Amilcar: l'utilitaria più sportiva del Novecento
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22 AUTO D’EPOCA Amilcar: l’utilitaria più sportiva del Novecento Sembra fragile e minuta, nella sua esile mente concessa dal Garage Belotti di veste di legno e lamiera inchiodata, ma Verscio. Una vetturetta davvero straor- quando s’accende quel motore vecchio dinaria e particolare, così distante dagli più d’un secolo, si risveglia in lei un’e- occhi della modernità da risultare for- nergia possente, atavica, meravigliosa- se eccentrica, ma tanto performante mente assordante. La sconquassa nel da chiedersi se tutto il lavoro condotto profondo, la fa apparire più maestosa di dall’industria di settore alla spasmodica quanto sia, quasi volesse confrontarsi ricerca della performance assoluta ab- dei posti a sedere (di regola due), dalla con le stelle Grand Prix del tempo: auto bia partorito un significativo valore ag- seconda soluzioni come il propulsore di che, come Maserati, Bugatti, Alfa Romeo, giunto rispetto agli esordi. piccola cilindrata e il peso piuttosto costavano fino a 195mila franchi france- contenuto. Le motorizzazioni erano ri- si. Quanto due ville, per farla semplice. Un po’ di storia ® “Amilcar” era uno tra dotte e basate su configurazioni a uno o i moltissimi marchi che diedero lustro a due cilindri, più raramente a quattro. alle famigerate cyclecars (“autocicli”), Altre caratteristiche meccaniche stava- Abbiamo avuto il privilegio, nelle scorse una sorta d’anello di congiunzione tra no nella trasmissione a catena su una settimane, di poter osservare una ma- l’automobile e la motocicletta. Dalla pri- sola ruota posteriore, in maniera da evi- gnifica Amilcar CGSS del 1927, gentil- ma presero carrozzeria e disposizione tare l’utilizzo di un differenziale. Il tut-
AUTO D’EPOCA 23 ri. Contattarono Emile Akar, detentore ® Con un ultimo colpo di coda, rap- di una significativa partecipazione nella presentato dall’Amilcar 5CV, l’azienda marca “Le Zèbre”, e Joseph Lamy, che riuscì di nuovo a salvarsi riscoprendo ne era il direttore commerciale (da qui il mercato delle “piccole”. Le difficoltà l’acronimo aziendale che venne depo- non vennero però cancellate e condus- sitato il 19 luglio del 1921). ® Moyet, sero all’acquisizione della ditta da par- con la sua idea in fase avanzata, riuscì te della Hotchkiss. La seconda guerra a conquistarli e venne creata la nuova mondiale, al pari di una miriade d’altre compagnia che produceva negli stabili- realtà, azzerò tutto. menti di 34 rue du Chemin Vert a Parigi, dietro la Bastiglia. Akar divenne diret- LA NOSTRA VETTURA tore generale, Lamy sovrintendeva la La stupenda Amilcar CGSS che ora è parte commerciale, Morel fu nominato in terra ticinese, fu venduta al “Salon direttore delle vendite e Moyet capo in- des Voiturettes” di Parigi nel 1927. La gegnere. comprò un nobile francese che la usa- va personalmente. Com’è sorte comune to, per contenere i costi. ® Si diffusero Una grande avventura ® Dal 1921 al a molti oggetti storici, se ne persero le enormemente in Francia dopo il primo 1929 le “Casate” erano più di mille e la tracce per qualche decennio. Ricompar- conflitto mondiale, prevalentemente per concorrenza si rivelò davvero spieta- ve nei Sessanta presso un commercian- motivi fiscali. Nel 1920, infatti, il Governo ta. Proprio come nel mercato odierno, te transalpino, dotata di un compressore transalpino promulgò una legge finan- anche allora tutto si giocava sul filo dei Cozette, all’epoca impiegato per aumen- ziaria che prevedeva, per questo tipo di prezzi e della qualità. Malgrado l’A- tare il rendimento in ambito competitivo. mezzi, una tassa annuale di circolazione milcar fosse stata l’indiscussa regina Fu poi venduta a un famoso collezioni- ridotta a 100 franchi francesi, l’equiva- del settore, la rivale Salmson riuscì ad sta belga e raggiunse il nostro Cantone, lente di una motocicletta. Fu un tentati- adombrarla con un fenomenale cocktail dall’Inghilterra, una decina d’anni orso- vo riuscito di rilanciare l’industria dopo di vittorie sportive e innovazioni tecno- no. La macchina è stata completamen- i disastri della guerra. Per rientrare in questa categoria bisognava soddisfare i seguenti requisiti: peso a vuoto inferiore ai 350 kg, cilindrata massima di 1’100 cm³, 2 posti a sedere, 3-4 ruote. Nel 1925 l’imposta crebbe a 120 franchi ma venne tolta la limitazione relativa alla massa. Le cyclecars, divenute più con- sistenti, furono così ribattezzate “voitu- rettes”. Nel 1929, abrogata la normativa fiscale, si verificò un inesorabile declino. Andò più o meno alla stesso modo an- che in Gran