Irpinia 1980: cosa resta e ancora
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Irpinia 1980: cosa resta e cosa bisogna ancora ricostruire Riunione di redazione ed il pensiero rivolto a lunedì 23 novembre. Oggi. Non ho tentennato un istante e come nel 2016, ho comunicato che avrei scritto questo articolo sull’Irpinia che vi apprestate a leggere. Molte idee, cosa è cambiato in quarant’anni? La protezione civile, i mezzi di soccorso, la pianificazione dell’emergenza, i COM parole e concetti sconosciuti quarant’anni fa. Com’è cambiato e soprattutto è cambiato il territorio? Del 2009 e del 2016 conservo il ricordo delle persone che ho incontrato ed in un attimo l’idea di contattare Lucia, a più di mille chilometri di distanza. Quel terremoto, l’ha vissuto. Era il 1980. Il ricordo del terremoto dell’Irpinia di Lucia Ho poco più di quarant’anni e il sisma del 23 novembre del 1980 ha rappresentato per me, per la mia generazione e per quella dei miei genitori, la più grande catastrofe a cui abbiamo mai assistito, almeno di persona. Nel corso degli anni abbiamo avuto Chernobyl, i terremoti in Giappone, gli tsunami, i tornado, ma tutto era distante. Quella domenica del 23 novembre 1980, invece, alle 19.34 noi sopravvissuti eravamo lì, paralizzati dal rumore della terra, impossibilitati a scappare per via della scossa. Contro ogni buona logica moderna arrivata dopo quell’esperienza, che ti insegna già dalla scuola dell’infanzia a ripararti sotto un tavolo, mio padre mi
avvolse in un cappottino verde e, in braccio a lui, cominciammo a scendere due rampe di scale che ci sembravano interminabili. Sembrava di stare in un quadro di Escher. Due ne scendevi, tre ne risalivi. E poi la notte al freddo. La prevenzione e la comunicazione Le comunicazioni saltate. Il non sapere chi è vivo, chi no, chi ha bisogno. Solo una lunga notte di buio e lamenti, pianti e disperazione. I più fortunati come noi avevano un’auto in cui ripararsi. E il mattino dopo i più fortunati come noi, anche se danneggiata, una casa l’avevano ancora. Nel 1980 non esisteva la protezione civile, non c’erano i cellulari, le notizie giungevano frammentarie e con ritardo, la mancanza di coordinamento, i prevedibili errori di valutazione, tutto concorse alla fase successiva alla scossa. E tutto insieme oggi ci restituisce l’entità del quel dramma. La distruzione senza precedenti del terremoto in Irpinia Biografie di uomini, donne e bambini, patrimoni architettonici, chiese, conventi, ospedali, biblioteche, archivi, tutto distrutto in pochi minuti. Il paese dei miei nonni (Pescopagano, PZ) si trova in una delle aree più disastrate. Per me bambina la casa dei nonni era un luogo quasi magico, di giochi, di calore e di coccole. Dopo giorni riuscimmo a raggiungerla. La casa, o meglio il palazzo dove era situato l’appartamento era in piedi, ma come?! Ricordo che nell’appartamento dei mei nonni c’era, per metà, l’appartamento dei vicini, letteralmente. La parete del lungo
corridoio spezzata a metà e le due unità immobiliari fuse l’una con l’altra. Nei pressi del palazzo, lungo la strada, vennero sistemate le roulotte, una per famiglia, in ordine per piano. Quella dei miei nonni era la prima della fila, erano al primo piano. Dopo circa un anno e mezzo in quella casa ci rigiocavo, questa volta con il mio fratellino, nato pochi mesi dopo la scossa. Segno che la ricostruzione ci fu e partì anche abbastanza in fretta sebbene i primi momenti furono frenetici e scoordinati. La ricostruzione attraverso la delocalizzazione Ma come tutte le catastrofi, anche il terremoto del 1980 ha portato alla successiva ricostruzione con la relativa trasformazione del territorio.
Pescopagano (PZ) – Foto Gruppo Facebook “Pescopagano collezione ricordi” Ancora oggi, attraversando i paesi della Basilicata e dell’Irpinia, col sole o con la nebbia che rende tutto ancor più surreale, il panorama restituisce una radiografia precisa dello stato del territorio colpito. Molto spesso, attraversando questi paesi, vedi, nella parte alta, il cosiddetto paese fantasma, quello abbandonato da tutti. Dove non è stato più possibile o utile ricostruire. A valle, invece, interi nuovi quartieri o paesi, tutti in quello stile-non stile anni ’80, laddove era più sicuro
ricostruire e creare un nuovo futuro. Certamente mancavano i tecnici specializzati, la mappatura del territorio era imprecisa, la mancanza di competenze e di strumenti adeguati si tradusse spesso, in valutazioni sommarie e ricostruzioni anche forzate. A mia memoria, per anni, il paese dei miei nonni e molti altri divennero e furono enormi cantieri in cui si ricostruirono case, strade, chiese, palestre, oratori, ospedali, uffici. Ma che, suppongo, servirono anche tanto a “costruire” competenze e professionalità. Sui cantieri ingegneri, architetti, muratori, manovali, nei primissimi momenti addirittura aiutati e supportati dall’esercito e da volontari. Tutti, con linguaggi differenti, ma impegnati in uno sforzo comune. Mi piace pensare, a distanza di quarant’anni, che quella cooperazione abbia portato a nuove regole, nuovi approcci, nuovi protocolli. Il coordinamento, i soccorsi ed i prefabbricati Il coordinamento istituzionale arrivò, venne nominato un commissario straordinario. Se oggi nomini Zamberletti a qualche anziano sentirai solo parole buone, quasi fosse stato un santo in missione. Tutti ricordano le visite nei luoghi colpiti e la consegna dei prefabbricati, alloggi monoblocco, che ridavano speranza, un tetto e una idea di ripartenza.
