COMUNE DI BOSISIO PARINI PROVINCIA DI LECCO - Piano triennale di prevenzione della corruzione 2021
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COMUNE DI BOSISIO PARINI PROVINCIA DI LECCO Piano triennale di prevenzione della corruzione 2019 - 2021 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, articolo 1, commi 8 e 9 della Legge 6 novembre 2012 n. 190) 1
INDICE INTRODUZIONE GENERALE 1. Introduzione e quadro normativo di riferimento 2. Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) 3. Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC) e i soggetti obbligati SEZIONE I - PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 4. Il procedimento di adozione del Piano: soggetti coinvolti 5. I contenuti del Piano Anticorruzione 6. Analisi del contesto esterno 7. Il contesto interno: struttura organizzativa 8. Processo di adozione del PTCP 8.1. Mappatura dei processi 8.2. Gestione del rischio: Indicazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, "aree di rischio” 8.3. Metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio 8.3.1. L’identificazione del rischio 8.3.2. L’analisi del rischio 8.3.3. Stima del valore della probabilità che il rischio si concretizzi 8.3.4. Stima del valore dell’impatto 8.3.5. La ponderazione del rischio 8.3.6. Il trattamento 9. Individuazione aree di rischio dell’Ente 10. Trattamento del rischio: misure obbligatorie 11. Trattamento del rischio: misure ulteriori 12. Collegamento del Piano con il Sistema di valutazione della Performance 13. Integrazione del Piano con il Programma Triennale per la Trasparenza e l’Integrità 14. Il titolare del potere sostitutivo 15. Disposizioni finali SEZIONE II - PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L’INTEGRITA’ 1. Dati da pubblicare 2. Trasparenza e privacy 3. Caratteristiche delle informazioni 4. Modalità di pubblicazione on-line dei dati 5. Vigilanza sull’attuazione delle disposizioni 6. Obiettivi strategici 7. Procedimento di elaborazione ed adozione del Programma 8. Processo di attuazione del Programma 2
9. Soggetti coinvolti 10. Le iniziative di comunicazione della trasparenza 11. Processo di controllo: monitoraggio interno 12. Sanzioni SEZIONE III –CODICE DI COMPORTAMENTO 1. Meccanismi di denuncia delle violazioni del codice di comportamento 2. Ufficio competente ad emanare pareri sull’applicazione del codice di comportamento Adeguamento del Piano e clausola di rinvio Allegati: 1. Tabella obblighi di pubblicazione D. Lgs. n. 33/2013, così come modificato dal D. Lgs. n. 97/2016 2. Schede mappatura processi dalla n. 1 alla n. 68 3
INTRODUZIONE GENERALE 1. Introduzione e quadro normativo sistematico di riferimento La Legge n. 190 del 6.11.2012, anche nota come “legge anticorruzione” o “legge Severino”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012, contenente “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, è entrata in vigore il 28 novembre 2012. Per effetto di tale normativa, sono stati introdotti numerosi strumenti per la prevenzione e la repressione del fenomeno corruttivo in seno alle pubbliche amministrazioni e sono stati individuati i soggetti preposti all’attuazione delle misure di carattere preventivo e repressivo previste nella materia di che trattasi. Con l’approvazione della Legge 6 novembre 2012, n. 190 dunque, l’ordinamento italiano, si è dotato di un sistema di prevenzione e repressione del fenomeno corruttivo che si articola, a livello nazionale, con l’adozione del P.N.A. e, a livello “decentrato”, mediante l’adozione dei P.T.P.C. A partire dalla legge n. 190/2012, il quadro giuridico ed istituzionale in materia di prevenzione e contrasto amministrativo alla corruzione è mutato sensibilmente, attraverso la definizione di un complessivo sistema di politiche e misure volte a prevenire l'insorgere di fenomeni di corruzione: lo stesso concetto di corruzione amministrativa si affranca dalla tradizionale impostazione penalistica e si rivolge a definire un insieme più ampio di fenomeni di malcostume e maladministration, intesa, dalla stessa Autorità, “come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari”. In questo senso nasce l'esigenza di dotarsi di strumenti in grado di evidenziare un insieme di fenomeni che costituiscono nel loro complesso il terreno di coltura dei reati contro la pubblica amministrazione, ma non si esauriscono in questi. La costruzione di un sistema di prevenzione della corruzione, si basa, secondo l'impianto della legge n. 190 e dei successivi decreti attuativi (decreto legislativo n. 33 del 2013 e n. 39 dello stesso anno, D.P.R n. 62 del 2013) ed alla luce delle innovazioni introdotte dal decreto n. 90 del 2014, di una serie di elementi e strumenti fondamentali, che sinteticamente possono essere ricondotti ad una serie di misure (trasparenza, incompatibilità, codice di comportamento) e di strutture e funzioni deputate ad articolarle (Autorità nazionale anticorruzione, cui si affianca un sistema reticolare di responsabilità che ha snodo essenziale nei responsabili delle singole amministrazioni). Le misure, coerentemente con l'impianto normativo, sono articolate e sviluppate attraverso politiche molto pervasive che interessano le singole amministrazioni, e che trovano esplicitazione nei piani di prevenzione (PTPC) sviluppati sulla base del piano nazionale definito a livello centrale (con competenza ora in capo all'Anac), oggetto di successivi aggiornamenti destinati a tradursi in aggiornamenti dei piani triennali di amministrazione. Il problema di queste politiche risiede in misura importante nella loro attuazione, da parte delle singole amministrazioni e nella guida ai processi assicurata dal Governo e dalle strutture centrali preposte (in particolare, in Italia, l'Anac), ma anche nel costante sostegno e nella loro continua messa a punto. Il baricentro delle diverse misure può essere individuato nei piani anticorruzione, cui compete lo scopo non solo di adattare alle singole realtà gli indirizzi che discendono dalla legge attraverso il Piano Nazionale predisposto a livello statale (PNA, un documento dettagliato che indica sostanzialmente una serie di contenuti minimi e le modalità di predisposizione dei piani di amministrazione), passando attraverso una auto-analisi e quindi una auto-diagnosi (mappatura del rischio e indicazione delle misure necessarie a contenerlo). 4
