La tassazione dei redditi d'impresa - MORE Space

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07/12/2019

                      BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2019

                        La tassazione
                    dei redditi d’impresa
                 Aspetti generali e disciplina italiana

                                                                                              1

                      BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2019

           TASSAZIONE REDDITI D’IMPRESA
     PROFITTI = R – C – AM - IP
• Imprese individuali e società di                     • Società di capitali
  persone                                                      – Tassazione in capo alla società
   – Gli utili, a prescindere dalla loro                         (Ires), autonoma dalla tassazione
     distribuzione, sono attributi pro quota                     dei redditi in Irpef dei soci
     a imprenditore e soci (partnership
     approach), in relazione alla quota di
     partecipazione;
   – entrano in Irpef;
                                                                   Problema è equa,
                                                                   è efficiente?

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            BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2019

       ASPETTI PROBLEMATICI
     DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI

• EQUITÀ → integrazione tra imposta societaria
  e imposta personale

• EFFICIENZA → scelte di finanziamento
e di investimento delle imprese

                                                                             3

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   EQUITÀ DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI
        Le società di capitali hanno una
       capacità contributiva autonoma
        rispetto a quella dei soci che ne
             detengono il capitale?
Motivi a favore: distinzione tra controllo e
proprietà
Motivi contro: chi sopporta l’onere alla fine
sono comunque i soci
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CAPACITÀ CONTRIBUTIVA AUTONOMA

     Esiste autonoma                             Non esiste
          capacità                               autonoma capacità

    Doppia tassazione                           Tassazione solo sui soci (per
    - società                                   evitare la doppia tassazione)
    - soci

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COME EVITARE LA DOPPIA TASSAZIONE

    1) Nessuna imposta in capo alla società.
                    Problema:
come tassare in capo ai soci gli utili non distribuiti?

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                            SOLUZIONI

                     ‐         tassazione pro quota
            (inapplicabile per società a larga base azionaria)

‐    tassazione delle plusvalenze maturate sulle azioni che, in
          mercati perfetti, riflettono gli utili non distribuiti
            (la tassazione alla maturazione è problematica +
incertezza e imperfezioni dei mercati: il legame fra plusvalenze maturate
                         e utili non distribuiti è labile)

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    COME EVITARE LA DOPPIA TASSAZIONE

    2) Coordinamento fra imposta in capo alla società
               e imposta in capo al socio

    Integrazione fra imposta societaria e personale

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            INTEGRAZIONE PARZIALE
     ‐   Imposta in capo alla società
     ‐   Imposta in capo al socio sugli utili distribuiti, con
         restituzione (credito) dell’imposta pagata dalla società
     ‐   Nessun correttivo della doppia tassazione sugli utili non
         distribuiti e sulle plusvalenze azionarie

Apertura economie -> abbandono strumenti
d’integrazione, a favore di regimi sostitutivi di tipo reale
Italia: dopo l’integrazione (Irpeg), si passa alla doppia tassazione,
con abbassamento aliquota Ires a 24%; utili distribuiti tassati con
regimi sostituitivi (26%).

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    EFFICIENZA DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI

 L’imposizione sulle società di capitali può risultare
                    non neutrale
           nei confronti delle loro scelte
                ‐ di finanziamento
                 ‐ di investimento

                                                                                    10

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      COME SI FINANZIANO LE IMPRESE

      debito                                                interessi passivi

   capitale proprio:
   - nuove azioni
   - utili non distribuiti
                                                              - dividendi
                                                              - plusvalenze

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           SCELTE DI INVESTIMENTO
     Le imprese investono fino al punto in cui il
        rendimento marginale che ottengono
          dall’investimento (profitto al netto
   dell’ammortamento) è sufficiente a ripagare il
finanziatore (creditore o azionista) a un tasso pari a
                   quello di mercato.

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           SCELTE DI INVESTIMENTO

  I finanziatori (creditori e azionisti) vogliono che il
         capitale che danno all’impresa frutti un
              tasso pari a quello di mercato,
pari cioè a quello ottenibile da investimenti alternativi
        (ad esempio, da investimenti finanziari).

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      NON NEUTRALITÀ DELL’IMPOSTA
             SUI PROFITTI
                    L’imposta sui profitti
       ammette la deducibilità degli interessi passivi
    (e cioè della remunerazione del capitale di debito),
              ma non ammette la deducibilità
     del costo del finanziamento con capitale proprio
              (nuove azioni e utili non distribuiti)

             Profitti = R – C – AM – IP

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               NON NEUTRALITÀ
          DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI
          Finanziamento con ricorso al debito
 Nel caso di deducibilità degli interessi passivi, il rendimento
marginale che l’impresa ottiene dall’investimento non subisce
   tassazione (è compensata dalla deduzione degli interessi
                              passivi).
L’imposta non induce l’impresa a modificare le proprie scelte
                         di investimento
 Al margine fa lo stesso livello di investimenti che avrebbe
                  fatto in assenza d’imposta.
                                                                                   15

