Confcommercio Toscana: "Sciopero fiscale per 50mila imprese" - Format Research
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Confcommercio Toscana: “Sciopero fiscale per 50mila imprese” Articolo diGiovanni Bizzarri 20 Novembre 2020 La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini ha scritto al presidente della confederazione nazionale del terziario Carlo Sangalli per comunicare l’imminente “sciopero fiscale” per 50 mila imprese toscane che dunque non pagheranno più tasse ed imposte a loro carico. Come ha spiegato la presidente di Confcommercio “nulla a che fare con l’evasione o l’elusione fiscale, fenomeni che l’associazione di categoria condanna, ma una ribellione pacifica e silenziosa – attacca Lapini – contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come “bancomat”, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza: prima dell’era Covid, solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell’occupazione con 718mila lavoratori impiegati (dati Format Research per Confcommercio Toscana). Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di trenta anni (in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa,
secondo le stime Confcommercio) e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale”. Come affermato, infatti, questa strada verrà intrapresa per il semplice fatto che le aziende del territorio non hanno più risorse economiche e per tale motivo non possono permettersi di non pagare dipendenti e fornitori. “Le nostre aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione”, – afferma Anna Lapini – noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell’impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità. Ma mentre ci è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre”. Anche il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni ha voluto sottolineare l’assoluta liceità dell’iniziativa che coinvolgerà 50mila imprese toscane del terziario. “Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito di molti dei diritti presenti nella Costituzione della Repubblica Italiana – ribadisce Marinoni – non dimentichiamo che, sempre in base alla nostra Costituzione, sarebbe compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Uno scenario tremendo verso il quale sono dirette le imprese toscane e non solo. Proprio per questo infatti “abbiamo deciso di alzare la voce – conclude la presidente Anna Lapini – e fare di tutto per impedire il progetto di liquidazione di un intero settore economico, quello del commercio al dettaglio. Ci batteremo fino all’ultimo per la sopravvivenza delle nostre attività e di quel pezzo importante del sistema che noi rappresentiamo, senza il quale siamo convinti che il nostro paese sarebbe peggiore”. https://www.valdarno24.it/wp-content/uploads/2020/11/Anna-Lapini-2016_-scaled-e1605890293230.jpg
Confcommercio Toscana: 'Sciopero fiscale per 50mila imprese' 'Situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi' venerdì 20 novembre 2020 13:11 La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini ha scritto al presidente della confederazione nazionale del terziario Carlo Sangalli per comunicare che 50mila imprese toscane non pagheranno più tasse e imposte. Gli imprenditori del terziario vanno infatti verso lo sciopero fiscale. Una forma di protesta, quella dello sciopero fiscale, alla quale la categoria "si sente costretta per gli stessi motivi per i quali vi fecero ricorso in altre epoche il Mahatma Gandhi o i padri costituenti degli Stati Uniti d’America o il popolo francese durante la Rivoluzione. Per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto ad uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere”, spiega la presidente Anna Lapini. Nulla a che fare con l’evasione o l’elusione fiscale, precisa Confcommercio, ma una "ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come “bancomat”, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza: prima dell’era Covid, solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell’occupazione con 718mila lavoratori impiegati (dati Format Research per Confcommercio Toscana). In dieci anni, dal 2010 al 2019, erano cresciute nel complesso del +4%, contro le performance
negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di trenta anni (in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa, secondo le stime Confcommercio) e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale". “Le nostre aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione”, afferma Anna Lapini, “noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell’impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità. Ma mentre ci è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre”. “Mentre ci si prospettano “ristori” spesso irrisori, non si è ritenuto neanche di concederci la sospensione della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, non abbiamo risorse per far fronte a questi impegni. In base a criteri che ci appaiono incomprensibili, il sacrificio che ci viene chiesto ricade sulle spalle di alcuni e non di tutti. Col rischio di vanificare il sacrificio e, soprattutto, di spostare arbitrariamente i consumi da un settore all’altro. Perché è evidente che se un negozio di abbigliamento o di articoli per la casa non potrà stare aperto in questo periodo, gli acquisti di Natale saranno concentrati su altri settori ai quali invece è concesso di lavorare. È mai possibile che, solo per fare alcuni esempi, i centri commerciali e la grande distribuzione possano trattare la vendita di prodotti che a noi non è consentito vendere, i commercianti su aree pubbliche non siano autorizzati a vendere, per esempio, fiori o calzature per bambini, mentre invece lo sia concesso alle analoghe attività a posto fisso?”