La seconda metà del Cinquecento in Basilicata

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La seconda metà del Cinquecento in Basilicata
a cura di     Rossella Villani

                                                                                                       CULTURA
          La seconda metà del

                                                                                                      P ittura in B asilicata
        Cinquecento in Basilicata
    LA PITTURA NAPOLETANA IN BASILICATA - PRIMA PARTE

La pittura a Napoli nella seconda metà del Cinquecento

A
           l volgere della prima metà del ’500 Napoli, caratterizzata da una singolare e origina-
           le varietà di esiti stilistici dovuta al sovrapporsi sulla cultura tardo-quattrocentesca
           locale di molteplici apporti esterni e all’intrecciarsi di diverse componenti, dalla
tosco-romana all’iberica, dalla lombarda alla fiamminga, diventa il punto di riferimento arti-
stico e culturale di tutte le altre province del Regno.
La vicinanza con Roma aveva determinato, già nel primo decennio del Cinquecento, una pre-
coce assimilazione del classicismo raffaellesco, diffuso prima da Cesare da Sesto, rappresen-
tante della cultura leonardesca lombarda e seguace di Raffaello a Roma e che aveva lasciato a
Napoli opere come l’Adorazione dei magi nel Museo di Capodimonte e il Polittico della Badia
di Cava dei Tirreni; poi dagli allievi diretti di Raffaello e suoi aiuti nella decorazione delle
Logge Vaticane, soprattutto Polidoro da Caravaggio che, prima di trasferirsi a Messina, aveva
eseguito a Napoli, nel 1523, la Deposizione nel sepolcro (Museo di Capodimonte).
Tra i molti allievi e seguaci di Polidoro si annoverano Marco Cardisco, Andrea Sabatini da
Salerno e Giovan Filippo Criscuolo. Andrea da Salerno è considerato il maggiore rappresen-
tante locale della corrente classicista, che spesso anima di accenti espressionistici di gusto ibe-
rico, e il maggior diffusore della maniera nelle province del Regno meridionale, basti pensare
all’influsso che egli ebbe su Simone da Firenze.
La vena locale manifestatasi con questi tre pittori diventa vera e propria corrente grazie all’o-
pera di Silvestro Buono (? - 1584) e Gian Bernardo Lama (1506 - dopo 1598) che introdu-
cono nella pittura, oltre ai derivati della cultura romana e al vigore espressivo di Polidoro, por-
tati della pittura nordica, in particolare di Michel Coxie.
Alla diffusione del classicismo raffaellesco nel meridione si aggiunge, verso la metà del secolo,
quella della maniera toscana, soprattutto con l’arrivo a Napoli, nel 1544, del Vasari1 e quella
della maniera internazionale con Pedro De Rubiales2.
Il maggior rappresentante del secondo manierismo in area meridionale è, tuttavia, il pittore e
architetto senese Marco Pino che, prima di giungere a Napoli, nel 1557, opera a Roma nella
La seconda metà del Cinquecento in Basilicata
cerchia raffaellesca collaborando con Perin del Vaga al ciclo decorativo di Castel Sant’Angelo.
                          A Napoli lascia diverse opere tra cui Assunzione e Adorazione dei Magi nella chiesa dei Santi
P ittura in B asilicata

                          Severino e Sossio, Adorazione dei Magi del Museo di Capodimonte, Battesimo di Gesù in San
                          Domenico Maggiore, Conversione di Paolo (oggi nell’Arcivescovado di Palermo), in cui accan-
                          to ai modi tipici della tarda maniera fiorentina, compaiono di frequente inflessioni iberiche,
                          che hanno fatto supporre un suo viaggio in Spagna.
                          Rivale di Marco Pino è, in questi anni, Gian Bernardo Lama, allievo di Silvestro Buono, che
                          accentua i rapporti con il manierismo nordico e difende strenuamente la corrente napoletana
                          che aveva ormai notevole ampiezza con seguaci come Cesare Turco e Decio Tramontano.
                          A questi si aggiunge Francesco Curia (1538-1670) che con il suo vivo immaginare ridà tono
                          e vigore alla pittura napoletana.

