I Piani Casa regionali e le competenze dei Comuni - Amazon S3

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I Piani Casa regionali e le
competenze dei Comuni
I Piani Casa regionali, norme di carattere straordinario e
transitorio, a seguito di proroghe e integrazioni tendono a
diventare strutturali, con un crescente impatto sulle
competenze dei Comuni in tema di governo del territorio, una
funzione fondamentale dell’autonomia locale che, in base alla
Costituzione e al principio di sussidiarietà, è oggetto di
legislazione esclusiva dello Stato e non può quindi essere
eccessivamente compressa da parte della legislazione
regionale.

Il Piano Casa nazionale varato nel 2009 ha generato, in quasi
dieci anni di applicazione, una folta produzione normativa a
livello regionale, suscitando anche questioni di illegittimità
costituzionale e contenziosi tra Comuni e Regioni. In
particolare, il tema delle competenze nella materia governo
del territorio ha segnato la discussione intorno alle
normativa dei vari piani casa regionali, che si estende su tre
livelli normativi, come ha ricordato la Corte Costituzionale,
nella sentenza n. 121 del 26 marzo 2010:

     il primo livello normativo è quello statale, con
     l’approvazione di un piano nazionale per il rilancio
     dell’edilizia abitativa, che ha inteso disciplinare la
     determinazione di facilitazioni, semplificazioni e
     incentivi agli interventi edilizi, determinando
     principi, condizioni e parametri che dovrebbero
     garantire l’uniformità dei criteri di applicazione su
     tutto il territorio nazionale;
     il secondo livello normativo riguarda la programmazione
     e la determinazione degli interventi di edilizia
     residenziale pubblica, che ricade nella materia governo
     del territorio, a cui concorrono le Regioni; a tale
     riguardo, i Piani Casa regionali, norme all’origine e
formalmente di carattere straordinario e transitorio,
     tendono in alcuni casi a diventare strutturali,
     attraverso successive proroghe integrazioni nella
     normativa ragionale, creando un parallelismo imperfetto
     con la normativa statale, richiamata come riferimento
     generale e limite all’applicazione degli interventi
     previsti nei piani stessi;
     il terzo livello normativo concerne il principio di
     sussidiarietà (art. 118, comma 1, Cost.), secondo il
     quale ai Comuni devono essere assicurate tutte le
     funzioni di pianificazione e di vigilanza che non
     necessitino di esercizio sovracomunale. La legislazione
     regionale dovrebbe individuare gli interessi che vanno
     amministrati nei piani regionali e provinciali, in
     quanto essenziali per le rispettive comunità,
     riconoscendo i Comuni come “principali titolari dei
     poteri pianificatori in materia urbanistica nonché dei
     poteri gestionali” (Corte Costituz., n. 196/2004). È
     invece avvenuto il contrario: una drastica sottrazione
     di poteri ai Comuni, con la deroga agli strumenti
     urbanistici, mitigata con la concessione di ridotti
     tempi e modalità di intervento sull’applicazione delle
     disposizioni regionali.

Sul tema dei piani casa abbiamo realizzato un focus a fine
2016, ma la materia è, come molte altre, in continuo divenire.

Approfondimenti
Guida alle pratiche edilizie
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Un nuovo prontuario che organizza e documenta la normativa sui
titoli abilitativi edilizi, sulla base del testo aggiornato
del D.P.R. n. 380/2001 e delle normative specifiche regionali,
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Piano casa, il rapporto tra regioni
e comuni
In questo articolo si esamina in particolare l’impatto dei
Piani Casa regionali sulle competenze comunali di gestione del
territorio, una funzione fondamentale dell’autonomia dei
Comuni, che, in base all’art. 117, 2 c., lett. p, Cost., è
oggetto di legislazione esclusiva dello Stato e non può quindi
essere eccessivamente compressa da parte della legislazione
regionale, che non può in alcun caso rendere inoperanti i
piani urbanistici comunali, privandoli di adeguati ed
effettivi spazi di manovra, bensì deve limitarsi a prevedere
la sottrazione di alcune competenze in considerazione di
“concorrenti interessi generali, collegati ad una valutazione
più ampia delle esigenze diffuse nel territorio” (Corte
costituz. n. 378/2000).
A tal proposito giova ricordare che “il potere dei Comuni di
autodeterminarsi in ordine all’assetto e alla utilizzazione
del proprio territorio non costituisce elargizione che le
Regioni, attributarie di competenza in materia urbanistica,
siano libere di compiere. Si tratta invece di un potere che ha
il suo diretto fondamento nell’art. 128 della Costituzione,
che garantisce, con previsione di principio, l’autonomia degli
enti infraregionali, non solo nei confronti dello Stato, ma
anche nei rapporti con le stesse Regioni, la cui competenza
nelle diverse materie elencate nell’art. 117, e segnatamente
nella materia urbanistica, non può mai essere esercitata in
modo che ne risulti vanificata l’autonomia dei Comuni” (Corte
Costituz. n. 83/1997).

