L'emigrazione siciliana in Tunisia e l'odierna presenza tunisina sull'isola
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Focus: Sicilia e migrazioni L’emigrazione siciliana in Tunisia e l’odierna presenza tunisina sull’isola Antonio Cortese Università Roma 3 Francesca Licari istat Premessa Alla luce dei quasi 26 milioni di espatri fatti registrare dall’Italia tra il 1876 e il 1976 (Nicosia e Prencipe, 2009)1, appare del tutto condivisibile il giudizio espresso da chi ha considerato tale flusso migratorio come «the largest exodus of people ever recorded from a single nation» (Sowell, 1981, p. 101). Nell’e- migrazione italiana si è soliti individuare tre fasi (Golini e Amato, 2001). La prima arriva sino alla prima guerra mondiale e talvolta la si suddivide in due periodi: il primo giunge sino alla fine dell’Ottocento ed è caratterizzato da una discreta consistenza dei flussi in uscita ma soprattutto da una loro tendenza decisamente crescente (circa 5 milioni di espatri ripartiti in maniera pressoché uguale tra la corrente continentale e quella transoceanica: due emigranti su tre provengono dalle regioni centro-settentrionali); il secondo è quello della grande emigrazione (quasi 10 milioni di espatri con la corrente transoceanica che registra un eccezionale sviluppo grazie al preponderante contributo delle regioni del Mezzogiorno): nei primi 15 anni del Novecento si hanno tassi di emigrazione (per mille abitanti) pari a 16,8 nel primo quinquennio, a 19,3 nel secondo e a 15,5 nel terzo. Nell’intervallo tra le due guerre si verifica un contenimento delle migrazioni verso l’estero. C’è la «chiusura» decisa da alcuni dei tradizionali paesi «ospitanti» e c’è l’avversione manifestata nei confronti dell’emigrazione dal regime fascista. Dal 1945 sino alla metà degli 41
Altreitalie gennaio-giugno 2019 anni settanta dello scorso secolo – siamo nella terza fase – il flusso in uscita torna a rafforzarsi (7,5 milioni di espatri). Le emigrazioni verso i paesi europei economicamente più favoriti sono quelle che svolgono un ruolo preminente; verso di essi si dirigono per lo più emigranti che lasciano le regioni rurali e densamente abitate del nostro meridione. All’emigrazione italiana negli anni compresi tra il 1876 e il 1976, la Si- cilia fornisce un contributo assai importante con i suoi 2.587.111 espatri che rappresentano il 10 per cento del totale nazionale. Il suo apporto è pari al 9,6 per cento nella prima fase, al 10,4 per cento nella seconda e al 10,5 per cento nella terza. È comunque negli anni della grande emigrazione che il peso della regione raggiunge il suo valore massimo, 12,9 per cento, con due anni, il 1905 e il 1912, nei quali viene superata la soglia del 16 per cento2. Del tutto scontata è perciò la presenza di siciliani nei paesi che hanno accolto gli emigranti italiani. Un caso interessante è quello dei paesi del Maghreb. In particolare, colpisce il flusso migratorio che ha riguardato la Tunisia: tra il 1876 e il 1925, ad esempio, su 104.972 partenze dall’Italia verso il paese africano, ben 60.063, pari al 57,2 per cento, sono state originate dalla nostra isola, in particolare dalle Province di Trapani e Palermo. Era noto a Tunisi il quartiere della Piccola Sicilia e spazi simili esistevano anche in altre località come La Goletta, Biserta, Susa e Sfax. È questo il tema che ci proponiamo di appro- fondire nel presente lavoro nel quale riserviamo alcuni cenni anche all’odierna presenza di tunisini in Sicilia. I siciliani in Tunisia dal 1876 al 1925 Per i dati relativi all’emigrazione siciliana in Tunisia nei singoli anni dell’arco di tempo considerato, si rinvia alla Tabella 1 nella quale sono riportati quelli contenuti nell’Annuario Statistico pubblicato nel 1926 dal Commissariato Ge- nerale dell’Emigrazione3 il quale annota che la massima parte degli emigranti italiani in Africa «si diresse verso la Tunisia e l’Algeria, verso, cioè, i paesi non soltanto più vicini alla Patria, ma dove ragioni sentimentali e affinità climatiche (soprattutto per gli emigranti siciliani e sardi)4 chiamavano ad accrescere le già fiorenti colonie di italiani» (cge, 1926, p. 74)5. A questo punto risulta opportuno soffermarsi brevemente su ciò che è ac- caduto prima del 1876. In Africa settentrionale alcuni insediamenti di italiani si formarono prima ancora dell’arrivo delle potenze coloniali europee. Per la Tunisia va fatta menzione degli schiavi cristiani che all’inizio dell’Ottocento, dopo la liberazione, decisero di rimanere nel paese e di convertirsi all’Islam. Si aggiunsero poi gli esuli politici in seguito al fallimento dei moti risorgimentali della prima metà dell’Ottocento. Il nucleo più consistente fu comunque quello degli ebrei livornesi. Il loro insediamento nella città toscana alla fine del xvi 42
