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Giunta Comune di Monfalcone Delibera di Indirizzo AZIONI DI CONTRASTO ALLE PIANTE INVASIVE ALIENE RELAZIONE TECNICA Negli ultimi anni la diffusione incontrollata di piante alloctone (principalmente asiatiche, africane ed americane) sta diventando una vera e propria invasione biologica e rappresenta una delle minacce più importanti per la conservazione della biodiversità e delle specie autoctone causando potenzialmente anche gravi danni all’uomo e alle specie animali inclusi effetti sulla salute, come anche descritto dalla Commissione Europea in EU 2020 Biodiversity Strategy e EU 2030 Biodiversity Strategy e come riportato recentemente anche nella pubblicazione della Regione Friuli Venezia Giulia ed ERSA intitolata: Specie vegetali esotiche invasive in Friuli Venezia Giulia: riconoscimento e possibili misure di contenimento. La pubblicazione regionale sottolinea che nonostante gli ingenti danni causati dalle specie invasive aliene e l’entrata in vigore del Regolamento (UE) n.1143/2014 del 22 ottobre 2014, emanato da parte del Parlamento europeo e del Consiglio UE e recante disposizioni volte a prevenirne e gestirne l’introduzione e la diffusione, in Italia la conoscenza delle Invasive Alien Species (IAS) è scarsa e la loro pericolosità viene sottovalutata con scarsi interventi per impedirne la propagazione. Uno studio recentissimo pubblicato nell’agosto 2020 dalla rivista “Journal of Environmental Management” intitolato Impact of invasive alien plants on native plant communities and Natura 2000 habitats: State of the art, gap analysis and perspectives in Italy, con primo autore Lazzaro Lorenzo, che ha impegnato 38 tra Università ed Enti di ricerca italiani, inclusa l’Università di Trieste, ha esaminato l’invasione biologica da parte di specie invasive aliene che hanno portato ad una perdita di biodiversità e degradazione degli ecosistemi inclusi nella lista degli Habitat Natura 2000 e che sono presenti anche sul territorio del Comune di Monfalcone. Lo studio ha esaminato 241 piante aliene che hanno effetti ecologici deleteri, tra queste la peggiore è risultata essere l’Ailanthus altissima ha avuto un impatto ecologico sugli Habitat Natura 2000 in tutte le Regioni Italiane. Risulta alquanto sconfortante il fatto che la Regione Friuli Venezia Giulia è la seconda Regione dopo il Piemonte a detenere il primato per la presenza di piante aliene sul territorio, in quanto più del 50% degli habitat naturali sono stati alterati in modo significativo dalla vegetazione aliena. In particolare l’Ailanto in tutte le Regioni italiane è stato classificato come la specie con il più alto numero di report su diversi meccanismi impattanti, principalmente dovuti all’alto grado di competizione che esercita l’Ailanto nei confronti delle specie autoctone. In questa lista di invasività delle specie aliene dopo l’ailanto viene registrato il Senecio inaequidens, la Robinia pseudoacacia, l’Heliantus tuberosus, l’Amorpha fruticosa ed il Sorghum halepense (la checklist completa è reperibile in Plant Biosystems, Galasso et al, 2018). Da sottolineare comunque che la Robinia pseudoacacia molto diffusa anche sul nostro Carso è la specie con il più alto numero di segnalazioni di presenza sul territorio. Questo importante studio nazionale, insieme a molte altre evidenze riportate nella stampa nazionale come l’invasione di Ailanto nella città di Roma, le ordinanze di alcune Sindaci italiani contro l’Ailanto, come il Sindaco di Viganò, e la campagna di eradicazione dell’Ailanto partita nel 2015 del Canton Ticino Svizzero, rendono evidente che il problema delle piante invasive alloctone e in particolare l’ailanto non sono più rinviabili. Le specie esotiche invasive sono, dopo i cambiamenti climatici, il secondo fattore di perdita di biodiversità e degli equilibri ecosistemici. 1
