CADUTI DI SAVONA - Comitato Gianicolo

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Associazione Amilcare Cipriani – Comitato Gianicolo

CADUTI DI SAVONA
Annotazioni sui caduti Savonesi per la Repubblica Romana del 1849

                                    Figura 1- Torretta vista dal porto

                           Figura 2- Roma: Gianicolo - Statua di Garibaldi

PREMESSA
Breve analisi del periodo storico 1
Il 1849 fu uno degli anni cruciali del Risorgimento, il periodo storico che portò alla formazione di
un’Italia unita, libera e indipendente.

1   Testo tratto dal sito WWW.COMITATOGIANICOLO.IT dell'associazione Amilcare Cipriani - Comitato Gianicolo
                                                                                                          Pag .1 di 17
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A Roma, sotto la spinta di moti popolari che chiedevano libertà e democrazia, crollò il regime ponti-
ficio, e il Papa Pio IX fuggì a Gaeta. Il 9 febbraio 1849 un’Assemblea eletta con suffragio universa -
le proclamò la Repubblica, e il mese successivo ne affidò la guida a un Triumvirato composto da
Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Come bandiera, la Repubblica adottò il tricolo-
re.
Intanto, da Gaeta il Papa invocava l’intervento delle potenze europee per restaurare il potere tempo-
rale. Francia, Austria, Spagna e Regno delle Due Sicilie, paesi cattolici retti da regimi assoluti o
conservatori, attaccarono il territorio della Repubblica da più parti. Un corpo di spedizione francese
forte di 7000 uomini guidato dal gen. Oudinot sbarcò a Civitavecchia. A difesa della Repubblica af-
fluirono in Roma giovani da ogni parte d’Italia e d’Europa. Garibaldi vi portò i suoi volontari.
Il comando del settore più esposto, individuato nel Gianicolo, fu affidato a Garibaldi, che poteva
contare solo su 4300 uomini, e per giunta male armati. Ma era forte in tutti la determinazione di di -
fendere ad ogni costo la democrazia, la libertà, la Repubblica.
Il 30 aprile i Francesi giungevano alle porte di Roma. Ritenendo di incontrare scarsa resistenza, i
Francesi avanzarono allo scoperto attaccando le mura vaticane, ma furono prima fermati dall’inten-
so fuoco dei difensori, e poi vennero aggrediti sul fianco da Garibaldi, che uscito da Porta S. Pan -
crazio guidava un furioso assalto alla baionetta. I Francesi furono costretti a ritirarsi.
Venne concordata una tregua d’armi. L’esercito repubblicano si volse allora contro le truppe borbo-
niche, che avevano invaso il territorio della Repubblica arrivando sino ai Castelli Romani. Garibaldi
li sconfisse a Palestrina e a Velletri, ricacciandoli oltre il confine.
Nel frattempo Oudinot aveva ricevuto ingenti rinforzi, portando i suoi effettivi a 30.000 uomini. Il
1°giugno denunciò la tregua, comunicando che avrebbe attaccato il 4 giugno. Attaccò invece nella
notte tra il 2 e il 3 giugno, cogliendo di sorpresa i difensori. Riuscì ad impossessarsi di punti chiave
della difesa esterni alla città. Particolarmente grave era la perdita di Villa Corsini detta “dei Quattro
Venti” che, situata su di una piccola altura fuori Porta S. Pancrazio, dominava le mura. Le truppe di
Garibaldi si lanciarono in una serie di sanguinosi contrattacchi. La Villa fu presa e persa più volte,
ma infine restò in mano ai Francesi.
Roma venne stretta d’assedio e bombardata. La popolazione sopportava con coraggio i sacrifici e
contribuiva alla difesa.
La Repubblica aveva ormai i giorni contati. Pure continuò a combattere e a resistere con tenacia no-
nostante la schiacciante superiorità delle forze nemiche. I Francesi aprirono le prime brecce il 21
giugno; il 29 e 30 giugno sferrarono l’attacco finale, sfondando le difese. Mentre Garibaldi riuniva i
suoi uomini per l’estrema difesa, in città si correva alle barricate. Ma l’Assemblea per non sottopor-
re Roma ad inutili distruzioni decretò la fine della resistenza. Garibaldi non accettò la resa, e con un
contingente di armati iniziò la ritirata verso Venezia, portando con sé la moglie Anita, incinta e ma-
lata. Mazzini riprese la via dell’esilio.

I combattenti per la Repubblica Romana
La nascita di una organizzazione di difesa della Repubblica Romana portò a combattere per la liber-
tà della Città Eterna uomini e donne provenienti da tutte le parti della penisola Italiana ed anche da
terre più lontane.
Un'informazione indiretta rispetto a questa partecipazione così corale la possiamo dedurre da
un'attenta analisi delle liste dei Caduti per la Repubblica Romana 2 che sono state analizzate
2   Dati derivati dall'elenco in appendice a: "ROMA, REPUBBLICA: VENITE!" Percorsi attraverso la documen-
    tazione della Repubblica Romana del 1849.
A cura di Monica Calzolari, Elvira Grantaliano, Marina Pieretti, Angela Laconcelli - Introduzione di Luigi Londei -
Gangemi Editore, Roma 1999. Archivio di Stato di Roma Non esiste ancora una completa e condivisa lista dei caduti
della Repubblica Romana e per questo l’Associazione Amilcare Cipriani – Comitato Gianicolo ha avviato una
Commissione Studi e Ricerche, presieduta da Agostino Bistarelli, per confrontare le fonti ad oggi disponibili (come il
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dall'Associazione Amilcare Cipriani e pubblicate anche sul citato sito web del Comitato Gianicolo.
AREA                                       N°       %
ESTERO                                      6     0,64%
POSSEDIMENTI AUSTRIACI                     139   14,80%      La suddivisione è stata fatta in base alle
REGNO SARDO PIEMONTESE                     16     1,70%      informazioni disponibili riguardo al luogo di
STATI DELLA CHIESA                         642   68,37%      nascita dei Caduti.
DUE SICILIE                                 8     0,85%
GRANDUCATO TOSCANA                         17        I numeri ci mostrano, oltre ad una prevedibile
                                                  1,81%
CONFEDERAZIONE ELVETICA                    11        importante partecipazione degli abitanti
                                                  1,17%
NON RILEVATO                               100
                                                     appartenenti ai territori dello Stato Pontificio,
                                                 10,65%
                                                     una notevole presenza di Caduti provenienti
TOTALE                                     939   100,00%
                                                     dalle terre al momento sotto la dominazione
Austriaca, comprendendo tra di essi una forte presenza di Lombardi. Tra gli stati confinanti la
partecipazione di combattenti del Granducato di Toscana ha una certa importanza mentre il Regno
delle due Sicilie mostra un numero abbastanza ridotto di caduti.
                                                       Ricordiamo che in aiuto del Papa Pio IX, riparato a
                                                       Gaeta nelle terre di Ferdinando II, scesero in cam-
                                                       po, oltre ai Francesi, anche gli Austriaci, gli Spa-
                                                       gnoli ed il Regno delle due Sicilie.
                                                       In realtà gli Spagnoli non incontrarono mai
                                                       l'esercito Romano essendosi limitati a dirigersi in
                                                       Umbria lasciata sguarnita dagli Austriaci che
                                                       avevano invece invaso la Toscana, occupato
                                                       Bologna ed erano scesi combattendo fino ad
                                                       Ancona.
                                                       I combattimenti con gli uomini accorsi a Roma
                                                       avvennero invece contro l'esercito di Ferdinando
                                                       II, sempre con esiti favorevoli agli insorti, e,
                                                       principalmente, contro i Francesi che avevano
                                                       posto l'assedio alla città eterna.
                                             I Savoia sono praticamente assenti nei fatti della
                                             Repubblica Romana, ma Carlo Alberto aveva da
                                              poco subito la sconfitta a Novara (22-23 marzo
 Figura 3-Mappa degli Stati sulla penisola    1848) ed il nuovo re Vittorio Emanuele doveva
 Italiana nel 1848                            contrastare il malcontento presente all'interno del
suo stato (repressione dei moti di Genova 18 giugno 1848) ed affrontare la caotica situazione
politica nei suoi possedimenti.
In una situazione come quella che abbiamo delineato vogliamo limitare la nostra attenzione agli eroi
che partirono dalla Liguria, ed in particolare dalla Provincia di Savona, per andare a combattere per
la libertà Di Roma.
Le citate liste ci forniscono i nominativi dei seguenti caduti Liguri:

