Contributo allo studio della documentazione antimafia: aspetti sostanziali, procedurali e di tutela giurisdizionale - Sipotra
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ISSN 1826-3534 2 GIUGNO 2021 Contributo allo studio della documentazione antimafia: aspetti sostanziali, procedurali e di tutela giurisdizionale di Fabrizio Figorilli Professore ordinario di Diritto amministrativo Università degli Studi di Perugia e Walter Giulietti Professore ordinario di Diritto amministrativo Università degli Studi dell’Aquila
Contributo allo studio della documentazione antimafia: aspetti sostanziali, procedurali e di tutela giurisdizionale* di Fabrizio Figorilli e Walter Giulietti Ordinario di Diritto amministrativo Ordinario di Diritto amministrativo Università degli Studi di Perugia Università degli Studi dell’Aquila Abstract [It]: Il lavoro analizza la disciplina della documentazione antimafia con particolare riguardo ai profili sostanziali delle informative antimafia a contenuto interdittivo, nonché agli aspetti procedurali e di tutela giurisdizionale. Sul piano sostanziale sono oggetto di esame la natura ed i caratteri del giudizio dell’amministrazione titolare del potere di interdittiva, quale frutto di un delicato equilibrio ricercato dalla normativa antimafia tra efficacia dello strumento di prevenzione del fenomeno dell’economia criminale e la garanzia delle posizioni soggettive incise dal controllo. L’esercizio del potere inibitorio dell’attività privata connessa alle condizioni di infiltrazione mafiosa e di idoneità di essa al condizionamento della gestione dell’impresa consegue, non solo a meri elementi sintomatici, bensì ad una complessa valutazione delle specifiche circostanze indizianti che caratterizzano la vicenda. Proprio sotto questo profilo è oggetto di esame critico le disciplina positiva dettata per il procedimento che non sembra pienamente valorizzare il contributo del contraddittorio nella determinazione della sussistenza in concreto delle predette condizioni. Dall’analisi della giurisprudenza si evidenzia, altresì, che la predetta riduzione delle garanzie procedimentali non sempre trova un adeguato contrappeso nell’intensità del sindacato giurisdizionale. Abstract [En]: The article analyzes the discipline of the anti-mafia documentation with particular regard to the substantial profiles of the anti-mafia disclosures with interdiction content, as well as the procedural aspects and judicial protection. Basically, the nature and the characteristics of the judgement of the Administration holder of the power of interdiction are examined, as result of a delicate balance between the efficacy of the instrument of prevention of the phenomenon of the criminal economy and the guarantee of the subjective positions affected by the control. The exercise of the inhibiting power of the private activity connected to the conditions of mafia infiltration and of suitability of it to the conditioning of the management of the enterprise follows, not only from mere symptomatic elements, but from a complex evaluation of the specific circumstances which characterize the case. It is precisely from this point of view that the positive rules laid down for the procedure are subject to critical examination, as they do not seem to fully enhance the contribution of the adversarial process in determining the concrete existence of the above-mentioned conditions. The analysis of the case law also shows that the aforementioned reduction of the procedural guarantees does not always find an adequate counterbalance in the intensity of the judicial review. Parole chiave: Interdittiva; Antimafia; Controllo; Contraddittorio; Tutela; Effettività; Full Jurisdiction Keywords: Interdict; Antimafia; Control; Confidentiality; Protection; Effectiveness; Full Jurisdiction Sommario: 1. La documentazione antimafia. 2. La funzione di controllo nell’informazione antimafia. 3. La valutazione per l’emissione dell’informazione. 4. I controlli antimafia nel diritto dell’emergenza: le normative speciali per la ricostruzione post sismica e per fronteggiare gli effetti economici della pandemia. 5. Regole del * Articolo sottoposto a referaggio. Il presente lavoro, ancorchè frutto di una riflessione comune, è stato sviluppato secondo il seguente schema: I paragrafi nn. 1-2-3-4 sono stati scritti da W.GIULIETTI, mentre i rimanenti nn. da 5 a 11, da F. FIGORILLI. Costituisce rielaborazione ampliata ed aggiornamento dello studio “La controversa natura delle interdittive antimafia e peculiarità della tutela avanti al giudice amministrativo” destinato alla pubblicazione negli Scritti in onore di F.G. Scoca. 56 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
procedimento per l’emanazione delle misure interdittive: limiti all’applicazione del principio contraddittorio. 6. Gli interrogativi e le chiusure del giudice amministrativo interno. 7. (segue) … e le risposte deludenti della Corte di Giustizia. 8. Effetti sul controllo giurisdizionale. 8a) La natura del sindacato esercitato dal giudice amministrativo. 8b) Dalla carenza del contraddittorio nel procedimento all’assenza di contraddittorio nel processo. 9. Le recenti prese di posizione del giudice amministrativo tra persistenti difficoltà nell’ammettere una piena attuazione del principio audi alteram partem nei procedimenti antimafia. 10. (segue) … e timide aperture che auspicano una riforma del legislatore che vincoli il prefetto a coinvolgere gli interessati prima dell’emanazione del provvedimento interdittivo. 11. Considerazioni conclusive. 