IL TESTAMENTO: PROFILI E QUESTIONI - CORSO DI DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI - A.A. 2015/2016 Prof. Giovanni Furgiuele
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CORSO DI DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI - A.A. 2015/2016 IL TESTAMENTO: PROFILI E QUESTIONI Prof. Giovanni Furgiuele con la collaborazione della Dott.ssa Giulia Tesi e del Dr. Marco Rizzuti
Prof. Giovanni Furgiuele DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI Lezioni a cura dalla Dr.ssa Giulia Tesi INTRODUZIONE 1. Brevi riflessioni sulla disciplina del rapporto successorio……………………………………………………….pag. 2 CAPITOLO 1 TESTAMENTO E LEGGE 1. Rilievi introduttivi……………………………………………………………………………………………………………….pag. 16 2. Considerazioni generali su testamento e legge……………………………………………………………………...pag. 20 3. Ipotesi specifiche di rapporto fra testamento e legge…………………………………………………………….pag. 27 1
INTRODUZIONE 1. Brevi riflessioni sulla disciplina del rapporto successorio. In questa breve introduzione faremo alcune riflessioni sulla materia testamentaria. Nel corso parleremo del testamento. Però i profili e le questioni attinenti al testamento verranno affrontati, comunque, avendo come riferimento lo Stato italiano. Questa considerazione iniziale e di partenza serve per delineare le fonti da cui scaturisce la disciplina del fenomeno che analizzeremo. Naturalmente, il riferimento alla disciplina dell’ordinamento giuridico dello Stato italiano rappresenta, al contempo, una caratteristica e un limite della nostra analisi. Non si esclude, infatti, che in altri ordinamenti prevalga un’impostazione, per certi aspetti e profili, diversificata. Tutto quanto finora detto è vero. Esiste, però, anche un Regolamento successorio europeo, approvato non molto tempo fa e, in ordine al quale si tendono a sviluppare profili di considerazione e valutazione sulla materia successoria, laddove si sia in presenza di situazioni di carattere particolare. Nello specifico, la tutela è prevista in ordine a soggetti che risiedono in un certo Stato, rispetto a beni che sono siti in uno Stato diverso. Esistono, infatti, delle situazioni particolari che necessitano di un contemperamento. Il Regolamento successorio europeo, quindi, predispone una disciplina per quelle situazioni in si ha una molteplicità di riferimenti. Pur non rifiutando l’utilità del suddetto Regolamento, è opportuno, fin da ora, sottolineare che i profili e le questioni che verranno affrontate nel corso avranno come riferimento esclusivo la disciplina prevista dal codice civile italiano. 2
Il codice civile è, quindi, il testo di riferimento, pressoché esclusivo, di ciò che avremo modo di considerare nel proseguo del corso. Quando si parla di testamento si fa, inevitabilmente, riferimento alla Successione testamentaria, successione testamentaria. Cosa significa testamento e successione successione legittima e tutela testamentaria? dei legittimari Significa che, in ordine a questa particolare situazione, per avere riferimenti di disciplina, si deve fare riferimento a ciò che è espresso nell’ambito della lettera del testamento. È il testamento che ci dice cosa deve essere seguito, nell’ambito delle situazioni di carattere particolare, successive alla morte di colui che è l’autore del testamento medesimo. In altri termini, la successione testamentaria identifica il testamento come fonte prioritaria di disciplina del rapporto di carattere successorio. Detto ciò, bisogna, anche, domandarsi se il testamento sia anche fonte esclusiva del rapporto successorio. Definire il testamento quale fonte principale del rapporto successorio, non significa dire che esso sia anche fonte esclusiva del rapporto successorio. Il testamento, infatti, potrebbe fare riferimento ad una pluralità di ipotesi e non ricomprendere, però, la totalità dei beni e dei rapporti che fanno capo al de cuius. I rapporti personali del defunto possono, nella sostanza, andare al di là della materia trattata dal testamento. In questi casi, si può avere una commistione di fatti: il testamento viene accompagnato dalla ulteriore fonte che è la legge. Si può, quindi, avere una successione testamentaria e una successione di carattere legale che è, appunto, disciplinata dalla legge e prevede condizioni di carattere particolare. 3
Accanto alla successione legittima e alla successione testamentaria, vi è, poi, un’ulteriore ipotesi. Non è detto, infatti, che la successione testamentaria debba essere ritenuta fonte esclusiva di disciplina perché esiste una categoria di soggetti – i legittimari – i quali hanno, comunque, diritto ad una porzione di eredità. Il de cuius, infatti, non può evitare che una certa parte del suo patrimonio ereditario sia destinato a vantaggio di soggetti specifici che, normalmente, sono i familiari più stretti. Quando si parla della posizione dei legittimari è spontaneo chiedersi quanto sia giusto tutto ciò, ovvero quanto sia giusta una disciplina che valuta i rapporti di carattere patrimoniale in una maniera particolare. Il soggetto titolare dei suddetti rapporti potrà disporne in una certa misura, ma non potrà dimenticare che esiste una tutela, di carattere familiare, che prevale circa la successiva titolarità di certi beni e rapporti. Non è possibile dire se ciò sia giusto o sbagliato; il fatto è che, in questi casi, il diritto si impone. Naturalmente, se ci poniamo nella logica del diritto di proprietà, è chiaro che ciò potrebbe non essere giusto. È la legge che, da un punto di vista della tutela, ritiene di dover preferire non esclusivamente la volontà del de cuius, ma anche altre posizioni. La morte del de cuius determina un passaggio di proprietà che, in una certa misura, fa riferimento alla volontà del defunto; se non c’è la volontà del de cuius, provvederà la legge in una certa maniera; se è presente la volontà del de cuius è, comunque, tutelata la posizione dei legittimari. Quando si parla di regola giuridica non è possibile evitare di considerare l’esattezza (o la non esattezza) della stessa. Vi possono essere una pluralità di approcci che possono dar luogo a diverse ipotesi. 4
