I tumori primitivi del fegato: percorso diagnostico e strategie terapeutiche - Sabato 10 maggio 2014 ore 8.15-13.40 A. O. San Paolo Via A. Di ...

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I tumori primitivi del fegato: percorso diagnostico e strategie terapeutiche - Sabato 10 maggio 2014 ore 8.15-13.40 A. O. San Paolo Via A. Di ...
I tumori primitivi del fegato:
percorso diagnostico e strategie
terapeutiche
                          Sabato 10 maggio 2014
                              ore 8.15-13.40
                              A. O. San Paolo
                       Via A. Di Rudiní, 8 – Milano

n. evento 1834-95174
crediti n. 5
I tumori primitivi del fegato: percorso diagnostico e strategie terapeutiche - Sabato 10 maggio 2014 ore 8.15-13.40 A. O. San Paolo Via A. Di ...
I tumori primitivi del fegato:
 percorso diagnostico e strategie terapeutiche
                                  Sabato 10 maggio 2014
                                      ore 8.15-13.40
                                      A. O. San Paolo
                               Via A. Di Rudiní, 8 – Milano

                                    Coordinatore
                                   Prof. Paolo Foa
                               U.O. di Oncologia Medica
                 A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                                      Programma

8.15-8.45    Registrazione Partecipanti

8.45-9.00    Saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
             di Milano o di altro Consigliere da lui delegato

                   Inquadramento Clinico-Diagnostico

                                      Moderatori
                                 Prof. Paolo Foa
                                Prof. Massimo Zuin
                 Medicina VI – Epatologia e Gastroenterologia Medica
                 A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

9.00-9.15    Prof. Paolo Foa
             Introduzione

9.15-9.35    Dott.ssa Claudia Cigala
             U.O. Anatomia Patologica
             A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
             Aspetti istopatologici

9.35-9.55    Prof. Massimo Zuin
             Epidemiologia e sorveglianza

9.55-10.15   Dott. Andrea Crosignani
             Medicina VI – Epatologia e Gastroenterologia Medica
             A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
             Aspetti clinici
I tumori primitivi del fegato: percorso diagnostico e strategie terapeutiche - Sabato 10 maggio 2014 ore 8.15-13.40 A. O. San Paolo Via A. Di ...
10.15-10.35   Dott.ssa Emanuela Bertolini
              Medicina VI – Epatologia e Gastroenterologia Medica
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              La diagnosi ecografica

10.35-10.55   Dott. Nicola Flor
              U.O. di Radiologia Diagnostica e Interventistica
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              Il ruolo di TC e RMN

10.55-11.15   Intervallo

                                       terapia

                                     Moderatori
                           Prof. Gian Paolo Cornalba
                     U.O. di Radiologia Diagnostica e Interventistica
                  A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
                               Prof. Enrico Opocher
                     Chirurgia II Epato-bilio-pancreatica e Digestiva
                  A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

11.15-11.50   Dott. Fabio Melchiorre
              U.O. di Radiologia Diagnostica e Interventistica
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              La chemioembolizzazione transarteriosa (TACE)

11.50-12.10   Dott. Roberto Santambrogio
              Chirurgia II Epato-bilio-pancreatica e Digestiva
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              Dott. Giuseppe Franceschelli
              U.O. Radiologia Diagnostica e Interventistica
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              Il ruolo della radiofrequenza

12.10-12.30   Prof. Enrico Opocher
              La chirurgia

12.30-12.50   Dott. Daris Ferrari
              Dipartimento di Oncologia – U.S.D. Cure Palliative
              A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano
              La terapia medica

12.50-13.10   Prof. Paolo Foa
              L’approccio interdisciplinare: un esempio di percorso
13.10-13.40   Compilazione schede di valutazione e di verifica
Prof. Paolo Foa
                                 U.O. di Oncologia Medica
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                                    Introduzione

I tumori primitivi del fegato sono rappresentati nella quasi totalità dei casi (90%)
dall’epatocarcinoma e, per la quota residua, dal colangiocarcinoma.
Sono tumori più frequenti di quanto abitualmente ritenuto, costituendo per incidenza
il settimo tumore più frequente nei maschi e il tredicesimo nelle femmine e per
mortalità la quinta causa di decesso per i maschi e la settima per le femmine.
Questi dati evidenziano in entrambi i sessi un elevato rapporto tra mortalità ed
incidenza ad indicare una prognosi spesso infausta di questi tumori che rappresentano
quindi un problema di salute pubblica, con ripercussioni sanitarie rilevanti.
Mentre per il colangiocarcinoma i fattori di rischio non sono chiaramente definiti, è
ormai acquisito che cirrosi epatica, epatite B e C, consumo di alcol, sindromi
metaboliche quali obesità e diabete siano frequentemente associate all’ epatocarcinoma;
ciò richiede l’impostazione di specifiche strategie di sorveglianza per i soggetti
predisposti a questa tipologia di tumore.
Oltre che per i motivi sopra sintetizzati, i tumori primitivi del fegato rappresentano
una area di particolare interesse in relazione alla evoluzione sia delle procedure
diagnostiche che delle strategie terapeutiche, queste ultime progredite grazie alla
disponibilità di farmaci antitumorali innovativi e di sofisticate tecniche di radiologia
interventistica e di chirurgia.
    L’incontro “I tumori primitivi del fegato: percorso diagnostico e strategie
                        terapeutiche” si articola in due sessioni.