Le norme regionali non dovrebbero consentire l’autorizzazione
di trasformazioni (rilevanti come nella materia urbanistico-
edilizia) che non siano il frutto di una preventiva, adeguata
e specifica ponderazione degli effetti sul territorio e sulla
collettività insediata, attraverso un procedimento ispirato a
rigidi criteri di pubblicità e imputato a organi che siano
espressione diretta della collettività interessata. I Piani
Casa regionali possiedono tali requisiti? Pur con
l’indicazione dei casi di esclusione (centri storici, aree
naturali protette o tutelate come beni culturali o a rischio
idrogeologico e sismico, zone costiere, difformità del titolo
edilizio, abusivismo ecc.) le norme in questione si pongono
come direttamente esecutive e ammettono da parte dei Comuni la
mera funzione di controllo e vigilanza, concedendo solo brevi
termini per deliberare nel merito del campo di applicazione.

Ecco la situazione nelle regioni che hanno mantenuto in vigore
un Piano Casa, con riguardo specifico ai limiti urbanistici e
al ruolo dei Comuni, con alcuni casi di deliberazioni comunali
mirate a limitare e condizionare l’automaticità degli
interventi.
Piano Casa Abruzzo
L’Abruzzo con la legge regionale n. 16/2009 modificata dalla
Lr n. 10/2010, è l’unica regione che prevede un assenso
esplicito da parte degli enti locali all’applicazione della
legge regionale che istituisce il Piano Casa. L’autonomia
comunale consisteva nella possibilità dei Comuni di deliberare
entro il 31 luglio 2010 se applicare o meno il Piano Casa sul
loro territorio,    determinare esclusioni nonché stabilire
limiti differenziati alle possibilità di ampliamento.

Come limiti urbanistici agli ampliamenti sono considerati: la
coerenza architettonica e progettuale, la certificazione
antisismica nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2,
l’esistenza di opere di urbanizzazione primaria ovvero al loro
adeguamento in ragione del maggior carico urbanistico.

Le demolizioni e ricostruzioni, con aumenti fino al 35% della
superficie utile esistente, sono consentiti anche su aree
diverse non a rischio idrogeologico purché a ciò destinate
dagli strumenti urbanistici e individuate entro il 27 dicembre
2009 da deliberazione del Consiglio comunale.

Piano Casa Basilicata
In Lucania vige sul tema del piano casa la legge regionale n.
25/2009. I premi di cubatura, ovvero di Superficie utile lorda
(Sul), ad incremento delle volumetrie consentite, presuppone
il recepimento da parte del Comune nella normativa di
attuazione dello strumento urbanistico, e comunque nel
rispetto dei limiti di distanze e di altezze indicati dagli
strumenti urbanistici vigenti, nell’ordine del 2% delle
volumetrie stesse, ovvero dello 0,70% della Sul.

Interventi straordinari di riuso del patrimonio edilizio sono
consentiti in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, di
riutilizzo a fini volumetrici di superfici coperte e libere
dei piani terra di edifici esistenti, per le seguenti
destinazioni d’uso:

     parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
     immobiliari;
     alloggi sociali;
     alloggi per persone con disabilità;
     nuove unità immobiliari di superficie complessiva non
     inferiore a mq 45.