                          Opere di artisti napoletani in Basilicata
CULTURA

                          La committenza lucana si rivolge, attorno alla metà del secolo, sempre più spesso ad artisti
                          napoletani per l’esecuzione di opere, soprattutto a carattere religioso.
                          Così ritroviamo nella parrocchiale di Oliveto Lucano una tavola con Madonna col Bambino e
                          Santi che la Grelle3 dichiarava proveniente dalla cerchia del napoletanizzato Leonardo
                          Castellano da Pistoia, poi attribuita da Nuccia Barbone Pugliese4 e da Pierluigi Leone de
                          Castris5 al Manchelli e infine, alla luce dell’intervento della Francione6 che rifiutava tale attri-
                          buzione, assegnata dallo stesso Leone de Castris7 a Decio Tramontano; nella chiesa di Santa
                          Maria ad Anzi una pala con Madonna del Rosario ed i quindici Misteri, attribuita al Manchelli8,
                          genero di Marco Pino; nella chiese potentine di San Francesco e Santa Maria del Sepolcro le
                          tavole rispettivamente con la Natività tra i SS. Francesco e Giovanni Evangelista e l’Immacolata
                          fra i SS. Rocco e Francesco eseguite da Leonardo da Pistoia9; sull’altare maggiore del duomo di
                          Matera la bellissima cona, acquistata a Napoli nel 1580 e di mano di un maestro napoletano
                          riconosciuto da G. Previtali10 come Fabrizio Santafede; a Colobraro le tele eseguite da
                          Francesco Curia, rispettivamente la Madonna con Bambino e San Leonardo del 1595 nella chie-
                          sa di San Nicola e la Madonna del Carmine tra San Francesco d’Assisi e San Francesco da Paola
                          nella chiesa del convento di Sant’Antonio, nella chiesa dell’Annunziata a Brienza, la Pietà e
                          l’Eterno Benedicente, attribuiti da Barbone Pugliese11 a Silvestro Buono e, nella chiesa di Santa
                          Maria delle Grazie a Bella, la cona con San Giovanni Battista, Santa Caterina d’Alessandria, una
                          Deposizione, un’Annunciazione e l’Eterno, esaminata dalla Francione12, di mano di un pittore
                          meridionale non ancora identificato ma che, per Leone de Castris13, mostra “rapporti col
                          Rodriguez più che con l’Imparato”.
                          Altre opere d’ambito napoletano si trovano sparse un po’ ovunque in Basilicata, spesso raffi-
                          guranti Madonne del Rosario: tra queste la tela nella chiesa del Rosario a Maratea è stata attri-
                          buita a Decio Tramontano, sulla base di affinità stilistiche con la tela a medesimo soggetto, già
                          a Polla14, commissionata dalla Confraternita del Rosario di Polla dopo la fondazione della stes-
                          sa avvenuta nel 1588.
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La seconda metà del Cinquecento in Basilicata
Le tele di Oliveto Lucano, Anzi e Potenza

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La tavola con Madonna con Bambino ed i SS. Agostino e Francesco e le anime purganti, nella
chiesa di Santa Maria Assunta ad Oliveto Lucano, segue la scia del filone sabatiniano, svilup-
pato dal Lama e dal Buono. Racchiusa in una ricca cornice lignea dorata e policromata con

                                                                                                        P ittura in B asilicata

                                                   Oliveto Lucano (Mt), Chiesa di S. Maria Assunta
   - Madonna con Bambino, Sant’ Agostino, S. Francesco e le Anime purganti - (foto S.B.A.S. - Matera)
                                                                                                            3
colonne laterali intagliate a girali fogliati che poggiano su plinti e completata in alto da una
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                          cimasa agettante, essa è suddivisa in tre ordini: al centro trova posto l’enorme riquadro con la
                          Madonna delle Grazie i SS. Agostino e Francesco e le anime purganti, in alto la cimasa suddivisa
                          in tre elementi contenenti Dio Padre benedicente e l’Annunciazione e, infine, in basso la pre-
                          della con Gesù e gli Apostoli.
                          La tela principale presenta la Madonna seduta in alto sulle nubi, circondata da vivaci e graziosi
                          puttini intenti a sorreggerle la corona o a sollevare il mantello, mentre in basso, tra i due Santi
                          adoranti, trovano posto le anime purganti, avvolte dalle fiamme e immerse nell’acqua fino alla
                          cintola.
                          Se ad una prima lettura dell’opera essa era stata attribuita, da Nuccia Barbone Pugliese e
                          Pierluigi Leone de Castris15, a Michele Manchelli, riconosciuto anche quale autore della pala
                          nella chiesa di S. Maria ad Anzi, Maria Francione a seguito dell’intervento di restauro, esclu-
CULTURA

