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Associazione Italiana di Psicologia Giuridica Corso di Formazione in Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica in ambito Civile e Penale, adulti e minorile “Il ruolo dello psicologo nelle S.I.T. alla luce della Legge n. 172 del 1ottobre 2012” Candidata Antonella Postorino CORSO 2020
INDICE Introduzione……………………………………………………......... 3 I. Riferimenti normativi e linee di indirizzo sulla raccolta delle dichiarazioni/testimonianze di vittime vulnerabili 4 II. La legge 172/2012 e il principio generale di protezione dei diritti del minore testimone o vittima di reato: il ruolo dello 8 psicologo III. Legge 172/2012 e la scarsa definizione del ruolo degli psicologi e della modalità operativa e procedurale nella raccolta delle dichiarazioni 12 IV. Sussistenza dell'obbligo di avvalersi dell'esperto per ascoltare il minore nella S.I.T. 15 V. Conclusioni 19 Bibliografia……………………………………………………………… 21 2
Introduzione La legge 1ottobre 2012, n. 172, che ratifica la della Convenzione di Lanzarote, è ispirata ad un principio generale di protezione dei diritti del minore, sia nel ruolo di vittima che di testimone, e introduce gli artt. 351, comma 1-ter, e 362, comma 1-bis, codice di procedura penale. Tali disposizioni prevedono, fin dalla fase delle indagini preliminari, l’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero, durante l’assunzione di sommarie informazioni testimoniali (S.I.T.) del minore nei procedimenti per reati di natura sessuale e riguardanti la tratta e lo sfruttamento. La legge 172/2012 rappresenta quindi un traguardo diretto a rinforzare le azioni di prevenzione e contrasto dei reati di abuso e sfruttamento infantile e adolescenziale, e allo stesso tempo aumenta le garanzie a tutela delle vittime e dei testimoni minorenni. Un “buon ascolto” deve infatti poter garantire la protezione psicologica necessaria al bambino/adolescente (valenza “clinica”) e, parallelamente, rispondere all’esigenza investigativa di acquisire delle fonti di prova utili alla ricostruzione del fatto e all’eventuale individuazione del colpevole (valenza “criminologica”). Ma di fronte a questo nuovo quadro normativo rimangono poco definiti il ruolo dello psicologo nominato dal pubblico ministero, la modalità operativa, procedurale nella raccolta delle dichiarazioni e l’obbligatorietà della presenza dell’esperto in sede di audizione di minori coinvolti in procedimenti per reati a sfondo sessuale. Tale lavoro, pertanto, si propone di tracciare un percorso che, dai riferimenti normativi internazionali alla Legge 172/2012, dalla giurisprudenza alle linee guida e alla pratica professionale, conduca a prendere consapevolezza del ruolo che assume lo psicologo, nominato dall’autorità giudiziaria per l’ascolto della persona minorenne in fase d’indagine preliminare. 3
I. Riferimenti normativi e linee di indirizzo sulla raccolta delle dichiarazioni/testimonianza di vittime vulnerabili o in condizioni di particolare vulnerabilità Il ruolo dello psicologo nella raccolta delle dichiarazioni delle “vittime vulnerabili” nell’ambito dei procedimenti penali, soprattutto in riferimento ad alcune tipologie di reato, negli ultimi anni è stato sancito su indicazioni di linee di indirizzo internazionali e nuove leggi nazionali a tutela di un miglioramento del sistema di protezione della vittima e a garanzia di una corretta modalità di assunzione della testimonianza stessa in sede di S.I.T. A livello internazionale, la protezione della vittima di un reato si fonda oggi su linee di indirizzo e normative che definiscono il sistema di interventi erogati a livello europeo e nazionale. Si evidenziano in tal senso le disposizioni volte a garantire1: a) le norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime dei reati (Direttiva 2012/29/UE, che sostituisce la Decisione quadro 2001/220/GAI); b) il reciproco riconoscimento di misure di protezione adottate a tutela delle vittime (Direttiva 2011/99/UE; Reg. 2013/606); c) la cooperazione tra gli Stati Membri, volto a facilitare, nei casi transfrontalieri, l’accesso delle vittime di reato a un indennizzo (Direttiva 2004/80/CE). A questo hanno contribuito anche: - la convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad Istanbul l’11 maggio 2011 (e ratificata dall’Italia con Legge 27 giugno 2013, n.77); - la convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali firmata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 (e ratificata dall’Italia con legge 1° ottobre 2012, n. 172); - la convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, adottata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 (e ratificata in Italia con la legge del 14 marzo 1985, n. 132). Rispetto allo specifico sistema di protezione da attuare nella raccolta della prova dichiarativa, 1 “Le buone prassi” Raccolta delle dichiarazioni/testimonianza di vittime vulnerabili o in condizioni di particolare vulnerabilità, a cura di Vera Cuzzocrea e Melania Scali – Ordine Psicologi Lazio, 2019 4