volume citato o l’appendice di Ai Caduti per Roma), le segnalazioni giunte dagli utenti del nostro sito e le fonti
disponibili presso biblioteche ed istituzioni storiche locali.

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Tra di essi spicca certamente la figura del giovanissimo GOFFREDO MAMELI, ma cercheremo in-
vece di conoscere meglio le figure di Tommaso Scianda, Bernardo Peralta e Giacomo Minuto
detto Brusco.
Purtroppo le notizie su questi caduti sono abbastanza ridotte e, in attesa di poter accedere a docu-
mentazione eventualmente presente nelle loro città di nascita, ho essenzialmente utilizzato le fonti
seguenti:

Bibliografia
➢ Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849
➢ COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIANICOLENSE – AI CADUTI PER
  ROMA III NOVEMBRE MCMXLI
➢ GARIBALDI GIUSEPPE; URUGUAY STORIA 1847-1848 - Giuseppe Garibaldi sulla via del ritorno in Italia,
  aprile 1848 (in appendice documenti) di SALVATORE CANDIDO 1968
➢ PIVA DOMENICO; GARIBALDINI Un volontario garibaldino. Il generale Domenico Piva. Note storico-bio-
  grafiche (1826-1907) di EDOARDO PIVA – 1917
➢ "Cantoni il volontario: romanzo storico", di Giuseppe Garibaldi - Milano: Enrico Politti, 1870
➢ “Giacomo Minuto – Patriota Garibaldino Lavagnolese”, AA.VV. - Prima Circoscrizione Savona –
  Confraternita di San Dalmazio – Lavagnola; GRIFL 2000

TOMMASO SCIANDA
Principali notizie biografiche
Dalle notizie raccolte risulta che nacque ad Albenga il 3 dicembre 1821, da Benedetto e Giovanna, e
che aveva compiuto studi in medicina.

Partecipazione agli eventi della Repubblica
Romana
Il Loevinson lo cita più volte nella sua opera; dapprima nel capitolo che tratta delle modalità di ar-
ruolamento informandoci che:
                                                                                                              Pag .4 di 17
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Anche dall'Alta Italia il dott, Tommaso Scianda, ligure, messosi come capitano alla testa di 49 uomini, traver-
sata la Toscana e passato il confine pontificio a Brisighella, giunse a Faenza il 16 dicembre. Proseguendo
poi per Forlì, Cesena, Fano (dove lo Scianda,indisposto per le fatiche del viaggio si faceva rappresentare dal
tenente Ercole Salvioni), Fossombrone, il passo del Furio, — non senza mettere in imbarazzo per le indenni-
tà di via i comuni, dove transitava, — raggiunse la legione a Foligno il 25 dicembre. 3

lo troviamo poi inserito in una lista riferita all'organizzazione dell'esercito in cui appare con la qua-
lifica di Chirurgo Maggiore del Battaglione Bersaglieri al comando di Francesco Daverio
Battaglione Bersaglieri.
Stato Maggiore.
Capitano di stato maggiore: Daverio Francesco
Quartiermastro: Ghiglione Antonio
Aiutante maggiore: Caroni Luigi (considerato come capo battaglione col grado di maggiore)
Ufficiale d'abbigliamento: Mantegazza Giovanni
Uditore di guerra: Natali Pompeo
Ufficiale d'amministrazione: Franchi Giovanni
Chirurgo maggiore: Scianda Tommaso
Chirurgo aiutante: Ripari Pietro
Cappellano: Bassi Ugo
Portabandiera: Cavalieri Emanuele
Maggiore ajutante di campo: Marochetti Giuseppe
Capitano: Bueno Ignacio
Capitano: Portughesi Angelo
Segretario: Nicolassi Andrea
Capitano di deposito: De Masini Napoleone
Tenente di deposito: Gessi Edoardo4

dal capitolo riferito all'organizzazione sanitaria della Legione apprendiamo invece che, nonostante
la giovane età, fu il primo medico inquadrato come tale nella legione stessa:
Il primo chirurgo maggiore, detto anche capo medico che abbia avuto la legione, appena assoldata dal go -
verno romano, fu il dottor Tommaso Scianda, giovane ligure non ancora trentenne. Egli condusse a Garibal-
di, come abbiamo visto sopra, una cinquantina di reclute e si unì a lui in Foligno. Ferito gravemente il 30
aprile, fu nominato di lì a poco chirurgo maggiore in sua vece il dottor Pietro Ripari, cremonese e amico per -
sonale di Garibaldi, che fino allora aveva occupato il grado di chirurgo aiutante maggiore. 5

come tale si adoperò per procurarsi i mezzi necessari per le cure mediche per i feriti che scarseggia-
vano o erano del tutto mancanti fino a quel momento:
Ma come la legione durante la permanenza a Rieti mancava dell'armamento ed equipaggiamento necessarî
pel caso di guerra, cosi difettava pure di una ambulanza, di cavalli che avessero potuto muovere i furgoni
adibiti al trasporto di essa e di cavalli per i medici. Perciò il chirurgo maggiore Scianda e il chirurgo aiutante
maggiore Ripari si rivolsero, il 26 marzo, in vista della guerra prossima, alla commissione di guerra con una
istanza contrassegnata da Garibaldi in cui domandarono:
1° abilità ad istituire una ambulanza militare;
2° norme disciplinari sanitarie da osservarsi nell'attuazione di tale ambulanza, e mezzi adatti allo scopo;
3° ferri per le operazioni dell' alta chirurgia;
4° fondi necessari alla compera di due cavalli, l'uno pel medico, l'altro pel chirurgo.
In seguito a tale istanza la legione fu autorizzata all'acquisto di quegli oggetti che sul momento fossero addi-
rittura indispensabili, mentre per il rimanente le si fece sperare una delle cosi dette cantine reggimentali di
fabbrica francese, contenenti ferri ed attrezzi di chirurgia. 6

