L'efficacia dichiarativa o costititutiva della notificazione della rendita catastale ai fini Ici
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
L’efficacia dichiarativa o costititutiva della notificazione della rendita catastale ai fini Ici Sommario: 1. Premessa – 2. L’evoluzione della normativa – 3. La notificazione della rendita – 4. La natura dichiarativa o costitutiva – 5. Gli orientamenti della Corte di Cassazione – 6. La sentenza della Corte di Cassazione n. 12029 del 2009 1. PREMESSA La Corte di Cassazione affronta la questione cha ha visto alternarsi diversi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, circa l’efficacia della rendita catastale attribuita dopo il 1° gennaio 2000, utilizzabile solo a seguito della notifica al contribuente e la possibilità o meno, per i comuni, di richiedere l’Ici per i periodi di imposta precedenti alla notifica. I giudici di Piazza Cavour con la sentenza n. 12029 del 25 maggio 2009 accolgono la tesi della natura dichiarativa dell’attribuzione della rendita e pertanto l’influenza esercitata da tale modifica catastale anche per i periodi di imposta precedenti a quelli in cui ha avuto luogo la notifica, purché successivi alla denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente. L’articolo 74 della legge n. 342 del 21 novembre 2000 riconoscendo il principio che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci solo dalla loro notifica, non limita il potere di accertamento dell’ente locale al periodo successivo alla notifica, non confondendosi l’efficacia della modifica con la sua applicabilità che può farsi risalire fino alla variazione materiale che ha determinato tale modifica. La notifica della nuova rendita è il momento a partire dal quale il comune può chiedere la maggiore imposta, senza limitazione del potere per le annualità precedenti[1]. 2. L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA Il potere di accertamento dell’Ici si esplica in una serie di azioni effettuate dal comune impositore per verificare gli elementi che danno luogo alla quantificazione dell’imposta e con il quale si effettua sia il controllo delle dichiarazioni e dei versamenti eseguiti, sia la correzione degli errori, materiali o di calcolo[2]. Dall’istituzione dell’imposta e fino al 31 dicembre 1999 per i fabbricati sprovvisti di rendita - fin dall’origine o da quando la rendita è divenuta inadeguata per effetto di variazioni strutturali o di destinazioni - la liquidazione avveniva al momento dell’attribuzione della rendita da parte dell’Ufficio tecnico erariale, con recupero della maggiore imposta o rimborso delle somme versate in eccedenza. Nell’ipotesi del recupero questo avveniva con l’applicazione degli interessi ma senza irrogazione di sanzioni e con l’esplicazione delle seguenti fasi operative:
1. il comune inviava la copia della dichiarazione Ici all’Ute competente; 2. l’Ute provvedeva, entro un anno, all’attribuzione delle rendita, con comunicazione al comune e al contribuente; 3. il comune entro la fine dell’anno successivo a quello del ricevimento provvedeva alla liquidazione dell’Ici sulla base della rendita con notifica al contribuente dell’avviso di liquidazione per la maggiore imposta dovuta o predisponeva il rimborso della somma versata in eccedenza. Le varie fase non hanno, in realtà, mai trovato applicazione in quanto non è mai stato rispettato il termine previsto per la comunicazione della rendita attribuita dall’Ute e dal primo gennaio 2000 non può essere riconosciuta nessuna rilevanza giuridica alla rendita presunta in quanto da questa data ha efficacia solo la rendita notificata al contribuente o quella proposta dallo stesso con la procedura informatica Doc-Fa[3]. Il comma 1 dell’articolo 74 della legge n. 342/2000 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione ai soggetti intestatari della relativa partita e non è più sufficiente la comunicazione della rendita catastale[4] ma è necessaria la notificazione della stessa, sulla base delle norme legislative fissate per questo procedimento, al contribuente e al comune interessato. Dalla data di notificazione decorre il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso contro l’attribuzione delle rendita[5]. E’ da segnalare che non sempre vi è coincidenza tra soggetto interessato e contribuente, il quale - per statuto dei diritti del contribuente - ha diritto di avere l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati e per tale motivo e per garantire il diritto alla