Nella prima sessione si affronteranno gli aspetti collegati al percorso diagnostico e all’
inquadramento sia cito-istologico che nosologico; verrà anche approfondito il tema di
particolare rilievo della sorveglianza dei soggetti a rischio per epatocarcinoma.
Nella seconda sessione verranno illustrate le strategie terapeutiche innovative oggi
disponibili, dalle procedure di radiologia interventistica, alla chirurgia epatica
laparoscopica, agli agenti biologici antitumorali, con particolare rilievo alle modalità di
impiego integrato di queste risorse.
L’obiettivo dell’incontro è quello di fornire una informazione agganciata alla pratica
clinica ed esauriente dei percorsi diagnostici e terapeutici di questi tumori.
Dott.ssa Claudia Cigala
                              U.O. di Anatomia Patologica
                  A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                              Aspetti istopatologici

Classificazione who dei tumori del fegato e delle vie biliari

Tumori epiteliali

BENIGNI (EPATOCELLULARI)
Adenoma epatocellulare
Iperplasia nodulare focale

MALIGNI (EPATOCELLULARI)
Carcinoma epatocellulare
Carcinoma epatocellulare variante fibrolamellare
Epatoblastoma
Carcinoma indifferenziato

BENIGNI (BILIARI)
Adenoma dei dotti biliari
Adenoma microcistico
Adenofibroma biliare

MALIGNI (BILIARI)
Colangiocarcinoma
Carcinoma misto epato e colangiocellulare
Neoplasia papillare intraduttale associata a carcinoma invasivo
Neoplasia cistica mucinosa associata a carcinoma invasivo
TUMORI NON EPITELIALI

BENIGNI
Angiomiolipoma
Emangioma cavernoso
Emangioma infantile
Pseudotumore infiammatorio
Linfangioma
Linfangiomatosi
Amartoma
Tumore fibroso solitario

MALIGNI
Angiosarcoma
Sarcoma embrionale
Emangioendotelioma epitelioide
Sarcoma di Kaposi
Leiomiosarcoma
Rabdomiosarcoma
Sarcoma sinoviale

TUMORI GERMINALI
LINFOMI
METASTASI

IPERPLASIA NODULARE FOCALE
L'iperplasia nodulare focale (INF) non è una vera e propria neoplasia, ma una risposta
iperplastica rigenerativa, secondaria ad un'anormalità vascolare.
E' la seconda patologia nodulare in termini di frequenza, dopo l'emangioma. Nel 80-
90% dei casi si sviluppa in donne nella III e IV decade e nei ¾ dei casi in donne che
hanno assunto contraccettivi orali, suggerendo il ruolo degli estrogeni nello sviluppo
di questa patologia.
Nei 2/3 dei casi la lesione è solitaria e asintomatica, scoperta incidentalmente durante
il riscontro diagnostico o durante esami diagnostici svolti per altri motivi.
Lesioni di grosse dimensioni possono dare dolore addominale e compressione degli
organi adiacenti.
In genere l'INF insorge su fegato sano e si associa all'angioma epatico nel 20% dei casi,
mentre la coesistenza con un adenoma è rara.
In sezione, l'aspetto macroscopico è generalmente pallido, di dimensioni variabili da
pochi mm a più di 10 cm di diametro, con margini ben delimitati, senza evidenza di una
capsula. La lesione ha generalmente una cicatrice centrale stellata, biancastra.
Dal punto di vista istologico, gli epatociti sono di aspetto benigno, privi di atipie
citologiche; la cicatrice centrale contiene uno o più vasi distrofici e numerose piccole
arteriole.

ADENOMA EPATOCELLULARE
L'adenoma epatocellulare colpisce più frequentemente donne in età fertile, l'80% delle
quali ha assunto contraccettivi orali. In genere insorge su fegato sano.
La presentazione clinica può includere dolore addominale, presenza di una massa,
emorragia intraperitoneale, anormalità dei test epatici, oppure può essere scoperto
casualmente durante esami diagnostici svolti per altri motivi.
In sezione, l'aspetto macroscopico è quello di un nodulo soffice e di aspetto omogeneo.
Possono essere presenti necrosi, congestione vascolare, emorragia e fibrosi. I margini
sono ben definiti, senza evidenza di una capsula. Il fegato circostante è generalmente
privo di alterazioni.
Dal punto di vista istopatologico, l'adenoma è costituito da epatociti privi di atipie
citologiche, senza evidenza di mitosi, organizzati in cordoni regolari. Il citoplasma è
normale, può contenere glicogeno o essere steatosico; mancano gli spazi portali.

EPATOCARCINOMA
L'epatocarcinoma (HCC) è il più frequente tumore maligno del fegato.
TIPI MACROSCOPICI
       Capsulato/non capsulato
       Massivo
       Peduncolato
       Diffuso
La maggior parte degli epatocarcinomi sono lesioni nodulari. In presenza di cirrosi,
l'HCC ha spesso una pseudocapsula fibrosa, mentre se il tumore insorge su fegato sano,
tende ad essere non capsulato. Generalmente ha una consistenza più soffice rispetto al
parenchima circostante e può essere unifocale o plurifocale.
Il termine massivo si utilizza quando l'HCC insorge come una massa molto
voluminosa, con o senza noduli satelliti.
Un altro sottotipo, il peduncolato, è definito come una massa tumorale che protrude
dalla superficie epatica, con o senza peduncolo.
Il tipo diffuso è raro e si utilizza quando numerosi piccoli noduli si distribuiscono in un
pattern diffuso che mima un fegato cirrotico.