Infine il Loevinson lo ricorda anche in una nel passaggio in cui parla della presenza femminile
nell'Esercito Romano informandoci che tra i volontari portati da Scianda era presente anche una
3   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. I Arruolamento - Pag. 5
4   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. II Organizzazione e
    forza numerica - Pag. 89
5   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. XIII Servizio sanitario e
    culto divino - Pag. 143
6   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. XIII Servizio sanitario e
    culto divino - Pagg. 144-145
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donna:
Bisogna dire ancora alcune parole sulla presenza di donne presso la legione. Alcuni pochi ufficiali e soldati
avevano con sé la moglie e, primo fra tutti, il Generale teneva con sé Anita, prima in marzo e aprile a Rieti,
poi nella seconda metà di giugno a Roma. Fra le reclute destinate alla legione che passarono il 18 dicembre
per Rimini sotto il comando del dott. Scianda, trovavasi una donna.7

Ferite e morte
Il 30 aprile 1849 il dottor Scianda venne ferito alla gamba destra e, secondo il Loevinson, morì 14
agosto
Scianda Tommaso n. Liguria, circa 1820. Dottore in medicina. Chirurgo o medico maggiore 16 gennaio, chi -
rurgo maggiore S. M. 14 maggio. Riportò 30 aprile ferita trasfossa sulla faccia anteriore, terzo inferiore, della
gamba destra.
D. 14 agosto.8

Scianda Tommaso – Albenga (Savona) di Benedetto e Giovanna, n. 3 dicembre 1821, Chirurgo maggiore,
tale nominato a far parte dello Stato Maggiore della Divisione Garibaldi e della 1 a Brigata, con ordine del Co-
mando Superiore dell'Armata 16 maggio 1849 e colla data 14 maggio. Ferito mortalmente il 30 aprile. 9

7   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. XIV Disciplina - Pag.
    186
8   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Appendice Elenco degli
    ufficiali della 1a legione italiana (Garibaldi) - Pag. 268
9   COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIANICOLENSE – AI CADUTI PER ROMA III NOVEMBRE MCMXLI - Pag. 189
                                                                                                                            Pag .6 di 17
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BERNARDO PERALTA
Principali notizie biografiche
Nacque a Savona nel 1824. Aveva già seguito Garibaldi in Sud America; aveva infatti fatto parte
della Legione Italiana di Montevideo (costituitasi nell'Uruguay nel 1843 per difendere Montevideo
dall'attacco del dittatore Rosas che sperava di unire l'Uruguay alla Federazione Argentina).
Sappiamo da Nino D'Althan che il Peralta era tra gli 85 legionari che la sera del 15 aprile 1848, si
imbarcarono con Garibaldi ed il suo luogotenente Anzani su una nave diretta in Italia, comperata
dai commercianti italiani di Montevideo come segno di gratitudine verso i legionari, ribattezzata
"Speranza" e caricata di 1000 fucili e due cannoni, offerti dal Governo della Difesa per la causa ita-
liana.
Il 15 aprile di quello stesso anno, Garibaldi con ottantacinque dei suoi legionari, tra i quali
l'Anzani, il Vecchi, il Ramorino, il Montaldi, il Marocchetti, il Grafigna, il Peralta, il Rodi, il
Cucelli, ed il suo moro Aghiar salpava da Montevideo per le sponde d'Italia. Un giornale
nizzardo dell'epoca annunciò il suo arrivo dall'America in Europa con queste precise paro-
le “è giunto in questa sua patria da Montevideo, oggi, 21 giugno, alle ore dieci e mezza
Giuseppe Garibaldi, condottiero dei prodi italiani di quella regione, con ottantacinque se -
guaci, in uniforme di pantaloni bianchi, blusa rossa, cappello bianco, all'italiana con imbot -
titura verde, in complesso la bandiera italiana”. 10

Partecipazione agli eventi della Repubblica
Romana
Il Loevinson lo cita sia nella prefazione della seconda parte della sua opera:

                                                           "La Legione italiana ha le sue membra seminate dalle colline
                                                           del Salto ai sette colli di Roma !... le ossa dei suoi militi riposa-
                                                           no accanto alle ossa dei Scipioni! ed il Gianicolo ha fatto eco
                                                           al canto di vittoria dei vostri compagni! Montaldi, Manuel,
                                                           Aguyar, Ramorino, Peralta dormono sul vecchio monte del po-
                                                           polo, ove son caduti pugnando valorosamente per l'emancipa-
                                                           zione del popolo”

                                                                                                G. Garibaldi da New-York, 9 marzo
                                                                                                1851, ad Antonio Susini- Millelire.11

sia nel Capitolo dedicato alla arruolamento riportandolo nella lista degli ufficiali che avevano com-
battuto con Garibaldi in America ed informandoci che era al comando, come Capitano, della Sesta
Compagnia della Legione Garibaldina alla difesa di Roma:
Una quarantina di individui appartenenti alla legione aveva già combattuto sotto Garibaldi in America.
Non ne conosciamo però tutti i nomi, Gli ufficiali che sappiamo aver combattuto sotto Garibaldi in America,
sono 24, e cioè: Aguyar Andrea, Ameo Pietro, Bueno Ignacio, Caroni Luigi, Cavalleri Emanuele, Cucelli Luigi,
Culiolo (Leggiero) Giovanni, Demaestri Francesco, Franchi Martino, Graffigna Antonio, Groppi Giuseppe, Li -
vraghi Giovanni, Marochetti Giuseppe, Minuto (Brusco) Giacomo, Montaldi Alessandro, Parodi Lorenzo, Pe-
ralta Bernardo, Ramorino Paolo, Righini Carlo, Risso Tommaso, Rodi Carlo, Sacchi Gaetano, Sivori Gio-
vanni, Solari Antonio.12

10   MILANO; MUSEI - Il Museo del Risorgimento di Milano - ANTONIO MONTI – 1932 – “I congiunti di Manuel Belgrano e la Redenzione d'Italia” di
     Nino D'Althan Pag. 422
11   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Prefazione - Pag. III
12   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. I Arruolamento - Pagg.
                                                                                                                                  Pag .7 di 17
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Sesta Compagnia.
Capitano: Peralta Bernardo
Tenente: Zanucchi Omero
Sottotenenti: Binda Luigi e Frattini Pietro 13

Infine, sempre il Loevinson, ci presenta il Peralta come membro del Consiglio di guerra che deve
giudicare, due soldati rei di avere effettuato un furto ai danni di un oste di Arcinazzo; la giuria pri-
ma di porre a morte i condannati demanda la decisione a Garibaldi ed il generale, costituita
un'ampia commissione giudicante composta tutti gli ufficiali di ogni arma della legione nonché di
tutti i sergenti della centuria, otterrà da quest'ultima una decisione unanime di procedere alla fucila-
zione. Un giudizio così pesante venne emesso con l'intenzione di infliggere una condanna esempla-
re per preservare la moralità della legione.

