LA CRIS'I DELLA DEMOCRAZIA ITALLANA E L'AVVENTO DEL FASCISMO: 1919 1922
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Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. LA CRIS'I DELLA DEMOCRAZIA ITALlAN A E L'AVVENTO DEL FASCISMO: 1919·1922 di Paolo Farneti Per un modello d analisi delle crisi dei sistemi parlamentari J Si puo sostenere, almeno per ipotesi, che il funzionamento di un sistema parlamentare si fondi essenzialmente. su una cdivi- sione del lavoro' tra societa civile, societa politica e istituzioni. Per societa civile intendiamo Ie articolazioni tra citta e campa- gna, centro e periferia, industria e agricoltura, proprietari e salariati t, che possono esprimersi in strutture di interesse 0 di solidarieta (istituzione che eredita, in fondo, la vecchia contrap- posizione tra contractus e status, gesellschaft-gemeinschaft, ecc.); ~l sindacato e un esempio delle prime, mentre un movimento collettivo potrebbe esser un esempio delle seconde 2. Per societa politica intendiamo tutti quei gruppi che si basano suI principio dell'associazione e suI principio dell'organizzazione per fini poli- tici, come un club politico, un partito parlamentare 0 un partito di massa. Questa distinzione e l'erede dell'antica dicotomia tra « setta » e « chiesa » intuita da Weber e in seguito trattata siste- maticamente da Troltsch. Per istituzioni infine , intendiamo quelle strutture che sono regolate soprattutto da un ordinamento giuridico e tra i loro molti aspetti possono essere analizzate anche in termini di situazione di monopolio 0 concorrenza della forza. Da questo punto di vista sono (istituzioni' l'esercito, la https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 1 S. M. Lipset e S. Rokkan, Cleavage Structures, Party-Systems and Voter Alignments: An Introduction, in S. M. Lipset e S. Rokkan (ed8.), Party Systems and Voter Alignments: Cross-National Perspectives, New York, The Free Press, 1967, pp. 1-64. 2 P. Wilkinson, Social Movement, London, Pall Mall, 1971.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 46 Paolo Fa~neti polizia, la burocrazia centrale e decentrata (ad esempio la buro- crazia prefettizia) e cosl via 3. Nell'analisi empirica di questi tre ambiti strutturali possiamo usare una serie di categorie dicotomiche; interesse e solidarieta per quanto riguarda la societa civile; associazione e organizza- zione per quanto riguarda la societa politica, monopolio 0 con- correnza nell'esercizio della forza. Queste tre strutture danno un'idea della complessita del sistema politico in generale, ed in particolare di quei sistemi politici parlamentari che sono il risul- tato di differenti processi storici. La societa civile e il risultato della rivoluzione industriale, mentre l'insieme delle istituzioni e il portato dell'ancien regime e degli adattamenti che esso ha subito dopo la rivoluzione del 1789 4. La societa politica e il risultato della rivoluzione democratica del 1848 i cui principi vennero in parte volti in istituzioni durante la fine dell'Otto- cento e i primi decenni del Novecento. In molti paesi, e in particolare in Italia e in Germania, i1 processo di jormazione dello stato fu caratterizzato dalla media- zione operata dalle forze istituzionali dello stato moderl10, delle tensioni e dei conflitti derivanti dalle fratture fondamentali delle societa del XIX secolo. Con la democratizzazione crescente della politica, l'istituzione di parlamenti di eletti, e l'entrata di nuovi gruppi nell'arena politica, la funzione fondamentale di media- zione dei conflitti venne assunta da una classe politica eletta composta sempre piu di politici di professione che sospinse i1 problema della formazione dello stato a problema di forma- zione della nazione, in quelle societa in cui la formazione dello stato era recente. Questo processo significo l'emancipazione del- l'ambito della politica e del (far politica', sia dall'ambito delle forze civili sia da quello delle forze istituzionali. In elfetti, la tdivisione del lavoro) sorge proprio dai rapporti che si stabili- scono tra strutture relativamente emancipate: civili} politiche e istituzionali 5. La risorsa fondamentale della societa politica - intesa come struttura relativamente (emancipata' - consiste nella possibilita https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 P. Fal'neti, Introduzione, in P. Farneti (a cura di) II sistema poli~ 3 tieDitaliano, Bologna, II MuEno, 1973, pp. 12-26. 4 A. de Tocqueville, L}antico regime e la rivoluzione, in A. de Toc- queville, Scritti politici (a cu~a di N. M1atteucci), To~ino, UTET, 1968, vol. II. 5 P. Farneti, Siste111a politico e societa civile, Torino, Giappichelli, 1971, pp. 5-114.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deHa democra1jia itaUana 47 di ridefinire Ie tensioni che si operano nella societa civile ed eventualmente anche nelle strutture istituzionali, traducendole, in tal modo, in problemi (0 issues) politici. Percio possiamo dire che un problema diventa (politico' quando, attraverso questa pratica di traduzione operata dal politico (che e poi vera e pro- pria trasformazione), il problema diventa capace di dar luogo a una divisione - e aggregazione - della popolazione tra coloro che sono in favore 0 contro Ie soluzioni politiche alternative del problema. Naturalmente, buona parte dell'arte politica consiste non solo in questa trasformazione, ma anche nella capacita di impedire che certe tensioni aventi il potenziale di diventare pro- blemi politici, nel senso ora indicato, diventino tali, ottempe- rando in fondo aIle regole della (divisione del lavoro' cui si accennava. Questo significa, concretamente, impedire la politiciz- zazione del problema da parte di forze civili 0 istituzionali; per esempio, quando provvedimenti quali un aumento delle imposte vengono presentati come semplici misure amministrative piut- tosto che come decisioni politiche, abbiamo un caso di preven- zione di politicizzazione di un problema carico di potenziale poli- tico, e COS1 via. Percio, da questo punto di vista, Ie strutture civili, politiche e istituzionali sono in. continua tensione. Le strutture civili e istituzionali, per la loro origine e per il lora sviluppo, tendono quasi immancabilmente a (diventare' societa politica, cioe a trasformare Ie proprie fratture interne in divisioni politiche. La societa politica tende a monopolizzare la pratica del decidere e del fare politicamente - cioe del creare problemi specificamente politici - non importa se questi pro- blemi derivino dalla societa civile 0 dalle istituzioni. In tutti quei casi in cui le forze politiche e istituzionali entrano) in quanto tali} nell}arena political il sistema parlamentare subisce una crisi} perche tende a scomparire quella cdivisione dellavoro} tra societa civile} politica e istituzionale} sulla quale si fonda il sistema parlamentare. Quindi la crisi di un sistema parlamentare PUD essere vista come il fallimento} da parte della societa poli- tical nel mantenere le regole della cdivisione del lavoro}} un equi- librio che richiede autocontrollo da parte della classe politica e} https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 nello stesso tempo} la possibilita-decisione di dissuasione siste- matica da ogni tentativo di spezzare questo equilibrio da parte delle forze civili e istituzionali. Quando questo non avviene, assistiamo ad una perdita di autonomia da parte della societa politica che segna il passo iniziale e piu importante di un pro- cesso di crisi e che coincide con 10 spostamento del far politica