ovvero nella fase di ascolto giudiziario della vittima a partire dall’acquisizione della notizia di reato (direttamente dall’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria), erano già presenti importanti sollecitazioni europee grazie alla convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei bambini contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale, la “Convenzione di Lanzarote”. Nello specifico, l’art. 35 della Convenzione di Lanzarote (“colloqui con il minore”), nel comma 1 definisce che: 1. Ciascuna parte adotterà i necessari provvedimenti legislativi o di altro genere affinché: a. I colloqui con il bambino abbiano luogo senza alcun ritardo ingiustificato dopo che i fatti siano stati segnalati alle autorità competenti; b. I colloqui con il bambino abbiano luogo, ove opportuno, presso locali concepiti o adattati a tale scopo; c. I colloqui con il bambino vengano condotti da professionisti addestrati a questo scopo; d. Nel limite del possibile e, ove opportuno, il bambino sia sempre sentito dalle stesse persone; e. Il numero dei colloqui sia limitato al minimo strettamente necessario al corso del procedimento penale; f. Il bambino possa essere accompagnato dal suo rappresentante legale, o, in caso, da maggiorenne di sua scelta, salvo decisione contraria, motivata e assunta nei riguardi di tale persona. Il legislatore italiano, in riferimento all’art. 35 comma 1c, individua gli esperti in psicologia o psichiatria infantile quali professionisti con le competenze necessarie a condurre il colloquio con i minori. Sarà infatti la legge 1 ottobre 2012, n. 172, riguardante la “Ratifica ed esecuzione della convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, firmata a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno” (pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 8 ottobre 2012 n. 235), a stabilire quanto siano determinanti la presenza e il ruolo di esperti in psicologia o psichiatria infantile nei colloqui S.I.T. Il provvedimento detta alcune norme di adeguamento dell'ordinamento interno volte a modificare il codice penale -introducendo i nuovi reati di adescamento di minorenni, anche attraverso Internet, di istigazione e apologia di pratiche di pedofilia e di pedopornografia - e il codice di procedura penale, introducendo la figura dell’esperto in psicologia/psichiatria infantile in ausilio della polizia giudiziaria nella raccolta delle dichiarazioni delle persone minorenni vittime di abuso e 5
sfruttamento sessuale. In particolare, le lettere c), d) ed f) dell’articolo 5 della legge 172/2012 modificano gli articoli 351, 362 e 391-bis del codice di procedura penale, in tema di informazioni assunte nel corso delle indagini preliminari rispettivamente dalla polizia giudiziaria, dal pm e dal difensore. Le novelle inseriscono nelle tre disposizioni del codice di rito un ulteriore comma volto a prevedere che nei procedimenti per delitti di sfruttamento sessuale dei minori (artt. 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1 e 600-quinquies), di tratta di persone (artt. 600, 601 e 602), di violenza sessuale (artt. 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies) e di adescamento di minori (art. 609- undecies), la polizia giudiziaria o il pubblico ministero o il difensore, se devono assumere informazioni da minorenni, si avvalgano dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile. La direttiva 29/2012 mira ad ampliare le strategie di protezione ponendo al centro la vulnerabilità delle vittime, le condizioni in cui possano trovarsi e quindi estendendo la prospettiva di analisi e considerazione dei diversi scenari di problematicità presenti, nella vittima e nel sistema di appartenenza, prima dell’ingresso nell’iter giudiziario e durante la sua permanenza. Con il decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212 si dà attuazione alla già citata direttiva 2012/29/UE in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Le integrazioni normative modificano le disposizioni dell’articolo 351 c.p.p. (e dell’art. 362 c.p.p.) estendendo le modalità protette nell’assunzione delle sommarie informazioni con l’ausilio di un professionista dalla persona minorenne a quella maggiorenne “in condizione di particolare vulnerabilità”; infatti, nel testo vigente si legge: «Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero. Allo stesso modo procede quando deve assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l'assoluta necessità per le indagini». Un altro aspetto innovativo, introdotto dal legislatore con il D.lgs n. 212/2015, è la definizione di “particolare vulnerabilità della persona offesa” «[…] desunta, oltre che dall'età e dallo stato di 6
infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede» e precisando anche che, a tale fine: «[…] si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall'autore del reato» (articolo 90-quater c.p.p.). La maggiore attenzione del legislatore, rispetto alle vittime dei reati di violenza di genere, nasce dalla ratifica della Convenzione di Istanbul con la legge n. 77/2013. Bisogna attendere la legge 69/2019, denominata “codice rosso”, per un percorso prioritario per la trattazione dei procedimenti in materia di violenza di genere, che rende più efficace la tutela delle vittime. La principale e più nota innovazione in ambito procedurale, infatti, è rappresentata dalla previsione che siano attivate le iniziative a tutela della vittima entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Ciò significa che la polizia giudiziaria deve riferire immediatamente, anche in forma orale, la notizia di reato al pubblico ministero, che avrà un termine di 3 giorni dall’iscrizione della stessa per assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza (S.I.T.). Nasce così l’esigenza delle procure della Repubblica della disponibilità di un elenco di psicologi appositamente formati nell’ascolto dei minori e delle vittime vulnerabili, anche se maggiorenni, da utilizzare per la nomina prevista ex art. 351 c.1 ter c.p.p. ovvero ex art. 362 co. 1bis c.p.p., prontamente reperibili nei casi di urgenza. Ma di fronte a questo nuovo quadro normativo che prevede la presenza dello psicologo in ausilio alla polizia giudiziaria e alla magistratura fin dalle primissime fasi dell’acquisizione della notizia di reato, rimangono poco chiari il ruolo degli psicologi e la modalità operativa e procedurale nella raccolta delle dichiarazioni che verranno approfonditi nei prossimi capitoli. 7
