Sacratissimo Cuore di Gesù - Figlie della Chiesa

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Sacratissimo Cuore di Gesù
Antifona d'ingresso
Di generazione in generazione
durano i pensieri del suo Cuore,
per salvare dalla morte i suoi figli
e nutrirli in tempo di fame. (Sal 33,11.19)

Colletta
O Padre, che nel Cuore del tuo dilettissimo Figlio
ci dai la gioia di celebrare le grandi opere
del tuo amore per noi,
fa’ che da questa fonte inesauribile
attingiamo l’abbondanza dei tuoi doni.

Oppure:
O Dio, fonte di ogni bene,
che nel Cuore del tuo Figlio
ci hai aperto i tesori infiniti del tuo amore,
fa’ che rendendogli l’omaggio della nostra fede
adempiamo anche al dovere di una giusta riparazione.

Oppure:
Dio grande e fedele, che hai fatto conoscere ai piccoli
il mistero insondabile del Cuore di Cristo,
formaci alla scuola del tuo Spirito,
perché nella fede del tuo Figlio
che ha condiviso la nostra debolezza
per farci eredi della tua gloria,
sappiamo accoglierci gli uni gli altri
con animo mite e generoso,
e rimanere in te che sei l’amore.

PRIMA LETTURA (Dt 7,6-11)
Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti.
Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo
popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra.
Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete
infatti il più piccolo di tutti i popoli –, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il
giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati
liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d’Egitto.
Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l’alleanza e la bontà
per mille generazioni, con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti; ma ripaga
direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma lo
ripaga direttamente.
Osserverai, dunque, mettendoli in pratica, i comandi, le leggi e le norme che oggi ti prescrivo».

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SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Rit: L’amore del Signore è per sempre.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

SECONDA LETTURA (1Gv 4,7-16)
Dio ci ha amati.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio
e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito,
perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il
suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto
Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si
conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito.
E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del
mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi
abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi.
Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.

Canto al Vangelo (Mt 11,29)
Alleluia, alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia.

VANGELO (Mt 11,25-30)
Io sono mite e umile di cuore.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
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«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai
dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è
stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre
se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di
voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio
giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Preghiera sulle offerte
Guarda, o Padre,
all’immensa carità del Cuore del tuo Figlio,
perché la nostra offerta sia a te gradita
e ci ottenga il perdono di tutti i peccati.

PREFAZIO
Il Cuore di Cristo fonte di salvezza.

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Innalzato sulla croce,
nel suo amore senza limiti donò la vita per noi,
e dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua,
simbolo dei sacramenti della Chiesa,
perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore,
attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza.
Per questo mistero, uniti agli angeli e ai santi,
proclamiamo senza fine l’inno della tua gloria: Santo...

Antifona di comunione
“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore,
e troverete ristoro per le vostre anime”. (Mt 11,29)

Oppure:
Un soldato gli trafisse il costato con la lancia
e subito ne uscì sangue e acqua. (Gv 19,34)

Preghiera dopo la comunione
Questo sacramento del tuo amore, o Padre,
ci attiri verso il Cristo tuo Figlio,
perché, animati dalla stessa carità,
sappiamo riconoscerlo nei nostri fratelli.

Lectio
v.25 In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Questa preghiera di Gesù al
suo Abbà ci fa penetrare nell’intimo del suo cuore e ci istruisce sui suoi sentimenti profondi. La
lode gli sgorga spontanea davanti alla libera rivelazione che il Padre fa dei misteri del Regno non a
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coloro che credono di sapere tutto o di poter dominare sugli altri per la loro cultura e potenza, ma ai
piccoli, con cui Egli si identifica. Il mistero nascosto di Dio non è accessibile se non a chi riconosce
la totale gratuità del dono di essere inseriti nel Suo progetto d’amore.

v.26 Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. E’ piena convinzione di Gesù,
ribadita con la sua affermazione, che ciò che il Padre decide esprime il suo essere sempre proteso a
volere il bene delle sue creature.

v.27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Gesù per primo
riconosce che tutto ciò che possiede gli viene dal Padre; la sua più grande ricchezza consiste proprio
nella reciprocità di conoscenza tra Loro. Per questo soltanto Gesù ci introduce al Padre e soltanto
Lui, liberamente, può rivelarLo a chi vuole.