1. La documentazione antimafia La documentazione antimafia, prevista dal d. lgs. n. 159 del 2011 (Codice antimafia), comprende le comunicazioni antimafia (art. 84, c. 21) e le informazioni antimafia rilasciate dalle prefetture (art. 84, c. 32). Si tratta di strumenti che integrano il sistema di azione amministrativa previsto dal legislatore per prevenire e contrastare i fenomeni di infiltrazione del tessuto economico da parte della criminalità mafiosa. Le due tipologie di attestazioni, diverse nei presupposti e per l’ambito di applicazione, hanno il comune effetto di impedire la costituzione - o di imporre la rimozione3 – di rapporti giuridici specificamente indicati dal legislatore e di cui le amministrazioni sono parte4. Nel sistema di prevenzione voluto dal legislatore tutte le pubbliche amministrazioni5 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’art. 67 del d.lgs. n. 159 del 2011 devono acquisire, di regola mediante la consultazione della banca dati nazionale antimafia (BDNA)6, la specifica tipologia di documentazione antimafia richiesta: comunicazione o informazione. La comunicazione antimafia interdittiva attesta l’avvenuta applicazione, con provvedimento definitivo dell’autorità giudiziaria, di una delle misure di prevenzione personali previste dal libro I, titolo I, capo II, d. lgs. n. 159 del 20117. Da essa consegue un effetto inibitorio di tutte le iscrizioni e dei provvedimenti 1 La comunicazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67. 2 L’informazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, c. 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel c. 4. 3 Art. 88, c. 4 bis e ter - art. 92, cc. 3 e 4 d. lgs. n. 159 del 2011. 4 Il Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2020, n. 452 chiarisce che la documentazione antimafia è richiesta in base alla previsione di legge quando il privato entra in rapporto con l’Amministrazione, mentre per i rapporti tra privati la normativa antimafia nulla prevede, escludendosi quindi la possibilità del relativo utilizzo. Nella sentenza si delinea una nozione ampia di rapporto amministrativo, riconoscendolo “in ogni ipotesi in cui l’attività economica sia sottoposta ad attività provvedimentale, che essa sia di tipo concessorio o autorizzatorio o, addirittura soggetta a s.c.i.a.”. 5 La definizione di pubblica amministrazione è data dai cc. 1 e 2 dell’art. 83. 6 Vds. art. 88, c.1 e art. 92, c.1. 7 Si tratta di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 del d. lgs. n. 159 del 2011. 57 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
autorizzatori, concessori o abilitativi per lo svolgimento di attività imprenditoriali comunque denominate, nonché di tutte le attività soggette a segnalazione certificata di inizio attività e silenzio assenso8. Se la comunicazione antimafia ha un contenuto meramente vincolato e dichiarativo dell’avvenuta emissione delle predette misure di prevenzione personali assunte in sede giudiziaria, l’informazione antimafia si caratterizza, invece, per l’autonomia valutativa del Prefetto nel riconoscere la sussistenza in concreto delle condizioni di infiltrazione e condizionamento di un operatore economico da parte della criminalità mafiosa. In quest’ultimo caso, la valutazione dell’autorità prefettizia avviene, infatti, sulla base di una indicazione normativa non tassativa che, al di fuori dei casi in cui la norma indica gli stessi presupposti della comunicazione - ovvero la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 -, si basa sull’individuazione di elementi sintomatici di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte o gli indirizzi della società o delle imprese interessate (art. 84, c. 3, d.lgs. n. 159 del 2011)9. In merito all’ambito applicativo, mentre la comunicazione deve essere acquisita dall’amministrazione procedente per stipulare, approvare o autorizzare contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero per rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 6710, per l’informazione antimafia sono fissate delle soglie di valore in relazione agli specifici rapporti indicati dalla legge. Si richiede, infatti, l’acquisizione dell’informazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti in base a soglie di valore fissate dall’art. 9111 del d.lgs. n. 159 del 2011. 8 Art. 89, c. 2, lett. a) e b) d. lgs. n. 159 del 2011. 9 M. Noccelli, I più recenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa sul complesso sistema antimafia, in Foro amm., 2017, 2524. L’A. evidenzia che l’informativa presenta un duplice contenuto: ha un duplice contenuto, di tipo vincolato, da un lato, e analogo a quello della comunicazione antimafia, nella parte in cui attesta o meno l’esistenza di un provvedimento definitivo di prevenzione personale emesso dal Tribunale, e di tipo discrezionale, dall’altro, nella parte in cui, invece, il Prefetto ritenga la sussistenza, o meno, di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa, desumibili o dai provvedimenti e dagli elementi, tipizzati nell’art. 84, c. 4, del d. lgs. n. 159 del 2011, o dai provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. 10 Si tratta delle “a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali; c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti”. 11 Le soglie previste all’art. 91 sono: a) pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati; b) superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo 58 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