Altreitalie gennaio-giugno 2019 secolo era stato favorito dalla decisione del Granducato di garantire lo sviluppo del nuovo porto di Livorno con l’arrivo di soggetti esterni in grado di avviare proficue attività commerciali. Gli ebrei di Livorno cominciarono ad installarsi stabilmente in Tunisia a partire dal xvii secolo (Petrucci, 2008; Nunez, 2011; Cortese, 2014). Questi iniziali nuclei di italiani, nel primo quarto dell’Otto- cento, svolsero un ruolo sociale, economico e politico cruciale6. Già dal 1816 cominciarono a dirigersi in Tunisia anche «pescatori, marinai e operai che dall’Italia meridionale, e soprattutto dalla Sicilia e dalla Sardegna, cercavano impiego nelle città costiere di Tabarka, Susa, Sfax: fu proprio per l’intensifi- carsi di questi spostamenti che nel 1852 la compagnia Rubattino attivò la linea Genova-Cagliari-Tunisi» (Aa.Vv., 2011, p. 380). Nel 1871 si contavano già tra i 5 e i 7 mila Italiani (Del Piano, 1964). Tabella 1 Espatri dalla Sicilia verso la Tunisia negli anni dal 1876 al 1925 Anno Numero % su Italia Anno Numero % su Italia Anno Numero % su Italia 1876 231 76,0 1893 341 44,6 1910 1.187 50,0 1877 176 62,4 1894 328 39,6 1911 1.177 45,5 1878 209 35,7 1895 572 51,0 1912 1.471 52,4 1879 202 43,3 1896 374 41,7 1913 991 43,9 1880 132 50,8 1897 253 42,7 1914 591 35,8 1881 136 51,3 1898 516 51,5 1915 2.332 74,1 1882 1.029 46,0 1899 671 53,9 1916 1.407 68,4 1883 726 38,9 1900 956 42,6 1917 1.325 83,4 1884 221 34,7 1901 2.980 54,7 1918 675 80,6 1885 217 26,5 1902 2.795 45,7 1919 5.896 74,3 1886 823 52,9 1903 2.669 49,4 1920 2.957 75,4 1887 178 28,1 1904 2.051 42,1 1921 1.648 69,3 1888 407 54,2 1905 1.680 47,1 1922 1.708 73,4 1889 374 58,5 1906 1.802 65,8 1923 2.278 74,7 1890 252 48,3 1907 1.041 44,1 1924 3.565 83,1 1891 266 45,6 1908 1.884 59,8 1925 2.744 74,9 1892 283 45,8 1909 1.336 49,4 Fonte: elaborazione dati cge, 1926 Entrando ora nel merito dei dati che figurano nella tabella, ci si può limitare a osservare quanto segue: 43
Altreitalie gennaio-giugno 2019 • Negli anni dal 1876 al 1900, con la sola eccezione del 1882, il numero delle partenze è di assai ridotte dimensioni non raggiungendo le mille unità. Le percentuali non risultano comunque particolarmente basse e questo evidenzia che l’emigrazione dall’Italia verso la Tunisia si espande soprattutto negli anni successivi. • A partire dal 1901 si registra una rapida crescita7 che si interrompe negli anni del primo conflitto mondiale. Prima della guerra c’è un rallentamento del flusso migratorio a causa della ripresa economica della Sicilia e della progressiva saturazione del mercato tunisino. Con lo scoppio del conflitto, si deve poi tenere conto del conseguente divieto di lasciare il paese per gli uomini suscettibili di essere chiamati alle armi (Natili, 2009). Nel primo dopoguerra l’aumento delle partenze è ancora più sostenuto. La componente siciliana arriva ad assorbire, con percentuali intorno al 70-80 per cento, il flusso migratorio che dall’Italia si dirige verso la Tunisia. Tra il 1919 e il 1925 si trasferisce nel paese africano più del 30 per cento del contingente siciliano che vi è emigrato nei 50 anni presi ora in esame8. Il flusso migratorio dalla Sicilia alla Tunisia dopo il 1925 Dal momento che il Commissariato Generale dell’Emigrazione resta in vita sino al 1927, per l’aggiornamento dei dati riportati nella Tabella 1, occorre rifarsi a quanto prodotto dall’Istituto Centrale di Statistica, organismo nato nel 1926, che con il suo volume «Statistica delle migrazioni da e per l’estero» (il primo è pubblicato nel 1933 e l’ultimo nel 1938) consente di arrivare sino al 1937. Purtroppo il livello di analisi si riduce (i dati sull’emigrazione dalla Sicilia riguardano complessivamente i «paesi del bacino del Mediterraneo» il cui numero si ampia nel corso del tempo e non è quindi possibile determinare la consistenza del flusso migratorio che dalla Sicilia si è diretto verso la Tunisia) e lo stesso accade con il nuovo volume dell’istat «Movimento della popolazione e cause di morte» che contiene una parte iii riservata al «movimento migratorio da e per l’estero», con il quale sono stati diffusi dati piuttosto sommari che giungono sino al 19429. Ci si deve perciò accontentare dei dati che compaiono nella Tabella 2. Il numero degli espatri dalla Sicilia relativo al 1926 è in linea con quelli rilevati negli anni precedenti; c’è poi un calo con un’immediata ripresa che porta all’elevato dato del 1930 superato solo da quanto accertato nel 1919. Piena- mente confermata è la schiacciante prevalenza degli emigranti provenienti dalla provincia di Trapani. 44
