LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE
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LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE PROGRAMMAZIONE PASTORALE 2004-2005 “Novo millennio ineunte”, lettera apostolica di Giovanni Paolo II al termine del Giubileo L’Eucarestia domenicale. Particolare rilievo all’Eucarestia domenicale e alla stessa domenica, sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana. Da duemila anni, il tempo cristiano è scandito dalla memoria di quel “primo giorno dopo il sabato”… La verità della risurrezione di Cristo è il dato originario su cui poggia la fede cristiana, evento che si colloca al centro del mistero del tempo… (NMI n. 35). Vorrei pertanto insistere, nel solco della Dies Domini, perché la partecipazione all’Eucarestia sia veramente, per ogni battezzato, il cuore della domenica: un impegno irrinunciabile, da vivere non solo per assolvere a un precetto, ma come bisogno di una vita cristiana veramente consapevole e coerente… L’Eucarestia domenicale, raccogliendo settimanalmente i cristiani come famiglia di Dio intorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, è anche l’antidoto più naturale alla dispersione… Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa… (NMI n. 36). “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000 Il giorno del Signore e la parrocchia, tempo e spazio per una comunità realmente eucaristica. Perché la parola e l’opera di Dio e la risposta dell’uomo si tramandino lungo la storia, è assolutamente indispensabile che vi siano tempi e spazi precisi nella nostra vita dedicati all’incontro con il Signore… Ci sembra pertanto fondamentale ribadire che la comunità cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della domenica, “giorno fatto dal Signore”, “Pasqua settimanale”, con al centro la celebrazione dell’Eucarestia, e se custodirà nel contempo la parrocchia quale luogo – anche fisico – a cui la comunità stessa fa costante riferimento. (CVMC n.47). Nel giorno del Signore, come ha ricordato Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Dies Domini, noi facciamo memoria della parola di Dio che ci ha creati, del Verbo fatto carne, morto e risorto per la nostra salvezza, dell’effusione dello Spirito sulla Chiesa. Ma ricordiamo anche che la vita umana acquista un senso quando vi sono tempi e spazi di riposo e di gratuità, destinati alla relazione tra gli esseri umani… In tal modo la celebrazione eucaristica risulterà luogo veramente significativo dell’educazione missionaria della comunità cristiana. In questo contesto ricordiamo anche l’importanza che nella vita cristiana ha avuto ed ha ancora per molti fedeli la partecipazione quotidiana alla celebrazione eucaristica e il culto eucaristico – in particolare, l’adorazione eucaristica –, che danno continuità al cammino di crescita spirituale. (CVMC n. 48). Assolutamente centrale sarà approfondire il senso della festa e della liturgia, della celebrazione comunitaria attorno alla mensa della Parola e dell’Eucarestia, del cammino di fede costituito dall’anno liturgico… Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo… La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli. Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero… La qualità sia della presidenza eucaristica, sia dell’omelia, sia della preghiera dei fedeli ne risulterà rafforzata, resa più aderente alla parola di Dio e agli eventi della storia letti alla luce della fede. (CVMC n. 49).