Il sistema appena descritto è il frutto di una scelta che si impone perché proviene dall’ordinamento giuridico dello Stato. Questo è il primo profilo che segnaliamo e che riguarda il testamento e la successione testamentaria e i loro rapporti con la successione legittima e con la posizione dei legittimari. Vediamo, adesso, quali sono i principi generali in materia successoria. Principi generali in materia successoria Bisogna, infatti, partire dal presupposto che il testamento si colloca all’interno di uno schema generale di disciplina del rapporto successorio. Innanzitutto, occorre brevemente richiamare l’attenzione su come è articolata la disciplina del rapporto successorio, all’interno del Libro II del codice civile. La disciplina prevista dal Libro II, infatti, segue un certo schema che anticipa l’individuazione del concetto di testamento e della successiva regolamentazione della successione testamentaria. Esistono una serie di articoli, i quali danno una certa esposizione circa il modo con cui si deve valutare la disciplina del rapporto successorio. In altri termini, la disciplina della successione testamentaria non è il punto di partenza, ma è un elemento della sequenza della disciplina generale del rapporto successorio. Prima del testamento e della disciplina della successione testamentaria, vi è tutta l’altra parte che è prevista nell’ambito della disciplina generale del rapporto successorio ed è parte necessaria del discorso che affronteremo. Nell’ambito della disciplina generale del rapporto successorio vi è, innanzitutto, un primo profilo che individua esattamente come si deve porre il rapporto successorio stesso. Questo primo profilo è rappresentato dal divieto dei patti successori, Divieto dei patti successori di cui all’articolo 458 del codice civile. 5
In primo luogo, va detto che l’articolo 458 c.c. è formulato in maniera non totalmente perfetta, dal punto di vista espositivo. Nella norma si legge: “Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. E' del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi”. Da un punto di vista puramente letterale, il termine patti successori significa accordi che, come tali, scaturiscono da una duplice manifestazione di volontà. Quando si ragione nel senso di una visione che fa riferimento ad una pluralità di manifestazioni del volere, occorre chiedersi se i suddetti patti equivalgono al concetto di contratto. Non è detto che ci sia un’assoluta corrispondenza. Se si parla di patti come duplice manifestazione di volontà è evidente che non vi è alcuna diversità rispetto al contratto. Bisogna, però, fare un’ulteriore considerazione. Il patto in una compravendita (vendita dietro il pagamento di un prezzo) equivale totalmente al concetto di contratto: si ha un duplice accordo. Nel caso del patto successorio siamo all’interno di una situazione di questo tipo? In una situazione in cui un soggetto si impegna ad effettuare un testamento e l’altro accetta, chi è che si impegna: entrambi o uno solo? Con il patto successorio siamo di fronte ad una situazione in cui un soggetto effettua un qualcosa che rimane all’interno della sua sfera – il testatore – ed un altro soggetto che condivide. Tale situazione non è assimilabile all’idea del contratto inteso in senso rigoroso. Una cosa è il contratto in cui si hanno manifestazioni di volontà allineate sulla stessa posizione e, quindi, l’accordo è il 6
frutto della volontà concordata; altra cosa è l’ipotesi in cui si ha la manifestazione di volontà di un soggetto, alla quale l’altra parte non può far altro che aderire.1 Fatta questa premessa necessaria per chiarire il significato dei termini impiegati dal codice civile, torniamo a parlare specificatamente del divieto dei patti successori. Nell’ambito dell’articolo 458 c.c. si hanno due ipotesi. Una prima ipotesi – patti successori costitutivi – in cui è necessaria l’accettazione. Viceversa, nella seconda parte dell’articolo, sono previste delle ipotesi di patti successori che hanno carattere esclusivamente unilaterale – patti successori rinunziativi e dispositivi. Il divieto dei patti successori è un elemento fondamentale della disciplina generale del rapporto successorio. Esso caratterizza, in maniera specifica, il nostro ordinamento: in altri ordinamenti (per esempio, in Francia ed in Germania) si segue, infatti, una diversa impostazione. Come abbiamo visto, l’articolo 458 c.c. rinvia a quanto previsto dagli articoli 768 bis, e seguenti, codice civile. Ciò significa che si esclude dal divieto dei patti successori il cosiddetto patto di famiglia. Si tratta di un’apertura che si fonda sulla considerazione del patto di famiglia come ipotesi tipica di patto successorio. Tuttavia, non si può evitare di esprimere dubbi circa l’assimilazione fra patto di famiglia e patto successorio. La seconda caratteristica della disciplina generale del rapporto Il concetto di successione successorio riguarda il concetto di successione. 1L’impostazione suddetta è, in un certo qual modo, confermata dalle parole di Nicolò, in materia di donazione. L’Autore sosteneva che il donatario non può far altro che accettare. È chiaro, comunque, che, per rispettare la volontà del donatario, è necessaria la sua accettazione perché nessuno può imporgli niente. È altrettanto vero che quella situazione giuridica deriva, comunque, dalla manifestazione di volontà di una sola parte. Discorso diverso, chiaramente, vale nei casi in cui, come per esempio nella compravendita, è necessaria una duplice manifestazione di volontà. 7
