L'indagine shock sul maxi riciclaggio. "'Ndrangheta, maa e camorra pronte a muovere 500 miliardi"

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L'indagine shock sul maxi riciclaggio. "'Ndrangheta, maa e camorra pronte a muovere 500 miliardi"
27/11/2020             L’indagine shock sul maxi riciclaggio. «’Ndrangheta, mafia e camorra pronte a muovere 500 miliardi» - Corriere della Calabria

        L’indagine shock sul
        maxi riciclaggio.
        «’Ndrangheta, ma a e
        camorra pronte a
        muovere 500 miliardi»
        Il tesoro dei clan (e non solo) nei conti cifrati di un’imprenditore
        calabrese con il pallino per i passaporti falsi. L’informativa esplosiva sul
        tavolo dei magistrati della Dda di Reggio. Il giro del mondo per muovere
        cifre enormi con l’aiuto dei governi e di funzionari bancari di alto livello.
        «A un controllo ho gettato in un cestino un bond da 100 miliardi. Ci
        stanno dietro tre servizi segreti. Tra tre anni sparisco»

        27 novembre 2020, 7:01

        di Pablo Petrasso
        REGGIO CALABRIA «Considera che noi stiamo
        spostando cose dove i servizi segreti, cioè, stiamo
        sconquassando il mondo e l’equilibrio mondiale».
        Roberto Recordare, per gli investigatori «un soggetto
        riservato della ‘ndrangheta», parla come un capo di

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        Stato. E come un capo di Stato si muove: Tagikistan,
        Dubai, Afghanistan, Tunisia, Malesia, Turchia,
        Germania. È un imprenditore nel settore
        dell’informatica, proprietario di fatto di una squadra di
        pallavolo. Vive a Palmi, viaggia per il mondo e «si
        occupa del riciclaggio di imponenti somme di denaro
        che ha depositato presso vari istituti bancari».
        Un’informativa con uita nell’inchiesta Eyphemos della
        Dda di Reggio Calabria allarga l’orizzonte delle
        indagini sulla potente ‘ndrangheta dell’Aspromonte:
        quella che gli investigatori ipotizzano è una gigantesca
        operazione di riciclaggio internazionale. Ipotesi,
        ovviamente, da sottoporre a tutti i riscontri del caso. E
        che coinvolgerebbe pezzi di criminalità siciliana,
        calabrese e campana. Da maneggiare ci sarebbe un
        tesoro accumulato dalle ma e (e non solo) nel corso
        degli anni. Una quantità di denaro gigantesca:
        Recordare, in una conversazione «con dei soggetti
        stranieri» riferisce «testualmente – sono parole degli
        investigatori – che “gestiva 500 miliardi in fondi”, oltre
        a 36 miliardi che erano già pronti “cash” e che lui
        voleva trasferire come prima tranche».

   «Ho gettato in un cestino un
   bond da 100 miliardi»
        Cifre enormi, stando alle intercettazioni contenute
        nell’informativa, depositate su “conti speciali”, privi di
        numero Iban, e «rientranti nel patrimonio degli istituti
        bancari, ma soprattutto riportati i dati di intestatari
         ttizi, ma riscuotibili al portatore che, appunto, era lui,
        detentore delle chiavi di accesso ai conti».
        «Conti speciali con chiavi elettroniche», li chiama
        l’imprenditore di Palmi. Il conto madre, «per quanto
        emerso, si trova presso la Banca nazionale di
        Danimarca».
        Proviamo a seguire, allora il lo dei racconti che
        arrivano agli inquirenti dalla viva voce di Recordare.
        Che rievoca «di una perquisizione subita presso
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        l’aeroporto di Roma Fiumicino», quando «si stava
        imbarcando alla volta di Dubai e Kabul». In quella
        circostanza, l’imprenditore «si disfava, senza farsi
        accorgere, di documenti e certi cati bancari (Bond), a
        suo dire, del valore complessivo di 100 miliardi di euro
        che non avrebbe potuto giusti care».
        «Più o meno erano, che so, cento miliardi, qualcosa del
        genere (…). Ho preso quella busta e l’ho buttata nella
        spazzatura, in un cestino di quelli», rivela. L’idea era
        quella di recuperare il materiale subito dopo il
        controllo: «Ho detto “va, dopo che mi lasciano torno e
        la prendo”. Se la prendevano diventava… perché avevo
        il bond da trentasei miliardi».

   I contatti con i governi e il
   tecnico di Deutsche Bank

        L’ipotesi è inquietante almeno quanto la cifra: «Si
        ritiene che si trattasse, in qualche modo, di capitali
        riciclati nel tempo, presumibilmente provento di
        traf ci illeciti quali il traf co di armi e stupefacenti,
        senza escludere i proventi di estorsioni, usura e altre
        condotte delittuose» da far circolare «senza che
        transitassero in Europa e, soprattutto, in Italia».
        Recordare sa che il “gioco” è enorme. «Abbiamo
        dovuto interessare il governo della Malesia e la Banca

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        Centrale», spiega al telefono. E sa che ci sono dei rischi:
        «Scaricare quei conti… sarà un bordello a livello
        internazionale (…). Ci sono tre servizi segreti che ti
        stanno addosso». Questo, però, non ferma la sua
        ricerca: per completare le complesse operazioni
          nanziarie «occorreva un tecnico specializzato
        abilitato a operare nel dodicesimo livello». Recordare
        dice «che nel mondo erano pochissimi ad avere questa
        abilitazione, uno dei quali lo aveva trovato, disponibile,
        ed era a Francoforte», un «tecnico di Deutsche Bank»
        che avrebbe effettuato lo scarico del denaro in una
        banca malese per poi girarlo in un conto dell’Orion
        Bank, istituto bancario con sede in Tagikistan.