Occorre aggiungere in merito al descritto criterio di riparto tra le due tipologie di atti che la previsione dell’art. 89 bis del d.lgs. n. 159 del 2011 ha ridotto notevolmente la distinzione, nel senso di estendere alle informazioni antimafia l’ambito applicativo delle comunicazioni sulla base della previsione secondo cui “quando in esito alle verifiche di cui all’articolo 88, c. 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un’informazione interdittiva antimafia e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia”. La Corte costituzionale nella sentenza n. 4 del 18 gennaio 2018 – richiamata dalla successiva pronuncia n. 57 del 2020 -, ha riconosciuto, al riguardo, che nulla autorizza a pensare che “il tentativo di infiltrazione mafiosa, acclarato mediante l’informazione antimafia interdittiva, non debba precludere anche le attività di cui all’art. 67, oltre che i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, se così il legislatore ha stabilito”. Non è stato quindi ritenuto irragionevole dalla Corte costituzionale che “a fronte di un tentativo di infiltrazione mafiosa, il legislatore, rispetto agli elementi di allarme desunti dalla consultazione della banca dati, reagisca attraverso l’inibizione, sia delle attività contrattuali con la pubblica amministrazione, sia di quelle in senso lato autorizzatorie, prevedendo l’adozione di un’informazione antimafia interdittiva che produce gli effetti anche della comunicazione antimafia”12. In questa prospettiva la giurisprudenza ha oltretutto confermato che il rilascio della documentazione antimafia liberatoria per “i provvedimenti, ivi inclusi quelli di erogazione, gli atti ed i contratti” il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro ancorché non obbligatorio “non significa che sia vietato, ma semplicemente facoltativo, sicché il Prefetto, se richiesto, ben può legittimamente emettere un provvedimento interdittivo anche in relazione a detti atti”13. 2. La funzione di controllo nell’informazione antimafia Come si è avuto modo di evidenziare, mentre la comunicazione antimafia è una attestazione in senso proprio che si limita a dichiarare un effetto giuridico già prodotto ex lege a seguito dell’emissione di una misura giudiziaria di prevenzione, l’informazione antimafia è un provvedimento amministrativo che, a fronte di una valutazione rimessa all’amministrazione sulla base della considerazione di elementi anche svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; c) superiore a 150.000 euro per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche. 1-bis. L’informazione antimafia è sempre richiesta nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo superiore a 5.000 euro. 12 Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 4. Da ultimo, Corte cost., sent. 26 marzo 2020, n. 57. 13 Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979. 59 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
atipici, ma idonei a concretare la condizione di pericolo delineata dalla norma, produce un effetto riduttivo della sfera giuridica del privato incidente sulla sua capacità giuridica. Ancorché si tratti di un provvedimento ablativo, secondo la giurisprudenza consolidata l’informazione antimafia non è una misura a carattere sanzionatorio, bensì un “istituto di prevenzione” volto a contrastare, attraverso un effetto giuridico interdittivo, “le forme più subdole di aggressione all’ordine pubblico economico” ed a salvaguardare “la libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione”14. La predetta funzione è perseguita attraverso una verifica preventiva ed obbligatoria da parte delle prefetture onde accertare, su richiesta dell’amministrazione procedente, l’affidabilità del soggetto a cui è diretta l’adozione di specifici atti indicati dalla legge. Solamente a seguito dell’esito positivo dell’accertamento di infiltrazione o di pericolo di infiltrazione condizionante le scelte di impresa, la prefettura adotta la misura di interdizione che vincola l’operato dell’amministrazione richiedente – e di altre amministrazioni eventualmente interessate - in senso impeditivo, incidendo anche sui rapporti giuridici già in essere. La giurisprudenza a più riprese qualifica l’informazione come misura “cautelativa di carattere preventivo”15, ovvero misura preventiva d’urgenza16. Ora, mentre nulla quaestio sul carattere preventivo mediante interdizione, non sembra da accogliere, né la qualificazione in termini cautelari, né di provvedimento d’urgenza con evidenti conseguenze anche sul piano delle garanzie procedimentali (v. infra). Sul primo punto, a meno di non intendere “cautelare” in senso ampio come sinonimo di preventivo, basti quanto osservato in sede di rimessione alla Corte di Giustizia nell’ordinanza n. 28 del 202017 del Tar Puglia che esclude che “si tratta di misura provvisoria e strumentale, adottata in vista di un provvedimento che definisca, con caratteristiche di stabilità e inoppugnabilità, il rapporto giuridico controverso, bensì di atto conclusivo del procedimento amministrativo avente effetti definitivi, conclusivi e dissolutori del rapporto giuridico tra l’impresa e la P.A., con riverberi assai durevoli nel tempo, se non addirittura permanenti, indelebili e inemendabili”18. Peraltro, sul piano logico il carattere cautelare è contraddetto 14 Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2017, n. 1638. 15 Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2020, n. 452. 16 Si ritiene che il procedimento preordinato all’informazione antimafia sia intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1148; id, sez. III, 24 ottobre 2016, n. 4454. 17 Tar Puglia, Bari, sez. III, 13 gennaio 2020 n. 28. 18 Si prevede al riguardo che “Quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, c. 4, il prefetto dispone le necessarie verifiche e rilascia l’informazione antimafia interdittiva entro trenta giorni dalla data della consultazione. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all’amministrazione interessata, e fornisce le informazioni acquisite nei successivi quarantacinque giorni. Il 60 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