TIPI MICROSCOPICI
       Trabecolare
       Pseudoghiandolare
       Solido
       A cellule fusate (sarcomatoide)
       A cellule chiare
       Fibrolamellare

L'HCC di tipo classico è costituito da cellule tumorali che assomigliano agli epatociti
“normali”. Lo stroma interposto è costituito da spazi vascolari similsinusoidali rivestiti
da un singolo strato di cellule endoteliali. Gli spazi portali sono assenti all'interno della
neoplasia, ma perifericamente possono essere presenti in quanto intrappolati dalla
neoformazione.
L'HCC può avere caratteristiche cito-architetturali diverse che possono coesistere
all'interno dello stesso tumore.
TRABECOLARE: è la forma più comune nei tumori ben differenziati o a medio grado
di differenziazione. Le cellule tumorali crescono in cordoni di spessore variabile,
separati da spazi similsinusoidali.
PSEUDOGHIANDOLARE: spesso in forma mista al trabecolare, le cellule tumorali si
aggregano formando delle “pseudoghiandole” o “pseudoacini”.
SOLIDO: spazi similsinusoidali assenti, è la forma più frequente nelle forme
scarsamente differenziate.
CELLULE CHIARE: cellule ricche in glicogeno, dd con carcinoma a cellule chiare del
rene.
TIPI SPECIALI: CARCINOMA FIBROLAMELLARE: rappresenta circa lo 0,5-0,9%
degli HCC, insorge nei bambini e nei giovani adulti. Insorge su fegato sano, nei 2/3 dei
casi nel lobo sinistro. L'eziologia e i fattori di rischio sono sconosciuti.
Dal punto di vista macrosopico tende ad essere giallastro o pallido, di consistenza dura,
nel 75% dei casi vi è la presenza di una cicatrice centrale. Dal punto di vista istologico
le cellule mostrano un citoplasma eosinofilo ricco in mitocondri, con nuclei vescicolosi
contenenti nucleolo evidente. Le cellule sono circondate da uno stroma fibroso.
CARCINOMA SARCOMATOIDE:                     costituito da cellule fusate, difficilmente
distinguibile da altre forme di sarcoma. La maggior parte degli HCC sarcomatoidi
coesiste con un HCC di tipo classico.
CARCINOMA INDIFFERENZIATO: raro, < 2% dei casi

GRADO ISTOLOGICO
Il grado istologico è basato sulla differenziazione tumorale (grado di anaplasia delle
cellule tumorali, presenza di mitosi). Nel caso degli HCC è suddiviso in una scala da I a
IV sec. Edmonson.
GRADO I: cellule con citoplasma abbondante e minime irregolarità nucleari.
GRADO II: presenza di nucleoli, irregolarità delle membranenucleari e ipercromasia.
GRADO III: aumento del pleomorfismo nucleare e nuclei angolati.
GRADO IV: marcato pleomorfismo, ipercromasia e presenza di cellule giganti.

IMMUNOISTOCHIMICA
Dal punto di vista immunoistochimico, le cellule del HCC sono positive all'anticorpo
HepPar1(>90% dei casi), la positività è meno frequente nei tumori scarsamente
differenziati. Inoltre l' HCC è spesso positivo per AFP (alfa-fetoproteina), fibrinogeno,
citocheratina 8,18, mentre è generalmente negativo per citocheratina 19, 20 e EMA.

LESIONI PRECANCEROSE
DISPLASIA A PICCOLE CELLULE: le cellule mostrano un aumento del rapporto
nucleo/citoplasma (diminuisce il citoplasma e aumenta il nucleo), pleomorfismo
nucleare lieve o moderato, iperomasia, basofilia del citoplasma. E' caratterizzata da un
aumento dell'attività proliferativa rispetto al parenchima circostante.
DISPLASIA A GRANDI CELLULE: aumentano le dimensioni nucleari e
citoplasmatiche con mantenimento del rapporto nucleo/citoplasma, presenza di
pleomorfismo nucleare, ipercromasia nucleare e multinucleazioni.
I noduli displastici si osservano spesso nei pazienti cirrotici, possono essere singoli o
multipli e le loro dimensioni possono variare da pochi mm a pochi cm, anche se
generalmente sono
EPATOBLASTOMA
Insorge in età pediatrica, entro i 2 anni di età, raramente dopo i 5 anni, con una
prevalenza nel sesso maschile. In genere si presenta come una massa singola, che
determina aumento di volume dell'addome, con una dimensione che varia dai 5 ai 20
cm.
Dal punto di vista istologico è costituito da epatociti embrionali e fetali, associati a
componente mesenchimale. La prognosi è infausta e la terapia chirurgica e radio-
chemioterapica.

METASTASI EPATICHE
I tumori che più frequentemente metastatizzano al fegato sono i carcinomi (colon-
retto, mammella e stomaco) e i melanomi. Dal punto di vista macroscopico possono
essere noduli unici o multipli. Spesso è presente necrosi, soprattutto nelle metastasi da
carcinoma colico. Dal punto di vista istologico la metastasi mantiene le caratteristiche
del tumore di origine per la diagnosi è di ausilio l'utilizzo di colorazioni
immunoistochimiche.
Prof. Massimo Zuin
                     Medicina VI – Epatologia e Gastroenterologia Medica
                     A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                          Epidemiologia e sorveglianza

