Guida al Forex Trading per Principianti - Benvenuto sulla guida al forex - Signforforex.com
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Guida al Forex Trading per Principianti Benvenuto sulla guida al forex. Si tratta di una guida al forex per principianti, scritta in modo semplice, che ti accompagnerà passo passo attraverso questo affascinante mondo: imparerai a conoscere i mercati e le valute, capirai come leggere i grafici di borsa e le notizie economiche, e infine apprenderai i tanti vantaggi del fare trading sul forex. Ecco i contenuti dei 10 capitoli
1. Cosa è il forex e come funziona: definizione, orari del forex e piccolo glossario (cosa significa “toro” e “orso”, aprire una posizione, long e short, take profit e stop loss, bid e ask, spread, leva, pip, grafici e time frame). Pagina 4 2. Le coppie di valute: valuta base e valuta quotata, quali sono le principali coppie, volatilità, liquidità, volume, correlazioni fra valute, pips, spread. Pagina 12 3. Analisi fondamentale e analisi tecnica: caratteristiche e importanza dei 2 diversi approcci. Pagina 20 4. Le candele giapponesi: come interpretarle, e i principali pattern rialzisti e ribassisti. Pagina 24 5. Gli indicatori e gli oscillatori: medie mobili, bande di Bollinger, Fibonacci, MACD, RSI, stocastico. Pagina 31 6. Trend, supporti e resistenze: come capire/seguire un trend e come tracciare le linee di supporto e resistenza. Pagina 42 7. Il money management: come gestire i capitali per minimizzare i rischi e guadagnare. Pagina 48 8. La psicologia del trading: come gestire (psicologicamente) i guadagni e le perdite, come capire quando è meglio non entrare e quando è meglio uscire da un trade. Pagina 53 9. Vantaggi del forex: basse commissioni, possibilità di operare con importi piccoli, mercato sempre aperto, conti demo gratuiti, possibilità di guadagnare anche quando il mercato scende. Pagina 58 10. BONUS: Guida al trading in Bitcoin e Criptovalute. Pagina 71 P.S.: Mi raccomando. Il forex richiede metodo e disciplina, altrimenti farai molta fatica a guadagnare ed ottenere buoni profitti. Pertanto, prima di aprire un conto, leggi e studia con attenzione la guida.
4 1 - Cos’è il Forex e come funziona Che cos’è il forex? Il forex non è altro che lo scambio di valute straniere che avviene in ambito finanziario: questa espressione, infatti, è un’abbreviazione di Foreign Exchange. Si tratta, in sostanza, del trading che viene effettuato sui mercati di cambio delle valute straniere operato dagli speculatori e dagli investitori. Il mercato forex può essere considerato come un mercato al tempo stesso globale e decentralizzato in cui viene stabilito il valore delle varie valute: non c’è una borsa in cui le transazioni vengono condotte fisicamente, così come non c’è una cassa di compensazione. Da un certo punto di vista, il trading forex può essere paragonato al trading azionario: così come, in questo secondo caso, chi compra azioni lo fa perché è convinto che siano destinate ad aumentare di prezzo e chi vende azioni lo fa perché è convinto che siano destinate a perdere valore, allo stesso modo nel caso del trading forex chi acquista una coppia di valute lo fa perché è convinto che il rapporto di cambio sia destinato a crescere e chi vende una coppia di valute lo fa perché è convinto che il rapporto di cambio sia destinato a diminuire.
5 Gli orari del forex Appurato, quindi, che il forex è un mercato che si basa sullo scambio di valute straniere, vale la pena di conoscerlo un po’ più da vicino: per esempio, per scoprire che si tratta di un mercato che non ha orari. È, infatti, aperto 24 ore su 24 (ma non il sabato e la domenica), a differenza dei mercati borsistici, proprio perché – come già accennato – non ha sede in un luogo specifico. Per esempio, tenendo come riferimento l’ora italiana, a Londra le sessioni iniziano alle nove e finiscono alle diciotto, a New York iniziano alle quattordici e finiscono alle ventitré, a Sydney iniziano alle ventitré e finiscono alle otto, a Tokyo iniziano all’una e finiscono alle dieci. Sebbene non si possa parlare di un vero e proprio orario ufficiale, si può comunque dire che la settimana della contrattazioni prende il via (basandosi sempre sull’ora italiana) alle ventitré della domenica sera, quando si apre la sessione asiatica, per poi terminare alle ventidue del venerdì sera, quando si conclude la sessione americana.
6 Il glossario del Forex Chi si avvicina al mondo del forex per la prima volta potrebbe essere in difficoltà davanti a tante espressioni e a tanti nomi di cui non conosce il significato. Ecco perché può essere utile avere a disposizione un piccolo glossario a cui fare riferimento ogni volta che se ne ha la necessità. Che cosa vuol dire “toro” Parlando di “toro” (o, per usare la terminologia inglese, “bull”), si fa riferimento a un mercato che è caratterizzato da una tendenza al rialzo. Perché si chiama in causa questo animale? Semplice: se si pensa ai movimenti dei tori nel momento in cui aggrediscono le prede, si nota che questi animali sono abituati a dare colpi dal basso verso l’alto. Ecco perché possono essere considerati “rialzisti”. Di conseguenza, un mercato che cresce è toro. Che cosa vuol dire “orso” Nel momento in cui il mercato ha una tendenza al ribasso, gli specialisti lo definiscono un “orso” (o, per usare la terminologia inglese, “bear”). Anche in questo caso, la spiegazione del ricorso a tale espressione va individuata nei movimenti che questo animale compie quando aggredisce le prede: i colpi che dà
con le sue zampe vanno dall’alto verso il basso. Pertanto, un mercato che cala è 7 orso. Che cosa vuol dire “aprire una posizione” “Aprire una posizione” è di sicuro una delle espressioni in cui ci si imbatterà più di frequente avendo a che fare con il forex. Chi apre una posizione, in pratica, piazza un ordine di acquisto o di vendita per un determinato cross: in altri termini acquista o vende una certa quantità di valute per poi rinegoziarle al miglior prezzo possibile in un secondo momento. Per esempio, se si apre una posizione sul cross USD/EUR, vuol dire che si acquistano dollari rispetto a euro, e i profitti desiderati arriveranno con l’evoluzione del tasso di cambio dollaro/euro. Ovviamente, chiudere una posizione significa compiere l’azione opposta e contraria, e quindi vendere: nel momento in cui si chiude una posizione, non si è più sul mercato (a meno che non si abbiano delle altre posizioni aperte nello stesso momento, cosa non vietata: insomma, non è detto che chiudendo una posizione si sia costretti a chiudere anche le altre). Che cosa vuol dire “long e short” “Andare long” o “andare short” sono due altre espressioni che vengono utilizzate di frequente nell’ambito del forex. In particolare, “andare long” (o “aprire una posizione long”) vuol dire acquistare la coppia di valute, e quindi aprire una posizione in acquisto, mentre “andare short” (o “aprire una posizione short”) vuol dire vendere la coppia di valute, e quindi aprire una posizione in vendita. Ne deriva che la posizione long è rialzista, al contrario di quella short che è ribassista. Si usano queste espressioni per il semplice motivo che nel mercato forex i termini “vendere” e “comprare” potrebbero originare un po’ di confusione: in effetti, nel momento in cui si acquista una valuta se ne vende un’altra nello stesso momento (e viceversa). Nel momento in cui si comprano USD/EUR, per esempio, si comprano dollari americani (che rappresentano la valuta base) e si vendono euro (che rappresentano la valuta quotata).
