I. l'italia dei pieni e dei vuoti - Scienze Politiche
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riabitare l’italia i. l’italia dei pieni e dei vuoti di Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò 1. Italie «verticali». l’italia è il paese delle varietà; un catalogo di paesaggi, climi, cultu- re, dialetti, agricolture, produzioni, cibi, vegetazioni, tradizioni, musi- ca, simboli, costruzioni umane localizzate. Una matrice di istituzioni urbane e rurali e di patrimoni secolari che alimenta un’identità nazio- nale plurale e variegata, e che, come glossa Piero bevilacqua, fa la «fe- licità d’italia»1. Per molto tempo nel dibattito scientifico e in quello pubblico han- no dominato le letture «verticali» e le mappe basate sulla separazione netta tra partizioni geografiche, luoghi, soggetti economici e sociali, centri e periferie. Per più di un secolo il dualismo Nord-Sud è stato il topos interpretativo territoriale prevalente: un’italia irriducibilmente dicotomica, due società differenti, morfologicamente e «moralmente» dissonanti. il Nord compattamente moderno, sviluppato, urbano, civi- le e il Sud, altrettanto compattamente, tradizionale, sotto-sviluppato, altero, «amorale». Una rappresentazione ossificata nella quale il Nord è concepito come l’opposto del Sud. lo schema analitico di contrapposizione verticale prevale diffusa- mente anche nella lettura spaziale del rapporto città-campagna e pianu- ra-montagna, considerate universi congenitamente separati (città e pia- nure alle prese con la modernità, di contro campagne e montagne ripie- gate nella tradizione), delle agricolture della «polpa» e dell’«osso», mentre sul piano microeconomico domina a lungo la polarizzazione netta tra grande impresa (efficiente e dinamica) e piccola impresa (inef- ficiente e marginale). Nell’analisi socio-economica è diffusa la convin- 1 P. bevilacqua, Felicità d’Italia. Paesaggio, arte, musica, cibo, laterza, roma-bari 2017. Sull’importanza politica di una rappresentazione «orgogliosa» dell’italia basata sulle diffe- renze interne, cfr. F. barca, La diversità come rappresentazione del paese, in Italia 1945-2045. Urbanistica prima e dopo. Radici, condizioni, prospettive, a cura di S. Munarin e l. Velo, Donzelli, roma 2016. Sulla polimorfia dell’italia, cfr. il contributo di Pietro Clemente in que- sto volume. 21
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò zione, tipica dell’epopea fordista, che il mondo evolva sempre più ver- so assetti dominati dal gigantismo economico e istituzionale, che la di- mensione rappresenti il discrimine tra efficiente e residuale, tra nuovo e vecchio, tra moderno e tradizionale. Un mondo governato dalla ge- rarchia, da una incontrovertibile one best way. Nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, nell’incede- re del post-fordismo, si afferma un’idea più articolata della società e del- la geografia socio-economica e politica. arnaldo bagnasco, in un libro ormai classico2, avanza uno schema interpretativo triadico che si confi- gura in Nord-ovest (la «prima» italia, dominata dal capitalismo fordista della grande impresa), Centro-nord-est (la «seconda» italia, connotata da piccole imprese, distretti industriali e società locali coese) e Mezzo- giorno, l’area della dipendenza economica e dell’arretratezza civile. il paradigma analitico delle «tre italie» cambia la rappresentazione della penisola, introducendo una riformulazione delle categorie spazio- temporali della tradizionale lettura del paese: non solo consente il supe- ramento della sempre più logora capacità euristica dell’approccio terri- toriale dualistico, ma scardina nello stesso tempo un altro tabù analitico dominante, quello che contrappone in modo rigido grande impresa, considerata come la dimensione e la forma organizzativa ottimale, e pic- cola impresa, valutata come una scala subottimale e marginale. Più in generale, il nuovo schema tripolare sottende la rottura dell’idea di linea- rità temporale dei processi di crescita economica, riconoscendo vie di- verse e composite allo sviluppo che contemplano la compresenza di modernità e tradizione, di vecchio e nuovo, di urbano e rurale3. la rottura della gabbia analitica dualistica favorisce e incoraggia, ne- gli anni successivi, analisi meno convenzionali e schematiche della socie- tà e dell’economia italiana, anche del Mezzogiorno, l’eterno, estremo e stereotipato «altro interno» dell’italia4. Si diffonde tra un limitato nu- cleo di economisti «civili» – in primis, Giacomo becattini, Sebastiano brusco e Giorgio Fuà – un forte interesse «a ricercare formule di svilup- po che partano da ciò che già esiste in loco per valorizzarlo al massimo […], mantenendo una continuità con le radici storiche»5. in questa nuo- va intonazione culturale di guardare allo sviluppo, emerge una rinnovata 2 a. bagnasco, Tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano, il Mulino, bologna 1997. 3 F. bartolini, La Terza Italia. Reinventare la nazione alla fine del Novecento, Carocci, roma 2015. 4 S. Patriarca, Italianità. La costruzione del carattere nazionale, laterza, roma-bari 2010. 5 G. Fuà, L’industrializzazione del Nord Est e nel Centro, in Industrializzazione senza fratture, a cura di G. Guà e C. Zacchia, il Mulino, bologna 1983. 22
l’italia dei pieni e dei vuoti e diversa attenzione verso il Mezzogiorno che porterà a individuare, tal- volta con un eccesso di enfasi narrativa, germi di sviluppo diffuso lungo le coste adriatiche, vivacità imprenditoriali nelle aree tirreniche, adden- samenti manifatturieri simil-distrettuali, macchie di crescita economica territoriale, seppure strettamente dipendenti dalle politiche pubbliche centrali6. È soprattutto grazie alle analisi e alle ricerche del gruppo com- posito di studiosi raccolti intorno all’imes e a «Meridiana», che emerge nel dibattito pubblico nazionale una rappresentazione del Mezzogiorno e dei suoi problemi oltre la semplice contrapposizione dualistica con il resto del paese, bensì, come scrive Carmine Donzelli nella Presentazio- ne del primo numero di «Meridiana», «come il segmento debole di un pezzo «medio» [del sistema capitalistico globale …], una società in mo- vimento, inserita a pieno titolo nelle dinamiche e nei ritmi della storia contemporanea, pur se caratterizzata dalla difficoltà di trovare un equi- librio e un’autonomia nei propri percorsi di sviluppo»7. lo schema interpretativo triadico, seppure contribuisce ad affermare un ritratto dell’articolazione territoriale nazionale dai confini spaziali, temporali e strutturali meno rigidi e più problematici rispetto al passato, rimane tuttavia dentro la tradizionale lettura «verticale» del paese: tre italie omogenee al loro interno ma costituzionalmente differenti tra lo- ro; «tre forme di economie»; «tre società specifiche»; tre modelli di svi- luppo; tre tipi di «formazioni sociali»; tre subculture politiche8. 