“Costruire insieme”, lettera pastorale del Card. Severino Poletto per l’Arcidiocesi di Torino E’ la comunità parrocchiale che viene posta al centro di questo Piano Pastorale con l’intento di accompagnarla in un cammino di rinnovamento che le consenta di riscoprire la sua capacità di accoglienza e il suo compito di annuncio. Non si dimentichi che l’annuncio del Vangelo ha sempre avuto bisogno di uno spazio e un tempo in cui radunare in assemblea i credenti. La parrocchia è proprio la realtà che esprime lo stretto rapporto tra territorio e Vangelo, tra giorno del Signore, la domenica, ed Eucarestia… Senza vivere la domenica non si può costruire un comunità parrocchiale, senza vivere l’Eucarestia domenicale non si cresce nella fede e non si trasmette la fede alle nuove generazioni: “spazio e tempo”, infatti, sono dimensioni costitutive dell’essere umano ma anche della comunità ecclesiale e della parrocchia. Per i cristiani la domenica è un giorno irrinunciabile e nel nostro futuro sarà uno dei segni della “differenza cristiana” che chiederà una testimonianza vissuta con convinzione e anche con sacrificio, in un tempo affrettato e secolarizzato. Una patologia nel vivere il giorno del Signore significa una patologia nella vita cristiana personale e parrocchiale. La domenica salva i cristiani da una vita dissipata, dispersa, e li orienta all’attesa del Regno di Dio, all’incontro con il Signore vivente. Giovanni Paolo II, nell’invitare a riscoprire la domenica, ha esortato più volte con forza: “Non abbiate paura di dare il vostro tempo a Cristo!”. (CI pp.49-50). “Una sola cosa è necessaria”, messaggio pasquale 2004 del Card. Severino Poletto all’Arcidiocesi E’ necessario valutare se, tra le tante e lodevoli iniziative pastorali che stiamo portando avanti, non ce ne sia una che le sintetizzi tutte… Questo “centro” è la celebrazione eucaristica domenicale e festiva, giustamente definita “fonte e culmine della vita della Chiesa” (Lumen gentium, 11). Perciò per il prossimo anno pastorale 2004-2005, durante il quale si fermeranno le iniziative delle Missioni diocesane per lasciare spazio ad una serena e sincera verifica al fine di riprendere con motivazioni più chiare nell’anno successivo, desidero proporre a tutta la nostra Comunità diocesana di concentrare tutte le iniziative pastorali sulla più importante di esse, che è appunto la celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore… Ogni parrocchia è quindi chiamata ad organizzare la propria attività pastorale portando l’attenzione soltanto su questo punto, con “due momenti” importanti da curare con straordinaria diligenza: a) Un incontro settimanale della comunità, per fare una seria preparazione “spirituale” alla celebrazione eucaristica che si farà nella domenica successiva… b) Un’unica o al massimo due celebrazioni eucaristiche festive, presentate come le più solenni e festose Messe della Comunità, sulle quali far convergere la maggior parte dei fedeli della parrocchia… Fa parte della nostra missione e della nostra grave responsabilità il custodire con grande rispetto l’Eucarestia, perché noi non siamo i padroni ma soltanto i “servi del mistero”. Vale la pena ricordare che questo deve essere tenuto presente nel contesto di ogni celebrazione, perché le frequenti mancanze di puntualità da parte di molti fedeli oppure una non curata esecuzione di canti o lettori non preparati, come pure qualche libertà che qualcuno, nel suo ministero di presidenza, crede di potersi prendere con l’illusione di essere più creativo e più incarnato nella realtà modificando a suo piacimento la preghiera eucaristica, in realtà impoveriscono molto in qualità e quindi l’efficacia spirituale della celebrazione stessa… L’importante è che nel corso del prossimo anno pastorale ad ogni comunità parrocchiale venga offerta l’opportunità di ricevere una catechesi completa sul significato e valore della celebrazione eucaristica domenicale… Dovremmo educare i nostri fedeli a vivere la Domenica non solo come il “Giorno del Signore” ma anche come il “Giorno della famiglia”. E’ importante che tutta la famiglia, insieme, senta la bellezza e la gioia della partecipazione all’Eucarestia domenicale e poi, quasi a continuazione della celebrazione, riesca a trovare un altro momento di preghiera comune o di carità… Il riposo festivo è un valore che va ricuperato e difeso con maggior convinzione, perché troppo spesso si sottovaluta il significato non solo religioso ma anche umano del riposo settimanale… In questo modo la Domenica ridiventerà il cuore della Parrocchia, così come l’Eucarestia è il cuore della Domenica. Che ciascuno di noi senta di poter ripetere per sé e per gli altri, con una rinnovata forza di convinzione e di entusiasmo di fede, la celebre espressione dei martiri uccisi nel 303 ad Abitene, cittadina vicina a Cartagine: “Senza la domenica non possiamo vivere”.