8 Che cosa sono lo stop loss e il take profit Lo stop loss e il take profit sono due ordini che possono essere sfruttati, quando si opera nel forex, per monitorare le posizioni aperte: grazie ad essi si ha l’opportunità di stabilire i prezzi limite con i quali uscire da un trade in perdita (“stop loss” vuol dire, appunto, “fermare la perdita”) o “chiudere un profitto” (take profit). Dopo che tali ordini vengono impostati, il trade si chiude in maniera automatica nel momento in cui uno dei due livelli viene raggiunto: si tratta di un’arma utile e comoda perché consente di evitare di stare connessi a Internet per controllare se le condizioni previste si verificano o meno. Per essere più chiari, si ricorre allo stop loss quando si vuole chiudere un trade che non sta garantendo buoni risultati e, quindi, per contenere le perdite, mentre si ricorre al take profit quando si vuole chiudere un trade che ha ottenuto il guadagno che ci si attendeva. Che cosa sono il bid e l’ask Il bid e l’ask sono, rispettivamente, il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto di una valuta. La differenza tra bid e ask prende il nome di spread. Il bid, noto anche come prezzo bid, come buy o come prezzo denaro, non è altro che il prezzo a cui un broker è disposto a comprare la coppia di valute, e cioè quello a cui il trader può vendere la valuta base al fine di comprare la valuta quotata. L’ask, noto anche come prezzo ask, come sell, come offer o come prezzo lettera, non è altro che il prezzo a cui un broker è disposto a vendere la coppia di valute, e cioè quello a cui il trader può comprare la valuta base al fine di vendere la valuta quotata. Il bid e l’ask sono le due quotazioni che vengono sempre stabilite per la coppia di valute dalla piattaforma online o dall’intermediario attraverso cui le operazioni di forex vengono eseguite, e rappresentano il risultato della domanda e dell’offerta degli intermediari stessi e dei market makers.
9 Che cos’è lo spread Come detto, lo spread è la differenza tra il bid e l’ask in relazione alla coppia di valute che è oggetto di scambio: consiste nel guadagno che ottiene l’intermediario forex, il quale aggiunge lo spread nel prezzo di trade tenendolo poi per sé in modo da conseguire un ricavo dopo aver coperto i costi di gestione. Il costo dello spread è addebitato per ogni transazione una volta sola, in genere nel momento dell’acquisto: insomma, non si rischia di avere a che fare con un ricarico sull’acquisto e con un ricarico sulla vendita. Lo spread può essere considerato, dunque, come la differenza tra la domanda e l’offerta, ma anche come il compenso del broker: l’entità di ogni spread cambia, quindi, in base al broker a cui ci si rivolge, oltre che a seconda della coppia di valute. Per esempio, una coppia di valute che si caratterizza per un volume di contrattazione ridotto, e quindi per una scarsa liquidità, potrà avere uno spread più ampio rispetto a un’altra coppia di valute con un volume di contrattazione più esteso. Che cosa vuol dire “leva” La leva nel forex – nota anche come leverage, effetto leva o leva finanziaria – è uno strumento che i broker offrono per l’apertura di posizioni con un valore decisamente più alto rispetto all’importo che viene investito dal trader. Per esempio, se si ha a che fare con una leva finanziaria di 100:1, vuol dire che per acquistare una valuta da 100.000 dollari ne sono sufficienti 1.000 (100.000 diviso 100): il resto viene messo dal broker. Ciò vuol dire che se l’investimento si rivela indovinato si può godere di utili più ampi, mentre se l’investimento si dimostra sbagliato i danni sono limitati, visto che il rischio corrisponde alla cifra imposta dalla leva. Si può definire la leva finanziaria come una strategia di investimento in funzione della quale si può usufruire di denaro in prestito. La leva è, appunto, un prestito che
il broker dà al trader. La leva finanziaria serve a garantire a chi opera nel forex la 10 possibilità di eseguire investimenti anche se il margine richiesto sul conto non è più garantito. Che cosa vuol dire “pip” Il pip nel forex è il movimento più piccolo che può caratterizzare il prezzo di una coppia. Se si dà un’occhiata al prezzo di una coppia di valute, si può notare che di solito il prezzo è indicato da cinque cifre. Per esempio, nel caso di USD/EUR: 1.4782, se il prezzo passa da 1.4782 a 1.4792 vuol dire che è aumentato di 10 pips. Grazie ai pips calcolare le perdite e i guadagni è semplice. “Pip” è l’acronimo dell’espressione inglese “percentage in point”: come si può facilmente capire, rappresenta una unità di misura decisamente importante. Poiché il pip costituisce la minima variazione che può caratterizzare una coppia di valute, è chiaro che le variazioni dei pips determinano i guadagni e le perdite. Per capire quanto si sta guadagnando o quanto si sta perdendo, è sufficiente moltiplicare la somma investita per la variazione, positiva o negativa: per esempio, a fronte di un investimento di 10.000 euro sul cross USD/EUR, se si è in presenza di una variazione positiva di 10 pips si ha un guadagno pari a 10.000 x 0.0010, cioè 10 euro. Che cosa sono i grafici I grafici nel forex sono la rappresentazione di prezzi in un arco temporale specifico: possono mostrare, per esempio, l’andamento del prezzo di un’azione nel corso di una settimana, di un mese o di un anno. In linea di massima, sull’asse delle ordinate sono riportati i prezzi, mentre l’asse delle ascisse rappresenta l’arco temporale (il cosiddetto time frame). Il rapporto tra domanda e offerta influenza la variazione di prezzi in una coppia di valute: lo scopo dei grafici è quello di aiutare a prevedere i trend futuri tenendo conto di quelli passati. I grafici possono riguardare movimenti a breve termine (su dati giornalieri) o a lungo termine (su dati settimanali o mensili). I grafici più diffusi
nel forex sono quelli lineari, quelli a barre e quelli a candele giapponesi: avremo 11 modo di conoscerli più da vicino in un altro capitolo della guida. Che cosa vuol dire “time frame” L’espressione “time frame” vuol dire “arco temporale”: quando viene usata nel forex, sta a indicare l’impostazione temporale che si intende attribuire a un grafico. Scegliere il giusto time frame è fondamentale ai fini dell’analisi tecnica, sia per i trader principianti che per quelli professionisti. Time frame diversi offrono, come è ovvio, possibilità di interpretazione diverse: non si può stabilire a priori se un time frame sia migliore di un altro, perché tutto dipende dalle esigenze di trading che ci si trova a gestire. Per esempio, con un time frame relativamente ridotto si ha l’opportunità di verificare quello che sta succedendo sul mercato nell’immediatezza ma difficilmente si riesce ad ottenere una visione della situazione globale, cosa che deriva dal ricorso a un time frame più ampio. Per leggere le condizioni di mercato in maniera più esaustiva, poi, si può fare riferimento ai time frame multipli, la cui analisi si basa su grafici a tre impostazioni diverse. In linea di massima, si può dire che un trader di lungo periodo opterà per un grafico giornaliero, settimanale o addirittura mensile, e quindi con un time frame orientato sul lungo termine, mentre un trader di breve termine prediligerà un grafico orario. I grafici con time frame ancora più piccoli, basati su intervalli temporali da uno a quindici minuti, saranno – invece – preferiti dai trader intraday o dagli “scalper”, in quanto hanno il vantaggio di segnalare più agevolmente i momenti più adatti all’entrata.