dalla considerazione che la durata del procedimento non è suscettibile di pregiudicare la finalità preventiva dell’istituto, laddove è proprio lo svolgimento del procedimento a determinare automaticamente la sospensione della vicenda amministrativa sottesa – ad es. la stipula del contratto -, che ai sensi del c. 3 dell’art. 92 può riattivarsi automaticamente, ma sub condicione, in caso di superamento del termine per provvedere. Non troverebbe in questa prospettiva fondamento nemmeno la natura d’urgenza dell’informazione antimafia in quanto non evincibile dalla specifica normativa del procedimento dettata dall’art. 92 c. 2, ove si prevede una durata ordinaria – di trenta giorni - del termine per il rilascio di una informazione interdittiva, addirittura estendibile di ulteriori quarantacinque giorni per valutazioni di maggiore complessità. Sul piano strutturale quella prevista dalla normativa antimafia costituisce, all’evidenza, una funzione di controllo nei confronti di soggetti privati che presenta la classica sequenza bifasica. Il procedimento si articola, infatti, nell’accertamento e nel conseguente giudizio di conformità reso rispetto ad un parametro di valutazione, nonché nella misura giuridica comminata al solo esito positivo dell’accertamento19. Per la ricostruzione della fattispecie in cui si concreta la funzione di controllo vanno dunque esaminati singolarmente gli elementi costitutivi, consistenti nell’oggetto, nel parametro di accertamento, nella natura del potere di intervento, per poi analizzare la dinamica procedimentale e l’aspetto funzionale. Il legislatore tipizza, come si è visto, le fattispecie per le quali la verifica deve essere necessariamente svolta, ponendolo quale condizione per poter procedere alla valida conclusione di rapporti contrattuali, ovvero per il rilascio di concessioni, sovvenzioni o atti di autorizzazione20. La funzione di controllo non è, tuttavia, diretta alle suddette attività o atti, che individuano l’ambito applicativo, bensì nei confronti dei soggetti privati che ne saranno – o già ne sono – parti o destinatari. Quello della verifica antimafia è un procedimento d’ufficio ad iniziativa dell’amministrazione competente titolare del procedimento preordinato all’adozione dell’atto per il quale è necessaria l’informazione, che investe, mediante una richiesta, la prefettura competente. La valutazione avviene alla stregua di parametri indicati al c.3 dell’art. 84 del d.lgs. n. 159 del 2011. In primo luogo, come già evidenziato, consegue automaticamente una valutazione positiva sufficiente per l’adozione dell’interdizione21 ove sussista una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto prefetto procede con le stesse modalità quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito”. 19 In tema, M.S. Giannini, Controllo: nozioni e problemi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1974, 1263 ss. 20 Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2017, n. 1638. 21 Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105. 61 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
elencate all’articolo 67 previste per le comunicazioni antimafia. In questo caso, l’attività dell’autorità prefettizia è obiettivamente vincolata. Medesima conseguenza scaturisce dal riconoscimento di tentativi di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Il c. 4 del medesimo art. 84 elenca alle lett. a), b), c) ed f)22 le condizioni da cui ricavare, ricorrendo a presunzioni, siffatto giudizio, rimanendo comunque le valutazioni del Prefetto autonome rispetto alle risultanze penali. Si chiarisce che l’autorità prefettizia “deve necessariamente tenere in conto l’emissione o, comunque, il sopravvenire di un provvedimento giurisdizionale, nel suo valore estrinseco, tipizzato dal legislatore, di fatto sintomatico dell’infiltrazione mafiosa a fronte di uno dei delitti-spia previsti dall’art. 84, comma 4, lett. a), codice delle leggi antimafia, ma deve nel contempo effettuarne un autonomo apprezzamento, nel suo contenuto intrinseco, delle risultanze penali, senza istituire un automatismo tra l’emissione del provvedimento cautelare in sede penale e l’emissione dell’informativa ad effetto interdittivo”23. A chiusura del sistema si pone la clausola generale, contenuta alla lett. d) ed e) c. 4 art. 84 cit., che dispone come elementi integranti “tentativi di infiltrazione” possano scaturire dagli accertamenti disposti dal prefetto. Nella stessa direzione l’art. 91 c. 6 stabilisce che il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché 22 Art. 84 c.4 Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 603- bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione; c) salvo che ricorra l’esimente di cui all’articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei soggetti indicati nella lettera b) dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, (ora art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 20016) anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste; d) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno ai sensi del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all’articolo 93 del presente decreto; e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della lettera d); f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia. 23 Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981 afferma che l’informativa antimafia è un provvedimento discrezionale, e non vincolato, che deve fondarsi su di un autonomo apprezzamento degli elementi delle indagini svolte, o dei provvedimenti emessi in sede penale, da parte dell’autorità prefettizia. 62 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