I    tumori   primitivi     del   fegato    sono    rappresentati     nella     quasi   totalità’
dall’epatocarcinoma (HCC) (90%) e dal colangiocarcinoma (7-8%).
Nella maggioranza dei casi, l’HCC compare in un fegato affetto da cirrosi epatica e,
pertanto, i fattori eziologici delle due patologie coincidono largamente. In Italia la
causa più frequente di HCC nel periodo 2002-2008 è stata, secondo il database
ITA.LI.CA (che raccoglie i casi osservati consecutivamente e seguiti da 11 centri
italiani), l’infezione da HCV(49%), seguita dall’abuso alcolico (21%), dalla
combinazione di virus dell’epatite con alcol (12%) e dall’infezione isolata da HBV
(11%).
Il colangiocarcinoma e’ un tumore raro che rappresenta circa il 3% dei tumori
gastrointestinali: la sua incidenza e’ in aumento nell’ultimo ventennio mentre la
sopravvivenza non si e’ modificata (10% a 5 anni): i fattori di rischio variano a seconda
delle aree geografiche: in particolare nel Sud Est asiatico sono state chiamate in gioco
le infezioni parassitarie e da trematodi; nel mondo occidentale il fattore più importante
e’   rappresentato     dalla   colangite   sclerosante    primitiva    e      limitatamente   al
colangiocarcinoma intraepatico un ruolo sembra essere svolto dai virus epatitici.
Lo scenario epidemiologico dei tumori maligni primitivi del fegato sta cambiando:
nell’ultimo decennio l’incidenza dell’HCC e’ diminuita parallelamente alla riduzione
della prevalenza delle infezioni virali B e C         e tale riduzione non e’ compensata
dall’aumento proporzionale dei tumori che insorgono in corso di epatopatie
metaboliche quali la steatoepatite non alcolica associata o meno a cirrosi.
In ogni caso in Italia per incidenza il tumore primitivo del fegato e’ il 7° tumore più
frequente nei maschi (4% di tutti i tumori) e il 13° tumore più frequente nelle femmine
(2.3% di tutti i tumori) e costituiscono la 5a causa mortis per i maschi, la 7a causa
mortis per le femmine (4.5% delle cause neoplastiche). In entrambi i sessi il rapporto
incidenza mortalità è vicino a 1 ad indicare l’elevata mortalità in tempi brevi di questo
tumore.
Questi dati rendono ragione come il tumore epatico rappresenti sempre un problema di
salute pubblica con ripercussioni di carattere economico sanitario rilevanti.
Sulla base di queste considerazioni e con l’obiettivo di aumentare la sopravvivenza
attraverso una diagnosi precoce e conseguentemente un trattamento potenzialmente
più efficace sono raccomandati in tutte le linee guida programmi di sorveglianza che
nel caso specifico del tumore epatico sono facilitati dalla conoscenza della popolazione
a rischio (soggetti cirrotici) e dalla disponibilità di un esame diagnostico affidabile, non
invasivo e poco costoso quale l’ecografia.
Sono state infatti individuate categorie di pazienti a più alta incidenza di tumore
meritevoli (>1.5% anno), quindi, per il rapporto costo/efficacia favorevole di una
sorveglianza periodica ogni 6 mesi con l’ecografia da parte di personale esperto.
Una diagnosi precoce del tumore quando e’ ancora di piccole dimensioni consente
l’impiego di opzioni terapeutiche efficaci (chirurgia, trattamenti locali ) che possono
aumentare la sopravvivenza e/o ritardare la necessità del trapianto.
Dott.ssa Emanuela Bertolini
                      Medicina VI – Epatologia e Gastroenterologia Medica
                      A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                                La diagnosi ecografica

L’ecografia rappresenta l’esame diagnostico di base nel programma di sorveglianza dei
pazienti a rischio di sviluppare epatocarcinoma (HCC).
La sorveglianza va effettuata da personale esperto.
Il concetto dello “stetoscopio ecografico” o dell’ecografia decentrata, a latere e
estensione dell’attività clinica di base sta rapidamente evolvendo dalla teoria alla realtà;
tuttavia, nel caso della sorveglianza ecografica dei pazienti a rischio di HCC, è
assolutamente necessario ricorrere all’ecografia centralizzata.
La sensibilità della metodica, infatti, varia significativamente in rapporto all'esperienza
dell'operatore. (1)
Nel caso in cui si presentassero difficoltà tecniche tali da non consentire un’adeguata
esplorazione del fegato, il referto ecografico dovrà segnalare l’inadeguatezza
dell’indagine. Essa dovrà essere integrata/sostituita con TC o RM, in quanto
l’ecografia perde il ruolo di test di sorveglianza “adeguato”. (1 - 4)
L'intervallo di sorveglianza deve essere di 6 mesi.
Un monitoraggio più stretto, di 3 mesi è raccomandato solo in due casi:
a) dopo il riscontro di un nodulo piccolo, minore di 1 cm,
b) dopo resezione o terapia loco-regionale per altro HCC.
Ogni nodulo non presente alla precedente ecografia va considerato come un reperto
anormale che impone l'attivazione della "politica del richiamo".
La "politica del richiamo" diversifica le modalità di diagnosi del nodulo in relazione alle
sue dimensioni.
In caso di riscontro di un nodulo di dimensioni maggiori di 1 cm sarà necessario
effettuare un'indagine con mezzo di contrasto (CEUS/TC/RM). Se la lesione presenta
un aspetto caratteristico e un profilo contrastografico tipico (wash-in seguito da wash-
out) la lesione deve essere trattata come HCC. Se l'aspetto non è caratteristico o il
profilo vascolare non è tipico, effettuare un secondo studio contrastografico con la
metodica radiologica alternativa, oppure eseguire una biopsia della lesione.
Si precisa che la politica del richiamo e i criteri diagnostici in essa contenuti sono
considerati validi solo per i pazienti con cirrosi epatica o con epatite cronica HBsAg
pos nei quali il nodulo venga rilevato in corso di sorveglianza.
Nel paziente non cirrotico, la probabilità a priori che una lesione nodulare del fegato
sia un HCC non è nota con precisione, ma risulta minore rispetto al paziente cirrotico.
Pertanto, in assenza di cirrosi, la diagnosi di HCC si fonda sempre sull'accertamento
bioptico.
La CEUS può consentire la diagnosi di HCC, tuttavia l'aspetto di wash-in seguito da
wash-out può corrispondere, in una ristretta minoranza di casi (
Dott. Nicola Flor
                      U.O. di Radiologia Diagnostica e Interventistica
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                               Il ruolo di TC e RMN