2. Italie «orizzontali». Nell’ultimo decennio sono emerse letture e interpretazioni territo- riali e socio-economiche dell’italia di tipo «orizzontale», ossia più at- tente alle differenziazioni negli stessi ambiti spaziali e funzionali e tra soggetti appartenenti a identiche aggregazioni organizzative. a diffe- renza delle analisi polarizzanti, questo nuovo approccio consente di 6 C. trigilia, Sviluppo senza autonomia. Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, il Mulino, bologna 1994. Un libro emblematico di quella stagione di sguardi diversi verso lo sviluppo meridionale viene scritto da Gianfranco Viesti (Come nascono i distretti industriali, laterza, roma-bari 2003), che prova a concettualizzare le aggregazioni locali di piccole im- prese nel Sud alla luce del modello distrettuale, tipico delle aree di industrializzazione diffusa del Centro-nord-est italiano. 7 C. Donzelli, Presentazione, in «Meridiana», 1987, 1, pp. 9-15. 8 Sulle subculture politiche, un riferimento importante rimane a tutt’oggi un saggio scrit- to oltre trent’anni fa da Carlo trigilia, Grandi partiti e piccole imprese, il Mulino, bologna 1986. Per una ricostruzione critica del dibattito dell’epoca sullo sviluppo del Mezzogiorno, cfr. S. bruni - D. Cersosimo, Oltre l’agricoltura. La produzione manifatturiera e i suoi sbocchi negli ultimi quarant’anni, in «Meridiana», 1987, 1, pp. 133-64. 23
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò catturare gli aspetti compositi, ibridi, differenziali e contraddittori del- la realtà sociale, anche di quelle tradizionalmente considerate omoge- nee e compatte, attenuando la rigidità gerarchica tra luoghi e soggetti dai confini più sfumati e fluidi. D’altro canto, oggi, con geografie che si ri-profilano in continuazione, appare più difficile di ieri separare net- tamente urbano e rurale, ciò che sta dentro i confini e ciò che sta fuori, identificare perimetri certi di città, contesti agricoli, assetti degli spazi socio-economici. i processi di riconfigurazione territoriale dell’ultimo ventennio non sono più catturabili attraverso le rappresentazioni del passato. il trian- golo industriale si è dissolto da tempo, insieme ai miti e ai rigidi dispo- sitivi delle piattaforme fordiste; le tre italie sembrano anch’esse datate e destrutturate; in forte appannamento è l’italia distrettuale nonché i ri- tratti di urbanizzazione diffusa e di intima compenetrazione tra econo- mia e società che la sorreggevano; il Mezzogiorno, nonostante la sem- pre viva rendita analitica del dualismo, ha continuato a perdere la con- notazione di regione omogenea e altra rispetto al resto del paese. ricerche e studi recenti sembrano avvalorare l’idea che sguardi orizzontali riescano a rappresentare meglio le diversità della penisola. analisi ovest-est mostrano, ad esempio, come le caratteristiche econo- miche e geopolitiche del Nord siano cangianti: ai processi di progres- siva convergenza economica e socio-politica tra Nord-ovest e Nord- est registrati nell’ultimo venticinquennio del secolo scorso, arrivando a prefigurare una vera e propria «questione settentrionale»9, sono seguiti negli anni più recenti meccanismi di trasformazione che hanno favorito soprattutto l’area orientale rispetto a quella occidentale in termini di benessere e sviluppo10. ricerche importanti di geografi e urbanisti mostrano allo stesso tempo l’emergere negli ultimi anni di contesti post-metropolitani nei quali la contrapposizione città-campagna si sfuma in un reticolo di re- lazioni, di complementarietà e convergenze dove le tradizionali distan- ze tra urbano, suburbano e rurale risultano addolcite11. inoltre, nell’arena imprenditoriale, la grande crisi post-2007 ha messo in luce una marcata eterogeneità nelle performance tra le impre- 9 Sulla costruzione politica del Nord come «questione», si veda l’antesignano numero monografico di «Meridiana», Questione settentrionale, n. 16. Per una riflessione più recente, G. berta (a cura di), La questione settentrionale. Economia e società in trasformazione, Fel- trinelli, Milano 2007. 10 banca d’italia, L’economia del Nord Est, «Seminari e convegni», roma, ottobre 2011, 8. 11 a. balducci, V. Fedeli, F. Curci (a cura di), Oltre la metropoli. L’urbanizzazione regio- nale in Italia, Guerini e associati, Milano 2017. 24
l’italia dei pieni e dei vuoti se, anche tra quelle di pari dimensioni. Nella nuova situazione compe- titiva generata dai processi di globalizzazione e dalla crisi, non è tanto la scala dimensionale a influenzare la redditività quanto la capacità di esportazione, di networking con altre imprese e con centri di ricerca, di differenziazione delle strategie del passato, di rafforzamento e am- pliamento del capitale cognitivo aziendale12. Piccole imprese dinami- che sono affiancate da piccole imprese in declino, allo stesso modo grandi e medie imprese di successo convivono con grandi e medie im- prese in difficoltà. Più che nel passato, si avverte oggi la debole pre- gnanza dei valori medi per rappresentare e spiegare sistemi produttivi, come quello italiano, fortemente disomogenei e caratterizzati al loro interno da una marcata divergenza strutturale e spaziale. rilevanti novità di approccio si registrano anche nel campo delle po- litiche pubbliche. Nell’ambito delle politiche europee «basate sui luo- ghi» (place-based approach)13, viene ideata e implementata nel nostro paese un’originale Strategia nazionale per le aree interne (Snai), orientata a sanare i deficit di cittadinanza delle popolazioni che risiedono nelle «aree interne», quelle distanti dai centri di offerta di servizi di base (istru- zione, salute e mobilità). la Strategia, che interviene nelle aree sottodo- tate di servizi civili fondamentali indipendentemente dalla loro localiz- zazione geografica, tende a rovesciare la vecchia logica economicistica che considera i servizi di cittadinanza come una variabile dipendente dal livello di sviluppo: la fruizione dei servizi essenziali deve essere garantita a tutti i cittadini a prescindere dal loro reddito e da dove risiedono. Per la Snai, i diritti di cittadinanza rappresentano dunque bisogni insoppri- mibili da soddisfare in ogni luogo, a partire dalle aree interne dove la loro dotazione è più carente e di minore qualità. Solo garantendo ai cittadini di queste aree effettive opportunità di godere di servizi civili di base è possibile invertire il trend di rarefazione demografica e, nel contempo, riattivare economie locali e occasioni di lavoro, e consolidare e allargare i focolai sparsi di ripopolamento e rigenerazione nelle comunità locali14. 