dall’accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. Complessivamente si evince che un giudizio sulla condizione di infiltrazione mafiosa di un’impresa o del pericolo di essa possa essere l’esito automatico di accertamenti semplici, quali il ricorrere delle condizioni dell’art. 67, ovvero il risultato di valutazioni complesse fondate su un sistema di presunzioni, o anche costituire applicazione di una clausola generale di chiusura fondata su elementi indiziari. La funzione preventiva dell’informazione antimafia si basa dunque, al di là delle indicazioni offerte dalla legge, su una valutazione per cui si ricorre alla regola inferenziale del «più probabile che non», formulata e sostenuta dalla giurisprudenza consolidata al fine di riscontrare la condizione di pericolo richiesta per l’adozione della misura interdittiva24. In questa prospettiva, secondo la giurisprudenza occorre “non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343)”25. Così, gli elementi di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio “devono essere valutati non atomisticamente, ma in chiave unitaria, secondo il canone inferenziale – che è alla base della teoria della prova indiziaria - quae singula non prosunt, collecta iuvant, al fine di valutare l’esistenza o meno di un pericolo di una permeabilità della struttura imprenditoriale a possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata”26. La formulazione del giudizio prognostico impone all’autorità amministrativa la definizione e l’indicazione espressa dei criteri da cui muove la valutazione della sussistenza della fattispecie di infiltrazione 27, in 24 Cons. Stato, sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2. 25 Cons. Stato, sez. III, 24 aprile 2020, n. 2651. Id., 2 gennaio 2020, n. 2. Ciò che connota la regola probatoria del “più probabile che non” non è un diverso procedimento logico, va del resto qui ricordato, ma la (minore) forza dimostrativa dell’inferenza logica, sicché, in definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, «ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale» (Cons. di Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483). 26 Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2021, n. 1049. 27 È noto che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che possono dar luogo all’adozione dell’informativa antimafia ai sensi dell’art. 84 comma 4 e dell’art. 91 comma 6 del D.Lgs. n. 159/2011 comprendono una pluralità di atti del più vario genere, frutto e cristallizzazione normativa di una lunga e vasta esperienza in questa materia, situazioni che spaziano dalla condanna, anche non definitiva, per taluni delitti da considerare sicuri indicatori della presenza mafiosa (art. 84, comma 4, lett. ‘a’) all’adozione di proposte o di provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione (lett. ‘b’), dalla mancata denuncia di delitti di concussione e di estorsione da parte dell’imprenditore (lett. ‘c’) all’emissione di condanne per reati strumentali alle organizzazioni criminali ( art. 91, comma 6, D.Lgs. n. 159 del 2011 cit.) e alla sussistenza di vicende organizzative, gestionali o anche solo operative che, per le loro modalità, evidenzino l’intento 63 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
quanto l’atipicità della nozione, come precisato dalla giurisprudenza, “non deve costituire una “norma in bianco”, né una delega all’arbitrio dell’autorità amministrativa imprevedibile per il cittadino, e insindacabile per il giudice”28 . La natura ed i caratteri del predetto giudizio dell’amministrazione titolare del potere di interdittiva, su cui si concentrerà di seguito l’approfondimento, sono il risultato di un delicato equilibrio ricercato dalla normativa antimafia tra efficacia dello strumento di prevenzione e la garanzia delle posizioni soggettive incise dal controllo. La misura interdittiva costituisce, conseguentemente, l’esercizio di un potere inibitorio sull’attività privata connessa al solo verificarsi dell’accertamento positivo della condizione di infiltrazione mafiosa e di idoneità di essa al condizionamento della gestione dell’impresa. L’effetto dell’informativa avente contenuto interdittivo, emessa dunque all’esito di una valutazione positiva di infiltrazione condizionante, è diretto nei confronti dell’amministrazione procedente, nonché delle altre amministrazioni eventualmente interessate, che non possono procedere all’adozione di atti o stipulare contratti e che nel caso di atti o contratti efficaci debbono procedere alla revoca o al recesso legale. In particolare, il giudizio positivo sulla sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 84, c. 4 ed all’art. 91, c. 6, impone alle amministrazioni29 di non stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni ai soggetti per i quali l’informazione è rilasciata30. Secondo la giurisprudenza, i provvedimenti delle amministrazioni interessate dall’attività dell’impresa, su cui si producono gli effetti interdittivi ed eventualmente risolutivi dell’informazione prefettizia, hanno elusivo della legislazione antimafia. Esistono poi, come insegna l’esperienza applicativa della legislazione in materia e la vasta giurisprudenza formatasi sul punto, numerose altre situazioni, non tipizzate dal legislatore, che sono altrettante ‘spie’ dell’infiltrazione, nella duplice forma del condizionamento o del favoreggiamento dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1743/2016). 28 Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105. 29 Art. 83, cc. 1 e 2. 30 In caso di informativa provvisoria, si prevede all’art. 92 cc. 2 e 3 che in caso di sopravvenienza dell’interdittiva le amministrazioni revochino le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite ed il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. Tuttavia, si può non procedere alle revoche, ovvero ai recessi, nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi. Il Cons. Stato, Ad. plen., 26 ottobre 2020, n. 23 ha chiarito che “la salvezza del pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, previsti dagli articoli 92, comma 3, e 94, comma 2, del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159, si applicano solo con riferimento ai contratti di appalto di lavori, di servizi e di forniture”. 64 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