12 2 - Le coppie di valute Poiché, come abbiamo visto, il forex non è altro che l’acquisto di una valuta in contemporanea con la vendita di un’altra valuta, un concetto con cui è opportuno prendere dimestichezza se ci si vuole avvicinare a questo settore è quello delle coppie di valute. In sostanza, nel momento in cui si compra una valuta, è come se la si acquistasse contro un’altra valuta: per fare un esempio concreto, volendo pagare in euro l’acquisto di dollari, per sapere a quanti dollari si ha diritto in cambio di un euro si deve fare riferimento al cambio EUR/USD. D’altro canto, l’informazione inversa deriva dal cambio USD/EUR, che permette di scoprire quanti euro ci vogliono per avere un dollaro.
La coppia di valute è proprio il rapporto tra le due valute: tale rapporto può essere 13 definito Major, Cross o Esotico. Un rapporto Major include una delle valute principali insieme con il dollaro statunitense; un rapporto Cross non include il dollaro statunitense; un rapporto Esotico include una valuta secondaria (che viene definita esotica, appunto), cioè scambiata di rado. La valuta base e la valuta quotata In una coppia di valute, si distingue tra valuta base e valuta quotata: la valuta base è la prima, cioè quella che precede la barra /, mentre la valuta quotata è la seconda. Per esempio, nella coppia EUR/USD, EUR è la valuta base, mentre USD è la valuta quotata. La valuta base ha sempre un valore pari a 1: nel momento in cui si acquista EUR/USD, vuol dire che si sta comprando la valuta di base, in euro, e si sta vendendo la valuta quotata, in dollari statunitensi. La correlazione tra valute Le valute sono correlate tra loro: significa che, nel momento in cui una coppia di valute scende, un’altra può salire. Quando si parla di correlazione tra valute si fa riferimento al movimento di due coppie di valute, che può essere uguale, contrario o casuale, considerato in un certo arco di tempo. Poiché le monete vengono sempre scambiate in coppia, non è possibile che una valuta si muova da sola. Conoscere le correlazioni tra coppie di valute è indispensabile nel forex, a meno che non si opti per una strategia in funzione della quale si debba investire unicamente su una coppia alla volta. La correlazione viene espressa tramite un coefficiente
specifico, che prende appunto il nome di coefficiente di correlazione, che può 14 essere compreso in un intervallo tra -1 e +1. In particolare, il coefficiente di correlazione è -1 quando si ha una correlazione negativa perfetta; quando, cioè, due coppie di valute si muovono in direzione l’una contraria all’altra il 100% delle volte. Il coefficiente di correlazione è +1 quando si ha una correlazione positiva perfetta; quando, cioè, due coppie di valute si muovono nella stessa direzione il 100% delle volte. Il coefficiente di correlazione è 0, infine, quando si ha una correlazione neutra; quando, ciò, le coppie sono completamente indipendenti e il loro movimento non segue alcun tipo di correlazione. Si parla di correlazione positiva guarda le 2 coppie di valute prese in esame si muovono nella stessa direzione, e di correlazione negativa quando le 2 coppie di muovono in direzioni contrapposte. Come si può facilmente intuire, è raro che si abbia una coefficiente di correlazione +1 o -1; più di frequente, il coefficiente ha un valore a due numeri decimali, poiché la correlazione perfetta tra due coppie costituisce un evento sporadico. Per conoscere la correlazione tra coppie di valute si fa riferimento a delle tabelle specifiche.
15 Le principali coppie di valute Le coppie di valute principali sono: euro/dollaro USA (cioè EUR/USD); dollaro USA/yen giapponese (cioè USD/JPY); sterlina britannica/dollaro USA (cioè GBP/USD); dollaro USA/franco svizzero (cioè USD/CHF). Vi sono, poi, le coppie di valuta Commodity, che rappresentano valute associate a beni di prima necessità: ai prodotti aurei sono associate le coppia dollaro neozelandese/dollaro USA (NZD/USD) e dollaro australiano/dollaro USA (AUD/USD), mentre ai prodotti petroliferi è associata la coppia dollaro USA/dollaro canadese (USD/CAD). Come si può notare, tutte le coppie di valute principali comprendono il dollaro americano; abbiamo già detto che in assenza di USD si ha un rapporto Cross. I principali Cross comprendono la sterlina britannica, lo yen e l’euro: ecco, quindi, la coppia euro/franco svizzero (nota come Euro Swissy), la coppia euro/sterlina britannica (nota come Euro Pound); la coppia euro/dollaro canadese (nota come Euro Loonie); la coppia euro/dollaro australiano (nota come Euro Aussie); e la coppia euro/dollaro neozelandese (nota come Euro Kiwi). Questo per ciò che riguarda le coppie che comprendono l’euro; ci sono, poi, quelle che includono lo yen (euro/yen, sterlina/yen, franco svizzero/yen, dollaro canadese/yen, dollaro australiano/yen, dollaro neozelandese/yen), quelle che includono la sterlina (sterlina/franco svizzero, sterlina/dollaro australiano, sterlina/dollaro canadese, sterlina/dollaro neozelandese) e altre coppie che non comprendono né l’euro, né gli yen né la sterlina (dollaro australiano/franco svizzero, dollaro australiano/dollaro canadese, dollaro australiano/dollaro neozelandese, dollaro canadese/franco svizzero, dollaro neozelandese/franco svizzero, dollaro neozelandese/dollaro canadese).