Altreitalie gennaio-giugno 2019 Tabella 2. Espatri dalla Sicilia verso la Tunisia negli anni dal 1926 al 1930 Anni Totale di cui dalle province di Trapani Palermo 1926 2.552 1.838 381 1927 1.818 1.339 230 1928 1.491 1.062 212 1929 1.845 1.369 267 1930 4.483 3.727 393 Fonte: istat, 1933-1934 Val la pena di volgere brevemente lo sguardo alla consistenza della comuni- tà italiana in Tunisia. I dati che compaiono nella Tabella 3 evidenziano una crescita costante che si realizza soprattutto negli anni compresi tra il 1891 e il 1906. Si ha notizia di stime secondo le quali il numero degli italiani trasfe- ritisi in Tunisia avrebbe superato ampiamente la soglia delle 100 mila unità (uguagliando praticamente, come si dirà più avanti, l’attuale consistenza della comunità tunisina in Italia). Si tratta di divari che non sconcertano in quanto va tenuta presente la fisiologica difficoltà delle rilevazioni censuarie a misurare con precisione l’entità delle popolazioni immigrate, accentuata nel caso italiano dall’elevato livello del tasso di analfabetismo che la caratterizzava (sono pure da considerare gli effetti prodotti dal «processo di naturalizzazione» degli immigrati italiani che, aderendovi, riuscivano spesso ad adeguare il loro salario a quello dei colleghi francesi). Piena affidabilità non si può d’altro canto riconoscere neanche ai dati sugli espatri annuali. Riferisce ad esempio De Leone che «nel 1902 approdarono nei porti della Tunisia 9.234 italiani non compresi gli altri, abbastanza numerosi, sbarcati da piccole imbarcazioni provenienti dalla Sicilia, su vari punti della costa» (De Leone, 1957, p. 346). La forte divergenza con il dato riportato nella Tabella 1 induce a pensare che, quanto meno dalla Sicilia, traesse origine un flusso in uscita non colto sempre dalle rilevazioni ufficiali. Per restare al tema oggetto della nostra attenzione, ci preme segnalare che secondo un’indagine delle autorità consolari nel 1903, la composizione della collettività italiana per regione di provenienza, vedesse al primo posto la Sicilia con una percentuale del 72,5 per cento (Gianturco e Zaccai, 2004, p. 64). Non è un caso che, in relazione alle preoccupazioni dell’amministrazione francese per la forte presenza italiana in Tunisia (si riteneva che quest’ultima potesse costituire la base di una strategia del governo italiano per rimettere in discussione la conquista francese), si parlasse di «péril italien» o di «invasion sicilienne». 45
Altreitalie gennaio-giugno 2019 Tabella 3. Presenza italiana in Tunisia secondo i censimenti ufficiali effettuati dal 1891 al 1936 Anni Italiani censiti Anni Italiani censiti 1891 30.000 1926 89.215 1906 81.000 1931 91.178 1921 84.819 1936 94.289 Fonte: Gianturco e Zaccai, 2004 Sulle cause dell’emigrazione dalla Sicilia Nell’ampia letteratura sull’emigrazione italiana si legge di frequente che cause principali delle nostre migrazioni verso l’estero sono state il forte aumento della popolazione e la sua densità, il ritardo con il quale si è sviluppata l’economia industriale e commerciale, incapace di assorbire l’eccedenza di manodopera (diversità in altri termini nel rapporto tra ritmo di sviluppo demografico e ritmo di sviluppo economico), la crisi dell’agricoltura con la presenza del latifondo, la piaga della malaria. Sono considerazioni che valgono naturalmente anche per la Sicilia. «L’emigrazione – come osserva Brancato – era sollecitata in Sicilia dal bisogno crescente di fuggire da uno stato di condizioni miserevoli che era divenuto intollerabile»; rileva pure che essa ha tratto origine anche dalla delusione per il fallimento verso la fine dell’Ottocento dei moti rivendicativi organizzati dai Fasci dei Lavoratori e aggiunge che «trasformati gli antichi feudatari (una caterva di marchesi, conti e baroni) d’un tratto in grossi proprietari terrieri, in latifondisti, non sono mutati i tradizionali rapporti di lavoro, e il lavoratore della campagna non ha avuto neppure il conforto della quota di terra disposta per legge in compenso degli aboliti usi civici» (Brancato, 1995, pp. 12 e 14). La zona della Sicilia da cui si partiva prima era proprio quella del latifondo: «è la Sicilia crudele ad essere toccata subito dal fenomeno migratorio. Quella per la quale il gabellotto la mattina all’alba, sul sagrato della Chiesa Madre, stabilisce chi tra i braccianti dovrà guadagnarsi la giornata di lavoro. Da questa terra chi può scappa per non tornare più» (Aa.Vv. 2008, p. 51). Vale la pena di ricordare che nel 1947 proprio in Sicilia, a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo, avvenne la strage di Portella della Ginestra con undici vittime tra i duemila contadini che manifestarono contro il latifondo e a favore dell’occupazione delle terre incolte. Essa anticipò di alcuni anni il varo della tanto agognata legge sulla riforma agraria. I dati che compaiono nella Tabella 4 forniscono sintetiche indicazioni sul- la situazione dell’isola negli anni presi in esame: il tasso di analfabetismo è ancora su alti livelli e, pur se con percentuali inferiori a quelle di altre regioni del Mezzogiorno, il peso del settore primario manifesta ancora la sua netta 46