Come concretizzare per la nostra Comunità? Quest’anno l’Arcivescovo ci invita a dedicare un intero anno pastorale per riscoprire il senso dell’Eucarestia domenicale celebrata nella comunità parrocchiale. A livello generale, ci viene proposto: 1) di curare la celebrazione della Messa, 2) di offrire una formazione sull’Eucarestia in ogni gruppo, 3) di leggere il vangelo della domenica successiva durante gli incontri dei vari gruppi, 4) di sforzarci nella fedeltà domenicale. Settore catechesi Proposta della Messa domenicale come parte del cammino di preparazione ai sacramenti (maggior coinvolgimento dei ragazzi e delle famiglie). Novità delle domeniche catechistiche con inviti speciali ai gruppi di catechismo con i genitori (partecipazione alla Messa animata da quel gruppo specifico e tappa della “consegna”; al termine, mentre i ragazzi fanno un gioco con gli animatori, la catechista incontra i genitori; poi, si conclude col pranzo al sacco in oratorio). Messa in un giorno feriale come appuntamento di formazione per le catechiste. Proposte di riflessione per adulti sulla liturgia della Messa (catechesi adulti e/o ritiro di quaresima). Formazione catechiste sulla Messa. Settore liturgia E’ il settore da valorizzare quest’anno. Motivare il coro al senso del servizio e curare le prove canti prima della Messa e all’inizio dei tempi liturgici. Attivare corso per lettori della Parola di Dio (a livello parrocchiale o di unità pastorale). Valorizzare: la Messa quotidiana (ogni giorno invitare un settore: compagnia di Santa Margherita e Apostolato, catechiste, giovani, operatori liturgici, mamme...), la celebrazione della Liturgia delle Ore (valutare se inserire nella Messa o prima della Messa nei giorni feriali), l’adorazione eucaristica settimanale (cartellone in fondo alla chiesa), la comunione sotto le due specie (in alcune celebrazioni). Comunicare attraverso le varie celebrazioni, in particolare le più significative e partecipate, il senso della comunità. Spiegazione della Messa durante l’omelia domenicale (scegliere bene un periodo liturgico). Sottolineare nell’omelia e con un gesto i vari aspetti della domenica (giorno del Signore, giorno della famiglia, giorno del riposo...). Provare a fare dei turni per le letture. Chiedere l’alternarsi dei cori anche il sabato alla Messa prefestiva. Imparare canti eucaristici. Curare la preghiera dei fedeli e l’offertorio. Valutare se spostare la Messa del giovedì dalle 8,30 alle 20,30 per favorire i giovani e chi lavora. Dare particolare risalto al tempo dopo la Messa domenicale per “stare” in piazza. Foglietti col Vangelo da portare a casa. Settore caritas Coinvolgere gli adolescenti per il banco alimentare (valutare quale gruppo). Gruppo missionario (curare alcune celebrazioni missionarie nell’anno liturgico, bacheca missionaria, cartelloni in fondo alla chiesa nell’ottobre missionario, proposta di impegno concreto per adolescenti, giovani e adulti). Gruppo amici dei malati (calendario della visita agli ammalati, maggiore costanza nel coinvolgimento degli adolescenti, alcuni incontri di verifica e formazione, animazione delle celebrazioni per i malati). Gruppo di collegamento con il territorio (da non confondere con il Comitato opere pubbliche; da studiare con saggezza, per non entrare in schieramenti politici). Settore pastorale dei giovani Definire il progetto d’oratorio da presentare al Consiglio Pastorale Parrocchiale. Continuare a impostare dei veri percorsi formativi che considerino l’intera vita e gli interessi dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovanissimi (raccogliere la programmazione degli anni precedenti). Formazione spirituale degli educatori e degli animatori (valorizzare gli incontri del gruppo giovani, la Scuola della Parola, gli esercizi spirituali, il campo estivo, la direzione spirituale.. e una Messa feriale). Far sentire tutte le fasce d’età come parte della comunità parrocchiale in cui inserirsi per un servizio. Insistere sulla partecipazione all’Eucarestia domenicale come momento forte del gruppo (animatori e animati insieme). Un giorno alla settimana o al mese (il primo giovedì o venerdì): Messa dei giovani, alla quale invitare anche i gruppi del dopo Cresima. Valorizzare i Vespri del sabato, inizio del Giorno del Signore. Settore pastorale della famiglia Dopo la Missione adulti costruire il progetto di pastorale familiare da presentare al Consiglio Pastorale Parrocchiale. Formazione degli animatori che seguono il corso di preparazione al matrimonio. Studiare il ciclo di incontri per i battesimi. Continuare a seguire i gruppi famiglia dopo l’avvio dell’anno scorso attraverso itinerari ben studiati.. Idem per il gruppo giovani coppie di sposi. Valorizzare l’Eucarestia domenicale come incontro della comunità, famiglia di famiglie. La domenica pomeriggio in oratorio come tempo del riposo e della famiglia. Settore comunicazioni sociali Attraverso articoli sul notiziario curare la spiegazione della Messa e di alcuni ruoli nella liturgia (coro, lettori, ministri straordinari dell’Eucarestia, ministranti). Editoriali del parroco a tema. Attivare un censimento domenicale.