12 a. arrighetti - F. traù, Nuove strategie delle imprese italiane. Competenze, differen- ziazione, crescita, Donzelli, roma 2013. 13 F. barca, An Agenda for a Reform of Cohesion Policy. A Place-based Approach to Meeting European Union Challenges and Expectations, european Commission (indipen- dent report), bruxelles 2009; id., Alternative Approaches to Development Policy: Intersec- tions and Divergences, in Oecd regional Outlook 2011, Building Resilient Regions for Stronger Economies, Oecd, Paris 2011; id., P. McCann, a. rodriguez Pose, The Case for Re- gional Development Intervention: Place-Based versus Place-Neutral Approaches, in «Jour- nal of regional Science», lii, 2012, 1. 14 Sulla «teoria», gli obiettivi, le strategie e le azioni della Snai, cfr. i contributi di Giovan- ni Carrosio e andrea Faccini e di Sabrina lucatelli e Filippo tantillo contenuti in questo vo- lume. Si veda inoltre F. barca, G. Carrosio, S. lucatelli, Le aree interne da luogo di disugua- 25
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò 3. Dati e metodologia. Questo contributo si inserisce nel recente filone di studi e ricerche che adottano un punto di vista «orizzontale», attento a cogliere le dif- ferenze territoriali odierne oltre i tradizionali schemi spaziali dualistici. Viene utilizzata la metafora dei luoghi «pieni/vuoti» per individuare la densità, a livello provinciale, delle società locali in base a quattro di- mensioni d’indagine. la prima è la densità fisica, relativa al grado di utilizzo del suolo, alla dotazione di infrastrutture e di servizi di tra- sporto, di abitazione del patrimonio immobiliare. la seconda è la ro- bustezza dell’assetto demografico, considerando anche la presenza di stranieri, turisti, laureati, e la speranza di vita dei residenti. la terza di- mensione è relativa alla consistenza dell’attività produttiva e dell’inci- denza delle esportazioni, della buona struttura del mercato del lavoro locale. infine, la dimensione sociale, volta a cogliere la pienezza dei luoghi dal punto di vista della qualità e quantità di servizi essenziali, di possibilità di fruizione di beni culturali, di sicurezza. al fine di tenere conto congiuntamente dei diversi aspetti che defi- niscono la densità dei luoghi, sono stati costruiti indicatori compositi per ciascuna dimensione, in grado di sintetizzare in un’unica misura l’informazione contenuta nelle variabili di base. inoltre, combinando gli indicatori sintetici ottenuti per ciascuna dimensione è stato creato un indicatore complessivo della pienezza dei luoghi, che rispecchiando la multidimensionalità del fenomeno consentisse di disegnare la geo- grafia dell’italia dei vuoti e dei pieni. la metodologia utilizzata – l’analisi delle componenti principali – è molto diffusa nello studio di fenomeni multidimensionali. Questa tecnica statistica consente, infatti, di valutare le relazioni esistenti tra le variabili considerate e di ridurre lo spazio delle informazioni. il da- ta-set costruito per misurare le diverse dimensioni della pienezza dei luoghi consta di 48 variabili, la cui scelta è stata limitata dalla contenu- ta disponibilità di informazioni aggiornate a livello provinciale (si ve- da infra, Prospetto). Su tale data-set è stata effettuata un’analisi esplo- rativa sulla struttura delle relazioni tra le variabili, avvalendosi della glianza a opportunità per il paese, in Le sostenibili carte dell’Italia, a cura di l. Paolazzi, t. Gargiulo, M. Sylos labini, Marsilio, Venezia 2018, pp. 167-86. Sui processi di innovazione sociale nelle aree interne e sui processi di neo-popolamento, cfr. il contributo di Filippo bar- bera e tania Parisi e quello di andrea Membretti ed elisa ravazzoli, entrambi in questo vo- lume. Sull’importanza strategica di intrecciare spazio e società, di «progettare con l’esistente» e di «costruire nel costruito», anche nelle aree interne, si veda il contributo di antonio De rossi e laura Mascino in questo volume. 26
l’italia dei pieni e dei vuoti matrice dei coefficienti di correlazione lineare, del test della «misura di adeguatezza campionaria» e della «matrice delle comunalità», il cui risultato ha portato alla definizione delle variabili poste alla base della costruzione degli indicatori sintetici15. Per rendere omogenee le unità di misura delle variabili si è proceduto a dividere ciascuna di esse per il relativo valore medio. l’analisi ha estratto, dalla matrice varianza- covarianza, una sola componente principale per le dimensioni demo- grafia, economia e assetto sociale, il cui valore rappresenta dunque l’indicatore sintetico delle relative dimensioni, e due componenti per la dimensione fisica. anche in quest’ultimo caso, tuttavia, è stato pos- sibile considerare la prima componente principale come indicatore sintetico, a ragione dell’elevata percentuale di varianza spiegata nelle variabili di partenza utilizzate (cioè dell’informazione in esse conte- nuta)16. la condizione di «vuoto» o di «pieno» delle diverse province rispetto a ciascuna dimensione è visualizzata mediante una mappa in cui si evidenzia la distribuzione delle province a seconda del valore assunto dalla prima componente principale: una provincia è «piena» quando l’indicatore sintetico della dimensione in esame assume valori più alti (4° quartile); viceversa una provincia è «vuota» laddove gli in- dicatori mostrano valori più modesti (1° quartile). Situazioni inter- medie si verificano nel caso delle province «semipiene» (3° quartile) e «semivuote» (2° quartile)17. Per ottenere l’indicatore sintetico complessivo, è stata applicata la stessa metodologia descritta in precedenza per la costruzione degli in- dicatori sintetici di ciascuna dimensione, considerate in questa seconda fase come le «nuove» variabili di base. l’analisi ha estratto una sola componente, il cui valore consente di disegnare la mappa della geogra- fia dell’italia dei vuoti e dei pieni18. 15 Per approfondimenti sulla costruzione di indicatori sintetici con la tecnica statistica del- l’analisi in componenti principali si rinvia a J. F. Hair, W. C. black, b. J. babin, r. e. anderson, Multivariate Data Analysis, Pearson New international edition, Harlow 2014. 16 la percentuale di varianza contenuta nelle variabili usate nell’analisi e spiegata dalla prima componente principale è pari al 78% per la dimensione demografica; al 77% per la di- mensione economica, al 67% per la dimensione fisica e al 59% per quella sociale. 17 Per ulteriore robustezza della mappa disegnata attraverso l’analisi in componenti prin- cipali sono state costruite alcune cartine sulla base di variabili ritenute particolarmente signi- ficative, in aggiunta a quelle selezionate per la costruzione degli indicatori sintetici. tra que- ste, la densità demografica, il tasso di natalità, l’indice di attrattività degli atenei (misurato co- me percentuale di studenti iscritti all’università per provincia sede del corso sugli iscritti per provincia di residenza), gli anziani trattati in assistenza domiciliare integrata (adi), il tasso di emigrazione ospedaliera. Queste mappe, non incluse nel testo per motivi di spazio, sono disponibili su richiesta agli autori. 18 la percentuale di varianza spiegata dalla prima componente principale è pari al 72% della varianza contenuta nei sub-indicatori. 27