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 48 Paolo Farneti e della politicizzazione dei problemi (nel senso che abbiamo indicato ) a forze puramente civili e istituzionali, in ogni caso, forze non appartenenti alIa sfera della societa politica: la (poli- tica della piazza' e la Cpolitica della caserma' si sostituiscono alIa (politica del seggio elettorale'. Delle prime due (politiche' sono affollate Ie cronache degli anni 1919-1922 in Italia. Ne la politica della piazza ne la politica della caserma sono compatiblli col sistema parlamentare perche, se portate fino in fondo, danno luogo 0 a una rivoluzione 0 a un colpo di stato. NeI caso dell'Italia del primo dopoguerra, assistiamo al falli- mento di entrambe Ie politiche, sia quella rivoluzionaria dei lavoratori, sia quella « golpista » dell'esercito. Ma proprio dopo questo duplice fallimento, la perdita di autonomia della societa politica e seguita da una situazione di stasi, 0, se si vuole, di « vuoto di potere » 6 durante la quale Ie decisioni politiche ven- gono prese da piccoli gruppi e da poche persone, in una situa- zione politicamente rarefatta. L'allargamento dell'arena politica - che caratterizza la prima fase del processo critico - viene seguita da una riduzione della stessa arena politica, durante la seconda fase. In questa situazione si crea 10 spazio politico per ogni movimento che sia· capace di aggregare un numero suffi- ciente di forze per superare la perdita di autonomia e la stasi della societa politica. E il movimento capace di occupare questo spazio puo, con ogni probabilita, conquistare il potere in un periodo relativamente breve di tempo. Nel caso del fascismo italiano, questa aggregazione di forze e questa occupazione di spazio politico avvenne attraverso l'uso di violenza privata per fini politici, per mezzo di un cesercito' privato che mise in discussione il (monopolio' della forza istitu- zionale. In questo senso) la pratica della violenza fascista ebbe la funzione di perpetuare la perdita di autonomia della societa politica, cioe di impedire una riappropriazione della decisione politica da parte della societa politica che, nel nostro caso, era 10 schieramento dei partiti legati aIle procedure parlamentari. democratiche. La stessa tecnica della violenza fascista, specie del '21-22, rivela una commistione di (piazza' e ccaserma', due forme https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 alternative di mobilitazione che avevano dominato nei due anni precedenti, '19 e '20; Ie quali, proprio per la loro reciproca 6 K. D. Bracher, Die Auflosttng der Weimarer Republik, Stuttgart, Ring Verlag, 1955.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi della democrazi'a itaf.iana 49 contraddittorieta, potevano coesistere solo per breve tempo (come ben comprese - sembra - 10 stesso Mussolini). Queste fasi critiche: perdita di autonomia) stasi e conquista del potere, sono accompagnate da fenomeni complementari che si ritrovano tuttavia nella casistica delle crisi dei sistemi parla- mentari. Cosf, nel processo di perdita di autonomia della societa politica, assistiamo al moltiplicarsi di problemi che non si pos- sono risolvere entro Ie regole della divisione del lavoro tra societa politica, civile e istituzionale (i cosiddetti problemi poli- ticamente « irrisolubili »), rna che esigono un nuovo assetto di rapporti tra queste tre unita. Possiamo anche comprendere per- che Ie forze politiche dello schieramento esistente tendano a per- dere la loro identita a vantaggio di forze civili e istituzionali e a comprendere, in questa logica, il comportamento, apparente- mente inesplicabile, di « fedelta », « semifedelta » 0 aperta « in- fedelta », da parte di alcune forze politiche, per l'assetto istitu- zionale esistente, indipendentemente dalla loro tradizione poli- tica rna in connessione con la loro disponibilita 0 menD ad assu- mere responsabilita in esso. Durante il processo di riduzione dell'arena politica, e soprat- tutto la riduzione del numero di soluzioni possibili all'interno delle regole del gioco parlamentare, assistiamo alIa frammenta- zione delle forze politiche e altresf alIa loro polarizzazione ri- spetto ad una divisione, che diventa sempre piu determinante, tra quelli che sono a favore e quelli che sono contro il sistema istituzionale esistente. Nel momento in cui un (polo' della frat- tura viene sostenuto sempre piu dalla violenza privata, strati sociali di emarginati - disponibili ad ogni operazione di crisi qualunque sia la sua direzione - diventano decisivi per deter- minare l'equilibrio politico delle forze. Pero l)uso della violenza non puo essere considerato alIa stessa stregua degli altri elementi che concorrono a determinare una situazione di crisi. Infatti la violenza, come tale, e di gran lunga piu decisiva nel determinare la crisi, di altri elementi, per almeno due ragioni. In primo luogo, se 10 stato moderno rappre- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 senta, per definizione, il mantenimento della (pace interna' e la riduzione dell'ordine pubblico ad una funzione svolta da ammi- nistratori di professione, togliendo radicalmente al conflitto poli- tico l'elemento (in altre epoche essenziale) dello spargimento di sangue, la pratica della violenza privata e la sua piu 0 menD aperta (accettazione' (0 una sorta di adattamento ad essa) rappre- senta una rottura con un elemento essenziale dello stato mo-
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 50 Paolo Fameti derno. In secondo luogo, se 10 schieramento politico viene pola- rizzato, ed un (polo' di questo ha la possibilita di ricorrere alIa violenza, la situazione finisce per convergere tutta a favore del (polo' che usa la violenza: perche non si da piu alcuna possi- bilita di contrattare. II fatto di privilegiare un meccanismo specificamente politico non deve farci dimenticare i fattori economici e sociali di un processo di crisi, ed in particolare il momenta in cui si fanno sentire. Essi compaiono nel quadro di un'economia di mercato nel momento in cui interessi minoritari ma potenti sono avvan- taggiati nel processo di aggregazione di una parte sempre piu ampia della popolazione, in breve, quando la. crisi provoca soli- darieta tra classi sociali diverse e fino allora separate. In partico- lare questo avviene quando la frattura tradizionale tra « classi possidenti» (grandi e piccoli proprietari terrieri e rentiers) e «classi acquisitive» (grandi e piccoli speculatori ed elementi orientati al profitto), propria di un'economia parzialmente indu- striale, tende ad impallidire a vantaggio di un (interesse' a proba- bilita politiche, cioe ad una trasformazione politica di rendita e di