carattere vincolato31 e costituiscono mera conseguenza di una dichiarata incapacità del privato ad essere parte del rapporto amministrativo32. Così, il potere interdittivo prefettizio sarebbe indirizzato solo in via indiretta alle amministrazioni di cui all’art. 83, laddove il destinatario diretto degli effetti è il soggetto privato sottoposto a controllo. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che gli effetti dell’interdittiva antimafia investono, in primo luogo, la capacità giuridica dell’impresa, determinando una particolare forma di incapacità e dunque “la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247)”33. Si precisa, oltretutto, che l’incapacità è parziale e tendenzialmente temporanea. È parziale “in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge (art. 67 d. lgs. n. 159/2011)”34; tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente (il Prefetto). L’intervento sui rapporti giuridici con le pubbliche amministrazioni non è, in questa prospettiva, conseguenza diretta dell’informazione, ma dell’effetto prodotto in capo al soggetto temporaneamente limitato nella propria capacità giuridica35. Proprio in forza di questo argomento posto dall’Adunanza plenaria dovrebbe ricavarsi che, sebbene la misura interdittiva sia considerata dalla giurisprudenza non avente carattere sanzionatorio 36, non v’è dubbio che essa assuma un contenuto afflittivo per il privato in merito all’esercizio della propria libertà economica, acquisendo sul piano sostanziale una valenza sanzionatoria. Ciò, almeno secondo l’interpretazione evolutiva dell’art. 6. par. 1 CEDU della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui la previsione è suscettibile di essere estesa, in relazione al profilo dell’incidenza 31 Cons. Stato sez. III, 30 dicembre 2017. L’informazione antimafia vincola le stazioni appaltanti a revocare l’aggiudicazione o a recedere dal contratto, salvo che esse non ritengano di esercitare il potere di cui all’art. 94, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011, al ricorrere degli eccezionali presupposti previsti da tale disposizione. Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2018, n. 1401. 32 Cons. Stato, Ad. plen., 26 ottobre 2020, n. 23. 33 Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3, in: Giur. It., 2019, 1, 157, con nota di S. Mazzamuto. 34 Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3. In relazione al riconosciuto carattere “parziale” dell’incapacità, l’art, 67 d.lgs. n. 159/2011 ne circoscrive il “perimetro”, definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l’esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi. 35 La giurisprudenza dà conto della diversa ricostruzione del meccanismo operativo, riferendosi a “effetti inibitori (o, secondo l’Adunanza plenaria, addirittura "incapacitanti"), che la legge ha espressamente voluto applicare ai soli casi in cui il privato in odore di mafia contragga con una parte pubblica” Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2020, n. 452. 36 Ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 4 aprile 2017, n. 1559. 65 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
sui diritti civili, anche ai procedimenti amministrativi che abbiano come risultato la compressione di situazioni soggettive di carattere civilistico37. 3. La valutazione per l’emissione dell’informazione In merito alla natura del potere amministrativo inerente all’emissione del provvedimento interdittivo antimafia la giurisprudenza pressoché unanime, come si è già avuto modo di osservare, ne afferma il carattere ampiamente discrezionale. In questi termini si sostiene che la misura interdittiva consegue ad un giudizio connotato da “ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale delle conclusioni alle quali l’autorità perviene solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti”38. L’ampia discrezionalità è sostenuta in considerazione che l’atipicità delle condizioni per l’emissione dell’interdittiva antimafia è consustanziale alla richiamata funzione di prevenzione e strumentale a rendere l’istituto “frontiera avanzata” (…) “nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato”, ciò richiedendo l’“uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini”39. In particolare, carattere ampiamente discrezionale hanno, secondo la prospettata ricostruzione, le ipotesi contenute all’art. 84 c. 4 laddove, al di là delle fattispecie tipizzate per cui l’amministrazione dell’Interno esercita comunque un’autonoma valutazione, la clausola generale di cui alla lett. d) ed e) descrive in termini finalistici il presupposto e le condizioni del pericolo di condizionamento mafioso dell’impresa per l’emissione del provvedimento interdittivo. 37 Ai sensi dell’art. 6. par. 1 CEDU “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle contestazioni sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta”. Si osserva che “il criterio dell’idoneità dei provvedimenti amministrativi a incidere in modo decisivo su posizioni soggettive degli individui ha consentito alla Corte europea dei diritti dell’uomo di far rientrare nel campo di applicazione dell’art. 6, sotto l’aspetto “civile”, numerose vertenze di regola qualificate come pubblicistiche negli ordinamenti degli Stati membri”. Così, M. Allena, La rilevanza dell’art. 6, par. 1, CEDU per il procedimento e il processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2012, 601; Id., Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Ed. Scientifica, Napoli, 2012. In questa direzione sembra orientato il Tar Calabria, Reggio Calabria, ord. 11 dicembre 2020, n. 732, nel sollevare la questione di legittimità della normativa, anche evidenziando che “il diritto alla difesa non si estende nel suo pieno contenuto oltre la sfera della giurisdizione sino a coprire ogni procedimento contenzioso di natura amministrativa, ma ciò non significa che non possa avere riflessi anche in altri ambiti, rispecchiando un valore inerente ai diritti inviolabili della persona (Corte Costituzionale sentenza n. 128/1995)”. 