. Una disparità di trattamento che causa incredulità, rabbia e sconforto. “Per questo, al di là del prezioso lavoro svolto dalla Confcommercio nazionale per rappresentare le nostre istanze al governo, che pare però non esserne troppo interessato, abbiamo deciso di alzare la voce e fare di tutto per impedire il progetto di liquidazione di un intero settore economico, quello del commercio al dettaglio. Ci batteremo fino all’ultimo per la sopravvivenza delle nostre attività e di quel pezzo importante del sistema che noi rappresentiamo, senza il quale siamo convinti che il nostro paese sarebbe peggiore”, conclude la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini. “Mentre l’evasore fiscale è un ladro della collettività e come tale va condannato, chi protesta contro l’iniquità dello Stato adottando uno strumento legittimo come lo sciopero fiscale compie un atto ben diverso e
ben più condivisibile anche da un punto di vista sociale”. Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni ci tiene a sottolineare l’assoluta liceità dell’iniziativa che coinvolgerà 50mila imprese toscane del terziario. “Certamente non si potranno sottrarre al pagamento delle ritenute né a quello dell’imposta Iva (anche se tanti imprenditori, avendo merce acquistata ma ancora invenduta in negozi e magazzini, di fatto sono a credito), ma neppure, nel caso di quei pochi alberghi che hanno lavorato, dell’imposta di soggiorno, perché si tratta di un credito che l’azienda riscuote per conto del proprio Comune”, chiarisce Marinoni. “Possono però dichiarare lo sciopero fiscale per una lunga serie di altre tasse e imposte, da Irap e Ires a Imu, bollo auto e tassa sugli immobili”. “Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito dei diritti di cui agli articoli 18 (diritto di libera associazione) 21 (diritto di libera manifestazione di pensiero), 39 (diritto di libera organizzazione sindacale) 40 (diritto di sciopero) della Costituzione della Repubblica Italiana”, ribadisce Marinoni, “non dimentichiamo che, sempre in base alla nostra Costituzione, sarebbe compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. I legali ai quali si è rivolta Confcommercio Toscana hanno così elencato le tasse e imposte che possono essere oggetto di “sciopero fiscale”, avvertendo però che l’ente creditore del tributo non riscosso potrà comunque pretenderne il pagamento e comminare le relative sanzioni: • Imposta regionale sulle attività produttive (Irap), • Imposte sul reddito delle società (Ires) • Maggiorazione IRES Società di comodo • Imposta per l’adeguamento dei principi contabili (Ias) • Imposta sostitutiva per la rivalutazione dei beni d’impresa • Tassa annuale sui registri contabili • Imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfetario agevolato • Contributo Ambientale Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) • Imposte e dazi doganali • Tassa di iscrizione agli Albi professionali o all’abilitazione dell’esercizio professionali • Addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili Imposta sulle riserve matematiche di assicurazione • Tasse sulle persone fisiche
• Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) • Tasse sull’istruzione Canoni su telecomunicazioni e Rai Tv • Imposte su giochi e lotterie • Imposte sui consumi di prodotti particolari • Tasse su auto e trasporti • Bollo auto • Imposte sui premi RC auto • Tasse e accise sulla benzina • Imposta provinciale di trascrizione (IPT) • Addizionale erariale tassa automobilistica per auto di potenza sup 185 kw • Tasse sulla casa e immobili • Imposta municipale propria (Imu) • Tributo per i servizi indivisibili (TASI) • Tassa smaltimento rifiuti (TARI) • Tasse sul consumo energetico. https://www.055firenze.it/art/202551/Confcommercio-Toscana-Sciopero-fiscale-per-50mila-imprese#.X7tOHi2h1Bw
Sciopero fiscale per 50mila imprese toscane La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini ha scritto al presidente della confederazione nazionale del terziario Carlo Sangalli per comunicare che 50mila imprese toscane non pagheranno più tasse e imposte 21 novembre 2020 - Una forma di protesta alla quale la categoria si sente costretta “per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto ad uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere”. Gli imprenditori del terziario verso lo sciopero fiscale. La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini ha scritto al presidente della confederazione nazionale del terziario Carlo Sangalli per comunicare che 50mila imprese toscane non pagheranno più tasse e imposte. Una forma di protesta, quella dello sciopero fiscale, alla quale la categoria si sente costretta “per gli stessi motivi per i quali vi fecero ricorso in altre epoche il Mahatma Gandhi o i padri costituenti degli Stati Uniti d’America o il popolo francese durante la Rivoluzione. Per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto ad uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere”, spiega la presidente Anna Lapini.