L’arrivo del commissario Zamberletti – Foto Gruppo Facebook “Pescopagano collezione ricordi” Da quell’esperienza nacque la Protezione Civile che oggi, in caso di catastrofi naturali, è la prima ad intervenire e coordinare. Certamente con gli anni arrivò anche il disincanto. Quella esperienza di solidarietà maturata, che naturalmente si registra all’indomani di una calamità, venne meno con le ricostruzioni azzardate, con le scelte difficili tra il radere al suolo piuttosto che ricostruire dove e come prima, le liste delle priorità, la legge 219/1981 chi e come può essere ricostruita la tua casa, i Piani Regolatori da approvare. Finanche gli imbrogli e gli intrallazzi che per anni hanno plasmato, oltre che la conformazione del territorio, anche quella della politica con i clientelismi, i bacini di voti, “quello che ti poteva far avere la casa”. Il sisma del 23 novembre del 1980 è stato anche l’intreccio di tutte queste dinamiche.
Il rammarico del committente Ciò che mi sconcerta oggi, a quarant’anni di distanza, è che la memoria, storica, dei protagonisti, di chi ha ricostruito, di chi ha governato gli eventi, non ci abbia restituito nulla o quasi in termini di esperienze. L’Aquila, Amatrice, il Centro Italia, sono ferite che si rinnovano. All’encomiabile sforzo umano all’indomani di queste tragedie, con i mezzi di cui oggi disponiamo, segue immancabilmente l’abbandono, mediatico e politico. I tecnici sono sempre in prima linea; fanno tesoro, fanno scuola, imparano ed insegnano a costruire, a ri-costruire, ad edificare in modo corretto. Poi però i vuoti normativi, le mancanze nei controlli, nella manutenzione rinnovano il dolore di allora ad ogni crollo e ad ogni perdita di vite umane. E, a distanza di quarant’anni, ti sembra che nulla sia cambiato, che ogni volta si debba ricominciare da zero. È vero che ogni territorio ha delle proprie caratteristiche, che magari regole e condizioni non valgono necessariamente per tutti, ma credo che le esperienze servano a proporre dei modelli. Modelli che funzionano benissimo nella primissima emergenza, non altrettanto bene nel prosieguo. Credo che si debba lavorare, tutti e tutti insieme, ognuno con i propri bagagli di esperienze. I tecnici, le istituzioni, anche col supporto della memoria dei “non addetti ai lavori”, devono cercare e trovare soluzioni nei momenti di quiete, quando la terra è ferma. Il Bisogna fare presto è ancora, purtroppo, gravemente attuale. Microzonazione sismica di terzo livello nel Cratere: si parte Struttura Tecnica Nazionale, alchimia tra gli ordini
professionali Le professioni tecniche ricordano il terremoto dell’Irpinia I professionisti ci sono e vogliono ricordare quel terremoto. Diverse le iniziative in programma il 23 novembre 2020. Cni “Terremoto Irpinia 1980: l’emergenza e le basi per la costruzione del sistema per la protezione civile” A quaranta anni dal terremoto che ha sconvolto un’ampia porzione dei territori del Mezzogiorno d’Italia, il CNI ripercorre la lunga complessa e contrastata strada che portò al processo di ricostruzione ed al coinvolgimento delle Istituzioni nell’organizzazione del sistema della protezione civile ed alla elaborazione, molti anni dopo, dell’elaborazione delle norme antisismiche. Esperti e testimoni dell’epoca dibatteranno sulla lezione e sull’eredità lasciata dal sisma in Irpinia del 1980. Il webinar sarà visibile gratuitamente sulla piattaforma GoToWebinar della Fondazione CNI registrandosi al seguente link. Il webinar Reluis – Fondazione Inarcassa – Dipartimento di Protezione Civile – 23 novembre 2020 “La ricerca italiana in ingegneria sismica e le attività di ReLUIS a 40 anni dal terremoto campano-lucano”. Questo il titolo del webirar che si terrà il prossimo 23 novembre, a partire dalle ore 14,30, sul tema oggi più che mai attuale della prevenzione sismica, anche alla luce degli incentivi legati al Superbonus.