La volatilità delle coppie di valute Le coppie di valute sono tutte, in misura minore o maggiore, volatili. La volatilità può 16 essere intesa come una variazione in un certo periodo di tempo: non è detto che tale caratteristica sia per forza negativa, nel senso che per capirlo è necessario tenere in considerazione il fine del trading. In sostanza, la volatilità corrisponde all’oscillazione del tasso di cambio di una valuta specifica: si tratta di un valore che è molto importante per il monitoraggio sul medio e sul lungo periodo di una certa tendenza; analizzandolo, si può capire se valga la pena di investire oppure no. Tanto maggiore è la volatilità, tanto più il valore del tasso di cambio può aumentare o diminuire. In una condizione di volatilità elevata, in un arco di tempo relativamente ridotto il prezzo della moneta può variare, anche in modo significativo, sia in una direzione che nell’altra. D’altro canto, a una volatilità bassa corrisponde un tasso di conversione con una oscillazione modesta, che si concretizza in una variazione costante nel periodo di tempo considerato. Si parla di volatilità anche per identificare e quantificare il rischio, in un periodo di tempo, della coppia di valute: la volatilità può essere espressa attraverso un numero assoluto o sotto forma di percentuale rispetto a un valore iniziale, e ha un riferimento annuale. Insomma, parlare di volatilità vuol dire avere a che fare con il rischio che il forex comporta. La liquidità delle valute Un altro tema importante è quello della liquidità: nel forex la liquidità è l’importo del volume di acquisto e di vendita considerato in un momento specifico. A differenza degli scambi finanziari e commerciali tradizionali, che rappresentano l’intero volume trattato, nello scambio di moneta un ruolo molto importante è svolto dalla speculazione: è proprio per questo che si parla di liquidità speculativa. La maggior parte del volume di trading nel forex deriva da trader che acquistano e vendono tenendo conto delle oscillazioni di prezzo considerate nella giornata. Dall’alto livello di liquidità del forex deriva una notevole facilità per l’acquisto e la vendita di valute da parte di chiunque. Un mercato liquido, quale è appunto il forex,
fa in modo che volumi di scambio alquanto consistenti abbiano sulle oscillazioni di 17 prezzo un effetto contenuto. Per un investitore, come è evidente, questo è un vantaggio che non può essere sottovalutato, visto che influisce sulla facilità con la quale può variare il prezzo in un certo arco di tempo. Il forex, in sintesi, si caratterizza per un turnover medio giornaliero e per volumi di scambio che non possono minimamente essere paragonati a quelli degli altri mercati finanziari: ecco perché questo mercato valutario ha una liquidità eccezionale, tale da catturare l’attenzione dei trader che hanno intenzione di speculare sulle oscillazioni dei tassi di cambio delle monete attirati dalla possibilità di trovare senza difficoltà una controparte interessata allo scambio. I volumi di scambio I volumi di scambio in valuta permettono di capire e conoscere più da vicino il mercato: nel momento in cui, in un determinato periodo di tempo, si porta a termine un numero significativo di scambi, significa che molti compratori e venditori hanno puntato su un certo prezzo. I trader più bravi sono quelli che riescono a identificare i periodi di calma, quando vi è il consolidamento, perché sono caratterizzati da un volume più ridotto. L’indicatore dei volumi, molto semplicemente, comunica quanto una determinata valuta viene scambiata nell’arco di tempo considerato, che può essere un giorno intero o un’ora specifica. In genere, l’indicatore del volume è utile quando si adottano dei time frame alti, e cioè quando si operano delle analisi long term, sul lungo periodo. Riducendo i time frame, invece, è più probabile che dall’indicatore derivino falsi segnali.
18 I pips Operando con una coppia di valute, si ha a che fare con il pip, di cui abbiamo già parlato nel primo capitolo della guida: con questo termine si fa riferimento proprio al movimento di una coppia di valute. Per dire, una coppia NZD/YSD a 1,2467 con un movimento a 1,2469 si caratterizza per un movimento di 2 pip. Un altro esempio può essere utile per capire il meccanismo. Si prenda la coppia di valute EUR/NZD a 1,1353/1,1355: il trader acquista 10.000 euro con una spesa di 1.355 dollari neozelandesi. Per calcolare il valore del pip, è necessario moltiplicare 0,0001 x 10.000: in questo caso è di 1 dollaro. Ovviamente, i trader non devono impegnarsi in calcoli complicati, perché tutto avviene in automatico grazie ai software delle piattaforme su cui si opera. Ciò non toglie, ovviamente, che familiarizzare con i pip e sapere come vengono calcolati sia molto importante per prendere le migliori decisioni possibili.
19 Lo spread Lo stesso vale per lo spread, che corrisponde alla differenza tra il prezzo Bid e il prezzo Ask. Ricordiamo che il prezzo Bid non è altro che il prezzo a cui si può vendere, mentre il prezzo Ask è quello a cui si può comprare. In genere, la ridotta liquidità dei mercati provoca uno spread alto: vuol dire che i broker non sono molto disponibili a effettuare operazioni. La tipologia di spread cambia, nel forex, in base al broker per cui si opta: ce ne sono alcuni, per esempio, che mettono a disposizione degli spread fissi, in modo tale che i trader sappiano in anticipo con quale spread hanno a che fare. Nel caso di spread variabile, invece, si ha una fluttuazione che è provocata dalle condizioni di mercato: lo spread è basso con una buona liquidità mentre sale quando la liquidità cala.
20 3 - Analisi fondamentale e analisi tecnica L’analisi fondamentale e l’analisi tecnica rappresentano i due differenti approcci a cui si può far riferimento nel momento in cui ci si cimenta nel forex (e non solo): la prima ha a che fare con i cosiddetti fondamentali dell’economia, e quindi con gli aspetti sostanzialmente economici della questione, mentre la seconda si concentra in modo particolare sui movimenti dei prezzi di una coppia di valute allo scopo di intuirne e predirne i movimenti successivi. Tanto l’analisi fondamentale quanto l’analisi tecnica sono utili nel forex: i due approcci possono essere sfruttati anche insieme, così da analizzare in modo soddisfacente e redditizio i trend dei mercati finanziari. L’analisi tecnica Quando si parla di analisi tecnica si chiama in causa la disciplina che si concentra sullo studio dei grafici di prezzo allo scopo di capire il momento in cui una certa tendenza si inverte, così che la nuova direzione del prezzo possa essere seguita con gli investimenti del caso.