Il piano raccoglie i diversi documenti (piano triennale per la trasparenza, codice di comportamento) e li mette a sistema con le altre misure organizzative che anche indirettamente possono favorire il miglioramento degli standard di condotta, tramite ad esempio il miglioramento complessivo delle performance pubbliche (piano delle performance) o la digitalizzazione (il recente piano di digitalizzazione). Il piano triennale di prevenzione della corruzione costituisce dunque, in ogni amministrazione, il riferimento fondamentale da un lato per articolare le politiche anticorruzione, dall'altro per comprenderle. 2. Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) L’Autorità nazionale anticorruzione elabora ed approva il Piano nazionale anticorruzione (PNA). Il primo Piano nazionale anticorruzione è stato approvato dall’Autorità l’11 settembre 2013 con la deliberazione numero 72. Il 28 ottobre 2015 l’Autorità ha approvato la determinazione numero 12 di aggiornamento, per il 2015, del PNA. L’Autorità ha provveduto ad aggiornare il PNA del 2013 per tre fondamentali ragioni: 1. in primo luogo, l’aggiornamento è stato imposto dalle novelle normative intervenute successivamente all’approvazione del PNA; in particolare, il riferimento è al DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014) il cui articolo 19 comma 5 ha trasferito all’ANAC tutte le competenze in materia di anticorruzione già assegnate dalla legge 190/2012 al Dipartimento della Funzione Pubblica; 2. la determinazione n. 12/2015 è pure conseguente ai risultati dell’analisi del campione di 1911 piani anticorruzione 2015-2017 svolta dall’Autorità; secondo ANAC “la qualità dei PTPC è generalmente insoddisfacente”; 3. infine, l’aggiornamento del PNA si è reso necessario per consentire all’Autorità di fornire risposte unitarie alle richieste di chiarimenti inoltrate dai professionisti delle pubbliche amministrazioni, nello specifico i responsabili anticorruzione. Il 3 agosto l’ANAC ha approvato il nuovo Piano nazionale anticorruzione 2016 con la deliberazione numero 831. L’articolo 41, comma 1 lettera b), del decreto legislativo 97/2016, ha stabilito che il PNA costituisca “un atto di indirizzo” al quale i soggetti obbligati devono uniformare i loro piani triennali di prevenzione della corruzione. Il PNA 2016, approvato dall’ANAC con la deliberazione 831/2016, ha un’impostazione assai diversa rispetto al piano del 2013. Infatti, l’Autorità ha deciso di svolgere solo “approfondimenti su temi specifici senza soffermarsi su tutti quelli già trattati in precedenza”. Pertanto: 1. resta ferma l’impostazione relativa alla gestione del rischio elaborata nel PNA 2013, integrato dall’Aggiornamento 2015, anche con riferimento alla distinzione tra misure organizzative generali e specifiche e alle loro caratteristiche; 2. in ogni caso, quanto indicato dall’ANAC nell’Aggiornamento 2015 al PNA 2013, sia per la parte generale che per quella speciale, è da intendersi integrativo anche del PNA 2016. Ciò premesso, il PNA 2016 approfondisce: 1. l’ambito soggettivo d’applicazione della disciplina anticorruzione; 2. la misura della rotazione, che nel PNA 2016 trova una più compiuta disciplina; 3. la tutela del dipendente che segnala illeciti (cd. whistleblower) su cui l’Autorità ha adottato apposite Linee guida ed alle quali il PNA rinvia; 4. la trasparenza, oggetto di innovazioni apportate dal decreto 97/2016, per la quale vengono forniti nuovi indirizzi interpretativi, salvo il rinvio a successive Linee guida; 5. i codici di comportamento e le altre misure generali, oggetto di orientamenti dell’ANAC successivi all’adozione del PNA 2013, per i quali l’Autorità, pur confermando l’impostazione generale, si riserva di intervenire anche ai fini di un maggior coordinamento. Al paragrafo 6 del PNA 2016 (pagina 23), l’ANAC scrive che “partendo dalla considerazione che gli strumenti previsti dalla normativa anticorruzione richiedono un impegno costante anche in termini di comprensione effettiva della loro portata da parte delle amministrazioni per produrre gli effetti sperati, l’Autorità in questa fase ha deciso di confermare le indicazione già date con il 5
PNA 2013 e con l’Aggiornamento 2015 al PNA per quel che concerne la metodologia di analisi e valutazione dei rischi”. Pertanto, riguardo alla “gestione del rischio” di corruzione, che rappresenta il contenuto principale del PNA e dei piani anticorruzione locali, l’Autorità ha preferito confermare l’impianto fissato nel 2013. La gestione del rischio si sviluppa nelle fasi seguenti: 1. identificazione del rischio: consiste nel ricercare, individuare e descrivere i “rischi di corruzione” e richiede che per ciascuna attività, processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi; 2. analisi del rischio: in questa fase sono stimate le probabilità che il rischio si concretizzi (probabilità) e sono pesate le conseguenze che ciò produrrebbe (impatto); 3. ponderazione del rischio: dopo aver determinato il livello di rischio di ciascun processo o attività si procede alla “ponderazione” che consiste nella formulazione di una sorta di graduatoria dei rischi sulla base del parametro numerico “livello di rischio” (valore della probabilità per valore dell’impatto); 4. trattamento: il processo di “gestione del rischio” si conclude con il “trattamento”, che consiste nell’individuare delle misure per neutralizzare, o almeno ridurre, il rischio di corruzione. Confermato l’impianto del 2013, l’ANAC ribadisce quanto già precisato a proposito delle caratteristiche delle misure di prevenzione in sede di aggiornamento 2015: queste devono essere adeguatamente progettate, sostenibili e verificabili. È inoltre necessario individuare i soggetti attuatori, le modalità di attuazione, di monitoraggio e i relativi termini. L’ANAC, inoltre, rammenta che “alcune semplificazioni, per i comuni di piccole dimensioni, sono possibili grazie al supporto tecnico e informativo delle Prefetture in termini di analisi dei dati del contesto esterno. 