La vegetazione contribuisce in aree urbane alla rimozione di vari inquinanti incluse le PM10 e PM2.5, gli ossidi di azoto (NOx), ozono (O3) e ossidi di zolfo (SOx). La vegetazione in aree urbane svolge inoltre un ruolo importante anche nell’immagazzinamento della anidride carbonica (CO2) (Mirabile M. et al. 2015). Come descritto nella pubblicazione della Regione FVG, ARPA-FVG intitolata Studio Conoscitivo dei Cambiamenti Climatici e di alcuni loro Impatti in Friuli Venezia Giulia (2018) gli effetti climatici ed il dissecamento fino alla morte provocato sulla vegetazione presente nella zona costiera-carsica della Regione FVG sono stati già ben documentati dal prof. Andrea Nardini della Università di Trieste (in particolare causati dalla aridità dell’estate 2012) sia su specie arboree ed arbustive decidue come Ostrya carpinifolia, Quercus pubescens, Fraxinus ornus, Acer campestre, ma anche su conifere in particolare sul Pinus nigra Arn. (Pino nero), specie introdotta sul Carso tramite interventi di rimboschimento condotti dagli austriaci nella seconda metà del 1800 e successivamente integrati negli anni ’70 dallo stato italiano. Il Pino nero è ad oggi considerata una specie ampiamente naturalizzata (Poldini, 1989) e da preservare. A questo proposito è da notare che i pini ed in generale le conifere sono in grado di purificare l’aria dalle polveri inquinanti molto più efficacemente dalle latifoglie avendo una maggiore superficie fogliare ed essendo sempreverdi quindi attive tutto l’anno (ISPRA. Linee guida di forestazione urbana sostenibile per Roma capitale. Mirabile M et al. 2015). (Tuttavia le conifere producono pollini che possono causare allergie). E’ da notare che l’aumento di eventi termici di caldo estremo estivo, ma anche di riduzione degli eventi freddi, non solo produce essicamento e morte di alcune piante, ma le rende anche più aggredibili da piante aliene che producono tossine allelopatiche. Quindi complessivamente i cambiamenti climatici e gli eventi estremi favoriscono le piante aliene infestanti in particolare l’Ailanto che è di origine cinese. A seguito di recenti sopralluoghi è emerso che a Monfalcone, in particolare sul Carso, sono ben visibili alcune zone in cui si sono creati veri e propri boschetti di ailanto con piante anche di ragguardevole altezza di circa 10 metri, ad esempio all’entrata del Carso da via Mocenigo e sulla Gradiscata. Quest’anno (nonostante il lockdown) l’Amministrazione Comunale ha provveduto a degli interventi di contenimento dell’Ailanto nella zona del colle della Rocca e del Centro Visite di Pietrarossa. La serietà della problematica legata all’Ailanto è testimoniata anche dal fatto che l’Amministrazione ha recentemente stimolato la collaborazione dei cacciatori della Riserva di Caccia di Monfalcone per disboscare dall’ailanto una zona di pregio naturalistico vicina alla trincea Joffrè, e, come anche riportato dalla stampa locale, il primo intervento è stato eseguito con la supervisione della Forestale Regionale. Si nota anche che in varie zone private della città è presente una crescita importante sia in numero di piante sia in dimensione delle stesse e relativa abbondanza di fioritura e semi praticamente in tutti i quartieri della città. La Regione ha realizzato la carta quantificata delle allofite in Friuli Venezia Giulia (vedi figura 1), dalla quale si evince come i centri urbani rappresentino aree di massima concentrazione di queste specie e dai quali poi si irradiano soprattutto negli agro-ecosistemi di pianura. E’ evidente che la zona del Carso Monfalconese è una delle più colpite. 2