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò l’analisi si basa unicamente su dati e variabili riferiti a un solo an- no di osservazione (che oscilla tra il 2015 e il 2017 e in rari casi a dati censuari del 2010-11), per cui le mappe rappresentano fotografie sta- tiche, un fermo immagine di fenomeni fisici, socio-demografici ed economici che caratterizzano l’italia oggi, indipendentemente dai processi evolutivi che li hanno determinati e dai fenomeni diacronici di riempimento/svuotamento territoriale19. le mappe, inoltre, cattu- rano solo in parte i vuoti e i pieni che si determinano quotidianamen- te attraverso i flussi di persone e di merci. basti pensare all’intensità del pendolarismo di lungo raggio, peraltro in crescita negli ultimi an- ni sia per effetto della crisi, che ha notevolmente allargato le traietto- rie dei mercati del lavoro, in particolare dei «professionals», sia so- prattutto a ragione dell’alta velocità che ha accorciato i tempi di per- correnza e intensificato i viaggi medio-lunghi: ben 65 collegamenti no stop (più della metà di quelli complessivi) sulla sola tratta Milano- roma20. Oppure si consideri il traffico aereo: ogni 100 residenti sono circa 1600 i passeggeri imbarcarti/sbarcati in un anno nella provincia di Olbia-tempio, oltre 1100 nelle province di Pisa, Venezia e roma, più di 1000 in quella di bergamo e 900 nella provincia di Milano. e ancora, si pensi ai significativi flussi legati alla mobilità sanitaria e a quella degli studenti universitari21, entrambe in senso unidirezionale dal Mezzogiorno verso il Centro-nord, che «svuotano» ospedali e università del Sud e «riempiono» strutture sanitarie e atenei centro- settentrionali. 4. Geografia dei pieni e dei vuoti. l’indicatore sintetico delle quattro dimensioni della geografia dei pieni e dei vuoti restituisce un ritratto composito dell’italia contempo- ranea. Più di 20 milioni di italiani (il 34%) risiedono nell’italia piena, 19 Sulle trasformazioni nel tempo e sulle «continue scritture e riscritture» dello spazio costruito nel nostro paese, nonché su una tassonomia geografica delle «italie fragili», cfr. il contributo di arturo lanzani e Francesco Curci in questo volume. Per un’analisi dei processi territoriali di «svuotamento» e di «riempimento» nel corso del Novecento cfr. il capitolo di arturo lanzani e Federico Zanfi contenuto in questo volume. 20 D. Di Vico, Il treno veloce rilancia il lavoro e «sposa» Milano con Roma, in «Corriere della Sera», 8 ottobre 2017. Sull’intensificazione della mobilità tra le città italiane, cfr. l. Ga- ravaglia, Città dei flussi. I corridoi territoriali in Italia, Guerini e associati, Milano 2017. 21 Sulla dimensione e gli impatti socio-economici della mobilità degli studenti universi- tari, cfr. D. Cersosimo, a. r. Ferrara, r. Nisticò, La mobilità geografica: da Sud a Nord senza ritorno, in Fondazione res, Università in declino. Un’indagine sugli atenei da Nord a Sud, a cura di G. Viesti, Donzelli, roma 2016. 28
l’italia dei pieni e dei vuoti contro circa 11 milioni (18%) che vivono nell’italia vuota. la rimanente metà abita nell’italia intermedia: 14 milioni nelle province semipiene e 15 in quelle semivuote (tab. 1). la densità demografica è relativamente alta nell’italia piena (295 abitanti per km2) e bassa in quella vuota (144). Venezia, Milano, trieste, bologna e Prato sono le cinque province più piene (roma è al decimo posto); tutte siciliane le cinque più vuote: Caltanissetta, enna, agrigento, Palermo e Messina. Cagliari è l’unica provincia piena del Mezzogiorno e rovigo l’unica vuota del Nord; Macerata è la sola provincia vuota del Centro. l’italia piena è dunque soprattutto al Nord e quella vuota soprattutto al Sud; nell’italia centra- le si alternano province piene e vuote (mappa 1). in tutte le circoscrizioni si notano differenze interne. il Nord-est è l’area più densa: mediamente più strutturato e vitale è il tessuto econo- mico-produttivo; più diffuso il patrimonio abitativo, le infrastrutture fisiche e i servizi a supporto della mobilità urbana; più estesa e forte l’offerta di servizi sociali; più equilibrata la struttura demografica. le province con il valore più alto dell’indicatore si trovano in emilia-ro- magna e trentino. il Nord-ovest è meno pieno del Nord-est. Delle 12 province lom- barde soltanto Milano e Monza-brianza risultano decisamente piene; tutte le altre sono semipiene, tranne Cremona e Como che risultano se- mivuote. le province piemontesi sono in gran parte semipiene, com- presa quella torinese, l’unica delle sei province metropolitane del Nord non completamente piena. biella, Vercelli e aosta sono semivuote; in liguria, Genova e la Spezia sono piene, imperia e Savona semipiene. l’italia centrale è maggiormente variegata. alquanto piena è la to- scana, ad eccezione delle province di Pisa e di arezzo che risultano se- mivuote; relativamente meno piene sono le province marchigiane (Ma- cerata è vuota); roma è la sola provincia laziale piena, mentre Viterbo risulta semipiena e le altre semivuote o vuote (Frosinone); le province umbre sono entrambe semivuote. tabella 1. l’italia dei vuoti e dei pieni: superficie e popolazione (valori medi). indicatori/Province Piene Semipiene Semivuote Vuote Superficie (migliaia km2) 69,5 76,6 80,5 75,5 Superficie (%) 23,0 25,3 26,7 25,0 Popolazione (milioni) 20,5 14,1 15,1 10,9 Popolazione (%) 33,8 23,2 25,0 17,9 Fonte: elaborazioni su dati istat. 29
Indicatore vuoto-pieno bz ≤ 0,159 bl ud ≤ 1,88 so tn pn vb co lc go ≤ 2,76 va bg tv ts ao bs vi bi mb ≤ 6,65 no ve mi vr pd vc lo cr to pv mn ro at pc al fe pr re cn ge bo ra mo sv sp ms fc im lu pt po rn fi pu an pi ar si mc pg fm li ap gr te tr vt ri ch aq rm cb fr fg lt bn bt ce av ba na ot ta br pz mt ss sa le nu or og cs vs kr ca ci cz vv rc me tp pa en ct ag cl sr rg km 0 45 90 180 270 360 Mappa 1. Pieni e vuoti nell’italia d’oggi.