Due soldati appartenenti alla 1a coorte della legione rubarono, il 22 aprile, ad un oste abitante ai prati di Arci-
nazzo, presso Anagni, danaro e oggetti del valore di circa 34 scudi. Denunciato il fatto il giorno dopo all'udi-
tore della legione, questi cominciò subito la istruttoria, dimodoché già il 25 aprile il consiglio di guerra, in Ana -
gni, composto del maggiore Marochetti presidente, del capitano Peralta, del tenente Bassini, del sottotenen-
te Boldrini giudici e del tenente Tassoni fiscale potè pronunciarsi nei termini seguenti: " dieci anni di galera
non sarebbero una pena esemplare in questi tempi e profittevole alla conservazione della moralità nella le-
gione; cosi si riservano, prima di sentenziare, di sentire il voto del cittadino generale comandante questa 1 a
legione, opinando il presidente ed i giudici per la pena della morte mediante fucilazione„. Conosciuto il voto
espresso dal consiglio di guerra, Garibaldi "trovò opportuno istituire un giudizio composto di tutti gli ufficiali di
ogni arma della legione nonché di tutti i sergenti della centuria, e fattagli (sic!) lettura per intiero dall'uditore
del processo assunto, resi ostensibili i corpi di delitto, il giudizio militare ad unanimità sentenziò rei del delitto
di furto i due condannati alla morte mediante fucilazione, tanto a punizione del commesso delitto che ad
esempio ai perversi. Locché si effettuerà alla prima marcia. Questa fu la decisione del congresso rappresen-
tante tutta la legione„. La sera stessa del 25 aprile furono dati gli ordini opportuni, per esporre la mattina del
giorno seguente i due rei alla berlina e per procedere poco dopo alla loro fucilazione. 14

Ferite e morte
Il Capitano Peralta fu ferito più volte nel corso della sua vita : dapprima a Luino, nella
Campagna di Lombardia del 1848, e poi durante i combattimenti per la difesa della
Repubblica Romana, ove ricevette una prima ferita alla parte posteriore della caviglia
durante lo scontro di Velletri contro i Napoletani il 19 maggio 1849 e venne infine colpito a
morte pochi giorni dopo, nella sanguinosissima battaglia del 3 giugno a cui volle partecipare
benché ancora convalescente.
Le notizie riguardo alla sua morte ci sono fornite da Ermanno Loevinson, da Domenico Piva,
dalla Commissione Esecutiva per il Mausoleo Ossario Gianicolense e dallo stesso Garibaldi.
Peralta Bernardo n. Liguria, circa 1824. Tenente aiutante maggiore 16 gennaio, aggregato allo S. M. 27 feb-
braio, capitano 7 marzo, capitano aiutante maggiore 21 maggio. Riportò, 19 maggio, contusione al garetto si-
nistro. Uscito dall'ospedale 25 maggio, D. sul campo 3 giugno. Garibaldi nel bollettino di questa giornata io
ricorda fra i martiri e morti da prodi. C. America.15

Della terza centuria, comandata da Bernardo Peralta, forte di ben cento e sedici legionari, solo cinquantaset-
te risposero all'appello nella sera del 3 di giugno; degli altri chi giaceva ferito, chi morto sul campo e tra i
morti, Bernardo Peralta, ucciso nel secondo assalto."16
     26-27
13   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. I Arruolamento – Pag.
     40
14   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. XIV Disciplina - Pagg.
     181-182
15   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Appendice Elenco degli
     ufficiali della 1a legione italiana (Garibaldi) - Pag. 260
16   Da: PIVA DOMENICO; GARIBALDINI Un volontario garibaldino. Il generale Domenico Piva. Note storico-biografiche (1826-1907) di EDOARDO
                                                                                                                                    Pag .8 di 17
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È significativo che in detto breve elenco in cui sono citati 22 morti e 18 feriti, 7 fra i morti e 6 fra i feriti siano
sicuramente militi della Legione Italiana di Montevideo che avevano seguito il loro capo nella generosa av -
ventura in Italia. Erano combattenti di Montevideo, infatti, i tre maggiori dell'elenco (Alessandro Montaldi,
Bernardo Peralta, Paolo Ramorino), i capitani Giacomo Minuto e Tommaso Risso, il tenente Emanuele Ca-
valieri (in effetti era l'uruguaiano Caballero o Caballeros, detto Manuelito) ed il sottotenente Andrea Aguiar
meglio noto come il negro di Garibaldi.17

Peralta Bernardo n- SAVONA n. 1824. Legionario di Montevideo. Tenente aiutante maggiore della Legiione
Italiana (Garibaldi) il 27 febbraio; capitano il 12 maggio, ferito a Velletri il 19 maggio. Non aveva ancor rimar-
ginata la ferita, che corsa a combattere il 3 giugno lasciandovi la vita. Nella campagna di Lombardia del
1848, era stato ferito a Luino.18

     PIVA – 1917 pag. 77
17   Da: GARIBALDI GIUSEPPE; URUGUAY STORIA 1847-1848 - Giuseppe Garibaldi sulla via del ritorno in Italia, aprile 1848 (in appendice documenti)
     di SALVATORE CANDIDO 1968 pag 568
18   COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIANICOLENSE – AI CADUTI PER ROMA III NOVEMBRE MCMXLI - Pag. 182
                                                                                                                                      Pag .9 di 17
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GIACOMO MINUTO detto BRUSCO
Principali notizie biografiche
Sia il Loevinson sia la COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIA-
NICOLENSE ricordano la nascita di Giacomo Minuto con le medesime poche parole:
Minuto Giacomo (detto Brusco) di Bartolomeo (vulgo Giuseppe) e Cacre Teresa, n. Lavagnola (frazione di
Savona), 4 giugno 1819.19 20

Ho potuto ritrovare alcune notizie più
dettagliate nel prezioso opuscolo “Giaco-
mo Minuto – Patriota Garibaldino Lava-
gnolese” e precisamente nel contributo
di Giovanni Mario Spano.
Il padre, panettiere con esercizio nella piazza
della borgata, partecipò attivamente alla vita
dell'Oratorio di San Dalmazio, di cui rivestì la ca-
rica di Priore nel 1832.
La conferma del relativo benessere economico
della famiglia del Minuto è documentata da un
prestito che il padre del compatriota fece alla
Confraternita di San Dalmazio nell'anno in cui
era Priore, per far fronte al consistente debito
contratto per eseguire il nuovo crocifisso proces-
sionale con ornamenti in puro argento.
La madre, originaria di Millesimo, abitò in età gio-
vanile entro i confini della parrocchia di San Gio-
vanni ed ivi si sposò il 27 febbraio 1816, affian-
cando il marito nell'attività commerciale.

Il nostro garibaldino era il secondogenito di sei fi-
gli. Preceduto da Camilla, che sposerà Salvatore
de Benedetti, proprietario della filanda di bachi
da seta operante nel “palazzo dei portici” in piaz-
za Lavagnola e fatto costruire a questo scopo
non senza provocare le proteste delle lavandaie.
In seguito nacquero Caterina, Gerolamo ed
Anna, morti da giovani, ed infine Giovanni detto
Nicolò.
Quest'ultimo era di carattere difficile in quanto caparbio, manesco, rissoso e dedito al vizio, compreso quello
del gioco: per la sua indole subì una detenzione di 30 mesi, per aver inferto brutali percosse con ferite.