Centro Flora Manfrinati di Testona “Lo riconobbero nello spezzare il pane” traccia Icona evangelica e traccia di riflessione per la programmazione della pastorale parrocchiale 2004-2005 Dal Vangelo secondo Luca (24, 13-35) 13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? ”. Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ”. 19 Domandò: “Che cosa? ”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. 25 Ed egli disse loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? ”. 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”. 33 E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Commento al Vangelo di Luca 24, 13-35 Luca ci presenta un quadro stupendo, ci descrive la vita di chiunque vuole arrivare ad incontrare Gesù. Questo cammino comprende un’andata e un ritorno; un camminare e uno stare seduti a tavola; c’è la delusione e c’è la gioia che riempi il cuore. Infine, a coronamento di tutto, c’è l’incontro con i fratelli, quasi che tutto il resto fosse una preparazione a questo stare insieme. Difatti i versetti successivi al 35, ci presentano Gesù che sta nella comunità dei discepoli che si erano dispersi chi qua chi là: ora sono tutti attorno a Gesù. ANDIAMO AL TESTO Il versetto 13 dice: “Due di loro erano in cammino”. La vita di ogni giorno è un cammino. Il numero due rappresenta l’inizio della comunità, del popolo; quindi, di ognuno di noi. Uno di quei due, quello che apparirà nel testo senza nome, siamo ognuno di noi e il percorso da fare è per tutti “di sessanta stadi” numero che designa l’imperfezione umana che è in cammino verso la perfezione rappresentata dal numero sette: Dio. Con poche parole Luca ci spinge a divenire compagni di quei due i quali scendono da Gerusalemme come il malcapitato della parabola del buon Samaritano. Vanno verso Emmaus che è l’equivalente di Gerico. Gesù li accompagna in discesa nelle difficoltà della vita; lì dove si spegne la dolcezza dell’incontro con Dio; lì dove ritrovi il dubbio e l’incertezza., lo scontro con i tuoi compagni di viaggio. Infatti al versetto 15 è scritto: “Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro”. Ma non si accorgono che è lui: un qualcosa di estraneo fa violenza sui loro occhi e li rende ciechi (v.16): è la delusione, la paura, è lo spettro lasciato dalla morte atroce di Gesù. Hanno il volto di chi è arrabbiato con la vita (v.17). Tutta la negatività della vita si da’ convegno nel loro cuore. Si sentono morti dentro. Gesù inizia la sua azione di recupero. In che modo? Li lascia sfogare. E’ il sistema che usa uno che conosce l’animo umano e il suo carico di tristezza, con chi è “morto dentro”. E quei due aprono il loro animo triste a quello sconosciuto che camminava con loro. Anche il buon Samaritano era uno sconosciuto per chi incappò nei briganti. E’ interessante notare come in un primo momento sia uno solo dei due, Cleofa, a parlare con Gesù. Poi al versetto 19 a quell’uno si unisce anche l’altro: cioè, tutta la comunità all’unisono manifesta quello che sa. E cosa sa la comunità? Il Kerygma, l’annuncio di Gesù nelle sue parole e nelle sue opere. Il discorso che fanno è quasi uguale a quello che faranno Pietro e anche Paolo in Atti degli apostoli. Però i due fermano il loro racconto alla morte di Gesù, non vanno oltre. Quella morte in croce è la fine di tutte le loro speranze: è la morte di tutti i loro sogni. “Noi speravamo” dicono al versetto 21, e aggiungono: “che fosse lui a liberare Israele”, manifestando così l’oggetto della loro speranza: la liberazione d’Israele dall’occupazione romana; il ritorno allo splendore della monarchia davidica. Non potevano, quindi, avere un’altra visione della sofferenza, della croce e della morte: E’ il comune pensare di tutti i tempi: la morte mette fine ad ogni progetto, ad ogni ambizione anche la più nobile. Essa è un muro; anzi, un fossato troppo largo e profondo per andarvi oltre. Solo la Risurrezione è la realtà che permette di “sperare contro ogni speranza”. Ma i due non sanno cosa sia, anche se corre voce che egli sia vivo, cioè Gesù sia risorto; perché, dicono: “lui in persona non l’hanno visto”. Sarà il problema di sempre e per tutti. Finché non si fa l’esperienza del Risorto non è possibile andare oltre la barriera della morte. Occorre una comunione diretta e personale con Gesù Risorto. Al versetto 25 Gesù si mette a parlare: ora tocca a lui a penetrare con la luce della sua parola nelle tenebre della loro tristezza e del loro inganno. Di che cosa parla Gesù? Di un nuovo modo di guardare alla sofferenza, alla croce e alla morte e lo fa aiutandosi con il libro della bibbia;
