dei datori di lavoro
(alberghi, trattorie, pubblici esercizi in genere) è possibile contemplare anche
l’attività esercitata dall’azienda in oggetto che ha lo stesso codice ATECO.
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Ipotesi «da certificare» (in attesa della
                         «liberalizzazione» di cui al DDL Sacconi)
L’azienda svolge attività di stewarding ad eventi di spettacolo (concerti ed eventi
sportivi in particolare). L’azienda non applica nessun CCNL. L’azienda non è
iscritta a nessuna associazione di categoria. I lavoratori occupati svolgono le
mansioni di ricevimento degli spettatori ed assistenza durante l’evento. E’
possibile l’utilizzo del contratto a chiamata a prescindere dall’età applicando il
R.D. n.1257/1923.

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Infatti l’elencazione prevista al n.43 della tabella allegata al R.D. stesso prevede
«artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai
addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori,
cameramen o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in
imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini
didattici». In tal senso trattandosi di una interpretazione che va storicamente ad
aggiornare la norma oltremodo risalente, risulta opportuno presentare istanza di
certificazione sottolineando il carattere «discontinuo» della prestazione
lavorativa.                          www.silaq.com                                 43
Oppure si può rinviare all’elencazione prevista al n.4 della tabella allegata al R.D.
stesso prevede «fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una
applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti». Anche in tal caso si
tratta di una interpretazione che va ad aggiornare una elencazione risalente, con il
conseguente consiglio di presentare istanza di certificazione sottolineando il
carattere «discontinuo» della prestazione lavorativa in parola.

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Ipotesi «da certificare» (in attesa della
                         «liberalizzazione» di cui al DDL Sacconi)
L’azienda svolge attività di ristorazione ma provvede anche alla consegna a
domicilio dei pasti attraverso dei dipendenti dotati di proprio mezzo di trasporto.
L’azienda non applica nessun CCNL. I lavoratori occupati svolgono mansioni di
fattorini addetti alle consegne a domicilio. E’ possibile l’utilizzo del contratto a
chiamata a prescindere dall’età applicando il R.D. n.1257/1923.

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In vero l’elencazione prevista al n.4 ed al n.5 ed al n.8 della tabella allegata al R.D.
stesso prevede figure contrattuali nelle quali è possibile far rientrare le tipologie in
esame: «facchini» e «personale di servizio dei ristoranti» «addetti al trasporto
merci». In tal senso trattandosi anche in questo caso di una interpretazione può
risultare oltremodo opportuno presentare istanza di certificazione cautelandosi da
pericoli di riqualificazione .

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LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE

Premessa: a far data dall’entrata in vigore del D.Lgs. n.81/2015 (25
giugno 2015) sono stati abrogati gli articoli da 61 a 69 bis del D.Lgs.
n.276/2003 mentre è restato in vigore l’art. 409 c.p.c., nella sua
versione oggi rinnovata dalla legge sul lavoro autonomo e agile
n.81/2017.

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L’art. 2 del D. Lgs. n.81/2015 ha restituito alla parasubordinazione
gli orizzonti che le erano propri prima della riforma Biagi. Venuta
meno, infatti, la disciplina del lavoro a progetto (e quindi l’obbligo
di specificazione del progetto e di un termine alla durata della
collaborazione) possono oggi essere costituiti rapporti di
collaborazione coordinata continuativa e personale senza
l’individuazione di un progetto.

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L’universo della parasubordinazione è diviso così in due aree:
a) da una parte, l’area delle collaborazioni coordinate genuine, che,
abrogata la disciplina del lavoro a progetto, hanno adesso fondamento
nello stesso D.Lgs. n.81/2015 e nella nuova legge sul lavoro autonomo;
b) dall’altra, l’area delle collaborazioni «attratte» nella disciplina del
lavoro subordinato.

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In vero oggi tutte le collaborazioni “nascono” disciplinate dalla
precedente normativa processuale, previdenziale e fiscale e dalla
nuova normativa ma sono “a rischio di scivolare” nel campo di
applicazione della disciplina del lavoro subordinato se si dovesse
accertare che la prestazione dedotta in contratto sia esclusivamente
personale, continuativa ed etero - organizzata dal committente.

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In tal senso riteniamo che non sia stata coniata una nuova definizione
civilistica di “parasubordinazione”, la definizione resta quella coniata da
dottrina e giurisprudenza in questi 40 anni sulla scorta dei riferimenti di
matrice fiscale (TUIR dell’86) e processualcivilistica (art. 409 c.p.c.)
Quindi, possiamo ben dire che la definizione è stata integrata con i
criteri previsti dall’art. 2 del D. Lgs. n.81/2015, seppur “declinati in
negativo” (i requisiti cioè che un rapporto di lavoro autonomo non deve
possedere per andare esente dalla riconduzione al trattamento di
lavoro subordinato).

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Però restano “espressamente escluse" dalla riconduzione a lavoro
  subordinato:

1. le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi prevedono discipline
   specifiche relative al trattamento economico e normativo, in ragione
   delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo
   settore;
2. le collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per
   le quali è necessaria l'iscrizione negli appositi albi;

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3. le attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti
   degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai
   partecipanti a collegi e commissioni;
4. le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e
   società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive
   nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione
   sportiva riconosciuti dal CONI.