Senza dubbio le condizioni della famiglia in cui Giacomo nacque gli permisero di lasciare presto la natia bor-
gata: infatti nel 1839, quando aveva appena vent'anni, non risulta più nei censimenti locali. Erano gli anni dei
moti carbonari, in cui Giuseppe Mazzini diffondeva le sue idee meditate e maturate durante la prigionia nel
carcere savonese del Priamar (1830) ed in cui si affermava la popolare figura di Giuseppe Garibaldi.
Tutti questi ideali conquistarono senza dubbio l'animo giovanile del Minuto, coinvolgendolo totalmente fino
alla morte
Nei suoi scritti Garibaldi, tratteggiando con enfasi la figura del “Brusco”, ci fa sapere che era “alto di statura,
ampio di petto e nerboruto … un perfetto atleta” e che “il vaiuolo aveva segnato il marziale suo volto, ma non
alterato il suo contegno guerriero”.
Così pure quando marciava con i suoi militi verso il nemico “ispirava loro fiducia ed era ammirabile di valore
e di sangue freddo”.
Il Minuto combatté per l'indipendenza dell'Uruguay tra il 1842 e il 1846. Il 15 aprile 1848, insieme a 73 redu -
ci, partì da Montevideo sul brigantino Bifronte, da loro ribattezzato “La Speranza”, approdò a nizza il 21 giu -
19   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Appendice Elenco degli
     ufficiali della 1a legione italiana (Garibaldi) - Pagg. 257-258
20   COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIANICOLENSE – AI CADUTI PER ROMA III NOVEMBRE MCMXLI - Pag. 178
                                                                                                                         Pag .10 di 17
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gno, quindi proseguì per la Lombardia passando per Genova per partecipare alla prima guerra d'Indipenden-
za Italiana.
L'anno successivo, con l'Eroe dei due Mondi, corse alla difesa di Roma. Ad aprile, presso Terracina e poi
alle porte di Roma, il Minuto procedette a diverse requisizioni di quadrupedi al fine di allestire l'acquartiera -
mento di parte di una legione, essendo responsabile di 66 uomini e 79 cavalli.

Dopo tanti anni di fedeltà a Garibaldi, solo negli ultimi mesi di vita, il Brusco fece una rapida carriera: Sottote -
nente il 16 gennaio 1949, Tenente il 20 marzo, Capitano dei Lancieri il 24 maggio. 21

Partecipazione agli                                                                         eventi                             della
Repubblica Romana
Una quarantina di individui appartenenti alla legione aveva già combattuto sotto Garibaldi in America.
Non ne conosciamo però tutti i nomi. Gli ufficiali che sappiamo aver combattuto sotto Garibaldi si procuraron-
o, il 26 aprile, dal canonico Benedetto Piccirilli in Ferentino 147 sc. sotto forma di prestito al governo. Ma
quando, dietro domanda del canonico per avere il rimborso, il ministero della guerra si rivolse ad uno degli
aiutanti di Garibaldi per avere spiegazioni in proposito, ebbe per risposta che quella requisizione di danaro
era stata una contribuzione ordinata dalla legione per i cattivi trattamenti ricevuti in Ferentino, e che perciò
non doveva aver luogo il rimborso. Fino al 25 maggio, il canonico non aveva, infatti, ottenuto ancora alcun
rimborso. Non sappiamo, se si riferiscano a questa oppure ad un'altra requisizione eseguita dai lancieri a Fe-
rentino, i 20 sc. che trovansi notati in un conto del 5 giugno firmato da Giacomo Minuto, comandante la 2a
centuria dei lancieri, e giustificato nella maniera seguente: "per aver pagati diversi confidenti onde requisire
denaro a Ferentino e per assistenza all'operazione„.22

Appena arrivato ad Anagni, Garibaldi non solo continuò la requisizione di quadrupedi ivi e nelle altre parti
della provincia di Frosinone, ma mandò distaccamenti incaricati di tale ufficio anche nelle provincie di Velletri
e Comarca. Di questa sua misura impostagli dalle circostanze egli dette avviso, con lettera del 20 aprile, al
governatore di Anagni, il quale tanto meno doveva rimanerne edificato, in quanto i garibaldini non sempre ot-
tennero con le buone i quadrupedi richiesti (come dalle monache di Santa Chiara in Anagni); anzi più di una
volta dovettero ricorrere alla forza. Per es. dai cappuccini che rifiutaronsi di consegnare le bestie, vollero in
ostaggio il padre guardiano e lo custodirono in una scuderia; e per simile ragione condussero la sera del 20
aprile ad Anagni e lo custodirono in una caserma un padre conventuale del comune di Piglio, senza che di
questi arresti fosse fatta comunicazione ufficiale al governatore di Anagni.
Ma i 18 muli che fino al 23 aprile Garibaldi aveva radunato, non gli sembravano ancora sufficienti per le sal-
merie della legione. Perciò mandò il capitano Giacomo Minuto e 11 dei suoi cavalieri a Terracina, con ordi-
ne firmato da lui, di requisirvi i cavalli del cardinale Antonelli. Presentatisi i cavalieri, il 25 aprile, a Terracina e
non trovando in città i cavalli dell'Antonelli, presero, pel momento, due cavalli da soma ai frati trinitarî del
convento del Ritiro, e il giorno dopo tolsero dalle vicine tenute 40 cavalli, non tutti però di proprietà dei fratelli
Antonelli, ma anche di altri proprietari di Terracina. Perciò grande malcontento nella popolazione di Terracina
e il pericolo di atti ostili contro i lancieri di Masini, qualora fossero comparsi un'altra volta in quella città.
Al momento della partenza da Anagni per Roma, cioè il 25 aprile, il grosso della legione contava fra muli e
cavalli 124 bestie (ben inteso non comprese quelle requisite a Terracina), e 76 dei suoi cavalli erano di pro-
prietà individuale di taluni dei componenti la legione.
Molto soffrirono per requisizioni di quadrupedi ad uso della legione i così detti Ritiri dei passionisti: quello di
Paliano ne dovette consegnare 5, quello di Moricone in Sabina 1, quello di Ceccano 4; e soltanto al primo di
essi fu promessa la restituzione delle bestie requisite, promessa che peraltro non fu mantenuta. Tali requisi -
zioni di quadrupedi furono eseguite con poco riguardo specialmente dai capitani dei lancieri Minuto e Miller;
e i frati le consideravano, senz'altro, come furti; per es. quelli della famosa Certosa di Trisulti in Ciociaria e di
San Silvestro sopra Montecompatri. Ma non furono, come abbiamo già visto in occasione delle requisizioni di
Terracina, i frati gli unici che fossero danneggiati: A principi romani, ad appaltatori di stazioni postali, a mer -
canti di campagna, piccoli proprietarî e semplici vetturali accadde lo stesso. Perfino dalle scuderie del Vatica-
no i garibaldini, negli ultimi giorni della difesa di Roma, pare abbiano portato via circa 50 cavalli. 23

21   “Giacomo Minuto – Patriota Garibaldino Lavagnolese”, AA.VV. - Prima Circoscrizione Savona – Confraternita di San Dalmazio – Lavagnola; GRIFL
     2000 – Capitolo “Giacomo Minuto” di Giovanni Mario Spano
22   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. VI Requisizioni di
     denaro – Pagg. 85-86-87
23   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Cap. IX Traino e quadrupedi
     – Pagg. 103-104-105
                                                                                                                                     Pag .11 di 17
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Ferite e morte
Sulla data di morte del Brusco ci sono diverse versioni come rimarca lo stesso Giovanni Mario Spa-
no nel libro citato:
La battaglia romana contro i Francesi fu molto aspra e combattuta. Il “Brusco” si distinse particolarmente il
30 aprile a Porta San Pancrazio, altri combattimenti si susseguirono dal 3 al 28 giugno con gravi perdite del-
lo stato maggiore di Garibaldi e della sua legione tra cui il Minuto.
Esistono discordanze di date sul ferimento e sulla morte del Minuto tra Garibaldi e gli storici.
Secondo Giuseppe Garibaldi il patriota fu colpito il 3 giugno quando “una palla Napoleonica forava quel petto
d'acciajo e vicino a sanare, - all'entrata dei soldati di Bonaparte in Roma nei primi di luglio, - Brusco strappa -
vasi dallo sdegno, gli apparecchi della ferita, e moriva volontariamente d'emorragia”
Secondo lo storico Ermanno Loevinson, che studiò sistematicamente i documenti della battaglia, il 3 giugno
il Minuto, con i suoi cavalleggeri, fu posto sotto gli ordini diretti di Garibaldi, venne ferito il 25 giugno e la mor -
te giunse il 28 luglio nell'ospedale della Trinità dei Pellegrini a Roma. Altri datano la morte al 27 giugno.
Renzo Aiolfi nel suo studio “Savona nel Risorgimento” informa che nell'archivio comunale è conservata una
lettera della Sovraintendenza degli archivi romani attestante che il Minuto ferito il 25 giugno, morì il 15 luglio.
24