Si rende a questo punto urgente intraprendere delle azioni di contenimento a vari livelli sia operativi che informativi della popolazione per contrastare la diffusione delle piante aliene invasive. Le principali piante da eradicare in base alle evidenze raccolte sono l’Ailanthus altissima, il Senecio sudafricano, l’Ambrosia, la Robinia pseudoacacia e la Brussonetia Papyrifera, in quanto da uno studio nazionale è risultato che il Carso triestino –goriziano includente Monfalcone risulta la zona d’Italia in cui la concentrazione dei pollini fortemente allergenici di Brussonetia è la più alta, testimoniando così indirettamente la presenza di piante di questa specie che a nostra conoscenza non sono mai state oggetto di attenzione in termini di contenimento ed eradicazione. A livello Italiano sono state prodotte due importanti pubblicazioni, uno relativo all’Isola di Montecristo intitolato “Interventi sperimentali per l’eradicazione dell’ailanto (Ailanthus altissima) nell’isola di Montecristo” del 2010 e l’altro intitolato “Prevenzione, gestione e contenimento” della Regione Piemonte del 2017. Al momento non sono note azioni equivalenti oggetto di pubblicazioni condotte in Friuli Venezia Giulia. L’Ailanthus altissima - Ailanto è una delle piante aliene più aggressive che stanno condizionando ed alterando gli ecosistemi vegetali e le loro interazioni biotiche anche con le specie animali. L’Ailanto viene definito albero “puzzone” perché in particolare le radici e le foglie rilasciano una 3
miscela di tossine (l’ailanthone una sostanza allelopatica che inibisce la crescita di altre piante) dal caratteristico odore sgradevole che impediscono molto efficacemente la crescita di altre piante e rendono le foglie talmente sgradevoli che gli animali non se ne cibano o comunque che se ingerite provocano danni gastrointestinali. Questa pianta cresce in modo velocissimo verso l’alto tanto da meritarsi il nome poco appropriato di “albero del paradiso”, è in grado di insediarsi anche in terreni molto aridi e perfino contaminati da metalli come il cromo, preferisce le zone assolate, ma riesce ad insediarsi anche in zone ombrose. Ha una grande capacità di espansione sia attraverso i semi provvisti di un’ala (detti samare) diffusi dalle piante femmine a centinaia di migliaia (una sola pianta adulta femmina ne può rilasciare fino a circa 300.000 che con il vento raggiungono anche grandi distanze), sia tramite numerosi polloni. L’Ailanto forma una fitta rete di radici che producono decine di polloni tutti collegati fra loro, molto difficili da estirpare e che, anzi, si moltiplicano a dismisura quando la parte aerea della pianta viene danneggiata o distrutta. In città le radici di ailanto, che si possono estendere per decine di metri, creano anche problemi alle tubature sotterranee. In più il polline di ailanto è allergenico e può provocare in alcuni soggetti pollinosi anche di grave intensità. L’ailanto ha una elevata capacità di attirare gli insetti uno studio pugliese recente ha dimostrato la sua capacità di attrarre e far sviluppare la mosca bianca (Aleurocanthus spiniferus) (Bubici G. et al. Insects. 2020). Negli USA l’Ailanto grazie alla sua capacità di promuovere la crescita della Spotted Lanternfly (Lycorma delicatula white) ha favorito la catastrofe ambientale provocata da questo insetto invasivo, che ha devastato grandissime quantità di alberi e coltivazioni ed particolare la Vitis vinifera (Cooperband M.F. J Econ Entomol. 2019) in USA, Giappone, ecc. L’ailanto è molto difficile da eradicare proprio per la permanenza di radici, dopo il semplice taglio della pianta, che rigenerano velocemente nuove piante. Più semplice è la eliminazione di giovani piantine derivanti da samare (e non da polloni) che possono essere estirpate con le radici e quindi in modo definitivo, tuttavia è evidente che questi interventi richiedono azioni molto tempestive e capillari che difficilmente le Amministrazioni possono realizzare senza la collaborazione di volontari e cittadini opportunamente informati/istruiti. Lo smaltimento dell’ailanto è impegnativo perché deve essere gestito in modo separato seguito da incenerimento. Uno studio scientifico ha dimostrato che perfino le foglie di ailanto caduche sono in grado di alterare l’humus autoctono. Da alcuni studi sul campo come quello condotto sull’isola di Montecristo è stato appurato che l’Ailanto si sviluppa con grande facilità e molto velocemente in zone prive o private di vegetazione, pertanto in caso di asportazione dell’Ailanto è importante mettere in atto interventi con colture antagoniste. Da uno studio recentissimo promosso da ISPRA (Istituto Italiano di Ricerca per la Protezione Ambientale) risulta che l’invasione da ailanto costituisce un problema ambientale ormai in tutte le Regioni Italiane oltre che in Europa e America. 4