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In questo clima giuridico incerto assume più valore
l’esclusione dalla riconduzione al lavoro subordinato
espressamente prevista per le collaborazioni per cui si sia
proceduto alla certificazione dell’assenza dei tre requisiti di
legge (certificazione rilasciata, su istanza delle parti, da una
delle Commissioni di cui all’art. 76 del D.Lgs. n.276/2003).

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Infatti, anche se non vi era necessità di una previsione
normativa (la disciplina del D.Lgs. n.276/2003 era sufficiente in
tal senso), è espressamente previsto che le collaborazioni per
cui si sia proceduto alla certificazione dell’assenza di almeno
uno dei tre requisiti di legge sono escluse dalla riconduzione al
lavoro subordinato.

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In tal senso, la legge prevede che si applica la disciplina del lavoro subordinato
  se la prestazione del collaboratore è caratterizzata congiuntamente dalle tre
  seguenti caratteristiche:
1. è continuativa
2. è esclusivamente personale
3. si svolge con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con
    riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (caratteristica sinteticamente
    definita etero-organizzazione).
     Quindi, perché una prestazione di lavoro autonomo possa essere certificata
    come “genuina” e così non essere “attratta nel campo di applicazione della
    disciplina del lavoro subordinato“ sarà necessario e sufficiente dimostrare
    l’assenza anche di uno solo dei tre requisiti indicati dalla legge.

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Personalità – Il carattere della personalità è declinato diversamente nella nuova
disciplina (rispetto all’art.409 c.p.c.) in quanto è presa in considerazione solo la
collaborazione “esclusivamente personale”. Pertanto, la collaborazione resta
esclusa dall’alveo di applicazione dell’art.2 solo quando il collaboratore si avvalga
di altro personale. Nella circolare MLPS n.3/2016 non si fa cenno all’impiego di
mezzi che abbiano una valenza rilevante nell’effettuazione della prestazione
dedotta in contratto. in pratica tutte le prestazioni di lavoro autonomo non
svolte in forme di impresa sono considerate esclusivamente personali.

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Continuatività – E’ da intendersi quale durata in senso tecnico che si
realizza quando la prestazione è volta a soddisfare un interesse
continuativo del committente. Quindi sono escluse dall’ambito
applicativo dell’art. 2 le prestazioni autonome cosiddette «occasionali»
aventi ad oggetto un singolo servizio o prodotto. Addirittura si può
considerare «non continuativa» anche la collaborazione avente ad
oggetto più incarichi (seppur collocati in ambito temporale prolungato) se
ed in quanto le parti abbiano inteso accordarsi non sulla disponibilità
continuativa del collaboratore ma bensì sui singoli servizi prestati.

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Etero-organizzazione – E’ il requisito più importante, visto che rispetto
agli altri due, precedentemente esaminati, è senza dubbio quello che fa
pendere l’ago della bilancia verso l’applicabilità o meno dell’art. 2.

  Per comprenderne in pieno la natura e le caratteristiche è opportuno
analizzarlo anche in confronto con il nuovo testo dell’art. 409 c.p.c. che
rafforza il concetto di coordinamento.

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Il coordinamento presuppone sempre un’autonomia del collaboratore e,
 quindi, una scelta consensuale delle due parti cioè un accordo sulle modalità
 esecutive: le parti “si coordinano" tra di loro per rendere utile all’impresa la
 prestazione dedotta in contratto.
In tal senso oggi si esprime chiaramente anche il nuovo art. 409 c.p.c.
La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di
coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore
organizza autonomamente l’attività lavorativa».

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In sostanza, il requisito del coordinamento (in acclarata assenza
di etero-direzione) presuppone che il collaboratore deve poter
svolgere la propria prestazione decidendone in autonomia le
modalità di tempo e di luogo in modo da rendere la sua
prestazione oggettivamente e funzionalmente integrabile nel
ciclo produttivo dell’impresa del committente senza vincoli di
tempo o di luogo.

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Alcune «consigli» di contenuto pratico.
• Una attenzione particolare va posta su adeguata ed effettiva
  professionalità del collaboratore tali da permettere di
  affermare che sia autonomo.
• Una collaborazione a tempo indeterminato è lecita, ma va
  “costruita” con estrema attenzione.
• La specificità della prestazione è assolutamente significativa e
  rilevante (come lo era già per i co.co.pro.) ai fini della
  genuinità della stessa.
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• I tempi di esecuzione non rilevano ed una eventuale
  retribuzione oraria non è incompatibile purché l’orario
  afferisca solo alla quantificazione del compenso e non
  all’oggetto del contratto.
• Le modalità di erogazione del compenso non sono
  rilevanti.
• E’ suggerita grande attenzione nel caso in cui identiche
  prestazioni siano rese da lavoratori subordinati in forza
  alla committente.
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• Va tenuto presente che l’operatore valuta l’effettiva autonomia
  del collaboratore rispetto a tempi e luogo della prestazione, sia
  dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo (indagine
  di verosimiglianza = la prestazione è utile a prescindere dal
  tempo e dal luogo della sua esecuzione).
• E’ condivisa l’idea di non genuinità per alcune prestazioni
  lavorative: ad es. camerieri, commessi alla vendita, operai edili
  generici, addetti a lavori di segreteria o di pulizia, magazzinieri.

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GRAZIE PER
L’ATTENZIONE !

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