I Comuni, entro 90 giorni dalla entrata in vigore della legge,
potevano:

     perimetrare ulteriori ambiti e tessuti in cui non è
     consentito realizzare gli interventi, sulla base di
     specifiche valutazioni di carattere urbanistico,
     edilizio, paesaggistico;
     individuare limitate parti del territorio nelle quali le
     disposizioni sugli interventi non trovano applicazione;
     derogare alle previsioni della legge regionale, con
     parere vincolante della Regione.

Piano Casa Calabria
Sul fronte calabrese la normativa relativa al piano casa è
molto ricca: il tema infatti è stato trattato nella legge
regionale n. 21/2010 modificata dalle leggi regionali 25/2010,
7/2012, 18/2012, 23/2013, n. 23, 4/2015 e dalla Deliberazione
n.167 del 21 dicembre 2016.

L’esecuzione di interventi di razionalizzazione del patrimonio
edilizio esistente, di riqualificazione di aree urbane
degradate, di sostituzione edilizia, di ampliamento e di
demolizione e ricostruzione di edifici esistenti possono
essere realizzati non solo in deroga alle previsioni dei
regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e
territoriali comunali, provinciali e regionali, ma anche alle
misure di salvaguardia per la riduzione del rischio
idrogeologico, fatte salve le disposizioni definite dalla
normativa nazionale vigente.

I Comuni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge,
potevano disporre, motivatamente:

     l’esclusione di parti del territorio comunale o di
     singoli ambiti o immobili dall’applicazione della legge
     in ragione di particolari qualità di carattere storico,
     culturale, artistico, architettonico, morfologico,
     paesaggistico o per motivi di funzionalità urbanistica;
     la perimetrazione di ambiti territoriali nei quali gli
     interventi previsti dalla legge regionale possono essere
     subordinati a specifiche limitazioni o prescrizioni,
     quali, a titolo meramente esemplificativo, particolari
     limiti di altezza, distanze tra costruzioni,
     arretramenti dal filo stradale, ampliamenti dei
     marciapiedi, ecc.;
     la definizione di parti del territorio comunale nelle
     quali per gli interventi previsti dalla legge possono
     prevedersi altezze massime e distanze minime diverse da
     quelle prescritte dagli strumenti urbanistici vigenti.

Ai Comuni è stato consentito approvare, con deliberazione del
consiglio comunale, entro e non oltre il 1° marzo 2017, un
provvedimento motivato di modifica o integrazione del
precedente atto deliberativo, che però non comportasse la
riduzione di quelle aree già oggetto di applicazione della
normativa previgente.

I Comuni, entro il 31 dicembre 2018, hanno la facoltà di
approvare piani particolareggiati di recupero del centro
storico, nell’ambito dei quali prevedere eventuali interventi
di ampliamento, demolizione e ricostruzione, sostituzione
edilizia e razionalizzazione del patrimonio edilizio
esistente.

Per la riqualificazione delle aree urbane degradate, possono
essere individuati dalle amministrazioni comunali, ambiti
dove, anche in variante agli strumenti urbanistici vigenti, è
consentito l’aumento entro il limite del 50% della volumetria
esistente, per gli interventi di demolizione, ricostruzione e
ristrutturazione urbanistica degli edifici residenziali
pubblici, purché i Comuni abbiano provveduto a redigere il
relativo “piano di rottamazione”.

Piano Casa Campania
In una regione dove l’abusivismo è una piaga sociale, vige per
il piano casa la legge regionale 19/2009 modificata dalle
leggi regionali n.1/2011, n. 4/2011, e n. 1/2012.
Oltre alle esclusioni comuni agli altri Piani Casa, gli
interventi edilizi non possono essere realizzati su edifici
che risultano collocati all’interno:

     di aree dichiarate a pericolosità o rischio idraulico
     elevato o molto elevato, o a pericolosità geomorfologica
     elevata o molto elevata, dai piani di bacino o dalle
     indagini geologiche allegate agli strumenti di
     pianificazione territoriale, agli atti di governo del
     territorio o agli strumenti urbanistici generali dei
     comuni;
     della zona rossa per i comuni rientranti nelle zone a
     rischio vulcanico dell’area Vesuviana.