II. La legge 172/2012 e il principio generale di protezione dei diritti del minore testimone o vittima di reato: il ruolo dello psicologo In attuazione della Convenzione di Lanzarote, nell'ottobre del 2012 il legislatore italiano ha provveduto ad adeguare l'ordinamento interno al fine di assicurare ai minorenni, coinvolti come fonti di prova nei procedimenti per reati a sfondo sessuale, protezione psicologica e tutela da manipolazioni volte a compromettere l'attendibilità, prevedendo la presenza dello psicologo in ausilio alla polizia giudiziaria e alla magistratura fin dalle primissime fasi dell’acquisizione della notizia di reato. La legge 1° ottobre 2012, n. 172 rappresenta quindi un traguardo diretto a rinforzare le azioni di prevenzione e contrasto dei reati di abuso e sfruttamento infantile e adolescenziale, ma anche a garantire la tutela delle vittime e dei testimoni minorenni. Lo scopo dell’intervento legislativo, infatti, è quello di conformare la disciplina interna del diritto penale, del processo penale e dell’ordinamento penitenziario alle indicazioni della Convenzione di Lanzarote. Dal punto di vista del sistema processuale penale, la ratio delle nuove norme è improntata ad un principio generale di protezione dell’offeso: si vuole assicurare un’adeguata tutela dei diritti del minore, sia come vittima che come testimone, garantendo a costui anche un’assistenza psicologica durante i colloqui. La presenza di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero, durante l’assunzione di sommarie informazioni del minore, è dunque finalizzata alla prevenzione dei rischi connessi alla “vittimizzazione secondaria”, ovvero all’ulteriore trauma che potrebbe scaturire dalle dinamiche processuali. In altri termini, la vittima non solo subisce un danno diretto dal reato (vittimizzazione primaria), ma anche le conseguenze che possono derivare da2: - essere ascoltati diverse volte e da persone diverse Ciò implica rivivere ripetutamente le esperienze, spesso traumatiche, subite dalla vittima o dal testimone con amplificazione degli stati d’animo connessi. Inoltre, moltiplica l’esperienza con il contesto penale di cui il soggetto spesso non comprende le regole, i ruoli, le finalità, con conseguente sentimento di estraneazione. - la modalità di conduzione dell’escussione della vittima e del testimone Spesso viene messo in dubbio ciò che ha visto o vissuto, e, a seconda del tipo di reato per il quale si sta procedendo (per esempio i reati sessuali), vengono anche indagati aspetti della 2 “Le buone prassi” Raccolta delle dichiarazioni/testimonianza di vittime vulnerabili o in condizioni di particolare vulnerabilità, a cura di Vera Cuzzocrea e Melania Scali – Ordine Psicologi Lazio, 2019 8
vita privata della vittima stessa, come, per es. quelli relativi alla sua reputazione, allo stile di vita, fino anche alla moralità, ecc. - incontrare il presunto autore di reati i contesti giudiziari ancora oggi, malgrado le diverse accortezze tecniche previste anche normativamente, non sono organizzati per assicurare una adeguata tutela della vittima (per esempio non vi sono entrate o percorsi differenziati nelle sedi giudiziarie), se non in casi isolati. Questo provoca conseguenze tali sulle vittime e sui testimoni che possono arrivare a ritrattazioni di quanto affermato in precedenza, o addirittura che possono portare alla negazione di quanto accaduto. - la durata del procedimento penale i tempi che intercorrono tra la denuncia, le indagini e il processo vero e proprio, senza poi contare i diversi successivi gradi di giudizio per cui un processo può durare anni, con le ovvie conseguenze negative per la vittima o per il testimone. - la pubblicità delle udienze In qualche caso il nominativo della vittima o del testimone è facilmente ricostruibile se non addirittura reso pubblico dai media; ma non solo, spesso, la vittima o il testimone deve riferire di particolari della propria vita davanti ad estranei con il rischio concreto che possono, in alcuni casi, divenire di dominio pubblico. Lo psicologo costituisce una figura di mediazione tra le parti impegnate nel processo processuali e il soggetto debole da tutelare in quanto vittima o testimone del reato, volta ad incidere sulla corretta formazione del contributo dichiarativo del minore e ad evitare una narrazione inattendibile, scaturente dalla non completa comprensione delle domande formulate da parte dell’esaminatore.3 I molteplici ascolti a cui le vittime sono sottoposte costituisce uno dei nodi problematici più dibattuti, in ordine ai rischi di mancata tutela dei minori, legati al fatto di rivivere ripetutamente tali esperienze traumatiche e di farlo all’interno di un contesto di indagine non “a misura di bambino” (e quindi potenzialmente non protettivo). Oltre allo stress che chiunque, anche una persona adulta, vivrebbe in un contesto di ascolto giudiziario, molti studi hanno dimostrato come per le vittime 3 Persona offesa e modalità di audizione protetta: verso lo statuto del testimone vulnerabile di Ada Famiglietti In Processo penale e giustizia n. 2 | 2016 9