l’italia dei pieni e dei vuoti tutte le province del Sud continentale e della Sicilia sono vuote/se- mivuote, comprese le quattro città/province metropolitane (Napoli, Palermo, Catania, Messina e reggio Calabria). la Sardegna mostra una geografia simile a quella dell’italia centrale, con qualche area piena e semipiena (Cagliari e Olbia-tempio). tutte le province appenniniche da arezzo a reggio Calabria disegnano una di- rettrice di vuoti, luoghi relativamente carenti di infrastrutture fisiche, di servizi essenziali, con strutture demografiche e produttive assai de- boli. residenti di province appenniniche di montagna o collina imper- via e con capoluoghi e città rarefatti sono costretti a convivere con un deficit di servizi e di accessibilità, una carenza che alimenta altri vuoti, demografici ed economici. l’assetto demografico è la dimensione che contribuisce maggior- mente a determinare la connotazione di province piene o vuote: ciò spiega da un lato il vuoto senza soluzioni di continuità delle province dell’appennino centro-meridionale, sempre più alle prese con struttu- re demografiche deboli e squilibrate verso i residenti più avanti negli anni, e dall’altro il pieno di molte province del Nord che negli ultimi decenni, soprattutto grazie all’arrivo di nuovi residenti stranieri per lo più giovani, hanno sperimentato un miglioramento delle loro strutture demografiche in termini di ripresa della natalità, di crescita della popo- lazione, di incremento delle coorti di cittadini più giovani. 5. La dimensione fisica. il ritratto dell’italia dei pieni/vuoti sotto il profilo fisico è quello meno polarizzato, mostrando la presenza di uno scheletro materiale territorialmente diffuso, anche se con intensità e qualità differenti. in termini aggregati, 70 italiani su 100 abitano in province fisica- mente piene, ovvero con incidenze mediamente più alte in termini di consumo di suolo, di abitazioni non occupate, di km di strade in rapporto al parco autovetture, di rete autostradale, di trasporto pubblico locale e di licenze di taxi nei capoluoghi provinciali in rap- porto alla popolazione. i restanti 30 risiedono in territori con appa- rati edilizi e infrastrutturali meno densi, anche se insistono su circa la metà dell’intera superficie territoriale nazionale. le province più piene occupano il 30% della superficie totale ma assorbono pres- sappoco la metà della popolazione complessiva (316 abitanti per km2); viceversa le province più vuote rappresentano quasi un quarto 31
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò della superficie ma il 13% soltanto dei residenti totali (appena 110 abitanti per km2) (tab. 2). l’incidenza del consumo di suolo nelle aree piene è in media circa il doppio delle aree vuote. la quota di abitazioni non occupate da resi- denti e l’incidenza dei chilometri di strada sul parco autovetture sono due variabili correlate inversamente con l’indicatore sintetico del «pie- no fisico» dei luoghi: valori più bassi di queste variabili descrivono province più piene. Si osserva così che, in queste ultime, l’incidenza delle abitazioni non occupate dai residenti e il rapporto tra strade e au- tovetture è la metà di quella che caratterizza le province vuote. ancora più evidente è il divario di infrastrutture autostradali, di circa otto pun- ti percentuali tra i due gruppi agli estremi della distribuzione. il vuoto fisico è infine suggellato dalla ridotta domanda di trasporto pubblico locale: solo 14 passeggeri per abitante nelle aree vuote, contro i 200 di quelle piene e un rapporto di 2 a 9 per quanto riguarda le licenze di taxi attive nei comuni capoluogo ogni 100 abitanti. Venezia, Milano, roma, trieste e bologna sono le cinque province piene che si collocano in testa alla classifica (torino è sesta, Firenze ot- tava e Napoli dodicesima). a determinare la connotazione di pieno di queste province è soprattutto l’intensità d’uso dei trasporti pubblici lo- cali da parte dei residenti nei capoluoghi e, in maniera meno intensa, il consumo di suolo; diversamente, pesa poco l’incidenza della dotazione di strade-autostrade. Delle cinque province più vuote quattro sono sarde (Oristano, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia iglesias), a ragione del mar- tabella 2. la dimensione fisica: valori medi degli indicatori di base. indicatori/Province Piene Semipiene Semivuote Vuote Superficie (migliaia km2) 92,1 63,2 75,1 71,7 Superficie (%) 30,5 20,9 24,8 23,8 Popolazione (milioni) 29,1 13,5 10,1 7,9 Popolazione (%) 48,1 22,3 16,5 13,1 Consumo di suolo (%) 13,3 10,0 6,4 6,4 abitazioni non occupate da residenti (%) 18,8 22,8 29,2 32,7 Km strada/parco autovetture*100 0,36 0,47 0,76 0,83 autostrade (%) 9,2 4,9 5,1 1,5 Domanda di trasporto pubblico locale nei comuni capoluogo di provincia (passeggeri annui per abitante) 199,43 61,80 32,46 13,76 licenze di taxi attive nei comuni capoluogo di provincia (valori per 10 000 abitanti) 9,40 3,37 2,43 2,35 Fonte: elaborazioni su dati istat, ispra, aci. 32
l’italia dei pieni e dei vuoti ginale consumo di suolo (tra il 3 e il 4% della superficie, tra i valori più bassi in italia) e dell’inconsistenza sia del sistema stradale sia dell’offer- ta che dell’utilizzo dei trasporti pubblici locali; l’altra è Sondrio, la pro- vincia italiana con la più alta incidenza di case vuote (49,7%, per lo più appartamenti vacanze). il Nord-est è decisamente l’area con maggiore presenza di aree pie- ne (solo la provincia di rovigo risulta vuota), così come il cluster di province centrali Firenze-Siena-Perugia-ancona. Nord-ovest e Mez- zogiorno sono alquanto simili: le province piene/semipiene si alterna- no a quelle vuote/semivuote con frequenza quasi analoga (mappa 2). Differenti tuttavia sono le cause del pieno/vuoto. ad esempio, il pieno della provincia milanese (come quello del resto delle province metropolitane del Nord e in parte del Mezzogiorno) è da attribuire principalmente all’elevato consumo di suolo (circa un terzo della su- perficie è occupato da costruzioni e infrastrutture fisiche) e di cittadini che utilizzano i mezzi pubblici; di contro la provincia cosentina è piena principalmente per l’incidenza del lungo tratto autostradale che l’attra- versa longitudinalmente per oltre 100 chilometri (18%, il dato più alto tra le province italiane dopo Monza-brianza). D’altro canto, il vuoto fisico del Potentino è determinato soprattutto dal bassissimo uso del suolo (solo il 3,7%) e dall’inconsistenza assoluta di servizi di trasporto pubblico, mentre il vuoto del rodigino è attribuibile al relativamente basso consumo di suolo, al contenuto peso di case disabitate e al limi- tato sviluppo dei servizi pubblici di mobilità urbana. Spicca il pieno dei corridoi territoriali lineari Milano-bolzano e Mi- lano-Venezia, caratterizzati dalla continuità urbana e da una densa in- tegrazione produttiva e logistica. Meno pieno è invece l’asse Milano- via emilia-adriatico e ancor meno quello Milano-torino, entrambi scarsamente saldati sotto il profilo urbano22. Non sembra esserci traccia dell’urb-Italy configurato da Soja e Ka- nai23, ossia di un’unica grande, continua e omogenea macroregione ur- bana integrata estesa nel triangolo roma-Milano-torino. al contrario, lo spazio delimitato dal triangolo appare fortemente differenziato e di- scontinuo: una sequenza irregolare di province piene e vuote, priva di un’evidente logica di corridoio territoriale insediativo e produttivo in- terconnesso24. roma e Milano, in particolare, si configurano tuttora 22 Sui principali assi infrastrutturali di crescita urbana nel nostro paese, l. Garavaglia, Città dei flussi. I corridoi territoriali in Italia, prefazione di P. Perulli, Guerini e associati, Milano 2017. 23 e. W. Soja - J. M. Kanai, The Urbanization of the World, in Implosions/Explosions. To- wards a Study of Planetary Urbanizations, a cura di N. brenner, Jovis, berlin 2014. 24 Garavaglia, Città dei flussi cit., p. 131. 33
bz Fisica ≤ 0,42 bl so tn pn ud ≤ 0,89 vb va co lc bg tv go ts ≤ 1,88 ao bs vi mb bi no ≤ 13,62 mi vr ve pd vc lo cr to pv mn ro at pc al fe pr re cn ge bo ra mo sv sp ms fc im lu pt po rn fi pu an pi ar si mc pg fm li ap gr te tr vt ri ch aq rm cb fr fg lt bn bt ce av ba na ot ta br pz mt ss sa le nu or og cs vs kr ca ci cz vv rc me tp pa en ct ag cl sr rg km 0 45 90 180 270 360 Mappa 2. Pieni e vuoti nell’italia fisica.