I limiti urbanistici agli incrementi volumetrici comprendono
la non cumulabilità con gli ampliamenti delle residenze per
necessità di adeguamento igienico-sanitario e funzionale, nel
limite massimo complessivo di 200 metri cubi di volume nella
fascia di rispetto della viabilità né con quelli di
realizzazione ad attività libera di pertinenze di edifici o
unità immobiliari esistenti, fatta esclusione per depositi,
serre, verande e bussole.

Nelle zone omogenee A e B0 o per i singoli edifici ad esse
equiparate occorre rispettare le specifiche disposizioni
tipologico-architettoniche e di allineamento degli edifici
previste dagli strumenti urbanistici e la sopraelevazione, se
non espressamente vietata, non può superare l’altezza massima
delle costruzioni prevista per la zona omogenea.

Sempre nelle zone omogenee A e B0, l’ampliamento non può
comportare aumento delle unità immobiliari esistenti, salva
diversa previsione degli strumenti urbanistici comunali. Nelle
altre zone l’ampliamento può invece comportare l’aumento del
numero delle unità immobiliari esistenti “relativamente alla
parte effettivamente ampliata”, salva più estensiva previsione
degli strumenti urbanistici comunali.

Demolizioni e ricostruzioni in genere non sono ammesse. Solo
in caso di singoli edifici esistenti al 19/11/2009 non
coerenti con le caratteristiche storiche o architettoniche o
paesaggistiche e ambientali individuate dagli strumenti
urbanistici, quando gli interventi di sostituzione edilizia
parziale o totale comportino una diminuzione del volume o
superficie utili o delle unità immobiliari esistenti, si può
concordare con il Comune il trasferimento dei diritti
edificatori in altre aree del territorio comunale attraverso
una convenzione crediti edificatori aumentati del 50%. I
crediti debbono avere un tempo massimo di utilizzo.

Piano Casa Lazio
La legge regionale n. 21/2009 modificata da altre due leggi
regionali, la n. 10/2011    e la n. 7/2017, disciplinano il
Piano Casa, integrato nella legge regionale sulla
rigenerazione urbana, che affida ai Comuni l’individuazione di
ambiti territoriali urbani di riqualificazione e recupero
edilizio, per consentire interventi di ristrutturazione
edilizia e urbanistica o di demolizione e ricostruzione, con
una volumetria o una superficie lorda aggiuntiva al massimo
del 30%. Sono possibili cambi di destinazione d’uso e
delocalizzazioni. Le disposizioni sugli ambiti di
riqualificazione e recupero edilizio non si applicano agli
insediamenti urbani storici individuati come tali dal Ptpr.

I Comuni, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge
del 2009, potevano:

     limitare o escludere l’ammissibilità degli interventi pe
     r ragioni di particolari qualità urbnistiche o architett
     oniche;
     prevedere una riduzione fino al 30% del contributo dovut
     o in riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria e
      secondaria per gli interventi di ampliamento e di demol
     izione e ricostruzione della prima casa;
     applicare una riduzione fino al 30% del costo di costruz
     ione.

Il Comune di Roma conferma le ipotesi di limitazione
ed esclusione individuate dalla legge regionale, riconoscendo
una riduzione del 30% degli oneri di urbanizzazione
primaria    e  secondaria e del costo      di costruzione
per la demolizione-ricostruzione riguardante gli immobili
adibiti            a            prima            casa.
Per gli ampliamenti, sempre su prime case la      riduzione
del contributo di costruzione è invece del 15%.

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Piano Casa Liguria
Gli strumenti normativi di riferimento sono la legge regionale
n. 22/2015 che ha modificato la legge regionale n.49/2009. Nei
Comuni costieri le disposizioni del Piano Casa non si
applicano nei confronti degli edifici ricadenti, in base al
vigente piano paesistico regionale (Ptcp), nei seguenti ambiti
e regimi normativi:

     30 assetto abitativo
     conservazione (Ce);
     aree non insediate (Ani) assoggettate al regime di
     mantenimento (Ma), limitatamente alla fascia di
     profondità di 300 metri calcolati in linea d’aria dalla
     battigia anche per i terreni elevati sul mare.