La successione è quella situazione giuridica che si realizza nel momento in cui, rispetto alla titolarità di certi beni, il venir meno della persona proprietaria dei beni medesimi, dà luogo ad un fenomeno di sostituzione nella titolarità degli stessi. Viene, quindi, meno il diritto di proprietà di un soggetto perché esso scompare e al suo posto interviene un altro soggetto. Chi sia questo ulteriore soggetto lo si dedurrà dall’applicazione o delle norme relative alla successione legittima, o dalla norme relative alla successione testamentaria, oppure, eventualmente, rispetto alla successione testamentaria, dall’applicazione delle norme relative alla tutela dei legittimari. La successione implica un fenomeno di sostituzione: il diritto di proprietà viene meno perché scompare il titolare del diritto stesso, al suo posto interverrà o colui a vantaggio del quale si realizza la successione testamentaria, oppure il soggetto nei confronti del quale si realizza la successione legittima o dei legittimari. La terza caratteristica della disciplina generale del rapporto Eredità e legato successorio è data dalla presenza di due forme di sostituzione nella titolarità dei beni: l’eredità e il legato. Si tratta di principi di carattere giuridico. Cosa significa eredità? Eredità significa una successione in senso pieno, in modo tale che, rispetto alla titolarità di certi beni, avverrà la sostituzione a vantaggio di un altro soggetto. A livello di impostazione giuridica, però, occorre anche considerare l’ipotesi in cui non si ha un’unica situazione di carattere successorio a vantaggio di un solo soggetto, ma si hanno una pluralità di rapporti successori a vantaggio di una pluralità di soggetti. Su questa base, si tende a differenziare l’eventualità in cui quest’ultima ipotesi si realizzi in un caso a titolo di erede ed in un altro caso a titolo di legato. 8
A tal proposito, bisogna considerare il contenuto dell’articolo 588 c.c. – “Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare” – il quale così statuisce: “Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario. L'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”. La suddetta norma che sembra così perentoria è una norma di carattere giuridico, la quale detta dei criteri, la cui applicazione costituisce la premessa per farne dedurre, in un caso, la qualità di erede e, in un altro caso, la qualità di legatario. L’articolo 588 c.c., in altri termini, è una norma giuridica che, come tale, fa capo ad un processo di valutazione della disposizione testamentaria, nel senso che si devono distinguere due modalità di valutazione del rapporto: se il testatore ha disposto di un certo bene nella sua totalità, considerandolo come quota, quel singolo bene viene considerato come quota di eredità; se il testatore ha disposto del bene come singolo, esso verrà considerato a titolo di legato. È una valutazione, è un criterio di analisi. Siamo di fronte ad una disciplina di carattere giuridico che è impostata sulla diversità fra concetto di quota e concetto di singolo bene. Se il bene è stato attribuito come singolo bene, è un legato; se il bene è stato attribuito come quota dell’intero patrimonio, è eredità. La diversità dei concetti di eredità e legato, chiaramente, dà luogo ad una disciplina differenziata che è il frutto di una valutazione. Tale valutazione può essere semplificata se il testatore ha detto 9
chiaramente di voler attribuire certi suoi beni a titolo di erede o di legato; al contrario, nel caso in cui il testatore non sia chiaro, quel testamento, nell’ipotesi in cui si pongano dei problemi fra soggetti specifici, dovrà essere interpretato da parte dell’organo giudicante. In questi casi, l’interpretazione rappresenta una chiave di lettura che costituisce il modo per risolvere, da un punto di vista giuridico, una controversia. Non è detto, però, che la chiave di lettura, l’interpretazione offerta, nei singoli casi, dall’organo giudicante sia effettivamente quella giusta, o totalmente condivisibile. Come già detto, l’eredità ed il legato comportano conseguenze diverse. Innanzitutto, per quanto riguarda la nascita del nuovo titolo di proprietà. In tal senso, occorre tener presente il contenuto della disposizione adottata dal testatore che costituisce una premessa che, però, non esaurisce la questione. Ciò, perché il testatore individua una certa chiave, una certa soluzione, però, le suddette disposizioni testamentarie sono destinate a produrre effetti non tanto nell’ambito della sfera giuridica del de cuius, ma nella sfera giuridica del destinatario. Sarà, quindi, la manifestazione di volontà del destinatario che determinerà la chiusura definitiva del rapporto successorio. Per queste ragioni, quindi, è necessaria anche l’accettazione del destinatario, in quanto, nella visione di carattere generale, la disposizione del de cuius non risulta sufficiente. Nella sostanza, l’accettazione costituisce il momento di chiusura del rapporto successorio. Tralasciando, in questa sede, il fatto che sono previsti appositi termini di prescrizione entro cui deve essere resa l’accettazione, in termini generali, occorre sottolineare che essa può essere pura e semplice, o con beneficio d’inventario. 10
Anche la suddetta diversità fra accettazione pura e semplice e accettazione con beneficio d’inventario ha dei riflessi differenti. Nello specifico, l’accettazione con beneficio d’inventario implica un limite: colui che accetta con beneficio d’inventario risponderà dei debiti ereditari nei limiti della parte di patrimonio che proviene dal de cuius. Per concludere il discorso sui diversi concetti di eredità e legato, è prevista una diversa disciplina con cui si avrà il riparto del carico specifico dei rapporti che scaturiscono da queste ipotesi. Infine, occorre considerare due ulteriori ipotesi: una è la revoca del Revoca e rinunzia testamento; l’altra è la rinunzia al rapporto successorio. Si potrebbe, infatti, pensare che la disposizione testamentaria abbia carattere definitivo. In realtà, però, non è così. Nell’ambito della disciplina della successione testamentaria prevale una logica diversa che, in questo caso, appare degna di rispetto. Con il