minorenni tale stato di disagio possa aumentare in concomitanza di altri aspetti, come ad esempio la difficoltà nel comprendere il linguaggio utilizzato o la modalità in cui viene condotto l’ascolto4. Un “buon ascolto” deve infatti poter garantire la protezione psicologica necessaria al bambino/adolescente (valenza “clinica”) e, parallelamente, rispondere all’esigenza investigativa di acquisire delle fonti di prova utili alla ricostruzione del fatto e all’eventuale individuazione del colpevole (valenza “criminologica”). La duplice finalità dell’ascolto, informazioni da raccogliere minimizzando le possibili fonti di stress al bambino e le possibili contaminazioni nel recupero del ricordo, impone pertanto a chi conduce il colloquio di possedere non solo delle conoscenze approfondite in ordine alla psicologia giudiziaria, alla psicologia della testimonianza e alla psicologia dell’età evolutiva ma anche di avere una preparazione consolidata nell’utilizzo di specifici protocolli di intervista investigativa5. Tra questi: la Step wise interview6; l’Intervista cognitiva7, l’Intervista strutturata8; il NICHD investigative interview protocol9. Questi protocolli si articolano in diverse fasi orientate alla creazione di un clima di familiarizzazione funzionale a far sentire il bambino o l’adolescente a proprio agio e anche a favorire una narrazione libera dei fatti presumibilmente accaduti, utilizzando un linguaggio consono all’età e alle sue competenze (psicologiche, sociali e relazionali). È infatti necessario «neutralizzare il rischio che la prova testimoniale risulti oltreché traumatica anche insoddisfacente per gli esiti del processo e, perciò, occorre rendere più confortevole il contesto» in cui avviene la narrazione del fatto/reato. D’altra parte, la ratio che guida le regole da seguire durante 4 Scali-Calabrese, La conduzione dell’audizione protetta: analisi dell’interazione comunicativa tra esperto e minore presunta vittima di abuso sessuale, Maltrattamento e abuso all’infanzia, 5, 3, 2003; Scali- Calabrese-Biscione, La tutela del bambino o adolescente: le tecniche di ascolto, Roma, 2003; AACAP, Practice parameters for the forensic valuation, cit. in V. Cuzzocrea, L’ascolto protetto delle persone minorenni prima e dopo la ratifica della Convenzione di Lanzarote, in Proc. pen. giust., 2013, n. 2, p. 111. 5 V. Cuzzocrea, L’ascolto protetto delle persone minorenni prima e dopo la ratifica della Convenzione di Lanzarote, in Proc. pen. giust., 2013, n. 2, p. 111 6 Yuille-Hunter-Joffe-Zaparniuk, Interviewing children in sexual abuse cases, Goodman-Bottoms, Child Victims, Child Witnesses, New York/London, 1993; Dèttore, La conduzione dell’intervista, cit. 7 Per un approfondimento si veda Caffo-Camerini-Florit, Criteri di valutazione, cit., 269; Geiselman-Padilla, Interviewing child witnesses with cognitive interview, Journal of Police Science and Administration, 16, 1988; Geiselman-Fisher, Memoryenhancing techniques for investigative interviewing: The cognitive interview, Springfield, III, 1992; Goodman- Bottomns, Child victims, child witnesses, Guilford, New York, 1993; Mestitz (a cura di), Chiedere, rispondere e ricordare. Interviste con minorenni vittime e/o testimoni in ambito giudiziario, Roma, 2003. 8 L’intervista strutturata è una forma di intervista cognitiva utilizzata con bambini al di sotto dei sette anni. Per un approfondimento si veda: Caffo-Camerini-Florit, Criteri di valutazione, cit.; Koehnken-Thurer-Zorberbier, The cognitive interview: are the interviews’ memories enchanced too?, Applied cognitive psychologies, 8, 1994. 9 Si tratta di un protocollo investigativo strutturato costruito dai ricercatori del National Institute of Child Health and Human Development (NICHD). Per un approfondimento si veda: Lamb-Orbach-Hershkowitz-Esplin-Horowitz, Structured forensic interview protocols improve the quality and informativeness of investigative interviews with children: A review of research using the NICHD Investigative Interview Protocol, Child Abuse & Neglect, 31, 2007; Lamb- Hershkovitz-Orbach-Esplin, Tell Me What Happened Structured Investigative Interviews of Child Victims and Witnesses, University of Leicester (UK), 2008; Mestitz (a cura di), Chiedere, rispondere e ricordare, cit. 10
l’esame testimoniale è della medesima natura: l’art. 499 («Regole per l’esame testimoniale») prescrive che l’esame testimoniale debba svolgersi «mediante domande su fatti specifici» (comma 1), evitando «le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte» (comma 2) vietando quelle che «che tendono a suggerire le risposte» (comma 3) e ponendo attenzione a non «ledere il rispetto della persona» (comma 4).10 Ne deriva quindi che la legge 172/2012 individua nello psicologo o nello psichiatra infantile la figura competente professionalmente a condurre un “buon ascolto” giudiziario di bambini e adolescenti, rispondendo a diverse finalità, tra cui: a) diminuire il possibile effetto traumatico dell’attività di raccolta di dichiarazioni; b) garantire alle persone minorenni coinvolte nei procedimenti giudiziari il diritto di essere informate; c) ottenere il massimo di informazioni in merito all’evento; d) ridurre gli effetti di contaminazione dell’ascolto sul ricordo dell’evento e salvaguardare la genuinità della testimonianza; e) mantenere l’integrità del processo investigativo; f) diminuire la quantità di ascolti; g) garantire il contraddittorio (in caso di incidente probatorio). Un colloquio ben condotto permette anche di avere una funzione psicologicamente “trasformativa” ovvero di rendere possibile che i “vincoli” dell’impatto con la giustizia si trasformino in occasioni di riduzione della vulnerabilità e di sviluppo di fattori protettivi come la resiliency e l’empowerment11. Affinché tutti questi obiettivi vengano raggiunti, è necessario che venga adottata una metodologia scientificamente fondata e una competenza professionale specifica «centrata su alcuni fondamentali principi teorici e metodologici che orientano la scelta degli strumenti di indagine, le modalità operative, le finalità stesse dell’intervento».12 10 V. Cuzzocrea, L’ascolto protetto delle persone minorenni prima e dopo la ratifica della Convenzione di Lanzarote, in Proc. pen. giust., 2013, n. 2, p. 111 11 De Leo, Vulnerabilità e risorse, cit., 21 ss. 12 De Leo-Patrizi, Psicologia Giuridica, cit., 104 11