La diagnostica per immagini tomografica gioca da tempo un ruolo chiave nella
gestione clinica del paziente epatopatico.
In particolare, TC e RM grazie rispettivamente all'elevata risoluzione spaziale e di
contrasto consentono di ottenere rappresentazioni di elevato dettaglio anatomico e di
fornire esaustive informazioni sulle lesioni focali epatiche.
Nella valutazione del più comune tumore primitivo epatico, l'epatocarcinoma, l'imaging
si contraddistingue per aspetti che possono essere differenti, e tuttavia inquadrabili in
reperti che tendono a variare dalla fase contrastografica precoce a quella tardiva.
Generalmente il paziente con epatopatia cronica che si sottopone all'imaging per
screening dell'HCC o nel follow-up di complicanze della epatopatia, presenta lesioni
tipicamente di piccole dimensioni (meno di 3 cm), di aspetto omogeneo.
In relazione al predominante apporto vascolare arterioso, la maggior parte degli HCC
di piccole dimensioni presenta un marcato contrast enhancement arterioso; il nodulo
appare viceversa iso o ipodenso (o ipointenso in RM) rispetto al parenchima adiacente
nella fase venosa portale. Tipicamente l'HCC è riconoscibile nella fase tardiva per una
focale ipodensità (o ipointensità). Il washout di contrasto dell'epatocarcinoma è
l'elemento chiave nella caratterizzazione di queste lesioni, distinguendole dalle altre
lesioni benigne che condividono l'enhancement arterioso.
Caratteristico dei piccoli epatocarcinomi è la possibilità di presentare un aspetto di
“nodulo in nodulo”, in particolare se il focolaio di HCC si sviluppa nel contesto di un
nodulo rigenerativo.
Dal punto di vista tecnico, è importante seguire protocolli di esame che favoriscano la
individuazione e caratterizzazione delle lesioni. In particolare, per ciò che concerne la
fase contrastografica arteriosa, è utile optare per una fase arteriosa “tardiva”; questa
fase infatti garantisce di visualizzare meglio l'eventuale focolaio di malattia rispetto
alla fase contrastografica arteriosa “precoce”.
Nel protocollo ideale, dopo la fase venosa portale non può mancare quella tardiva,
fondamentale per diagnosticare lesioni ancora prive di enhancement arterioso e per
differenziare l'HCC da lesioni benigne.
Nella scelta della metodica d'imaging, per ovvie ragioni di radioprotezione, la RM
dovrebbe essere la metodica di prima scelta, in particolare nel paziente candidato ad un
numero considerevole di esami di sorveglianza.
Rispetto alla TC, la RM offre il vantaggio della possibilità di utilizzare mezzi di
contrasto cosiddetti epatospecifici; utilizzando il mdc epato-biliare, la maggior parte
degli HCC si contraddistingue per washout tardivo. Un secondo vantaggio della RM è
legato alle potenzialità delle sequenza pesate in diffusione.
Alcuni HCC largamente infiltranti possono essere difficili da diagnosticare; lesioni di
ampie dimensioni sono inoltre spesse disomogenee per la coesistenza di aree
emorragiche e/o fibrotiche. Spesso le lesioni voluminose hanno una capsula, dei setti e
possono dare trombosi neoplastiche.
Va ricordata la possibilità che epatocarcinomi di piccole dimensioni possano, in una
percentuale compresa tra il 5 e il 10%, essere privi del caratteristico enhancement
arterioso.
Pur se TC e RM rappresentano metodiche accurate nella diagnosi di HCC, la diagnosi
differenziale con lesioni focali benigne può risultare delicata nel 15-20% dei casi; anche
per questo motivo, sono state proposte in Europa e in USA (EASL/AASLD) delle linee
guida per la diagnosi non invasiva dell'HCC nel paziente con epatopatia cronica.
Per il Radiologo è essenziale descrivere dettagliatamente la sede ed il numero delle
lesioni che presentano caratteristiche sospette, per facilitare la corretta opzione
terapeutica; tale valutazione deve includere la diagnosi di eventuali invasioni vascolari
o di metastasi.
Dott. Roberto Santambrogio

                               Dott. Matteo barabino

                                Prof. Enrico Opocher

               Unità complessa di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica e Digestiva
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

           La radiofrequenza laparoscopica nel trattamento
                         dell’epatocarcinoma

Il carcinoma epatocellulare (HCC), è il più frequente fra i tumori primitivi del fegato e
rappresenta la quarta neoplasia in ordine di frequenza a livello mondiale, con
un’incidenza di circa 250.000 nuovi casi l’anno. La maggioranza degli HCC si sviluppa
su una cirrosi virale o potus correlata, mentre sono sporadici i casi di tumori insorti su
fegato sano. Sembra che l’aumento d’incidenza registrato in questi ultimi anni nel
nostro paese, sia dovuto non tanto all’incremento della popolazione a rischio, quanto
alla migliore sorveglianza della stessa attraverso controlli clinici, biochimici ed
ecografici seriati.
L’epatocarcinoma presenta un comportamento molto aggressivo con un’aspettativa di
vita media, nei pazienti non trattati, di circa 6 mesi dalla diagnosi ed una
sopravvivenza a 5 anni minore del 3%. In caso invece la diagnosi sia stata precoce ed il
paziente sia stato sottoposto al trattamento ottimale che e’ quello chirurgico resettivo,
la sopravvivenza a 5 anni arriva al 75%.
Tuttavia solo una piccola percentuale di pazienti può beneficiare della resezione
chirurgica, in quanto al momento della diagnosi, il 70% degli HCC non è resecabile per
numero, dimensione o sede delle lesioni, oppure perché il paziente non è in buon
compenso di funzionalità epatica.
Quando la chirurgia resettiva non e’ fattibile vi sono principalmente due alternative
proponibili: la chemioembolizzazione arteriosa e la termoablazione mediante
radiofrequenza. La prima procedura viene gestita dai radiologi e prevede
l’incannulamento dell’arteria epatica attraverso l’accesso femorale e la successiva
iniezione di un chemioterapico nel territorio tributario del tumore.
La seconda metodica invece consiste nell’introduzione di un ago sotto guida ecografica
nella lesione epatica che viene poi “bruciata” mediante un meccanismo analogo a
quello presente nel forno a microonde, ovvero attraverso la generazione di una
ipertermia costante data dal passaggio di onde elettromagnetiche attraverso l’ago
vettore.
Questa metodica viene eseguita normalmente per via percutanea, generalmente dai
radiologi (foto1 A).