v.28 Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Gesù fa suo l’invito
della Sapienza (cf. Siracide 51, 22-27) ad andare a Lui; si propone come la vera Sapienza, ormai
svelata e accessibile in particolare a coloro che sono affaticati e insostenibilmente gravati; essi
scoprono che Dio stesso si offre a loro come riparo, come “casa” in cui possono trovare il ristoro
dell’amore.

v.29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. Troviamo in
questo versetto il centro del mistero che celebriamo. Gesù ci sollecita a prendere il suo giogo e si
presenta come maestro dandoci appunto il suo Cuore come punto di riferimento.
Proponendosi come “mite ed umile” non soltanto si pone sulla linea degli anawim dell’antico
testamento, sottomessi a Dio e che tutto attendono da Lui; ma aggiunge la piena libertà, il suo
assenso cordiale a questa via in cui Dio l’accompagna.

Gesù “mite (praüs) ed umile (tapeinòs)”
Le due parole greche utilizzate da Matteo sono praüs(mite) e tapeinòs (umile):
praüs etimologicamente, detto di persone, significa: mite, soave, gentile, dolce, benevolo.
È sinonimo di affabile, alla mano; indica una delle qualità che si richiedono in un amico.
Soltanto Matteo usa praüs come predicato che Gesù stesso si attribuisce. E’ un discorso rivelatorio
in cui Gesù ci fa comprendere che la sua missione in questa terra si compie in umiltà e debolezza; la
sua vita non si svolge nell’alterigia, dipende in tutto e per tutto da Dio. Ma proprio per questo egli
può pronunciare il suo appello autorevole (verbi all’imperativo) e assicurare il compimento della
sua promessa (cf. anche Mt 21,5 in cui Gesù che si presenta come mansueto e pacifico re salvatore e
principe di pace). Anche nelle Beatitudini (Mt 5,5) appaiono i pràeis, cioè coloro che, stando
sottomessi e umili, non seguono la propria volontà, ma quella grande e benigna di Dio.

Tapeinòs si può tradurre: basso, scarso, insignificante, debole, povero, misero. I LXX traducono
con tapeinos l’ebraico anawim, che significa essere piegato dal bisogno e dalla malattia (misero) o
dalla povertà e dalla penuria (povero).
In Israele e nel giudaismo postesilico il termine anawim ha un senso positivo, in quanto con esso si
esprime la giusta collocazione dell’uomo nei confronti di Dio; questo è il senso che ritroviamo nel
Vangelo di Matteo.
Gesù è tapeinos per scelta: non soltanto rispetto a Dio, (infatti è sempre e totalmente rivolto al
Padre), ma anche rispetto agli uomini (si fa nostro servitore e soccorritore). Egli si intrattiene in
compagnia dei peccatori e dei disprezzati, ponendosi in questo modo come modello per tutti noi,
suoi discepoli.

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Appendice
Madre Maria Oliva Bonaldo e il Cuore di Gesù
La nostra Famiglia religiosa, per un disegno misterioso e meraviglioso di Dio, ha avuto inizio nei
primi vespri della solennità del Sacro Cuore del 1938.
La Fondatrice, Maria Oliva Bonaldo del Corpo Mistico (1893-1976) ha visto in ciò un evento di
grazia, un dono, una risposta alla sua intuizione profonda dell’amore che il Padre dispiega
sull’umanità attraverso il Cuore di carne del Figlio. Da questa sorgente ineffabile d’amore, dal
Cuore trafitto di Cristo sulla croce, è nata, Sposa, la Chiesa. E siamo nate noi, Figlie della Chiesa,
per far conoscere a tutti che “Dio esiste ed è tutto amore”.
La Fondatrice afferma chiaramente che il Cuore di Gesù, “fatto di donna e di Amore infinito”
costituisce il “punto focale” della nostra pietà.
Ne aveva a lungo contemplato il mistero e già nella sua giovinezza aveva espresso la sua
convinzione che “il Cuore di Gesù è l’Eucaristia spiegata, è la croce compresa, è il mistero
dell’Amore di Dio intuito”. Molte volte aveva attinto e meditato sugli scritti di Santa Gertrude di
Helfta (ca. 1256-1302), la grande mistica tedesca che insieme alle sue maestre Matilde di
Magdeburgo (1207-1282) e Matilde di Hackenborn (1241-1299) aveva penetrato e illustrato il
mistero d’Amore racchiuso nel Cuore di Gesù. Con grande emozione aveva voluto visitare il
santuario di Paray Le Monial, dove Santa Margherita Maria Alacoque ebbe la grande rivelazione
che l’ha resa apostola instancabile della devozione al Sacro Cuore.
Resta nostra preziosa eredità l’esortazione di M. Maria Oliva a riconoscere nel Cuore di Gesù il
centro di decantazione del mondo in cui, come Figlie della Chiesa, siamo chiamate ad immergerci
per apprendervi il comandamento dell’amore, che diventa preghiera e azione.
Tutto è condensato in questo centro vitale; la nostra Fondatrice lo aveva intuito bene e ce lo ha
trasmesso anche in forma poetica, con la passione che è tipica degli Amanti di Dio:

Cuore
del Verbo di Dio!
Cuore
del Verbo fatto carne!
Verbo
fatto carne e fatto cuore!
Verbo di Dio
palpitante in un cuore!
La Parola increata
si esprime anche in palpiti creati,
perché comprendiamo che è
Parola unica:
Amore!
Sei
la miniera della sapienza del cuore
che è l’ammirabile sapore delle cose celesti.
Sei
la miniera della scienza del creato
che è la precisa conoscenza
delle cose terrestri.
Aprici la tua ferita!
San Paolo voleva sapere solo Te
e Te crocifisso.
Noi vorremmo sapere solo il tuo Cuore
e il tuo Cuore trafitto.
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(Commento alle litanie del S. Cuore, 1965)

Il cuore nella tradizione
Approfondiamo ora il significato di cuore. Oltre a quello ovvio di organo vitale per eccellenza,
presso tutti i popoli a questo vocabolo viene attribuito anche un significato simbolico.
Nella cultura ebraica, in particolare, la nozione di lēb (cuore) comprende l’uomo tutto intero, nel
suo intimo essere e volere; in esso sta la radice di ogni atteggiamento religioso e morale. Col cuore
si serve Dio, si accolgono i suoi insegnamenti, si confida in Lui, si è fedeli a Lui, perché il cuore è
la sede del timore di Dio.
Anche nel greco dei LXX e nel giudaismo ellenistico il cuore, oltre ad essere il principio e l’organo
della vita personale, è il punto in cui si raccoglie l’essere e l’agire dell’uomo in quanto personalità
spirituale.
L’uso neotestamentario del termine si concentra, ancor più dei LXX, sul cuore inteso come organo
principale della vita psichica e spirituale e quindi anche come la parte dell’uomo in cui Dio si
manifesta.
In vario modo il cuore è visto come il centro della vita interiore, dove trovano sede e origine tutte le
forze e funzioni psichiche e spirituali: è sede dell’intelletto e della volontà, sorgente dei pensieri e
delle decisioni. È la fonte di tutto ciò che l’uomo è o decide di essere e fare. Nel cuore si riassume
tutta la natura interiore dell’uomo, in opposizione alla sua esteriorità. In ultima analisi il cuore
rappresenta l’io, la persona, è il vero centro dell’uomo a cui Dio si rivolge; ed è dal cuore che nasce
la ricerca di Dio: “Di te ha detto il mio cuore, cercate il suo volto” (Sl 27,8).