Nulla a che fare con l’evasione o l’elusione fiscale, dunque – fenomeni che l’associazione di categoria condanna – ma una ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come “bancomat”, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza: prima dell’era Covid, solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell’occupazione con 718mila lavoratori impiegati (dati Format Research per Confcommercio Toscana). In dieci anni, dal 2010 al 2019, erano cresciute nel complesso del +4%, contro le performance negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di trenta anni (in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa, secondo le stime Confcommercio) e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale. “Le nostre aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione”, afferma Anna Lapini, “noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell’impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità. Ma mentre ci è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre”. La situazione ha evidenti risvolti paradossali: “mentre ci si prospettano “ristori” spesso irrisori, non si è ritenuto neanche di concederci la sospensione della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, non abbiamo risorse per far fronte a questi impegni”. Ma non è finita qui: “in base a criteri che ci appaiono incomprensibili, il sacrificio che ci viene chiesto ricade sulle spalle di alcuni e non di tutti. Col rischio di vanificare il sacrificio e, soprattutto, di spostare arbitrariamente i consumi da un settore all’altro. Perché è evidente che se un negozio di abbigliamento o di articoli per la casa non potrà stare aperto in questo periodo, gli acquisti di Natale saranno concentrati su altri settori ai quali invece è concesso di lavorare. È mai possibile che, solo per fare alcuni esempi, i centri commerciali e la grande distribuzione possano trattare la vendita di prodotti che a noi non è consentito vendere, i commercianti su aree pubbliche non siano autorizzati a vendere, per esempio, fiori o calzature per bambini, mentre invece lo sia concesso alle analoghe attività a posto fisso?”. Una disparità di trattamento che causa incredulità, rabbia e sconforto. “Per questo, al di là del prezioso lavoro svolto dalla Confcommercio nazionale per rappresentare le nostre istanze al governo, che pare però non esserne troppo interessato, abbiamo deciso di alzare la voce e fare di tutto per impedire il progetto di liquidazione di un intero settore economico, quello del commercio al dettaglio. Ci batteremo fino all’ultimo per la sopravvivenza delle nostre attività e di quel pezzo importante del sistema che noi rappresentiamo, senza il quale siamo convinti che il nostro paese sarebbe peggiore”, conclude la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini. https://www.valdelsa.net/notizia/sciopero-fiscale-per-50mila-imprese-toscane
Sciopero fiscale del terziario, in Toscana niente tasse pagate Pubblicato il 20 Novembre 2020 | 16:30 La Confcommercio regionale ha indetto una protesta delle imprese di commercio, turismo e servizi. Contro lo Stato che impedisce il lavoro e non ha sospeso le scadenze delle imposte. G li imprenditori del terziario verso lo sciopero fiscale. La presidente di ConfcommercioToscana Anna Lapini ha scritto al presidente della confederazione nazionale del terziario Carlo Sangalli per comunicare che 50mila imprese toscane non pagheranno più tasse e imposte. Una forma di protesta, quella dello sciopero fiscale, alla quale la categoria si sente costretta «per gli stessi motivi per i quali vi fecero ricorso in altre epoche il Mahatma Gandhi o i padri costituenti degli Stati Uniti d’America o il popolo francese durante la Rivoluzione. Per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto a uno Stato che non comprende, anzi calpesta le nostre ragioni di esistere», spiega la presidente Anna Lapini. Il terziario in Toscana era cresciuto del 4% negli ultimi 10 anni Nulla a che fare con l’evasione o l’elusione fiscale, dunque – fenomeni che l’associazione di categoria condanna – ma una ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come “bancomat”, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza: prima dell’era Covid, solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell’occupazione con
718mila lavoratori impiegati (dati Format Research per Confcommercio Toscana). In 10 anni, dal 2010 al 2019, erano cresciute nel complesso del +4%, contro le performance negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di 30 anni (in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa, secondo le stime Confcommercio) e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale. Aziende attonite, atterrite e disorientate «Le nostre aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione - afferma Anna Lapini - noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell’impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità. Ma mentre ci è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre». Situazione paradossale con ristori irrisori La situazione ha evidenti risvolti paradossali: «Mentre ci si prospettano “ristori” spesso irrisori - dice Lapini - non si è ritenuto neanche di concederci la sospensione della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, non abbiamo risorse per far fronte a questi impegni». Ma non è finita qui: «In base a criteri che ci appaiono incomprensibili, il sacrificio che ci viene chiesto ricade sulle spalle di alcuni e non di tutti. Col rischio di vanificare il sacrificio e, soprattutto, di spostare arbitrariamente i consumi da un settore all’altro. Perché è evidente che se un negozio di abbigliamento o di articoli per la casa non potrà stare aperto in questo periodo, gli acquisti di Natalesaranno concentrati su altri settori ai quali invece è concesso di lavorare. È mai possibile che, solo per fare alcuni esempi, i centri commerciali e la grande distribuzione possano trattare la vendita di prodotti che a noi non è consentito vendere, i commercianti su aree pubbliche non siano autorizzati a vendere, per esempio, fiori o calzature per bambini, mentre invece lo sia concesso alle analoghe attività a posto fisso?». Uno sciopero contro la disparità di trattamento Una disparità di trattamento che causa incredulità, rabbia e sconforto. «Per questo, al di là del prezioso lavoro svolto dalla Confcommercio nazionale per rappresentare le nostre istanze al governo, che pare però non esserne troppo interessato, abbiamo deciso di alzare la voce e fare di tutto per impedire il progetto di liquidazione di un intero settore economico, quello del commercio al dettaglio. Ci batteremo fino all’ultimo per la sopravvivenza delle nostre attività e di quel pezzo importante del sistema che noi rappresentiamo, senza il quale siamo convinti che il nostro Paese sarebbe peggiore», conclude la presidente di Confcommercio Toscana.