3. Il Piano Triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) e i soggetti obbligati La legge 190/2012 impone l’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC). Il Responsabile anticorruzione e per la trasparenza propone all’organo di indirizzo politico lo schema di PTPC che deve essere approvato ogni anno entro il 31 gennaio. L'attività di elaborazione del piano non può essere affidata a oggetti Esterni all'amministrazione. Il PNA 2016 precisa che “gli organi di indirizzo nelle amministrazioni e negli enti dispongono di competenze rilevanti nel processo di individuazione delle misure di prevenzione della corruzione” quali la nomina del responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza e l’approvazione del piano. Per gli enti locali, la norma precisa che “il piano è approvato dalla giunta” (articolo 41 comma 1 lettera g) del decreto legislativo 97/2016). Il comma 8 dell’articolo 1 della legge 190/2012 (rinnovato dal Foia) prevede che l'organo di indirizzo definisca gli “obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione” che costituiscono “contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico gestionale e del PTPC”. Il decreto legislativo 97/2016 ha attribuito al PTPC “un valore programmatico ancora più incisivo”. Il PTPC, infatti, deve necessariamente elencare gli obiettivi strategici per il contrasto alla corruzione fissati dall’organo di indirizzo. Conseguentemente, l’elaborazione del piano non può prescindere dal diretto coinvolgimento del vertice delle amministrazioni per ciò che concerne la determinazione delle finalità da perseguire. Decisione che è “elemento essenziale e indefettibile del piano stesso e dei documenti di programmazione strategico gestionale”. Pertanto, L’ANAC, approvando la deliberazione n. 831/2016, raccomanda proprio agli organi di indirizzo di prestare “particolare attenzione alla individuazione di detti obiettivi nella logica di una effettiva e consapevole partecipazione alla costruzione del sistema di prevenzione”. Tra gli obiettivi strategici, degno di menzione è certamente “la promozione di maggiori livelli di trasparenza” da tradursi nella definizione di “obiettivi organizzativi e individuali” (articolo 10 comma 3 del decreto legislativo 33/2013). Come già precisato, la legge anticorruzione, modificata dal decreto legislativo 97/2016, dispone che l’organo di indirizzo definisca “gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della 6
corruzione e trasparenza, che costituiscono contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico gestionale e del piano triennale per la prevenzione della corruzione”. Pertanto, secondo l’ANAC (PNA 2016 pag. 44), gli obiettivi del PTPC devono essere necessariamente coordinati con quelli fissati da altri documenti di programmazione dei comuni quali: 1. il piano della performance; 2. il documento unico di programmazione (DUP). In particolare, riguardo al DUP, il PNA 2016 “propone” che tra gli obiettivi strategico operativi di tale strumento “vengano inseriti quelli relativi alle misure di prevenzione della corruzione previsti nel PTPC al fine di migliorare la coerenza programmatica e l’efficacia operativa degli strumenti”. L’Autorità, come prima indicazione operativa in sede di PNA 2016, propone “di inserire nel DUP quantomeno gli indirizzi strategici sulla prevenzione della corruzione e sulla promozione della trasparenza ed i relativi indicatori di performance”. L’ambito soggettivo d’applicazione delle disposizioni in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione è stato ampliato dal decreto legislativo 97/2016, il cd. “Freedom of Information Act” (o più brevemente “Foia”). Le modifiche introdotte dal Foia hanno delineato un ambito di applicazione della disciplina della trasparenza diverso, e più ampio, rispetto a quello che individua i soggetti tenuti ad applicare le misure di prevenzione della corruzione. Questi ultimi sono distinti tra soggetti tenuti ad approvare il PTPC e soggetti che possono limitarsi ad assumere misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 231/2001. Il nuovo articolo 2-bis del decreto delegato 33/2013 (articolo aggiunto proprio dal decreto legislativo 97/2016) individua tre categorie di soggetti obbligati: 1. le pubbliche amministrazioni (articolo 2-bis comma 1); 2. altri soggetti, tra i quali enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo ed enti di diritto privato (articolo 2-bis comma 2); 3. altre società a partecipazione pubblica ed enti di diritto privato (articolo 2-bis comma 3). La disciplina in materia di anticorruzione e trasparenza si applica integralmente alle pubbliche amministrazioni, come notoriamente definite dall’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 165/2001, comprese “le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione”. Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di approvare i piani triennali di prevenzione della corruzione, provvedendo annualmente all’aggiornamento dei medesimi, per i quali il PNA costituisce atto di indirizzo. Il comma 2 dell’articolo 2-bis del decreto legislativo 33/2013 ha esteso l’applicazione della disciplina sulla “trasparenza” anche a: 1. enti pubblici economici; 2. ordini professionali; 3. società in controllo pubblico, escluse le società quotate in borsa; 4. associazioni, fondazioni e enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei componenti dell’organo di amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni. 7
SEZIONE I PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE Il presente Piano triennale di prevenzione della corruzione del Comune di Bosisio Parini si compone di tre sezioni: ❖ la prima contiene il Piano anticorruzione vero e proprio, che si articola in: ➢ analisi del modello organizzativo dell’Ente, ➢ mappatura delle aree a rischio di corruzione, ➢ azioni correttive previste, responsabilità e tempistica di attuazione per ogni area individuata. ❖ la seconda include il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, che si coordina con il Piano anticorruzione attraverso successivi interventi di monitoraggio e aggiornamento, specie alla luce delle disposizioni del D.lgs. 33/2013 e del d. Lgs. 97/2016; ❖ la terza contiene il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici adottato in attuazione del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, che include il sistema dei Valori dell’Ente, ai quali detti comportamenti devono ispirarsi. Il presente aggiornamento, strutturato sulla base delle indicazioni integrative ed i chiarimenti forniti con la Determinazione ANAC n. 12 del 28.10.2015, si pone nel contesto evolutivo e di progressivo perfezionamento dei Piani fino ad oggi adottati e di seguito espressamente richiamati: ❖ Piano provvisorio di prevenzione della corruzione approvato con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 12 del 29/04/2013; ❖ P.T.P.C. 2014-2016 approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 10 del 29/01/2014; ❖ P.T.P.C. 2015-2017 approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 10 del 28/01/2015; ❖ P.T.P.C. 2016-2018 approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 13 del 03/02/2016; ❖ P.T.P.C. 2017-2019 approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 10 del 25/01/2017. 4. Procedimento di adozione del Piano: soggetti coinvolti Si evidenzia che, nell’esercizio delle attività legate alla prevenzione e repressione della corruzione, sono coinvolti una serie di soggetti sia interni che esterni all’Ente, elencati e di seguito esaminati in sintesi: SINDACO GIUNTA A.N.A.C. COMUNALE COLLABORATORI R.P.C. P.T.P.C. RESPONSABILI DIPENDENTI DI SETTORE COMUNALI U.P.D. O.I.V. 8
