INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2021 RELAZIONE DEL PROCURATORE REGIONALE Carlo Alberto Manfredi Selvaggi - Corte dei ...

Pagina creata da Raffaele Stella
 
CONTINUA A LEGGERE
INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2021 RELAZIONE DEL PROCURATORE REGIONALE Carlo Alberto Manfredi Selvaggi - Corte dei ...
PROCURA REGIONALE
     PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE
           PER L’EMILIA-ROMAGNA

         INAUGURAZIONE
   DELL’ANNO GIUDIZIARIO
                  2021

RELAZIONE DEL PROCURATORE REGIONALE
    Carlo Alberto Manfredi Selvaggi

        BOLOGNA, 26 FEBBRAIO 2021
INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2021 RELAZIONE DEL PROCURATORE REGIONALE Carlo Alberto Manfredi Selvaggi - Corte dei ...
PROCURA REGIONALE PER L’EMILIA-ROMAGNA

   INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
        2021

                                    Relazione
                          del Procuratore Regionale
                 Carlo Alberto MANFREDI SELVAGGI

            BOLOGNA, 26 FEBBRAIO 2021

Memoria disponibile sul sito web della Corte dei conti all’indirizzo www.corteconti.it
INDICE
1.   Le innovazioni legislative intervenute di recente nelle materie di interesse della Corte     pag. 1
     dei conti
      1.1    La legislazione per l’emergenza epidemiologica da Covid-19                           pag. 1
             1.1.1 Le misure emergenziali in tema di giustizia contabile                          pag. 2
             1.1.2 Le novità del Decreto Rilancio in materia di imposte di soggiorno              pag. 7
             1.1.3 Il dolo contabile dopo il Decreto Semplificazioni                              pag. 10
             1.1.4 La temporanea limitazione della responsabilità per colpa grave                 pag. 16
             1.1.5 L’erogazione di benefici economici, i controlli amministrativi e               pag. 22
                   l’autotutela nel Decreto Rilancio
             1.1.6 L’attività amministrativa nel Decreto Semplificazioni                          pag. 25
2.   Le novità giurisprudenziali in tema di giurisdizione contabile                               pag. 30
       2.1    La giurisprudenza della Corte costituzionale                                        pag. 30
       2.2    La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione                     pag. 40
       2.3    La giurisprudenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti                       pag. 47
3.   L’attività della Procura                                                                     pag. 53
       3.1    Breve riepilogo statistico                                                          pag. 53
       3.2    Principali tipologie di danno dedotte in giudizio                                   pag. 54
               3.2.1   Danni derivanti dalla commissione di reati, da disservizio e               pag. 54
                       all’immagine della Pubblica Amministrazione
               3.2.2    Danni da illecito conferimento di incarichi                               pag. 61
               3.2.3    Danni nel settore dei lavori, delle forniture e dei servizi pubblici      pag. 63
               3.2.4    Danni da illecito utilizzo di contributi e finanziamenti pubblici,        pag. 63
                        anche provenienti dall’Unione Europea
                        3.2.4.1 Danni da illecita percezione di contributi per la ricostruzione   pag. 67
                                post sismica
               3.2.5    Danni nel settore della sanità pubblica                                   pag. 67
               3.2.6    Danni relativi ai c.d. “costi della politica”                             pag. 68
               3.2.7    Danni indiretti                                                           pag. 69
               3.2.8    Danni conseguenti a comportamenti omissivi o gravemente                   pag. 70
                        negligenti dei pubblici dipendenti
               3.2.9    Danni in materia di personale                                             pag. 71
               3.2.10   Danni derivanti da partecipazioni societarie                              pag. 79
               3.2.11   Danni derivanti dal mancato introito del c.d. contributo per costo di     pag. 80
                        costruzione
               3.2.12   Omessi riversamenti delle imposte di soggiorno e dei proventi del         pag. 81
                        Gioco del Lotto
               3.2.13   Il follow-up del primo grado: appelli e sentenze d’appello                pag. 82
3.2.14   La c.d. “riparazione spontanea”   pag. 87
3.3   Giudizi di conto e per resa di conto        pag. 87
1.- LE INNOVAZIONI LEGISLATIVE INTERVENUTE DI
RECENTE NELLE MATERIE DI INTERESSE DELLA
CORTE DEI CONTI
       Nel 2020, come nel passato, il legislatore è intervenuto a più riprese in materie
di interesse della Corte dei conti.

      1.1 LA LEGISLAZIONE PER L’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA
      COVID-19
       Tra le novità normative dell’anno appena trascorso, assolutamente
preminenti sono quelle legate all’esigenza di contenimento dei gravissimi effetti
sanitari, sociali ed economici connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19
che ha determinato l’adozione a tutti i livelli istituzionali di una varietà di atti
normativi di indubbia rilevanza e di ampia portata, sovente caratterizzati da
contenuti assai eterogenei.
       I primissimi interventi emergenziali, adottati con i decreti-legge nn. 9 del 2
marzo 2020, 11 dell’8 marzo 2020 e 14 del 9 marzo 2020 (non convertiti), sono
confluiti nel più ampio decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, cd. Decreto Cura Italia,
convertito con modifiche dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020, che ha introdotto una
serie di misure volte a contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica
in atto sul tessuto socio-economico nazionale, attraverso la previsione di misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale, della protezione civile e della
sicurezza nonché di sostegno al mondo del lavoro pubblico e privato, delle famiglie
e delle imprese ed il varo di una serie di disposizioni per i settori dei trasporti,
dell’agricoltura, dello sport, dello spettacolo e della cultura, della scuola e
dell’università, disponendo altresì la sospensione degli obblighi di versamento per
tributi e contributi e di ulteriori adempimenti e l’introduzione di una serie di
incentivi fiscali.
       Altro intervento normativo di rilievo è quello realizzato dal decreto- legge n.
23 dell’8 aprile 2020, cd. Decreto Liquidità, convertito con modificazioni dalla legge
n. 40 del 5 giugno 2020, che ha introdotto una serie di misure urgenti in materia di
accesso al credito e di sostegno alle imprese, nonché in materia di poteri speciali nei
settori di rilevanza strategica, intervenendo anche sui termini dei procedimenti
amministrativi in corso disponendo proroghe e sospensioni degli stessi.
       Assoluta importanza rivestono, per la loro ampia portata normativa, il
decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, cd. Decreto Rilancio, convertito con
modifiche dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, ed il decreto-legge n. 76 del 17 luglio
2020, cd. Decreto Semplificazioni, convertito con modificazioni dalla legge n. 120
dell’11 settembre 2020: il primo ha introdotto misure urgenti in materia di salute,
sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali, connesse all’emergenza
epidemiologica da COVID-19, intervenendo trasversalmente in diversi ambiti con