Lo sciopero fiscale è una strada legittima «Mentre l’evasore fiscale è un ladro della collettività e come tale va condannato, chi protesta contro l’iniquità dello Stato adottando uno strumento legittimo come lo sciopero fiscale compie un atto ben diverso e ben più condivisibile anche da un punto di vista sociale». Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni ci tiene a sottolineare l’assoluta liceità dell’iniziativa che coinvolgerà 50mila imprese toscane del terziario. «Certamente non si potranno sottrarre al pagamento delle ritenute né a quello dell’imposta Iva (anche se tanti imprenditori, avendo merce acquistata ma ancora invenduta in negozi e magazzini, di fatto sono a credito), ma neppure, nel caso di quei pochi alberghi che hanno lavorato, dell’imposta di soggiorno, perché si tratta di un credito che l’azienda riscuote per conto del proprio Comune», chiarisce Marinoni. «Possono però dichiarare lo sciopero fiscale per una lunga serie di altre tasse e imposte, da Irap e Ires a Imu, bollo auto e tassa sugli immobili». «Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito dei diritti di cui agli articoli 18(diritto di libera associazione) 21 (diritto di libera manifestazione di pensiero), 39 ( diritto di libera organizzazione sindacale) 40 (diritto di sciopero) della Costituzione della Repubblica Italiana», ribadisce Marinoni. «Non dimentichiamo che, sempre in base alla nostra Costituzione, sarebbe compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». https://www.italiaatavola.net/tendenze-mercato/economia-istituzioni/2020/11/20/sciopero-fiscale-del-terziario-in-toscana-niente-tasse-pagate/71638/
Confcommercio: "50mila aziende toscane pronte allo sciopero fiscale" Si tratta di imprese del terziario. Lapini: "Preferiamo pagare dipendenti e fornitori rispetto a uno Stato che calpesta le nostre ragioni di esistere" di LUIGI CAROPPO - Firenze, 20 novembre 2020 - È l'ora di dire basta. A Dpcm, a ricoveri attesi, a semafori territoriali. Cinquantamila aziende toscane del terziario sono pronte a una clamorosa protesta: lo sciopero fiscale. L'iniziativa covava da giorni. Franco Marinoni, il direttore toscano di Confcommercio, ha ricevuto in queste ultime ore decine e decine di messaggi e telefonate. "Non ce la facciamo più. Non abbiamo soldi in cassa e i nostri conti correnti sono sfiniti". E così la giunta regionale riunita stamani di gran carriera ha detto sì, interveniamo. "Noi con voi, non vi molliamo, siamo sulla stessa barca". Un segnale fortissimo, una sfida forte alle istituzioni, da Roma agli enti locali. Stop a tasse e imposte da commercio e settore alberghiero. La presidente Anna Lapini ha scritto a nome di Confcommercio Toscana al presidente nazionale Carlo Sangalli per comunicare la mobilitazione generale. "Le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto a uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere" spiega la presidente. "Nulla a che fare con l'evasione o l'elusione fiscale ma una ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come "bancomat", senza tutela né rispetto" dice Confcommercio Toscana. I dati parlano chiaro: prima dello tsunami Covid, solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell'occupazione con 718mila lavoratori impiegati. In dieci anni, dal 2010 al 2019, erano cresciute nel complesso del +4%, contro le performance negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il terremoto che ha portato i consumi indietro di trenta anni e "che ora rischia di compromettere l'esistenza di un intero sistema imprenditoriale". La presidente Lapini denuncia la profonda crisi: "Le nostre aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione" e più in là: "noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell'impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità. Ma mentre ci è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre". https://www.lanazione.it/confcommercio-sciopero-fiscale-1.5734376
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