Il Senecio spp. è una pianta erbacea annua/perenne appartenente alla famiglia delle Asteracee, include diverse specie quali Senecio inaequidens, grisebachii, latifolius, scadens, oxyphyllus ecc. tutte sono tossiche, anche se alcune più di altre, a causa principalmente degli alcaloidi pirrolizidinici prodotti dalla pianta (Garcia JA et al. Toxicon 2020). Tutte le parti della pianta sono tossiche anche quando seccate. L’ingestione della pianta fresca o seccata produce gravi danni alla salute nell’uomo e negli animali, che includono sia effetti immediati che di lungo termine, principalmente sul fegato, e che dopo 2 settimane si possono manifestare anche come danno epatico severo ed irreversibile (epatomegalocitosi, fibrosi diffusa, reazioni duttali). Ad una dose già di 15 mg di pianta secca per kg di peso corporeo il Senecio è fortemente epatotossico. Tanto che nella letteratura scientifica vengono riportati diversi casi di morte di bestiame per ingestione di Senecio. L’ingestione nell’uomo può avvenire ad esempio tramite cibi contaminati come tè o rimedi erboristici, gli effetti tossici del Senecio possono essere esaltati dall’uso di alcool (Neuman MG et al. Can J Physiol Pharmacol. 2007). Il genus Senecio è diffuso in tutto il mondo, molte speci di Senecio hanno una alta capacità di invasione ed espansione ed è riconosciuto che il Senecio sia in grado di causare danni ecologici importanti essendo fortemente competitivo con piante autoctone ed anche coltivate. In FVG è presente principalmente il Senecio inaequidens di origine sudafricana che produce molti fitocomposti naturali di cui circa la metà molto tossici che possono provocare potenzialmente fenomeni di avvelenamento di animali e dell’uomo. La riproduzione del Senecio avviene tramite impollinazione entomogama, ossia tramite insetti. Il polline di Senecio può essere utilizzato/trasportato dalle api, di conseguenza i composti tossici alcaloidi pirrolizidinici possono inquinare il miele rendendolo anche velenoso. Gli alcaloidi pirrolizidinici (senecionina, retrorsina, ecc.) possono essere presenti in tracce anche in uova, carne e latte. La capacità di riproduzione del Senecio è molto alta, ogni singola pianta può sviluppare da 80 a 100 infiorescenze per un totale di circa 30.000 semi all’anno. I semi cadendo a terra dopo essere trasportati dal vento possono anche essere dispersi da insetti tipo le formiche. La Regione Friuli Venezia Giulia è fortemente colonizzata dal Senecio sudafricano così come la maggior parte delle Regioni italiane. Il Senecio si insedia in terreni sassosi incolti e zone ruderali per cui colonizza con facilità il Carso. Pertanto il Senecio è una pianta che, anche a parere della forestale regionale, deve essere per quanto possibile eradicata (Carpanelli A., Valecic M. Specie vegetali esotiche invasive in Friuli Venezia Giulia, riconoscimento e possibili misure di contenimento - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. 2016) 5