Ecco come il Loevinson e la COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO
GIANICOLENSE trattano della morte del Brusco

Minuto Giacomo (detto Brusco) di Bartolomeo (vulgo Giuseppe) e Cacre Teresa, n. Lavagnola (frazione di
Savona), 4 giugno 1819. Sottotenente 16 gennaio, tenente 20 marzo, capitano nei lancieri di Masini 24 mag-
gio. Si distinse 30 aprile. Ebbe ferita trasfossa al petto 25 giugno. C. America.
D. 2^ luglio, perché avendo saputo l'ingresso dei francesi in Roma, si era strappata la fascia dalla sua feri-
ta.25 26
Garibaldi, invece, lo ricorda tra i compagni che avevano combattuto con lui in Sud America
e lo avevano poi seguito in Italia :
È significativo che in detto breve elenco in cui sono citati 22 morti e 18 feriti, 7 fra i morti e 6 fra i feriti siano
sicuramente militi della Legione Italiana di Montevideo che avevano seguito il loro capo nella generosa av -
ventura in Italia. Erano combattenti di Montevideo, infatti, i tre maggiori dell'elenco (Alessandro Montaldi,
Bernardo Peralta, Paolo Ramorino), i capitani Giacomo Minuto e Tommaso Risso, il tenente Emanuele Ca-
valieri (in effetti era l'uruguaiano Caballero o Caballeros, detto Manuelito) ed il sottotenente An drea Aguiar
meglio noto come il negro di Garibaldi.27

Inoltre Garibaldi gli dedica spazio all'interno del suo romanzo "Cantoni il volontario: ro-
manzo storico": parlando della vita della Legione durante la marcia di avvicinamento a
Roma ce lo presenta nell'accampamento in “uno dei fuochi di campo, Brusco, torreggiava,
ed i suoi giovani compagni cogli occhi rivolti a lui non fiatavano ascoltando il seguente rac-
conto:

IL RACCONTO.
                                                                                             La memoria venturosa
                                                                                             Che conserva chi va profugo
                                                                                             De bei dì in che lieto fu
                                                                                             È l'essenza della rosa
                                                                                             Che conserva il puro effluvio
                                                                                             D'un april che non è più. -