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               NON NEUTRALITÀ
          DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI
     Finanziamento con ricorso al capitale proprio

In questo caso, la remunerazione ordinaria del capitale degli
                   azionisti non è deducibile,
         il rendimento marginale che l’impresa ottiene
   dall’investimento subisce tassazione (non compensata),
  L’imposta induce l’impresa a modificare le proprie scelte
         Al margine fa un livello di investimenti minore
       di quello che avrebbe fatto in assenza d’imposta.
                                                                                   16

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      CONCLUSIONI SU NON NEUTRALITÀ
         DELL’IMPOSTA SUI PROFITTI
                Si distorcono le scelte di:
              1)investimento delle imprese
 ricorrendo al capitale proprio le imprese effettuano un ammontare
                 di investimenti minore di quello ottimale
            2) finanziamento delle imprese
   è ovviamente più conveniente finanziare i propri investimenti
            ricorrendo al debito che non al capitale proprio

                                                                                   17

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                NEUTRALITÀ
        DELL’IMPOSTA SULLA RENDITA
                Un’imposta sulla rendita,
         a differenza di un’imposta sui profitti,
ammette la deducibilità anche del costo del finanziamento
             con capitale proprio, cioè della
         remunerazione ordinaria del capitale
                          (ROC)
Profitti - ROC = R – C – AM – IP - ROC

Extraprofitti o rendita

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             REALIZZAZIONE
      DI UN’IMPOSTA SULLA RENDITA
    L’utile di impresa viene distinto in due componenti
       ROC                                            deducibile dalla base
 remunerazione                                            imponibile:
    ordinaria                                             non tassata
   del capitale
   Extraprofitto                                           non deducibile:
     o rendita                                                 tassata
   componente
    residuale

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           IMPOSTA SULLA RENDITA
Con l’imposta sulla rendita, l’impresa che decide di
        ricorrere al capitale proprio ha lo stesso
  trattamento fiscale di quella che ricorre al debito.
  Elimina la distorsione nelle scelte
  • di finanziamento
  • di investimento
Italia fino al 2019: Ace (Allowance for Corporate Equity), limitata
alle variazioni in aumento del capitale proprio + vincoli alla
deducibilità interessi passivi.

                                                                                  20

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       La tassazione delle imprese
                 in Italia

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              Tassazione differenziata
    a seconda della natura giuridica delle imprese:

• Imprese individuali e società di persone                                            Irpef

• Società di capitali                                                              Ires
                                             T

  utte possono dedurre dalla base imponibile dell’imposta sui
    profitti l’Irap pagata sulle spese per personale dipendente
   più il 10% dell’Irap residua, a titolo di rimborso forfetario per
                   l’Irap pagata sugli interessi passivi

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                 società di persone e imprese individuali

• I redditi delle imprese individuali sono attribuiti
  all’imprenditore.
• I redditi delle società di persone sono attribuiti a ciascun
  socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, in
  proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili
  (partnership approach)
Regole particolari interessano le imprese familiari (per finalità antielusive si limita al 49% la
   quota massima del reddito imputabile ai familiari che abbiano prestato in modo continuativo
   e prevalente attività di lavoro nell’impresa)

Il reddito di impresa attribuito a imprenditore e soci viene
    sommato agli altri redditi di questi contribuenti e tassato
    con le regole ordinarie dell’Irpef.
Con la legge di Bilancio per il 2019 è previsto un abbattimento di 9 punti dell’aliquota dell’Irpef
   che grava sugli utili delle imprese impiegati in nuovi investimenti e incrementi
   dell’occupazione sia con contratti a tempo indeterminato che con contratti a tempo
   indeterminato

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Imposta sul reddito delle società di persone e delle imprese individuali

             Per la determinazione dei redditi di impresa
        Si parte dall’ utile netto (o dalla perdita) risultante dal
                              conto economico
                       al quale vengono apportate
                 variazioni in aumento o in diminuzione
       (che riflettono le discrepanze fra norma civile e norma
                                   fiscale)

                                criterio di competenza

        (per le imprese in contabilità semplificata: criterio di
                                cassa)

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Imposta sul reddito delle società di persone e delle imprese individuali
                                Riporto delle perdite

  Con la legge di Bilancio per il 2019 il regime di riporto delle perdite è
    reso uniforme per tutte le imprese a prescindere da tipo di
    contabilità adottata e per le società di capitali

  Le perdite eventualmente conseguite nell’esercizio e che eccedano
     l’ammontare dei redditi positivi possono essere portate in
     deduzione dal reddito di impresa, purché capiente, anche negli
     esercizi successivi, illimitatamente, ma in misura non superiore
     all’80% del reddito imponibile in ciascuno di essi.

  E’ ammesso il riporto illimitato e integrale per le perdite realizzate
     nei primi tre anni dalle imprese di nuova costituzione.