Foto 1. Metodica della radiofrequenza:              B. approccio laparoscopico
           A. Approccio percutaneo.

In ambito chirurgico, l’accesso per via laparoscopica rappresenta una valida alternativa
(Fig. 1B). La scelta della radiofrequenza laparoscopica rispetto a quella percutanea si
basa sul fatto che esistono delle situazioni specifiche in cui quest’ultima non e’
eseguibile in sicurezza, ed in particolare quando vi sono delle alterazioni della
coagulazione, tumori di grandi dimensioni, situati in profondità o adiacenti a visceri
cavi.
L’approccio laparoscopico viene eseguito in anestesia generale e permette
contemporaneamente di valutare la cavità addominale attraverso l’introduzione di una
microtelecamera, di eseguire un’accurata stadiazione ecografica del fegato (e cioè
scoprire la presenza di nuove lesioni invisibili agli esami preoperatori) ed infine di
bruciare la lesione. Nella nostra esperienza personale su 426 pazienti sottoposti ad
ecografia laparoscopica, la procedura e’ stata in grado di evidenziare nuovi noduli in 95
pazienti (22%), modificando la strategia terapeutica successiva nel 88% dei casi con
nuove lesioni.
La radiofrequenza laparoscopica si e’ dimostrata una metodica sicura ed efficace, con
una percentuale di necrosi completa sino del 94% ed un tasso di complicanze ridotto
(Tabella 1).
Tabella 1. Radiofrequenza laparoscopica:
confronto dei risultati fra le serie maggiormente rappresentative
 Autori               N°           Necrosi      Complicanze         Recidive       Controlli a
                      pazienti     (%)          (%)                 (%)            distanza
 Ido                  15           15 (100%)    0                   2 (13%)        16.8 m.
 Goletti              7            6 (86%)      0                   1 (14%)        17 m.
 Seki                 24           22 (92%)     3 (12%)             13 (54%)       18 m.
 Podnos               12           12 (100%)    1 (8%)              1 (8%)         7 m.
 Cuschieri            2            2 (100%)     0                   0              11.1 m.
 Chung                4            ---          0                   2 (50%)        8.2 m.
 Siperstein           4            ---          ---                 0              13.9 m.
 Machi                3            3 (10%)      1 (33%)             ---            6.8 m.
 Okano                6            6 (100%)     0                   3 (50%)        20.2 m.
 Topal                8            ---          1 (12%)             3 (37%)        ---
 Sakaguchi                                                          32 (8.2%)
                      391          …            …                                  …
 (multicentrico)                                                    locali
                                                                    266 (63%)
 Personale            426          387 (91%)    78 (18%)            130      (31%) 32.1 m.
                                                                    locali

Nella nostra casistica personale su 426 pazienti, uno dei fattori maggiormente
determinanti nell’ottenimento di un risultato efficace è risultato la dimensione della
lesione con una percentuale di necrosi completa che scende dal 95% al 85% per tumori
di diametro maggiore di 3 cm. Per aumentare l’efficacia della procedura, abbiamo di
recente sperimentato con ottimi risultati, la radiofrequenza nella stessa seduta
operatoria del vaso venoso afferente al tumore determinando così un’esclusione
vascolare dell’area da trattare e l’impiego delle microonde che permettono di ottenere
maggiori volumi di necrosi.
In conclusione presso l’Ospedale San Paolo e’ attualmente presente un pool di
specialisti che si occupa dello studio degli epatocarcinomi. I pazienti epatopatici a
rischio sono pertanto sorvegliati attentamente, e quelli affetti da epatocarcinoma sono
generalmente diagnosticati precocemente, beneficiando di conseguenza in base allo
stadio della malattia, sia del trattamento ottimale resettivo, sia di trattamenti
alternativi fra cui, in casi selezionati, la radiofrequenza laparoscopica, metodica efficace
e sicura che rappresenta un punto di forza della nostra Unita’ di Chirurgia
Epatobiliare.
Dott. Giuseppe Franceschelli
                        U.O. Radiologia Diagnostica e Interventistica
                    A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                           Il ruolo della radiofrequenza

Secondo i criteri del BCLC ogni singolo nodulo di HCC con diametro inferiore ai 3 cm
può essere trattato con resezione o ablazione: per quanto riguarda noduli con diametro
al di sotto dei 2 cm si procede al trattamento solo se l’imaging con mdc evidenzia un
comportamento “tipico”.
Non va dimenticato che l’unica vera terapia in questi Pazienti risulta essere il trapianto
di fegato; tutto il resto è palliativo.
In letteratura attualmente è dimostra l’efficacia terapeutica della ablazione percutanea
che equivale a quella della resezione, anche in termini di sopravvivenza.
Le metodiche di trattamento ablativo più comuni sono la radiofrequenza e le
microonde che determinano distruzione cellulare per effetto diretto del calore.
La scelta di utilizzo dell’una piuttosto che dell’altra tecnica dipende principalmente
dalle dimensioni, dalla morfologia e della sede delle lesioni.
Quando sede e caratteristiche somatiche del Paziente non permettono l’approccio
percutaneo, una valida alternativa risulta essere l’approccio laparoscopico.
Prof. Enrico Opocher
                      Chirurgia II Epato-bilio-pancreatica e Digestiva
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                                    La chirurgia