                          de l’accostamento alla tela di Anzi e quindi l’attribuzione al Manchelli evidenziando nella tela
                          di Oliveto Lucano: “il pittoricismo vivace tipico dell’Imparato, gli angeli festosi e guizzanti che
                          riecheggiano quelli di Pietro Negroni, la pennellata cangiante e delicata del Curia, i profili affi-
                          lati abituali in Bartolomeo da Pistoia, ingredienti che, sapientemente calibrati, realizzano un
                          soggetto tanto gradevole e sovente replicato tra la fine del XVI secolo e gli inizi del successi-
                          vo”16. Di qui Leone de Castris, nel ’96, assegna l’opera a Decio Tramontano, datandola all’in-
                          circa nel 1596, ovvero fra “le ultime tappe di un melanconico e inaspettatamente lungo fina-
                          le di carriera”17.
                          La pala con Madonna del Rosario ed i Quindici Misteri nella chiesa di S. Maria ad Anzi è com-
                          posta da una grande tela centrale raffigurante una splendida Madonna nell’atto di dispensare
                          il Rosario ai suoi sudditi contornata in alto e ai due lati da quindici riquadri raffiguranti i
                          Misteri. In alto, la cimasa racchiude le immagini dell’Eterno al centro, e di due angeli ai lati.
                          La Vergine, seduta in alto, in sospensione al centro della tela, regge con la mano sinistra il
                          Bambino che è ritto in piedi sulle ginocchia della madre, e con la destra elargisce le coroncine
                          del Rosario ai Santi presenti. Questi, disposti simmetricamente ai piedi e ai lati della Madonna
                          - due inginocchiati in primo piano e altri quattro dietro di essi - insieme agli angeli sullo sfon-
                          do reggenti tralci di rose, formano una sorta di armoniosa cornice che racchiude la figura della
                          Vergine dall’ovale delicato e languido e dalle vesti morbide e fluenti che le scivolano sul corpo.
                          Avvicinata alla tavola di Oliveto Lucano, ma da questa distante sia per impianto compositivo
                          che per stile, la pala di Santa Maria ad Anzi, dopo l’iniziale attribuzione della Grelle18 al
                          Maestro di Montecalvario -da identificare con Michele Curia, padre del più dotato Francesco-
                          o a Giovanni De Mio, è stata ascritta a Michele Manchelli, da Barbone Pugliese19, Leone de
                          Castris20 e Restaino21, sulla base delle affinità stilistiche con la Madonna del Rosario nel
                          Duomo di Vieste, firmata e datata 1581.
                          Nelle due chiese potentine di San Francesco e di Santa Maria del Sepolcro le due tele rispetti-
                          vamente con la Natività tra i SS. Francesco e Giovanni Evangelista e l’Immacolata tra S. Rocco e
                          S. Francesco appartengono allo stesso autore identificato, da Leone de Castris, con Leonardo
4                         da Pistoia22.
Nella Natività Gesù Bambino, in

                                                                                               CULTURA
                                                 primo piano, disteso su un morbido
                                                 giaciglio di stoffa, flette le gambette
                                                 piene e protende le braccia e il viso
                                                 verso la Madre ritratta, dietro di lui,
                                                 con le mani giunte al petto e gli occhi

                                                                                              P ittura in B asilicata
                                                 socchiusi, intenta a pregare.
                                                 Ai lati del Bambino, San Giovanni
                                                 Evangelista è intento a scrivere il suo
                                                 Vangelo, mentre San Francesco è
                                                 genuflesso in Adorazione.
                                                 Sullo sfondo si intravedono San
                                                 Giuseppe e altri personaggi intenti a
                                                 pregare, mentre in alto due putti reg-
                                                 gicartiglio incorniciano, incontran-
                                                 dosi, la composizione.
                                                 Invero essa è tutta giocata sull’asse