  Non possono essere utilizzate per compensare altri redditi del
    contribuente.

                     BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2018

Imposta sul reddito delle società di persone e delle imprese individuali

       Componenti positivi                                     Componenti negativi

  Ricavi                                              Costi di esercizio
  Variazioni rimanenze
  Plusvalenze patrimoniali                            Minusvalenze
  Sopravvenienze attive                               Sopravvenienze passive
  Dividendi e utili
  Interessi attivi                                    Interessi passivi
  Redditi degli immobili non                          Ammortamenti
     strumentali

                                                                                             13
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                                                    Ricavi

    I ricavi derivanti dalla cessione di beni e/o prestazioni di servizi alla
         cui produzione e scambio è diretta l’attività di impresa, nonché i
         corrispettivi delle cessioni di materie prime, materie sussidiarie e
         semilavorati e merci acquistate per essere impiegate nella
         produzione.

     Sono considerati ricavi anche i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni in
        società di capitali, di obbligazioni e di altri titoli, iscritti nello stato patrimoniale non come
        «immobilizzazioni finanziarie» ma come «attivo circolante», anche se non rientrano tra i
        beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
    (per non trattarli come le plusvalenze che hanno un trattamento fiscale agevolato)

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                        Variazioni delle rimanenze
•   La valutazione delle rimanenze di esercizio costituisce uno dei momenti più
    delicati della formazione del conto economico, in cui possono con maggiore
    facilità intervenire discrezionalità nella determinazione dei valori tali da
    modificare anche sensibilmente il risultato economico e quindi gli oneri
    fiscali.

•   (In presenza di inflazione, ad esempio, il metodo Lifo permette di detrarre
    dai ricavi acquisti con costi più elevati, in quanto più recenti, e quindi di
    ridurre i profitti tassabili)

•   Ai fini fiscali la normativa è assai favorevole all’impresa, in quanto è
    ammessa l’adozione di una gamma molto vasta di criteri di valutazione: il
    Fifo, ma anche il Lifo a scatti e continuo.

•   In particolare è ammessa la possibilità di valutare le rimanenze al minore dei
    due tra il valore unitario medio dell’ultimo mese e il costo medio di acquisto,
    calcolato per categorie omogenee per natura e per valore.

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                      Plusvalenze patrimoniali
•   Le plusvalenze patrimoniali relative ai beni divengono imponibili al momento del
    realizzo mediante la cessione a titolo oneroso. Il plusvalore tassato è dato dalla
    differenza tra il corrispettivo ricevuto e il costo non ancora ammortizzato del bene.

•   È prevista la possibilità di tassazione graduale delle plusvalenze realizzate
    mediante cessione a titolo oneroso, secondo quote costanti, a partire dall’esercizio
    del realizzo e non oltre il quarto se i beni sono stati posseduti per un periodo di
    almeno tre anni. Questa disposizione introduce un affievolimento del carico fiscale
    delle imprese molto sensibile e ha l’effetto di allontanare il sistema impositivo dalla
    logica del reddito entrata, secondo cui le plusvalenze dovrebbero essere tassate
    secondo le regole ordinarie, alla maturazione.

•   La rateizzazione citata si applica anche alle plusvalenze realizzate su beni o titoli
    che compaiono tra le immobilizzazioni finanziarie da almeno tre anni.

•   Le plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni in società (con
    o senza personalità giuridica, residenti e non residenti), che rispettano le
    medesime condizioni previste dal regime di esenzione da partecipazione, che si
    applica alle società di capitali, sono tassate per una percentuale del loro
    ammontare, pari al 58,14% (sul perché di questa percentuale vedi dopo la parte
    sui dividendi).

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                         Sopravvenienze attive

    Derivanti dal conseguimento di proventi a fronte di costi o
      oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti
      periodi di imposta
    Derivanti dalla sopravvenuta insussistenza di costi e passività
      iscritte in bilancio (ad esempio, un credito dapprima ritenuto
      inesigibile, successivamente riscosso)

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                          Dividendi e utili
Derivanti da partecipazione in società di capitali per una
  percentuale del loro ammontare, pari al 58,14%
Questa percentuale, utilizzata anche per le plusvalenze, deriva dalla
  volontà di evitare che l’onere complessivo (in capo alla società che
  distribuisce e in capo all’impresa che riceve) superi il 43% (aliquota
  massima dell’Irpef.

        Supponiamo che la società di capitali abbia un utile di 100.
         L’imposta in capo alla società sarà pari a 0,24*100 =24.
                       Potrà allora distribuire utili per 76.
 In capo all’impresa la tassazione avverrà su un reddito pari a 0,5814*76=
                                      44,1864
  Supponiamo che avvenga all’aliquota massima del 43%, sarà allora pari a
                                 0,43*44,1864 = 19
 Nel complesso quindi essendo 19+24=43, l’imposta (in capo alla società e
                  all’impresa), non potrà mai eccedere il 43%

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     Redditi degli immobili non strumentali

Determinati secondo le regole riservate ai redditi fondiari.