Altreitalie gennaio-giugno 2019 prevalenza tra la popolazione attiva. Merita di essere segnalato in proposito che nella composizione professionale della nostra emigrazione tra il 1878 e il 1911, la categoria degli «agricoltori» è quella che è in prima posizione sino al 1906 per essere poi superata nel 1911 dalla figura del «bracciante»10. Tabella 4. Tassi di analfabetismo per sesso (a) e percentuali della popolazione attiva in agricoltura, rilevati in Sicilia dai censimenti demografici effettuati dal 1871 al 1921 Censimenti Tassi di analfabetismo per sesso % popolazione attiva in Maschi Femmine agricoltura 1871 79,4 90,9 55,2 1881 74,6 87,8 56,0 1901 65,2 76,6 55,5 1911 52,9 63,1 53,9 1921 46,2 51,8 54,2 (a) Analfabeti di 6 anni e più sulla popolazione della stessa età Fonte: Noble e D’Agata, 1965 Gli sbocchi lavorativi in Tunisia «In Tunisia, sin dal 1870, è il programma di lavori pubblici avviato dal primo ministro Khayr al-Din a determinare una crescita della domanda di lavoro che – non soddisfatta dalla popolazione indigena – richiamò nel paese molti operai italiani. È però con l’affermazione dei francesi11 che l’afflusso di lavoratori italiani aumentò in modo significativo a seguito dei lavori avviati dall’ammi- nistrazione coloniale: l’instaurazione del protettorato francese e la conseguente riorganizzazione dell’apparato amministrativo, le riforme introdotte nel campo delle finanze, della giustizia e della proprietà fondiaria, resero questo paese decisamente attrattivo agli occhi delle classi subalterne del meridione d’Italia» (Natili, 2009, p. 35). Siamo d’altro canto in quella che Sori ha definito l’«età delle infrastrutture». Molti paesi «decidono di porre mano a un’ondata di innovazioni e investimenti derivati più o meno recentemente dalle novità tecniche e organizzative della rivoluzione industriale inglese. Si tratta, sostanzialmente, di un flusso accelerato di investimenti in attrezzature territoriali (ferrovie, innanzitutto, sistemazioni fluviali, canali navigabili e porti, in una prima fase; successivamente strade, dighe, elettrodotti) e urbane (acquedotti, sistemi fognari, tramvie, metropolitane, telefoni, gas, macelli, mercati generali e altri edifici di pubblica utilità)» (Sori, 2001, p. 275). 47
Altreitalie gennaio-giugno 2019 Nel 1903 il nostro console a Tunisi osservava: «Dal 1881 ad oggi si sono aperte strade per oltre 1.600 chilometri; si sono costruiti circa 600 chilometri di ferrovie; si è creato il porto di Tunisi; si è rifatto quello di Biserta; si sono allargati e riattati quelli di Susa e Sfax; si sono innalzati numerosi edifici pubbli- ci; si sono costruiti scuole, caserme, ospedali, chiese, prigioni; si sono poste in esercizio numerose miniere e cave; le città per opera dei privati, si sono allargate e abbellite di nuovi quartieri. Questa trasformazione della Tunisia ha richiesto l’impiego d’ una copiosa mano d’ opera. E i lavoratori siciliani hanno sciamato in Tunisia a schiere dense e laboriose» (Carletti, 1903, p. 25). Quella proveniente dalla Sicilia, era un’emigrazione di «nude braccia» per la quale si aprirono per l’appunto sbocchi lavorativi in agricoltura, nello sfruttamento delle risorse minerarie e a seguito dello sviluppo dei lavori pubblici promosso dall’amministrazione francese. I contadini siciliani venivano attratti dalla disponibilità di nuove terre che pareva garantire la speranza di una piccola proprietà. Non vennero comunque trascurate né la grande né la media per merito di siciliani e di società costituite in Sicilia: una di queste aveva comprato un esteso dominio di 2.700 ettari a Borgi al-Amri e altri tre, rispettivamente di 1.500, 600 e 400, in altre località. Un’altra importante società, la Canino & C., fondata da un professore di Tra- pani, ai primi del Novecento era diventata proprietaria di altri 5.400 ettari. «Da queste grandi imprese di colonizzazione erano facilitate sia l’immigrazione agricola sia la formazione della piccola proprietà: di norma venivano chiamate famiglie siciliane da Marsala e, soprattutto dalla provincia di Trapani, cui erano ceduti appezzamenti di terreno variabili tra i due e i cinque ettari che offrivano al contadino la possibilità di trasformarsi, di fatto (per la locazione del fondo a titolo perpetuo), in proprietario. Non diverso sistema era seguito dai grandi proprietari francesi costretti a ricorrere alla mano d’opera italiana in difetto di quella francese» (De Leone, 1957, p. 347). Dal 1914 al 1921 furono acquistati da proprietari francesi altri 15 mila ettari. Accanto alle colture tradizionali pra- ticate dagli indigeni, ne sorsero delle nuove: la coltura industriale