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27 Gennaio 2021                                    www.repubblica.it                                                   Italia

Dieci mosse per difendersi
dal telemarketing selvaggio
di Jamie D’Alessandro

Una guida per opporsi alle telefonate promozionali moleste che milioni di italiani ricevono ogni giorno. Malgrado le
multe per 67 milioni di euro decide dal garante della privacy il fenomeno infatti non accenna a diminuire.

                                                                                                    4 MINUTI DI LETTURA

Dieci mosse per difendersi dal telemarketing selvaggio. Dieci misure da adottare per opporre
resistenza a quella marea montante di telefonate promozionali che arrivano a ogni ora e in
ogni giorno della settimana millantando e promettendo. Un argine di sicurezza, minima, a una
situazione che in Italia è ormai fuori controllo. E che non accenna a migliorare, nonostante multe
complessive per 67 milioni di euro spedite dal Garante per la protezione dei dati personali fra il
2019 e il 2010 e recapitate ai maggiori operatori telefonici e a diversi grandi nomi fra i fornitori di
energia elettrica e gas.
                              È un mondo dove carnefici e vittime spesso si scambiano di posto, con
                              l’unica eccezione dei cittadini che lo subiscono. “Difficile capire dove inizi
                              il dolo e dove finisca il danno”, conferma Agostino Ghiglia, componente
                              del Garante per la protezione dei dati personali o, come viene più spesso
                              definito, della Privacy.
                             Le dieci mosse sono state redatte partendo da quelle proposte da
                             Oic e Assocontact che con i suoi 60 associati è una delle principali
                             associazioni di categoria assieme ad Asstel e Assocall. Rappresentano
                             quei 120mila professionisti nel settore dei call center ufficiali che
                             operano per conto terzi, compresa l’assistenza ai clienti. “L’anello di
congiunzione fra pubblica amministrazione e cittadini e fra aziende e consumatori”, come li
definisce il presidente di Assocontact Lelio Borgherese, che ci tiene a iscrivere l’intera categoria
nella lista delle vittime, “perché alla fine quando chiama uno dei 200 call center autorizzati, ottiene
poco o nulla visto che l’utente in questione è stato tartassato di telefonate al limite della truffa”.

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                           Ecco quindi a cosa stare attenti, quando si viene contattati da un call
                           center, per capire se rispetta le regole.
                           1) Se il numero dal quale chiama appare come anonimo.
                           2) Se l’operatore si qualifica come dipendente dell’Ufficio per la tutela
                           del consumatore, Autorità di vigilanza, di regolazione per energia reti e
                           ambiente (Arera) o di altro genere, millantando di voler dare una mano
                           perché staremmo pagando troppo rispetto a una fantomatica tariffa
                           base.
                       3) Se l’operatore si rifiuta di inviare via mail il contratto che sta
proponendo prima che venga firmato, perché in realtà lo può fare tranquillamente solo che richiede
più tempo.
4) Se l’operatore non chiarisce subito, dopo essersi presentato, da dove chiama (Italia, Europa o
Paese extra europeo) per quale call center lavora e quale compagnia ha ingaggiato il call center.
5) Se l’operatore non informa di quali siano i diritti in materia di privacy, iniziando dalla possibilità
di richiedere la cancellazione dei propri dati dall’elenco dei loro contatti.
6) Se, quando si chiede di cancellare il proprio contatto, l’operatore risponde di non poterlo
fare né sa da dove è stato preso il vostro numero di telefono o ancora che sostiene che è stato
selezionato dal “sistema” in automatico.
7) Se il numero che vi ha contattato non è richiamabile o non si riesce a capire quale call center sia.
8) Se il numero che via ha chiamato o il nome del call center non è iscritto nel Registro Operatori
Comunicazione (Roc).
9) Se la voce dell’operatore è registrata.
10) Se dopo aver risposto alla telefonata trascorrono alcuni secondi in silenzio e l’operatore non
risponde e attacca il telefono.
                           Mettetevi però l’anima in pace, queste dieci regole vi aiuteranno a
                           distinguere chi lavora secondo le regole da chi invece non vuole o non
                           può tenerle in considerazione, ma non eviteranno che veniate chiamati
                           sul numero fisso o su quello mobile. Nel nostro Paese le linee in totale
                           sono circa 100 milioni e quelle fisse in teoria si possono proteggere
                           iscrivendosi al Registro pubblico delle opposizioni (Rpo). Ironia della
                           sorte bisogna avere la propria utenza fra quelle che compaiono negli
                           elenchi telefonici pubblici, chi ha scelto una maggiore privacy è quindi il
                           più esposto. E in ogni caso non vale per i numeri mobili.
                           “Sebbene la Legge n. 5/2018 abbia esteso l’ambito di applicazione del
Rpo a tutti i numeri riservati, inclusi i cellulari, il nuovo servizio sarà operativo esclusivamente dopo
l’emanazione del Regolamento attuativo”, si legge sul sito del garante della Privacy. “Pertanto,
al momento, il diritto di opposizione è riservato agli utenti intestatari di un numero di telefono
presente negli elenchi telefonici pubblici”. Il decreto attuativo, passato in commissione il 20
gennaio, deve essere ora firmato dal Governo che al momento ha altro per la testa. Dunque l’unica

