INIDONEITÀ SOPRAVVENUTA ALLA MANSIONE: L'INTERVENTO DELL'INL - MYSOLUTION

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FINE RAPPORTO

Inidoneità sopravvenuta alla mansione:
l’intervento dell’INL
Anche il licenziamento per inidoneità sopravvenuta alla mansione deve essere ricompreso nell’alveo
delle ipotesi di licenziamento per g.m.o. ex art. 3, legge n. 604/1966
di Emanuele Maestri, Eleonora Galbiati | 2 LUGLIO 2020

 L’articolo 46 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. decreto “Cura Italia”) – modificato dapprima dall’allegato
 alla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, e in seguito dall’articolo 80 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34
 (cd. “decreto Rilancio”) – ha previsto, tra l’altro, il “blocco” dei licenziamenti individuali per giustificato
 motivo oggettivo fino al 17 agosto 2020. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella Nota 24 giugno 2020,
 prot. n. 298, ha chiarito che anche il licenziamento per inidoneità sopravvenuta alla mansione deve es-
 sere ricompreso nell’alveo delle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi
 dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Di seguito, dopo aver riepilogato la disciplina vigente – e
 le conseguenze della sua violazione – in materia di risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente
 che, a causa delle mutate condizioni di salute, non può più svolgere le proprie mansioni, nonché le di-
 sposizioni provvisorie per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, illustriamo il contenuto
 del provvedimento dell’Ispettorato.

Lavoratori che divengono inabili a svolgere le mansioni per infortunio o
malattia
Ai sensi dell’articolo 4, comma 4 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (recante le norme per il diritto al la-
voro dei disabili), i lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conse-
guenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all’articolo
3 della medesima legge se:
a.   hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60%; o comunque
b.   sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in se-
     de giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro.

        Attenzione
        L’articolo 3 della legge n. 68/1999 dispone che i datori pubblici e privati devono avere alle
        loro dipendenze lavoratori disabili appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 (non ve-
        denti, sordomuti, invalidi di guerra, e così via) nella seguente misura:
        a) 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
        b) 2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

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        c) un solo lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

Per i lavoratori di cui sopra, l’infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di li-
cenziamento qualora essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti o, in mancanza, inferio-
ri; nel caso di destinazione a mansioni inferiori, essi hanno diritto alla conservazione del più favorevo-
le trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Se non è possibile l’assegnazione a man-
sioni equivalenti o inferiori, i lavoratori vengono avviati, dagli uffici competenti, presso altra azienda,
in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria dei disa-
bili.

Aggravamento delle condizioni di salute o variazioni dell’organizzazione del
lavoro
L’articolo 10, comma 3, della legge n. 68/1999, invece, con riguardo ai lavoratori già assunti come di-
sabili, prevede quanto segue:
a.   nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni
     dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle
     mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute;
b.   nelle medesime ipotesi, il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni
     di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare a essere
     utilizzato presso l’azienda;
c.   ove si riscontri una condizione di aggravamento che sia incompatibile con la prosecuzione
     dell’attività lavorativa, o l’incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione
     dell’organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di
     lavoro fino a che l’incompatibilità persista: durante tale periodo il lavoratore può essere impiega-
     to in tirocinio formativo.
Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione medica integrata di cui all’articolo 4 della legge 5
febbraio 1992, n. 104.
La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa
di sospensione del rapporto di lavoro. Quest’ultimo può essere risolto se – anche attuando i possibili
adattamenti dell’organizzazione del lavoro – la commissione accerta la definitiva impossibilità di rein-
serire il disabile all’interno dell’azienda.