Gli strumenti a disposizione di un trader che intende raggiungere questo obiettivo 21 sono molteplici: tra questi ci sono gli indicatori di trading, che sono delle formule matematiche specifiche che rappresentano i fattori che incidono sul prezzo di un particolare asset dal punto di vista grafico. Un analista tecnico può capire, solo osservando i grafici, se nel breve termine, nel medio termine o nel lungo termine un titolo è destinato a scendere o a salire. L’analisi fondamentale Quando si parla di analisi fondamentale, d’altra parte, si chiama in causa la disciplina che si concentra non sui grafici di prezzo ma sulla cosiddetta macro-economia, vale a dire quella parte dell’economia che ha a che fare con le previsioni sui fattori fondamentali. L’andamento dei prezzi di una coppia di valute, infatti, dipende anche dagli eventi politici, dalle crisi economiche, dalle guerre, dalle acquisizioni di aziende e multinazionali, dalle notizie pubblicate sugli organi di informazione specializzati, dai rumors di mercato e così via. Sulla base di questo approccio, dunque, i trader hanno l’opportunità di capire e conoscere gli aspetti economici da cui dipendono le tendenze di prezzo per poi sfruttarli e guadagnare. Le statistiche e i grafici Una prima differenza tra l’analisi fondamentale e l’analisi tecnica è che per la prima è necessario prendere in esame bilanci e statistiche, mentre per la seconda si fa riferimento essenzialmente ai grafici. Ecco, quindi, che un analista fondamentale si concentra sulla teoria economica e sui relativi metodi contabili, econometrici e statistici: si tratta di un approccio che, come si può intuire, si basa su un arco temporale maggiore rispetto all’orizzonte dell’analisi tecnica. Quest’ultima, a dir la verità, può essere impostata su timeframe differenti, di pochi minuti o addirittura di anni: per l’analisi fondamentale, invece, non c’è la stessa libertà di scelta, in quanto i dati devono essere interpretati nel corso del
tempo. L’analisi fondamentale e l’analisi tecnica, in sostanza, sono concetti e modi 22 di intendere il forex quasi opposti, ma non è detto che non possano coesistere: anzi, di solito i trader più bravi sul mercato sono quelli che sono in grado di combinarli in modo vincente. Per esempio, gli strumenti dell’analisi tecnica possono essere utili a un analista fondamentale per dargli la possibilità di capire quand’è il momento più adatto per un ingresso sul mercato. D’altro canto, un analista tecnico può decidere di usare, oltre ai segnali tecnici, anche i fondamentali economici, magari capendo se il suggerimento a vendere che può provenire da un pattern tecnico su un grafico è supportato anche dai dati fondamentali. Le caratteristiche e le differenze Non rimane, a questo punto, altro da fare che prendere in esame le altre differenze e le altre caratteristiche dei due tipi di analisi, a partire dall’importanza del timing: questo elemento, che è molto significativo per un trading di successo, può essere inteso come il tempo migliore per entrare in posizione sul mercato. Con un timing giusto, lo stop loss che ne può derivare è molto contenuto, il che corrisponde a una possibilità di vincita maggiore e a una riduzione delle perdite. Lo studio dei grafici (e quindi l’analisi tecnica) permette di capire i livelli chiave del timing. Un altro fattore che merita di essere preso in considerazione è lo sconto, da intendersi come incorporamento (e non come riduzione del prezzo di acquisto), nel senso che l’analisi fondamentale è incorporata nell’analisi tecnica: in altri termini, all’interno dei grafici sono inclusi tutti gli elementi dell’analisi fondamentale (quelli che abbiamo citato prima: gli eventi politici, le crisi economiche, e così via). Ciò vuol dire che ci si può focalizzare unicamente sui grafici, tagliando un certo numero di variabili. Ancora, è bene precisare che l’analisi fondamentale è meno flessibile rispetto all’analisi tecnica, che consente di puntare sugli stop loss e, soprattutto, di programmare i vari obiettivi per i time frame più diversi.
Ultimo ma non meno importante aspetto è quello che ha a che fare con la facilità di 23 reperire informazioni: molte notizie, infatti, sono difficili da trovare, il che complica il compito di un analista fondamentale, a maggior ragione se si tratta di un investitore comune. Non bisogna, comunque, commettere l’errore di credere che per gli investimenti a lungo termine si debba optare per l’analisi fondamentale mentre per gli investimenti a breve termine si debba optare per l’analisi tecnica: una suddivisione in compartimenti stagni di questo tipo non è fruttuosa né corretta, visto che con gli opportuni accorgimenti e le opportune conoscenze entrambe le tecniche si possono rivelare utili sul breve, sul medio e sul lungo termine. Quale approccio usare? Stabilire a priori quale sia l’approccio migliore non si può ed è sbagliato: sono molti, d’altra parte, i trader professionisti che, da puristi, preferiscono non mischiare le due analisi. Quel che è certo è che tutti e due i punti di vista garantiscono dei vantaggi: seguire i segnali macro-economici senza tenere in considerazione quelli tecnici sarebbe un atteggiamento estremista privo di senso (e, chiaramente, vale anche il viceversa) che porterebbe a privarsi senza motivo di informazioni utili. Il segreto di un trader, quindi, è quello di conoscere sia l’analisi tecnica che l’analisi fondamentale, per padroneggiare entrambe e utilizzare di volta in volta quella che reputa più adatta alle circostanze.
24 4 - Le candele giapponesi Le candele giapponesi sono strumenti impiegati di frequente nell’analisi dei mercati forex in virtù della grande affidabilità che li contraddistingue. I cosiddetti candlestick, cioè i grafici a candele giapponesi, vengono realizzati in automatico attraverso i software delle piattaforme su cui si trada, e permettono di studiare l’evoluzione e lo sviluppo dei mercati finanziari. Possono essere considerati come un mix tra un grafico a barre e un grafico a linee: quel che conta è che mettono a disposizione una grande quantità di informazioni, segnalando – per esempio – se a dominare il mercato sono gli orsi o i tori, cioè i venditori o gli acquirenti. Per la costruzione di un grafico a candele giapponesi sono sufficienti quattro informazioni, rappresentate dal prezzo di apertura, dal prezzo di chiusura, dal prezzo di massimo e dal prezzo di minimo. Nell’immagine qui sotto è possibile osservare le 2 tipiche candele giapponesi: le candele verdi (o, in alternativa, bianche) stanno ad indicare un rialzo del prezzo mentre le candele rosse (o, in alternativa, nere) segnalano un ribasso.