profitto, grandi 0 piccoli che siano. Questo (interesse' puo esprimersi, ed in effetti si espresse, in direzione di una liquida- zione dell'assetto istituzionale esistente quando la « sicurezza dei contratti » e minacciata 7. Da questo punto di vista, ogni muta- mento nella condizione delle classi possidenti e delle classi acqui- sitive e di importanza fondamentale, perche puo dar luogo ad un nucleo di persone sempre piu interessate all'uso di probabilita politiche per la salvaguardia della certezza economica. Quindi Ie crisi economiche non hanno grande rilevanza se non producono un camhiamento all'interno ed all'esterno dei due sistemi di classi sociali, in un'economia di mercato semi-industrializzata (com'era il caso dell'Italia del primo dopoguerra). Questo muta- 7 Usiamo i1 termine «classi possidenti» e «classi acquilsirive» nella stesso senso usato da Max Weber, nel saggio Entwicklungstendenzen in der Lage der Ostelbischen Landarbeiter, in Gesammelte Au/satze zur https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 Sozial und Wirtscha/tsgeschichte, Tubingen, Mohr, 1924, pp. 470-507, ed anche in Economia e societa (a cura di P,ietro Rossi), Milano, Comunlta, 1968, Cap. IV. Secondo \X!eber~ Ie classi possidenti (Besitzklassen) sono determinate sia dalla proprieta della terra, si,a dei titol:i e di altri beni mobili atti a dare luogo ad uno status (prestigio, «onore », ecc.) che deriva dal fatto stesso della proprieta. Le classi acquisitive (Erwerbs- klassen) al contrario, sono orientate al profitto, al « self-interest », e alIa massimizz'azione dei guadagni provenienti dal mercato.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deHa democra~ia itaNana 51 mento pUO consistere in una nuova articolazione degli interessi in cui il ruolo delle forze politiche e di eventuali procedure di emergenza (quali ad esempio quelle delle elezioni anticipate), puo essere decisivo. Tuttavia, nel modello qui proposto sussiste la possibilita di una considerazione - diversa (rna parallela) - del rapporto tra forze socio-economiche e struttura politica, in una situazione critica. Abbiamo infatti definito il modello di rapporti tra strut- ture civili, politiche e istituzionali, come una ~divisione del la- voro', perche in effetti esso si basa sulla differenziazione di ruoli e di svolgimenti del ruolo. Da questo punto di vista, una crisi, come quella che porta ad una ridefinizione dei ruoli, puo esser paragonata all'introduzione di una scoperta tecnica nella divi- sione del lavoro, scoperta che richiede appunto una ridefinizione dei ruoli. Una nuova macchina oppure una nuova soluzione tecnica puo ~creare' nuovi impieghi e farne ~morire' altri, gia esistenti. Allo stesso modo, una profonda crisi economica e so- ciale puo esser vista in termini di creazione e di morIa di lavori in un sistema di divisione del lavoro tra compiti civili, politici e istituzionali. Come nel caso dell'introduzione di una nuova solu- zione tecnica, il risultato non e necessariamente un'ulteriore dif- ferenziazione dei ruoli (come crede di potere affermare una teoria frettolosa del cosiddetto « sviluppo politico»). PUO ben essere, al contrario, una cumulazione di ruoli. e quindi un ritorno ad una condizione menD differenziata nel rapporto tra Ie tre strutture. II che dipende e dalla natura della crisi socio-econo- mica e dalla situazione storica specifica. Le due prospettive non sono in contrasto tra loro: la prima e, in effetti, una sotto-specie della seconda, perche dipende almeno da due condizioni: primo, l'esistenza di un'economia di mercato con la presenza di una classe imprenditoriale il cui numero e la cui rilevanza sia gia considerevole; secondo, una economia parzialmente industrializzata che comporti la coesi- stenza tra due sistemi di classi sociali, quello delle classi possi- denti - orientate alIa rendita - e quello delle classi acquisi- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 tive - orientate al profitto. Le due ipotesi hanno ispirato questo saggio, in cui, per neces- sita, si da per scontata la conoscenza di molti « fatti » e, soprat- tutto, si cerca di prescindere, per quanto e possibile, dalla speci- ficita del caso del fascismo italiano (anche se essa e ovviamente innegabile). L'idea che sta alIa base di queste pagine e quella dell'ipotesi di lavoro (e non puo che esser cosl) nel senso di
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Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deUa democraz~a itaHana 53 mente distrutto sia dalla politica del gruppo parlamentare fasci- sta, sia dalla violenza senza interruzioni delle squadre nelle piazze delle citta del Nord e soprattutto del Centro. II problema diventa l'esercizio della forza e della violenza da due parti: quella fascista (Ie squadre) e quella istituzionale (l'esercito e la corona). Tentativi tardivi di riprendere il controllo della situa- zione e accordi all'ultimo momenta tra forze politiche fedeli al sistema parlamentare si dimostrano inutili e si risolvono nei ben noti eventi della notte tra il 27 e 28 ottobre 1922. La !rammentazione di forze politiche conseguente alIa guerra ed all'impegno bellico del paese, contrasta con la convergenza di forze sociali che fa seguito alIa mobilitazione bellica. Vi sono almeno tre elementi che spiegano un'alleanza di fatto tra classi medie possidenti e acquisitive e la rilevanza politica del loro blocco. L'ondata di scioperi che caratterizzo la vita politica e sociale dei primi anni del dopoguerra (1919-1920) segno, per la prima volta nella storia del paese, una mobilitazione comune e relativamente omogenea dei lavoratori industriali e dei conta- J dini (contadini e braccianti) 8. Cio significava una mobilitazione di classi sotto-privilegiate, nel sistema di classi acquisitive e in quello delle classi possidenti 9. La mobilitazione degli scioperi si esaurl, ma nello stesso tempo aveva raggiunto miglioramenti notevoli nella legislazione del lalJoro sia per gli 0 perai industriali sia per quelli agricoli. J Non si era riusciti, naturalmente, a « dare la terra ai contadini » ma 10 slogan, propagandato intensamente durante la guerra (so- prattutto al fronte), rimase una minaccia sentita dalle classi possicienti. Da questa situazione derivo la possibilita di una convergenza di interessi e di solidarieta tra Ie classi possidenti (medie e pic- cole) nelle campagne e Ie classi acquisitive (medie e piccole), nelle citta, tra i proprietari e gli esercenti, i « risparmiatori » e gli stipendiati. Era una novita dal punto di vista sociale che conver- geva politicamente in direzione anti-socialista, e questa dire- zione veniva alimentata dalla tattica turatiana di condizionare i1 https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 governo senza parteciparvi, che subiva tutti gli aspetti negativi 8 Particolare 'attenzione al rapporto tra industria eagricoltura nella genesi del fascismo e dedicat1a da A. F. K. Organski nel saggio Fascism and Modernization, in J. S. Woolf (ed.), The Nature of Fascism, London, W'eidenfeld and Nicolson, 1968, pp. 19-41. 9 l\tlax Weber, Economia e societa, cit., cap. IV.