Violazione delle norme di tutela: Statuto dei Lavoratori
Secondo quanto previsto dall’articolo 18, comma 7, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (cd. Statuto dei
lavoratori), nell’ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai
sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge n. 68/1999, per motivo oggettivo consisten-
te nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, il giudice applica la medesima disciplina di cui al
comma 4 del citato articolo 18. E quindi, egli annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro:
a) alla reintegrazione nel posto di lavoro. A seguito dell’ordine di reintegra, il rapporto si intende
definitivamente risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del
datore, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione;

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        Attenzione
        Fermo restando il diritto al risarcimento del danno, in sostituzione della reintegrazione nel
        posto di lavoro, il lavoratore ha facoltà di chiedere al datore, entro 30 giorni dalla comunica-
        zione del deposito della pronuncia o dall’invito a riprendere servizio (se anteriore a tale a co-
        municazione), un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (non
        soggetta a contribuzione previdenziale), la cui richiesta comporta la risoluzione del rapporto.

b) al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto
dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha
percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto
avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni ca-
so, la misura dell’indennità non può essere superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fat-
to;
c) al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a
quello dell’effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di
sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esi-
stente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto risolto dall’illegittimo licenzia-
mento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative.
In quest’ultimo caso, se i contributi afferiscono ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati
d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con adde-
bito dei relativi costi al datore.

        Ricorda
        Le disposizioni di cui sopra, ai sensi del comma 8 dell’articolo 18 della legge n. 300/1970, si
        applicano al datore, imprenditore o non imprenditore, che:
        - in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il
        licenziamento, occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori (più di 5 se si tratta di impren-
        ditore agricolo);
        - nell’ambito dello stesso comune, occupa più di 15 dipendenti (più di 5 se si tratta di impren-
        ditore agricolo), anche se ogni unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
        limiti;
        - occupa più di 60 dipendenti in tutto il territorio nazionale.

Violazione delle norme di tutela: tutele crescenti
L’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (recante le disposizioni in materia di contratto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti), stabilisce che la disciplina di cui
all’articolo 2 trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione
per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4,
co. 4, e 10, co. 3, della legge n. 68/1999, a prescindere dall’organico occupato dal datore.

        Attenzione
        Le norme del D.Lgs. n. 23/2015 operano nei confronti dei seguenti soggetti:

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        a) lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di
        lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015;
        b) lavoratori assunti con contratto a termine o di apprendistato che è stato poi convertito a
        tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015;
        c) tutti i lavoratori – inclusi quindi quelli che erano già in forza al marzo 2016 – di un datore
        che, in conseguenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute dal 7 marzo
        2015, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, commi 8 e 9, della legge n.
        300/1970, ossia che si trasformi in datore di “maggiori” dimensioni (articolo 1 del D.Lgs. n.
        23/2015).

Dunque, ove si tratti di ”nuovi” dipendenti, il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità
del licenziamento, condanna il datore (imprenditore o non imprenditore) a:
a) reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addot-
to. A seguito dell’ordine di reintegra, il rapporto si intende risolto quando il lavoratore non abbia ri-
preso servizio entro 30 giorni dall’invito del datore, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sosti-
tutiva della reintegrazione;

        Approfondimenti
        Fermo restando il diritto al risarcimento del danno, in sostituzione della reintegrazione nel
        posto di lavoro, il lavoratore ha facoltà di chiedere al datore, entro 30 giorni dalla comunica-
        zione del deposito della pronuncia o dall’invito a riprendere servizio (se anteriore a tale a co-
        municazione), un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il cal-
        colo del TFR (non assoggettata a contribuzione previdenziale), la cui richiesta comporta la riso-
        luzione del rapporto.

b) risarcire il danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità,
stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione,
dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.
In ogni caso, la misura del risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità dell’ultima retribuzione
di riferimento per il calcolo del TFR;
c) versare i contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo di cui sopra.
         VIOLAZIONE NORME DI TUTELA
         (ARTT. 4, COMMA 4, E 10, COMMA 3, LEGGE N. 68/1999): TABELLA RIEPILOGATIVA
         Fattispecie                  Norma di riferi-    Regime di tutela
                                      mento
         “Vecchi” dipendenti          Articolo 18, com-   a. Annullamento licenziamento;
         (solo datori di “mag-        ma 7, della legge   b. reintegrazione; (1)
         giori” dimensioni)           n. 300/1970         c. indennità risarcitoria non superiore a 12
                                                             mensilità della retribuzione globale di fatto;
                                                          d. versamento contributi previdenziali e assi-
                                                             stenziali.
         “Nuovi” dipendenti (a        Articolo 2, comma   a. Nullità licenziamento;
         prescindere da orga-         4, del D.Lgs. n.    b. reintegrazione, indipendentemente dal mo-