Bretagna, soprattutto con GN e Morgan, dove vi fu la transizione da cyclecars a “lightcars”. Divenute parte della cultura di massa, apparvero pure nel resto dell’Europa. Ben presto cominciarono a mostrare anche delle buone doti dinamiche utili alle compe- tizioni. Il marchio ® Scaturì dall’incontro di André Morel e Edmond Moyet. Il primo, nato a Troyes il 3 agosto del 1884 , lavo- logiche. Il famoso slogan pubblicitario te restaurata ma presenta uno stato di rò come magazziniere a Parigi, per poi “Amilcar un Jour, Amilcar Toujour” conservazione delle parti originali quasi trasferirsi a Lione presso un conces- si stava affievolendo. ® Fu in questo unico nel suo genere. Al proprietario, sionario di vetture usate dove fu notato contesto problematico che, nel 1926, abbiamo chiesto quali siano le sensa- e assunto da uno dei collaboratori di nacque la C6. Con essa, Moyet tentò di zioni al volante. ® «Non ci sono porte, Marius Berliet (costruttore di camion). risollevare le sorti della società e ci riu- bisogna scavalcare per installarsi ai co- All’età di 20 anni era già pilota e apprez- scì. Era un’auto straordinaria. Durante mandi che sono situati sulla destra. A zato collaudatore, ma lo scoppio della il primo anno di competizioni collezionò dispetto del pensiero comune, questa prima guerra mondiale lo condusse ben 85 trionfi con Morel al volante. Ma disposizione non è determinata da un nell’aviazione. Moyet era invece un in- quando tutto sembrava andare a gon- qualsiasi influsso progettuale britan- gegnere che collaborò al progetto del- fie vele, ecco una nuova battuta d’ar- nico, ma dall’antica usanza di realizza- la Citroen 5 CV. Vero e proprio appas- resto: venne concluso un contratto con re le strade a “schiena d’asino” e dalla sionato di meccanica, la sera, a casa, l’americana General Motors (GM) per conseguente necessità di controllare lavorava sul suo progetto di cyclecar. I la fornitura di modelli 8 cilindri 2’300 i fossi ai margini della carreggiata per due si conobbero in un ristorante della cm3 ma, al momento di commercializ- non incorrere in spiacevoli incidenti. Il capitale e, sull’onda dell’entusiasmo, zarli, avvenne la grande crisi del 1929 sedile del conducente è misteriosamen- iniziarono la ricerca di partner finanzia- che portò tutti sull’orlo del fallimento. te piccolo e scomodo rispetto a quello
24 AUTO D’EPOCA del passeggero (il regolamento sportivo manovella. ® «Sembra un 5mila tant’è da sovrastare l’urlo del motore. La te- prevedeva sempre pilota e meccanico grintoso e roboante. Non c’è nemmeno nuta di strada è eccezionale, il sistema a bordo) ed è a scalare a causa della la marmitta a smorzarne il clamore». Il frenante già molto avanzato. L’assenza carrozzeria stretta chiamata, appunto, pedale del gas è posto al centro ed è di del differenziale le dona caratteristiche “pointe Bordino decalée” in onore del forma circolare (da lì il detto dialettale da go-kart. In curva, se vai veloce, non pilota italiano Pietro Bordino». ® L’ab- “tegnii giò ‘l ciod”). Il cambio è a tre ve- devi mai togliere il piede dall’accelerato- biamo sentita, in azione, la CGSS, con locità e parzialmente sincronizzato ma, re o ti ribalti (è anche alta di baricentro). quello straordinario 4 cilindri di cui è a causa della frizione metallica, è diffi- Puoi però farla scodare e, se ne sei ca- dotata. Con maestria, e qualche truc- cile innestare la marcia. «Quando lanci pace, guidarla tutta in controsterzo: con chetto del mestiere, il proprietario l’ha la vettura a 140 all’ora (che prestazioni il gas e un colpo di volante la rimetti in messa in moto al primo colpo per mez- incredibili per l’epoca!) sembra di stare traiettoria». zo di un dispositivo d’avviamento che già su una macchina da corsa; gli innesti a di Elias Bertini allora era complementare alla classica “denti frontali” cantano talmente forte Foto: René Opitz SCHEDA TECNICA (allo stato originale) Carrozzeria: “pointe Bordino decalée” a due posti in legno-acciaio Motore: 4 cilindri in linea Valvole per cilindro: 2, laterali Cilindrata: 1’074 cm3 Alesaggio x corsa (mm): 60 x 95 Rapporto di compressione: 6:1 Potenza massima: 33 CV a 3’800 giri/min. 45 CV con compressore e testata Cozette Distribuzione: albero a camme laterale Alimentazione: a carburatore, Solex 26 MHG Cambio: a 3 marce parzialmente sincronizzato Trazione: posteriore senza differenziale Raffreddamento: ad acqua senza pompa o ventilatore Freni: a tamburo anteriori e posteriori Velocità massima: 120 km/h Passo: 2’323 mm Carreggiata: 1’045 mm Peso a vuoto: 550 chili Prezzo: 26’900 franchi francesi
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