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Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi della democra2Ji'a itaNana 55 ne subirono Ie conseguenze anche socialisti e popolari, sebbene i gruppi interventisti di entrambi (scissionisti per i primi) rap- presentassero certamente una minoranza 10. Ma quelli che soffri- rona maggiormente di questa divisione furono gli appartenenti al vecchio gruppo dirigente liberale. Ecco dunque come pos- siamo configurare Ie divisioni politiche della Camera (poniamo tra parentesi i nomi dei vari leaders per intenderci meglio). SINISTRA DESTRA Democratici (Nitti) Liberali (Salandra, Sonnino e Orlando) Socialriformisti Interventisti (Bissolati, Bonomi) Popolari (Meda) Socialisti Indipendenti Nazionalisti (Federzoni) (IJabriola) Socialisti (Turati) Neutralisti Popolari di sinistra Liberali (Giolitti) (Miglioli) II vecchio gruppo neutralista giolittiano venne indebolito, a sua volta, dalla nuova divisione in destra e sinistra. A destra, v'era il gruppo scissionista dei liberali salandrini e i cattolici moderati di Meda. A sinistra, la spaccatura tra il gruppo di Gio- litti e i democratici e socialriformisti venne approfondita. Essa non ebbe pero come contro-effetto un avvicinamento tra il liberalismo di Giolitti ed il socialismo di Turati 0 il popo- larismo di Lui?,i Sturzo. Tutti ereditavano antiche avversioni reciproche, e il Ioro neutralismo aveva radici profondamente diverse, ideologiche e pragmatiche. Problemi politici ed econo- mici dividevano invece di unire queste forze. Soprattutto, i pro- blemi dell'immediato dopoguerra mostrarono come questo schie- ramento poteva esser Ietteralmente bloccato da « problemi inso- Iubili ». Al contrario, I'interventismo poteva presentarsi come una forza capace di aggregare Ia destra. Fino a queI momenta divisa tra Ie maggiori forze politiche dello schieramento gioIit- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 tiano, Ia destra trovo nell'interventismo l'occasione per farsi una base comune e relativamente omogenea. Come indicarono i modi in cui il governo Salandra-Sonnino forzo la Camera alIa dichiarazione di guerra, la pratica della destra, di questa destra, ~_,:.r- 10 R. VivareHi, Il dopof!,uerra in Italia e lJavvento del fascismo (1918- 1922), Napoli, Is,t,ituto Italiano per gli Studi Storici) 1967, vol. I) pp. 1-114.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 56 Paolo Fameti fu fin dall'inizio extraparlamentare. Anche al termine del con- flitto mondiale, l'interventismo aveva aneora uno spazio poli- tico, una possibilita di aggregazione di forze di destra e di forze moderate, in espansione malgrado la crisi del «Fascio parla- mentare di difesa nazionale ». Le elezioni politiche, alIa fine del 1919, approfondirono invece di attenuare queste spaccature, perche aumentarono Ie divisioni interne al vecchio gruppo neutralista. Quindi Ie ele- zioni resero sempre piu difhcile ogni forma di coalizione, pro- prio nel momenta in cui non si poteva governare senza una coa- lizione di forze. La notevole innovazione istituzionale del '19 e cioe l'abbas- samento dell'eta del voto da trenta a ventun anni (e da ventuno a diciotto per queIIi che erano di leva durante la guerra) e soprat- tutto la rappresentanza proporzionale, non da soluzione al qua- dro gia complicato della Camera che era sopravvissuta alIa guerra, perche, in breve, le elezioni del }19 frammentarono il vecchio schieramento senza unificare il nuovo} composto soprattutto da socialisti e popolari. Se paragoniamo Ie due serie di dati, 1913-1919 e 1919-1921 (tab. 1), notiamo che: a) il neutralismo e enormemente cresciuto rna parallelamente si e anche diviso internamente: il gruppo socialista e di un terzo piu ampio di quello dei popolari, diviso al suo interno, oltre che da neutralismo e interventismo, anche da destra e sinistra; b) il gruppo facente capo a Giolitti si e indebolito; c) l'interventismo di destra si e S1 indebolito, ma, nello stesso tempo, la frammentazione permanente degli avver- sari e il mancato incremento dell'interventismo di sinistra, ne danno un'immagine di forza ristretta S1, rna relativamente omo- genea e sostanzialmente non-sconfitta. Di fronte ad una situazione di crisi incipiente} non e tanto la forza numerica che conta} anche in un organismo rappresenta- tivo fondato sui numero) cioe maggioranza e minoranza) quanto l)omogeneita politica della propria forza) perche il problema del (numero}) cioe della formazione di una ma,ggioranza} pUD essere https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 demandato ad un'accorta politica di alleanze. La caduta del governo Orlando e la nomina di Nitti segna- rona il passaggio da una coalizione guidata da interventisti di destra ad una guidata da interventisti di
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deUa democraZlia itaHana 57 TAB. 1 - Vecchie e l1uove divisioni politiche nel Parlamento del '13-'19 e del '19-'21 1913-1919 SINISTRA DESTRA Inter- Radieali: 73 Democratieo-Costituzionali : 29 ventisti Repubblicani: 17 Democratici : 11 Socialisti Indipendent1i: 8 Liberali non-Giolittiani: 70 Social-Riformisti: 19 Cattolici: 20 Cattolici Conservatori: 9 N, Sinistra Interventista: 117 N, Destra 1nterventista: 139 Neutra- Socialisti : 52 Liberali Giolittiani: 200 listi N, Sinistra Neutralista: 52 N, Destra Neutralista: 200 N 508 1919-1921 Inter- Repubblicani: 9 Liberali di Salandra: 23 ventisti Radioali: 57 Partito EcoQomieo, Socialisti indipenden ti Partito Agrario, e Social-riformisti: 22 Gruppo misto: 15 « Rinnovamento »: 33 N, Destra 1nterventista: 38 N, Sinistra Interventista: 121 Neutra- Socialisti : 137 Liberali Giolittiani list; Comunisti: 17 («Democrazia liberale »): 91 N, Sinistra Neutralista: 154 N, Destra Neutralista: 91 Popolari (tra Destra e Sinistra): 99 N (con informazione): 503 Fonte: U. Giusti, Dai piebisciti alta Costituente, Roma, Faro, 1945, pp. 47, 75. logica sembrava esser quella di un governo