difesa è necessaria che la rendita sia notificata sia al contribuente che a colui che ha il possesso del bene. Per tali motivi il comune, fino alla data dell’avvenuta notificazione della rendita, non può richiedere al soggetto passivo Ici: − le sanzioni in quanto nessuna violazione è imputabile al contribuente; − gli interessi in quanto non vi è alcun recupero dell’imposta sulla quale poterli calcolare. Così come chiarito anche dallo stesso Ministero delle finanze[6] l’articolo 74 non trova applicazione alle rendite proposte dagli stessi soggetti passivi dell’Ici, con la procedura Doc-Fa e questo in quanto, essendo iscritte in catasto sulla base di una dichiarazione di parte, sono giuridicamente conosciute dal dichiarante e non è necessaria la notificazione. Nel caso in cui l’Agenzia del Territorio (che è succeduta all’Ufficio tecnico erariale) modifichi la rendita proposta, entro dodici mesi, la nuova rendita dovrà essere notificata e avrà efficacia dalla data della sua notificazione[7]. 3. LA NOTIFICAZIONE DELLA RENDITA Il comma 2 dell’articolo 74 considera il caso in cui l’atto attributivo o modificativo della rendita catastale è stato adottato dall’Agenzia del Territorio entro il 31 dicembre 1999 e sia stato recepito dal comune con atti impositivi
che alla data di entrata in vigore della legge n. 342/2000 (10 dicembre 2000) non erano divenuti definitivi. Sulla base della norma previgente gli atti attributivi delle rendite si potevano considerare giuridicamente conosciuti con l’affissione all’albo pretorio e a seguito della legge finanziaria per il 2000 era stato previsto che gli uffici dovevano effettuare una comunicazione al contribuente a mezzo del servizio postale, con modalità idonee ad assicurare l’effettiva conoscenza[8]. Per gli atti indicati al comma 2 non sono dovuti sanzioni ed interessi relativamente al periodo compreso tra la data di attribuzione o modificazione e quella di scadenza del termine per la presentazione del ricorso avverso l’attribuzione della rendita stessa[9] e pertanto il contribuente è tenuto al versamento soltanto dell’imposta data dalla differenza tra quella dovuta sulla base della rendita attribuita e quella corrisposta in base alla rendita presunta. Nel caso in cui il contribuente abbia effettuato il versamento complessivo non ha diritto ad ottenere alcun rimborso in quanto lo stesso comma 2 espressamente dispone che non si fa luogo in alcun caso a rimborso di importi comunque pagati. Il comma 2 contiene una disposizione che ha comportato la riapertura dei termini per ricorrere avverso gli atti di attribuzione della rendita, atti che alla data di entrata in vigore della legge erano divenuti definitivi, disponendo che il ricorso doveva essere presentato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge[10]. L’obiettivo del legislatore è stato di salvaguardare il contribuente dall’applicazione di interessi in relazione all’Ici non pagata per cause imputabili agli uffici del territorio. Le espressioni utilizzate determinano, poi, un problema interpretativo circa i termini (iniziali e finali) del periodo citato nel comma 2. Per il termine iniziale – la data di attribuzione o modificazione della rendita – è da ritenersi, per dottrina prevalente, il momento in cui il bene viene ad esistenza o si siano verificate variazione all’immobile e pertanto al massimo, per l’Ici, il valore della rendita può retrodatarsi al 1° gennaio 1993. In relazione al termine finale del periodo, nel quale il comune non potrà richiedere sanzioni ed interessi, è dato dalla scadenza del termine per presentare ricorso avverso l’atto impositivo notificato al contribuente. Il comma 3 dell’articolo 74 considera la fattispecie di quegli atti, sempre di attribuzione o modificazione della rendita, adottati dall’Ute entro il 31 dicembre 1999 ma non ancora recepiti (al momento del varo della legge) in atti impositivi del comune. In tale fattispecie l’ente deve emettere l’atto entro i termini prescrizionali con la sola imposta che risulta dovuta sulla base della rendita attribuita, non potendo calcolare né sanzioni né interessi in considerazione che il comma 3 prevede che il comune può richiedere l’eventuale imposta dovuta sulla base della rendita catastale attribuita. Gli atti emessi dall’ente locale costituiscono a tutti gli effetti anche atti di notificazione della predetta rendita, dando in tal modo al contribuente l’effettiva conoscenza della rendita attribuita in vigenza della previdente normativa. Per tale motivi entro i successivi 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento dell’ente locale il contribuente può presentare ricorso anche avverso la determinazione della rendita. Quest’eventualità andava espressamente indicata nell’atto che doveva contenere l’indicazione che