25 Ogni candela è composta dal main body e dalle shadows (o, se si intende usare la terminologia giapponese, dal jittay e dalle kage): il primo è il corpo che deriva congiungendo il prezzo di apertura e il prezzo di chiusura; le seconde non sono altro che le linee sottili che congiungono il main body con il massimo e il minimo di seduta. Si parla diuwakage e di shitakage per identificare l’upper shadow (cioè il collegamento tra il body e il massimo di seduta) e il lower shadow (cioè il collegamento tra il body e il minimo di seduta). Le candele assumono colori differenti in base alle caratteristiche della seduta (se è positiva, la chiusura del mercato è maggiore rispetto all’apertura, mentre se è negativa la chiusura del mercato è inferiore rispetto all’apertura): i colori più usati, come detto appena sopra, sono il verde o il bianco (per le candele rialziste) e il rosso o il nero (per le candele ribassiste). Come si interpretano le candele giapponesi Ricordando che un grafico a candele giapponesi segnala l’andamento di un prezzo in uno specifico intervallo di tempo, è opportuno specificare che cosa si intenda con shadow. Le shadows non sono altro che le ombre delle candele, e indicano il prezzo
massimo o il prezzo minimo a seconda che si trovino al di sopra o al di sotto delle 26 candele stesse. In alcuni casi, comunque, le ombre possono anche essere assenti, nel momento in cui il prezzo di apertura e di chiusura corrisponde al valore più alto o più basso che si nota nel timeframe. Per capire un candlestick è necessario sapere che la candela è formata dal cosiddetto real body, cioè un corpo centrale all’interno del quale si concentrano le rilevazioni di prezzo che si trovano tra il prezzo di apertura e il prezzo di chiusura. Se il corpo centrale è lungo, vuol dire che si è in presenza di una volatilità elevata, e – di conseguenza – di oscillazioni del prezzo alquanto significative. I pattern principali Nel corso del tempo sono stati censiti centinaia di pattern diversi, ovvero di forme/formazioni di candele che, almeno a livello statistico, tendono a prevedere il futuro trend. Qui sotto ne vediamo alcuni (ad una, due o tre candele):
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In altre parole, la formazione di certe candele può indicare un pattern di 29 continuazione (ovvero che conferma la continuazione di un trend) o un pattern di inversione (che conferma invece una inversione del trend, rialzista o ribassista). I pattern di inversione sono probabilmente quelli più facili da individuare e da utilizzare proficuamente nel forex, e ne parlerò quindi un po’ meglio qui sotto con 3 immagini esplicative. L’inversione di un trend può iniziare da un Inverted Hammer al termine di un ribasso, o da una Shooting Star in culmine di un rialzo. Altro pattern di inversione molto noto è l’engulfing, un pattern a 2 candele dove la seconda ingloba totalmente la prima: anche in questo caso ne esistono sia la versione rialzista che quella ribassista, denominate rispettivamente Bullish Engulfing e Bearish Engulfing
Infine, un trend con candele che tendono ad assottigliarsi fino a terminare con 30 una doji, ovvero una candela dove l’apertura e la chiusura sono praticamente sullo stesso prezzo, è spesso un ottimo segnale di inversione. In conclusione, scegliere di rappresentare i mercati dal punto di vista grafico attraverso le candele giapponesi garantisce dei vantaggi concreti e facili da notare anche per i trader che non hanno una grande esperienza nel settore: i candlestick, infatti, hanno il pregio di mettere in risalto il disequilibrio di forza in ciascuna sessione di scambi tra i venditori e i compratori. Semplici da costruire, i grafici con le candele giapponesi richiedono le stesse informazioni di cui c’è bisogno per i grafici a barre, in quanto presuppongono unicamente i quattro pezzi riassuntivi delle contrattazioni. Rispetto ai grafici a barre, però, quelli candlestick mettono a disposizione una informazione in più, vale a dire il rapporto tra il primo prezzo e l’ultimo prezzo che sono stati scambiati.
5 - Gli indicatori e gli oscillatori 31 Gli indicatori e gli oscillatori sono strumenti che permettono di esaminare il comportamento dei prezzi: in particolare, i primi non hanno un range di valori predefinito e si muovono, di solito, a cavallo di una linea di equilibrio che in genere corrisponde a 0 o a 100; i secondi, invece, hanno un range di valori predefinito, e vengono calcolati sulla base di una formula di normalizzazione per la quale è necessario stabilire il valore minimo e il valore massimo che possono essere toccati. In sostanza, se per gli indicatori non ci sono limiti dal punto di vista dei valori che possono essere raggiunti, gli oscillatori si mantengono sempre dentro una fascia ben precisa: nel momento in cui vengono toccate delle zone estreme, sono messe in evidenza condizioni di forza rispetto all’andamento dei prezzi. Tali zone estreme prendono il nome di ipervenduto o di ipercomprato. Se si arriva da una zona di ipervenduto, l’ingresso e la fuoriuscita successiva dell’oscillatore dentro e fuori una zona estrema corrispondono al segnale di acquisto; se si arriva da una zona di ipercomprato, invece, corrispondono al segnale di vendita. Gli oscillatori sono, in un certo senso, le basi che permettono di dare vita alle strategie di trading: volendo, possono essere integrati senza problemi con altri strumenti e rappresentare il filtro di strategie di altro genere. Le medie mobili Le medie mobili sono indicatori costituiti da linee che seguono i prezzi: la media dei prezzi in un certo arco di tempo permette di riassumere il movimento dei prezzi stessi. A seconda dei casi, si parla di medie mobili esponenziali e di medie mobili semplici: le prime danno maggior valore ai prezzi più recenti, mentre le seconde assegnano lo stesso valore a tutti i prezzi, a prescindere dalla loro distanza nel tempo. Per le medie semplici si parla anche di SMA, acronimo di Simple Moving Average, mentre per le medie esponenziali si parla anche di EMA, acronimo di Exponential Moving Average.