l’italia dei pieni e dei vuoti come poli metropolitani fittamente connessi sotto l’aspetto dei flussi della mobilità umana ma poco integrati dal punto di vista territoriale. Nel Mezzogiorno non si intravedono segni evidenti di saldatura ur- bano-territoriale, neppure lungo gli assi delle province metropolitane Napoli-bari e Napoli-Messina-Palermo. l’apparato infrastrutturale me- ridionale sembra seguire logiche prevalentemente di tipo gravitazionale centro-periferia e di auto-contenimento spaziale piuttosto che di inte- grazione funzionale tra territori e poli interprovinciali. 6. La dimensione demografica. l’italia demografica è metà piena e metà vuota. le province piene as- sorbono poco meno di un quarto della popolazione nazionale, lo stesso peso demografico delle province vuote. in termini relativi prevale l’ita- lia demografica semipiena (il 29% della popolazione), ma consistente è pure l’italia semivuota (assorbe quasi un quarto dei residenti) (tab. 3). la forza attrattiva delle province piene è testimoniata da un saldo migratorio medio di circa 5 persone per ogni mille abitanti, a fronte dello spopolamento di quelle vuote, con saldo negativo di circa tre. inoltre, la capacità di trattenere immigrati, approssimata dalla percen- tuale di stranieri residenti sulla popolazione, segna un divario di sei punti percentuali tra le province piene (10,2%) e quelle vuote (4,2%) e, infine, il tasso di turisticità, che risulta, nelle aree piene, quattro volte e mezzo superiore in media rispetto alle province vuote. l’incidenza del- le persone laureate o con titoli superiori nella fascia di età 25-39 anni non risulta molto dissimile tra i primi tre gruppi di province, ma nelle province vuote l’indice segna sei punti percentuali in meno rispetto alle aree piene, segnalando la povertà di capitale umano altamente scolariz- zato, un fattore determinante nella crescita economica e nello sviluppo complessivo dei territori. trieste, Prato, Milano, bolzano e Parma sono le prime cinque pro- vince più forti sotto l’aspetto degli assetti demografici, ossia con valori più alti dell’indicatore sintetico composto da saldo migratorio, peso della popolazione residente straniera, laureati tra i 25 e i 39 anni, pre- senza di turisti nelle strutture ricettive, speranza di vita. all’opposto, sono tutte siciliane le cinque province con gli assetti demografici più fragili e meno incoraggianti: Caltanissetta, enna, Palermo, agrigento e Messina. tra la provincia di trieste, la più piena, e quella di Caltanis- setta, la più vuota, si registra un gap impressionante: il saldo migratorio 35
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò varia da 7,5 per la prima a -6,5 per la seconda, un peso degli stranieri sulla popolazione più che doppio, un’incidenza dei laureati sugli under 40 superiore di 16 punti percentuali, una speranza di vita più alta di ol- tre mezzo anno. Drastiche sono le differenze tra le province rispetto ai singoli indi- catori di base. la speranza di vita dei riminesi, dei trentini e dei trevi- giani è di ben 3 anni e mezzo più alta di quella dei napoletani (83,5 anni contro 80); la mortalità infantile nelle province di terni, Potenza e Messina è all’incirca dieci volte più alta di quella che si riscontra nel Pi- stoiese; la percentuale di cittadini laureati sotto i 40 anni nelle province di bologna, Firenze, trieste e Milano è più del doppio dell’analoga in- cidenza che si riscontra nelle province di imperia e barletta-andria- trani; il tasso di natalità nella provincia di bolzano è quasi il doppio di quello nelle province di biella, Medio Campidano e Savona; l’inciden- za di stranieri sui residenti nelle province sarde di Medio Campidano, Carbonia iglesias, Olbia-tempio e Ogliastra si attesta attorno a un de- cimo di quella che si registra nel Pratese. Sotto il profilo territoriale, il blocco di province demograficamente più dotate è quello tosco-emiliano (solo Pisa è semivuota). al Nord, risultano piene le province del trentino-alto adige e quelle di Vene- zia, Gorizia, Milano, Monza e della brianza, Verbania, imperia e la Spezia; delle altre molte sono semipiene e altrettanto semivuote (tra cui torino); rovigo e Massa Carrara sono le uniche province vuote dell’intero Centro-nord. tabella 3. la dimensione demografica: valori medi degli indicatori di base. indicatori/Province Piene Semipiene Semivuote Vuote Superficie (migliaia km2) 76,2 71,7 82,7 71,4 Superficie (%) 25,2 23,8 27,4 23,6 Popolazione (milioni) 14,2 17,6 14,5 14,4 Popolazione (%) 23,5 29,0 23,7 23,8 Saldo migratorio totale (per mille abitanti) 4,59 3,55 0,19 -2,59 Stranieri/popolazione (%) 10,2 9,8 6,5 4,2 laureati e altri titoli terziari (25-39 anni) (%) 25,9 24,9 24,3 19,6 tasso di turisticità: giornate di presenza (italiani e stranieri) nel complesso degli esercizi ricettivi per abitante 15,4 10,4 5,4 3,9 Speranza di vita alla nascita 82,7 82,5 82,1 81,7 Fonte: elaborazioni su dati istat. 36
Demografia bz ≤ -0,449 bl so pn ud ≤ 1,64 vb tn va co lc bg tv go ts ≤ 3,06 ao bs vi mb bi no ≤ 6,14 mi vr ve pd vc lo cr to pv mn ro at pc al fe pr re cn ge bo ra mo sv sp ms fc im lu pt po rn fi pu an pi ar si mc pg fm li ap gr te tr vt ri ch aq rm cb fr fg lt bn bt ce av ba na ot ta br pz mt ss sa le nu or og cs vs kr ca ci cz vv rc me tp pa en ct ag cl sr rg km 0 45 90 180 270 360 Mappa 3. Pieni e vuoti nell’italia demografica.
