Don Peppe Diana Maraviglia Laura Marra Syria 1 G Liceo Scienze Umane - Amaldi Nevio

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Don Peppe Diana Maraviglia Laura Marra Syria 1 G Liceo Scienze Umane - Amaldi Nevio
Don Peppe Diana

   Maraviglia Laura   Marra Syria

       1 G Liceo Scienze Umane
Don Peppe Diana Maraviglia Laura Marra Syria 1 G Liceo Scienze Umane - Amaldi Nevio
La Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie é una giornata in cui
una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali vengono rese protagoniste di un grande percorso di
cambiamento dei nostri territori. La Giornata è da qualche anno anche riconosciuta ufficialmente dallo Stato,
attraverso la legge n. 20 dell’8 marzo 2017. Durante queste giornate vengono proposti e realizzati vari progetti
dedicati al ricordare le vittime delle mafie: da chi si opponeva apertamente ai mafiosi, come Don Giuseppe
Diana e i magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ma anche chiunque rifiutasse di cedere alle mafie o
chi è capitato suo malgrado in sparatorie tra gang o attentati ad altri difensori della legalità.
Don Peppe Diana Maraviglia Laura Marra Syria 1 G Liceo Scienze Umane - Amaldi Nevio
Il 21 marzo è un periodo in cui ricordare tutto ciò che quelle persone rappresentavano: un barlume di
speranza per gli altri, un faro nell’oscurità della malavita organizzata. È una giornata in cui ci si unisce ai
familiari delle vittime per ricordarli come persone, per sentire la loro storia e per ricordare tutto ciò che
hanno fatto per opporsi e per tenere alti i loro principi e diritti. Leggere i nomi delle vittime è un modo
per far rivivere quegli uomini e quelle donne, bambini e bambine, per non far morire le idee testimoniate,
l’esempio di chi ha combattuto le mafie a viso aperto e non ha ceduto alle minacce e ai ricatti, ma anche
le vite di chi, suo malgrado, si è ritrovato nella traiettoria di una pallottola o vittima di potenti esplosivi
diretti ad altri.
L’edizione 2021

     Nel 2020 la Giornata ha subìto un repentino cambio di programma, travolta dall’emergere del
     Covid-19 e dal confinamento domestico. Solitamente le Giornate si sono svolte nei principali
     luoghi di cultura delle varie città italiane, come le piazze, librerie e simili, con la partecipazione
     delle famiglie delle vittime e personalità di spicco nel campo della legalità, poiché grazie ai
     loro contributi possiamo aumentare la nostra cultura, che è essenziale per la nostra crescita
     personale e per non soccombere ai soprusi di questi malviventi. A causa delle norme vigenti
     contro il Coronavirus, queste riunioni di legalità si svolgeranno con l’ausilio dei social network,
     che sono anche un ottimo modo per diffondere in modo efficace educazione in questi campi
     così delicati.
Altri soliti luoghi di raduno sono le scuole, che proprio a causa del Coronavirus sono chiuse
da Ottobre, ma non per questo non possono essere ancore di cultura ed educazione alla
legalità per i giovani, anche grazie a incontri con persone che si oppongono giorno dopo
giorno alle mafie con il loro operato, dando la loro testimonianza e dimostrando che, con il
dovuto impegno, anche un avversario che sembra impossibile da battere può essere
dominato e sconfitto grazie alla legalità.
Lo slogan

Lo slogan scelto per quest’edizione della Giornata è "A ricordare e riveder le stelle", che
racchiude molti significati, divisi nelle due parti dello slogan.
"A ricordare", che è sia il riportare in vita le vittime attraverso la nostra memoria, sia tenere a
mente che la legalità è un impegno costante, per cui dobbiamo batterci ogni giorno con
tutto il nostro impegno.
"Riveder le stelle", citando Dante Alighieri, il desiderio di rivedere le stelle è in questo caso da
intendere sia come desiderio di uscire dalla pandemia che ha colpito il mondo, sia come
buon auspicio per il futuro.
Perché proprio la stella?
 Le stelle sono state scelte poiché, date le loro posizioni fisse, sono state usate in passato e tutt’oggi
 come un punti di riferimento affidabili e con la loro luce rischiarano il buio della notte. Che cosa
 rappresenta una stella quindi in questa Giornata? Una stella simboleggia una delle innumerevoli
 vittime delle mafie, e la loro luce simboleggia il faro da seguire per poter rimanere sulla strada
 giusta, un percorso virtuoso da compiere anche grazie all’aiuto di chi, da più tempo di noi, segue lo
 stesso percorso e si impegna affinché queste vite siano sempre ricordate e usate come esempio da
 chi si trova nella loro stessa situazione, ma anche da chi nel suo piccolo si impegna per far vincere la
 legalità nonostante i tanti problemi che potrebbe causargli.
 Dobbiamo quindi impegnarci in questa Giornata a creare un firmamento di stelle, in modo che la
 loro luce combinata rischiari la notte e sia per noi tutti un esempio da seguire nella nostra vita.
 Di queste stelle ne riporteremo la testimonianza di tre molto famose, Don Giuseppe Diana, Paolo
 Borsellino e Giovanni Falcone, che hanno pagato con la loro vita il loro sforzo per cercare indebolire
 la mafia nei luoghi in cui vivevano.
Don Peppe Diana

