A scuola di ecumenismo - Una testimonianza

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A scuola di ecumenismo – Una
testimonianza
Contributo di Biagio Pitarresi

A scuola di ecumenismo – Incontro di Formazione per educatori
e insegnanti

Organizzato dall’uff. Diocesano per l’ecumenismo e il dialogo
interreligioso di Caltanissetta 16 gennaio 2020

Buon pomeriggio a tutti!

Mi chiedevo quale migliore contributo potevamo dare noi membri
del Movimento dei Focolari a una scuola di ecumenismo se non
la testimonianza? I membri del Movimento dei Focolari su
consiglio della stessa Fondatrice Chiara Lubich hanno da
sempre privilegiato l’amore concreto verso i fratelli e poi la
parola. Metto quindi in comune con voi la mia esperienza in 7
tappe, riguardante il dialogo ed il rapporto con i fratelli di
altre chiese, che ho iniziato da circa 15 anni, nella speranza
che la troviate utile.

1) La prima tappa: la mia conversione all’ecumenismo.

Prima di conoscere e seguire il carisma di Chiara Lubich, io
“vedevo” i cristiani evangelici: nemici della Chiesa e di Dio,
poi man mano, il desiderio della “fratellanza universale” e
 le parole di Gesù “Tutti siano una cosa sola” (Gv 17-21), che
sono il cuore del carisma del Movimento dei Focolari, mi hanno
cambiato profondamente e hanno fatto cadere dal mio cuore il
giudizio e i pregiudizi e li ho sentiti fratelli. Le parole di
Gesù: “Chi non è contro di voi è per voi” (Lc 9-50) mi
aiutarono ancora di più a capire che ogni cristiano è per Gesù
e mi diedero un motivo in più per impegnarmi con la mia vita
affinchè “tutti siano uno”.
2) La seconda tappa: il come iniziare l’approccio con questi
fratelli.

Non avevo una grande preparazione per incontrare i fratelli di
altre confessioni ma dopo aver a lungo pregato capii che
dovevo principalmente amare: amare per primo, amare senza
aspettarmi nulla in cambio, amare sempre, amare senza guardare
le differenze. Con questo spirito iniziai i primi contatti e
cominciai ad avvertire che questi fratelli, amavano tanto Gesù
e pur se vi erano alcune differenze da un punto di vista
dottrinale o liturgico, il loro amore a Gesù era sincero e
forte, tanto da farli divenire martiri se necessario. Quindi
oltre ad amarli, cominciai a nutrire per loro grande stima e a
fare mie le parole illuminate e rivoluzionarie che Chiara
Lubich spesso ci ripeteva: “Amare la Chiesa altrui come la
propria”.

3) La terza tappa: il come trasformare questi rapporti.

Inizialmente i nostri rapporti erano limitati ai momenti
ecumenici ufficiali, molta facciata, ma ancora poca amicizia e
ancor meno rapporti veri. D’accordo allora con Zina mia moglie
ed alcuni amici del movimento dei Focolari, invitammo a casa
nostra alcuni pastori con le mogli e alcune famiglie
appartenenti alle loro chiese. Di norma, dopo un momento di
incontro e di riflessione congiunta su alcuni aspetti sulla
carità e sull’amore vicendevole, si cenava insieme e spesso si
cantava e si scherzava. Pian piano il clima divenne familiare
e molto fraterno per la presenza fondamentale e determinante
di Gesù in mezzo a noi, secondo le parole di Gesù: (Mt 18-20),
tanto che un pastore pentecostale un giorno mi disse: se i
miei fratelli, conoscessero l’amore con cui voi focolarini
portate avanti l’ecumenismo, l’unità sarebbe già una realtà.
Un giorno durante la settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani, il pastore Luterano e il reverendo Anglicano: hanno
fatto come una scenetta nella quale dichiaravano che a Palermo
a casa dei Focolarini avevano conosciuto il vero ecumenismo,
definendolo: l’ecumenismo del cuore. Ciò era condiviso da
diversi pastori e fratelli e sorelle di varie chiese. Una di
esse, ci disse un giorno, io non riuscivo a entrare in una
chiesa cattolica nemmeno se si sposavano dei miei parenti
intimi, adesso da quando vi ho conosciuto, non solo che vi
entro per queste occasioni ma anche solo per pregare, inoltre
sto leggendo con grande beneficio i libri di papa Francesco.
Anche il clima e il lavoro della commissione per l’ecumenismo
e il dialogo interreligioso diocesana, di cui facevamo parte,
migliorò notevolmente e i lavori divennero più proficui. Una
chiesa evangelica che ancora non faceva parte della
commissione diocesana allargata alle altre chiese, che
partecipava ai nostri incontri, chiese di farne parte.