                                           1
l’intento di assicurare l’unitarietà, l’organicità, e la compiutezza delle misure volte
alla tutela delle famiglie e dei lavoratori, alla salvaguardia e al sostegno delle
imprese, degli artigiani e dei liberi professionisti, al consolidamento, snellimento e
velocizzazione degli istituti di protezione e coesione sociale; il secondo ha inteso
invece realizzare una accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture, al fine
di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all'emergenza epidemiologica
in atto, attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici
e di edilizia, la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la diffusione
dell’amministrazione digitale, la semplificazione del regime delle responsabilità del
personale delle amministrazioni, ed ulteriori semplificazioni in materia di attività
imprenditoriale, ambiente e green economy.
       Anche il decreto-legge n. 104 del 14 agosto 2020, recante misure urgenti per
il sostegno e il rilancio dell’economia, cd. Decreto Agosto, convertito con
modificazioni dalla legge n. 126 del 13 ottobre 2020, ha inteso perseguire e rafforzare
l’azione di ripresa dalle conseguenze negative dell’epidemia e di sostegno di
lavoratori, famiglie e imprese, con particolare riguardo alle aree svantaggiate del
Paese.
       Va altresì rammentato il decreto-legge n. 129 del 20 ottobre 2020 che, in
materia di riscossione esattoriale, ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2020
della sospensione delle attività di notifica di nuove cartelle di pagamento, del
pagamento delle cartelle precedentemente inviate e degli altri atti dell’Agente della
Riscossione; nel contempo si è disposta la proroga al 31 dicembre 2020 anche del
periodo durante il quale si decade dalla rateizzazione con il mancato pagamento di
dieci rate (anziché di cinque); per consentire uno smaltimento graduale delle cartelle
di pagamento che si sono già accumulate, alle quali si aggiungeranno quelle dei ruoli
che gli enti consegneranno fino al termine della sospensione, si prevede inoltre il
differimento di dodici mesi del termine entro il quale avviare alla notifica le cartelle.
       Un cenno va fatto, infine, ai cd. Decreti Ristori (decreto-legge n. 137 del 28
ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020 n. 126;
decreto-legge n. 149 del 9 novembre 2020 cd. decreto Ristori-bis, il decreto-legge n.
154 del 23 novembre 2020 cd. decreto Ristori-ter, e il decreto-legge n. 157 del 30
novembre 2020 cd. Ristori-quater) portanti misure volte a fronteggiare le
conseguenze dell’epidemia sulle attività economiche interessate, direttamente o
indirettamente, dalle restrizioni disposte a tutela della salute mediante il
riconoscimento, tra l’altro, di contributi a fondo perduto per determinate attività
economiche o di crediti d’imposta (ad esempio sugli affitti commerciali), sospensione
dei versamenti, cancellazione della seconda rata dell’IMU, sospensione dei
contributi previdenziali e rinvio del secondo acconto IRES e IRAP.

       1.1.1 LE MISURE EMERGENZIALI IN TEMA DI GIUSTIZIA CONTABILE
      Con riferimento agli aspetti di maggiore interesse per le attività delle Procure
contabili, il citato Decreto Cura Italia, superando le primissime disposizioni

                                            2
normative relative agli effetti dell’emergenza Covid sull’attività giudiziaria
(contenute nel decreto-legge n. 9 del 2 marzo 2020), è intervenuto, tra l’altro, a
regolamentare compiutamente gli effetti sulla giustizia contabile dell’emergenza
sanitaria in atto, delineando il quadro normativo di riferimento per lo svolgimento,
da parte delle articolazioni della Corte dei conti, delle funzioni istituzionali loro
intestate dall’ordinamento giuridico anche durante la predetta emergenza.
        L’articolo 85 del predetto decreto, su cui il legislatore è successivamente
intervenuto in più occasioni con proroghe di efficacia e modifiche di dettaglio, dopo
aver dichiarato applicabili a tutte le funzioni della Corte dei conti, in quanto
compatibili e non contrastanti con le disposizioni da esso stesso recate, le
disposizioni di cui agli articoli 83 e 84 (rispettivamente in materia di giustizia civile,
penale, amministrativa, tributaria e militare), ha previsto l’adozione da parte dei
vertici istituzionali degli uffici territoriali e centrali, sentiti l’autorità sanitaria
regionale e, per le attività giurisdizionali, il Consiglio dell'ordine degli avvocati della
città ove ha sede l’ufficio, a decorrere dall’8 marzo 2020 e fino al termine dello stato
di emergenza epidemiologica, in coerenza con le eventuali disposizioni di
coordinamento dettate dal Presidente o dal Segretario generale della Corte dei conti
per quanto di rispettiva competenza, delle misure organizzative, anche incidenti
sulla trattazione degli affari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni
igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, e
delle prescrizioni impartite con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri
emanati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020
(convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 5 marzo 2020, e dell’articolo 2
del decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020) al fine di evitare assembramenti
all’interno degli uffici e contatti ravvicinati tra le persone.
        Le misure organizzative oggetto dei predetti provvedimenti vanno dalla
limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici, garantendo comunque l’accesso alle
persone che debbono svolgervi attività urgenti, alla limitazione, sentito il dirigente
competente, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici; dalla chiusura degli uffici
al pubblico (in via residuale e sempre che non si tratti di uffici che erogano servizi
urgenti), alla predisposizione di servizi di prenotazione per l’accesso ai servizi, anche
tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando lo scaglionamento
della convocazione degli utenti per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura
ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento.
        Di particolare rilievo appare la possibilità di adottare linee guida vincolanti
per la fissazione e la trattazione delle udienze, in coerenza con le disposizioni di
coordinamento dettate dal Presidente della Corte dei conti, ivi inclusa la eventuale
celebrazione a porte chiuse, e la previsione della possibilità di disporre lo
svolgimento delle udienze e delle camere di consiglio che non richiedono la presenza
di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante collegamenti da remoto, con
modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione
all’udienza ovvero alla camera di consiglio, anche utilizzando strutture