Don Giuseppe Diana, conosciuto come Peppe o
Peppino, è stato, oltre che un sacerdote, anche
insegnante, attivista e scout italiano, ed è stato
assassinato dalla camorra per il suo impegno
antimafia. Il suo impegno contro la mafia. Don
Peppe Diana cerca di aiutare le persone nei
momenti resi difficili dalla camorra, negli anni del
dominio assoluto della camorra casalese, legata
principalmente al boss Francesco Schiavone. Uno
dei suoi scritti più importanti è "Per amore del mio
popolo", diffuso nelle chiese di Casal di Principe e
della zona aversana nel Natale del 1991, ed è un vero
e proprio manifesto dell’impegno contro il sistema
criminale.
Tuttavia il suo impegno gli costa la vita. Il 19 marzo 1994 venne assassinato nella sacrestia della chiesa
di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si preparava per celebrare la santa messa. Un
camorrista lo affronta con una pistola, sparandolo cinque volte ed uccidendolo all’istante. Il suo
assassinio, di puro stampo camorristico, fa scalpore in tutta Italia e in tutta Europa per la sua
brutalità. Il suo sacrificio è stato anche ricordato da papa Giovanni Paolo II nell’angelus del giorno
dopo. Lo sporco lavoro della camorra però non si è fermato con la sua morte. Fin dall’inizio delle
indagini per trovare il colpevole del folle gesto, il nome del parroco è stato infangato nei modi più
deplorevoli, addirittura additandolo come appartenente alla malavita organizzata. Però, grazie agli
sforzi delle autorità e del pentimento dell’autore materiale dell’omicidio, i mandanti vennero
catturati e imprigionati. In nome dello sforzo di Don Peppe Diana contro le mafie esistono oggi
organizzazioni e scuole che portano il suo nome, e recentemente sono stati creati documentari che
riportano la storia, l’impegno e il sacrificio di questo, come lo definì papa Giovanni Paolo II,
evangelico chicco di grano caduto nella terra, in onore dei suoi sforzi a migliorare il territorio in cui
viveva e operava e le persone che vi abitavano.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
 Due uomini, ricordati per la loro audacia e la loro forza di spirito per combattere, o almeno tentare, il
 fenomeno della mafia, segnarono con la loro vita la storia nazionale: Giovanni Falcone e Paolo
 Borsellino. Un magistrato e un giudice, entrambi palermitani, diedero la propria vita per cercare di
 arginare questo fenomeno illegale; sacrificarono le loro famiglie, costringendole a vivere sotto scorta,
 nascosti, in continuo movimento tra Roma e Palermo, ma riuscirono a portare 110 mafiosi al maxi-
 processo.
 Questa azione scatenò la voce di una popolazione intera, determinata ad uscire allo scoperto per
 affrontare questa piaga, quale è la mafia.
 Il maxi-processo infatti, conclusosi nel 1992, sottopose a interrogatorio 794 mafiosi e condannò gli
 imputati a 2700 anni circa di galera, tra cui numerosi ergastoli.
Purtroppo però il 1992 segna anche la morte dei due eroi nazionali: a Maggio venne fatta saltare
l’autostrada a Capaci sulla quale stava viaggiando Giovanni Falcone; a Luglio venne fatta saltare
un’autobomba in un quartiere di Palermo, ove si trovava Paolo Borsellino in visita dalla madre.
La lotta tuttavia non si fermò, anzi venne incitata maggiormente: lo stesso Stato dichiarò guerra alla
mafia nel 1993, introducendo l’ART 41 BIS, con il quale viene associato ai mafiosi il “carcere duro”. La
risposta mafiosa però non cessò: continuarono a far esplodere bombe a Roma, come alla chiesa del
Velabro o in piazza di San Giovanni Laterano. Ma nello stesso anno emerse un altro personaggio, il
quale non combatté una vera e propria guerra contro la mafia, ma cercò di arginare il fenomeno
partendo dalle basi della società siciliana: i giovani.
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