24   “Giacomo Minuto – Patriota Garibaldino Lavagnolese”, AA.VV. - Prima Circoscrizione Savona – Confraternita di San Dalmazio – Lavagnola; GRIFL
     2000 – Capitolo “Giacomo Minuto” di Giovanni Mario Spano
25   Ermanno Loevinson: GIUSEPPE GARIBALDI E LA SUA LEGIONE NELLO STATO ROMANO 1848-1849 - Parte seconda – Appendice Elenco degli
     ufficiali della 1a legione italiana (Garibaldi) - Pagg. 257-258
26   COMMISSIONE ESECUTIVA PER IL MAUSOLEO OSSARIO GIANICOLENSE – AI CADUTI PER ROMA III NOVEMBRE MCMXLI - Pag. 178
27   Da: GARIBALDI GIUSEPPE; URUGUAY STORIA 1847-1848 - Giuseppe Garibaldi sulla via del ritorno in Italia, aprile 1848 (in appendice documenti)
     di SALVATORE CANDIDO 1968 pag 568
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         Giacomo Minuto soprannominato Brusco (ed era veramente brusco col nemico) era uno dei 73 che
vennero da Montevideo in Italia nel 48 per prender parte alle cose patrie. E quegli Americani, com'eran chia-
mati tra i Volontari, eran la maggior parte valorosi ufficiali e lo provarono seminando le ossa su quella terra di
glorie e di maledizioni che il prete ha ridotta in covile di malandrini d'ogni nazione, e si potrebbe dire in anfi -
teatro di torture, e di vergogne italiane. -
         Brusco, marciando al nemico in fronte d'una colonna di militi, ispirava
loro fiducia, ed era ammirabile di valore e di sangue freddo.
         Il vajuolo avea segnato il marziale suo volto, ma non alterato il suo
contegno guerriero. Alto di statura, ampio di petto e nerboruto, questo prode
figlio della Liguria era del resto un perfetto atleta. -
         Nel fatale 3 giugno una palla Napoleonica forava quel petto d'acciajo
e vicino a sanare, - all'entrata dei soldati di Bonaparte in Roma nei primi di lu-
glio, - Brusco strappavasi dallo sdegno, gli apparecchi della ferita, e moriva
volontariamente d'emorragia. - In uno dei fuochi di campo, Brusco, tor-
reggiava, ed i suoi giovani compagni cogli occhi rivolti a lui non fiatavano
ascoltando il seguente racconto:
         «Nella cattedrale di Montevideo (Matriz come la chiamano colà) v'era
un frate, che si diceva venuto da Terra Santa, e portatore di preziose reliquie.
         «Egli era un uomo sui quaranta, corpulento e sull'ipocrita sua fisono-
mia si notavano da un occhio esperto, le traccie della lussuria. I suoi devoti li dicevano effetti d'astinenze e
mortificazioni.
        «L'arrivo di quell'uomo a Montevideo fece epoca, giacché, quantunque come la grimigna si propaghi
anche là la pianta, i venuti da Terra Santa sono poco frequenti.
         «Vi sono preti, ma non fanatismo, e la popolazione è troppo libera per soggiacere sotto l'influenza di
tali impostori. Ciò per la popolazione maschia.
        «Le femmine, come dovunque, sono pascolo di birbanti, e in massima più propense al pretismo, sia
per la natura men forte delle figlie d'Eva, sia per il culto speciale dei chercuti per il bel sesso e per ogni godi -
mento umano.
        «E ben provò la mia bella e sventurata Dolores il culto di quello scellerato per la libidine! - E qui
s'inumidivano gli occhi del forte milite rimembrando una creatura amata e perduta.
        Dolores era un'angelica fanciulla! E Brusco a quell'esclamazione volgeva gli occhi ad Ida, che al lato
di Cantoni, ed avvolta in un mantello del suo amante, sporgeva la sua bella testa verso il narratore.
         «Sì, anche in quei lontani paesi, vi sono delle vezzosissime donne: sulla razza indigena e su quella
più infelice ancora de' trasportati africani primeggiano i discendenti dei conquistatori che conservano i bei li -
neamenti della razza iberica, ma con accrescimento di disinvoltura e fierezza, prodotte naturalmente da una
vita libera, cavalleresca e guerriera.
         E Dolores era uno perfetto rampollo di quella razza, facile a discernersi dal grazioso portamento del-
la persona, dalla capigliatura d'ebano e dall'occhio nero arcato, di cui è difficile sostenere lo sguardo senza
sentirsi beati da moti deliziosi, irresistibili. Dolores non era una beghina, - anzi piuttosto spregiudicata, - e
siccome m'avea dato tante prove di corrispondere all'immenso mio affetto, io non dubitava d'aver influito a
sottrarla al diabolico contatto del prete. - (Ma quante non sono le donne che sanno il clero bugiardo, che
sono colte e che pure frequentano la maledetta bottega per abitudine, per ipocrisia o per fini non religiosi!) -
          Quella mia carissima fidanzata lasciossi un giorno, per curiosità donnesca, persuadere da sua zia a
visitare la matriz per vedervi quel frate, di cui si raccontavano portenti, e che tanti possedeva talismani di
Terra Santa. L'astuto prete faceva poi valere tutti quei suoi giocattoli da ciarlatano con una chiacchiera da in -
finocchiare sino al delirio le sue ascoltatrici. Egli avea dei mosaici del Santo Sepolcro, delle olive che avea
lasciato Cristo nel giardino degli Olivi, ove egli si cibò, dopo l'orazione, di quelle frutta, e che miracolosamen -
te si conservavano ancora intatte ai giorni nostri. Un occhio di Santa Tecla, uno stinco di San Tommaso, che
apparteneva all'incredulo che volle toccar le piaghe del Salvatore. E credo anche un osso del dito di Giosuè
con cui quel generale ebreo fermava il sole. Ma ciò che più millantava il mascalzone e che spacciava come
infallibilmente miracoloso era un crocifisso del legno della vera croce, e questo potea chiamarsi il suo caval-
lo di battaglia, giacché altro non era che un magnifico pugnale a cui la parte inferiore del crocifisso serviva di
astuccio e la superiore d'impugnatura.
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         Erano le cinque d'una sera di giugno quando Dolores con sua zia, avvolte in un gruppo di donnic -
ciuole, entravano nella cattedrale per udire le sante parole del missionario, o, come dicono i preti, colla mo-
destia che li distingue: la parola di Dio!
        Nell'altro emisfero in giugno alle cinque della sera fa notte, e quindi trovavasi la chiesa illuminata.
        L'uomo ha un po' dell'indole della pecora. Se le pecore si sparpagliassero non basterebbero cento
pastori per condurre un gregge, ma ove va una van tutte, e con ciò un solo individuo può condurne delle
centinaja. E così l'uomo: se uno che passa per una pubblica via si ferma a guardare qualche cosa, ogni
ozioso si arresta, e guarda pure alla direzione dell'occhio dello stupido od astuto. Barnum a New-York paga
della gente per rimanersene tutto il giorno a contemplare con ammirazione affettata le grottesche pitture che
rappresentano animali o fenomeni del suo serraglio.
       Nella bottega del prete molti vanno per curiosità, altri per far l'amore ed altri per abitudine o per pe-
coreggiare. Quindi anche una coda di maschi seguiva le donne, ed io con quest'ultimi.
         Quasi vergognoso di trovarmi frammisto a gente sì poco stimabile, in un locale che mi fa ribrezzo, io
nascosi questo mio corpaccio all'ombra d'una colonna del tempio, e, com'è naturale, il mio primo sguardo fu
d'investigazione in ricerca della donna del mio affetto.
        L'occhio d'un amante non abbisogna di bussola per dirigersi alla meta, e poco durai a trovare la mia
Dolores. Essa era seduta su d'una panca, accanto a sua zia tra il pulpito su cui era asceso il prete e la posi-
zione che occupava io stesso.»
        Appena il chercuto ebbe rotato lo sguardo di falco sul gregge, egli lo fissò sulla bella fisonomia della
mia diletta con tale ardore e con tale contegno, che se qualcuno dopo di lui mi avesse guardato in quel mo -
mento mi avrebbe veduto cambiar di colore, movere verso il malvivente ed inciampar nella prima panca da
scuotere quanti v'eran sopra seduti.
         Il moto mio non potea sfuggire al prete e siccome io non era più nell'ombra, il suo occhio, distratto
un momento dall'oggetto della sua ammirazione, piombò sul mio, ed una corrispondenza d'odio mortale si
scambiò tra i due! - Ora chiederò io ai materialisti: Cosa vi sarà nell'occhio dell'individuo che tramanda
nell'anima altrui tanta somma d'amore e d'odio? Io avrei bevuto il sangue di quel malvagio - e lui?...
         Oh perverso! Se io avessi potuto sognare il male che tu eri per farmi io t'avrei quella stessa sera pre-
cipitato dal pulpito, infranto il cranio sulle lapidi del pavimento e t'avrei strappato il tuo cuore di vipera!
         Fra Zabedeo, tale era il nome del chercuto, era perito nel mestiere e possedeva quella sfacciata elo-
quenza, quella facilità di parole e di modi che s'insinuano facilmente nel cuore delle donne, e quindi egli non
durò fatica a divenire il lione di tutte le beghine di Montevideo. A me importava poco, ma ciò che mi premeva
era la scoperta ch'io feci delle sue insidie per sedurre la mia donna. La zia di Dolores era una donna sempli -
ce, che amava sinceramente la nipote, ma come la maggior parte delle vecchie, essa era un boccone da
preti, cioè, avrebbe dato ogni cosa sua a questi discendenti del serpente che sedusse la prima donna. E
quando parlava del Zabedeo lo innalzava alle stelle, e diceva che per Montevideo quel santo padre era stato
una benedizione di Dio. E qui non posso a meno di ricordare la cocciutaggine del nostro popolo delle cam -
pagne che da buon Italiano non manca delle furberie della nostra razza, ma che è nello stesso tempo d'una
ostinazione ne' suoi pregiudizi da far perdere la bussola a chiunque.
         Io non ho mai potuto concepire come un contadino, che vi sa fare i conti meglio d'un matematico,
possa credere alle mille menzogne propagate dai preti. Eppure il contadino con tutti i suoi vincoli e le sue mi-
serie è il più fermo sostegno del despotismo e dell'impostura.
       L'astuto prete s'era introdotto nella casa di donna Rita zia di Dolores, con cui la mia bella fanciulla
conviveva dopo la perdita dei genitori, ed ove io mi recava ogni giorno.
        Zabedeo però che d'ogni cosa era informato e che sapeva Dolores a me fidanzata, ed io un osso un
po' duro a rodere, veniva in quella casa quando mi sapeva assente.
         Il birbante conosceva che, qual Legionario Italiano, io non poteva in quei giorni di pericolo per la no -
stra patria adottiva, trasgredire il mio dovere di milite. Egli quindi preparava i suoi piani di seduzione e facea
le sue visite quando mi sapea di servigio.
       E di tutto ciò ero minutamente informato dalla mia Dolores, che ad onta d'esser una semplice ed in -
nocente fanciulla, non avea mancato d'insospettirsi delle voglie brutali del negromante.
        Fu per me una terribile notte quella del 22 luglio 1847 in cui si seppe che l'esercito nemico, asse-
diante Montevideo, dovea dare un assalto, e poi non fu che un falso allarme.
       Comunque fosse la Legione era consegnata in quartiere, pronta ad accorrere ove il bisogno lo ri -
chiedesse, e quel pugno di giovani che la componevano, avanzo di cento gloriosi combattimenti, passeggia -
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va nel quartiere desioso di menar le mani, e la popolazione 28, di cui gl'Italiani meritarono la fiducia, era lieta
di saperli in armi.
         In quella notte, io sergente, era stato incaricato con un picchetto della mia compagnia di pattugliare
verso la sinistra della linea di difesa, non lontana appunto dalla casa di donna Rita. Con tutta la disciplina mi-
litare dei Legionari quel corpo non mancava d'aver i difetti inerenti ai volontari, cioè: certe licenze che essi,
penetrati dalla santità del loro proposito in cui la meta altra non dev'essere che la libertà dei popoli, non do-
vrebbero permettersi. Il fatto sta che siccome tutto rimase tranquillo in quella notte, stanchi di passeggiare ci
fermammo in un'osteria per bagnar il becco, ed io vi confesso la mia debolezza incaricai del picchetto il ca-
porale, e m'incamminai verso la dimora del mio tesoro.
       Col cuore palpitante m'avvicinai alla porta e dico il vero, con un certo presentimento inquietante che
m'avea preoccupato tutta la sera.
        La porta d'entrata era chiusa col saliscendi e facilmente apertala, traversai il cortile, e, pratico
com'ero, m'avviai all'entrata d'un salone, apersi pure ed ivi 29 trovai donna Rita addormentata profondamente
su d'un seggiolone. La zia addormentata! e non vedo Dolores! ciò m'insospettisce. Eran le undici della sera,
io non fiatavo, e mentre contemplavo la dormiente prestavo l'orecchio per qualche rumore. Un ahi! un la -
mento!... è la voce vibrante della mia donna, che mi sconvolge sino nell'ultima latebre dell'anima. Mi slancio
verso la porta della stanza di lei! Era chiusa! Voi mi vedete.» - E qui il gigante della Liguria ergevasi da sem-
brar più alto d'un palmo: «Voi mi vedete.» - I suoi occhi scintillavano più del fuoco su cui s'inchinavano quei
giovani nemici della tirannide grondanti di pioggia: «Con questo corpo, e non so come, io mi lanciai contro
quella porta, che andò in frantumi, più presto che se l'avesse colpita il fulmine. Frantumata la porta mi trovai
in presenza d'uno spettacolo ch'io vorrei scordare, ma che non posso, che mi tortura, e che mi martella l'ani -
ma spietatamente.
         Oh! se il nemico ci avesse assaltato in quella notte io avrei messo fine a questa vita di miserie ed al -
meno con gloria! La mia fidanzata, il mio angelo, la donna del mio cuore era distesa a terra, senza sensi, for-
se prostituita! e l'osceno sacerdote dell'inferno, con in mano il crocifisso, pugnale di cui vi ho narrato, e ch'io
porto qui (battendosi sul cuore) nascosto, - reliquia di scelleggine e di amore! - sì, il prete tenevasi dietro del
letto dell'insensata, ove s'era rannichiato all'entrata mia impetuosa.
       Armato del suo pugnale e rimesso alquanto del suo primo stupore, io vidi nel chercuto un soggetto,
che non per la prima volta trovavasi in difficili cimenti.
         Nessuno di noi fiatava, e gli occhi roteavano nello spazio che ci divideva ora sul corpo immobile del -
la giovine, ed ora d'intorno, come per cercare il destro, egli alla fuga, senza dubbio, ed io all'assalto.
        Io sino a quel momento avevo dimenticato che non tenevo armi, e che avevo lasciato il mio fucile
con bajonetta all'osteria. Ma l'aspetto risoluto del prete mi pose in guardia, ed una sedia spezzata mi mise in
un momento con un bastone alla mano.
       Vedendo che non si burlava, il prete aprì finalmente la fetida bocca con queste parole: Brusco (il de-
monio sapeva bene il mio nome), se voi volete lasciarmi uscire, io vi giuro che nulla si saprà dell'accaduto.
Ma se voi vi ostinate a volermi colpire, io pianterò prima questo ferro nel cuore della donna, e poi vedremo il
resto.
         In un secondo mi balenaron per la mente lo stupro, il perdono, la vendetta,... e quest'ultima la vinse
nel mio cuore, generato tra gente che si vendica e non perdona gli oltraggi. Ed era grande l'oltraggio di quel -
lo scellerato!
        Io volai su di lui, ma per celere che fosse il mio moto, non giunsi a tempo per salvare la fanciulla.
L'assassino, che sembrava pratico al ferire con quel suo misterioso pugnale, lo immerse nel seno di Dolores,
e si mise subito in difesa contro me.
         Io nulla più vidi!... Strepiti di morte! sangue sparso! nulla! mi s'appannaron gli occhi. Non so cosa gri -
dai, cosa feci; non so perché anch'io non fui trafitto dal crocifisso-pugnale: ciocchè vi posso dire si è ch'io ri -
presi i sensi, quando la mia bocca si posò sulle labbra della mia donna.
        Io tenni un pezzo la mia destra sul polso di lei, - non un battito! non un segno di vita!... di quella vita
per cui avrei dato mille volte la mia!
        Allora, colla disperazione nell'anima, calpestai rabbiosamente il cadavere di quel nemico del genere
umano, e dopo d'aver pulita la fronte, su cui s'erano sfraccellati gli spruzzi delle cervella del Satana, io
m'allontanai da quella stanza maledetta!»