L’Ambrosia fa parte della famiglia delle Asteracee, è una pianta erbacea annuale o perenne dalla tipica infiorescenza a racemo, ed è considerata tra le piante erbacee più infestanti e più allergeniche per l’uomo. Ne esistono più di 30 specie in tutto il mondo, tra queste l’Ambrosia Artemisiifolia è una specie nordamericana molto diffusa in Italia in grado di produrre grandissime quantità di polline che possono causare severe reazioni allergiche, riniti ed anche gravi crisi asmatiche. In Europa ed in Italia costituisce una delle maggiori piante responsabili di pollinosi estive. Anche questa specie colonizza con facilità aree incolte ed aride in particolare margini delle strade, massicciate e ferroviarie. E’ quindi una pianta da eradicare. Da notare che attualmente viene contenuta attraverso lo sfalcio anche se questa tecnica in realtà è risultata essere non risolutiva e secondo un report della Regione Piemonte lo sfalcio può addirittura provocare un prolungamento della fase di impollinazione. Infatti, il fusto rimasto dopo lo sfalcio può ricrescere rapidamente dando vita ad una pianta più bassa, ma più ricca di fiori e quindi con possibile maggiore produzione di polline altamente allergenici. Per queste ragioni si stanno sperimentando tecniche complementari allo sfalcio più complesse da realizzare. Il metodo migliore consiste nello sradicamento manuale dell’ambrosia, che è facilmente attuabile nella fase tardiva della crescita, ma che va effettuato prima della fioritura. In questa fase l’ambrosia si sradica con estrema facilità e dopo pochi minuti si essica e muore. Un metodo efficace è la semina di colture antagoniste ed a questo scopo è molto efficace il trifoglio. La Broussonetia papyrifera è una pianta di origine asiatica, introdotta in Europa nel XVII secolo per la produzione di carta e a scopo ornamentale, diventata presto infestante in alcune aree a causa di una diffusione pressoché incontrollata. I fiori maschili producono molto polline anemogamo (trasportato e diffuso dal vento) di piccole dimensioni, altamente allergenico e abbondante in aria da aprile a maggio. La sua allergenicità è conosciuta e studiata in estremo oriente dove è stata rilevata anche una sinergia tra pollini allergenici e inquinanti atmosferici. La mappa di diffusione della pianta mostra ancora che la Broussonetia è molto abbondante sul Carso triestino, nel Veneto dai Colli Euganei alla Lessinia e nella città di Modena. Le città di Verona e Modena hanno registrato infatti valori di polline molto elevati. I nuovi dati mostrano invece che al Sud la pianta non è presente. La pianta di Broussonetia, infatti, ha una capacità di diffusione più contenuta rispetto ad altre infestanti come la robinia e l’ailanto, per cui, una volta individuata, è possibile abbatterla e contenerne l’espansione, a vantaggio anche del contenimento degli allergeni diffusi dal polline. Il monitoraggio del polline di Broussonetia, come di altre specie aliene, è un efficace strumento per il controllo di questa specie esotica sul territorio, sia per le sue potenzialità allergeniche, sia per favorirne il censimento e l’eradicazione dalle aree pubbliche. A tale riguardo, va anche ribadito quanto sia importante la consapevolezza e la conoscenza delle piante allergeniche da parte delle amministrazioni locali nell’allestimento di are urbane verdi. 6
Sito ARPA FVG La Robinia pseudoacacia, conosciuta come robinia o acacia, è una pianta della famiglia delle Fabaceae, dette anche Leguminose, originaria dell'America del Nord e naturalizzata in Europa e in altri continenti La pianta può assumere portamento arboreo (alta fino a 25 metri) o arbustivo; con forte attività riproduttiva agamica. In alcuni ambienti, specie quelli degradati dall'uomo, questa pianta si comporta come specie invasiva; ha un'alta velocità di crescita, tanto che i polloni che fuoriescono sia dal colletto che dalle radici crescono con rapidità; per questo motivo spesso compete vittoriosamente con specie autoctone di crescita più lenta. Inoltre, la sua estrema adattabilità la fa trovare a suo agio dai litorali ai 1000 metri di quota delle ombrose valli submontane. Un esempio in tal senso sono vaste aree della pianura Padana, dove spesso essa ha sostituito i pioppi e i salici autoctoni che crescevano lungo le rive dei fiumi. I boschi di robinia impediscono la crescita al loro interno di molti tipi di flora e funghi del sottobosco, che crescerebbero