Nel caso di immobili dati in locazione la deduzione delle spese di
  manutenzione è determinata analiticamente (ammessa cioè per le
  sole spese documentate) e non può eccedere il 15% del reddito
  tassato.
Non è applicabile la cedolare secca. Il reddito di tali fabbricati confluisce
  infatti nel reddito di impresa ed è tassato secondo le regole ordinarie.

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                       Costi d’esercizio

Relativi

- alle retribuzioni
- all’acquisizione di beni e servizi necessari all’attività
   dell’impresa

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                            Minusvalenze

Realizzate:
- deducibili per la medesima percentuale, il 58,14% del loro
    ammontare, per la quale le plusvalenze sono tassate, se
    sono rispettate le stesse condizioni previste per
    l’applicazione del regime di esenzione da partecipazione
    (vedi dopo)
 - Integralmente deducibili, salvo l’applicazione di specifiche
    norme antielusive, in caso contrario

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                               Interessi passivi
                            PER I SOLI SOGGETTI IRPEF
Vale una normativa contro l’arbitraggio fiscale (indebitarsi per sottoscrivere attività
   esenti)

La deducibilità degli interessi passivi è infatti consentita solo in proporzione al rapporto
   tra ricavi e proventi che concorrono a determinare il reddito imponibile e i ricavi
   complessivi, inclusi cioè anche quelli relativi a proventi esenti.

Un’impresa che consegua:
- ricavi tassabili pari a R
- redditi esenti, in misura pari a D
- e che abbia sostenuto oneri passivi per capitali presi a prestito nella misura I,
può dedurre dai ricavi gli interessi passivi, I, nella percentuale
                                          R/(R + D)
L’adozione di questo rapporto costituisce un modo rozzo, ma di immediata
    applicazione, per attribuire il costo degli interessi passivi proporzionalmente a ricavi
    tassabili e a ricavi esenti, consentendo solo la deducibilità dei primi

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  AIUTO ALLA CRESCITA ECONOMICA (ACE)

        Abolito con la legge di bilancio per il 2019, ma…

• Una percentuale della variazione del patrimonio (criterio
  incrementale) ammessa in deduzione come
  remunerazione ordinaria del capitale investito nell’impresa.
• Il criterio incrementale massimizza l’effetto incentivo
  premiando l’incremento di investimento in capitale proprio
  rispetto alla situazione di partenza

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                                       Ammortamenti
• La quota di ammortamento annualmente deduci bile a fini
  fiscali è la stessa determinata a fini civilistici, fino ad un
  valore massimo calcolato applicando al costo storico del
  bene appositi coefficienti di ammortamento definiti con
  decreto del ministro dell’Economia, e articolati per diverse
  categorie di beni ammortizzabili e per diversi settori di attività.

• Nel primo anno la quota massima di ammortamento ammessa
  in deduzione è ridotta alla metà.
•   Un bene acquistato per 1.000 nell’anno t, il cui coefficiente di ammortamento sia pari al 20%
    potrà allora essere ammortizzato in non meno di 6 anni, con una quota pari, al massimo, a
    100 il primo anno, 200 negli anni seguenti fino al quinto e di nuovo 100 (che è quanto
    residua) il sesto anno.

•    E’ invece integralmente e immediatamente deducibile la spesa in beni il cui costo unitario sia
    inferiore a 516,46 euro.

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                                       Ammortamenti
    Dal 2016 sono state introdotte regole fiscali volte ad incentivare molte tipologie di
        investimenti.
    Queste regole (temporanee) consistono in una maggiorazione del costo
        ammortizzabile dei beni di investimento acquistati.

    Superammortamento: maggiorazione de 30% degli investimenti in beni strumentali
        nuovi
    Iperammortamento: maggiorazione del 150% per investimenti ad alto contenuto
        tecnologico (Industria 4.0)

    Iperammortamento: differenziato in funzione del volume degli investimenti.
    (170% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, 100% per investimenti compresi tra 2,5 e 10
    milioni di euro e 50% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni di euro. Per gli investimenti
    eccedenti il limite di 20 milioni di euro non si applica nessuna maggiorazione)

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                    Neutralità dell’imposta
 La teoria economica suggerisce che se il reddito imponibile
   è coerente con il concetto di reddito entrata (Imposta sul
   profitto), la neutralità dell’imposta nei confronti delle
   scelte di investimento si realizza allorché:

 - si consenta alle imprese di dedurre integralmente gli
   interessi passivi
 - si ammetta un ammortamento pari al «vero»
   ammortamento economico, che rappresenta l’effettiva
   perdita di valore che un bene strumentale subisce in un
   dato periodo di tempo in conseguenza del suo impiego
   nel processo produttivo.

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                   Neutralità dell’imposta

Il sistema fiscale italiano ammette, in capo alle imprese assoggettate
    all’Irpef, una deducibilità pressoché integrale degli interessi passivi.