della vite, ad esempio, si diffuse per merito di contadini siciliani provenienti dall’isola di Pantelleria nelle zone di Tunisi e di Grombalia (Gianturco e Zaccai, 2004). In Tunisia c’è stato anche grande spazio per i pescatori siciliani (vi affluì anche una parte di quelli che operavano lungo le coste algerine). «Nel 1888, le barche adibite alla pesca nelle sole acque di Tabarka salirono da una quarantina a 184, aumentando a 232 nell’anno successivo, a 335 nel 1890 e a 386 nel 1891» (De Leone, 1957, p. 333). Quanto alle risorse minerarie, va ricordato che nel paese africano un posto preminente occupavano i fosfati. Il più importante giacimento della zona centrale fu scoperto dal sardo Giovanni Battista Dessì. Il suo sfruttamento fu iniziato nel 1904 dall’Ing. Donegani, il fondatore della «Montecatini», che costituì la «Società 48
Altreitalie gennaio-giugno 2019 dei fosfati tunisini» (De Leone, 1957). La necessità di facilitare il trasporto dei fosfati al mare favorì notevolmente lo sviluppo della rete ferroviaria tunisina. Alla costruzione della linea che unì Sfax a Gafsa contribuirono anche operai siciliani (Dougui, 1992). La presenza di lavoratori provenienti dall’isola si registrò pure nel settore delle costruzioni. A supporto dell’ampia collettività italiana che nel corso del tempo si andò costituendo in Tunisia, nacquero naturalmente strutture di vario tipo: scuole, ospedali, associazioni di mutuo soccorso, ecc.Se ne fa cenno per ricordare che a Tunisi operò il Credito Italiano di Palermo e che nel marzo del 1900 fu inaugurato l’Ospedale italiano con l’intervento del deputato Ignazio Lambiasi, direttore dell’Ospedale civile e militare di Trapani (De Leone, 1957)12. La partenza degli emigranti siciliani dalla Tunisia Iniziamo dai rimpatri: anche dalla Tunisia naturalmente ve ne furono da parte di immigrati incapaci di inserirsi nella nuova realtà. Non tutti i nuovi arrivati ebbero infatti il coraggio di affrontare le difficoltà del paese o di sostenere a lungo lo sforzo necessario per trarre i benefici scontati dalla loro venuta. Furono molti coloro che, fra le due miserie, scelsero quella che avevano abbandonato pieni di speranze perché, almeno, li riconduceva fra la loro gente, nella loro terra. Nel breve volgere di sei anni, dal 1900 al 1905, gli organismi italiani di beneficenza dovettero rimpatriare 13.022 persone (Pasotti, 1970). Dati statistici sui rimpatri sono disponibili solo a partire dal 1921 e, a motivo della ridotta analisi delle elaborazioni istat più sopra richiamata, non consentono di andare oltre il 1930. Si rinvia in proposito alla Tabella 5 che non presenta un numero di rimpatri particolarmente significativo, sicuramente lontano dai livelli sperimentati – secondo l’autore appena citato – all’inizio del Novecento. Tabella 5. Rimpatri dalla Tunisia in Sicilia dal 1921 al 1930 Anni N. rimpatri Anni N. rimpatri 1921 317 1926 360 1922 366 1927 435 1923 190 1928 191 1924 340 1929 1.184 1925 302 1930 1.869 Fonte: cge, 1926 e istat, 1933-34 Le stime censuarie della presenza italiana in Tunisia negli anni 1926, 1931 e 1936, esposte nella Tabella 3, mostrano un aumento di 2000 unità nel primo 49
Altreitalie gennaio-giugno 2019 quinquennio e di circa 3000 unità nel secondo. Poiché si è calcolato che in cinque anni la comunità italiana faceva registrare una crescita di circa 8 mila individui per effetto del solo movimento naturale, si potrebbe addirittura ipotizzare per il decennio un saldo migratorio negativo per il prevalere dei rimpatri sugli espatri (Audenino, 2005). Non si può però prescindere dalla non piena affidabilità dei risultati censuari, già richiamata, e dalla carenza di notizie sugli effetti prodotti dalle naturalizzazioni. Quel che si può affermare è che in questi anni la situazione subisce un cambiamento abbastanza radicale per il persistere da parte dell’autorità coloniale francese nell’idea di dover contrastare il «pericolo» italiano (il numero degli immigrati italiani superava sensibilmente quello dei francesi presenti nel protettorato). Ricordato che fra il 1876 e il 1976, circa 4 milioni di emigranti italiani si sono diretti in Francia e altrettanti in Germania (si tratta in questo caso di correnti migratorie del secondo dopoguerra), meritano di essere richiamate al riguardo le due distinte politiche d’immigrazione messe in campo dai due paesi: in Francia (e conseguentemente in Tunisia) si è affermato un modello teso a favorire i ricongiungimenti familiari e il definitivo insediamento degli immigrati; la Germania si è invece attestata su una posizione che considerava l’immigrazione come una risposta provviso- ria ad un bisogno congiunturale (Tapinos, 1988). Con riferimento al periodo fascista, il panorama offerto dalla Tunisia mostra una realtà caratterizzata da una propensione