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò ad eccezione della provincia di benevento, che risulta semipiena (grazie a un discreto attivo del saldo migratorio e una buona incidenza di laureati), tutte le altre province del Sud continentale e della Sicilia so- no semivuote o vuote, tra cui le cinque città metropolitane. la Sarde- gna mostra una situazione più mossa: Cagliari, grazie al discreto saldo migratorio positivo e all’elevata speranza di vita dei suoi residenti, e Olbia-tempio, a ragione dell’alto tasso di turisticità e all’elevata spe- ranza di vita, sono piene, tutte semivuote o vuote le altre (mappa 3). 7. La dimensione economica. la mappa dell’italia dei vuoti e dei pieni in relazione alla dimensio- ne economica rispecchia le grandi trasformazioni che hanno accompa- gnato l’evoluzione della geografia dello sviluppo territoriale dall’Unità in poi e, in particolare, degli ultimi decenni. l’immagine istantanea del- le differenziazioni interne evidenzia la maggiore robustezza di ampia parte delle province del Centro-nord-est, disegnando un «triangolo della ricchezza» tra le province di arezzo, Como e bolzano: poco più di un quinto delle province (25 su 110) con meno del 30% degli abitan- ti ma che assorbe quasi il 40% del reddito italiano (circa 600 miliardi di euro). lungo il perimetro e nei territori ad esso sottesi tutte le province risultano piene, ad eccezione di trento, Padova, rovigo e ravenna, che si classificano come semipiene, e Ferrara, che è semivuota. il «triango- lo» contiene tutte le province più ricche d’italia, tranne quelle di Cu- neo, biella e Fermo. Per lo più semipiene sono le altre province del Nord e quelle addossate alla dorsale adriatica fino alle porte del Mez- zogiorno. Guardando all’aggregato più vasto dell’italia ricca si delinea un’ampia fascia di province a sviluppo intermedio lungo la dorsale adriatica centro-orientale: da Chieti a trieste è un continuum di pro- vince economicamente semipiene (solo tre piene, Fermo, Forlì e Vene- zia, e altrettante semivuote, Pesaro, rimini e Ferrara) (mappa 4). la costruzione della mappa tiene conto del Pil pro capite, di un in- sieme di variabili che descrivono la struttura del mercato del lavoro (tasso di occupazione, tasso di disoccupazione complessivo e giovanile, tasso di inattività, incidenza del lavoro non standard e dei giovani che non lavorano né sono in formazione, i cosiddetti Neet) e del tasso di industrializzazione. Congiuntamente considerati, questi fattori deli- neano un paese in cui la metà della popolazione vive in aree economi- 38
l’italia dei pieni e dei vuoti camente più solide25: il 30% risiede in province piene e un quinto in province semipiene. Di contro, l’altra metà degli italiani vive in provin- ce ad economia strutturalmente debole: 15 milioni in aree classificate vuote (25%) e altrettanti in aree semivuote (tab. 4). le distanze tra le aree piene e quelle semipiene in termini di valori assunti in media dagli indicatori considerati sono minori delle differen- ze tra i due gruppi di aree vuote, che, data la distribuzione geografica delle province che ricadono in questi cluster, possiamo interpretare co- me disparità territoriali più accentuate all’interno del Sud, rispetto alle disparità interne al Nord. il tasso di occupazione medio del gruppo di province economica- mente più robuste si attesta al 68%, segnando un vantaggio rispetto alle aree semipiene di quattro punti percentuali, ma di ben 25 punti percen- tuali rispetto alle aree vuote (43%). anche la distanza tra queste ultime e le province semivuote (60%) è considerevole: il tasso di occupazione medio in questi due gruppi segna una differenza di 17 punti percentua- li. analogamente, il tasso di disoccupazione evidenzia il grande gap all’interno del paese tra il pieno e il vuoto nella domanda di lavoro: le province economicamente più strutturate presentano in media un tasso di disoccupazione del 7%, oscillando tra i valori minimi di bolzano (3,7%) e quelli massimi di arezzo (9%), mentre nei territori vuoti rag- 25 risultano economicamente più solide le province che presentano tassi di occupazione più alti, minori tassi di disoccupazione, di inattività, di Neet, più elevati redditi pro capite, una minore percentuale di posti di lavoro non standard e più alti tassi di industrializzazione. tabella 4. la dimensione economica: valori medi degli indicatori di base. indicatori/Province Piene Semipiene Semivuote Vuote Superficie (migliaia km2) 75,9 68,9 80,3 77,0 Superficie (%) 25,1 22,8 26,6 25,5 Popolazione (milioni) 18,8 12,1 14,7 15,0 Popolazione (%) 31,1 19,9 24,2 24,8 tasso di occupazione 67,5 64,1 59,8 42,7 tasso di disoccupazione 6,9 8,9 11,1 21,0 tasso di disoccupazione giovanile 19,3 28,2 33,7 52,8 tasso di inattività 27,9 29,7 32,9 45,5 Pil pro capite 29,9 26,0 23,7 15,8 Occupazione non standard 34,0 35,6 37,5 43,8 tasso di Neet 14,8 18,7 21,6 35,8 tasso di industrializzazione 103,7 74,6 56,4 21,2 Fonte: elaborazioni su dati istat. 39
bz Economia ≤ 1,66 bl so pn ud ≤ 2,64 vb tn co lc tv go ≤ 3,24 va bg bs ts ao vi bi no mb ≤ 4,64 mi vr ve pd vc lo cr to pv mn ro at pc al fe pr re cn ge bo ra mo sv sp ms fc im lu pt po rn fi pu an pi ar si mc pg fm li ap gr te tr vt ri ch aq rm cb fr fg lt bn bt ce av ba na ot ta br pz mt ss sa le nu or og cs vs kr ca ci cz vv rc me tp pa en ct ag cl sr rg km 0 45 90 180 270 360 Mappa 4. Pieni e vuoti nell’italia economica.