testamento, infatti, non si tratta di tutelare la sfera giuridica di qualcuno come, invece, avviene nell’ambito del rapporto contrattuale dove occorre tutelare sia la posizione del proprietario, che quella del destinatario. Viceversa, nell’ipotesi del testamento le cose sono diverse perché se, nell’ambito della vita del testatore, si registra un mutamento di volontà questo è pienamente libero, in quanto il rapporto successorio non si è ancora esaurito, ma si perfezionerà nel momento successivo alla morte del de cuius e a seguito dell’accettazione del destinatario della disposizione. Fino alla morte del testatore, il rapporto successorio non esiste e, quindi, non c’è una sfera di titolarità, prevista a vantaggio di un certo destinatario, che debba essere tutelata. Per questa ragione, nell’ambito della situazione relativa al rapporto di carattere testamentario, prevale il potere di revoca. Si tratta, nella 11
sostanza, di tutelare la posizione di colui che è, originariamente, autore di una disposizione testamentaria, il quale ha la possibilità di modificare la disposizione medesima. Pertanto, essendo questa la situazione, ciò che è stato realizzato oggi non è detto che debba essere considerato anche in futuro. Lo stesso discorso vale, anche, con riguardo alla rinunzia al rapporto successorio perché, nell’ambito di queste situazioni, non essendoci una necessaria contestualità (che è, invece, presente nell’accordo contrattuale) non vi è la necessità di tutelare la posizione della controparte. Altra situazione che deve essere considerata, nell’individuazione dei La divisione principi generali in materia successoria, è quella dell’eventuale contitolarità di certi beni. In questi casi, si deve passare attraverso la divisione, fra gli eredi, dei diversi beni. Le operazioni di divisione costituiscono un aspetto estremamente problematico perché ci troviamo di fronte ad una situazione di contitolarità che deve essere sciolta, con assegnazione della titolarità distinta, qualora il bene sia divisibile; viceversa, se il bene non è divisibile, si dovrà procedere alla vendita all’asta dello stesso con successiva suddivisione del ricavato. Vi è, poi, un’ulteriore considerazione da fare. Bisogna, infatti, fare L’interpretazione alcune premesse sul concetto di interpretazione. Nella attività di carattere giuridico, se c’è un concetto fondamentale per tutti e per tutte le branche del diritto, questo concetto generale è quello dell’interpretazione. Chi svolge l’attività di interpretazione deve farlo in modo intelligente, non soffermandosi, esclusivamente, sul testo delle norme. 12
Il testo della legge rappresenta soltanto una premessa dell’attività di interpretazione. In altri termini, il giurista deve saper interpretare e saper dare un senso. L’interpretazione è un problema perché non è detto che nel leggere un certo contesto letterale tutti siano in grado di concordare su di un’unica lettura interpretativa. Ci possono essere modalità diverse di espletamento della funzione interpretativa. La diversità fra giuristi, normalmente, è che non esiste, nei casi dubbi, un’unanimità generale e concordata di lettura interpretativa. In questi casi, il senso della norma è quello che risulta dallo svolgimento dell’attività interpretativa. Non a caso, quindi, l’attività di interpretazione caratterizza profondamente l’essenza del giurista. La disciplina dell’attività di interpretazione la si rinviene, in primo luogo, nell’ambito dell’articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile. esistono, poi, una serie di norme (articoli 1362 – 1371 c.c.) che disciplinano l’interpretazione del contratto. Questi sono, nella sostanza, tentativi per bloccare il margine di libertà che spetta all’interprete. Per quel che qui ci interessa, l’interpretazione costituisce anche un canale da cui scaturisce la vita di una regola adottata in sede testamentaria. Come vedremo, esistono tutta una serie di ipotesi, rispetto alle quali, dallo svolgimento di un’attività di interpretazione, scaturisce il senso da attribuire ad un determinato testamento. Quello appena descritto è il panorama dei principi, al cui interno si può collocare, in maniera significativa, la materia testamentaria. 13
Vediamo, adesso, quale sarà l’oggetto del corso. Per ovvi motivi, non verrà trattata tutta la disciplina del testamento. Nel corso verranno affrontati alcuni argomenti. Innanzitutto, il primo argomento concerne il rapporto che deve essere istituito fra testamento e legge. Ciò significa che l’autonomia testamentaria costituisce il fondamento di una certa disciplina, ma il testamento non è l’unica ipotesi di regolamentazione del rapporto successorio. Come già abbiamo detto, il testamento sussiste nell’ambito di un complesso di regole. C’è, nella sostanza, una disciplina di carattere legale che deve essere rispettata. Il potere di autonomia testamentaria non è liberissimo. Esso deve essere esercitato in una certa forma, secondo certe modalità e nel rispetto dei limiti previsti nell’ambito della situazione di carattere legislativo. In secondo luogo, si affronteranno le questioni relative alla cosiddetta capacità testamentaria. Rispetto a ciò, bisogna porsi nell’ambito della valutazione dell’idoneità di un certo soggetto ad esprimere la sua volontà testamentaria. Il terzo argomento sarà quello dell’autonomia testamentaria. In quest’ottica, il testamento è visto come esercizio di una situazione in termini di libertà, nel senso di adottare una certa disciplina di carattere specifico, circa li svolgimento del rapporto successorio. Tale impostazione implica la considerazione del testamento come negozio giuridico, ossia come espressione di libertà testamentaria. Sempre nell’ambito del carattere negoziale del testamento, si innesta il riferimento, come ulteriore argomento, alla fiducia e alla simulazione. Fiducia e simulazione come ipotesi che, quindi, devono essere considerate come situazioni che caratterizzano lo svolgimento dell’attività testamentaria. 14