La determinazione delle quote di ammortamento si discosta invece dal
   concetto di vero ammortamento economico in quanto i coefficienti di
   ammortamento delle diverse tipologie di beni non sono più stati aggiornati
   dalla fine degli anni ’80. L’impegno a rivedere tali coefficienti, previsto dal
   2008, non è stato mantenuto.

Ma sono state introdotte generose modalità di ammortamento temporanee.

Nel complesso il sistema non è neutrale, ai fini delle scelte di investimento,
  neppure delle imprese che si finanziano con debito. Nel caso di
  ammortamenti agevolati l’investimento è sussidiato.

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                     Neutralità dell’imposta

  Un’altra violazione della neutralità prodotta dall’attuale disciplina fiscale
     degli ammortamenti si manifesta in presenza di inflazione.
     L’ammortamento del costo storico implica quote che non sono in
     grado di ricostituire, alla fine del periodo di ammortamento legale, il
     valore del bene strumentale a prezzi di mercato.
  Questo sistema di tassazione non è quindi neutrale sotto il profilo della
     conservazione del valore del capitale, ma opera una sorta di occulta
     tassazione del capitale dell’impresa.
  Di segno opposto sono però gli effetti dell’inflazione sull’altra importante
     componente di costo: gli interessi passivi. In un sistema fiscale
     neutrale nei confronti dell’inflazione, questi dovrebbero essere
     dedotti al loro valore reale e non al loro valore nominale .

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                     Neutralità dell’imposta
L’imposta non è neutrale nei confronti delle scelte di finanziamento.

Un modo per ridurre il favore concesso al finanziamento con debito è stata
  l’introduzione dell’Ace. L’Ace è stata abolita dalla legge di Bilancio per il
  2019, ma …
Per gli utili delle imprese individuali e società di persone, non si ha un
  problema di doppia tassazione, perché si adotta il partnership approach.
Ma la remunerazione del debito è tassata in capo al finanziatore con aliquota
  sostitutiva. Mentre la remunerazione del capitale del socio è tassata con
  Irpef ordinaria (indipendentemente dalla distribuzione degli utili)

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                              LA TASSAZIONE
                         DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI

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 La tassazione delle società di capitali: Ires

 Soggetti passivi sono:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le
     società cooperative e di mutua assicurazione;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, sia che abbiano sia che non abbiano per oggetto
     esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (incluse associazioni non
     riconosciute, consorzi, altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi);
c) le società e gli altri enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica non residenti nel territorio
     dello Stato.
Non sono comunque assoggettati all’imposta, anche se dotati di personalità giuridica, gli organi
     e le amministrazioni dello Stato; né gli enti che esercitano funzioni statali, previdenziali,
     assistenziali e sanitarie pubbliche, comprese le Asl; né gli enti (come Regioni, Province,
     Comuni e loro consorzi) che gestiscono servizi pubblici direttamente in regime di monopolio.

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  La tassazione delle società di capitali: Ires
Alle società cooperative è riservato un regime tributario agevolato, il cui
   aspetto principale riguarda l’esclusione dall’applicazione dell’Ires di
   una quota degli utili accantonati a riserva indivisibile, differenziata a
   favore delle cooperative a mutualità prevalente e, all’interno di
   queste, a favore di quelle agricole e della piccola pesca.

L’imposta è proporzionale, ed è prelevata con un’aliquota del
   24%.
Agli enti creditizi e finanziari viene applicata un’addizionale del 3,5%
   (pagano quindi il 27,5% come era prima del 2017). Per tali soggetti
   infatti l’abbassamento dell’Ires avrebbe comportato una rilevante
   perdita in conto capitale dovuta alla significativa riduzione dei crediti
   di imposta riconosciuti sulle sofferenze bancarie (crediti che
   sarebbero stati valorizzati ad un aliquota più bassa)

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  La tassazione delle società di capitali: Ires

Con la legge di Bilancio per il 2019 è prevista un’aliquota Ires agevolata
  al 15% (ridotta cioè di 9 punti percentuali) per la parte del reddito
  delle imprese:

- che effettuano nuovi investimenti
- che incrementano l’occupazione sia con contratti a tempo
   indeterminato che con contratti a tempo indeterminato

                                                                                            23
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   La tassazione delle società di capitali: Ires
La base imponibile, è data dal reddito di impresa (come definito a fini
    Irpef).
I criteri per la sua determinazione non si discostano quindi da quelli già
    illustrati per le società di persone e imprese individuali, salvo per due
    importanti aspetti:
- deducibilità degli interessi passivi
- trattamento riservato ai dividendi e alle plusvalenze, che rientrano nel
  regime di esenzione da partecipazione.
Il periodo di imposta è costituito dall’esercizio del soggetto passivo,
    sulla base di quanto previsto dall’atto costitutivo. In assenza di tale
    indicazione esso coincide con l’anno solare.