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         nico datore)                 23/2015                tivo formalmente addotto; (1)
                                                          c. indennità risarcitoria non inferiore a 5
                                                             mensilità dell’ultima retribuzione di riferi-
                                                             mento per il calcolo del TFR;
                                                          d. versamento contributi previdenziali e assi-
                                                             stenziali.
          (1)
             Fermo il diritto al risarcimento del danno, in sostituzione della reintegrazione, il lavoratore
         può chiedere al datore, entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o
         dall’invito a riprendere servizio (se anteriore a tale a comunicazione), un’indennità pari a 15
         mensilità (dell’ultima retribuzione globale di fatto o dell’ultima retribuzione di riferimento per
         il calcolo del TFR a seconda che si tratti, rispettivamente, di un lavoratore soggetto allo Statu-
         to dei Lavoratori o al contratto a tutele crescenti), non assoggettata a contribuzione previ-
         denziale, la cui richiesta comporta la risoluzione del rapporto.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e Coronavirus
Con specifico riferimento al licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intendendosi per tale, ai
sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, quello determinato da ragioni inerenti all’attività
produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa – l’articolo 46 del D.L. 17
marzo 2020, n. 18 (modificato, dapprima, dall’allegato alla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27,
e, in seguito, dall’articolo 80 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34), dispone che:
a.   dal 17 marzo 2020 e per i 5 mesi successivi (e dunque fino al 17 agosto 2020), il datore di lavo-
     ro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustifica-
     to motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge n. 604/1966;
b.   il datore che, sempre a prescindere dal numero dei dipendenti, nel periodo compreso tra il 23
     febbraio e il 17 marzo 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato
     motivo oggettivo, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge n.
     300/1970, revocare in ogni tempo il recesso, a condizione che contestualmente faccia richiesta
     del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22 del decreto legge n.
     18/2020 (trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario; trattamento ordi-
     nario di integrazione salariale per le aziende che si trovano già in Cassa integrazione straordina-
     ria; assegno ordinario per i datori che hanno già in corso trattamenti di assegni di solidarietà;
     Cassa integrazione in deroga), a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il
     rapporto si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il dato-
     re.

Licenziamento per inidoneità sopravvenuta alla mansione e GMO: i
chiarimenti dell’INL
In ordine alla questione relativa all’esatta individuazione dell’ambito applicativo dell’articolo 46 del
D.L. n. 18/2020, e cioè se possa o meno essere ricompresa l’ipotesi di licenziamento per sopravvenuta
inidoneità alla mansione, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella Nota 24 giugno 2020, prot. n. 298,
ha precisato quanto segue:
a.   il Legislatore ha inteso conferire alla norma un carattere generale, con la conseguenza che de-
     vono ritenersi ricomprese nel suo alveo tutte le ipotesi di licenziamento per giustificato
     motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604/1966;

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Inidoneità sopravvenuta alla mansione: l’intervento dell’INL

b.   quindi, anche l’ipotesi in argomento, deve essere ascritta alla fattispecie del licenziamento
     per giustificato motivo oggettivo, atteso che l’inidoneità sopravvenuta alla mansione impone
     al datore la verifica sulla possibilità di ricollocare il lavoratore in attività diverse riconducibili a
     mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell’organizzazione aziendale;
c.   l’obbligo di repechage rende pertanto la fattispecie in esame del tutto assimilabile alle altre ipo-
     tesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, posto che la legittimità della procedura di
     licenziamento non può prescindere dalla verifica circa l’impossibilità di una ricollocazione in
     mansioni compatibili con l’inidoneità sopravvenuta.
In conclusione, la disciplina prevista dall’articolo 46 del D.L. n. 18/2020 riguarda anche i licenziamenti
per sopravvenuta inidoneità alla mansione.

        Riferimenti normativi
   Legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3
   Legge 12 marzo 1999, n. 68, artt. 4, comma 4, e 10, comma 3
   Legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18, commi 4, 7 e 8
   D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, art. 2
   D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 46
   INL, Nota 24 giugno 2020, prot. n. 298

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