composto da socia- listi e popolari, con il sostegno di alcuni gruppi dell'interven- tismo di sinistra. Ma l'auto-esclusione dei socialisti da un lato e dei popolari dall'altro lato, dirigeva la scelta verso la parte piu vecchia dello schieramento neutralista. II suo rappresentante - Giolitti - infatti non si poteva rivolgere all'interventismo di destra per Ie antiche ostilita; non poteva rivolgersi ai socia- listi senza che questi dovessero afIrontare una scissione interna del partito; e infine non poteva rivolgersi ai popolari perche questi ultimi consideravano Giolitti semplicemente un anticleri- cale tradizionale. Paradossalmente, come personalita politica https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 Giolitti era forse l'unico a poter condurre un progetto di coali- zione stabile, rna come lorza politica era forse il menD indicato. In questa situazione, non c'era altra via che quella delle urne: e si ebbero Ie elezioni del 1921. In altre parole, finche era durata la guerra, essa aveva prodotto coalizioni di emergenza. Ma appena la guerra fu terminata, nuove spaccature apparvero senza spazzare via Ie vecchie. La sovrapposizione di vecchie e
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 58 Paolo Fa'mati nuove ostilita rese la formazione dei governi sempre pili diffi- cile e ne il Parlamento ne il Paese portarono una soluzione. Non c'e da meravigliarsi dunque del fatto che la societa politica per- desse il controllo del Paese sotto la duplice pressione della piazza e della caserma, degli scioperi e dei sottufficiali di Fiume. Nel giro di un anna e mezzo, dalla fine del '19 alla meta del '21, assistiamo al fallimento di tre chances di formazione stabile di governo, e cioe: una coalizione guidata dall'interventismo ~di sinistra'; una coalizione guidata da neutralisti democratici, ivi compresi socialisti che, senza essere sperimentata, si esaurisce tuttavia nel fallimento della mobilitazione attraverso gli scio- peri); innne una coalizione condotta dal gruppo di Giolitti: sono tre soluzioni possibili che vengono «bruciate ». Nella seconda meta del '21, la quarta possibilita, cioe una coalizione socialisti- popolari venne tentata dopo la caduta di Giolitti da parte di Bonomi: rna era frettolosa e soprattutto condotta da un uomo privo della statura politica necessaria per una operazione del genere quando gia Ie squadre spadroneggiavano nelle piazze. Le forze socialiste avevano mobilitato la loro base sin dalla fine della guerra e il loro successo nelle elezioni del 1919 sembro confermare Ia validita di una pratica fondata su una mobilita- zione semi-permanente. Tuttavia, i socialisti erano divisi dalla duplice spaccatura tra riformismo e rivoluzionarismo, da un lato, linea (politica' e linea. (sindacale', dall'altro. Questo Ii portava a conseguenze contraddittorie. L'ala rivo- luzionaria del PSU, quella dei massimalisti, aveva ottenuto la maggioranza nel partito sin dal congresso di settembre 1918 a Roma in cui il 74% dei voti erano andati ai massimalisti, appunto, mentre il 13 % era stato ottenuto da Turati, Treves e Modigliani ed un altro 13 % da un « centro» indeciso. Il risul- tato fu che la segreteritl del partito era nelle mani dei massima- listi, mentre il gruppo parlamentare era nelle mani dei riformi- sti di Turati: i due gruppi si controllavano e finirono per paraliz- zarsi reciprocamente. La situazione era diversa all'interno del gruppo dirigente della elL per quanto riguarda il contenuto https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 delle forze politiche, ma assai simile per il rapporto tra Ie forze stesse. Alla fine del 1920 il gruppo dei « sindacalisti » guidato da Buozzi ottenne il 54% dei voti, contro il 37% dei massi- malisti e il 9% di astensioni. Questo bastava per imporre sia una mobilitazione puramente «sindacale », sia una « mobilita- zione » a fini extra-sindacali e politici. Questa duplicita di hni orientava Ie aspettative delle masse mobilitate al di la delle
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deHa democr-azlia italiana 59 (risposte' governative anche per la direzione inflazionistica del- l'economia), col risultato che anche i motivi di mobilitazione politica tendevano a cadere sempre di pili 11. Una spaccatura parallela caratterizzava il partito popolare. La crescita enorme del PPI dopo la guerra rafforza Ie ostilita interne del partito, in particolare tra i rappresentanti della pro- prieta terriera e i rappresentanti dei contadini delle leghe bianche. Cia rendeva difficili i tentativi di coalizione, e i popolari subordi- nati aIle iniziative politiche di altri gruppi pili omogenei. La diri- genza del partito era coerente con la linea di Sturzo, anti-socia- lista ed anti-liberale: restavano dunque ben poche forze con Ie quali compiere un'alleanza stabile. Cia tuttavia non impedf ai popolari di partecipare a vari gabinetti, anche all'ultimo gabi- netto Giolitti, ma sempre con riserve anche se il gruppo parla- mentare (Meda e De Gasperi) era assai pili moderato della dire- zione del partito con la quale si trova in disaccordo in varie occasioni. Inoltre il gruppo parlamentare era pili vicino al Vati- cano, che aveva segufto la formazione e 10 sviluppo dei popolari con mal celata diffidenza. I gruppi parlamentari, nel PSU come nel PPI rappresenta- vano I' elettorato, mentre le direzioni dei due partiti rappresenta- vano i militanti dei due partiti. Quindi la Irattura tra direzione del partito e gl'UppO parlamentare che distingueva i due maggiori partiti di massa, PSU e PPJ, rifletteva una spaccatura del Paese. Di pili: la frattura che divideva i due partiti non era soggetta a mediazione per l'incompatibilita dei rispettivi progetti politici e registrava il lallimento del momenta politico nel mediare quello che la societa civile manteneva irrimediabilmente diviso. Questo facilita certamente la formazione di uno spazio politico, in cui Ie vecchie forze interventiste, 10 scontento delle classi possidenti e delle classi acquisitive, il disorientamento delle generazioni dei giovani ufficiali e la domanda di « legge e ordine » da parte dei membri delle istituzioni poteva trovare espressione politica attra- verso un processo di aggregazione rapido e quasi di «emer- genza ». https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 Fratture analoghe sussistevano dall'altro lato dello schiera- mento, in particolare delliberalismo e del radicalismo. I rappre- sentanti liberali passarono, come abbiamo visto, da circa tre- cento nel 1913 a circa cento nel 1919, divisi tra neutralisti e 11 R. Frank, Les classes moyennes en Italie, in Ch. BougIe (a cura di) Inventaires III) Classes Moyennes, Paris, Alcan, 1939, p. 82 e SSe