32 Per il calcolo delle medie si fa riferimento ai periodi, che corrispondono ai prezzi calcolati e rappresentati a questo scopo: una media mobile è tanto più veloce quanto minore è il numero di periodi che vengono impiegati, visto che si muove rapidamente e resta nei pressi del prezzo; di conseguenza, una media mobile è tanto più lenta quanto maggiore è il numero di periodi che vengono impiegati, visto che è poco reattiva rispetto al prezzo e ne resta lontana per quasi tutto il tempo. Le medie mobili possono essere usate da sole o in coppia. Nel primo caso nel grafico finisce una media mobile sola e si verifica quando il prezzo la supera o comunque le si avvicina: il trend cambia nel momento in cui incrocia al ribasso o al rialzo. Più la media mobile è lenta, e quindi più alto è il numero dei periodi, più gli incroci (o crossover) sono rari. Se si sceglie di adoperare una coppia di medie mobili, invece, il cambio di tendenza viene indicato nel momento in cui la media veloce e la media lenta si incrociano in una direzione.
33 Tra le due medie mobili si viene a creare uno spazio che prende il nome di area di resistenza dinamica: in sostanza, quando il prezzo giunge nei pressi di quest’area viene respinto e dà origine a delle candele con delle ombre nella parte superiore; in alternativa, può succedere che i prezzi si comprimano, e in questo caso le candele formate dal prezzo saranno molto schiacciate, con ombre sia sotto che sopra. Le bande di Bollinger Anche le bande di Bollinger sono indicatori che vengono impiegati nel forex: la loro funzione è quella di misurare la direzione e la volatilità dei mercati. Si tratta di indicatori di analisi tecnica molto popolari: non servono a prevedere in quale direzione andranno i mercati, ma solo a individuare periodi di alta volatilità o periodi di bassa volatilità. Il loro nome deriva da quello del loro creatore, John A. Bollinger, che le ha inventate negli anni Ottanta prendendo spunto dall’intuizione che nei mercati la volatilità non è statica, come si era ritenuto fino a quel momento, ma dinamica. Le bande di Bollinger si basano, in sostanza, su tre curve, che vengono disegnate in funzione dell’andamento dei prezzi. I trend di medio termine vengono misurati dalla Media Mobile Lineare, che corrisponde alla banda centrale; ci sono, poi, la banda superiore, per calcolare la quale è necessario sommare due volte la deviazione
standard alla Media Mobile Lineare, e la banda inferiore, per calcolare la quale è 34 necessario sottrarre due volte la deviazione standard alla Media Mobile Lineare. La volatilità è tanto più elevata quanto maggiore si rivela l’ampiezza delle bande; da ciò si deduce che la volatilità è in diminuzione nel momento in cui si ha a che fare con bande convergenti. Si ricorre alle bande di Bollinger, di solito, per definire i livelli massimi e i livelli minimi di un cross: in pratica, quando il valore del cross raggiunge la banda inferiore si decide di comprare, mentre quando arriva alla banda superiore si decide di vendere. Se le bande sono ampie, i prezzi sono volatili e variabili, dunque; è probabile, invece, che si verifichi un improvviso cambiamento del prezzo se le bande si assottigliano. Una flessione dei prezzi è prevedibile quando i prezzi toccano la banda superiore, in quanto è ipotizzabile un rimbalzo interno alla banda: tanto più la banda superiore è forzata dai prezzi, quanto più realistico diventa il segnale di ribasso. Il suggerimento, in casi come questi, è quello di chiudere le posizioni aperte e di non aprirne di nuove. Una crescita dei prezzi, invece, è prevedibile in presenza di un andamento in senso opposto delle curve, con i prezzi stessi che toccano la banda inferiore.
Fibonacci 35 I ritracciamenti di Fibonacci possono essere annoverati tra gli indicatori più utilizzati: molto diffusi nell’ambito dell’analisi tecnica, sono sfruttati allo scopo di ipotizzare l’andamento dei prezzi. Va detto che qualsiasi piattaforma consente di individuare i livelli di rintracciamento in modo automatico, il che semplifica molto il lavoro di un trader: diventa, così, facile identificare i prezzi target che probabilmente saranno raggiunti. I ritracciamenti di Fibonacci fanno riferimento alla successione di numeri che il matematico omonimo ha scoperto nel Duecento: si tratta di una catena che comincia con una coppia di 1 e che prosegue con numeri in sequenza in cui ognuno corrisponde alla somma dei due numeri da cui è preceduto. Quindi, 1 – 1 – 2 (perché 1 + 1 fa 2) – 3 (perché 2 + 1 fa 3) – 5 (perché 3 + 2 fa 5) – 8 (perché 5 + 3 fa 8) e così via. Nel forex, i ritracciamenti di Fibonacci corrispondono a valori percentuali che provengono dal rapporto tra abbinamenti specifici dei numeri che compongono la successione: valori percentuali che – è stato comprovato – rappresentano dei riferimenti per ciò che riguarda i trend dei prezzi nei mercati finanziari. Va detto che anche i trader più bravi non sanno spiegare perché i numeri di Fibonacci possano essere associati ai livelli di prezzo delle coppie di valute: quello che conta è saperli usare. I ritracciamenti sono valori ben precisi: 23.6, 38.2, 50, 61.8, 76.4 e 100. Sarebbero dei valori percentuali, anche se il simbolo della percentuale di solito non viene messo per comodità. Il livello di 76.4, a dir la verità, nella maggior parte dei casi non viene preso in considerazione, perché è ritenuto di poca importanza. I ritracciamenti vengono disegnati tenendo come riferimento un trend dominante, che contraddistingue l’andamento della quotazione sia dal punto di vista dell’intervallo di tempo preso in considerazione che dal punto di vista del range di prezzi. Una volta che è stato definito il picco oltre cui il prezzo ha iniziato a scendere, si possono disegnare i ritracciamenti. Come detto, nelle piattaforme su cui si trada il tracciamento è automatico, e bisogna unicamente specificare il massimo e il minimo
del trend dominante. A seconda che derivino da un trend dominante ribassista o 36 rialzista, i ritracciamenti di Fibonacci possono avere un andamento decrescente o crescente. Dopo che sono stati individuati i ritracciamenti di Fibonacci, frutto della definizione del trend dominante, per ogni rintracciamento si hanno a disposizione i livelli di prezzo associati, che rappresentano le resistenze e i supporti in vista dell’andamento futuro. Ogni livello di Fibonacci corrisponde a un obiettivo definito. Il rintracciamento 23.6 viene raggiunto da quasi tutti i ritracciamenti: nel momento in cui viene attraversato, si ha a che fare con un contro-trend in forte crescita. Il rintracciamento 38.2 rappresenta il superamento del 23.6, e viene considerato molto importante ai fini della continuazione del contro-trend. Il rintracciamento a 50, in realtà, non fa riferimento a Fibonacci, ma viene comunque ritenuto significativo dal mercato. Il rintracciamento 61.8, infine, viene raggiunto unicamente dai contro-trend che possono contare sul sostegno del mercato. Con i rintracciamenti di Fibonacci si ha l’opportunità di ipotizzare il futuro andamento dei prezzi e tradare sulla base dei livelli di rintracciamento che ci si aspetta: si attende, in sostanza, il raggiungimento di un certo livello target in conseguenza della caduta del precedente, il che vuol dire che si aprono le posizioni negli intervalli tra un rintracciamento e l’altro.