Attualmente una diagnosi precoce di malattia ed una strategia chirurgica resettiva
appropriata, garantiscono sopravvivenze a 5 anni ragguardevoli (70%) nei pazienti
affetti da epatocarcinoma su cirrosi. Il trapianto rappresenta in linea teorica una valida
alternativa alla resezione, curando non solo l’HCC ed eventuale ulteriori focolai occulti,
ma anche la malattia di base e riducendo pertanto il rischio di recidive. Tuttavia
esistono fattori che ostacolano la scelta di questa strategia, fra cui la scarsità di
donatori condizionante lunghe liste di attesa, l’elevato costo del trattamento, il rischio
di recidiva di malattia virale e non per ultima la recidiva neoplastica comunque
possibile dato lo stato di immunosoppressione di base [1]. Sopravvivenze poco
inferiori alla chirurgia (5-Y Surv 55%), vengono garantite dalla termoablazione, la cui
efficacia è inversamente proporzionale alle dimensioni della lesione, con necrosi
completa raggiunta nel 80-100% dei casi per noduli 5cm [1]. Inoltre trattandosi la termoablazione di un trattamento
locale, non è in grado di controllare l’eventuale presenza di satelliti peri lesionali,
rendendo conto pertanto dell’alto tasso di recidive locali ancora riportate in letteratura
(70-80%) [2].
Il principio della chirurgia resettiva nel paziente cirrotico è quello di essere radicale ma
al tempo stesso conservativa, al fine di garantire un risultato oncologicamente corretto
nel rispetto del parenchima epatico residuo “sano”. Eseguire un intervento radicale in
questo ambito non significa come per altri distretti, asportare il tumore lasciando un
margine di resezione sicuro esente da malattia sulla trancia, ma impone, partendo dal
presupposto di una diffusione portale tumorale, di asportare tutto il distretto
parenchimale tributario del ramo portale interessato dal tumore al fine di includere nel
pezzo operatorio anche gli eventuali foci micro-embolici satelliti. Questa filosofia, da
una parte spiega come questa chirurgia sia fattibile solo se eco-guidata da parte di
un’equipe di chirurghi specializzati epato-biliari, e dall’altra rende ragione del minor
tasso di recidive locali che si registra nei pazienti sottoposti a resezione anatomica
rispetto a quelli sottoposti a termoablazione.
La chirurgia resettiva dell’HCC oggi è da considerarsi sicura con tassi di morbilità e
mortalità contenuti (morbidità 20-30% e mortalità 2-3%), grazie a conoscenze
anatomiche sempre più accurate, all’ausilio dell’ecografia in sala operatoria quale
costante guida alla resezione, ed alla possibilità di avvalersi di strumenti sofisticati di
transezione parenchimale (bisturi ad ultrasuoni, dissezione a frammentazione
ultrasonica, etc), volti all’ottimizzazione dei tempi chirurgici ed al contenimento delle
perdite ematiche [3-4]. Sempre nell’ottica di una chirurgia sicura, conservativa, ma
efficace, negli ultimi anni la laparoscopia ha riconosciuto un notevole sviluppo
nell’ambito del trattamento dell’HCC. Questo approccio minivasivo ha valore solo se in
grado di garantire una resezione nel rispetto degli stessi principi validi per la chirurgia
open (rispetto dell’anatomia e prevenzione del sanguinamento). Vi sono indicazioni
ottimali alla laparoscopia, quali piccoli tumori in segmenti favorevoli (anteriori) in
pazienti ad elevato rischio per una chirurgia aperta tradizionale. Questo tipo di
approccio richiede comunque un’equipe dedicata ed ulteriore expertise legata alla
difficile curva di apprendimento dell’ecografia laparoscopica, più complessa da
interpretare rispetto alla tecnica open.
Qualunque sia l’approccio perseguito, il candidato ideale alla resezione epatica, è quello
che presenta un nodulo singolo di piccole dimensioni (
Bibliografia

1. Graf D, Vallbohmer D, Knoefel T. Multimodal treatment of hepatocellular carcinoma. Eur
   J Internal Med 2014, in press
2. Farinati F, Giacomin A, Vanin V,          Cillo U.Liver transplantation for hepatocellular
   carcinoma in clinical practice: the lesson from a 20-year multicentre experience in Italy.
   Eur J Gastr Hep 2012, 24: 195-202
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   Azoulay D Cherqui D. Hepaic resection for hepatocellular carcinoma in patients with
   Child-Pugh’s A cirrhosis: is clinical evidence of portla hypertension a contraindication?
   HPB 2013: 78-84
Dott. Daris Ferrari
                    Dipartimento di Oncologia – U.S.D. Cure Palliative
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                                 La terapia medica