             Potenza, Chiesa di S. Francesco
   - Natività tra i SS. Francesco e Giovanni
         Evangelista - (foto Rossella Villani)
che attraversa obliquamente la tela:
Gesù, Maria e Giuseppe, ai lati dei quali
si dispongono prima i due Santi prin-
cipali, poi sullo sfondo le comparse.
Manieristica è non tanto la libera
disposizione delle figure nello spazio,
quanto le figure in sé, parzialmente
illuminate da un’intensa fonte lumino-
sa proveniente da destra che esalta le
pieghe degli abiti, la gestualità dei
corpi, l’ondulazione delle linee, in fun-
zione di una composizione dal ritmo
mosso e concitato, tipica delle opere di
Marco Pino da Siena.
Nell’Immacolata di Santa Maria del
Sepolcro, la canonica immagine della
Vergine in piedi, avvolta dal turbinio
                                                 Potenza, Chiesa di S. Maria del Sepolcro
di nubi, sullo sfondo di un convenzio-           - Immacolata tra i SS. Rocco e Francesco
nale paesaggio naturale, è accompa-                               - (foto Rossella Villani)
                                                                                                    5
gnata dalle possenti immagini di San Rocco e San Francesco, protesi ad adorare la Vergine. I
P ittura in B asilicata

                          volti dei due Santi ricalcano fedelmente quelli dei SS. Giovanni Evangelista e Francesco della
                          Natività in San Francesco e quello della stessa Madonna è esemplato sulla Vergine della
                          Natività, quasi il pittore usasse una sigla distintiva un marchio identificativo dei suoi perso-
                          naggi. Qui, però, rispetto all’altra tela la composizione è più pacata, più nitida: le linee si
                          distendono, le superfici si allargano e i personaggi hanno maggior respiro.
                          Secondo Leone de Castris, Leonardo avrebbe eseguito le opere potentine ritenute “di bottega”,
                          con la collaborazione di Antonio Stabile, in Basilicata ove avrebbe trasferito la sua bottega a
                          seguito della sostituzione della sua Presentazione al tempio in Monteoliveto a Napoli con la pala
                          di analogo soggetto del Vasari (1544-1545).

                          NOTE:
CULTURA

                           1
                               Giorgio Vasari, pittore fiorentino di maniera, il cui nome è legato soprattutto alla sua opera di storiografo e critico d’ar-
                               te nelle sue “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori”, soggiorna a Napoli dal 1544 al 1545. Qui esegue la deco-
                               razione del refettorio di Monteoliveto dal cromatismo brillante e vivace che esula dal suo stile consueto più sobrio e cali-
                               brato, le ante dell’organo di San Gennaro, le ventiquattro tavole con Evangelisti, Santi, Storie del Vecchio Testamento e
                               della vita di San Giovanni Battista , nella sagrestia di San Giovanni a Carbonara, dove ritorna alla purezza di linee e forme
                               tipica della giovinezza.
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                               Il pittore spagnolo, formatosi nel clima del manierismo romano, giunge a Napoli tra il 1547 e il 1548 a seguito dell’in-
                               vito del viceré spagnolo Don Pietro di Toledo. Qui attende alla decorazione della cappella della Sommaria in
                               Castelcapuano, a quella della cappella dei Principi di Sulmona a Monteoliveto e dipinge una Madonna con Bambino e
                               San Giovannino nel Palazzo Reale.
                           3
                               A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della mostra, Ed. De Luca, 1981, p. 88.
                           4
                               N. BARBONE PUGLIESE, Contributo alla pittura napoletana del Seicento in Basilicata in “Napoli Nobilissima”, XXII,
                               1983, p. 82.
                           5
                               P. LEONE DE CASTRIS, La pittura del Cinquecento nell’Italia meridionale, in AA.VV., La pittura in Italia. Il
                               Cinquecento, a cura di G. Briganti, Milano 1988, p. 761.
                           6
                               M. FRANCIONE, Madonna con Bambino, Sant’Agostino, San Francesco e le Anime Purganti. Oliveto Lucano, Chiesa
                               Madre di S. Maria Assunta, in “Restauri in Basilicata 1993-1997”, Catalogo della Soprintendenza per i Beni Artistici e
                               Storici di Matera, 1998, pp. 44-47.
                           7
                               P. LEONE DE CASTRIS, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, p. 306.
                           8
                               Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1983, P. 82 e Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1988, p. 761; P. LEONE DE CASTRIS,
                               Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606. L’ultima maniera, 1991, p. 29.
                           9
                               Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1988, pp. 488 e 846; 1996, p. 95.
                          10
                               G. PREVITALI, La cona dell’altare grande della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede, in “Scritti in
                               onore di Ottavio Morisani”, Catania, 1982, pp. 293-301.
                          11
                               N. BARBONE PUGLIESE, Silvestro Buono, Eterno Benedicente e Pietà in “L’antico nascosto”, Catalogo della
                               Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera, 1987, pp. 65-69;