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                        Ires - Interessi passivi
Gli interessi passivi sono deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi.
L’eccedenza è deducibile nel limite del 30% del risultato operativo lordo (Rol,
     calcolato come differenza fra il valore della produzione e i costi della produzione, al
     lordo degli ammortamenti a cui vanno aggiunti i canoni di leasing dei beni
     strumentali).
Nella determinazione del Rol si seguono i criteri dettati dalla disciplina fiscale.
Gli interessi passivi che non possono essere dedotti in un determinato
periodo di imposta sono deducibili nei successivi periodi d’imposta, senza limiti di
     tempo ma sempre nel rispetto dei limiti di cui sopra.
La quota del Rol non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi può essere
     aggiunta al Rol dei cinque anni successivi, aumentando così il livello della
     soglia di deducibilità. (Si applica un cirterio Fifo First in first out)
Allo stesso modo, ai fini del calcolo dell’eccedenza degli interessi passivi rispetto agli
     interessi attivi è possibile tenere conto non solo degli interessi attivi dell’esercizio di
     imposta ma anche dell’eventuale eccedenza di interessi attivi riportati da periodi di
     imposta precedenti, senza limiti di tempo.
Per gli enti creditizi e finanziari gli interessi passivi sono deducibili al 100%. Per le
     società assicurative al 96%

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                              Interessi passivi
Esempio
Consideriamo una società di capitali con interessi attivi pari a 100 e un Rol
  di 5.000.

Questa società potrà dedurre interessi passivi per un ammontare massimo
   pari a
(100 + 0,3 × 5.000) = (100 + 1.500) = 1.600.

– Se ha interessi passivi pari a 2.000, avrà interessi passivi indeducibili
pari a 400, che potrà però dedurre nei successivi esercizi.

– Se ha interessi passivi pari a 1.000, non sfrutta tutta la «capienza» data
   dal suo Rol e dagli interessi attivi che sarebbe, come si è detto, 1.600.
Potrà allora aumentare, per la parte di Rol non utilizzata, e cioè 600, la
   quota di interessi passivi deducibili nell’anno successivo.

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            Ires -Esenzione da partecipazione
Le società di capitali hanno, molto spesso, partecipazioni in altre società da
    cui derivano dividendi e plusvalenze o minusvalenze. Poiché anche le
    società partecipate pagano l’Ires (o altra imposta societaria nel caso delle
    società non residenti), si pone il problema di evitare o alleviare la doppia
    tassazione degli utili (in capo alla società partecipata e alla società
    partecipante).
Le società maggiormente interessate all’eliminazione della doppia tassazione
    sono ovviamente le holding pure, la cui attività consiste esclusivamente
    nella detenzione di pacchetti di controllo azionario di altre società.
Il mantenimento di una parziale doppia tassazione può invece trovare
    giustificazione nella volontà di disincentivare le strutture societarie
    piramidali, in cui la distribuzione verticale del controllo (il fatto che una
    società sia controllata da un’altra società, a sua volta controllata da
    un’altra società e così via) rende meno trasparente ed efficiente la struttura
    di governance delle società e può favorire attività elusive

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                   Esenzione da partecipazione
 Nel nostro paese, con la riforma Tremonti, dal 2004 è stato introdotto un
   regime di esenzione da partecipazione (participation exemption),
   che comporta: l’esenzione (attualmente al 95%) dei dividendi e delle
   plusvalenze e l’indeducibilità delle minusvalenze e degli oneri
   finanziari riconducibili alle partecipazioni che beneficiano del regime
   di esenzione.

 Esenzione dei dividendi
 I dividendi distribuiti da società di capitali ed enti commerciali residenti e
     non residenti (purché non residenti in paesi a fiscalità privilegiata) e
     percepiti da società di capitali sono esclusi dal reddito imponibile di
     queste ultime per il 95% del loro ammontare. Questa esclusione non
     è condizionata a nessun requisito particolare (salvo il fatto che non
     devono riferirsi a titoli tenuti per la negoziazione da soggetti che
     adottano i criteri di contabilità internazionale).

                           BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2018

                   Esenzione da partecipazione
Esenzione delle plusvalenze
Le plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni in società (con o senza
    personalità giuridica, residenti e non residenti) sono esenti da imposta nella misura del
    95% purché siano congiuntamente verificate le quattro condizioni seguenti:
– la società cui si riferisce la partecipazione non deve risultare localizzata in un paese a
    fiscalità privilegiata, oppure si deve poter dimostrare che non si sono ottenuti privilegi
    fiscali dal possesso delle partecipazioni in esame;
– la società partecipata deve esercitare un’effettiva attività commerciale;
– la partecipazione deve risultare iscritta in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie, nel
    primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
– la partecipazione deve essere posseduta ininterrottamente da almeno dodici mesi.
 Va considerato che l’esenzione concessa alle plusvalenze è giustificata come correttivo della
        doppia tassazione solo nel caso in cui esse riflettano l’esistenza di utili non distribuiti,
      mentre risulta immotivata in tutti i casi in cui esse riflettano altri fattori, quali l’andamento
                                      generale dei mercati azionari.