precisamente, citando il profeta Isaia. Questi al capitolo 53 dove parla del Messia sofferente, offre una versione della morte come germe di vita per sé e per gli altri. I due, trascuravano questo secondo momento della vita del Messia.: la sua morte infame, considerata quale chicco di grano che caduto in terra muore e produce molto frutto. “Stolti e tardi di cuore” dice Gesù. Senza testa e dal cuore appesantito. Sembra che con questi termini Gesù voglia dare il nome e il cognome a quei due. L’identità umana resterà sempre con questi due appellativi addosso se non interverrà la luce di Gesù a dare ali alle loro piccole attese. Bisogna volare in alto: ma come si fa? Gesù si mette a spiegare loro la bibbia. Il testo dice al versetto 27: “Spiegò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a lui”. Come si noi a trovare un collegamento con Gesù nella bibbia ora che non abbiamo più a nostro fianco Gesù stesso? Con il suo aiuto, bisogna diventare capaci a scorgere in ogni frase, in ogni personaggio e fatto, le orme, il passaggio e la presenza di Gesù. E soprattutto essere capaci di leggere la croce di Gesù non come un incidente di percorso, una disavventura che ha interrotto il cammino di Gesù; bensì, come la porta d’ingresso, il germe di vita nuova per Gesù e per quanti credono in lui. Il misterioso compagno dei due compagni di viaggio apre alle loro menti nuove prospettive; aiuta a leggere la realtà in profondità e con occhi nuovi. Tutto riprende senso a partire dalle sue parole e quando, al versetto 28 i due sono arrivati a destinazione, cioè a Emmaus, Gesù mostra di voler proseguire il suo cammino, quelli lo trattengono. Ormai la loro vita avrà un significato solo restando in compagnia di Gesù. Ormai egli è indispensabile per affrontare la strada che si aprirà da quel momento in poi; perciò in coro essi dicono: “Resta con noi”(v.29) e aggiungono il motivo per cui egli deve restare con loro: “perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. La missione di Gesù non è ancora finita: gli resta da svolgere l’ultimo atto. Quello di stare a mensa e di spezzare il pane con loro. Così “egli entrò per rimanere con loro”. Al posto di rimanere possiamo mettere il verbo dimorare e così avremo l’esplicitazione di quello che è il nome di Dio: l’Emmanuele, Dio che dimora con noi. Per sempre. Quando si fa sera e il giorno volge al declino, si sentono avanzare le paure della notte, la tenebra ci avvolge e noi ci sentiamo smarriti: in queste condizioni è necessari che Gesù resti con noi, seduto a tavola, anzi “sdraiato” in una grande intimità, come dice il testo greco al versetto 30. Così sistemato, Gesù “prese il pane, disse la benedizione, lo spezzo e lo diede loro”. Con quest’ultima azione si chiude, rafforzandosi, l’incontro. La parola e il pane. In essa “si aprono i nostri occhi e riconosciamo chi è Gesù. Però il versetto 31 continua dicendo: “ma Gesù divenne invisibile ai loro occhi” e non sparì come dice la traduzione CEI. Gesù resta con i due, con la comunità, con la sua chiesa, anche se in maniera invisibile. E se ne vedono i risultati. Emmaus luogo di destinazione del cammino dei due discepoli e tomba delle loro speranze, si colora di fiducia. Il cammino non termina qui come volevano i due: nella loro vita, a causa di Gesù e della sua visita, si aprono orizzonti nuovi. Al versetto 32 si dicono l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore mentre Gesù conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le scritture?”. A questo punto Emmaus diventa solo una tappa e non la meta definitiva del loro viaggio. Così i due ritornano nella stessa notte a Gerusalemme.. Un viaggio diverso da quello fatto durante la giornata: un viaggio pieno di entusiasmo, illuminato da Gesù apparso ai loro occhi come colui che spiega la Scritture; come colui che siede a tavola e spezza il pane per loro. La loro esistenza è cambiata; è stato Gesù a cambiarla. A Gerusalemme, i due tornano dai loro amici, gli Undici Apostoli e trovano lo stesso entusiasmo che è dentro i loro cuori. Perché è detto nel versetto 33: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. E’ il grido che giunge pure a noi. Anche noi facciamo il cammino dei due discepoli: dall’amarezza della delusione che ci conduce in basso cioè ad Emmaus, luogo di sepoltura di ogni speranza; all’incontro con Gesù in cui Gesù si manifesta nella duplice forma della sacra Scrittura e del pane spezzato; fino al ritorno nella luce di Gerusalemme.