38 Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2019, n. 4570; Id., 29 marzo 2018, n. 1972; Id., sez. III, 15 febbraio 2018, n. 971; Id., sez. III, 22 marzo 2017, n. 1312; Id., 4 aprile 2017, n. 1559; Id., 7 aprile 2017, n. 1638; Id., 30 novembre 2017, n. 5623; Id., sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7260. 39 Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105. Negare in radice che il Prefetto possa valutare elementi “atipici”, dai quali trarre il pericolo di infiltrazione mafiosa, “vuol dire annullare qualsivoglia efficacia alla legislazione antimafia e neutralizzare, in nome di una astratta e aprioristica concezione di legalità formale, proprio la sua decisiva finalità preventiva di contrasto alla mafia, finalità che, per usare ancora le parole della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza De Tommaso c. Italia, consiste anzitutto nel «tenere il passo con il mutare delle circostanze»”. 66 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
La giurisprudenza ha osservato come escludere la discrezionalità “provi troppo”, laddove l’ancoraggio dell’informazione antimafia a soli elementi tipici “ne farebbe un provvedimento vincolato, fondato, sul versante opposto, su inammissibili automatismi o presunzioni ex lege e, come tale, non solo inadeguato rispetto alla specificità della singola vicenda, proprio in una materia dove massima deve essere l’efficacia adeguatrice di una norma elastica al caso concreto, ma deresponsabilizzante per la stessa autorità amministrativa”40. Tuttavia l’obiezione al riconoscimento di un potere discrezionale nella fattispecie non significa negare che il Prefetto possa valutare elementi “atipici” dai quali trarre il pericolo di infiltrazione mafiosa, quanto piuttosto ricondurre detta valutazione nell’alveo dell’attività interpretativa della norma, sulla scorta di una valutazione di fatto che ha sicuramente carattere complesso ed opinabile. La dottrina, infatti, ha espresso perplessità, non tanto sull’ampiezza valutativa del giudizio, quanto sul ricorso al concetto stesso di discrezionalità in relazione ai poteri prefettizi di interdittiva. Assumendo, infatti, la nozione di discrezionalità in senso tradizionale41 - quale “potere di scelta (tra soluzioni diverse) potere di decisione (sul conflitto di interessi) o potere determinante (scelta del contenuto del provvedimento secondo la scelta dell’ordine degli interessi)”42 – si esclude una connotazione discrezionale all’informazione antimafia. Nella prospettiva indicata la valutazione rimessa al Prefetto è considerata “certamente opinabile, soggettiva, ma non è discrezionale: attiene alla conoscenza dei fatti, alla determinazione del loro valore indiziario, alla prova (anche non piena) della possibilità che una impresa sia esposta a infiltrazioni da parte della criminalità organizzata”43. La discrezionalità in discorso assume secondo questa ricostruzione una dimensione tecnico-interpretativa conseguente, non all’espressione di una volontà che conduce alla scelta tra interessi, bensì ad una “attestazione”, ossia in un atto di conoscenza (o di giudizio), avente ad oggetto eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa nella governance delle imprese. Si afferma che la stessa regola del «più probabile che non», formulata e sostenuta dalla giurisprudenza consolidata per fornire ancoraggio fattuale al richiesto condizionamento, “richiama concetti di prova, di dimostrazione, più o meno piena, se vogliamo di (ricerca della) verità ed esclude valutazioni genuinamente discrezionali, ossia di opportunità”44. 40 Cons. Stato, sez. III, 19 giugno 2020, n. 3945. 41 M.S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1939. 42 F.G. Scoca, La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., 1995, 33 ss. 43 F.G. Scoca, Razionalità e costituzionalità della documentazione antimafia in materia di appalti pubblici, Relazione al Convegno su Gli appalti pubblici tra istanze di legalità ed esigenza di efficienza, Agrigento, 6-7 giugno 2013, in www.giustamm.it, 2013; Id., Le interdittive antimafia e la razionalità, la ragionevolezza e la costituzionalità della lotta “anticipata” alla criminalità organizzata, in www.giustamm.it, 2018. 44 F.G. Scoca, Le interdittive antimafia e la razionalità, la ragionevolezza e la costituzionalità della lotta “anticipata” alla criminalità organizzata, cit. 67 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
Nel senso di limitare l’ampiezza della valutazione discrezionale sembra invero orientarsi anche la più recente giurisprudenza, riconoscendo che la discrezionalità in discorso debba intendersi, non nel senso tradizionale ed ampio di ponderazione comparativa di un interesse pubblico primario rispetto ad altri interessi, ma in quello, più moderno e specifico, di equilibrato apprezzamento del rischio infiltrativo in chiave di prevenzione secondo corretti canoni di inferenza logica45. Nella medesima prospettiva si ammette che la potestà valutativa rimessa all’amministrazione per il riconoscimento dei presupposti dell’informazione interdittiva è stata efficacemente definita “sospesa tra discrezionalità amministrativa (evocata anche dal riferimento all’esistenza di vizi della funzione amministrativa) e valutazioni tecniche riservate”46. Il rigore teorico delle argomentazioni che tendono a riportare sul piano della valutazione del fatto complesso