                                             3
informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o con ogni mezzo di
comunicazione che, con attestazione all’interno del verbale, consenta l’effettiva
partecipazione degli interessati; il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale
addetto viene considerato aula di udienza o di adunanza o camera di consiglio a tutti
gli effetti di legge; in modo conseguente si prevede che sentenze, ordinanze, decreti,
e altri atti del processo possano essere adottati mediante documenti informatici e
possano essere firmati digitalmente, anche in deroga alle disposizioni vigenti.
        Nel consentire il rinvio d’ufficio delle udienze a data successiva al 31 agosto
2020, salvo che per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione avrebbe
potuto produrre grave pregiudizio alle parti, si è disposto, per il caso di rinvio, con
riferimento a tutte le attività giurisdizionali e inquirenti intestate alla Corte dei
conti, comprese le attività istruttorie preprocessuali, la sospensione dei termini in
corso alla data dell’ 8 marzo 2020 e scadenti entro il 31 agosto 2020 e la ripresa della
loro decorrenza dal 1 settembre 2020; identica sospensione viene prevista, per il caso
di rinvio, con riferimento ai termini relativi alle prescrizioni in corso.
        Nella      prospettiva     della      accelerazione      e      implementazione
dell’informatizzazione delle attività di controllo e giurisdizionali della Corte dei
conti finalizzata al normale svolgimento delle attività di istituto anche durante
l’emergenza sanitaria, in deroga alla disciplina ordinaria sul punto - recata
dall’articolo 20 bis del decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito con
modifiche dalla legge n. 221 del 17 dicembre 2012 - si prevede che, a decorrere dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e fino al termine dello
stato di emergenza epidemiologica, i decreti del Presidente della Corte dei conti
intesi a stabilire regole tecniche ed operative per l’adozione delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione nelle attività di controllo e nei giudizi che
si svolgono innanzi alla Corte dei conti, acquistino efficacia sin dal giorno successivo
a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
        Il Decreto prevede anche la possibilità di svolgere le udienze, le adunanze e le
camere di consiglio mediante collegamento da remoto, anche in deroga alle vigenti
disposizioni di legge, secondo modalità tecniche definite ai sensi dell’articolo 6 del
codice di giustizia contabile (decreto legislativo n. 174 del 26 agosto 2016), e
consente anche al pubblico ministero contabile di avvalersi di collegamenti da
remoto, individuati e regolati con decreto del Presidente della Corte dei conti, nel
rispetto delle garanzie di verbalizzazione in contraddittorio, per le audizioni
istruttorie dei soggetti informati (al fine di acquisire elementi utili alla ricostruzione
dei fatti e alla individuazione delle personali responsabilità ex articolo 60 del codice
di giustizia contabile) e per le audizioni difensive del presunto responsabile che ne
abbia fatta richiesta (ai sensi dell’articolo 67 del medesimo codice); anche per il
decreto del Presidente della Corte dei conti disciplinante le predette regole tecniche
è stata prevista l’entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.

                                            4
Sulla scorta delle richiamate disposizioni normative, il Presidente della Corte
dei conti, con decreto in data 1 aprile 2020 n.138, ha emanato le regole tecniche e
operative in materia di svolgimento in videoconferenza delle udienze del giudice nei
giudizi innanzi alla Corte dei conti, delle camere di consiglio e delle adunanze,
nonché per le audizioni mediante collegamento da remoto del pubblico ministero
contabile; con successivo decreto del Presidente della Corte dei conti in data 27
ottobre 2020 n. 287 la validità delle predette regole è stata confermata fino alla
cessazione dello stato di emergenza sanitaria.
        Per quanto concerne la specifica disciplina per l’ambito territoriale emiliano-
romagnolo, con decreto in data 9 marzo 2020 il Presidente della Sezione
giurisdizionale per l’Emilia-Romagna ha disposto per le udienze collegiali e
monocratiche e per le camere di consiglio in calendario a tutto il 31 maggio 2020,
nonché per la trattazione dei relativi giudizi, il rinvio a nuovo ruolo; con ulteriore
decreto in data 6 maggio 2020, il predetto Presidente ha disposto ulteriore rinvio a
nuovo ruolo delle udienze collegiali e monocratiche e delle camere di consiglio,
nonché della trattazione dei relativi giudizi in calendario dal 31 maggio 2020 al 31
luglio 2020, con esclusione della trattazione delle sole controversie pensionistiche
calendarizzate.
        Con decreto in data 4 novembre 2020, il Presidente della Sezione
giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo
85 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del
2020, e dal decreto del Presidente della Corte dei conti del 27 ottobre 2020 n. 287 -
con riferimento alla possibilità di svolgere le udienze, le camere di consiglio e le
adunanze mediante collegamento da remoto -, attesa la proroga sino al 31 gennaio
2021 della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da COVID 19 disposta
dal DPCM 7 ottobre 2020, in considerazione delle nuove e più stringenti misure volte
a fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto e a limitare gli spostamenti in alcune
regioni contenute nel DPCM del 3 novembre 2020, preso atto che il notevole
incremento del livello di diffusione del contagio determina la sussistenza di concrete
e reali situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica e la salute di soggetti a vario
titolo interessati nel processo contabile partecipanti alle udienze della sezione
giurisdizionale regionale, ha disposto lo svolgimento da remoto, secondo le
istruzioni tecniche fornite dal DGSIA della Corte, delle udienze e delle camere di
consiglio, fino alla cessazione degli effetti della dichiarazione dello stato di
emergenza nazionale da COVID 19.
        Al fine di garantire pienezza e regolarità di contraddittorio, il sopra
richiamato decreto presidenziale prevede che il segretario di udienza, coadiuvato dal
referente informatico, proceda alla tempestiva comunicazione alle parti del testo del
decreto, alla trasmissione alle parti delle istruzioni operative atte a garantire il
regolare svolgimento delle udienze da remoto, all’invio almeno due giorni prima
dell’udienza del relativo link per il collegamento da remoto, previa acquisizione
dall’avvocato costituito del consenso e della conferma a partecipare all’udienza in