“Lo riconobbero nello spezzare il pane” Traccia di riflessione per il deserto programmazione settore pastorale giovanile 2004-2005 Quante volte nella vita ci siamo chiesti: «Ce la farò a realizzare il mio sogno? Riuscirò nella vita? Sarò capace di compiere bene la mia parte?...». Oppure ci siamo lamentati di non aver a disposizione tanti mezzi. Ci capita di dire: «Il paese è piccolo... la gente ha una mentalità ristretta... non mi capisce, non ci riesco... sono troppo limitato...»! Con queste scuse o queste giustificazioni non combiniamo nulla. E la vita scorre insignificante. Ci manca il coraggio di cambiare. Restiamo così in panchina, il tempo passa, gli anni corrono e le occasioni di lavoro e di realizzazione sfumano sempre più. Ecco, tutte queste domande si concentrano attorno ad una questione: «sono un calcolatore impaurito oppure un giovane di coraggio che sa rischiare?». Eccoti allora un brano di vangelo, molto chiaro e bello. Leggilo con attenzione e rifletti personalmente. Se hai una matita, sottolinea le frasi che ti hanno colpito. Dal Vangelo secondo Marco (6, 30-44) Gli apostoli si riunirono intorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po’». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i panie li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini». Gli apostoli stanchi. È bello vedere che anche gli apostoli e Gesù stesso erano come noi. Anch’essi hanno bisogno di un po’ di riposo. Di lasciare tutto ed uscire dalla noia quotidiana. Un po’ di ferie, un giorno di malattia, un momento di relax... Insomma, quello che desideriamo anche noi... Gesù lo sa bene. La folla. Ha sete di lui, lo cerca, lo vuole. Per poterlo seguire, dimentica ogni altro problema, come la stanchezza, il tempo perso, la stessa fame. Ed è così anche oggi: se hai un forte ideale nella vita, non c’è stanchezza che tenga. La potenza di un ideale! Ma qui, l’ideale non è una partita o una squadra. È il Cristo Gesù. Perché la gente si accorge che quell’uomo è diverso da tutti. Il cuore di Gesù. La commozione di Gesù non è un fatto emotivo, è qualcosa di molto profondo, è – dice letteralmente il testo greco – un fremito delle viscere, un coinvolgimento interiore che lo rende partecipe dei dolori, dei desideri, dei bisogni dell’altro, così da sentirli nella sua carne. Gesù Pastore. E’ l’immagine di colui che è capace di sacrificare la propria vita per il bene delle pecore. Fare
il pastore non è un lavoro come tanti altri, lo sappiamo... è una vita intera spesa per le pecore! Gesù è il «buon pastore» - dice San Giovanni nel suo Vangelo (cfr. Gv 10). Solo Lui può guidarci verso la vita, perché lui è «via, verità e vita» (cfr. Gv 14, 6). Gesù Maestro. Ma non è solo pastore che vigila. Perché di fronte a quella gente che lo segue da giorni, la prima cosa che fa per loro non è sfamarli, ma formarli: «Si mise ad insegnare loro molte cose». Gesù è pastore ed è maestro. Quello che occorre di più è la forza delle motivazioni e il vigore di una buona formazione. Gesù forma i suoi amici. Li plasma. Parla, spiega, capisce, dialoga. Li motiva, li prepara. È quello che occorre anche oggi a noi. Non basta solo «fare, produrre, organizzare» tante cose. Occorre soprattutto formarsi e formare. Gesù punta in alto. «Si fa tardi»... L’evangelista Luca sottolinea che «il giorno ormai declina », con un’espressione che ritroviamo in un altro brano famoso, quello dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Il giorno che declina è simbolo della morte, dell’impotenza ad agire. Inoltre il luogo è «deserto», lontano, fuori mano. Di fronte ai problemi, la scelta più facile è quella di mandar via la gente. Di dire: «Torni lunedì... ripassi... vedremo». Ma di fronte al buio che sta per arrivare, guardando tutta quella gente, si