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              Esenzione da partecipazione
      Indeducibilità delle minusvalenze e delle svalutazioni di
                             partecipazioni

 A fronte dell’esenzione delle plusvalenze viene prevista l’indeducibilità
     integrale delle minusvalenze realizzate e delle svalutazioni operate
      sulle partecipazioni aventi i requisiti per godere dell’esenzione da
                               partecipazione.

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  Regime opzionale per società di persone e
            imprese individuali
Il sistema fiscale non è neutrale nei confronti delle scelte
    organizzative delle imprese

Per questo era stata introdotta (ma di fatto mai attuata) per le imprese
  individuali e i soci delle società di persone, in contabilità ordinaria, la
  possibilità di optare per una tassazione analoga a quella riservata
  alle società di capitali.
Questo particolare regime di imposta, opzionale, denominato Iri
  (Imposta sul reddito di impresa) è abolito dalla legge di bilancio per il
  2019.

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                                Crediti di imposta
Alle imprese e alle società di capitali è riconosciuto un insieme molto ampio di agevolazioni
     fiscali, con finalità di incentivo
Credito di imposta: importo monetario che può essere portato in diminuzione
     (compensazione) delle imposte dovute dall’impresa.
Il credito è generalmente commisurato alla spesa sostenuta dall’impresa nell’attività che si
     vuole agevolare.
Spesso: temporanei, soggetti a limiti, godibili in più rate.
Sono più di 100 i crediti di imposta che possono essere fatti normalmente valere in una
     dichiarazione dei redditi.
Le regole stabilite nel 2008 per limitare gli effetti di questi crediti quando si sommano in capo
     alla medesima impresa sono continuamente derogate dalla normativa.
Crediti possono essere cumulabili o meno, devono rispettare le regole europee contro gli
     aiuti di Sato.
Finalità più frequenti: investimenti, ricerca e sviluppo, occupazione, utilizzo di fonti
     energetiche rinnovabili, cultura arte spettacolo, sviluppo di nuove tecnologie.
Agevolazioni particolari riguardano le imprese che operano in territori colpiti da calamità
     naturali.

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     TASSAZIONE UTILI DISTRIBUITI AGLI
       INDIVIDUI: LA CEDOLARE SECCA

       Sugli utili distribuiti viene applicata
        una ritenuta alla fonte a titolo di
                  imposta del 26%
       senza crediti per l’imposta pagata
                    dalla società.

                                                                                             56

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      PERCHÈ LA CEDOLARE?

 Modalità di prelievo coerente con
  quella riservata agli altri redditi
              finanziari
   -semplicità di applicazione
    -facilità di accertamento

                                                                           57

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          CEDOLARE SECCA

        Esempio (Ires al 24%)

Utile lordo                         100
Utile distribuito                    76
Cedolare secca                       19,76 (=0,26*76)

Imposta complessiva 24+19,76=43,76

                                                                           58

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    I dividendi sono tassati al 43,76%
       gli interessi al 26% (o 12,5%)
                ciò è fonte di:
                   - iniquità
- inefficienze (disincentiva l’investimento
                  azionario)                                               59

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        IL NUOVO REGIME «FLAT TAX»
          PER IL LAVORO AUTONOMO

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     Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo
La legge di bilancio per il 2019 introduce una flat tax per i lavoratori autonomi e gli
imprenditori individuali.
La flat tax per gli autonomi si articola in due regimi.

1)    I contribuenti con ricavi e compensi non superiori ai 65 mila euro nell’anno
      precedente, a partire dal 2019, sono assoggetti ad un sistema proporzionale di
      tassazione sui redditi, sostitutivo dell’Irpef complessiva, nazionale e locale, con
      aliquota pari al 15% (5% per i primi 5 anni di attività).

Non si tratta di una estensione dell’attuale regime dei minimi. Il regime dei minimi era
pensato per semplificare gli adempimenti sia burocratici che fiscali richiesti a soggetti
privi di una organizzazione imprenditoriale, ed era quindi sottoposto a requisiti
stringenti, non solo per quanto riguarda l’ammontare complessivo di ricavi e compensi,
ma anche per quanto riguarda la spesa per il personale e i beni strumentali utilizzati.
Questi requisiti vengono ora eliminati.

                         BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2018

     Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo

A coloro che ricadono nel nuovo regime viene riconosciuta la
determinazione forfetaria dei costi (ad esempio per un libero
professionista il reddito è pari al 78% dei ricavi, per un commerciante al
40% dei ricavi e così via).
Sono esenti da Iva: non addebitano l’Iva sui beni e servizi che vendono
e non possono detrarre l’Iva sugli acquisti.
Non pagano l’Irap.