a) Il Sindaco: nomina il Responsabile per la prevenzione della corruzione ed il Responsabile per la trasparenza. b) La Giunta comunale: è l’organo di indirizzo politico cui competono, entro il 31 gennaio di ogni anno, l’adozione del P.T.P.C. e dei successivi aggiornamenti c) Il Responsabile della prevenzione della corruzione: La figura del responsabile anticorruzione è stata l’oggetto di significative modifiche introdotte dal legislatore del decreto legislativo 97/2016. La rinnovata disciplina: 1. ha riunito in un solo soggetto, l’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (acronimo: RPCT); 2. ne ha rafforzato il ruolo, prevedendo che ad esso siano riconosciuti poteri idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico con autonomia ed effettività. ll Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Bosisio Parini, in conformità alla previsione normativa di cui all’art. 1 comma 7 della legge n.190/2012, è stato nominato con decreto del Sindaco n. 49 del 25.06.2014 ed è stato individuato nella figura del Segretario Comunale dott.ssa Maria Vignola. Il Responsabile della prevenzione della corruzione predispone ogni anno il Piano triennale di prevenzione della corruzione che viene approvato dalla Giunta Comunale con propria deliberazione, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio Comunale. Il Piano, una volta approvato, è pubblicato sul sito del Comune (www.comune.bosisioparini.lc.it) nell’apposita Sezione “Amministrazione Trasparente” – sottosezione “Altri contenuti - corruzione”. Nella legge 190/2012 sono stati definiti i poteri del Responsabile nella sua interlocuzione con gli altri soggetti interni alle amministrazioni o enti, nonché nella sua attività di vigilanza sull'attuazione delle misure di prevenzione della corruzione. Secondo la legge 190/2012 e le deliberazioni ANAC, il Responsabile svolge prioritariamente i compiti di seguito elencati da inquadrare nella più vasta strategia nazionale di contrasto alla corruzione: ❖ proporre all’organo di indirizzo politico, per l’approvazione, il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione la cui elaborazione non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione (art. 1 co. 8 L. 190/2012); ❖ definire le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori di attività particolarmente esposti alla corruzione; ❖ verificare l'efficace attuazione e l’idoneità del PTCP; ❖ proporre le modifiche del PTCP, anche a seguito di accertate significative violazioni delle prescrizioni, così come qualora intervengano mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione; ❖ d'intesa con il dirigente/responsabile competente, deve verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività per le quali è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione; ❖ entro il 15 dicembre di ogni anno, deve pubblicare nel sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e trasmetterla all’organo di indirizzo; ❖ nei casi in cui l’organo di indirizzo politico lo richieda, o qualora il dirigente/responsabile lo ritenga opportuno, il responsabile deve riferire sull’attività svolta; ❖ svolge i compiti indicati nella circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 1 del 2013 e i compiti di vigilanza sul rispetto delle norme in materia di inconferibilità ed incompatibilità (art. 15 D.lgs. n. 39 del 2013); ❖ individua di concerto con i Responsabili di Area idonee modalità finalizzate a comunicare ed a diffondere i contenuti del presente Piano a tutto il personale dipendente a qualunque titolo del Comune di Bosisio Parini ivi compreso il personale esterno a qualunque titolo titolare di incarichi conferiti all’esterno (esperti, collaboratori esterni, consulenti e dirigenti con contratto a tempo determinato); ❖ nel caso in cui, nello svolgimento della sua attività, il Responsabile Anticorruzione riscontri dei fatti che possono presentare una rilevanza disciplinare deve darne tempestiva informazione al Responsabile di Area a cui il dipendente è addetto, e all'ufficio procedimenti disciplinari, affinché possa essere avviata con tempestività l'azione disciplinare”; 9
❖ ove il Responsabile riscontri dei fatti suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, deve presentare tempestiva denuncia alla competente Procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale (art. 20 D.P.R. n. 3 del 1957; art. 1, comma 3, l. n. 20 del 1994); ❖ ove riscontri dei fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla Procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge (art. 331 c.p.p.) e deve darne tempestiva informazione all'Autorità Nazionale Anticorruzione. d) I Responsabili di Area: assumono, ai sensi del presente piano, il ruolo di referenti per la prevenzione della corruzione all’interno delle strutture agli stessi assegnate, partecipano ai processi di gestione del rischio e svolgono attività di costante vigilanza e monitoraggio sull’attività svolta in tali settori (art. 16 D. Lgs. n. 165 del 2001). In particolare: ❖ collaborano con il Responsabile per la prevenzione della corruzione alla elaborazione del P.T.C.P., concorrendo alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione; ❖ svolgono attività informativa nei confronti del R.P.C. ai sensi dell’articolo 1, comma 9, lett. c), della legge n. 190 del 2012; ❖ osservano le misure di prevenzione del rischio contenute nel P.T.P.C., sono responsabili dell’attuazione delle misure anticorruzione contenute nel presente piano per i settori a loro assegnati e ne controllano il rispetto da parte dei dipendenti; ❖ vigilano sulla corretta applicazione del codice di comportamento e ne verificano le ipotesi di violazione, adottando le conseguenti misure gestionali quali l’avvio di procedimenti disciplinari. Con riguardo alla trasparenza, inoltre, il D. Lgs. 33/2013 prevede esplicitamente che ”i dirigenti responsabili degli uffici dell'amministrazione garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge e che l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente (…) costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili”. La stretta connessione tra anticorruzione, trasparenza e performance determina una diretta competenza e responsabilità del dirigente per il corretto e regolare svolgimento dell’attività degli uffici allo stesso assegnati: in