ciò che a prima vista sembra intendersi come esercizio della ponderazione e scelta di interessi, non rende tuttavia meno problematica l’individuazione delle regole a cui deve sottostare siffatta attività valutativa, osservandosi, al riguardo, come sia “difficile distinguere tra discrezionalità e valutazioni tecniche, specialmente nell’ambito dell’ordine pubblico”47. Dall’analisi della fattispecie normativa, infatti, non sembra in discussione che l’equilibrio tra gli interessi e valori sia definito a monte dal legislatore alla stregua della formulazione normativa della fattispecie attributiva di potere e che l’attività valutativa dell’amministrazione dovrebbe seguire regole che incorporano siffatto punto di equilibrio positivamente dato, a meno di non introdurre la necessaria valutazione di interessi ulteriori rispetto a quello alla prevenzione48. All’evidenza, la fattispecie normativa, ancorché nella sua formulazione atipica, opera un bilanciamento tra iniziativa economica privata ed ordine pubblico economico, libera concorrenza tra le imprese e buon andamento della pubblica amministrazione, indicando due situazioni di pericolo che cumulativamente possono determinare l’effetto riduttivo della sfera giuridica del privato. 45 Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105. Si osserva che “anche quando “tipizzati” dal legislatore, non vengano assunti acriticamente a sostegno del provvedimento interdittivo, ma siano dotati di individualità, concretezza ed attualità, per fondare secondo un corretto canone di inferenza logica la prognosi di permeabilità mafiosa, in base ad una struttura bifasica (diagnosi dei fatti rilevanti e prognosi di permeabilità criminale) non dissimile, in fondo, da quella che il giudice penale compie per valutare gli elementi posti a fondamento delle misure di sicurezza personali, lungi da qualsiasi inammissibile automatismo presuntivo, come la Suprema Corte di recente ha chiarito (v., sul punto, Cass., Sez. Un., 4 gennaio 2018, n. 111)”. Cons. St., sez. III, 19 giugno 2020, n. 3945. 46 G. Sigismondi, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pratica delle corti, in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, 705 ss. 47 M. Mazzamuto, Profili di documentazione amministrativa antimafia, in www.giustamm.it, 2016. 48 Tar Calabria, Reggio Calabria, ord. 11 dicembre 2020, n. 732, secondo cui è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata in relazione agli articoli 3, 4 e 24 della Costituzione ed ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza – dell’articolo 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), “nella parte in cui non prevede il potere, in capo alla competente autorità prefettizia, di valutare la possibile esclusione dalle decadenze e dai divieti disposti nei confronti dei soggetti destinatari di provvedimenti interdittivi antimafia qualora tali misure possano provocare un grave pregiudizio al sostentamento degli interessati e dei loro più stretti familiari”. 68 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
La prima condizione è relativa al tentativo di infiltrazione; la seconda alla sua idoneità al condizionamento dell’impresa. In particolare, si afferma che lo scopo preventivo legato all’esigenza di anticipare la soglia di “difesa sociale” giustifica la valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa “con un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza”49. L’apprezzamento in termini di probabilità del verificarsi del primo presupposto e della sua idoneità, sempre in termini prognostici a realizzare il condizionamento dell’attività d’impresa, rende l’operato dell’amministrazione non dissimile da quello che “il giudice penale compie per valutare gli elementi posti a fondamento delle misure di sicurezza personali, lungi da qualsiasi inammissibile automatismo presuntivo”50. All’amministrazione non resta dunque che rintracciare in concreto gli elementi di fatto rilevanti ed idonei a trarre un giudizio prognostico fondato su scienza ed esperienza e che sia suscettibile di resistere a falsificazione. In questi termini, la regola del id quod plerunque accidit è tratta dalla - ed incorpora la - fattispecie di pericolo assunta dal legislatore a disvalore e costituisce la regola in base alla quale condurre la valutazione nella prospettiva teleologica indicata dell’idoneità al condizionamento dell’impresa dell’infiltrazione mafiosa. Sul punto la giurisprudenza ha fornito una fenomenologia delle condizioni che l’autorità prefettizia deve valutare per rilevare il rischio che l’attività di impresa possa essere oggetto di infiltrazione mafiosa, in modo concreto ed attuale, mediante l’indicazione ed ulteriormente sviluppando i seguenti elementi: “a) i provvedimenti ‘sfavorevoli’ del giudice penale; b) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione; c) la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso del D.Lgs.n. 159 del 2011; d) i rapporti di parentela; e) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; f) le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa; g) le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa; h) la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi ‘benefici’; i) l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità”51. Se è nella probabilità che si verifichi un evento (rischio) che è configurata la fattispecie di pericolo, la dottrina evidenzia come “sia in sede amministrativa, sia in sede giurisdizionale, non si dia il peso che 49 Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2020, n. 452. 50 Cons. Stato, sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2. 51 Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743. 69 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 14/2021
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