28 Nell'originale "popolaziane". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
29 Nell'originale "ive". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
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        In quel momento la tromba del quartier generale suonò la sveglia, tutte le altre trombe seguirono, e
Brusco si congedò dai giovani compagni, rimasti un momento attoniti dal suo racconto, ma poco dopo pa -
droni delle loro armi e pronti al loro posto di formazione. 30

Conclusioni
Queste poche pagine non devono assolutamente essere considerate definitive per quanto
riguarda l'oggetto dell'indagine ma solo una raccolta di ciò che fino ad ora sono riuscito a
raccogliere sull'argomento.
Al momento ho analizzato solo ciò che ho potuto reperire tramite Internet, in particolare la
digitalizzazione di varie opere citate nella bibliografia.
Rimane il grosso lavoro da fare sul campo, negli archivi e nelle biblioteche, per arricchire e
sistematizzare il poco che ho reso disponibile.

30   "Cantoni il volontario: romanzo storico", di Giuseppe Garibaldi - Milano: Enrico Politti, 1870. Capitolo XXX
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             index

Indice generale
Bibliografia...........................................................................................................................................................................4
TOMMASO SCIANDA.......................................................................................................................................................4
Principali notizie biografiche................................................................................................................................................4
Partecipazione agli eventi della Repubblica Romana...........................................................................................................4
Ferite e morte........................................................................................................................................................................6
Principali notizie biografiche................................................................................................................................................7
Partecipazione agli eventi della Repubblica Romana...........................................................................................................7
Ferite e morte........................................................................................................................................................................8
Principali notizie biografiche..............................................................................................................................................10
Partecipazione agli eventi della Repubblica Romana.........................................................................................................11
Ferite e morte......................................................................................................................................................................12
IL RACCONTO..................................................................................................................................................................12
Conclusioni.........................................................................................................................................................................16

Indice delle illustrazioni
Savona: Torretta vista dal porto............................................................................................................1
Roma: Gianicolo - Statua di Garibaldi.................................................................................................1
Mappa degli Stati sulla penisola Italiana nel 1848 e 1849...................................................................3
Giacomo Minuto - Copertina libro.....................................................................................................10
Giacomo Minuto - Statua...................................................................................................................13

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