                                           5
modalità telematica da remoto, alla effettuazione di prove di funzionamento del
collegamento da remoto prima dell’udienza.
        L’ordine di discussione delle cause, in luogo dell’affissione alla porta dell’aula
di udienza, è pubblicato sul sito internet istituzionale della Corte dei conti ed è
portato a conoscenza delle parti mediante posta elettronica certificata od ordinaria
entro due giorni precedenti l’udienza, ovvero contestualmente alla comunicazione
che l’udienza si svolgerà con modalità da remoto.
        Per gli avvocati non costituiti per i giudizi da esaminare, la comunicazione
relativa allo svolgimento dell’udienza da remoto viene effettuata ai convenuti
nonché alla Segreteria mediante affissione all’albo della Sezione.
        Per il caso in cui gli avvocati costituiti non intendano partecipare all’udienza
in modalità telematica da remoto si prevede che essi avranno cura di inviare al
Presidente della Sezione motivata istanza di rinvio dell’udienza almeno due giorni
prima dell’udienza fissata.
        Ai fini delle attività della Procura contabile speciale, menzione merita, infine,
il decreto del Presidente della Corte dei conti del 29 maggio 2020 n. 176, relativo alle
regole tecniche e operative per lo svolgimento mediante collegamento da remoto, da
parte del pubblico ministero contabile, delle audizioni personali istruttorie (cioè dei
soggetti informati di cui all’articolo 60 c.g.c.) e difensive (cioè del presunto
responsabile che ne abbia fatta richiesta ai sensi dell’articolo 67 del c.g.c.).
        Il menzionato decreto consente al pubblico ministero contabile di svolgere le
predette audizioni mediante collegamenti da remoto, utilizzando i programmi nella
disponibilità della Corte dei conti: l’invito a presentarsi per l’audizione personale
istruttoria o l’atto di fissazione dell’audizione difensiva conterranno l’avviso dello
svolgimento dell’audizione stessa mediante collegamento da remoto, indicando le
relative modalità ed invitando gli interessati a comunicare l’indirizzo di posta
elettronica ordinaria con il quale intendono partecipare alla sessione in
videoconferenza; per il caso in cui i soggetti sottoposti ad audizione ovvero i loro
difensori non disponessero di dispositivi o connettività idonei al collegamento da
remoto, è previsto che essi possano chiedere preventivamente che sia messa a loro
disposizione, per lo svolgimento dell’incombente, una postazione presso una sede
della Procura della Corte dei conti o di uno degli organi di cui all’articolo 56 del
codice della giustizia contabile, secondo modalità da concordare.
        Nell’audizione il magistrato, con l’assistenza del funzionario o
dell’appartenente agli organi di cui all’articolo 56 del codice della giustizia contabile
incaricato della verbalizzazione, verifica la funzionalità del collegamento nonché le
presenze; nel verbale si dà atto delle modalità con cui si accerta l’identità dei
partecipanti e del loro consenso all’utilizzo del collegamento da remoto; qualora il
collegamento non fosse disponibile o la sua qualità non fosse idonea, ovvero nei casi
di indisponibilità od impossibilità di uno dei difensori o del soggetto sentito ad
effettuare il collegamento, il pubblico ministero procedente è tenuto a disporre la
sospensione, il differimento o la rinnovazione dell’audizione con diverse modalità.

                                            6
Il verbale dell’audizione in videoconferenza, redatto come documento
informatico, è sottoscritto con firma digitale. Il pubblico ministero può disporre,
qualora sia disponibile e nel rispetto della riservatezza dei dati personali, la
registrazione audio/video della sessione di videoconferenza, per la quale viene
apposta dal verbalizzante la firma digitale.
       L’efficacia del Decreto in esame, originariamente prevista sino al 31 luglio
2020, è stata prorogata fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da
COVID-19 dal decreto del Presidente della Corte dei conti in data 27 ottobre 2020
n. 287.

      1.1.2 LE NOVITA’ DEL DECRETO RILANCIO IN MATERIA DI IMPOSTE
      DI SOGGIORNO
        Sul piano sostanziale, indubbia rilevanza per l’attività della Procura
contabile presentano le innovazioni alla disciplina dell’imposta di soggiorno
introdotte dall’articolo 180 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cd. Decreto
Rilancio).
        Nel quadro normativo anteriore alla novella, fondato sulle previsioni
dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 (disposizioni in materia
di federalismo fiscale municipale), il mancato riversamento alle amministrazioni
comunali dell’imposta di soggiorno riscossa dai gestori di strutture ricettive a carico
degli ospiti delle predette strutture integrava a tutti gli effetti sia gli estremi
dell’illecito penale (sub species peculato o appropriazione indebita) sia gli estremi
dell’illecito contabile in quanto condotta causativa di danno all’erario comunale:
sotto tale secondo aspetto, la giurisprudenza del giudice della giurisdizione e quella
del giudice contabile erano consolidate nel ritenere che, in presenza di regolamenti
comunali esternalizzanti la riscossione dell’imposta di soggiorno con obbligo di
riversamento al comune in capo al titolare/gestore della struttura ricettiva, si
instauri tra questi e l’amministrazione comunale un autentico rapporto di servizio
connotato da spiccati compiti contabili; ciò in quanto il presupposto per la
responsabilità amministrativa si sostanzia nell’esistenza di una relazione funzionale
tra l’autore dell’illecito e l’ente pubblico danneggiato, configurabile non solo in
presenza di un rapporto organico, ma anche ove sia ravvisabile un rapporto di
servizio in senso lato: il titolare/gestore della struttura ricettiva è compartecipe
dell’attività amministrativa dell’ente comunale impositore in quanto tenuto, oltre
che alla presentazione delle dichiarazioni trimestrali relative all’imposta di
soggiorno versata dai clienti, anche all’integrale riversamento della stessa al
comune: tali obblighi sussistono al di fuori del rapporto di imposta vero e proprio
che intercorrerebbe tra comune e singolo cliente pernottante.
        La posizione del gestore della struttura ricettiva per quanto di rilievo ai fini
dell’imposta di soggiorno è parsa inoltre caratterizzata dagli elementi propri
dell’agente contabile per conto dell’amministrazione comunale di riferimento,
avendo costui certamente maneggio di denaro pubblico nell’arco di tempo

                                           7
intercorrente tra l’esazione del tributo a carico dell’ospite della struttura e il
riversamento di quello nelle casse comunali (alle scadenze previste dai regolamenti
comunali): in questa prospettiva, a carico dei gestori delle strutture ricettive per le
somme incassate e da riversare a titolo di imposta di soggiorno, la giurisprudenza
contabile, anche sulla scorta di specifiche previsioni in tal senso dei regolamenti
comunali, ha affermato la sussistenza in capo al gestore dell’obbligo di rendere il
conto giudiziale e l’assoggettabilità dello stesso al corrispondente giudizio.
       L’articolo 180 del Decreto Rilancio, integrando il disposto dell’articolo 4 del
decreto legislativo n. 23 del 2011, viene ora a qualificare il gestore della struttura
ricettiva in termini di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno con
diritto di rivalsa sui soggetti passivi, impegnandolo agli ulteriori adempimenti
previsti dalla legge e dai regolamenti comunali, oltre che alla presentazione della
dichiarazione cumulativa annuale (entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello
in cui si è verificato il presupposto impositivo) con modalità telematica da definirsi
dal MEF con decreto, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
       Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del
responsabile si viene ora a prevedere l’applicazione di una sanzione amministrativa
pecuniaria pari al pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell’importo
dovuto, mentre per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di
soggiorno è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo
13 del decreto legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997. Il legislatore parrebbe aver
inteso equiparare il regime dell’imposta di soggiorno riscossa dai gestori di strutture
ricettive a quello previsto per le locazioni brevi dall’articolo 4 comma 5-ter del
decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017 convertito con modificazioni dalla legge n. 96
del 21 giugno 2017, disposizione che viene peraltro anche contestualmente novellata
dal medesimo articolo 180.
       Sotto il profilo penalistico non è chiaro se la qualificazione delle condotte di
omesso versamento dell’imposta di soggiorno in termini di illecito amministrativo
operi retroattivamente, cioè anche con riferimento a quelle realizzate anteriormente
all’entrata in vigore della norma: ad avviso di un primo orientamento la modifica
introdotta dal decreto rilancio costituirebbe un’ipotesi tipica di depenalizzazione in
quanto il gestore della struttura ricettiva che ometta il riversamento dell’imposta
di soggiorno non risponderebbe del reato di peculato quand’anche si trattasse di
condotte realizzate anteriormente all’entrata in vigore della norma di
depenalizzazione; per tali condotte, vigerebbe il principio di cui all’articolo 2 comma
2 codice penale, per il quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una
legge posteriore, non costituisce reato: ove sia intervenuta condanna, ne
cesserebbero l’esecuzione e gli effetti penali.
       Di diverso avviso si è già mostrata, peraltro, la Corte di Cassazione che non
ha riconosciuto l’abolitio criminis rispetto ai fatti pregressi: il nuovo quadro
normativo non avrebbe dato vita ad una successione di leggi penali, bensì ad una
modifica di una norma extra-penale non integratrice; il precetto che avrebbe