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 60 Paolo Farneti interventisti. Inoltre, tra i liberali, v'erano due atteggiamenti diversi verso i socialisti che si risolvevano in due politiche oppo- ste: quella della cooptazione, che faceva capo a Giolitti, e quella del rifiuto completo ed assoluto, che faceva capo a Salandra. Infine, quanto all'« interventismo di sinistra» il gruppo era diviso politicamente attorno a personalita come quelle di Bisso- lati, Nitti e Bonomi che avevano progetti di governo ben diversi, sia per la politica interna sia per quella estera, di conseguenza non v'era possibilita di mediazione tra socialisti e popolari da parte di questo gruppo troppo diviso, e 1'« interventismo » democratico fallisce proprio nella sua intelligenza politica rispetto ai due partiti di massa. Nuove convergenze sociali Vi sono alcuni elementi a sostegno dell'ipotesi di un'alleanza di fatto tra classi medie possidenti e acquisitive da un lato, con- tadini ed operai dall'altro: la mobilitazione di entranlbi puo esser considerata l'inizio sociale della perdita di autonomia da parte della societa politica. In primo luogo, contadini e operai si mobilitarono nello stesso momento in misura tale che era ignota alla storia sociale italiana fino allora (tab. 2). E vero che la dirigenza politica dei massimalisti fu inizialmente responsabile dell'ondata di scioperi, pero rimane da spiegare la prontezza da parte della popolazione a mobilitarsi in funzione della protesta. e Non c) dubbio che questa mobilitazione postbellica sia stata una conseguenza della mobilitazione dovuta alIa stessa guerra, specie in riferimento alle classi lavorative agricole che costitui- vano fa truppa (tesi di Germani). Da questo punto di vista, la guerra aveva avuto l'effetto di fare impallidire (non di far scom- parire tuttavia) Ie differenze regionali tradizionali che, tra l'altro, avevano impedito al partito socialista di diventare un moderno partito di massa, con una base mobilitabile come «massa di manovra ». Percio la dirigenza politica del partito socialista ere- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 ditava un potenziale sociale e ideologico di mobilitazione del- l'elettorato che, non fosse stato per la guerra (e quella partico- lare guerra) avrebbe richiesto molti anni di attivita politico- organizzativa capillare. Inoltre il successo degli scioperi puo essere stato favorito dalla smobilitazione industriale che segui la fine delle ostilita, e la conversione delle industrie ad una « normale» economia di mercato. Per esempio, il numero di
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi della democraZlia italiana 61 operai in una citta come Torino, in cui l'industria di guerra era stata particolarmente importante, era tornato, nel 1919, ai livelli del 1914, cioe ad una situazione prebellica. I licenziati, operai industriali provvisori, erano probabilmente ritornati « ai cam- pi », con la differenza che avevano appreso la disciplina di fab- brica e potevano, ora, esser mobilitati nelle campagne con Ie stesse forme della mobilitazione operaia nelle citta. Lo stesso puo dirsi delle altre citta industriali del Nord, Milano e Genova. TAB. 2 - NUlnero di scioperanti nei settori «Industria» e «Agricoltura », per regione: 1913 e 1919-1921 (in %). 1913 1919 1920 1921 Regioni Ind. Agr. Ind. Agr. Ind. Agr. Ind. Agr. PielTIOnte, Liguri a e Lombardia 65 9 65 51 56 18 58 38 Veneto 2 3 3 14 4 10 6 8 N, NORD 67 12 68 65 60 38 64 46 Emilia 6 50 3 13 4 26 2 25 Toscana 10 5 10 9 25 6 Resto del Centro 9 19 5 11 6 9 9 5 N, CENTRO 25 69 13 34 19 60 17 30 Campania 3 13 13 9 Puglia 1 8 1 4 2 8 1 21 Sicilia 3 1 3 5 3 8 1 Resto del Sud 1 2 1 2 1 2 N, SUD 8 9 18 21 13 18 24 N, Industria 384.725 993.558 858.133 589.259 N, Agricoltura 79.842 487.208 1.045.732 79.298 N, Scioperanti 464.567 1.480.766 1.903.865 668.557 Fonte: Annuario statistico italiano) 1913, Rom'a, Bertero, 1914; e Annuario statistico italiano) Anni 1919-1921, Roma, Provveditorato Generale della Stato, Libreria, 1925, pp. 397-398. In effetti, l'impegno a ritornare ad un'economia di mercato, specie da parte del governo (ed esaltato dagli economisti-liberali) https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 puo essere indicato come una causa ulteriore di instabilita, spe- cie se considerata assieme aIla democratizzazione della struttura politica. L'abolizione dei controlli sull'organizzazione della pro- duzione e del lavoro, propria ad un'economia di guerra, era parallela all'aumento improvviso di rappresentanza dei partiti di massa in parlamento, conseguente al sistema proporzionale ed all'abbassamento deII'eta di voto. Le due (operazioni': espulsione