MACD 37 Anche il MACD è uno degli indicatori che vengono impiegati nel forex: si tratta dell’acronimo di Moving Average Convergence Divergence e segnala la convergenza e la divergenza di una coppia di medie mobili, allo scopo di produrre segnali di vendita o di acquisto. Se le linee delle due medie mobili si avvicinano progressivamente e finiscono per incrociarsi, si parla di convergenza; se, invece, le linee si allontanano l’una dall’altra, si parla di divergenza. Il MACD è costituito da un istogramma (nell’immagine qui sotto, le lineette in verticale verso l’alto o verso il basso rispetto alla linea centrale), che prende il nome di Central Line, mentre la convergenza o la divergenza sono determinate dalla Signal Line. Va detto che il MACD non può essere utilizzato per stabilire i livelli di ipervenduto o di ipercomprato, ma può essere usato in modo efficace allo scopo di capire in che
modo una posizione può essere aperta, facendo riferimento alla Signal Line (o linea 38 di segnale, a seconda di come la si voglia chiamare). Se la Fast Line attraversa la linea dal basso verso l’alto, si è in presenza di un segnale di acquisto; se, invece, la attraversa dall’alto verso il basso, si è in presenza di un segnale di vendita. RSI Un altro degli indicatori utili nell’ambito del forex è l’RSI, acronimo di Relative Strength Index: vi si ricorre allo scopo di misurare il cambiamento di un prezzo e, quindi, per capire se il cross è in una situazione di ipervenduto o di ipercomprato. In Italia viene anche definito come indice di forza relativa: simile all’oscillatore stocastico, di cui parleremo tra poco, si basa su un periodo standard di 14, ma può essere impostato anche secondo altri parametri; nel momento in cui si aumenta il numero di periodi, si hanno curve meno evidenti e un indicatore meno reattivo. È sconsigliato, comunque, fare riferimento e periodi troppo bassi o troppo alti, perché in circostanze del genere c’è il rischio che salga il numero di falsi positivi. Sul grafico, l’RSI non è altro che una linea che oscilla tra 0 e 100.
39 Devono essere prese in considerazione, in particolare, l’area al di sopra del valore 70 e l’area al di sotto del valore 30: la prima indica la condizione di ipercomprato, mentre la seconda indica la condizione di ipervenduto. È in queste due zone che è più probabile un’inversione del prezzo. La linea centrale a 50, d’altro canto, è comunque importante perché consente di capire qual è la direzione prevalente del cross, in base all’oscillazione della linea dall’alto verso il basso o dal basso verso l’alto. Ovviamente, non è detto che una situazione di ipercomprato (overbought) o di ipervenduto (oversell) corrispondano sempre a una futura inversione: può accadere, per esempio, che situazioni del genere si protraggano per giorni o addirittura per settimane. Ecco perché le piattaforme permettono di inserire l’RSI con una media mobile, così da avere a disposizione due strumenti e non solo uno.
L’oscillatore stocastico 40 L’oscillatore stocastico è, per l’appunto, un oscillatore che definisce i minimi e i massimi del mercato: vi si ricorre allo scopo di identificare le situazioni di ipervenduto e di ipercomprato. Il valore dell’oscillatore stocastico, di solito, è compreso tra 0 e 100: la situazione è di ipervenduto quando le linee sono sotto il 20, mentre è di ipercomprato quando le linee sono sopra l’80. Ciò non toglie che, in casi specifici, tali parametri possano essere leggermente variati per adattarsi alle circostanze. L’oscillatore stocastico è formato da due curve, la fast stochastic e la slow stochastic. La formula per calcolare la fast stochastic è % K = 100 * [(CHIUSURA – MINn) / (MAXn – MINn)]. CHIUSURA è il prezzo di chiusura del giorno preso in considerazione, MINn è il minimo degli ultimi n giorni e MAXn è il massimo degli ultimi n giorni. Si ha, quindi, un confronto tra il prezzo minimo di un certo arco di
tempo e il prezzo di chiusura più recente. La formula per calcolare la slow stochastic, 41 invece, è % D line = media mobile (% K). Si tratta, infatti, semplicemente di una media mobile, il cui fine è quello di filtrare i movimenti e le variazioni della fast stochastic, per generare un effetto di crossover. La fast stochastic, in pratica, è la percentuale del prezzo di chiusura. Se lo stocastico si trova nel range 0-20, la situazione è di ipervenduto: la posizione, tuttavia, potrebbe cambiare presto, e quindi si potrebbe avere a che fare con una inversione rialzista. Se lo stocastico si trova nel range 20-80, la situazione è di oscillazione: si può parlare di una fascia neutra, e spetta al trader valutare come potrebbe continuare il trend. Infine, se lo stocastico si trova nel range 80-100, i prezzi sfiorano i massimi, ed è normale attendersi un’inversione ribassista.
6 - Trend, supporti e resistenze 42 Anche nel forex, così come nelle altre realtà finanziarie, i mercati si basano interamente sui trend: è questo il motivo per cui il fallimento o il successo di un investimento dipendono anche dalla capacità di capire se si è in presenza di una fase ribassista o di una fase rialzista del mercato. Il primo passo per chi si avvicina al mondo del forex, magari con un occhio di riguardo allo studio dell’analisi tecnica, è proprio quello di imparare a identificare i trend, ricordando che il detto “Trend is your friend” è più vero di quel che si possa immaginare. Partendo dal presupposto che sono i trend di lungo periodo – i cosiddetti secular trend – a dover essere studiati in modo approfondito, ecco che i trend da cui dipende il movimento dei prezzi nascono e muoiono anche a causa della psicologia di mercato. Il mercato rialzista e il mercato ribassista Il mercato primario può essere distinto in mercato bullish e in mercato bearish (cioè in mercato rialzista e in mercato ribassista): se ricordate, abbiamo già parlato di tori e orsi nel nostro percorso. Si parla invece di mercato laterale quando il trend non sembra avere una direzione precisa, e si muove quindi in un range da sinistra a destra.
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