                                           8
modificato le attribuzioni del gestore di strutture ricettive in tema di imposta di
soggiorno non avrebbe inciso né sulla norma incriminatrice del peculato (articolo
314) né su quella incriminatrice dell’appropriazione indebita (articolo 358): vi
sarebbe una semplice successione nel tempo di norme extra-penali e, pertanto,
quella nuova e più favorevole non sarebbe applicabile retroattivamente ai fatti
commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 34 del 2020.
       Sotto il profilo più strettamente inerente le attribuzioni della Procura
contabile, nel corso del 2020 la Corte dei conti ha già avuto modo in plurime
occasioni di statuire l’irrilevanza - ai fini dei giudizi di responsabilità per danno
all’erario e di quelli contabili in senso stretto (giudizio di conto e giudizio per resa
del conto) - delle richiamate previsioni di cui all’articolo 180 del decreto-legge n. 34
del 2020: le condotte illecite di omesso riversamento dell’imposta di soggiorno
realizzate e perfezionate in epoca anteriore all’entrata in vigore del decreto legge
n.34 del 2020 restano pertanto assoggettate a tutti gli effetti alle norme in vigore al
tempo in cui furono concretamente realizzate.
       La novella solleva peraltro anche un ulteriore e più problematico
interrogativo, di ampia ed immediata rilevanza pratica, imponendo all’interprete di
valutare esattamente, alla luce della nuova qualifica di responsabile per il
pagamento dell’imposta assistito da diritto di rivalsa (nei confronti degli ospiti)
riconosciuta al gestore della struttura ricettiva, la posizione soggettiva di
quest’ultimo nei confronti dell’erario: secondo una opinione invalsa tra i primi
commentatori la novella risolverebbe l’intera vicenda in termini esclusivamente
tributaristici; non sussisterebbero più margini di intervento da parte della
magistratura contabile dal momento che il gestore della struttura ricettiva non
sarebbe più legato all’amministrazione comunale da rapporto di servizio, né più
sarebbe configurabile in capo allo stesso maneggio di denaro pubblico, essendo
costui tenuto ad assolvere all’obbligo di riversamento con denaro proprio salvo la
rivalsa (anche anticipata) nei confronti dell’ospite della struttura. In altri termini il
gestore della struttura ricettiva non sarebbe più assoggettabile dalla Procura
contabile all’azione di responsabilità per danno erariale in caso di omesso
versamento dell’imposta di soggiorno (difettando il rapporto di servizio), né sarebbe
più tenuto a rendere il conto giudiziale o assoggettato al giudizio di conto
(difettando il maneggio di denaro pubblico).
       Tale approccio riduzionistico degli ambiti di operatività dell’azione della
magistratura contabile, appare poco persuasivo e non in linea con consolidati
orientamenti non solo del giudice contabile, ma anche della Corte di Cassazione
quale giudice della giurisdizione: non può dubitarsi infatti che anche all’indomani
della novella il gestore della struttura ricettiva resti comunque tenuto
all’adempimento di una serie di obblighi funzionali alla corretta riscossione del
tributo da parte delle amministrazioni comunali, tenute a loro volta a disciplinare
tali adempimenti in modo dettagliato mediante apposite previsioni regolamentari:
anche all’indomani della novella il gestore della struttura ricettiva resta dunque

                                            9
stabilmente inserito nell’organizzazione pubblica istituita per l’esazione del tributo
in discorso e, come tale, continua ad essere legato all’amministrazione comunale da
un rapporto di servizio; conseguentemente la violazione dolosa o gravemente
colposa di tali obblighi, ove determini l’acquisizione di una minore entrata, sarà
sempre causativa di un danno all’erario comunale per il cui ristoro avrà azione la
Procura contabile.
       Come per il passato, anche dopo la novella la giurisdizione tributaria non
rappresenta ostacolo a quella contabile, posto che evidentemente davanti al giudice
contabile non si fa valere la pretesa tributaria, né viene sindacata la legittimità di
questa, bensì si esercita una azione di responsabilità per danno all’erario; operano
quindi i normali principi sul concorso di giurisdizioni: la qualifica di responsabile di
imposta non esclude in alcun modo il rapporto di servizio, né vi si sovrappone, ma
semplicemente le si affianca assumendo rilievo per un profilo del tutto differente.
       Anche relativamente alla riferibilità al gestore della struttura ricettiva,
rispetto all’imposta di soggiorno, della qualifica di agente contabile rilevante ai fini
dell’obbligo di presentazione del conto giudiziale e della soggezione al giudizio di
conto paiono idonee le medesime considerazioni sopra svolte: occorre, infatti,
considerare che, nell’ipotesi (fisiologica) in cui l’ospite della struttura ricettiva versi
l’importo dovuto a titolo di imposta di soggiorno nelle mani del gestore,
quest’ultimo, alla scadenza prevista, è tenuto comunque ad effettuare il
riversamento dell’importo corrispondente nelle casse comunali; sotto questo profilo
appare difficile contestare che nell’arco di tempo che si colloca tra il momento della
riscossione del tributo dall’ospite della struttura e il momento del riversamento nelle
casse comunali il gestore operi effettivamente quale agente contabile.
       Ancora una volta, quindi, la qualifica di responsabile di imposta sembrerebbe
assumere specifico rilievo ai fini del rapporto tributario, in funzione di garanzia del
corretto adempimento dell’obbligazione tributaria, mediante una estensione
soggettiva del vincolo corrispondente a quella determinata dalla solidarietà
tributaria, senza peraltro in alcun modo intaccare o far venire meno la posizione di
agente contabile del gestore per tutti gli effetti conseguenti.