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Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi della democrazia itaHana 63 TAB. 3 - Occupazioni in agricoltura: 1871-1936. Proprietari 1 Dirigenti 2 Mezzadri 3 Operai 4 Altri Totale 1871 1.009.134 453.294 955.435 3.196.570 20.049 5.616.482 1881 987.080 359.568 748.457 3.332.144 22.878 5.450.127 1901 1.596.946 542.737 1.266.745 2.976.874 27.699 6.411.001 1911 1.108.728 561.210 1.129.155 3.277.715 25.815 6.052.623 1921 2.292.308 513.382 1.088.766 3.170.589 20.079 7.085.124 1931 2.403.491 834.524 1.287.322 1.693.302 26.024 6.544.665 1936 2.073.240 1.159.436 1.259.763 1.791.946 22.357 6.306.742 (in percentuali) 1871 18,0 7,7 17,0 56,9 0,4 100 1881 18,1 6,6 13,7 61,2 0,4 100 1901 24,9 8,5 19,8 46,4 0,4 100 1911 18,3 9,3 18,7 53,3 0,4 100 1921 32,4 7,2 15,4 44,7 0,3 100 1931 36,7 12,7 19,7 30,5 0,4 100 1936 32,9 18,4 20,0 28,4 0,3 100 Fonte: A. Serpieri, La strut/ura sociale delragricoltura italiana, Roma, Edi- zioni Italiane, 1947, p. 123. 1 «Conduttori di terreni in proprio ». 2 «Conduttori di terreni altrui ». 3 «Coloni parziari». 4 «Lavoratori ». Mentre Ie spaccature politiche aumentavano) Irammentando la classe politica e rendendo sempre piu difficile la possibilita di un governo efficace e stabile) Ie Iratture sociali) al contrario) ten- devano a convergere e a riaggregarsi) aumentando la lora inten- sita di pressione sulla societa politica. Fino al 1919 Ie classi sociali erano chiaramente divise dalla frattura tradizionale di citta e campagna, industria e agricoltura. Le classi possidenti avevano un ruolo egemone nelle campagne, mentre Ie classi acquisitive dominavano nelle citta. I due settori, a loro volta, si suddividevano lungo linee di classe: lavoratori salariati, con- tadini e salariati industriali, da un lato, piccoli, medi e grandi proprietari, imprenditori piccoli e grandi, dall'altro. Ma con la guerra, la societa di classe aveva compiuto un saIto in avanti. Questa situazione, nuova e diversa, colse una classe politica https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 divisa ancora lungo Ie vecchie spaccature cui si aggiunsero quelle nuove, e legata a una concezione della politica e della societa che appartenevano ancora all'eta giolittiana. Quindi la perdita di autonomia da parte della societa politica pub essere vista anche come un ritardo della societa politica rispetto alIa nuova condizione della societa civile uscita dalla guerra. La societa politica non Itt capace di anticipare Ie modificazioni nelle Iratture
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 64 Paolo Fa~rneti sociali che avevano fatto seguito alia guerra e non fu capace di adattarvisi} una volta che esse divennero manifeste. Ancora una volta, dunque, rese possibile (e fattibile) una mobilitazione alter- nativa, quale quella delle (istituzioni'. Ie nuove divisioni nelle « istituzioni ». L'episodio di Fiume rivela un potenziale di separazione politica interna nell'esercito: il nazionalismo, una guerra vittoriosa, la monarchia e l'espan- sione italiana nel Mediterraneo erano da un lato; l'internaziona- lismo, il « sovversivismo », la redistribuzione della ricchezza aIle classi lavoratrici e, last but not least, la repubblica, erano temi che affluivano sull'altro versante della frattura. Quest'ultima significa la politicizzazione degli ufficiali di carriera e delle loro associazioni, in direzione dei temi del primo versante. Se anche l'esercito era lungi dall'avere un blocco monolitico su posizioni che oggi si usano chiamare «golpiste », il vasto numero di organizzazioni combattentistiche che rifiutavano chia- ramente l'impresa di Fiume e poi Ie imprese degli Arditi e dei fascisti mostrano che vi era un notevole consenso di opinioni « li- berali » nell'esercito, e questa fu probabilmente una delle ragioni della rapida scomparsa del combattentismo dalla scena politica. Si sa che l'avventura di Fiume rappresento una mobilitazione assai limitata dell)esercito contro Ie posizioni del governo: pero essa rappresentava anche una rottura non solo rispetto ad una tradizione secolare di ledelta dell}esercito al potere politico, rna anche rispetto al principio del monopolio istituzionale della forza. In ogni caso essa non si risolve, come si sa, in una mobi- litazione dell'intero esercito, e quindi falli nel disegno di quanti volevano fare dell'esercito il perno di un blocco nazionalista capace di abbattere l'ordinamento istituzionale attraverso un colpo di stato, rna contribui ad organizzare l'opinone di estrema destra: in breve, ebbe una funzione propria della societa politica. Un contributo al possibile successo di una funzione del genere proveniva anche dalla lentissima smobilitazione dell'eser- cito, gigantesca organizzazione in armi in un paese smobilitato, che infatti resta in armi nel '19 soprattutto per ragioni di ordine pubblico 12. Per di piu, il ritardo nel far ritornare gli ufficiali alIa https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 vita civile, cioe al mercato dellavoro, non Ii salva dalle delusioni derivanti da un reinserimento difficilissimo, come testimoniano i documenti di allora. E su questo sfondo che abbiamo gli attac- 12 G. Rochat, LJesercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini, B,ari, Laterza, 1967, pp. 26-66.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi deUa democrazia itaHana 65 chi degli Arditi e dei F'uturisti (questi ultimi veri capiscarichi del malcontento intellettuale) contro la sede dell'« Avanti! » ed altre mobilitazioni pre-squadristiche che ispirarono l'organizza- zione e 10 stile allo squadrismo. La debolezza mostrata dal governo Nitti verso i protagonisti dell'impresa fiumana ebbe un'importanza enorme nel creare uno spazio politico per l'estrema destra 13. Infatti, se e vero che l'impresa di Fiume falli nel suo intento di diventare una solle- vazione nazionale dell'esercito, e anche vero che essa mori quasi di morte naturale, e non per una azione efficace da parte del governo, almeno fino al ritorno al potere di Giolitti. II governo fallf nel coinvolgere la monarchia, l'unica veramente capace di far un appello unitario all'esercito, e la cosa puo essere in parte spiegata con una lunga storia di mancanza di comunicazione e di impossibilita di accordo di intenti, malgrado l'ossequio for- male reciproco, tra governo e monarchia. In questo modo, l'abdicazione della societa politica di fronte alIa mobilitazione della piazza, che abbiamo indicato come il