particolare, anticorruzione e trasparenza entrano a far parte del ciclo della performance attraverso gli strumenti di programmazione, rappresentando elementi di valutazione, anche ai fini dell’erogazione della retribuzione di risultato. Tali aspetti sono stati ribaditi anche nella citata Determinazione ANAC n. 12/2015 (par. 4.3.). e) Nucleo di Valutazione/O.I.V.: svolge un ruolo di rilievo per la verifica della coerenza tra gli obiettivi di performance organizzativa e individuale e l’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione previste nel PTPC. Analogamente, verifica la coerenza tra gli obiettivi previsti nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e quelli indicati nel Piano della performance, valutando altresì l'adeguatezza dei relativi indicatori ai sensi dell’art. 44 del d.lgs. 33/2013; procede inoltre all’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di trasparenza ai sensi dell’art. 14, co. 4 lett. g) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Esprime parere obbligatorio sul Codice di comportamento (art. 54, comma 5, D. Lgs. n. 165 del 2001). f) L’Ufficio Procedimenti Disciplinari (U.P.D.): svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito della propria competenza, provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria e può proporre modifiche al Codice di comportamento per il relativo aggiornamento; opera in raccordo con il Responsabile della prevenzione della corruzione per quanto riguarda le attività previste dall’articolo 15 del D.P.R. 62/2013 “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” e del Codice di comportamento adottato dall’amministrazione comunale. 10
g) Tutti i dipendenti del Comune: sono obbligati ad osservare le misure di prevenzione contenute nel P.T.P.C., la cui violazione costituisce illecito disciplinare (art. 1, comma 14 L. 190/2012; art. 8 del Codice di comportamento), e a segnalare le situazioni di illecito e di conflitto di interesse con le procedure previste dall’amministrazione. La citata Determinazione ANAC n. 12/2015 (par. 4.3.) sottolinea l’esigenza di una maggiore attenzione alla responsabilità disciplinare dei dipendenti, attivabile dai Responsabili di Settore, finalizzata ad assicurare il più rigoroso rispetto dei doveri del Codice di comportamento, con verifiche periodiche sull’uso dei poteri disciplinari h) I collaboratori a qualsiasi titolo dell’Amministrazione sono chiamati ad osservare, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel P.T.C.P. e nel codice di comportamento, parte integrante del presente piano, ed a segnalare situazioni di illecito i) L’A.N.A.C. Autorità nazionale anticorruzione (ex CIVIT Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche) è il referente istituzionale esterno per tutte le attività inerenti la materia in questione. Oltre all’approvazione del Piano nazionale anticorruzione, essa svolge la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Tali poteri di vigilanza e controllo sono stati rafforzati con il decreto legge n. 90/2014 convertito in legge n. 114/2014, che ha consolidato la missione istituzionale dell’ANAC come Autorità preposta alla prevenzione della corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate, in tutti gli aspetti gestionali compresi i contratti pubblici, anche mediante l’attribuzione di specifici poteri sanzionatori. La disciplina per l'esercizio del potere sanzionatorio dell'ANAC è contenuta nell'apposito Regolamento approvato dalla stessa Autorità con delibera 9 settembre 2014. L'ANAC svolge inoltre una importante funzione consultiva, anche nei confronti degli enti locali, sia nelle materie disciplinate dalla L.190/2012 e decreti attuativi, sia in sede di componimento delle controversie di cui all’art. 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”. 5. I contenuti del Piano Anticorruzione Per poter essere efficace e garantire il risultato preordinato alla sua adozione il Piano Anticorruzione deve contenere: a) analisi del contesto (esterno ed interno) b) analisi del modello organizzativo scelto dall’ente: definizione di ruoli e responsabilità; c) le aree di rischio (cd. mappatura dei rischi); d) misure organizzative obbligatorie ed ulteriori per la prevenzione; e) la progettazione di un efficace Sistema di Controllo interno; f) la formazione in tema di anticorruzione. Le amministrazioni, inoltre, possono evidenziare nel PTPC ulteriori informazioni in merito a: a) indicazione dei criteri di rotazione del personale; b) indicazione delle disposizioni relative al ricorso all'arbitrato con modalità che ne assicurino la pubblicità e la rotazione; c) elaborazione della proposta di decreto per disciplinare gli incarichi e le attività non consentite ai pubblici dipendenti; d) elaborazione di direttive per l'attribuzione degli incarichi dirigenziali, con la definizione delle cause ostative al conferimento; e) definizione di modalità per verificare il rispetto del divieto di svolgere attività incompatibili a seguito della cessazione del rapporto; f) elaborazione di direttive per effettuare controlli su precedenti penali ai fini dell'attribuzione degli incarichi e dell'assegnazione ad uffici; g) adozione di misure per la tutela del whistleblower; h) predisposizione di protocolli di legalità per gli affidamenti. i) realizzazione del sistema di monitoraggio del rispetto dei termini, previsti dalla legge o dal regolamento, per la conclusione dei procedimenti; 11
j) realizzazione di un sistema di monitoraggio dei rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con essa stipulano contratti e indicazione delle ulteriori iniziative nell'ambito dei contratti pubblici; k) indicazione delle iniziative previste nell'ambito dell'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere; l) indicazione delle iniziative previste nell'ambito di concorsi e selezione del personale; m) indicazione delle iniziative previste nell'ambito delle attività ispettive/organizzazione del sistema di monitoraggio sull'attuazione del PTCP, con individuazione dei referenti, dei tempi e delle modalità di informativa. 