III. Legge 172/2012 e la poca chiarezza del ruolo degli psicologi e della modalità operativa e procedurale nella raccolta delle dichiarazioni Studiosi in psicologia giuridica e in criminologia hanno da tempo fissato numerose direttive circa i ruoli e le modalità operative degli esperti13: dalla famosa Carta di Noto del 1996 (poi aggiornata nel luglio 2002) alle linee guida S.I.N.P.I.A. (Soietà Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, del 15 febbraio 2007) e alle linee guida nazionali per l’ascolto del minore testimone (Roma, 6 novembre 2010). Il problema è che queste “carte” non hanno efficacia vincolante e sono spesso disattese nell’esperienza pratica14. Viene ad esempio sovrapposto il ruolo di perito o consulente nella valutazione della idoneità a rendere testimonianza a quello dello psicologo in sede di assunzione delle dichiarazioni15; ed ancora, viene confuso il compito dell’esperto incaricato a svolgere attività psicoterapeutica o di sostegno psicologico al minore abusato con il ruolo dell’esperto ausiliario del giudice in ambito penale16. La nuova legge pertanto non chiarisce l’effettivo ruolo dell’esperto in psicologia o in psichiatria infantile nel contesto dell’audizione del minore in sede di S.I.T. Alcuni spunti interpretativi si possono peraltro desumere da quanto è stato osservato con riguardo ad un’analoga previsione contenuta nell’art. 498 comma 4 c.p.p. In proposito, si è rilevato che le modalità attraverso le quali il giudice può avvalersi dell’ausilio dell’esperto si ricollegano alla tecnica di formulazione delle domande: il professionista “traduce” le domande del giudice in un linguaggio comprensibile al minore17, anche allo scopo di evitare la suggestionabilità del minore stesso18. Le funzioni dell’esperto psicologo dovrebbero comunque rimanere circoscritte al momento dell’assunzione delle informazioni, non potendo sconfinare nella valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal minore, che spetta esclusivamente al giudice19. Interessanti sono le considerazioni critiche in riferimento al ruolo processuale da riconoscersi 13 V., per tutti, DE CATALDO NEUBURGER, L’esame del minore, in Abuso sessuale di minore e processo penale: ruoli e responsabilità, a cura di de Cataldo Neuburger, Padova, 1997, p. 119 ss. 14 Capitta, A.M. (2012). Legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote: le modifiche al codice di procedura penale e alla legge sull'ordinamento penitenziario. In DIRITTO PENALE CONTEMPORA NEO, 1-15. 15 Cass. pen., sez. III, 16 dicembre 2010, F. e altro, in C.E.D. Cass., n. 249898. Cfr. art. 12, Carta di Noto. 16 Cass. pen., sez. IV, 18 ottobre 2011, F., in C.E.D. Cass., n. 251663. Cfr. artt. 10 e 11, Carta di Noto 17 Per questo, l’esperto svolgerebbe una funzione simile a quella dell’interprete, pur non essendo qualificabile come tale: v. CAMALDO, La testimonianza dei minori nel processo penale: nuove modalità di assunzione e criteri giurisprudenziali di valutazione, in Ind. pen., 2000, p. 193. 18 Cass. pen., sez. II, 30 agosto 1995, in Dir. pen. proc., 1995, n. 10, p. 1144; v. anche Cass. pen., sez. III, 15 febbraio 2008, G., in C.E.D. Cass., n. 239003, ove si afferma che l’esperto indica «le modalità con cui devono essere preferibilmente poste le domande». 19 Cfr., Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2007, Tranchida e altro, in C.E.D. Cass., n. 237539. 12
all’esperto che deve presenziare all’esame del minore20. In proposito, le disposizioni affermano semplicemente che quando occorre assumere sommarie informazioni da persone minori, ci “si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile”, nominato dal pubblico ministero o scelto dal difensore, senza precisare a quale titolo tale soggetto debba partecipare, quale debba essere la sua funzione e quale contributo possa e ci si debba aspettare dallo stesso. L’esperto diventa davvero “un personaggio in cerca d’autore o un protagonista muto della vicenda”. Da un lato, il suo ruolo non è certo quello di riferire sulla credibilità del minore; dall’altro, le domande al teste non devono essere necessariamente formulate da lui e la sua presenza all’assunzione dell’atto non è affatto indispensabile. Lo psicologo potrà essere chiamato a coadiuvare la parte nello svolgimento dell’esame, suggerendo quale approccio assumere con il minore, quali domande evitare, quali aspetti della vicenda approfondire ecc.. Attribuendo all’esperto un tale compito, però, lo si spinge verso una progressiva ed innegabile irrilevanza nella scena processuale. Potrebbe capitare che i suggerimenti e le indicazioni dello psicologo facciano riferimento a prassi e protocolli che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria già conoscono, o che il pubblico ministero non tenga in considerazione i suggerimenti del consulente dal momento che seguire tali avvertenze non è certo indispensabile per lo svolgimento dell’atto. Non si comprende inoltre quali siano le possibilità e i poteri dell’esperto nel caso in cui dissenta sulle modalità di conduzione dell’ascolto di vittime vulnerabili della polizia giudiziaria o del pubblico ministero. Abbandonare quindi l’interrogatorio, allontanandosi dall’esame e rendendosi così inottemperante agli obblighi di nomina del magistrato, o assistere in silenzio all’esame del minore pur condotto in maniera difforme rispetto alle sue indicazioni, per poi riferire delle sue perplessità e delle sue critiche in sede di redazione dell’elaborato finale? Ma appare poco plausibile che colui che proceda ad investigazioni nomini un proprio consulente tecnico non per farsi coadiuvare in tali indagini, ma per sottoporre a valutazione la propria attività inquirente. In alternativa il consulente, preso atto della censurabile metodologia con cui è assunta la testimonianza, potrebbe dismettere l’incarico e non assistere, scomparendo dalla scena del processo, ma ciò consentirebbe agli inquirenti di continuare a procedere secondo le modalità da loro scelte. Tale ipotesi, quindi, andrebbe ad avvalorare la tesi che la sua presenza sia irrilevante all’assunzione dell’atto. E se comunque il suo compito fosse quello di riferire, a mezzo di un suo elaborato, sulle 20 Santoriello C., La presenza dell’esperto nell’esame testimoniale del minore: dalla Convenzione di Lanzarote alla confusione del legislatore italiano, in Arch. pen., rivista on-line, 2013, n. 2. 13