contro lo stesso era ammesso ricorso nei confronti del comune o dell’Ute o di entrambi, nel caso in cui si riteneva contestare sia la rendita attribuita che l’imposta richiesta a titolo di Ici. Negli anni, l’orientamento della giurisprudenza è stato conforme a quanto indicato e si cita tra le tante la sentenza della Corte di Cassazione n. 5843 del 17 marzo 2005, intervenuta sulla portata dell’articolo 74 della legge n. 342/2000. Il contribuente ricorreva contro un avviso di liquidazione Ici in quanto lamentava la mancata notificazione della rendita catastale, in atti al comune già dal 1999. La Suprema Corte accoglie la tesi del comune in quanto anche se l’attribuzione della rendita non è mai stata notificata al contribuente, l’atto è anteriore al 31 dicembre 1999 e per tale motivo è sufficiente la successiva emanazione dell’avviso di liquidazione[11]. La Corte di Cassazione è intervenuta con un’altra sentenza[12] relativa ad un caso analogo, ma questa volta le conclusioni sono state leggermente diverse in quanto pur confermando la validità della notifica questa ha efficacia soltanto per i periodi di imposta successivi, in quanto nessuna norma può giustificare l’applicazione della rendita agli anni d’imposta oggetto del ricorso, dal 1994 al 1999, sulla base di un’interpretazione retroattiva, non prevista, dell’articolo 74. La sentenza ha dichiarato l’illegittimità degli avvisi emessi dal comune per gli anni di imposta anteriori al 2000. 4. LA NATURA DICHIARATIVA O COSTITUTIVA Un aspetto che va affrontato è la natura e la conseguente efficacia dichiarativa o costitutiva della rendita catastale attribuita ai fabbricati e agli altri elementi di imposizione dell’imposta e quindi l’irretroattività o meno del provvedimento di attribuzione. Propendere per la natura dichiarativa determina il diritto al rimborso in caso di eccedenza di imposta pagata nell’ipotesi di un valore catastale inferiore a quello risultante sulla base del costo contabile o l’obbligo del versamento della differenza nell’ipotesi inversa. I due orientamenti hanno trovato sostenitori sia nella dottrina che nella giurisprudenza. E’ intervenuto il ministero delle finanze che, con propria risoluzione, ha affermato (in relazione ai fabbricati di categoria D) la natura speciale del criterio contabile, che disciplina il periodo fino al momento di attribuzione della rendita e più precisamente dall’anno di imposta successivo. Tale attribuzione rappresenta il passaggio dal suddetto criterio a quello catastale, mentre nel periodo precedente il criterio contabile è l’unico applicabile per la determinazione definitiva dell’imposta dovuta[13], riconoscendo in tale modo la natura costitutiva. L’efficacia costitutiva è stato sposata prevalentemente dalla dottrina, che propende per l’irretroattività dell’attribuzione della rendita catastale e quindi per la definitività dell’Ici versata negli anni precedenti. L’articolo 74 della legge n. 342/2000 non fa distinzione tra fabbricati iscritti in catasto (senza attribuzione di rendita) e non iscritti, né tra gli immobili sulla base della categoria catastale. Pertanto gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione confermando la natura costitutiva dell’attribuzione della rendita catastale[14]. Per tale ragione anche per i fabbricati di categoria D, così come per gli altri fabbricati privi di rendita, la liquidazione dell’imposta per il periodo precedente all’attribuzione della rendita non può considerarsi
definitivo, ammettendo il recupero delle somme tramite conguaglio o rimborso. 