Altro argomento sarà quello della clausola di diseredazione. Si tratta, come vedremo, di un argomento di carattere particolare che necessita di alcune considerazioni. Verranno, poi, esaminate le questioni relative alla sostituzione ordinaria e fedecommissaria che costituiscono ulteriori forme di manifestazione della libertà testamentaria del de cuius. Successivamente, ci soffermeremo sulle questioni inerenti alla revoca del testamento. Vi è, poi, il tema della invalidità ed inefficacia del testamento come ipotesi di inammissibilità di certe situazioni di carattere testamentario. A chiusura del corso, verrà affrontato il problema dell’interpretazione del testamento, ossia della valutazione delle questioni che si pongono nell’esercizio dell’attività di interpretazione in sede testamentaria. 15
CAPITOLO 1 TESTAMENTO E LEGGE 1. Rilievi introduttivi. Il primo argomento che verrà preso in considerazione è costituito dal riferimento al rapporto che intercorre fra testamento e legge. Sono, quindi, due momenti: uno è il testamento – vale a dire l’atto formato dal privato – l’altro è la legge – che è il frutto dello svolgimento dell’attività di carattere normativo. Per poter comprendere a pieno il rapporto fra testamento e legge, al Testamento e diritto di la del riferimento al concetto generico di legge, forse sarebbe più giusto, quantomeno inizialmente, parlare di testamento e diritto. Far riferimento al rapporto fra testamento e diritto significa costruire il rapporto in ordine alla valutazione che, in sede giuridica, viene effettuata dell’atto testamentario costituito dal privato. La valutazione, in sede giuridica, del testamento si riferisce, quindi, alla valutazione specifica dell’esercizio dei poteri che spettano ad un determinato soggetto. Parlare di testamento e diritto comporta la necessità di una preliminare precisazione. Parlare del diritto, o meglio ancora parlare del fenomeno giuridico significa parlare, non solo e non tanto di singoli atti espressivi di poteri legislativi, ma significa parlare con riferimento all’esercizio del potere di disciplina di determinate situazioni che scaturisce da singoli ordinamenti. Pensiamo, per esempio, al mondo degli zingari. Possiamo domandarci come vengono regolate, nel mondo degli zingari, le vicende successive alla morte di un determinato soggetto. Pensiamo, ancora, agli stranieri ed, in particolare, a coloro che provengono dall’Africa. Nella sostanza, pensiamo a tutti quei soggetti che vivono, al giorno d’oggi, 16
all’interno, anche, dell’ordinamento italiano. Attualmente, nell’ambito del nostro ordinamento, vivono una pluralità di soggetti e, quindi, bisogna chiedersi, quando ci si pone nella logica del controllo giuridico di un singolo atto testamentario, quale sia la valutazione che deve essere fatta. Un atto testamentario, praticamente, opera all’interno di un determinato ordinamento; e l’ordinamento italiano è uno degli ordinamenti, è uno dei profili, di carattere giuridico, tecnicamente esistenti in senso giuridico. È opportuno, quindi, chiedersi quale tipo di valutazione debba essere effettuata in ordine all’espressione del potere testamentario. In sostanza, non sappiamo se, per esempio, gli zingari fanno un testamento, però, quando ci poniamo nell’ottica della valutazione di un atto posto in essere dal privato, come è appunto il testamento, per ragionare in senso tecnicamente corretto, si deve far riferimento all’ordinamento all’interno del quale quel determinato atto è destinato a valere. Il discorso appena fatto ci porta a riaffermare un principio La relatività dei valori giuridici fondamentale che è quello della relatività dei valori giuridici. Valore giuridico significa, evidentemente, collocare una specifica situazione all’interno di criteri di valutazione espressi nell’ambito di singoli ordinamenti. Da un punto di vista giuridico, il concetto che viene prima non è il concetto di legge, ma è il concetto di ordinamento. Quelle sopra esposte sono valutazioni reali, non sono giuochi di parole. Quando ci poniamo nella logica della valutazione di un determinato atto, ci si deve, anche, chiedere all’interno di quale sfera di ordinamento è destinato a valere quell’atto. Dal momento che i valori giuridici sono espressi, certo, dai singoli Stati, ma anche da 17
comunità sovranazionali e in riferimento a settori specifici, è evidente la relatività dei valori giuridici medesimi. Questa premessa iniziale serve per evitare di sopravvalutare il rapporto fra testamento e legge: certo, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico, è così, però, non è detto che questo tipo di impostazione sia destinato ad esaurire la valenza di carattere giuridico, in ordine al rapporto fra atto del privato e sfera giuridica. Sempre da un punto di vista generale ed introduttivo, se pensiamo, per esempio, ad una coda questo cosa significa. Quando siamo in coda passa prima quello che è arrivato prima: l’ordinamento giuridico della coda prevede una precedenza con riguardo al momento di arrivo. Nella sostanza, è l’idea giuridica che regola il fenomeno della coda. Se questo è il fenomeno giuridico, quando si parla di testamento e legge ha una valenza la precisazione del fenomeno che consiste nel verificare all’interno di quale struttura si colloca il problema della valutazione, in termini giuridici, dell’atto testamentario. A questa prima precisazione occorre aggiungerne un’altra. Il La libertà testamentaria e il fenomeno della libertà testamentaria necessita, infatti, di ulteriori concetto di proprietà considerazioni. Quando si fa riferimento al testamento e lo si prende per buono, l’idea giuridica di testamento è un’idea basilare o consequenziale? In sostanza, è il testamento la base del fenomeno, oppure lo stesso è la conseguenza di un’altra valutazione? La libertà testamentaria precede la valutazione del fenomeno, oppure consegue ad una diversa valutazione dello stesso? Si ritiene che il testamento sia una conseguenza e non una premessa. Innanzitutto, bisogna ammettere una valenza giuridica del testamento. Il fatto che siamo distintamente proprietari di certi beni è la premessa da cui scaturisce, in ambito giuridico, il testamento. In 18