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strada è bloccare i numeri di tutti i call center indesiderati che ci contattato. Tutti gli smartphone
offrono questa possibilità.
L’anello debole della filiera del telemarketing selvaggio, come abbiamo già ricostruito, è l’universo
dei “sottoscalisti” e dei “cantinari”. Piccole strutture che nascono magari sotto l’insegna di “Centro
di formazione”, senza diritti per i dipendenti.
Metterle insieme costa poco. Molte stanno nei retrobottega di grandi fornitori di servizi e vivono
solamente il tempo di un contratto. Per questo è difficile rintracciarle e sanzionarle.
Gli operatori di queste realtà guadagnano spesso solo quando vendono o portano a casa risultati.
E quindi per loro l’unica cosa che conta è far firmare un’utenza o aggiungere dati da un indirizzario
che poi verrà venduto a cifre più alte. Anche a costo di tempestare di telefonate un utente o a
strappare un contratto in modo ingannevole alle persone più fragili.
                          Poi ci sono gli agenti, figure che operano per aziende o per conto di call
                          center ufficiali che hanno bisogno di braccia aggiuntive e per averle
                          chiudono un occhio. Stando alle ispezioni ordinate dagli ispettori del
                          Garante della privacy è a loro che viene affidato il lavoro “sporco”. E
                          loro lo fanno sfruttando lo schermo di una lunga catena di appalti e
                          subappalti che allontanano il controllo del committente della campagna.
                          In una delle indagini, quella relativa a Wind, i tecnici del Garante hanno
                          trovato una struttura abusiva dove si lavorava su tabulati di dati
                          probabilmente trafugati da Tim.
Ed era completamente in nero, operava sotto l’ombrello del centro di formazione. Capita anche che
un call center che operi per conto di una certa compagnia poi inizi a lavorare per un’ultra usando le
informazioni della prima.
“Noi abbiamo provato a redigere delle regole del gioco anche con le associazioni di categoria.
Criteri di trasparenza, correttezza, rispetto del consumatore e tracciabilità. Ma certo, più facile
a dirsi che a farsi”, ammette Lelio Borgherese di Assocontact. “Fra i call center ci sono aziende
enormi e conosciute e una miriade di “sottoscalisti”. Nel mezzo, agenzie di medie dimensioni
che spesso a loro volta si rivolgono a piccole realtà. Ma sono due mondi separati, per logiche
e pratiche, quello ufficiale e quello che opera ai limiti o oltre il consentito. Noi gestiamo per le
compagnie che ci ingaggiano la risorsa più preziosa, i clienti. La telefonata molesta, che arriva
sempre dalla parte della promozione, danneggia noi per primi”.
Il giro di affari ufficiale del call center che fanno capo ad Assocontact e alle altre associazioni di
categoria, è di circa due miliardi di euro l’anno. Più altri due miliardi che presumibilmente vengono
dal sommerso. I 67 milioni di euro in multe del Garante sono quindi spiccioli al confronto. “In
teoria però l’autorità si potrebbe spingere fino a chiedere il quattro per cento del fatturato globale.
Nel caso di Vodafone, multata per 12 milioni di euro, si tratterebbe di 250 milioni”, spiega Agostino
Ghiglia. Ma è ovvio che difficilmente arriverà a tanto e nel frattempo il nostro telefono continuerà a
squillare.

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