primo elemento del processo di perdita di autonomia della societa politica e di crisi del sistema politico, si affianca all'inca- pacita del governo e dello schieramento liberale che 10 esprimeva, di ristabilire l'ordine, anche di fronte ad una mobilitazione tanto limitata dell'esercito. E chiaro che questa incapacita andra in seguito a tutto vantaggio di chi esercitera la violenza armata con metodi militari. Quindi se l'impresa di Fiume fallf militarmente, lascio tut- tavia un solco politico, perche pose Ie premesse per una serie di concessioni - se non connivenze - da parte delle « pubbli- che autorita » - verso coloro che, ormai, capivano che la vio- lenza privata non sarebbe stata, 0 non sarebbe stata piu suffi- cientemente, contrastata. Lo spazio politico del fascismo. Vi sono due momenti impor- tanti nello sviluppo del fascismo come forza politica, ed entrambi si connettono al processo di perdita di autonomia da parte della societa politica. In primo luogo, vi e la monopolizzazione del- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 l'ambito della destra attraverso l'anti-socialismo - come mo- stra il rapporto tra violenza fascista e forza socialista espressa in voti (tab. 4). L'anti-socialismo aggrega, almeno provvisoria- 13 N. V,a'!eri, Da Giolitti a Mussolini) momenti della crisi del libera- lismo, Firenze, Parenti, 1956.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. 66 Paolo Fa,rneti mente, l'arditismo, il nazionalismo, il dannunzianesimo e infine la destra liberale. In secondo luogo, vi e l'entrata del fascismo nella logica del « movimento collettivo », con l'unificazione delle classi medie urbane e rurali (di cui abbiamo gia visto) in cui scontento e antisocialismo si uniscono nella violenza organizzata. In entrambi i casi, si tratta di uno spazio politico di emergenza. II processo di monopolizzazione di uno spazio politico implica almeno due elementi: primo, l'individuazione chiara di un avver- sario costante; secondo, l'aggregazione e (egemonizzazione' di alleati potenziali 14. Nel caso del fascismo, il nemico costante fu, sin dagli inizi, il socialismo, e gli alleati furono prima la destra nazionalista, poi la destra liberale. Dai nazionalisti il fascismo prese l'ideologia che combinava populismo ed espansionismo, mel1tre, per certi aspetti, i nazio- nalisti davano garanzie di «rispettabilita» al fascismo. Dagli arditi il fascismo prese la tecnica della violenza organizzata: pic- cole squadre, composte generalmente di persone che non prove- nivano dal luogo in cui andavano a compiere 1'« azione », eCCe Da Fiume e dai dannunziani, i fascisti appresero la possibilita che la violenza politica (e la connivenza occasionale delle « auto- rita») venisse tollerata a condizione d'esser localmente delimi- tata. Dalla destra liberale, infine, il fascismo prese i motivi che servivano ad accattivarsi l'opinione moderata - soprattutto il terna dell'« ordine» da ristabilire - la quale ne seguiva Ie « azioni» attraverso la stampa «indipendente ». Di qui la duplicita di violenza nei fatti e di invocazione dell'ordine, senza la quale difficilmente il fascismo avrebbe potuto conquistare 10 spazio politico che gli si ofIriva per la crisi politica, sociale e istituzionale del sistema liberal-parlamentare, cioe per la perdita di autonomia della societa politica. La stessa alleanza delle classi medie urbane e rurali - come rivela la polemica sulle « quat- tromila peretole» tra Mussolini e 10 squadrismo agli inizi - sarebbe durata solo sull'onda della violenza politica, che non poteva continuare a lungo. II fascismo comprese il carattere di emergenza dello spazio politico che, ora, la violenza organizzata provvedeva a ripro- https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 durre e allargare, e sapeva bene di non poter reggere mai a un confronto elettorale serio, cioe un confronto secondo Ie « regole del gioco ». Cia spiega perche il fascismo si camufIo nei « Bloc- 14 C. Schmitt, Le categorie del « politico », Bologna, II Mulino, 1972, pp. 89-211.
Downloaded from https://www.cambridge.org/core. IP address: 176.9.8.24, on 17 Aug 2020 at 01:44:26, subject to the Cambridge Core terms of use, available at https://www.cambridge.org/core/terms. La crisi della democraria ital'iana 67 chi nazionali », cercando uno spazio elettorale di ripiego, come disse chiaramente I'vlussolini nel '21: ...E in ogni caso, chi voterebbe per noi? La massa operaia no perche e leninizzata. La mecHa borghesia 1egge 1'« Avanti! », 10 vedete dovunque, e non votera mai Hste di b10cchi cui 'abbiano dato la loro adesione 1a classe degli esercenti 0 dei proprietari di casa 0 qualche altra categoria di questo genere. Ed aUom noi andremmo aHa sconfitt,a 15. TAB. 4 - Correlazione esistente tra forza elettorale socialista e violenza fascista. % di lavo- ratori in- Violenza Regioni Voto dustr. suI Violenza fascisra socialista totale della fascism per ogni nel 1919 popolaz. su 100.000 10.000 voti (in %) 1922 abitanti socialisti Piemonte 50,2 10,0 1,50 1,50 Lombardia 1 28,6 14,9 0,32 0,49 Liguria 31,4 11,1 0,25 0,45 Veneto 33,5 5,6 0,79 1,66 Bologna 67,7 7,7 6,05 4,27 Cremona 46,9 7,4 M·antova 68,3 4,7 18,05 13,18 Pavia 60,1 6,5 15,61 12,82 Rovigo-Ferrara 72,9 4,3 9,30 6,60 Modena, Parma, Piacenza Reggio Emilia 51,7 5,1 3,71 3,92 Romagna 33,7 4,6 0,38 0,52 Toscana 42,9 7,0 5,09 6,62 Umbria 46,8 4,7 2,48 3,06 Lazio 24,5 5,6 Puglia 18,2 3,9 1,37 4,91 Abruzzi, Molise, Campania 7,4 4,1 0,11 0,94 Basilicata 5,2 2,4 0,11 0,94 Calabria 7,2 2,8 0,11 0,94 Sicilia 6,5 3,3 0,65 7,34 Sardegna 8,7 4,0 0,35 2,74 ITALIA 34,2 6,7 1,70 3,22 https://doi.org/10.1017/S0048840200011643 1 Esclusa Cremona e Mantova. Fonte: A. Szym·anski, Fascism) Industrialism and Socialism: The Case 0/ I laZy, in «Comparative Studies in Society and History», XV (1973), p. 400. 15 R. De Felice, A1.ussolini) it rivoluzionario, Torino, Einaudi, 1965, vol. 2, p. 636.
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