antifascista non esigua, in cui alla componente intellettuale si aggiunge il contributo svolto da una parte considerevole della classe operaia (El Houssi, 2008). All’inizio degli anni Quaranta sarà la chiusura definitiva delle scuole italiane a segnare un deciso cambiamento della situazione. Nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, 25 mila nostri connazionali furono deportati in campi di concentramento dove rimasero fino alla firma dell’armistizio tra la Francia di Vichy e gli stati dell’Asse. Tra il 1946 e il 1956, anno nel quale la Tunisia conquista l’indipendenza, a seguito di massicce ondate di partenze, la grande comunità italiana si riduce drasticamente. Secondo quanto risulta da accertamenti effettuati dalle nostre autorità consolari a Tunisi, nel 1959 gli italiani presenti nel paese sarebbero stati ancora 51.702 con una netta preva- lenza di siciliani (44.565 pari all’86,2 per cento del totale) che in quegli anni cominciano a dirigersi in gran numero verso la Francia (Gianturco e Zaccai, 2004). Sono quelli che oltralpe chiamavano «italo-tunisini»: si stabiliscono per lo più in Provenza, e in particolare a Marsiglia13. Facilitati dalla conoscenza della lingua e dalla consuetudine di lavoro in imprese gestite da francesi, non hanno trovato grandi difficoltà di inserimento (molti erano i già naturalizzati) riuscendo a sfruttare le precedenti esperienze (meccanici, fresatori, saldatori, ecc.). Va pure considerato che si è trattato dell’immigrazione di interi nuclei familiari, il che non ha comportato rotture difficili da ammortizzare (Temime, 1995). 50
Altreitalie gennaio-giugno 2019 Degli italiani in Tunisia non resta quasi più traccia: erano 7.018, quasi tutti di origine siciliana, all’inizio degli anni settanta (Salvatori, 2009); sono circa mille i siciliani che alla fine del 2016 risultano iscritti all’Aire nel paese africano. L’odierna presenza tunisina in Sicilia La presenza straniera in Sicilia è attualmente composta da oltre centoquaranta nazionalità diverse ma la prossimità territoriale e il comune affaccio sul Me- diterraneo rendono l’isola una destinazione privilegiata principalmente per i flussi migratori dalla Tunisia. Tabella 6. Tunisini residenti in Italia e in Sicilia negli anni dal 2011 al 2016 Anni Italia di cui in Sicilia Valori assoluti Percentuali su residenti tu- su residenti stra- nisini in Italia nieri in Sicilia 2011 82.997 14.218 17,1 11,2 2012 88.291 15.035 17,0 10,8 2013 97.317 17.876 18,4 11,0 2014 96.012 18.085 18,8 10,4 2015 95.645 19.244 20,1 10,5 2016 94.064 20.075 21,3 10,6 Fonte: istat I tunisini residenti in Italia negli anni dal 2011 al 2016, crescono inizialmente per poi subire un leggero calo a partire dal 201314 (si veda la Tabella 6). Il loro peso sulla popolazione straniera residente nel nostro paese è sostanzialmente stabile (circa il 2 per cento). Ben diversa è la situazione della Sicilia: risiede infatti sull’isola una quota importante dei tunisini che vivono in Italia (si passa dal 17,1 al 21,3 per cento nel periodo preso in esame). Nel 2016 la comunità tunisina in Italia si colloca alsedicesimo posto nella graduatoria delle comuni- tà straniere presenti sul territorio nazionale mentre nell’ambito della regione siciliana quella tunisina si piazza al secondo posto (il suo peso relativo tra il 2011 e il 2016 varia leggermente a causa dei nuovi insediamenti di immigrati provenienti dall’Africa sub-sahariana stabilitisi nell’isola a seguito delle recenti emergenze umanitarie). Tra le province siciliane, quella con il maggior numero di tunisini è Ragusa che da sola accoglie il 42,8 per cento del totale dei residenti nell’isola nel 2016, 51
Altreitalie gennaio-giugno 2019 seguita dalla provincia di Trapani (27,6 per cento). Nelle altre province la presenza dei tunisini è poco significativa stando ai dati che compaiono nella Tabella 7. L’insediamento della comunità tunisina nel territorio di Ragusa è più recente rispetto a quella del trapanese ma negli ultimi anni questa piccola provincia è stata interessata così intensamente dal fenomeno che oggi viene identificata come la «capitale» dei tunisini che vivono in Italia. Ancora più in particolare, gli immigrati tunisini concentrano la loro presenza nel triangolo sud-ovest della provincia iblea, tra Vittoria, Comiso e Santa Croce Camerina, dove sono prevalentemente occupati come braccianti agricoli. Si tratta di lavoratori me- diamente giovani. La forte polarizzazione di genere a favore del sesso maschile (su cento residenti tunisini, circa 75 sono uomini) pone in luce l’assenza di reti familiari che non favorisce insediamenti ancora più stabili e integrazioni più solide all’interno del tessuto sociale della provincia (Anastasi, 2005). Tabella 7. Tunisini residenti in Sicilia alla fine del 2016, per sesso e