4) La quarta tappa: i rapporti apparentemente difficili.

Un giorno uno di questi pastori ci invitò presso alcune
famiglie della sua chiesa che non ci conoscevano, noi per non
pesare portammo il nostro pranzo, ma quelle famiglie che non
avevano mai avuto rapporti con i cattolici, ci fecero capire
in tutti i modi che non eravamo graditi. C’è voluto tanto
amore e tanto pazienza, Zina con tanto amore e tanta festa,
fece loro assaggiare alcune particolarità che aveva cucinato e
pian piano riuscimmo a farci accettare e potemmo pranzare
insieme. Dopo il pranzo, cominciarono a evidenziare i difetti
che loro vedevano nella nostra chiesa cattolica, cose che
sembravano loro orribili. Noi non controbattemmo anzi dicevamo
loro: ma qualunque difetto, qualunque differenza fra le nostre
chiese, ci può impedire di volerci bene? Restarono
meravigliati, abituati a continue diatribe e combattimenti e
una risposta cosi li disarmò per un attimo, ma poi passarono
ad altre accuse, sempre più gravi a loro dire. Ma noi non
scendevamo in questa guerra verbale, ma continuavamo a
ripetere che niente ci poteva impedire di volerci bene. Dopo
un po’ smisero di accusare e cominciammo a parlare del vangelo
e di ciò che ci univa che è sicuramente molto ma molto di più
di ciò che ci divide. In quel momento scese una presenza di
Gesù in mezzo molto forte. I cuori si sono talmente infiammati
che non ci siamo resi conto che il tempo passava. Venuto il
tempo di salutarli, non volevano più che andassimo via e ci
supplicavano di restare ancora, A quel punto abbiamo proposto
di pregare il Padre Nostro, durante il quale abbiamo avvertito
forte la presenza dello Spirito Santo. Poi ci fecero
promettere che saremmo ritornati perchè intendevano farci
conoscere tutto il resto della comunità. Così è stato in tutti
questi anni.

5) La quinta tappa: la consapevolezza della necessità di
conoscere la dottrina e il pensiero della propria chiesa e di
quella altrui.

Di norma non cerchiamo ne accettiamo mai discussioni
teologiche o similari che lasciamo sempre volentieri agli
incaricati, esperti delle rispettive chiese, ma alle volte è
necessario fare o rispondere a delle domande specifiche di una
persona amica per desiderio di conoscenza e non per diatriba o
altri motivi. Mi è capitato in alcune occasioni ed ho risposto
per non mancare nella carità ma ho cercato di essere breve e
conciso.

a) Un giorno un pastore alla fine di un incontro ecumenico
diocesano mi si avvicinò e mi chiese, così a bruciapelo:
Biagio, cosa pensi di Maria? e qual è il tuo rapporto con
Maria? Io non avendo una risposta preparata dissi ciò che
avevo veramente in cuore: Maria è per me mia madre, gli dissi,
e come tale le ho chiesto in questi giorni di pregare Gesù per
la salute di mia figlia (che aveva avuto un tumore), nello
stesso modo come l’altro giorno l’ho chiesto al sacerdote
ortodosso. E lui subito: ma così è condivisibile! Era
palesemente contento della mia risposta.

b) Un altro presbitero che avevo invitato a dare una
testimonianza ecumenica in Mariapoli: poco prima del suo
intervento mi chiese il significato della parola Mariapoli.
Non mi aspettavo questa domanda in quel momento ma risposi
subito: Qual è la cosa più importante che ha fatto Maria? ha
data Gesù al mondo. Noi in questo convegno che chiamiamo
Mariapoli, cioè Città di Maria, vogliamo imparare ad imitarla
e portare Gesù al mondo. Rimase sorpreso e compiaciuto di
questo significato ed intento.

c) Una coppia di amici evangelici, un giorno mi chiesero:
perché considerate Maria divina? dissi subito: vi sbagliate,
Maria è una creatura, non è divina. La risposta li stupì e mi
chiesero se tutti i cattolici la pensassimo così o solo noi
del movimento dei focolari. No dico: questa è dottrina della
chiesa cattolica. Rimasero contenti della risposta semplice,
informarono poi il loro pastore. Molti evangelici pensano che
i cattolici considerino Maria Divina e l’adorino al pari di
Dio.