L’evento, organizzato da ReLUIS, Protezione Civile e Fondazione Inarcassa, affronterà, tra gli altri argomenti, la mappatura del rischio e gli interventi integrati leggeri. Ad aprire i lavori il prof. Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della ricerca, l’ing. Massimo Sessa, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e il presidente della Fondazione Inarcassa, ing. Franco Fietta. Link di iscrizione La nota di Asso Ingegneri e Architetti Il quarantennale del terremoto del 23 novembre 1980, che colpì duramente le popolazioni dell’Irpinia e della Basilicata, offre lo spunto agli ingegneri e architetti liberi professionisti d’Italia per una responsabile riflessione su ciò che in questi 40 anni è stato fatto in quei territori da un punto di vista del recupero. E della successiva programmazione tecnica ed economica. È con questo messaggio – di memoria e di proposta – che il Coordinamento Nazionale di Asso Ingegneri ed Architetti intende ricordare quei giorni drammatici che segnarono profondamente il tessuto sciale ed economico di quelle popolazioni. Ed è doloroso affermarlo ma ci sono ancora ferite aperte. Non solo in Irpinia. Il più delle volte assistiamo a soluzioni disparate e diverse a seconda dei governi, creando grandi difficoltà nella gestione di regole sempre diverse e nella gestione del lavoro dei tecnici che ostacolano l’attività edilizia ed il suo indotto che sappiamo essere comparti trainanti dell’economia del nostro Paese. Mai come adesso siamo consapevoli del ruolo che ci spetta e le professionalità di ingegneri e architetti liberi professionisti sono a disposizione del nostro Paese.
La capacità tecnica c’è e viene continuamente ampliata ma mano che nuove e consolidate tecnologie permettono un avanzamento delle conoscenze e delle soluzioni specialistiche. Ciò che è mancata è stata una visione complessiva e strutturata a livello nazionale, del complesso tema della prevenzione e della ricostruzione post sisma al fine di garantire soluzioni certe dal punto di vista della sicurezza, della vivibilità dei territori e dei tempi di realizzazione degli interventi al fine di non pesare sull’economia del Paese ed allentare il disagio della popolazione coinvolta. Asso Ingegneri Architetti ritiene essenziale il tema delle competenze che deve però trovare in una politica corretta e lungimirante un partner per individuare soluzioni tecniche adeguate, coordinate ed omogenee nel lungo periodo, sapendo che un lavoro ben fatto, alla fine, costa meno in termini di tempo, risorse e spazio. Gli strumenti che oggi si presentano – uno tra tutti il superbonus 110% – possono essere una grande opportunità. Ma ancora una volta puntuale e non inserita in una programmazione di più ampio respiro e con necessità di chiarimenti e definizione delle rispettive responsabilità dei soggetti in campo. Sigea “Irpinia 1980 – 2020: rischio sismico e resilienza in un Paese fragile” Sigea in collaborazione con RemTech, l’Ordine dei Geologi della Basilica e l’Ordine dei Geologi della Puglia, ha organizzato lo scorso 20 novembre 202 l’evento: “IRPINIA 1980-2020: rischio sismico e resilienza in un paese fragile”. L’evento rientra tra le attività scientifico/culturali di disseminazione che la Sigea sta organizzando in Italia per la sensibilizzazione alla prevenzione dai pericoli naturali.
“Non dobbiamo dimenticare che solo nei 160 anni trascorsi dall’Unità d’Italia il nostro Paese è stato colpito da ben 36 terremoti disastrosi; in media un disastro sismico ogni quattro anni e mezzo. Questi terremoti hanno causato oltre 150.000 vittime e hanno danneggiato gravemente oltre 1.600 località, incluse grandi città come Rimini, L’Aquila, Avellino, Potenza, Cosenza, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Messina. Oggi una parte preponderante del costruito – sottolinea il presidente Antonello Fiore – che include case, scuole, chiese, edifici industriali e infrastrutture in generale, risulta realizzato in assenza di norme antisismiche, pur trovandosi in aree la cui pericolosità è ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica: una situazione questa che si riscontra diffusamente da nord a sud del Paese. Abbiamo voluto organizzare questo evento a 40 anni di distanza dal terremoto che colpi l’Italia nel 1980 non solo per ricordare le vittime di quel disastro e le forti difficoltà che i sopravvissuti dovettero affrontare negli anni successivi per tornare a vivere una vita definibile normale, ma anche per ricordare tutte le vittime e i sopravvissuti di quello che è certamente il rischio geologico più severo per la popolazione, per l’edificato, per il patrimonio monumentale, per le attività produttive e per la coesione sociale. Il nostro obiettivo è mettere in primo piano la forza della nostra consapevolezza e la qualità degli studi oggi disponibili, allo stesso tempo stimolando l’azione delle istituzioni e la lungimiranza della classe politica verso una efficace prevenzione del rischio sismico, contro ogni forma di rassegnazione e fatalismo”.
Puoi anche leggere