 6                        12
                               M. FRANCIONE, Ignoto Pittore Meridionale. Polittico: S. Giovanni Battista, Angelo reggicolonna; Santa Caterina
d’Alessandria, Angelo portacroce; Deposizione dalla Croce; Annunciazione, Padre Eterno; Angeli, Bella (PZ) chiesa di S.

                                                                                                                                 CULTURA
     Maria delle Grazie, in “L’antico nascosto” Catalogo della mostra, 1987, a cura della S.B.A.S. Matera, pp. 31-39.
13
     Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1991, p. 245 nota 183.
14
     C. RESTAINO in AA.VV. , Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica diocesi di Capaccio. Catalogo della
     mostra di Padula, Napoli 1990, p. 126.
15
     Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1983, p. 82; Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1988, p. 761.

                                                                                                                                P ittura in B asilicata
16
     Cfr. M. FRANCIONE, 1998, pp. 44-47.
17
     Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1996, p. 306.
18
     Cfr. A. GRELLE IUSCO, 1981, p. 88.
19
     Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1983, p. 82.
20
     Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1988, p. 761; e Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1991, p. 29.
21
     C. RESTAINO in AA.VV., Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica diocesi di Capaccio. Catalogo della
     mostra di Padula, Napoli 1990, p. 120;
22
     Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, 1988, p. 488 e 846.

BIBLIOGRAFIA:

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      G. PREVITALI, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino, 1978;
      A.    GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata, Catalogo della Mostra, Roma, 1981, pp.88-90;
      G. PREVITALI, La cona dell’altare grande della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede, in “Scritti
      in onore di Ottavio Morisani”, Catania, 1982, pp. 293-301;
      N. BARBONE PUGLIESE, Contributo alla pittura napoletana del Seicento in Basilicata, in “Napoli Nobilissima”, fasc.
      III-IV, 1983;
      N. BARBONE PUGLIESE, Silvestro Buono, Eterno Benedicente e Pietà in “L’antico nascosto”, Catalogo della mostra
      a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera, 1987, pp. 65-69;
      M. FRANCIONE, Ignoto Pittore Meridionale. Polittico: S. Giovanni Battista, Angelo reggicolonna; Santa Caterina
      d’Alessandria, Angelo portacroce; Deposizione dalla Croce; Annunciazione, Padre Eterno; Angeli, Bella (PZ) chiesa di S.
      Maria delle Grazie, in “L’antico nascosto” Catalogo della mostra a cura della S.B.A.S. di Matera, 1987, pp. 31-39;
      P. LEONE DE CASTRIS, La pittura del Cinquecento nell’Italia meridionale, in AA.VV., La pittura in Italia. Il
      Cinquecento, a cura di G. Briganti, Milano 1988;
      C. RESTAINO in AA.VV. , Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica diocesi di Capaccio. Catalogo della
      mostra di Padula, Napoli 1990;
      P. LEONE DE CASTRIS, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606. L’ultima maniera, 1991, pp. 107-139;
      P. LEONE DE CASTRIS, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996;
      M. FRANCIONE, Madonna col Bambino, Sant’Agostino, San Francesco e le Anime purganti, Oliveto Lucano (MT),
      Chiesa di Santa Maria Assunta, in “Restauri in Basilicata 1993-1997”, Catalogo della mostra a cura della S.B.A.S. di
      Matera, 1998, pp. 44-47.
      A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Aggiornamenti all’edizione del 1981, Ristampa anastatica, 2001.
                                                                                                                                 7
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