Queste esperienze mi hanno portato alla convinzione che
dobbiamo cercare di conoscerci più approfonditamente ma senza
pregiudizi, senza paura, senza accomodamenti, ognuno deve
rimanere fedele alla dottrina della propria chiesa, senza
annacquarla e rispettare nello stesso tempo la dottrina
altrui. Penso che la conoscenza reciproca amorevole farà
cadere nel tempo tanti muri.

6) La sesta tappa: la cooperazione tra cristiani.

Pian piano con quasi tutte le chiese tradizionali: Ortodossa,
Anglicana, Valdese, Avventista, Luterana, riuscimmo ad avere
rapporti belli e proficui. Non tutte le confessioni cristiane
erano però aperte ad un rapporto, anzi le più numerose: molte
delle comunità pentecostali, non volevano questo rapporto. Il
Signore ci illuminò la via. Il Concilio Vaticano secondo, già
dal 1964 aveva approvato un documento: “Unitatis
Redintegratio” che affermava che il dialogo con le altre
chiese cristiane, non doveva limitarsi allo studio e alla
preghiera ma si dovevano allacciare rapporti di cooperazione
concreta in vari campi a favore dell’uomo, della società,
nell’ambito della salute, della promozione sociale ed
economica, della scuola, della casa, dell’approvazione di
buone e sane leggi, ecc. fu una rivelazione e cominciammo ad
avvicinare queste chiese con alcuni progetti. Quale fu la
nostra sorpresa nel vedere che erano felici di cooperare con i
cattolici in questi campi. Pian piano sono nate cooperazioni
per i carcerati, per i rifugiati, per le leggi a favore della
famiglia, per le mense dei poveri, per la casa, ecc. Tante
altre sono in cantiere. Sono sicuro che la cooperazione
porterà pian piano, l’amicizia, la conoscenza, e infine il
dialogo.

7) Settima tappa l’ecumenismo oggi e domani.

Un pastore pentecostale di una grande chiesa che aderiva alla
cooperazione, quasi a giustificarsi, ci disse che lui e la sua
comunità non accettavano l’ecumenismo, in quanto non volevano
diventare cattolici. Era fermo al concetto di ecumenismo della
Chiesa Cattolica prima del Concilio Vaticano II cioè l’Unità
nell’uniformità, cioè tutti dovevano ritornare alla chiesa
cattolica. Gli parlai allora del nuovo concetto di ecumenismo
condiviso da tutte le chiese: “l’unità nella diversità”, dove
la diversità di una chiesa non viene vista più come un
ostacolo all’unità ma come una ricchezza, un apporto; ne fu
favorevolmente sorpreso. Non conosceva neanche i passi avanti
teologici, quali ad esempio la firma tra la chiesa cattolica e
la chiesa Luterana sulla dottrina della giustificazione,
rimase contento. Per questa chiesa una breccia nel muro
dell’isolamento e della diffidenza è stata aperta. Mi chiedo
quanti anche tra gli stessi cattolici, vivono ancora questo
stesso isolamento, nostro compito è far conoscere, avvicinare
all’ecumenismo anche gli stessi cattolici per allargare gli
orizzonti del cuore secondo le nuove indicazioni del
Magistero.

Conclusione – Cercare ed evidenziare quello che ci unisce o ci
può unire e non quello che ci può dividere, e farlo con amore,
pensando che ogni persona che abbiamo davanti è Gesù: ecco
l’insegnamento di Chiara Lubich che ha portato e porta frutti
incredibili. Allora andiamo avanti insieme: con la preghiera
fiduciosa, promuovendo il bene dei fratelli, con la parola
umile ma calorosa di carità, a realizzare quello che sta a
cuore a Gesù: che tutti siano Uno.
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