6. Analisi del contesto esterno L’Autorità nazionale anticorruzione ha decretato che la prima e indispensabile fase del processo di gestione del rischio è quella relativa all'analisi del contesto, attraverso la quale ottenere le informazioni necessarie a comprendere come il rischio corruttivo possa verificarsi all'interno dell'amministrazione per via delle specificità dell'ambiente in cui essa opera in termini di strutture territoriali e di dinamiche sociali, economiche e culturali, o per via delle caratteristiche organizzative interne (ANAC determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015). Il PNA del 2013 conteneva un generico riferimento al contesto ai fini dell'analisi del rischio corruttivo, mentre attraverso questo tipo di analisi si favorisce la predisposizione di un PTPC contestualizzato e, quindi, potenzialmente più efficace. In riferimento al contesto esterno, qualsivoglia tentativo di comprensione delle dinamiche territoriali rende necessaria una verifica delle caratteristiche socio – economiche del territorio comunale nonché dei dati sulla criminalità organizzata presente nel territorio o in zone contigue. Procedendo con ordine, si analizza innanzitutto il contesto socio - economico. A tal fine nelle tabelle che seguono vengono riportati i principali dati riguardanti il territorio e le sue infrastrutture, l’andamento della popolazione residente e il flusso migratorio. Territorio: superficie totale 6,6 kmq km strade, ci cui 25 statali 2 comunali 21 vicinali 2 n. parchi 3 n. fiumi e torrenti 1 n. laghi 1 Presenza imprenditoriale: n. aziende presenti sul territorio 115 Numero associazioni: Storiche e militari 0 Religiose e di volontariato 6 Culturali, artistiche e turistiche 2 Sportive 4 Strutture presenti sul territorio per attività culturali e tempo libero: biblioteca 1 piscine 1 palestre 1 campi da calcio 2 centro sportivo 0 campi da tennis 1 centro remiero 1 12
Scuole presenti sul territorio: Asilo nido 0 Scuola dell'Infanzia 1 Scuola Primaria 2 Scuola Secondaria I° Grado 1 Scuola Secondaria II° Grado 0 Università (La Nostra Famiglia) 1 Strutture per anziani: centri anziani 0 centro diurno integrato - n. posti 0 Sedi comunali n. sedi 1 mq. sedi 1.000 Società partecipate n. 3 Strutture sanitarie n. 1 Struttura della popolazione e indicatori demografici di Bosisio Parini negli ultimi anni Principali indici demografici calcolati sulla popolazione residente a Bosisio Parini. Anno Indice di Indice di Indice di Indice di Indice di Indice di Indice di vecchiaia dipendenza ricambio struttura carico di natalità mortalità strutturale della della figli per (x 1.000 ab.) (x 1.000 ab.) popolazio popolazione donna ne attiva attiva feconda 1gennaio 1gennaio 1gennaio 1gennaio 1gennaio 1 gennaio 1 gennaio 31 31 dicembre dicembre 2002 95,9 41,4 125,0 93,0 18,5 14,1 5,1 2003 95,9 44,2 123,4 94,5 17,7 9,2 8,9 2004 100,2 44,4 113,3 98,6 18,2 10,7 7,6 2005 102,6 45,5 110,3 101,3 18,2 7,2 7,5 2006 106,8 45,5 98,7 105,5 19,3 8,6 6,5 2007 111,1 45,1 102,5 108,8 19,2 7,5 6,3 2008 109,9 44,9 101,8 113,4 20,4 12,6 7,4 2009 109,0 44,9 110,9 113,1 20,8 11,3 8,7 2010 105,8 46,6 119,5 118,0 20,5 9,7 8,3 2011 102,7 47,2 147,4 126,3 18,8 9,7 7,7 2012 105,9 48,8 150,0 123,7 19,1 11,4 9,7 2013 107,1 47,8 159,0 130,5 19,7 9,9 7,1 2014 113,8 49,9 157,5 133,0 18,5 10,3 9,7 2015 120,4 51,2 137,6 133,9 19,4 9,8 11,3 13
2016 123,4 52,2 140,0 140,8 20,7 6,4 5,8 2017 135,5 52,9 133,5 145,0 22,3 9,3 8,8 2018 142,2 53,5 131,9 148,6 22,8 - - Indice di vecchiaia Rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. È il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. (Ad esempio, nel 2018 l'indice di vecchiaia per il comune di Bosisio Parini dice che ci sono 142,2 anziani ogni 100 giovani). Indice di dipendenza strutturale Rappresenta il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni). (Ad esempio, teoricamente, a Bosisio Parini nel 2018 ci sono 53,5 individui a carico, ogni 100 che lavorano). Indice di ricambio della popolazione attiva Rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione (60-64 anni) e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro (15-19 anni). La popolazione attiva è tanto più giovane quanto più l'indicatore è minore di 100. (Ad esempio, a Bosisio Parini nel 2018 l'indice di ricambio è 131,9 e significa che la popolazione in età lavorativa è molto anziana). Indice di struttura della popolazione attiva Rappresenta il grado di invecchiamento della popolazione in età lavorativa. È il rapporto percentuale tra la parte di popolazione in età lavorativa più anziana (40-64 anni) e quella più giovane (15-39 anni). Carico di figli per donna feconda È il rapporto percentuale tra il numero dei bambini fino a 4 anni ed il numero di donne in età feconda (15-49 anni). Stima il carico dei figli in età prescolare per le mamme lavoratrici. Indice di natalità Rappresenta il numero medio di nascite in un anno ogni mille abitanti. Indice di mortalità Rappresenta il numero medio di decessi in un anno ogni mille abitanti. L’analisi della struttura per età di una popolazione considera tre fasce di età: giovani 0-14 anni, adulti 15-64 anni e anziani 65 anni ed oltre. In base alle diverse proporzioni fra tali fasce di età, la struttura di una popolazione viene definita di tipo progressiva, stazionaria o regressiva a seconda che la popolazione giovane sia maggiore, equivalente o minore di quella anziana. Lo studio di tali rapporti è importante per valutare alcuni impatti sul sistema sociale, ad esempio sul sistema lavorativo o su quello sanitario. Anno 15-64 Totale 0-14 anni 65+ anni Età media 1° gennaio anni residenti 2002 463 2.189 444 3.096 39,4 2003 492 2.182 472 3.146 39,6 2004 485 2.185 486 3.156 39,9 14
2005 493 2.198 506 3.197 40,1 2006 487 2.211 520 3.218 40,4 2007 485 2.268 539 3.292 40,7 2008 495 2.313 544 3.352 40,8 2009 511 2.380 557 3.448 40,9 2010 536 2.367 567 3.470 41 2011 557 2.390 572 3.519 41,2 2012 559 2.358 592 3.509 41,3 2013 548 2.374 587 3.509 41,6 2014 550 2.356 626 3.532 42 2015 534 2.299 643 3.476 42,4 2016 531 2.271 655 3.457 42,7 2017 504 2.242 683 3.429 43,3 2018 493 2.230 701 3.424 43,6 Si ritiene opportuno indicare, nei seguenti elaborati grafici, i dati sull’andamento della popolazione residente, sull’andamento del flusso migratorio e sul flusso degli stranieri. Andamento demografico della popolazione residente nel Comune di Bosisio Parini dal 2001 al 2017 Grafici e statistiche su dati ISTAT al 31 dicembre di ogni anno 15
Flusso migratorio della popolazione Il grafico in basso visualizza il numero dei trasferimenti di residenza da e verso il comune di Bosisio Parini negli ultimi anni. I trasferimenti di residenza sono riportati come iscritti e cancellati dall'Anagrafe del comune. Fra gli iscritti, sono evidenziati con colore diverso i trasferimenti di residenza da altri comuni, quelli dall'estero e quelli dovuti per altri motivi (ad esempio per rettifiche amministrative). Movimento naturale della popolazione Il movimento naturale di una popolazione in un anno è determinato dalla differenza fra le nascite ed i decessi ed è detto anche saldo naturale. Le due linee del grafico in basso riportano l'andamento delle nascite e dei decessi negli ultimi anni. L'andamento del saldo naturale è visualizzato dall'area compresa fra le due linee. Cittadini stranieri Bosisio Parini 2018 e distribuzione per area geografica Gli stranieri residenti a Bosisio Parini al 1° gennaio 2018 sono 196 e rappresentano il 5,7% della popolazione residente. Sono considerati cittadini stranieri le persone di cittadinanza non italiana aventi dimora abituale in Italia. 16