altri termini, il diritto di proprietà, di disponibilità di certi beni è la premessa da cui scaturisce il testamento: il diritto di proprietà di un certo bene, di un certo rapporto è ciò su cui si fonda l’esercizio della libertà testamentaria. La proprietà, infatti, è indubbiamente inerente alla vita di una certa persona, ma, nella concezione generale del diritto di proprietà, si ingloba anche il potere di disporre del bene oltre la morte del soggetto proprietario. In quest’ottica, il testamento non è la premessa del discorso, ma è il frutto di una valutazione, in forza della quale si ritiene che nel concetto di libertà e disponibilità di certi beni si debba anche collocare la manifestazione di volontà inerente ai rapporti giuridici successivi alla morte del titolare del diritto di proprietà. Questo modo di intendere il rapporto fra libertà testamentaria e diritto di proprietà porta con sé una valutazione che caratterizza la disponibilità dei poteri dei privati. Ciò significa che, probabilmente, si è ritenuto opportuno andare a favore del concetto della disponibilità dei beni attribuiti a titolo di proprietà dell’individuo, nel momento in cui si attribuisce a quell’individuo non soltanto la possibilità di godere, nel suo interesse, di quei beni, ma addirittura di determinarne le sorti per un momento successivo alla sua morte. Questo è il motivo per cui si ritiene che il testamento non è la premessa, ma è la conseguenza dei poteri che spettano al titolare del diritto di proprietà. 19
2. Considerazioni generali su testamento e legge. Dopo aver fatto le valutazioni preliminari di cui sopra, veniamo a considerare la relazione fra testamento e legge, intesa come manifestazione del potere che spetta allo Stato italiano. Per iniziare, in maniera completa, il discorso bisogna, innanzitutto, Articolo 587 c.c. prendere in esame il contenuto dell’articolo 587 c.c. – “Testamento”. All’interno del nostro codice civile si hanno, infatti, una serie di articoli, i quali sono destinati a disciplinare l’esercizio della libertà testamentaria. Nello specifico, l’articolo 587 c.c. è la massima espressione di quanto sopra detto, in quanto, in esso, è contenuta, nella sostanza, la definizione e l’immagine del concetto di testamento, nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano. Al primo comma dell’articolo in commento si legge: “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”. Questo primo comma, innanzitutto, stabilisce che il testamento è, innanzitutto, una manifestazione di volontà del soggetto che è autore del testamento medesimo che, come tale, è un atto privato. Sulla base di ciò che risulta dalla norma in commento, il testamento è, anche, un atto revocabile. In questo senso, a livello legislativo, si effettua una valutazione in termini di sottoposizione del testamento alla eventualità di un revoca dello stesso. In altri termini, nell’ambito della definizione di testamento si inserisce anche il concetto di revoca, per cui, il testamento è un qualcosa che caratterizza una certa manifestazione di volontà del soggetto privato che è rimessa ad un apprezzamento da parte dell’autore del testamento stesso. Il testamento, dopo essere stato formalizzato all’esterno, costituisce una manifestazione di volontà testamentaria che, però, potrebbe 20
anche cambiare nell’ambito della mente dell’autore. Se, però, il testatore si dimentica, prima del suo decesso, di formalizzare, attraverso la revoca, tale mutamento di volontà, la regolamentazione del rapporto successorio sarà, comunque, affidata al testamento nella suo formulazione originaria. In questo senso, è necessario valutare il rapporto fra manifestazione di volontà e forma con un certo realismo: nella valutazione legislativa, non si attribuisce preminenza alla manifestazione di volontà, ma si attribuisce valore decisivo alla formalizzazione sia di ciò che appare come testamento, sia di un’eventuale revoca. Nel primo comma dell’articolo 587 c.c. si dice, anche, che la libertà testamentaria può essere esercitata con riferimento a “tutte le proprie sostanze o di parte di esse”. Pertanto, è possibile avere un esercizio della libertà testamentaria, nel momento in cui il soggetto dispone di tutto il proprio patrimonio; oppure, si può avere esercizio della libertà testamentaria quando, in forma di testamento, si fa riferimento ad una parte del patrimonio del de cuius.2 Al secondo comma dell’articolo 587 c.c. si aggiunge: “Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale”. La norma di cui sopra, per essere meglio compresa, come vedremo, implica la necessità di fare riferimento ad ulteriori disposizioni da cui scaturisce l’attribuzione dell’esercizio della libertà testamentaria del testatore, in ordine a specifiche materie di carattere non patrimoniale. 2Vedremo, in seguito, che, anche nell’eventualità in cui non si sia disposto nulla circa la titolarità di certi beni, si possa, comunque, avere esercizio della libertà testamentaria. 21