lasciano prendere dalla paura. E non vogliono affrontare loro il problema. Che ci pensino gli altri. Sono le stesse nostre risposte di fronte a tante situazioni, difficili. Le risposte di Gesù. I dodici sono preoccupati, ma Gesù li invita ad un dono ulteriore di sé: «Voi stessi date da mangiare a questa gente». Come dire: il cibo per questa gente siete voi, la vostra vita donata! Cercate dentro di voi le risorse... I discepoli invece fanno i calcoli, hanno stabilito un bilancio della spesa... basteranno duecento denari di pane per sfamare questa gente? Gesù insiste. Non si rassegna alla logica del calcolo, non si ferma a quello che si vede o appare. Li invita a scoprire che c’è una piccola risorsa: «cinque pani e due pesci », ma cos’è questo per tanta gente? Ed ecco Gesù prende i pani e i pesci, prende il frutto del nostro lavoro, prende ciò che abbiamo messo a disposizione – non importa se il pane è un po’ indurito... –, prende ciò che gli abbiamo offerto, alza gli occhi al cielo e pronunzia la benedizione. Noi riconosciamo in questi gesti ciò che viviamo nell’Eucaristia; è un appello a rendere concreto, reale, ad attualizzare nella nostra esistenza, ciò che viviamo nel sacramento. Gesù compie un gesto ancor più paradossale: spezza il pane. Il pane messo a disposizione è talmente poco che basterebbe forse per una persona, eppure Gesù lo spezza, come se il dono rivelasse la sua potenza nel rendersi ancora più piccolo. Quel poco pane, quel poco pesce, condivisi, bastano per tutti, saziano tutti e c’è una raccolta di resti ancora più abbondante del cibo che si aveva all’inizio, quasi a significare che il Signore continuerà a farsi presente nella storia, nella nostra storia. Ciò che il Signore moltiplica è ciò che noi abbiamo condiviso, è l’amore. Noi non siamo chiamati a donare “cose” ma “amore”. Imparare a condividere il tempo, le risorse, i doni, l’intelligenza, la volontà... senza gelosia o arrivismo, questo fa vivere, questo moltiplica il bene, perché la condivisione è amore e ciò che ci fa vivere è l’amore, non il mangiare o il possedere le cose. È questa la strada aperta da Gesù. E’ vero che... • Non ti sei mai fermato a guardare lo stile di Gesù? Perché Lui sa ascoltare, commuoversi? Perché insegna e difende, sa valorizzare tutto quel poco che gli diamo, alza gli occhi al cielo e ringrazia, spezza e condivide... Tu, sei un pastore od un pecoraio...? • Sei un giovane aperto, coraggioso, pronto a dare, capace di mettere insieme con gli altri i doni ricevuti? Sai cooperare insieme per un progetto più grande di te? Sei preoccupato, arrivista? Ti fidi degli altri? • Sai apprezzare i doni che Dio ha messo nel tuo cuore? E sai stimare i talenti altrui? Sai valorizzare le risorse della tua Comunità, del tuo territorio? • Chiediti: «Mi fido di Dio? Prego, perché Lui faccia quello che io non so fare? Credo nella provvidenza? Come partecipo all’Eucarestia domenicale, dove si spezza il pane per tutti?». La proposta di alcuni impegni... 1. Valorizza fino in fondo quello che tu hai nel cuore. Non essere invidioso, non cercare fuori di te la soluzione ai tuoi problemi. Fidati di te e di Dio, che sempre provvede, oltre le nostre forze. 2. Impara a ringraziare. Sempre. Anche delle piccole cose, dei doni quotidiani. Valorizza quel poco che hai o che sei. Ma devi metterlo insieme. Collabora, coopera, unisci le tue forze.
3. Stima e valorizza anche l’operato degli altri. I doni condivisi si moltiplicano. E la Comunità cammina, il gruppo si fa bello e cresce. 4. Non trascurare mai la formazione. Non essere un praticone. Prima di agire, rifletti sempre. Prega e pensa. Formati e forma gli altri. E ricorda: le grandi iniziative reggono, se ci sono motivazioni forti!
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