Magistero
Più volte, sull’esempio dei nostri predecessori Innocenzo XII, Benedetto XIII, Clemente XIII, Pio
VI, Pio VII, Pio IX, ci siamo adoperati di promuovere e di mettere in sempre più viva luce quella
eccellentissima forma di religiosa pietà, che è il culto del sacratissimo Cuore di Gesù. Tale era lo
scopo principale del nostro decreto del 28 giugno 1889, col quale abbiamo innalzato a rito di prima
classe la festa del sacro Cuore. Ora però pensiamo a una forma di ancor più splendido omaggio, che
sia come il culmine e il coronamento di tutti gli onori, che sono stati tributati finora a questo Cuore
sacratissimo e abbiamo fiducia che sia di sommo gradimento al nostro redentore Gesù Cristo. La
cosa, in verità, non è nuova. Venticinque anni fa infatti, all’approssimarsi del II centenario diretto a
commemorare la missione che la beata Margherita Maria Alacoque aveva ricevuto dall’alto, di
propagare il culto del divin Cuore, da ogni parte, non solo da privati, ma anche da vescovi,
pervennero numerose lettere a Pio IX, con le quali si chiedeva che si degnasse di consacrare il
genere umano all’augustissimo Cuore di Gesù. Si preferì, in quelle circostanze, rimandare la cosa
per una decisione più matura; nel frattempo si dava facoltà alle città, che lo desideravano, di
consacrarsi con la formula prescritta. Sopraggiunti ora nuovi motivi, giudichiamo maturo il tempo
di realizzare quel progetto.
Poiché il sacro Cuore è il simbolo e l’immagine trasparente dell’infinita carità di Gesù Cristo, che ci
sprona a rendergli amore per amore, è quanto mai conveniente consacrarsi al suo augustissimo
Cuore, che non significa altro che donarsi e unirsi a Gesù Cristo. Ogni atto di onore, di omaggio e di
pietà infatti tributati al divin Cuore, in realtà è rivolto allo stesso Cristo.
Sollecitiamo pertanto ed esortiamo tutti coloro che conoscono e amano il divin Cuore a compiere
spontaneamente questo atto di consacrazione. Inoltre desideriamo vivamente che esso si compia da
tutti nel medesimo giorno, affinché i sentimenti di tante migliaia di cuori, che fanno la stessa
offerta, salgano tutti, nello stesso tempo, al trono di Dio.
Ma come potremo dimenticare quella stragrande moltitudine di persone, per le quali non è ancora
brillata la luce della verità cristiana? Noi teniamo il posto di colui che è venuto a salvare ciò che era
perduto e diede il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini. Ecco perché la nostra sollecitudine
è continuamente rivolta a coloro che giacciono ancora nell’ombra di morte e mandiamo dovunque
missionari di Cristo per istruirli e condurli alla vera vita. Ora, commossi per la loro sorte, li
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raccomandiamo vivamente al sacratissimo Cuore di Gesù e, per quanto sta in noi, a lui li
consacriamo. (Papa Leone XIII, Lettera enciclica Annum Sacrum, 25 maggio 1899)

Il Nostro predecessore Leone XIII di felice memoria nella sua Enciclica «Annum sacrum»,
ammirando la grandissima opportunità del culto del Cuore Sacratissimo di Gesù, non esitò ad
affermare: «Allorché la Chiesa, alle origini, era oppressa dal giogo dei Cesari, ad un giovane
imperatore apparve, in alto, una croce, auspice ad un tempo e realizzatrice della splendida vittoria
che subito dopo seguì. Ora vi è offerto davanti agli occhi un segno faustissimo e divinissimo, cioè il
Sacratissimo Cuore di Gesù, che porta su di sé la croce e che splende tra fiamme di lucentissimo
candore. In lui dobbiamo collocare ogni speranza: a lui va richiesta e da lui va attesa la salvezza».
E ciò ben a ragione, Venerabili Fratelli, perché in quel felicissimo segno e nella forma che ne
emana non sono forse contenute tutta la sostanza della religione e specialmente la norma di una vita
più perfetta, come quella che guida per una via più facile le menti a conoscere intimamente Gesù
Cristo e induce i cuori ad amarlo più ardentemente e più generosamente ad imitarlo? …
Certo per divina ispirazione avvenne che il pio affetto dei fedeli verso il Sacratissimo Cuore di Gesù
di giorno in giorno andasse sempre crescendo; quindi sorsero dappertutto pie associazioni per
promuovere il culto del divin Cuore, e si diffuse l’usanza, che oggi dappertutto già vige, della sacra
Comunione fatta il primo venerdì di ogni mese, secondo il desiderio di Gesù Cristo stesso.
È certo però che fra tutte le pratiche che spettano propriamente al culto del Sacratissimo Cuore,
primeggia, degna da ricordare, la pia consacrazione con la quale offriamo al Cuore di Gesù noi e
tutte le cose nostre, riconoscendole ricevute dalla eterna carità di Dio
(Papa Pio XI, Lettera enciclica Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928)