       1.1.3 IL DOLO CONTABILE DOPO IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI
       Con l’articolo 21, il Decreto Semplificazioni interviene in misura assai
rilevante su uno degli aspetti salienti del vigente regime giuridico della
responsabilità patrimoniale dei pubblici e amministratori e funzionari per il danno
cagionato all’erario: quello relativo ai criteri di imputazione soggettiva delle
condotte illecite.
       Nel particolare contesto determinato dalle ricadute economiche conseguenti
all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e nella prospettiva dichiarata di una
“semplificazione in materia di responsabilità del personale delle amministrazioni”, la
richiamata disposizione, rubricata “responsabilità erariale”, contenuta nel Capo IV
(Responsabilità) del Titolo II (Semplificazioni procedimentali e Responsabilità):

                                            10
- al primo comma, interviene direttamente sull’articolo 1 comma 1 della legge n. 20
del 1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti)
inserendovi la previsione per cui “La prova del dolo richiede la dimostrazione della
volontà dell’evento dannoso”;
- al secondo comma, invece, viene a prevedere che: “Limitatamente ai fatti commessi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, la
responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di
contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14
gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla
condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità
prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia
del soggetto agente”.
        In definitiva, con l’articolo 21 del Decreto Semplificazioni, il legislatore: a)
incide in via generale in senso restrittivo sulla nozione di dolo rilevante ai fini
dell’addebito della responsabilità per danno all’erario, precisando che la prova del
dolo richiede necessariamente “la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”:
mancando tale dimostrazione il dolo sarebbe ex sé escluso, ricadendosi al più nella
colpa grave (ovviamente ove in concreto configurabile); b) limita in via temporanea,
sino al 31 dicembre 2021, ai soli casi di dolo - nel senso restrittivo sopra precisato -
la responsabilità dell’agente per le condotte causative di danno all’erario di tipo
commissivo: conseguentemente, a fronte di condotte dell’agente di tale tipo,
nessuna responsabilità per danno erariale a titolo di colpa grave potrebbe essergli
contestata; c) consente, nel periodo indicato, l’addebito di responsabilità per colpa
grave unicamente nei confronti dell’agente che abbia causato danno all’erario
tenendo condotte omissive o inerti.
        In ordine al primo profilo, la relazione illustrativa del decreto indica la
finalità specifica della novella nella necessità di chiarire che, in materia di
responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il dolo
deve essere riferito “all'evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave
civilistica”.
        Il legislatore parrebbe così aver voluto prendere posizione sulla questione
relativa al modo di intendere il dolo rilevante ai fini dell’azione di responsabilità per
danno all’erario, superando quegli orientamenti emersi nella giurisprudenza
contabile più recente inclini a prospettare una ricostruzione del dolo erariale ora in
termini di dolo civilistico extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.), ora (e più) spesso
in termini di dolo civilistico contrattuale (o inadempimento) (artt. 1176 e 1218 cod.
civ.), ora in termini di assoluta autonomia del dolo contabile rispetto alle altre
categorie generali del dolo, e ratificando espressamente con norma di diritto positivo
l’orientamento più tradizionale incline ad una ricostruzione del dolo erariale nei
classici termini soggettivi del dolo penalistico, vale a dire nei termini del dolo di cui
all’articolo 43 del codice penale.

                                             11
La soluzione normativa adottata è stata oggetto di approfondimento, oltre
che sul piano della opportunità della scelta, anche su quello più strettamente
tecnico-sistematico, poiché la formula legis riferisce il dolo (non già alle condotte,
bensì direttamente) all’evento dannoso; di là dal paventato rischio di attrarre
l’illecito contabile nell’ambito di quello penale e di appiattire il primo sugli esiti del
secondo, è stato fatto rilevare che l’identificazione del dolo contabile sulla falsariga
del dolo penalistico appare concettualmente non corretta, attese le profonde
differenze funzionali e strutturali intercorrenti tra la responsabilità per danno
all’erario e la responsabilità penale: differenze che hanno condotto alla affermazione
sostanziale e processuale della piena autonomia della prima rispetto alla seconda.
         Va poi considerato che l’orientamento giurisprudenziale che si è voluto
positivizzare, sulla scorta dell’articolo 43 del codice penale, ha inteso il dolo
rilevante ai fini dell’azione di responsabilità per danno erariale quale stato
soggettivo caratterizzato dalla consapevolezza e volontà dell’azione o omissione
contra legem con specifico riguardo alla violazione delle norme giuridiche che reggono
e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative e alle conseguenze dannose
per le finanze pubbliche di tale violazione.
         Nello stesso tempo, le particolarità della responsabilità per danno all’erario -
all’interno della quale, nella quasi totalità dei casi, la condotta illecita dell’agente si
indirizza non tanto alla realizzazione del danno pubblico in sé, quanto piuttosto alla
realizzazione di un profitto o di una utilità egoistica, onde il nocumento alle risorse
pubbliche è rappresentato ed accettato più che voluto - hanno indotto la
giurisprudenza tradizionale a mutuare dal diritto penale anche le categorie del dolo
indiretto e del dolo eventuale, per l’effetto che gli estremi del dolo erariale avrebbero
potuto essere ravvisati non solo con riferimento ai casi in cui l’agente avesse tenuto
la condotta illecita al fine specifico ed esclusivo di cagionare l’evento dannoso per
l’erario, ma anche con riferimento a quelli in cui l’agente, pur tenendo la condotta
illecita per altri fini, si fosse rappresentato il danno all’erario quale presupposto
necessario o quale conseguenza certa di tale condotta, nonché con riferimento a
quelli in cui l’agente nel tenere la condotta illecita per altri fini fosse stato
consapevole che essa avrebbe potuto produrre l’evento dannoso per l’erario, ciò
nonostante determinandosi ugualmente ad agire accettando il rischio del suo
verificarsi.
         Alla luce del delineato precedente quadro giurisprudenziale, l’inserimento nel
primo comma dell’articolo 1 della legge n 20 del 1994, ad opera dell’articolo 21
comma primo del Decreto Semplificazioni, dell’inciso finale secondo cui “la prova del
dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”, induce a chiedersi se
il nuovo dolo contabile non sia andato persino oltre i confini di quello delineato dalla
giurisprudenza tradizionalmente prevalente: tanto più che il medesimo concetto
sembrerebbe ribadito anche dal secondo comma dell’articolo 21 dietro la
circonlocuzione “casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del
soggetto agente è da lui dolosamente voluta”.