5. GLI ORIENTAMENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE In giurisprudenza l’’orientamento prevalente è stato, almeno fino al 2005, quello per il quale l’attribuzione della rendita catastale ha natura costitutiva, non avendo pertanto efficacia retroattiva[15], determinando la definitività dell’imposta versata. L’orientamento è supportato da diversi interventi della Suprema Corte[16] e trova sostenitori almeno fino ad un certo momento[17]. La stessa Corte di Cassazione modifica il proprio orientamento e chiarisce che l’attribuzione della rendita catastale ha effetto dal momento della richiesta da parte del contribuente. La presentazione della richiesta è il momento dal quale fare decorrere gli effetti della rendita successivamente attribuita sicché potrà avere il dovere di pagare una somma maggiore (ove ci sarà un accertamento in tal senso) o potrà avere il diritto a pagare una somma minore ed a chiedere il relativo rimborso nei termini di legge[18]. L’orientamento è stato poi confermato con ulteriore interventi della Suprema Corte che trattavano del caso di una società di spedizioni, proprietaria di un immobile di categoria D al quale dopo anni dalla richiesta l’Ute aveva attribuito una rendita inferiore al valore contabile. I giudici di Piazza Cavour[19] hanno confermato il principio di diritto che fino all’attribuzione della rendita, il metodo di determinazione della base imponibile è collegato alle scritture contabili, ma dal momento in cui il contribuente fa richiesta dell’attribuzione diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall'adesione al sistema generale della rendita catastale, sicché può avere il dovere di pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi) o può avere il diritto a pagare una somma minore ed a chiedere il relativo rimborso nei termini di legge. Con la sentenza n. 8324 del 31 marzo 2008 la Corte di Cassazione conferma, nuovamente, il proprio pensiero in quanto in tema di Ici e in riferimento alla determinazione della base imponibile dei fabbricati di categoria D, non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, il comma 3 dell’articolo 5 ha previsto un metodo di determinazione della base imponibile collegato ai valori contabili fino all’attribuzione della rendita; dal momento in cui fa la richiesta, continua ad applicarsi in via precaria tale regime, in quanto titolare di una situazione giuridica nuova e pertanto ha il dovere di pagare una somma maggiore, se la rendita attribuita determina un’imposta più alta rispetto a quella pagata sul valore delle scritture contabili, o può avere il diritto di chiedere il rimborso nel caso inverso. Per la Suprema Corte l principio ritraibile dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3, secondo il quale, per le rendite attribuite prima del 31 dicembre 1999, le maggiori o minori imposte possono essere chieste sia dal titolare dal lato attivo, che dal titolare dal lato passivo, non modifica il predetto sistema, confermando, sia pur implicitamente, il diritto al rimborso previsto dal D.lgs. n. 504 del 1992, art. 13, collegato evidentemente alla attribuzione della rendita[20]. 6. LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 12029 DEL 2009
Con la sentenza in commento la società contribuente D.S.A. presenta ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano per l’annullamento degli avvisi di liquidazione notificati a dicembre 2001, con cui il comune di Milano richiedeva il pagamento del maggiore Ici per gli anni dal 1994 al 1999, calcolata sulla differenza tra il valore dichiarato e quello risultante dalla rendita attribuita dall’Ute. La Ctp respinge il ricorso, decisione confermata dalla Ctr della Lombardia ritenendo la regolarità della notificazione degli atti impugnati e la legittimità della pretesa del comune, che una volta notificata la rendita ha il diritto di recuperare la maggiore imposta anche per gli anni precedenti. Ricorre per Cassazione la contribuente che denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 del d.lgs. n. 504 del 30 dicembre 1992 e dell’articolo 74 della legge n. 342/2000 in quanto la decisione si fonderebbe una un’interpretazione errata del citato articolo 74 ritenendo che una volta notificata la nuova rendita il comune può liquidare la maggiore imposta risultante anche per gli anni di imposta precedenti, sempre nell’ambito dei termini decadenziali, seppur senza sanzioni ed interessi. Per il ricorrente l’efficacia della rendita decorre soltanto dalla sua notificazione e soltanto per le annualità successive. La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso in quanto la decisione della Ctr è conforme all’orientamento della stessa Corte secondo il quale il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il 1° gennaio 2000, a seguito della richiesta di variazione dell’immobile presentata dal contribuente è in concreto utilizzabile anche per i periodi di imposta precedenti a quello della notifica, purché successivi alla denuncia di variazione. Con l’articolo 74 stabilendo il principio che gli atti attributivi o modificativi delle rendite sono efficaci solo dal momento della loro