A buon diritto, dunque, il Cuore del Verbo Incarnato è considerato come il principale simbolo di
quel triplice amore, col quale il Divino Redentore ha amato e continuamente ama l’Eterno Padre e
l’umanità. Esso, cioè, è anzitutto il simbolo dell’amore, che Egli ha comune col Padre e con lo
Spirito Santo, ma che soltanto in Lui, perché Verbo fatto carne, si manifesta attraverso il fragile e
caduco velo del corpo umano, «poiché in Esso abita corporalmente tutta la pienezza della
Divinità».
Inoltre, il Cuore di Cristo è il simbolo di quell’ardentissima carità, che, infusa nella sua anima,
costituisce la preziosa dote della sua volontà umana e i cui atti sono illuminati e diretti da una
duplice perfettissima scienza, la beata cioè e l’infusa. Finalmente - e ciò in modo ancor più naturale
e diretto - il Cuore di Gesù è il simbolo del suo amore sensibile, giacché il corpo del Salvatore
divino, plasmato nel seno castissimo della Vergine Maria per influsso prodigioso dello Spirito
Santo, supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano.
(Papa Pio XII, Lettera enciclica Haurietis Aquas 15 maggio 1956)

Anch'io non ho mancato più volte di invitare i miei Fratelli nell'episcopato, i presbiteri, i religiosi ed
i fedeli a coltivare nella propria vita le forme più genuine del culto al Cuore di Cristo. In quest'anno
dedicato a Dio Padre, ricordo quanto scrissi nell'Enciclica Dives in misericordia: "La Chiesa sembra
professare in modo particolare la misericordia di Dio e venerarla, rivolgendosi al Cuore di Cristo.
Infatti proprio l'accostarci a Cristo nel mistero del suo Cuore ci consente di soffermarci su questo
punto - in un certo senso centrale e nello stesso tempo più accessibile sul piano umano - della
rivelazione dell'amore misericordioso del Padre, che ha costituito il contenuto centrale della
missione messianica del Figlio dell'uomo" (n. 13). In occasione della solennità del Sacro Cuore e
del mese di giugno, ho spesso esortato i fedeli a perseverare nella pratica di questo culto, che
"contiene un messaggio che è ai nostri giorni di straordinaria attualità", perché "dal Cuore del Figlio
di Dio, morto sulla croce, è scaturita la fonte perenne della vita che dona speranza ad ogni uomo.
Dal Cuore di Cristo crocifisso nasce la nuova umanità, redenta dal peccato. L'uomo del Duemila ha
bisogno del Cuore di Cristo per conoscere Dio e per conoscere se stesso; ne ha bisogno per costruire
la civiltà dell'amore" (Insegnamenti, XVII, 1 [1994], 1152).
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La consacrazione del genere umano del 1899 costituisce un passo di straordinario rilievo nel
cammino della Chiesa ed è tuttora valido rinnovarla ogni anno nella festa del Sacro Cuore.
(San Giovanni Paolo II, Messaggio nel centenario della Consacrazione del genere umano al Cuore
divino di Gesù, Varsavia, 11 giugno 1999 - Solennità del Sacro Cuore di Gesù)

7. “D'altra parte, l'uomo non può neanche vivere esclusivamente nell'amore oblativo, discendente.
Non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso
riceverlo in dono. Certo, l'uomo può - come ci dice il Signore - diventare sorgente dalla quale
sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve
bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto
scaturisce l'amore di Dio (cfr Gv 19, 34)”. …
19. «Se vedi la carità, vedi la Trinità» scriveva sant'Agostino. Nelle riflessioni che precedono,
abbiamo potuto fissare il nostro sguardo sul Trafitto (cfr Gv 19, 37; Zc 12, 10), riconoscendo il
disegno del Padre che, mosso dall'amore (cfr Gv 3, 16), ha inviato il Figlio unigenito nel mondo per
redimere l'uomo. Morendo sulla croce, Gesù - come riferisce l'evangelista - «emise lo spirito» (cfr
Gv 19, 30), preludio di quel dono dello Spirito Santo che Egli avrebbe realizzato dopo la
risurrezione (cfr Gv 20, 22). Si sarebbe attuata così la promessa dei «fiumi di acqua viva» che,
grazie all'effusione dello Spirito, sarebbero sgorgati dal cuore dei credenti (cfr Gv 7, 38-39). Lo
Spirito, infatti, è quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col Cuore di Cristo e li muove
ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando si è curvato a lavare i piedi dei discepoli (cfr Gv 13,
1-13) e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti (cfr Gv 13, 1; 15, 13).
Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo
testimone dell'amore del Padre, che vuole fare dell'umanità, nel suo Figlio, un'unica famiglia.
(Papa Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas est)

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