   Il cartello: siciliani, calabresi
   e campani
        Le cifre – miliardi di euro – paiono fuori dal mondo:
        basti pensare che l’ultima manovra del governo per
        stanziare misure economiche anti Covid vale 38
        miliardi. Nelle carte trasmesse alla Dda di Reggio
        Calabria, gli investigatori si incaricano di spiegare a chi
        appartengano per «quota parte» i denari che
        Recordare spostava in giro per il globo. Ed elencano
        imprenditori catanesi in passato coinvolti in
        un’operazione antima a, «e di conseguenza le persone
        che questi rappresentavano», citano la famiglia di
        ‘ndrangheta Parrello-Gagliostro-Romola e il clan
        Alvaro di Sinopoli e, in ultimo, «la famiglia di camorra
        degli “Iarunese” di Casal di Principe».
        Un vero e proprio cartello al quale vengono associate
        le gure di dodici «faccendieri»: sei sono italiani, gli
        altri – alcuni non erano ancora stati identi cati nel
        febbraio 2018, quando l’informativa viene recapitata
        ai magistrati – stranieri. All’estero, infatti, si svolge
        buona parte dell’attività di Recordare. Che, «durante il
        periodo di indagine ha effettuato diversi viaggi, in vari
        Paesi del mondo al ne di contattare faccendieri e
        funzionari bancari corrotti per portare a termine il
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        trasferimento di una ingente somma di denaro e
        renderla fruibile per i vari soggetti sopra indicati». È in
        Turchia che l’imprenditore nel settore dell’informatica
        illustra ai suoi interlocutori «i motivi per cui le somme
        di denaro non dovevano rientrare in Europa. Era lo
        stesso Roberto Recordare a spiegare che, per motivi
         scali, il denaro non doveva passare per l’Europa.
        Aggiungeva che si trattava di somme non “giusti cate”,
        ossia la cui provenienza non era stata tracciata, motivo
        per cui le operazioni nanziarie poste in essere
        sarebbero state subito sottoposte ad un controllo da
        parte delle Autorità preposte».

   I tre passaporti di Recordare
        Da un’altra conversazione, salta fuori che uno dei
        presunti faccendieri aveva tentato di effettuare, due
        mesi prima, un’operazione su una somma di denaro
        facente parte dei conti speciali di Roberto Recordare
        da Cipro verso Londra utilizzando le chiavi di tale
        Dimitri, ovvero le chiavi intestate a tale Dimitri
        Verchtl, nato a Ivànovski (Russia) e deceduto ad Oslo
        in data 29.12.1987». I morti, però, non possono
        muovere denaro. E gli inquirenti sanno già che Verchtl
        è, realtà, una delle tre identità di Recordare. La
        “trinità” dei passaporti, infatti, ne prevede anche uno
        afgano, «chiaramente falso, intestato a tale Ahmad
        Khan, cittadino del Nuristan». Recordare, Verchtl e
        Khan sono la stessa persona.

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   «Puoi diventare un
   diplomatico della Costa
   d’Avorio»
        Ma la bulimia dell’imprenditore di Palmi per i
        passaporti non si esaurisce a quelli (falsi) recuperati in
        giro per il mondo. Il trojan innestato nel suo telefono
        rivela contatti per acquisire un altro documento.
        Recordare ne discute con due persone non
        identi cate. Questi gli consigliano «la Repubblica
        Domenicana, la quale attualmente non prevede
        rogatorie internazionali e non prevede scambio di
        informazioni». C’è anche un’altra opzione, «un
        passaporto diplomatico, in Costa D’Avorio, con il quale
        potrebbe muoversi in maniera serena in tutto il
        mondo». Costerebbe 100mila euro; nel giro di due
        mesi – quelli necessari per ottenerlo – l’imprenditore
        calabresi diventerebbe «un diplomatico di quello
        Stato». C’è da stare attenti, però. Un lavoro del genere
        non dovrebbe essere pensato per «un
        narcotraf cante» oppure per sparire, perché
        «vorrebbe dire bruciare il loro contatto in Costa
        D’Avorio». Ci sarebbe anche la soluzione «del
        passaporto bancario, ma servirebbe aprire un conto
        con un deposito di 250mila euro in maniera tale da
        poter ottenere il certi cato di residenza permanente
        più il passaporto associato, che si otterrebbe in 25
        giorni circa».

   «Devo sparire per un po’ di
   tempo»
        Recordare spiega che il passaporto non gli serve per
        fuggire. La prospettiva di far perdere le proprie tracce,
        però, non è del tutto fuori dall’orizzonte
        dell’imprenditore. È il 23 ottobre 2017: Recordare
        dialoga con alcuni dei suoi contatti. «Io, una volta che
        facciamo questa operazione… io devo trovare come

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        cazzo sparire per un po’ di tempo», ride. Venti giorni
        prima, nella sua Audi Q5, con da alla sua segretaria
        «che tra tre anni sarebbe sparito dalla circolazione
        andando a vivere in Nicaragua. Nel Sud America o
        Centro America… America del Nord». Scherza: «Posso
        fare un periodo con gli Inuit e un certo periodo in
        Costa Rica». Con tre passaporti a disposizione non si sa
        mai. (p.petrasso@corrierecal.it)

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