modalità con cui l’audizione del minore è stata condotta, evidenziando in particolare se nell’esame testimoniale sono state poste domande suggestive, se il ragazzo è stato influenzato nell’elaborazione delle proprie affermazioni ecc.. non sarebbe necessario la sua partecipazione all’esame, né tanto meno prevederne come obbligatoria la presenza, ma sarebbe sufficiente che questo consulente possa verificare ciò anche in un momento successivo tramite videoregistrazione. A proposito di videoregistrazione, nella sentenza di Cassazione penale sez. IV - 12/03/2013, n. 16981, la Corte osserva che ad essere davvero cruciale in sede di audizione di minori coinvolti in procedimenti per reati a sfondo sessuale non è la presenza di un esperto, ma piuttosto, stando alla stessa normativa sovranazionale, l'impiego di affidabili tecniche di documentazione, come la videoregistrazione. La Corte, infatti, sottolinea che, piuttosto, ad essere centrale in questa prospettiva sia la tecnica di documentazione impiegata, che dovrebbe essere la videoregistrazione, cui si assegna espressamente rilievo sia nelle linee guida degli specialisti, ad esempio, la Carta di Noto, sia nella stessa Convenzione di Lanzarote. Si tratta di una considerazione condivisibile, lato sensu, ma che non si vede come possa depotenziare la portata delle altre garanzie che il legislatore si è premurato di introdurre con la l. n. 172 del 2012.21 Tale questione si collega alla sussistenza dell’obbligo di avvalersi dell’esperto psicologo o psichiatra in sede di audizione di minori coinvolti in procedimenti per reati a sfondo sessuale, trattato nel successivo capito. 21 Nota a: Cassazione penale , 12 marzo 2013, n.16981, sez. IV di Claudia Cesari, Sull'audizione dei minori, le novità legislative vengono tradite dalla suprema corte, in Cassazione Penale, fasc.4, 2014, pag. 1178 14
IV. Sussistenza dell'obbligo di avvalersi dell'esperto per ascoltare il minore nella S.I.T. Secondo la legge 172/2012, art.351, comma 1-ter C.p.p.: “Nei procedimenti per i delitti previsti dagli art.572, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater 1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609- quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero”. Il dato normativo ha un assetto apparentemente nitido: la clausola afferma perentoriamente che il contatto a fini informativi con un minorenne che abbia subito o sia stato testimone di una serie di fatti violenti e scabrosi deve avvenire con la partecipazione di un soggetto professionalmente qualificato, ragionevolmente a presidio sia dell'equilibrio psicofisico del minore coinvolto in vicende tanto gravose, sia della genuinità del suo apporto conoscitivo, che gestioni maldestre potrebbero ineluttabilmente compromettere, vista la fragilità della fonte22. Nonostante la formulazione letterale deponga per l’obbligatorietà, in considerazione dell’indicativo «si avvale», è stata ridotta la portata applicativa dell’art. 362, comma 1-bis, c.p.p. Così la presenza dell’esperto, nell’audizione del minore effettuata dal pubblico ministero, è stata ritenuta meramente facoltativa, a causa della mancata sanzione di inutilizzabilità del relativo materiale probatorio dalla sentenza di Cassazione penale sez. IV - 12/03/2013, n. 1698123: [..]Va considerato che la previsione normativa non introduce alcun obbligo di escussione del minore alla presenza dell'esperto sanzionato, per il caso di inosservanza, a pena di inutilizzabilità. Tale sanzione, infatti, non è stata espressamente prevista. La presenza dell'esperto è piuttosto cautela, rimessa alla valutazione del pubblico ministero, ai fini del giudizio di attendibilità e genuinità della deposizione del minore. Solo per completezza, va piuttosto evidenziato che l'indicazione che viene dalle diverse Carte internazionali che sono intervenute in materia (Carta di Noto e Convenzione di Lanzarote) è non tanto quella di garantire la presenza dell'esperto, quanto quella di procedere alla videoregistrazione dell'esame, che, di norma, è necessaria e sufficiente per soddisfare le esigenze di riscontro 22 nota di C. CESARI, Sull’audizione dei minori, le novità legislative vengono tradite dalla Suprema Corte in Banca Dati DeJure 23 Cass., sez. IV, 12 aprile 2013, n. 16981 in Banca Dati DeJure 15