Queste disposizioni hanno efficacia se contenute, come risulta dall’articolo 587/2 c.c., in un atto “che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale”. Dal secondo comma dell’articolo 587 c.c. scaturisce, quindi, una visione della libertà testamentaria in un senso non illimitato, ma, comunque, in un senso ulteriore, rispetto alla disposizione di carattere esclusivamente patrimoniale. Si può avere esercizio della libertà testamentaria, anche, con riferimento ad alcune situazioni di carattere non patrimoniale, laddove sussista un comando legislativo che lo consenta. In un caso di questo genere, il testamento avrà valore anche se mancano disposizioni di carattere patrimoniale. Nell’ambito della suddetta valutazione, il testamento costituisce uno strumento, attraverso il quale si manifesta una libertà di disposizione per un momento successivo alla morte del testatore. Dopo aver individuato il concetto di testamento che discende dal Testamento e contratto contenuto dell’articolo 587 c.c., soffermiamoci, adesso, sul rapporto fra testamento e contratto. Nella sostanza, bisogna cercare di comprendere se il testamento rappresenta un istituto autonomo, oppure se lo stesso possa essere assimilato, per analogia, al contratto. Per rispondere al suddetto interrogativo, occorre, innanzitutto, soffermarsi sul contenuto dell’articolo 1321 c.c., in virtù del quale il contratto “è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Secondo tale disposizione, da cui può scaturire una certa immagine della situazione contrattuale, il contratto è l’accordo, ossia il frutto di due manifestazioni di volontà coincidenti, le quali si manifestano in maniera analoga, in ordine a certi tipi di situazioni. 22
Quando si parla di accordo, in certi casi, perché si abbiano dei riflessi giuridici nella sfera di un determinato soggetto, in omaggio alla tutela della sua libertà, si rimette il prodursi dell’effetto giuridico alla sua volontà di accettare una situazione da altri espressa. Sia nel contratto che nel testamento, quindi, si ha una duplicità di manifestazioni del volere, però, contratto e testamento sono due cose diverse. Innanzitutto, per aversi contratto è necessario il riferimento alla materia patrimoniale. Il ragionamento in ordine al rapporto fra contratto e testamento deve essere ampliato facendo riferimento ad altre norme. In primo luogo, bisogna considerare il contenuto dell’articolo 1324 c.c. – “Norme applicabili agli atti unilaterali” – nel quale si dice che la disciplina del contratto può estendersi, se compatibile, anche agli atti unilaterali. Soprattutto, però, occorre fare riferimento a ciò che risulta previsto dagli articoli 1343 – 1345 c.c., in materia di causa del contratto. Nello specifico, all’articolo 1343 c.c. si disciplinano le cosiddette ipotesi di causa illecita. Secondo tale norma la causa è illecita quando è contraria “a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume”. Ciò significa che si può avere un contratto inammissibile quando lo stesso è contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Questo è, nella sostanza, il limite che opera nella materia contrattuale: si può avere esercizio della libertà contrattuale, purché si rimanga all’interno della valutazione in termini di ammissibilità che scaturisce da quanto espresso dall’articolo 1343 codice civile. Questo stesso limite, come vedremo, vale anche per il testamento. 23
Il medesimo discorso vale anche per l’articolo 1344 c.c. – “Contratto in frode alla legge” – secondo cui: “Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa”.3 Infine, le stesse valutazioni possono essere fatte, anche, per l’articolo 1345 c.c. – “Motivo illecito”. Dall’analisi delle suddette norme si evince una considerazione della materia contrattuale in termini restrittivi. La medesima logica di valutazione restrittiva vale anche per il testamento. Consideriamo, a questo punto, alcune ipotesi di esercizio della libertà Ipotesi di esercizio della libertà testamentaria. testamentaria Innanzitutto, facciamo riferimento all’articolo 2821 – “Concessione d’ipoteca” – che al secondo comma stabilisce che l’ipoteca volontaria non può essere concessa per testamento.4 Nella norma, dopo aver affermato che l’ipoteca volontaria può essere concessa per atto pubblico o per scrittura privata, si chiarisce che la stessa non può essere concessa per testamento. In questo caso, quindi, si limita il riferimento alla forma costitutiva dell’ipoteca volontaria, nel senso di ritenere che, fra i diversi tipi di manifestazioni del volere, non può essere ricompresa la manifestazione in forma di carattere testamentario. Con riferimento alla possibilità di disposizioni testamentarie a carattere non patrimoniale (articolo 587/2 c.c.), si devono considerare alcune ipotesi di esercizio della libertà testamentaria. 3 Il contratto in frode alla legge richiama alla mente il concetto di abuso del diritto perché, nella sostanza, esso rappresenta uno strumento per cercare di eludere l’applicazione di una norma imperativa. Si tratta, in altri termini, di un’ipotesi di abuso dell’esercizio della situazione giuridica. 4 L’articolo 2821 c.c. così recita: “L'ipoteca può essere concessa anche mediante dichiarazione unilaterale. La concessione deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità. Non può essere concessa per testamento”. 24
In primo luogo, il contenuto dell’articolo 254 c.c. – “Forma del riconoscimento” – così statuisce: “Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con un’apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo”. Pertanto, il riconoscimento del figlio può essere manifestato anche all’interno di un atto di carattere testamentario. Si tratta di una disposizione di carattere non patrimoniale che può essere riconosciuta e ammessa anche nell’ambito di un testamento. All’articolo 256 c.c. – “Irrevocabilità del riconoscimento” – si legge: “Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato”. Pertanto, il riconoscimento può essere contenuto all’interno del testamento, ma il medesimo riconoscimento, nell’ambito di questa ipotesi, non consegue al modo con cui si manifesta l’esercizio del potere di revoca. Ciò perché il potere di revoca del testamento non fa cadere la manifestazione di volontà da cui scaturisce il riconoscimento. Il ragionamento, quindi, si complica: c’è una disciplina della libertà testamentaria che prevede la revoca, ma, con riferimento alla modalità attraverso la quale si ha il riconoscimento, questa ipotesi non ricade all’interno del potere di revoca. Pertanto, in tali casi, prevale, in sede di apprezzamento legislativo, il riconoscimento e la manifestazione di volontà da cui esso scaturisce ha un valore, per così dire, eccezionale. 25