La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 15,3% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dal Marocco (12,8%) e dall'Egitto (12,8%). Mercato del lavoro - Disoccupazione http://ottomilacensus.istat.it/comune/097/097009/ Indicatore 1991 2001 2011 Tasso di disoccupazione maschile 5,2 2,8 2,6 Tasso di disoccupazione femminile 9,1 3,9 7,1 Tasso di disoccupazione 6,7 3,3 4,5 Tasso di disoccupazione giovanile 17,9 10,7 18 CONFRONTI TERRITORIALI Bosisio Indicatore Lombardia Italia Parini 17
Tasso di disoccupazione maschile 2,6 5,8 9,8 Tasso di disoccupazione femminile 7,1 8,2 13,6 Tasso di disoccupazione 4,5 6,8 11,4 Tasso di disoccupazione giovanile 18 23,7 34,7 L’insieme dei dati esaminati consente di pervenire ad alcune conclusioni di massima: 1) tendenziale tasso di incremento del flusso migratorio, accentuato negli ultimi anni; 2) crescita del tasso di disoccupazione; 3) preoccupante crescita del tasso di disoccupazione giovanile, che si caratterizza per un passaggio dal 10,70% del 2001 al 18,00% del 2011. Si tratta, a ben vedere, di tassi comunque inferiori a quelli risultanti dalle rilevazioni statistiche effettuate nello stesso periodo in Italia e nella regione Lombardia. Il crescente tasso di disoccupazione e la mancanza di prospettive di impiego a lungo termine nel tessuto sociale oggionese assumono rilevanza, ad avviso del RPC, nell’ambito dei settori direttamente coinvolti nell’erogazione di contributi economici, sovvenzioni ed altre forme di sostegno a persone e nuclei familiari in difficoltà. Da qui l’esigenza di regolamentare in maniera più analitica quei procedimenti amministrativi coinvolti nell’erogazione di contributi ed ausili economici, caratterizzati da un’eccessiva discrezionalità. In tale direzione si è già operato nel Piano triennale 2016 – 2018 mappando vari procedimenti di tale natura (appartenenti al Settore Politiche sociali ed a quello Amministrativo) ed individuando delle misure di prevenzione aggiuntive rispetto a quelle obbligatorie. Ai suddetti dati si aggiungono quelli acquisiti dalle relazioni periodiche sull’ordine e sulla sicurezza pubblica, presentate dal Ministero dell’Interno al Parlamento. Negli enti locali, ai fini dell'analisi del contesto esterno, i responsabili anticorruzione possono avvalersi degli elementi e dei dati contenuti nelle relazioni periodiche sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica, presentate al Parlamento dal Ministero dell'Interno e pubblicate sul sito della Camera dei Deputati. 18
Pertanto, secondo i dati contenuti nella “Relazione sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata” per l’anno 2016, trasmessa dal Ministro dell’Interno alla Presidenza della Camera dei deputati il 15 gennaio 2018 (Documento XXXVIII, numero 5), relazione disponibile alla pagina web: http://www.camera.it/leg17/491?idLegislatura=17&categoria=038&tipologiaDoc=documento& numero=005v01_RS&doc=pdfel per la provincia di appartenenza dell’Ente, la Provincia di Lecco, risulta quanto segue: “PROVINCIA DI LECCO La provincia di Lecco rimane relativamente vicina alla Svizzera e alla provincia di Milano. Nel corso degli ultimi anni il territorio, sebbene abbia risentito degli effetti negativi della crisi economica, ha continuato ad avere una solida situazione economica grazie alla presenza di attività imprenditoriali, commerciali e industriali e al buon livello di occupazione. Queste caratteristiche positive, hanno attirato l’interesse della criminalità organizzata calabrese. Infatti, anche in questa zona, la ‘ndrangheta conduce le proprie attività illegali (estorsioni, traffici di stupefacenti ed armi) reinvestendo i propri capitali illeciti nei diversi settori dell’economia “sana”. La provincia risulta, infatti, interessata, dalla decennale presenza di alcune articolazioni della ‘ndrangheta, in particolare quella della famiglia “Trovato” alla quale si aggiungono le famiglie satellite dei “De Pasquale” e “Sirianni” che costituiscono la “locale” di Lecco. Quest’ultima struttura della ‘ndrangheta, risulta stabilmente presente nel capoluogo in questione e nei comuni limitrofi ed è connotata da grandi capacità di adattamento, tanto che è riuscita a sopravvivere a numerose attività di contrasto messe in campo dalle Forze di Polizia. La “locale” è risultata dedita ad esercitare la propria influenza in ambito imprenditoriale e politico. Infatti, ci sono stati casi di corruzione di amministratori pubblici locali e di turbative d’asta. E’ stata, inoltre, rilevata la presenza di un’altra “locale” della ‘ndrangheta a Calolziocorte che è in stretti rapporti con le analoghe strutture mafiose presenti nella vicina provincia comasca, alla quale sono state addebitate alcune estorsioni. A quanto detto si aggiunge che recenti investigazioni, hanno evidenziato il concreto interesse della cosca reggina dei “Piromalli” in alcuni settori imprenditoriali e commerciali nella regione Lombardia, in particolare nella provincia di Milano e solo marginalmente anche in questa provincia. Nell’anno 2016, le denunce di episodi di estorsione, talvolta riferibili al crimine organizzato, hanno fatto registrare una contrazione mentre, quelle per usura sono quasi assenti. In questa area, le Forze di polizia, mantengono alto anche il livello di attenzione e contrasto di soggetti legati al terrorismo di matrice islamica. Riguardo alla situazione degli stranieri, il territorio lecchese non è interessato da un forte presenza. Sono state segnalate, però, alcune criticità relative all’accoglienza e al collocamento dei richiedenti asilo (provenienti soprattutto dall’area sub-sahariana ed asiatica). Per quanto riguarda la devianza complessiva degli stranieri, l’esame dei dati statistici, anche se in diminuzione rispetto al precedente anno, ha registrato ancora un 33% del totale delle persone denunciate e/o arrestate. Infatti, sono stati rilevati, a carico degli stranieri, i delitti contro il patrimonio (furti, rapine, ricettazione ed estorsioni), quelli contro la persona (violenze sessuali o lesioni) e quelli in materia di stupefacenti. I reati predatori