dell'attendibilità e genuinità della deposizione. In questa prospettiva, allora, alla individuazione della nomina dell'esperto in psicologia o psichiatria infantile, per consentire una duttilità nell'agire della polizia giudiziaria e dello stesso pubblico ministero, si potrà procedere solo nei casi in cui tale nomina risultasse, a seguito di apprezzamento congiunto della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, realmente necessaria, rappresentando un quid pluris in punto di attendibilità. Apprezzamento discrezionale consentito dal fatto che l'istituto, come detto, non è accompagnato dalla previsione di eventuali sanzioni in caso di mancanza della nomina, vertendosi in una materia in cui ciò che conta è acquisire una dichiarazione genuina e successivamente verificabile nel contraddittorio. La questione qui, comunque, neppure si pone trattandosi di procedimento in cui motivatamente (e la Corte di cassazione nella sentenza che già è stata pronunciata nella vicenda ha già condiviso tale impostazione) il minore non è stata escusso per evitarne pregiudizi di ordine psichico. Nè, va soggiunto, la mancata escussione della vittima rappresenta alcuna lesione dei principi di difesa (in primo luogo, quelli espressi dall'art. 6 della CEDU), come anche di recente affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza 19 febbraio 2013, resa nel caso Gani c. Spagna - n. 61800/08), allorquando siano adottate misure alternative al fine di garantire i diritti della difesa, tra cui, qui, la valutazione approfondita da parte del giudice degli (altri) elementi probatori acquisiti (circostanza già apprezzata dalla citata sentenza della 3 Sezione). […] La Cassazione, nel suo primo intervento interpretativo sulla nuova disposizione, ha quindi giustificato la tesi della discrezionalità di polizia giudiziaria e pubblico ministero, sulla base della semplice considerazione secondo cui la sanzione non è prevista e le convenzioni internazionali in materia pongono la loro attenzione non tanto sulla presenza dello psicologo, quanto sulla videoregistrazione. Sostiene inoltre che il minore non è stato ascoltato “per evitarne pregiudizi di ordine psichico”, venendo mano alla ratio stessa della legge improntata ad un principio generale di protezione dell’offeso che garantisce al minore anche un’assistenza psicologica durante i colloqui che si svolgono qualora venga chiamato a rendere dichiarazioni 16
Un più approfondito pronunciamento giurisprudenziale, invece, è orientato a ritenere obbligatoria la presenza dell’esperto, sebbene la sua violazione non comporti un’invalidità, ma sia sanzionabile solamente ex art. 124. […]Merita solo segnalare che la inosservanza della disposizione di cui all'art. 351 c.p.p., comma 1 ter, (disposizione introdotta dall'art. 5, comma 1, lett. c) della L. 1 ottobre 2013, n. 172, secondo cui nei procedimenti per i delitti indicati nella lista del richiamato comma 1 ter, tra cui è compreso quello di cui all'art. 600 bis c.p., la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero) non produce alcuna nullità delle dichiarazioni assunte in violazione della richiamata disposizione, non essendo la nullità espressamente prevista dalla legge, ma con la necessaria sottolineatura - a dimostrazione dell'importanza che un tale adempimento riveste nell'economia delle dichiarazioni rese nel procedimento da persone minorenni - che l'inosservanza, da un lato, può assumere rilevanza ai fini di una responsabilità disciplinare secondo quanto previsto dall'art. 124 c.p.p., (disposizione espressamente applicabile anche agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria) e, dall'altro, determinare negative ricadute in tema di valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni assunte senza le precauzioni richieste dalla norma.[…] Quest’ultima sentenza, quindi, presenta l'indiscutibile merito di riconoscere il carattere vincolante delle disposizioni che prevedono la nomina di uno psicologo o psichiatra infantile da parte di polizia giudiziaria e pubblico ministero, spostando perciò l'attenzione sul tipo di conseguenze ricollegate ad un'eventuale trasgressione, ma nega comunque la sussistenza di una nullità, in ragione del fatto che il legislatore non l'ha espressamente prevista. Apparentemente, quindi, si assiste a un passo avanti rispetto alla sussistenza dell'obbligo di avvalersi dell'esperto ma indica espressamente che l'assenza dell'esperto nella conduzione di sommarie informazioni di polizia da minorenni nei procedimenti “sensibili” non ha conseguenze 17
processuali poiché una verbalizzazione effettuata con modalità meno rigorose lascerebbe intatta la validità dell'atto di indagine.24 L'art. 391-bis, comma 6, c.p.p., invece, colpisce con l'inutilizzabilità le dichiarazioni assunte dai difensori in violazione delle disposizioni di cui ai commi che lo precedono, fra cui appunto quello che impone la presenza dell'esperto. Nella ricostruzione disegnata dalla Corte, dunque, quando assumano sommarie informazioni da minori nei procedimenti indicati dalla legge, gli inquirenti possono non avvalersi dell'esperto senza ripercussioni, mentre i difensori debbono farlo a pena di inutilizzabilità. Per gli uni, insomma, è facoltativo un adempimento che per gli altri è obbligatorio, con una disparità di trattamento evidente e ingiustificabile25 24 Cass. pen., sez. III, 10 dicembre 2013, n. 3651, in Cass. pen., 2014, p. 2976 e ss., con nota di N. PASCUCCI, La Cassazione ci ripensa è obbligatorio l'ausilio dell'esperto in psicologia o psichiatria infantile per sentire la “persona informata” in Banca Dati DeJure 25 nota di C. CESARI, Sull’audizione dei minori, le novità legislative vengono tradite dalla Suprema Corte in Banca Dati DeJure 18