D’altra parte, il legislatore sceglie di attribuire efficacia al riconoscimento, non dal momento della revoca, ma dal giorno della morte del testatore. La normativa in questione è, chiaramente, il frutto di una scelta legislativa che dà origine ad una disciplina estremamente composita che, di fronte a scelte diverse, poteva anche sostanziarsi in modo diverso. Altra ipotesi è quella prevista all’articolo 348 c.c. – “Scelta del tutore” – il quale, al primo comma, così recita: “Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale. La designazione può essere fatta per testamento, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata”. Ed, ancora, l’articolo 424 c.c. – “Tutela dell’interdetto e curatela dell’inabilitato” – che al terzo comma prevede: “Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare individua di preferenza la persona più idonea all'incarico tra i soggetti, e con i criteri, indicati nell'articolo 408”. Anche questa è un’altra ipotesi che potrebbe essere ricondotta all’interno delle disposizioni di carattere non patrimoniale che possono essere inserite all’interno della scheda testamentaria. Infine, occorre porsi una specifica domanda. Poniamo il caso di un testamento che contiene una confessione. La confessione si impone rispetto all’eventuale revoca del testamento? Ed ancora, quali sono gli effetti di una confessione di un illecito penale o civile, al momento della morte del testatore? A tal proposito, una valutazione potrebbe essere fatta con riferimento al contenuto dell’articolo 2735 c.c. – “Confessione stragiudiziale” – nel quale si legge: “La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è 26
fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento, è liberamente apprezzata dal giudice. La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge”. Nella sostanza, in virtù della norma in commento, si riconosce un valore alla confessione contenuta in un testamento. Si tratta, però, di un valore non definitivo, in quanto il tutto è rimesso al libero apprezzamento del giudice. In sostanza, la confessione contenuta in un testamento non determina, in maniera irreversibile, l’ascrizione a carico del soggetto della responsabilità relativa al compimento di un certo fatto illecito. 5. Ipotesi specifiche di rapporto fra testamento e legge. Nel paragrafo precedente abbiamo considerato il rapporto fra testamento e legge in termini generali. A questo punto, analizziamo alcune ipotesi specifiche di rilevanza del fenomeno del testamento e della legge. In particolare, cinque sono le ipotesi che verranno prese in considerazione. Una prima ipotesi è quella che scaturisce dal divieto dei patti Il divieto dei patti successori successori di cui all’articolo 458 del codice civile. La situazione del testamento e della legge, naturalmente, implica la necessità di considerare anche l’ipotesi prevista dall’articolo 458 c.c., il quale, come abbiamo visto nella parte introduttiva, esclude l’ammissibilità dei patti successori. 27
Ci siamo già interrogati sul significato effettivo di tale norma e, soprattutto, sui dubbi che scaturiscono dall’utilizzazione del termine patto successorio. Bisogna, comunque, considerare che, negli ultimi tempi, sia da un punto di vista dottrinale che da un punto di vista giurisprudenziale, tende ad affermarsi una valutazione in termini restrittivi del divieto dei patti successori. Si tende, cioè, a circoscrivere le ipotesi di patti successori, ammettendo la possibilità di avere manifestazioni di volontà concordata anche in ambito successorio. Si registra, quindi, un’interpretazione restrittiva dell’articolo 458 c.c. e, in questo contesto, può inserirsi anche il contenuto degli articoli 768 bis, e seguenti, c.c., in materia di patto di famiglia, il quale, come abbiamo già detto viene considerato, probabilmente in maniera non totalmente esatta, un patto successorio ammesso. La seconda ipotesi specifica di rilevanza del fenomeno del testamento Testamento, successione e della legge riguarda i rapporti fra testamento, successione legittima legittima e tutela dei legittimari e tutela dei legittimari. Come abbiamo già avuto modo di dire, la prima modalità di regolamentazione del rapporto successorio è rappresentato dalla successione testamentaria, in cui, in ossequio alla libertà testamentaria, il testamento rappresenta la fonte del rapporto successorio medesimo. Accanto a questa modalità di regolamentazione della successione esiste la possibilità di far riferimento alla legge: in questi casi, la disciplina del rapporto successorio non scaturisce dal testamento, ma dalla legge (successione legittima). Pertanto, nella logica complessiva dell’ordinamento, prevale la necessità di determinare forme di successione. Da un lato, ci si rimette alla volontà del testatore – successione testamentaria. 28
Dall’altro lato, laddove non sussista il testamento, interviene la legge – successione legittima. In questo contesto, nell’ipotesi in cui si abbia il testamento, si deve, comunque, tener presente la necessaria tutela dei legittimari. A tal proposito, bisogna considerare il contenuto dell’articolo 42, comma 4, della Costituzione. Tale norma, come è noto, affronta, nell’ambito della Carta costituzionale, il problema della proprietà e, al quarto comma, si occupa delle questioni relative alla regolamentazione del rapporto successorio. Nello specifico, l’articolo 42/4 Cost. così recita: “La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”. La norma in commento, quindi, ammette una considerazione delle forme di successione, ma, per quanto riguarda la disciplina delle stesse, rinvia alla legge ordinaria. L’articolo 42/4 Cost., ad avviso di chi scrive, non implica l’obbligo di considerare esclusivamente la successione legittima e quella testamentaria. 29
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