provincia Province Maschi Femmine Totale Valori assoluti Percentuali Ragusa 6.480 2.111 8.591 42,8 Trapani 3.580 1.953 5.533 27,6 Palermo 941 764 1.705 8,5 Siracusa 815 245 1.060 5,3 Catania 680 370 1.050 5,2 Agrigento 555 265 820 4,1 Messina 481 287 768 3,8 Caltanissetta 271 102 373 1,8 Enna 99 76 175 0,9 Totale 13.902 6.173 20.075 100,0 Fonte: istat Diverso invece è il caso della provincia di Trapani, a Mazara del Vallo in par- ticolare (vi vive il 34,5 per cento dei tunisini della provincia) che ospita il più antico nucleo di immigrati tunisini di tutto il territorio italiano. Sono giunti in Sicilia all’inizio degli anni sessanta e la loro presenza si è poi incrementata a seguito del terremoto che ha colpito il Belice nel 1968. Sono per lo più impegnati negli equipaggi dei pescherecci. La crisi della marineria ha tolto opportunità lavorative e oggi vi sono contesti a vocazione agricola, come a Marsala, dove la presenza tunisina sta aumentando. La loro piena integrazione è attestata dal 52
Altreitalie gennaio-giugno 2019 fatto che lo squilibrio di genere è decisamente più contenuto a seguito dei ricon- giungimenti familiari succedutisi negli anni. «I tunisini sono stati e rimangono tra gli attori principali di un processo di trasformazione etnico- culturale della regione siciliana, oggi in stato avanzato ma non ancora concluso» (Tornesi e Trischitta, 2010, p. 394). Brevi considerazioni conclusive Uno dei nostri principali interessi è stato quello di focalizzare l’attenzione sullo «scambio» di migranti che, a distanza di un secolo, vi è stato tra la Sicilia e il paese africano sull’altra sponda del Mediterraneo. Tenuto conto dell’attuale dibattito, molto acceso, sul tema dell’immigrazione, recuperare la memoria di quelle che sono state le nostre esperienze, può a nostro avviso contribuire a migliorare il livello del confronto. La nostra analisi ha soprattutto privilegiato gli aspetti demografici del fenomeno migratorio. Sotto questo profilo, si è fatto ampio riferimento alle fonti statistiche tradizionali per lo studio dell’emigrazione italiana. Quanto alla presenza tunisina in Sicilia, la possibilità di accedere ai microdati degli archivi istat, ci ha consentito attraverso specifiche elaborazioni di ottenere interessanti e inedite notizie sulla distribuzione territoriale della collettività tunisina e sulla sua composizione in base a taluni caratteri accertati dalle anagrafi comunali. In Sicilia negli ultimi anni si sono registrate alcune novità. L’isola sta subendo una pressione migratoria che arriva dall’Europa centro-orientale. Questo cam- biamento, su un territorio fragile dal punto di vista delle opportunità lavorative, dei servizi e delle politiche di accoglienza, sta creando non pochi problemi alla comunità africana (nella quale prevale la componente tunisina), che si era ritagliata un suo spazio di competenza per la stabilità del progetto migratorio. La crisi della marineria ha ad esempio prodotto effetti negativi a Mazara del Vallo anche perché le nuove generazioni non accettano di buon grado un lavoro che segna fisicamente e allontana per lungo tempo dalla famiglia. Solo nei con- testi a vocazione agricola la posizione dei lavoratori tunisini sembra migliore e risulta inoltre cresciuta nella Provincia di Palermo la possibilità di lavorare per le donne tunisine che si stanno inserendo nel settore della collaborazione domestica e dell’assistenza alla persona (Tornesi e Trischitta, 2010). 53
Altreitalie gennaio-giugno 2019 Note 1 È evidente che emigrazione vi è stata anche negli anni dal 1861 al 1875 ma va ricordato che vi sono state indagini con risultati non pienamente soddisfacenti. Nel corso degli anni settanta del secolo scorso, vi è stata poi un’inversione di tendenza nel nostro movimento migratorio: da paese di emigranti anche l’Italia è diventata area di immigrazioni. 2 Le percentuali sono state calcolate sulla base dei dati assoluti concernenti il flusso migratorio originato dalle singole regioni italiane (Si veda cge, 1926, istat, 1975 e Nicosia e Prencipe, 2009). 3 Per il 1904 e il 1905, sull’Annuario viene riportato un dato cumulato per Algeria e Tunisia; si è provveduto allo scorporo tenendo conto della dinamica delle due serie. Per una appropriata valutazione dei dati diffusi dal Commissariato, si suggerisce di tener conto di quanto precisato nell’Annuario («Fonti e metodi delle statistiche dell’emigrazione»). 4 Sono da aggiungere anche quelli provenienti dalla Calabria. 5 Con riferimento a questa emigrazione di «prossimità», si può ricordare il caso del Piemonte dal quale partì, fra il 1876 e il 1915, quasi il 40 per cento degli emigranti diretti in Francia insediatisi in grandissima parte in Provenza (Cortese, 2017). 6 È l’emigrazione «elitaria» della quale scrive Natili (2009). Sul punto si rinvia pure ad altra approfondita analisi. Si veda Audenino (2005). 