notifica, il legislatore non ha voluto restringere il potere di accertamento dell’ente locale, ma ha voluto individuare il momento a partire dal quale il comune può richiedere l’applicazione della nuova rendita, non confondendosi l’efficacia della modifica della rendita, che coincide con la notificazione dell’atto, con la sua applicabilità, che va fatta risalire al momento della variazione che ha determinato la modifica[21]: la notifica della nuova rendita segna pertanto il momento a decorrere dal quale Ufficio può chiedere la maggiore imposta, senza compressione del potere di accertamento per le annualità precedenti. Per tali motivi la Suprema Corte respinge il ricorso della società contribuente, nulla disponendo sulle spese processuali. I giudici della Corte confermano, con questa sentenza, l’efficacia dichiarativa della notifica della rendita catastale, utilizzabile solo a seguito della notifica al contribuente, ma riconoscendo al comune il potere di accertamento anche per i periodi precedenti alla notifica (purché successivi alla modifica), non potendosi confondere l’efficacia della modifica con la sua applicabilità. Eugenio Piscino Responsabile del Settore Finanziario del Comune di Gragnano Revisore Contabile
[1] L’argomento è ampiamente trattato da E. Piscino, L’efficacia dichiarativa della notificazione della rendita catastale ai fini dell’Imposta comunale sugli immobili, Tributi News n. 12/2009, Publika editore. [2] La correzione degli errori deve essere effettuata non solo quando è a svantaggio del contribuente ma anche quando a suo vantaggio. Sull’argomento si veda l’ordinanza n. 430 del 24 marzo 1988 della Corte Costituzionale e la circolare Ministero delle finanze n. 114/E del 17 aprile 1997. [3] La procedura Doc-Fa, prevista dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701 - G.U. 24 dicembre 1994 n. 300, è stata resa obbligatoria sin dal 1 gennaio 1997 su tutto il territorio nazionale (con la sola eccezione delle province di Trento e Bolzano, allorché si debbano dichiarare in catasto nuove unità immobiliare urbane o variazioni delle stesse. [4] Comunicazione da eseguirsi con le modalità stabilite nella nota n. C/88414 del 29 dicembre 1999 diramata dal Dipartimento del Territorio. [5] Ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. [6] Si veda la circolare n. 207/E del 16 novembre 2000. [7] L’argomento è ampiamente trattato da E. Piscino, L’attribuzione della rendita catastale e la sua efficacia ai fini dell’Imposta comunale sugli immobili, Tributi locali e regionali, n. 6/2008, Maggioli editore. [8] Comunicazione prevista dall’articolo 30 comma 11 della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000). [9] Termine prorogato all’8 febbraio 2001. [10] L’argomento è trattato anche da M. Altobelli, Le novità introdotte in materia di Ici dalla legge 21 novembre 2000, n. 342, Tributi Locali e Regionali n. 1/2001. [11] La sentenza n. 5843/2005 è commentata, tra gli altri, dall’Ordine dei dottori commercialisti di Catania, Note di approfondimento di problematiche professionali, aprile 2006. [12] Ci si riferisce alla sentenza n. 3233 del 17 febbraio 2005, commentata da L. Lovecchio, Permessi edilizi spie per l'Ici, Il Sole24Ore del 6 agosto 2005. [13] Risoluzione del Dipartimento delle Entrate 1° marzo 1999, n.35/E - Base imponibile ai fini ICI – Criterio di determinazione del valore dei fabbricati di imprese classificabili nel gruppo catastale D.
[14] Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 11449 del 30 maggio 2005. [15] Il valore dell’immobile, così determinato, ha efficacia fino alla fine dell’anno d’imposta nel corso del quale viene attribuita la rendita catastale oppure viene annotata al catasto la rendita proposta, con l’osservanza della procedura prevista nel decreto del ministro delle Finanze del 19 aprile 1994, n. 701 [16] Sentenza 15656 del 12 agosto 2004. [17] La sentenza è commentata da M. Maiorino, Base imponibile Ici: non discriminatorio il criterio del costo contabilizzato, FiscoOggi del 4 aprile 2006. [18] Si veda la sentenza della Corte di Cassazione n. 13077 del 17 giugno 2005. [19] Corte di Cassazione n. 1396 del 23 gennaio 2008. [20] La sentenza è commentata da E. Piscino, Gli Immobili di categoria D e l’imposta comunale sugli immobili, Rivista della scuola superiore dell’economia e delle finanze, n. 2/2008. [21] Si vedano le sentenze della Corte di Cassazione n. 20775 del 2005, n. 9203 del 2007, n. 25390 del 2008 e n. 23627 del 2008.
Puoi anche leggere