                                            12
In realtà, pur intendendo propugnare la prospettiva del dolo penalistico, il
legislatore non pare aver tenuto nella debita considerazione le complesse
problematiche che intorno ad esso tradizionalmente si agitano: quella del dolo di cui
all’articolo 43 codice penale è ritenuta unanimemente nozione incompleta e
imprecisa sotto il profilo tecnico-giuridico, tale da imporre all’interprete di colmarne
le lacune impiegando un criterio interpretativo di carattere sistematico; complessi
problemi interpretativi discendono dalla stessa definizione di “evento dannoso” per
la storica contrapposizione tra la concezione naturalistica (che individua l’evento
nella modificazione della realtà esteriore causalmente conseguente alla condotta
antigiuridica dell’agente) e la concezione normativa (che, invece, identifica l’evento
nella lesione dell’interesse giuridicamente tutelato determinata dalla predetta
condotta): trattasi di problemi ampiamente noti alla scienza penalistica che si
rapporta, peraltro, ad eventi selezionati e tipizzati direttamente dal legislatore, a
differenza di quanto accade per l’illecito contabile, in ragione del suo carattere
ontologicamente “aperto” alla stregua dell’illecito civile.
        Di là da tali aspetti sui quali in questa sede non è possibile soffermarsi, deve
poi escludersi che la norma introdotta dal primo comma dell’articolo 21 del decreto
legge n. 76 del 2020 sortisca l’effetto di porre a carico dell’attore pubblico, ai fini
dell’imputazione della responsabilità per danno all’erario a titolo di dolo, una sorta
di doppio onere probatorio, chiamandolo a dimostrare a carico del convenuto
contemporaneamente e cumulativamente, da un lato, la volontarietà della condotta
antigiuridica posta in essere dall’agente-convenuto e, dall’altro, la volontarietà
dell’evento dannoso per l’erario etiologicamente cagionato mediante la predetta
condotta; onde, mancando la prova di tale secondo elemento (cioè della volontà
dell’evento dannoso), la condotta illecita non potrebbe essere riferita all’autore della
condotta stessa a titolo di dolo, potendo esserlo solo a titolo di colpa grave
(beninteso sempre che questa sia concretamente configurabile nei suoi elementi),
con quel che ne consegue sul piano della normativa applicabile: in primis la possibile
operatività di quella sorta di esimente speciale prevista in via temporanea dal
secondo comma del medesimo articolo 21 del decreto per i casi di condotta
commissiva (sulla quale vedi infra).
        Una tale lettura del nuovo inciso introdotto, dal primo comma dell’articolo
21, nell’articolo 1 della legge n. 20 del 1994, finirebbe con lo scardinare
completamente il ruolo comunemente riconosciuto nella responsabilità
patrimoniale per danno all’erario al nesso di causalità, dal momento che all’autore
delle condotte illecite non sarebbe più riferibile il danno erariale causalmente
conseguente alle sue condotte, ma unicamente quello da lui volontariamente e
deliberatamente causato.
        Deve in altri termini revocarsi in dubbio una lettura secondo cui, per effetto
del nuovo inciso inserito, nel primo comma dell’articolo 1 della legge n. 20 del 1994,
dal primo comma dell’articolo 21 del decreto n. 76 del 2020, l’unico dolo rilevante ai
fini della responsabilità per danno all’erario sarebbe il dolo strettamente

                                           13
intenzionale, per l’effetto che non sarebbe più possibile configurare come dolose, ai
sensi del novellato articolo 1 della citata legge n. 20, quelle condotte illecite
connotate da un elemento soggettivo doloso di minore intensità, tendenzialmente
riconducibile al dolo indiretto e al dolo eventuale.
        Ad una simile restrittiva interpretazione osta anzitutto il rilievo secondo cui
una volontà dell’evento dannoso ricorre anche nelle altre ipotesi di dolo, dal
momento che anche nel dolo indiretto e nel dolo eventuale l’agente non solo si
rappresenta psichicamente l’evento dannoso che dalla sua condotta antigiuridica
potrebbe scaturire, ma volontariamente lo accetta; andrebbe poi considerato che
esigere, per l’addebito della responsabilità a titolo di dolo, la prova specifica
dell’animus nocendi, e dunque della specifica intenzione dell’autore delle condotte
di agire al fine di cagionare un danno all’erario, condurrebbe a svuotare
concretamente di ogni contenuto effettivo e di ogni reale rilievo il dolo quale criterio
di colpevolezza, essendo poco più che un caso di scuola quello del funzionario
pubblico che agisca volontariamente al fine specifico di cagionare un danno
all’amministrazione: le condotte illecite, in caso di dolo, si indirizzano infatti nella
quasi totalità dei casi non al danno pubblico in sé, bensì ad un profitto o ad una
utilità egoistica, ed il nocumento delle risorse pubbliche (più che voluto) è evento
preveduto ed accettato: oggi come ieri non può non riconoscersi che le specie di dolo
concretamente suscettibili di assumere effettiva pregnanza rispetto all’illecito
contabile appaiono essenzialmente quelle del dolo indiretto e del dolo eventuale
fondate sulla previsione dell’evento dannoso e sulla sua accettazione, più che sulla
specifica volontà del medesimo.
        Una differente soluzione interpretativa della norma introdotta dal primo
comma dell’articolo 21 del Decreto Semplificazioni finirebbe, inoltre, con ogni
probabilità, con l’esporre la norma in discorso a censure di costituzionalità per
violazione del parametro di cui all’articolo 28 Cost. e forse, prima ancora, per il
contrasto con il principio di ragionevolezza che opera da limite alla discrezionalità
del legislatore, senza contare che il delineare una nozione autonoma di dolo rilevante
ai fini della responsabilità per danno all’erario, addirittura più ristretta rispetto a
quella penalistica, cui pure il legislatore ha inteso richiamarsi e uniformarsi per
asserite esigenze di semplificazione, potrebbe condurrebbe non di rado ad esiti
paradossali, quale quello di escludere l’elemento doloso ai fini dell’addebito di
responsabilità per danno all’erario anche a fronte di condotte pure riconosciute
come dolose in sede penale (così ad esempio, anche a fronte di condotte di peculato
accertate in sede penale, in sede contabile rimarrebbe ancora da provare che il
peculato venne effettivamente realizzato dall’autore al fine specifico di cagionare
un danno all’amministrazione e non per altre egoistiche finalità).
        Una questione che si è già posta all’esame della giurisprudenza contabile
attiene all’applicabilità della nuova nozione di dolo contabile delineata dal primo
comma dell’articolo 21 del decreto n. 76 del 2020 rispetto a condotte causative di
danno all’erario poste in essere anteriormente alla sua entrata in vigore: respingendo