invece in foreste costituite da altri alberi autoctoni come querce, faggi, castani ecc. Possono dunque comportare una diminuzione della biodiversità. Una volta appurato che in un particolare ambiente la presenza della robinia rappresenti un effettivo elemento di disturbo per la vegetazione autoctona, si pone il problema del controllo della sua diffusione. Per ridurre la sua presenza all'interno dei boschi nei quali si è insediata, è necessario lasciare invecchiare le piante, in quanto la relativamente modesta longevità della specie determina un deperimento relativamente precoce delle piante. Diventa quindi fondamentale agire in sinergia tra i diversi enti pubblici per attuare azioni di eradicazione-controllo delle specie aliene già presenti sul territorio regionale e nazionale e di prevenzione di eventuali nuove introduzioni. In Friuli Venezia Giulia con la L.R. 17/2010, art.64 (lotta alle specie vegetali infestanti dannose per la salute umana e per l’ambiente) sono state identificate tre specie vegetali invasive dannose per la salute umana e per l'ambiente: Ambrosia artemiisifolia, Ailanthus altissima e Senecio inaequidens. Per queste specie la Regione, assieme ad altri soggetti pubblici e privati, è autorizzata ad effettuare la lotta senza autorizzazione e divieti e a fare attività divulgativa per far conoscere i danni ambientali procurati e le possibili forme di lotta. 7
Carpanelli A., Valecic M. 2016, Specie vegetali esotiche invasive in Friuli Venezia Giulia, riconoscimento e possibili misure di contenimento - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia 96 pp. informazioni Servizio paesaggio e biodiversità – via Sabbadini 31 – Udine email: paesaggio@regione.fvg.itServizio fitosanitario e chimico, ricerca, sperimentazione e assistenza tecnicavia Sabbatini 5 - Pozzuolo del Friuli – UD email: fitosanitario@ersa.fvg.it Vista l’attenzione per la tutela ambientale, la conservazione della salute delle zone verdi e dei boschi e l’attività di riduzione degli allergeni del Comune di Monfalcone, l’Amministrazione si impegna a farsi promotore di azioni di contenimento ed eradicazione di piante aliene invasive sia in zone naturalisticamente protette sia in ambiti cittadini pubblici o privati. Essendo questa attività molto impegnativa per cui sono richiesti interventi ripetuti e continuativi, saranno in un prossimo futuro coinvolte in queste attività associazioni ambientaliste come l’Associazione Eugenio Rosmann, ma anche i semplici cittadini che, se opportunamente informati e guidati, possono contribuire in questa difficile battaglia a favore della biodiversità e conservazione del nostro ambiente naturale volta anche ad affrontare gli eventi climatici estremi. L’Amministrazione Comunale intende promuovere il progetto sopra descritto attraverso una serie di iniziative da realizzarsi anche in occasione di eventi culturali e di promozione del territorio, attività che si possono sintetizzare come di seguito indicato dando atto che le attività saranno realizzate progressivamente tenendo conto delle possibilità tecniche che di volta in volta si presenteranno: 1) coinvolgimento delle associazioni di volontariato attive nel settore ambientale come pure dei singoli cittadini fruitori del territorio carsico e del litorale; 2) preservare dalle speci aliene infestanti le zone Habitat Natura 2000 e tutti gli habitat protetti accedendo anche a fondi regionali e/o statali; 3) azioni di monitoraggio e ripristino ambientale. 4) azione divulgativa e di informazione dei cittadini con varie modalità quali realizzazione e distribuzione di depliant illustrativi, pubblicazione sul portale del Comune e sui social networks; 5) promozione di un’azione di sensibilizzazione a livello Regionale affinchè siano emanate direttive e linee guida in materia ed erogati fondi specifici. Firmato prof.ssa Sabina Cauci Visto Ing. Enrico Englaro 8
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