V. Conclusioni In attuazione della Convenzione di Lanzarote, finalmente nell'ottobre del 2012 il legislatore italiano ha provveduto ad adeguare parzialmente l'ordinamento interno con nuovi strumenti e metodologie volti ad assicurare protezione psicologica e tutela da manipolazioni idonee a corromperne l'attendibilità ai minorenni coinvolti come vittime o come testimoni nei procedimenti per reati a sfondo sessuale. Purtroppo, la normativa 172/2012 non lo ha fatto completamente e soprattutto non lo ha fatto con sufficiente determinazione, utilizzando soltanto l'input proveniente dalla normazione internazionale per uno sforzo di modernizzazione del sistema su un tema delicato e attuale come l'assunzione di informazioni da minorenni coinvolti come vittime o testimoni in vicende di violenza, sfruttamento o abuso, soprattutto a sfondo sessuale.26 L’analisi approfondita della normativa a tutela dei minori vittime o testimoni di reati in sede di S.I.T., infatti, fa emergere la mancanza di riferimenti e limiti operativi della norma, che se da un lato chiarisce l’intento di protezione del soggetto debole, dall’altro non fornisce gli strumenti operativi alle parti in causa per poter efficacemente proteggere il minore. Una lacuna che di fatto rende persino superflua la ratio del provvedimento, ovvero la presenza di un esperto psicologo o di uno psichiatra infantile durante l’ascolto del minore. Le prescrizioni contenute nell’art. 35 della Convenzione di Lanzarote sono ovviamente vincolanti per gli Stati aderenti ed il legislatore italiano, nelle norme di adeguamento alla medesima convenzione, avrebbe dovuto inserire qualche disposizione in più con riguardo alle modalità di colloquio con il minore. Data l’importanza del ruolo assunto dall’esperto, occorre che vi siano regole precise per lo svolgimento del colloquio con il minore. Sarebbe sufficiente riprodurre, negli artt. 351, 362 e 391-bis c.p.p. appena novellati, con i dovuti adattamenti, il testo dell’art. 398 comma 5- bis, primo, secondo e terzo periodo, c.p.p., relativo all’incidente probatorio, che consente al giudice di stabilire luogo, tempo e modalità particolari dell’audizione, anche avvalendosi di strutture specializzate di assistenza, e che, inoltre, prescrive l’obbligo di documentazione delle dichiarazioni con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva, come indica fra l’altro l’art. 4 della Carta di Noto. È necessario inoltre garantire effettivamente la tutela dei minori prevedendo 26 Capitta, A.M. (2012). Legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote: le modifiche al codice di procedura penale e alla legge sull'ordinamento penitenziario. DIRITTO PENALE CONTEMPORA NEO, 1-15 19
l’obbligatorietà della presenza dello psicologo nell’escussione della vittima/testimone vulnerabile durante le S.I.T. L’unico modo è prevedere che in assenza dell'esperto le audizioni unilaterali per reati di natura sessuale nei confronti di persona informata minorenne, condotte da polizia giudiziaria e pubblico ministero, devono essere considerate inutilizzabili. Non si può conferire agli organi inquirenti un potere meramente discrezionale, del quale far uso solo quando ne avvertano la necessità. Così come previsto dall'art. 391-bis, comma 6, c.p.p., che invece, colpisce con l'inutilizzabilità le dichiarazioni assunte dai difensori in violazione delle disposizioni di cui ai commi che lo precedono, fra cui appunto quello che impone la presenza dell'esperto. Nella trama normativa introdotta dalla l. n. 172 del 2012, nell'intento di assicurare una metodologia omogenea di approccio alle dichiarazioni rese dal minore in corso di indagine, l'assetto degli artt. 351, comma 1-ter, 362, comma 1-bis, e 391- bis, comma 5-bis, c.p.p., è stato disegnato come un sistema unitario: per garantire che tali dichiarazioni vengano sempre raccolte con la mediazione di un professionista qualificato. Senza un perimetro d’azione chiaro e definito che preveda sanzioni per chi viola la normativa, il rischio è quello di restare agganciati alla sensibilità e alle scelte soggettive dell’autorità giudiziaria. Senza un atto di coraggio da parte del legislatore che imponga severe sanzioni per il mancato utilizzo del professionista psicologo, che prevedano anche l’eventuale nullità della S.I.T., il sistema difficilmente si sgancerà dalle consolidate metodologie di intervento. 20
Bibliografia CAPITTA, A.M. (2012). Legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote: le modifiche al codice di procedura penale e alla legge sull'ordinamento penitenziario. In DIRITTO PENALE CONTEMPORA NEO, 1-15 CESARI, C. Sull’audizione dei minori, le novità legislative vengono tradite dalla Suprema Corte; in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, p. 374 e ss. CUZZOCREA, V., L’ascolto protetto delle persone minorenni prima e dopo la ratifica della Convenzione di Lanzarote, in Proc. pen. giust., 2013, n. 2, p. 111 e ss. CUZZOCREA, V., SCALI, M., Le buone prassi” Raccolta delle dichiarazioni/testimonianza di vittime vulnerabili o in condizioni di particolare vulnerabilità, – Ordine Psicologi Lazio, 2019 DE LEO, G. & PATRIZI, P. (2002) Psicologia giuridica. Bologna: Il Mulino FAMIGLIETTI, A., Persona offesa e modalità di audizione protetta: verso lo statuto del testimone vulnerabile, in Proc. pen. giust., rivista on-line, 2016, n. 2, p. 142 e ss. N. PASCUCCI, La Cassazione ci ripensa: obbligatorio l’ausilio dell’esperto in psicologia o psichiatria infantile per sentire la persona informata minorenne, in Cass. pen., 2014, p. 2985 SANTORIELLO, C., La presenza dell’esperto nell’esame testimoniale del minore: dalla Convenzione di Lanzarote alla confusione del legislatore italiano, in Arch. pen., rivista on-line, 2013 SCALI-CALABRESE, La conduzione dell’audizione protetta: analisi dell’interazione comunicativa tra esperto e minore presunta vittima di abuso sessuale, Maltrattamento e abuso all’infanzia, 5, 3, 2003; Scali- Calabrese-Biscione, La tutela del bambino o adolescente: le tecniche di ascolto, Roma, 2003; AACAP, Practice parameters for the forensic valuation, cit. in V. Cuzzocrea, L’ascolto protetto delle persone minorenni prima e dopo la ratifica della Convenzione di Lanzarote, in Proc. pen. giust., 2013, n. 2, p. 111 21
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