restano uno dei problemi ai quali viene prestata molta attenzione in quanto destano preoccupazione tra i residenti dei piccoli centri urbani della provincia. Infatti, numerosi sono stati i casi di furto in danno di abitazioni private. Gli autori di questa tipologia di reato sono per lo più italiani seguiti, in minor numero, dagli stranieri. Tanto in ordine alla commissione dei furti (la cui diminuzione complessiva, nel 2016, ha riguardato quasi tutte le relative fattispecie, pur rimanendo numerosi quelli consumati in abitazioni, su auto in sosta, in esercizi commerciali o con destrezza) che per le rapine (anch’esse in decremento generale, residuando abbastanza frequenti nella pubblica via, in esercizi commerciali e in abitazioni), gli autori individuati risultano sia di nazionalità italiana che stranieri. In merito, si evidenzia che i reati predatori appaiono, essenzialmente, ascrivibili a fenomeni di pendolarismo criminale. Questa provincia (unitamente a quelle di Como e Milano e, all’estero, di Paesi comunitari) ha fatto pure censire l’operatività di sodalizi multietnici composti da stranieri (prevalentemente 19
siriani e nordafricani) in attività di favoreggiamento della migrazione di clandestini (verso l’Austria e la Germania), avvalendosi di numerosi veicoli e passeur di varia nazionalità. I reati concernenti le sostanze stupefacenti risultano decisamente poco allarmanti rispetto alle province limitrofe, con le quali, tuttavia, denotano qualche connessione. Nel 2016 sono state sequestrate soprattutto droghe sintetiche, marijuana e cocaina (kg. 3,8 circa il totale dello stupefacente intercettato, in calo rispetto al precedente anno), con una prevalenza degli italiani sugli stranieri quali attori in questo settore (evidenziando anche l’operatività di sodalizi multietnici). Si evidenzia infine, sul territorio, un incremento di talune fattispecie delittuose tra cui le truffe, frodi informatiche, lesioni personali, minacce, casi di violenza sessuale, riciclaggio e omicidio. Altre problematiche segnalate in quest’area per una certa importanza sono la contraffazione e l’abusivismo nel commercio, oltre a talune situazioni di degrado urbano/disagio sociale”. Nello specifico, per quanto concerne il territorio dell’Ente, non si segnalano eventi criminosi o delittuosi. 7. Il contesto interno: struttura organizzativa In base al vigente Regolamento di organizzazione degli Uffici e dei Servizi, approvato con deliberazione di Giunta Comunale n. 164 del 21.12.2011 e s.m.i. l’assetto organizzativo del Comune, in relazione alle funzioni svolte ed ai servizi erogati, si articola in Aree. L’AREA è l’unità organizzativa di massima dimensione presente nel Comune. Essa ha funzioni di programmazione, organizzazione e gestione ed è finalizzato a garantire il corretto ed efficace utilizzo delle risorse attribuite per il raggiungimento degli obiettivi assegnati dagli Organi di Governo, nonché per l’attuazione di indirizzi specifici e l’erogazione di servizi. All’Area viene preposto un Responsabile. La struttura organizzativa del Comune di Bosisio Parini risulta articolata n. 6 aree che esercitano, con autonomia gestionale, funzioni nell’ambito dei programmi indicati dall’Amministrazione Comunale. La struttura comunale (*) è composta da: n. 13 dipendenti totali n. 11 dipendenti di ruolo n. 2 dipendente a tempo determinato n. 3 Posizioni Organizzative (di cui 2 donne, una delle quali è il Segretario Comunale) (*) rilevazione dicembre 2018 Nella tabella seguente è riportata la distribuzione per genere e per categoria professionale: Categoria N. femmine N. maschi Totale A 0 0 0 B 1 1 2 C 5 2 7 D 1 3 4 TOTALE 7 6 13 8. Processo di adozione del PTCP Il Piano è stato redatto dal Responsabile per la prevenzione della corruzione, nominato con decreto del Sindaco n. 49 del 25/06/2014 ed individuato nella persona del Segretario Comunale. Data la dimensione demografica dell'Ente non sono stati coinvolti "attori esterni" nel processo di predisposizione del Piano. Il Piano sarà pubblicato sul sito istituzionale, “Amministrazione trasparente” nella sezione “altri contenuti”, a tempo indeterminato sino a revoca o sostituzione con un Piano aggiornato. 20
8.1 Mappatura dei processi La mappatura dei processi è un modo "razionale" di individuare e rappresentare tutte le attività dell'ente per fini diversi. La mappatura assume carattere strumentale a fini dell'identificazione, della valutazione e del trattamento dei rischi corruttivi. L’ANAC con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 ha previsto che il Piano triennale di prevenzione della corruzione dia atto dell’effettivo svolgimento della mappatura dei processi. 8.2 Gestione del rischio: Indicazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, “area di rischio” Per ogni ripartizione organizzativa dell’ente, sono ritenute “aree di rischio”, quali attività a più elevato rischio di corruzione, le singole attività, i processi ed i procedimenti riconducibili alle macro AREE seguenti: AREA A: ❖ acquisizione e progressione del personale AREA B: ❖ affidamento di lavori servizi e forniture AREA C: ❖ provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario AREA D: ❖ provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario 8.3 Metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio La valutazione del rischio è svolta per ciascuna attività, processo o fase di processo mappati. La valutazione prevede l’identificazione, l'analisi e la ponderazione del rischio. 8.3.1 L’identificazione del rischio Consiste nel ricercare, individuare e descrivere i “rischi di corruzione” intesa nella più ampia accezione della legge 190/2012. Richiede che, per ciascuna attività, processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi di corruzione. Questi sono fatti emergere considerando il contesto esterno ed interno all'amministrazione, anche con riferimento alle specifiche posizioni organizzative presenti all'interno dell'amministrazione. I rischi sono identificati: ❖ attraverso la consultazione ed il confronto tra i soggetti coinvolti, tenendo presenti le specificità dell’ente, di ciascun processo e del livello organizzativo in cui il processo si colloca; ❖ valutando i passati procedimenti giudiziari e disciplinari che hanno interessato l'amministrazione; ❖ applicando i criteri descritti nell’Allegato 5 del PNA: discrezionalità, rilevanza esterna, complessità del processo, valore economico, razionalità del processo, controlli, impatto economico, impatto organizzativo, economico e di immagine. 21
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