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  Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo

2) Analogo regime (sostitutivo di Irpef e addizionali) verrà riconosciuto, a
partire dal 2020, ai contribuenti con ricavi o compensi fra i 65.000 e i
100.000 euro.
L’aliquota del regime sostitutivo sarà per loro del 20%.
La determinazione dei costi in questo caso avviene analiticamente.

Anche i soggetti che ricadranno in questo regime saranno esenti da Iva:
non addebiteranno l’Iva sui beni e servizi che vendono e non potranno
detrarre l’Iva sugli acquisti.
Non pagheranno l’Irap.

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  Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo

Il nuovo regime pone interrogativi sotto diversi profili

Equità
Anche a prescindere dall’abbattimento al 5% dell’aliquota, nei primi 5
anni di attività, a parità di reddito da lavoro, un lavoratore dipendente
può arrivare a pagare un’imposta sui redditi superiore anche di 10.000
euro rispetto a quella di un lavoratore autonomo che ricada nel secondo
regime.

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    Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo

  Efficienza L’agevolazione ha la finalità di stimolare le attività produttive e
  quindi la crescita del Pil di cui beneficeranno tutti, anche i lavoratori
  dipendenti. Ma il modo in cui è disegnata rende molto difficile che questo
  possa avvenire. Entrambi i regimi, ma soprattutto il secondo,
  contengono infatti un fortissimo disincentivo ad aumentare il proprio
  volume d’affari. Tale aumento può infatti determinare l’uscita dal regime
  agevolato:
  - nel primo regime l’aliquota marginale effettiva sui 10.000 euro
  aggiuntivi di ricavi che permettono di passare da 65.000 a 75.000 passa
  dal 15% (5% nei primi anni di attività) al 52,5%. Una aliquota molto più
  alta della più alta aliquota Irpef, che più che dimezza la redditività dello
  sforzo.

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    Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo

- nel secondo regime l’aliquota marginale con cui ci si confronta aumentando
i propri ricavi da 100.000 a 110.000 euro è del 119% in caso di bassa
redditività (commercianti con coefficiente di redditività del 40%) fino a
raggiungere il 185,4% nel caso di alta redditività (professionisti con redditività
del 78%). In questo secondo caso, l’aliquota sui redditi aggiuntivi rimane
superiore al 100%, fino a ricavi pari a 125.000 euro.
Con aliquote superiori al 100% si paga in imposte più del reddito che si ottiene.
Detto altrimenti, più si allargano ricavi e compensi più ci si impoverisce.
Esiste quindi un forte disincentivo ad allargare il proprio volume d’affari

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       Il nuovo regime «flat tax» per il lavoro autonomo
                                       Elusione fiscale
Il regime introdotto potrebbe spingere ad attività di elusione/evasione di imposta, quali, ad
esempio:
- La trasformazione di lavoratori dipendenti in lavoratori autonomi.
Sarà più facile per le nuove assunzioni, perché nella consapevolezza dell’incentivo a questi comportamenti è stata
messa una norma che preclude l’accesso ai due regimi a chi sia stato lavoratore dipendente nei precedenti due
anni, ma solo se continua a lavorare per lo stesso datore di lavoro.
-     La dissociazione, anche fittizia, di studi associati per potere, singolarmente, entrare nel
      regime flat tax.
-     Rischio che i soggetti più grandi si accordino per fare fatturare ai più piccoli che
      rientrano nei regimi flat tax prestazioni al posto loro, così potranno continuare a godere
      di una detrazione dell’Iva sugli acquisti senza però applicarla sulle vendite e
      trasferiranno il pagamento delle imposte sui redditi in capo a chi è assoggettato ad
      aliquote molto più basse.

                                BOSI, GUERRA, I tributi nell'economia italiana, Il Mulino 2019

                         Esercizio 8* (Ires 1)

    Nel 2019 la società Paperina S.p.a. ha (dati in migliaia di euro):
    -ricavi per 4200
    -spese per personale per 850
    -interessi passivi per 230
    -ammortamenti rilevanti a fini fiscali per 200
    -acquisti di materie prime per 610
    -ha effettuato nuovi investimenti per 270
    -ha distribuito utili ai propri azionisti per 560
    -il Rol della società è pari a 2940

    Calcolare l’Ires dovuta dalla società Paperina (senza considerare la
    deducibilità dell’Irap dalla base imponibile dell’Ires)

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               Esercizio 9* (Ires 2)

Nel 2019 la società Rape verdi S.p.a. ha ricavi per 480 mila euro, interessi
attivi per 30 mila euro, spese per salari e stipendi per 270 mila euro, spese
per contributi sociali per 90 mila euro, interessi passivi pari a 150 mila
euro, ammortamenti per 60 mila euro e acquisiti di materie prime e
prodotti intermedi per 70 mila euro.
Il Rol (risultato operativo lordo) è pari a 110 mila.

Si calcoli l’Ires dovuta dalla società in questione (senza considerare la
deducibilità dell’Irap dalla base imponibile dell’Ires)

                                                                                     69

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