                                           14
il tentativo di pervenire surrettiziamente ad una applicazione retroattiva della
norma invocandone la natura processuale, la giurisprudenza contabile ha già
ribadito il carattere sostanziale della norma in discorso, concludendo per la assoluta
irretroattività della stessa.
        Considerazioni non dissimili dovrebbero valere anche a fronte di condotte
antigiuridiche omissive o commissive realizzate dall’autore anteriormente
all’entrata in vigore del decreto, ma produttive degli effetti dannosi in un momento
successivo a quello, dovendosi giudicare della liceità/illiceità delle condotte sulla
base della normativa e dei principi di diritto sostanziale in vigore al tempo in cui
esse furono concretamente poste in essere, indipendentemente dal momento in cui
hanno dispiegato i propri effetti negativi sul pubblico erario.
        Quanto all’ambito di applicazione della nuova accezione del dolo contabile
introdotta dal predetto Decreto nel primo comma dell’articolo 1 legge n. 20 del 1994,
si tratterà di vedere se essa sia tale da coprire l’intera area della responsabilità per
danno all’erario o se invece rimangano ambiti entro cui il dolo potrebbe ancora
operare nelle altre e differenti accezioni prospettate in precedenza, in particolare nei
termini del cd. dolo contrattuale, ossia della consapevole violazione di obblighi di
servizio: il carattere generale della previsione introdotta, dal primo comma
dell’articolo 21 del decreto-legge n. 76/2020, nell’articolo 1 comma 1 della legge n.20
del 1994 induce a ritenere che essa debba trovare applicazione sia nelle ipotesi in cui
l’erario subisca il danno direttamente per effetto della condotta illecita dell’agente,
sia nelle ipotesi di danno cd. indiretto, di danno cioè originato dalla condanna
dell’amministrazione in sede civile o amministrativa per effetto della condotta
illecita del proprio funzionario; con specifico riferimento a queste ultime ipotesi, in
cui l’amministrazione subisce il pregiudizio per il fatto di essere chiamata a risarcire
il terzo danneggiato dalla condotta antigiuridica del proprio funzionario nell’ambito
dell’attività di servizio, peraltro, l’evento dannoso di cui dovrebbe essere provata la
volontarietà ai fini dell’imputazione della responsabilità a titolo di dolo andrebbe
individuato, evidentemente, nell’evento causativo della lesione della posizione
giuridica del terzo: in definitiva, nell’evento che ha dato causa alla pretesa
risarcitoria del terzo successivamente soddisfatta dall’amministrazione con
conseguente materializzazione del danno.
        La precisazione normativa sulla prova della volontà dell’evento dannoso ai
fini dell’imputazione della responsabilità a titolo di dolo sembra destinata ad
assumere rilievo non solo con riferimento alle fattispecie di responsabilità (per così
dire) atipiche, fondate sulla clausola generale di responsabilità dell’articolo 1 comma
1 legge n. 20 del 1994, ma anche con riferimento alle molteplici fattispecie di
responsabilità per danno all’erario direttamente tipizzate dal legislatore che non
presentino caratteri di specificità rispetto al generale sistema della responsabilità
patrimoniale per danno all’erario, costituendo in definitiva semplice applicazione a
situazioni ricorrenti nella prassi di principi più generali comunque già desumibili dal
sistema.

                                           15
Conclusioni differenti potrebbero forse valere con riferimento a talune
particolari fattispecie di responsabilità per danno all’erario (del pari tipiche)
caratterizzate da aspetti disciplinari singolari e da presupposti specifici, quali ad
esempio quelle di cui all’articolo 53 comma 7 e 7-bis del decreto legislativo n. 165
del 2001 o quelle di cui agli articoli 55 - quater e quinquies del medesimo decreto
legislativo: rispetto a tali fattispecie tipizzate, ai fini dell’imputazione soggettiva a
titolo di dolo potrebbe forse ancora ritenersi sufficiente la dimostrazione della
consapevole violazione degli obblighi di servizio da parte dell’agente, in quanto, per
effetto di una valutazione tipica operata direttamente dal legislatore, la
volontarietà della condotta antigiuridica attesterebbe ex sé anche la sussistenza
della volontà dell’evento dannoso.
        Del pari sembrerebbe potersi ritenere priva di portata innovativa la novella
in discorso per quanto concerne la fattispecie generale del danno all’immagine di cui
all’articolo 17, comma 30-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, tanto più che la prova
della volontà dell’evento dannoso sembrerebbe qui assolta già per effetto
dell’accertamento delle condotte delittuose nei confronti della pubblica
amministrazione riveniente dal giudicato penale di condanna.
        Evidentemente fuori dall’ambito di applicazione della novella rimarrebbero
poi le fattispecie di responsabilità di carattere puramente sanzionatorio, rispetto
alle quali del resto non sarebbe nemmeno tecnicamente configurabile un “evento
dannoso” da dimostrare.
        Da escludere pare, infine, l’incidenza della modifica normativa sulla
responsabilità contabile in senso stretto: ciò in ragione sia del riferimento della
norma su cui ha inciso (articolo 1 della legge n. 20 del 1994) alla sola azione di
responsabilità per danno all’erario sia del particolare regime probatorio che
caratterizza il regime giuridico della responsabilità degli agenti contabili a carico dei
quali si ritiene operante una vera e propria presunzione di colpevolezza in funzione
dell’ammanco, qualificata in termini di inversione legale dell’onere della prova.

       1.1.4 LA TEMPORANEA LIMITAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ PER
       COLPA GRAVE
        Problemi nuovi e del tutto particolari pone anche la previsione del secondo
comma dell’articolo 21 del Decreto Semplificazioni che, nel limitare in via
temporanea, sino al 31 dicembre 2021 (originariamente, sino al 31 luglio 2010) ai
soli casi di dolo - nell’accezione precisata nel paragrafo precedente - la responsabilità
dell’agente per le condotte causative di danno all’erario di tipo commissivo,
consente, nel periodo di tempo considerato, la contestazione e l’eventuale addebito
di responsabilità per colpa grave unicamente nei confronti di quei funzionari o
amministratori pubblici che abbiano causato danno all’erario tenendo condotte
omissive o inerti.
        La previsione in esame rappresenta l’esito attuale di un dibattito mai sopito,
ma salito prepotentemente alla ribalta negli ultimi tempi, inerente al tema della

                                           16
Puoi anche leggere