7 La crisi agraria di fine secolo, provocata dal crollo del prezzo del grano, colpisce anche quelle parti dell’isola che ricevevano i flussi interni provenienti dalle zone del latifondo – se ne dirà più avanti – e che ora non erano più in grado di assorbirli. 8 Si è osservato che «la presenza di siciliani era dominante, oltre che in Algeria, anche nella vicina Tunisia, dove l’incremento della popolazione italiana risultava regolare e continuativo già a partire dal 1881 e dove esisteva un’altra colonia stabile, social- mente articolata e con proprie pubblicazioni periodiche» (Corti, 2001, p. 225). 9 Le cose migliorano con la pubblicazione dell’Annuario Statistico dell’Emigrazione 1955 e, soprattutto, a partire dal 1959, con la nuova configurazione dell’Annuario di Statistiche Demografiche, nella quale si riflette la rilevazione del movimento migratorio con l’estero organizzata su nuove basi. La presenza italiana in Tunisia si è però dissolta da un pezzo come si ricorderà più avanti. 10 Si veda Sori, 1979, il quale però osserva che «è ragionevole assumere che la no- menclatura usata dalla statistica dell’emigrazione abbia rilevato cose diverse nelle varie epoche: nella fase iniziale essenzialmente l’attività svolta in Italia; nella fase successiva il tipo di lavoro che gli emigrati avrebbero fatto all’estero» (p. 33). 11 Nel 1868 fu firmato un trattato italo-tunisino che consentì agli italiani di far in particolare gravitare le loro attività nel campo agricolo. Nel giugno del 1869 si arrivò alla costituzione di una Commissione internazionale con rappresentanti di Francia, Inghilterra e Italia, per il controllo delle finanze tunisine. Nel 1871 l’Italia firmò con il Bey tre protocolli segreti con i quali venne garantita la tranquillità dei coloni italiani che furono autorizzati a coltivare il tabacco e che poterono esportare i prodotti delle prospere aziende che avevano creato. Si arrivò così al 1881 quando Parigi, con il pretesto di incursioni di tribù tunisine in Algeria, inviò un corpo di spedizione e impose il proprio protettorato (De Leone, 1957). 54
Altreitalie gennaio-giugno 2019 12 Essendo principalmente motivati da interessi nel campo demografico, ci piace segnalare a quanti fossero interessati a entrare nel merito delle vicende che hanno contraddistinto l’esperienza migratoria oggetto del nostro esame, un interessante volume di una storica americana per conoscere le disavventure della signora Passa- lacqua domestica siciliana al servizio di una famiglia francese, per acquisire notizie sul triangolo del contrabbando Capo Bon-Malta-Sicilia e altro ancora (Clancy-Smith, 2011). 13 Proviene da una famiglia siciliana giunta in Francia dalla Tunisia, il deputato socia- lista Claude Bartolone che è stato l’ultimo presidente dell’Assemblée Nationale. 14 Ne sono stati contati 16.695 al censimento del 1991. Bibliografia Aa.Vv., «Gli emigrati siciliani nel mondo», Rapporto Italiani nel Mondo 2008, Fonda- zione Migrantes, Edizioni Idos, Roma, 2008, pp. 50-60. Aa.Vv., «Tunisia ed Egitto, Albania e Moldavia, Brasile: storie di emigrazione e di immigrazione», Rapporto Italiani nel Mondo 2011, Fondazione Migrantes, Edizioni Idos, Roma, 2011, pp. 379-98. Anastasi, A., «Democrazia deliberativa e controversie etniche», in Id. (a cura di), Immi- grazioni internazionali e democrazia partecipativa. Interazioni, tolleranza e reciprocità, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (cz), 2005, pp. 9-35. Arcuri Di Marco, L., «L’emigrazione siciliana all’estero nel cinquantennio 1876-1925», Annali del Mezzogiorno, vi, 1966, pp. 169-232. Audenino, P., «Rotta verso sud: dall’Italia al Mediterraneo», in Antonioli, M. e Moioli, A. (a cura di), Saggi storici in onore di Romain H. Rainero, Storia della Società, dell’E- conomia e delle Istituzioni, Franco Angeli, Milano, 2005, pp. 239-67. Brancato, F., L’emigrazione siciliana negli ultimi cento anni, Pellegrini Editore, Co- senza, 1995. Carletti, T., «La Tunisia e l’emigrazione italiana», Bollettino dell’Emigrazione, 2, 1903, pp. 1-89. cge,Annuario Statistico dell’emigrazione italiana dal 1876 al 1925, Edizione del Com- missariato Generale dell’Emigrazione, Roma, 1926. Clancy-Smith, J.A., Mediterraneans. North Africa and Europe in an Age of Migration (c. 1800-1900), University of California Press, London, 2011. Cortese, A., «L’emigrazione italiana nell’Africa mediterranea», in Cortese, A. e Sie- betcheu Youmbi, R. (a cura di), Nordafrica-Italia: un ponte da costruire, Fondazione Migrantes, Tau Editrice, Todi (pg), 2012, pp. 17-55. –, L’evoluzione demografica della Comunità ebraica di Livorno: un quadro di sintesi, Nuovi Studi Livornesi, xxi, 2014, pp. 64-85. 55
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