I principali fattori di rischio per l’insorgenza dell’epatocarcinoma (HCC) sono le
infezioni croniche da virus dell’epatite B e C, l’eccessivo consumo di alcool,
l’esposizione ad aflatossina e alcuni rari errori del metabolismo quali l’emocromatosi
ereditaria, la cirrosi biliare primitiva, il deficit di alfa-1 antitripsina, la malattia di
Wilson e la porfiria cutanea tarda.
Nel caso di malattia localizzata il trattamento chirurgico, la termoablazione, la
chemioembolizzazione intra-arteriosa (TACE) o il trapianto di fegato hanno
dimostrato di essere altamente efficaci. Nel caso di pazienti già trattati con procedure
loco-regionali e con malattia in progressione o con malattia metastatica è necessario un
trattamento sistemico. Nel corso degli anni è stata valutata l’efficacia di numerosi
chemioterapici che hanno dimostrato modesta efficacia nell’ottenere risposte cliniche
significative e dubbio impatto sulla sopravvivenza globale. i farmaci più efficaci sono
l’adriamicina e il cisplatino, anche in combinazione. Benchè siano documentati casi di
risposta patologica completa verificati con chirurgia successiva alla chemioterapia, il
trattamento sistemico in pazienti spesso clinicamente compromessi è difficilmente
proponibile nella maggior parte dei casi.
Nello studio randomizzato di fase III SHARP è stata valutata l’efficacia di sorafenib, un
inibitorie multichinasico in grado di inibire la proliferazione cellulare e l’angiogenesi,
rispetto alla sola terapia di supporto in pazienti con malattia avanzata. I pazienti in
buone condizioni generali e buona funzionalità epatica (Child A) la sopravvivenza
mediana è stata di 10.7 mesi rispetto a 7.9 mesi nel gruppo placebo con una riduzione
significativa del rischio di morte del 31%. Un analogo risultato è stato ottenuto in una
popolazione asiatica, in cui il rischio di morte è stato ridotto del 32% con l’impiego del
farmaco. Attualmente il sorafenib costituisce il trattamento iniziale standard per la
malattia avanzata non suscettibile di trattamenti loco-regionali.
I tumori delle vie biliari sono colangiocarcinomi che possono originare dalle vie biliari
intraepatiche o extraepatiche.
I fattori di rischio non sono completamente definiti ma fra questi sembrano importanti
i fenomeni di flogosi cronica come tipicamente avviene nella colangite sclerosante
primitiva, l’epatite da virus C, i calcoli e le cisti del coledoco o le infezioni parassitarie
epatiche. Il trattamento delle forme iniziali è chirurgico, purché vi siano concrete
possibilità di resecare radicalmente la neoplasia. Il trattamento chemioterapico
adiuvante con gemcitabina è consigliato nelle forme più avanzate (stadio T2 e oltre) in
analogia con quanto suggerito da studi effettuati nei tumori pancreatici, ma al
momento non sono disponibili studi randomizzati condotti esclusivamente sui
colangiocarcinomi.
Per la malattia avanzata i farmaci dimostratisi utili nel rallentare la progressione di
questa neoplasia scarsamente chemiosensibile sono il 5-fluorouracile, la gemcitabina, il
cisplatino e l’oxaliplatino. Attualmente lo standard terapeutico, nei pazienti in buone
condizioni generali, prevede la combinazione di cisplatino e gemcitabina. Infatti in uno
studio randomizzato di fase III la combinazione si è dimostrata superiore alla sola
gemcitabina in termini di sopravvivenza libera da progressione (8 vs 5 mesi, HR 0.63)
e di sopravvivenza globale (11.7 vs 8.1 mesi, HR 0.64). I pazienti che progrediscono
dopo la prima linea di trattamento raramente rispondono ai trattamenti di seconda
linea, spesso difficilmente proponibili per il rapido declino clinico legato
all’aggressività della neoplasia.
Numerosi sforzi sono in corso nell’ambito della ricerca farmacologica per individuare
agenti biologici in grado di modificare il decorso dei colangiocarcinomi. A tutt’oggi
sembra promettente l’associazione di un anti-EGFR come il panitumumab alla
chemioterapia (12.9 mesi di sopravvivenza mediana in uno studio di fase II) ma né gli
agenti antiangiogenetici, né gli inibitori di tirosin-kinasi hanno dimostrato efficacia in
studi clinici randomizzati.
Prof. Paolo Foa
                                 U.O. di Oncologia Medica
                   A.O. San Paolo – Polo Università degli Studi di Milano

                         L’approccio interdisciplinare:
                            Un esempio di percorso

Nell’ambito dei tumori primitivi del fegato la necessità di un confronto
interdisciplinare che porti a percorsi diagnostico-terapeutici condivisi riguarda sia la
fase diagnostica che quella della decisione terapeutica.
Anatomo-patologo, radiologo, epatologo, oncologo medico, radiologo interventista,
chirurgo epato-biliare sono tutte figure essenziali per definire un percorso di diagnosi e
stadiazione razionale, basato sulla conoscenza della storia naturale della malattia e
sulle caratteristiche del singolo caso. Ancora, epatologo, oncologo medico, radiologo
interventista, chirurgo epato-biliare sono gli specialisti indispensabili per un confronto
che porti alla definizione della strategia di cura ottimale.
Presso la A.O. San Paolo è da tempo attivo un gruppo interdisciplinare dedicato ai
tumori primitivi del fegato.
Nell’ambito di riunioni settimanali si procede alla discussione dei nuovi casi e per
ciascuno di essi si elabora uno specifico percorso diagnostico-terapeutico.
L’approccio metodologico della valutazione interdisciplinare offre ai pazienti la
garanzia che tutte le diverse opzioni di diagnosi, stadiazione e cura vengano
adeguatamente considerate e che i percorsi assistenziali proposti siano omogenei,
indipendentemente dallo specialista iniziale a cui il paziente è stato riferito.
Tab 1. GRUPPO ONCOLOGICO INTERDISCIPLINARE TUMORI TESTA-COLLO:
                            STADIAZIONE

Tab 2. GRUPPO ONCOLOGICO INTERDISCIPLINARE TUMORI TESTA-COLLO:
                  TERAPIA TUMORI OROFARINGE

                      STANDARD                 INDIVIDUALIZZATO

 Stadio I
                                                     Chirurgia +
 T1N0                 ERT: IMRT da preferire   cCT/RT se HR

 Stadio II

 T2N0                 ERT: IMRT da preferire         Chirurgia +
                                               cCT/RT se HR

 Stadio III, IVA

 IVB                  cCT/IMRT                       Chirurgia + RT
                                                     Chirurgia +
 RISCHIO BASSO                                 cCT/RT se HR
                                                     IMRT + Cet

 Stadio III, IVA

 IVB                  cCT/IMRT                        TPF  cCT/IMRT
                                                      IMRT + Cet
 RISCHIO INTERMEDIO                                   Chirurgia + RT
                                                      Chirurgia +
                                               cCT/RT se HR
Tab 3. Scheda Paziente

Paziente

Età

Recapiti telefonici

Diagnosi

Stadio

Esame istologico

Anamnesi oncologica

Comorbidità

Esito discussione
interdisciplinare

Data
APPUNTI
APPUNTI
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