l’italia dei pieni e dei vuoti giunge in media il 21%, registrando un picco del 28% a Crotone. tra le province piene e quelle semipiene lo scarto tra i valori medi dell’in- dice è di due punti percentuali, mentre tra quelle semivuote e vuote la differenza segna in media ben 10 punti percentuali. la sofferenza della mancanza di lavoro si accentua non poco per le fasce giovanili della popolazione: i tassi di disoccupazione sono più ele- vati in tutti i gruppi di province, ma in quelle vuote un giovane su due in media non riesce a trovare lavoro. Ciò si riflette in un maggiore sco- raggiamento sia a investire in istruzione e formazione che nella ricerca di un’occupazione, come testimonia la percentuale di Neet, che rag- giunge nelle aree vuote il 36% in media, a fronte del 15% nel gruppo delle province piene. anche in questo caso, la differenza tra gruppi contigui è meno accentuata tra quelli strutturalmente più forti (quattro punti percentuali) rispetto alla distanza che segna i due gruppi più de- boli (dieci punti percentuali). evidenze ulteriori delle marcate differen- ze nella struttura del mercato del lavoro provengono dal tasso di inat- tività, circa venti punti percentuali più basso nelle aree piene rispetto a quelle vuote e nella diffusione dell’occupazione non standard (34% nelle prime e 44% nelle seconde). a queste differenze nella struttura del mercato del lavoro si af- fiancano le forti disparità in termini di reddito e di produzione: il Pil pro capite nelle province piene è in media il doppio di quello delle province vuote (30 000 contro 16 000 euro) e il tasso di industrializ- zazione è cinque volte superiore nel primo gruppo rispetto all’ulti- mo. ancora una volta, la distanza tra piene e semipiene per entrambi gli indicatori si rileva di entità considerevolmente più bassa di quella esistente tra il gruppo delle province semivuote e quelle vuote, a te- stimoniare l’estrema debolezza della dimensione economica in que- st’ultimo cluster. tra le cinque province economicamente più forti, ben quattro sono localizzate nel Nord-est (bolzano, Modena, treviso e belluno) e una nel Nord-ovest (lecco); all’opposto, le cinque province economica- mente più deboli sono tutte meridionali: tre calabresi (Crotone, reggio Calabria e Cosenza) e due siciliane (agrigento e Palermo). Maggiormente articolata si presenta la situazione del Nord più oc- cidentale: le province piene solo soltanto tre (Cuneo, biella e Milano); la maggior parte è semipiena (compresa la provincia torinese), mentre alessandria e le province liguri, a parte Savona, sono semivuote. il la- zio è completamente semivuoto e l’intera fascia tirrenica da livorno a reggio Calabria è un degradare da posizioni semivuote a vuote. 41
Domenico Cersosimo, antonella rita Ferrara, rosanna Nisticò Fatta eccezione per Chieti e teramo, tutte le province meridionali, comprese quelle isolane, risultano estremamente svantaggiate sotto il profilo economico, con una schiacciante prevalenza delle province vuote su quelle semivuote. l’intera Calabria, la Puglia ad eccezione di bari e taranto, e la Sicilia, escluso ragusa, sono totalmente vuote. 8. La dimensione sociale. l’analisi della robustezza della struttura sociale dell’italia contempo- ranea si focalizza prevalentemente sulla dotazione di alcuni servizi es- senziali per la popolazione: la diffusione territoriale e la fruizione di ser- vizi per l’infanzia, la qualità della fornitura del servizio elettrico, la sicu- rezza sul lavoro, la capacità di trattenere immigrati approssimata dalla domanda di acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri. Questi fattori disegnano un’italia in cui circa il 60% della popola- zione, ovvero oltre 35 milioni di cittadini, vive in aree maggiormente dotate, mentre più del 15% degli italiani, circa 10 milioni, soffre di una relativa carenza di servizi e il rimanente quarto, pari a 16 milioni di per- sone, risiede in province largamente deficitarie (tab. 5). la fotografia dell’italia sociale ha evidenti chiaroscuri che restituisco- no un ritratto di una netta separazione tra le province del Centro-nord, prevalentemente piene e semipiene, e quelle del Sud, desolatamente vuote e semivuote26. l’immagine non è molto dissimile da quella dell’italia eco- nomica, della tradizionale divisione tra Centro-nord e Mezzogiorno in termini di produzione e di benessere materiale: sembrerebbe esserci, in al- tri termini, una corrispondenza tra ricchezza economica, da un lato, e in- tensità dell’offerta e fruizione di servizi essenziali. tuttavia, l’oggetto della separazione dualistica è in questo caso forse ancora più preoccupante per- ché sconfina nella sfera delle differenze territoriali nel godimento di diritti di cittadinanza, quantunque in uno Stato unitario: una sorta di lotteria alla nascita che dipende dalla provincia in cui si risiede e che però ha conse- guenze sull’equità di opportunità delle persone27. 26 la disponibilità di dati omogenei a livello sub-provinciale consentirebbe di catturare situazioni territoriali sparse con un buon livello quanti-qualitativo di servizi di cittadinanza anche nel Mezzogiorno, come segnalano la cronaca e i racconti di esperienze puntuali indot- te, perlopiù, da un uso locale efficace e finalizzato delle politiche place-based nazionali e co- munitarie. la particolarità di queste esperienze è che purtroppo si sovrappongono ai diffusi deficit strutturali di servizi locali senza modificarli. 27 Sul divario civile italiano a livello territoriale, cfr. D. Cersosimo - r. Nisticò, Un Paese disuguale: il divario civile in Italia, in «Stato e mercato», 2013, 2, pp. 265-300; C. borgomeo, L’equivoco del Sud. Sviluppo e coesione sociale, laterza, roma-bari 2014. 42
l’italia dei pieni e dei vuoti Nelle province piene, in media più del 90% dei comuni ha attivato servizi per l’infanzia, uno scarto di circa 30 punti percentuali di van- taggio rispetto a quelle semipiene, ma un gap rilevantissimo con le province vuote, dove in media solo il 27% dei comuni ha avviato que- sto tipo di servizio. Ciò si riflette in analoghe disparità territoriali in termini di bambini tra zero e tre anni che hanno usufruito dei servizi per l’infanzia sul totale della popolazione in questa fascia di età: men- tre nel gruppo delle province piene la loro presa in carico è pari in me- dia al 18%, con punte del 30% a bologna e Gorizia, nelle province vuote la media è del 4%: una deprivazione scandalosa per i bambini che nascono in province vuote di tale servizio, che implica fin dall’in- fanzia minori opportunità di socializzazione e di apprendimento ri- spetto ad altre aree del paese. la diversa qualità dei servizi pubblici tra i gruppi di province indi- viduati è approssimata anche dalle interruzioni accidentali lunghe del servizio elettrico, che risultano in media tre volte superiori, in termini di frequenza, nelle province vuote rispetto alle piene, con una differen- za che va da una sola interruzione in media per utente a Gorizia, Udine e trieste, alle 7 di Caserta. l’incidenza degli infortuni sul lavoro che hanno procurato seri danni biologici o finanche la morte del lavoratore in percentuale sul totale della provincia risulta inferiore, nel quadriennio 2012-16, al- l’1% in media nel gruppo delle province piene e semipiene, mentre tabella 5. la dimensione sociale: valori medi degli indicatori di base. indicatori/Province Piene Semipiene Semivuote Vuote Superficie (migliaia km2) 64,9 80,4 69,9 86,9 Superficie (%) 21,5 26,6 23,1 28,8 Popolazione (milioni) 17,9 17,6 9,6 15,6 Popolazione (%) 29,5 28,9 15,8 25,8 Diffusione dei servizi per l’infanzia (% di comuni che li hanno attivati) 91,1 62,6 48,0 27,2 Presa in carico degli utenti dei servizi per l’infanzia (%) 17,9 14,1 9,2 3,8 interruzioni del servizio elettrico (numero medio per utente) 1,2 1,7 2,4 4,,2 infortuni gravi in occasione di lavoro (in % del totale della provincia) 0,79 0,98 1,41 2,35 acquisizioni di cittadinanza (per 100 stranieri residenti) 5,5 4,7 2,8 1,6 Fonte: elaborazioni su dati istat. 43
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