Per gli edifici ricadenti nel territorio dei parchi si applica
la disciplina relativa agli interventi di ampliamento e di
mutamento di destinazione d’uso stabilita nei relativi piani
in conformità al vigente Ptcp, salva la facoltà di ogni Ente
Parco di individuare le aree in cui sono applicabili le
disposizioni, mediante apposita deliberazione comportante
adozione di variante al vigente piano del Parco da approvarsi
con le procedure previste dalla normativa statale e regionale
in materia e nel rispetto della disciplina sulla valutazione
ambientale strategica e sulla valutazione di incidenza.
Gli interventi di demolizione e ricostruzione con incremento
volumetrico di edifici a destinazione diversa da quella
residenziale, qualora prevedano l’insediamento della
destinazione d’uso residenziale, possono essere assentiti
soltanto in aree ove la destinazione d’uso residenziale è
ammessa dal piano urbanistico vigente o da quelli operanti in
salvaguardia.

I Comuni entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge potevano:

     individuare le parti del proprio territorio nelle quali
     non trovano applicazione le disposizioni sugli
     ampliamenti degli edifici esistenti, ma non sulle
     demolizioni, ricostruzioni e sostituzioni edilizie;
     stabilire la superficie minima delle unità immobiliari
     derivanti dal frazionamento degli edifici oggetto di
     ampliamento o di mutamento di destinazione d’uso;
     individuare le aree del proprio territorio nelle quali
     non è consentito il frazionamento degli edifici oggetto
     di ampliamento e di mutamento di destinazione d’uso.

Nel 2016, il Comune di Sestri Levante ha deliberato
limitazioni all’applicazione degli artt. 3, 3bis e 4 della
legge regionale, stabilendo la non applicabilità del Piano
Casa alla totalità delle aree dei centri storici e a tutta la
linea del fronte mare, per rendere più omogenea la tutela
delle aree di pregio; la definizione del limite di 45mq per il
frazionamento di superfici agibili; la conferma di tutte le
esclusioni già riferite al Piano Casa del 2009.

Piano Casa Marche
La legge regionale n. 22/2009 è stata modificata dalla legge
regionale n. 22/2011. Negli ambiti di tutela integrale
definiti dal Ppar o dalle disposizioni dei piani regolatori
comunali ad esso adeguati, il nuovo edificio realizzato a
seguito di interventi di ampliamento, di demolizione e
ricostruzione deve occupare almeno la metà dell’area di sedime
di quello preesistente e la ricostruzione deve avvenire
secondo il tipo edilizio e le caratteristiche edilizie
storiche.

I Comuni, entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge, potevano limitarne l’applicabilità in relazione a
determinati immobili o zone del proprio territorio, sulla base
di specifiche motivazioni dovute alla saturazione edificatoria
delle aree o ad altre preminenti valutazioni di carattere
urbanistico o paesaggistico o ambientale.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza 6 agosto 2013
riguardante    il Parco Regionale del Conero e il Piano
Particolareggiato Esecutivo (Ppe), ha stabilito che “il Piano
Territoriale del Parco è uno strumento urbanistico di valenza
ambientale, idoneo ad esplicare un’immediata efficacia
precettiva di carattere prevalente sia nei confronti di
singoli soggetti privati interessati all’edificazione, e sia
rispetto alle stesse competenze dei Comuni in materia
urbanistico-edilizia impongono un immediato ed inderogabile
regime di tutela dell’area interessata.
Le superiori finalità della tutela paesaggistica ed ambientale
fanno sì che, proprio al fine di tutelare effettivamente il
territorio delle aree protette, le norme del Piano Casa –
disciplina di natura straordinaria e congiunturale – debbano
essere di stretta interpretazione proprio perché costituiscono
un’espressa “deroga ai regolamenti edilizi ed alle previsioni
dei piani urbanistici e territoriali comunali, provinciali e
regionali“.

Il   Comune   di   Ancona    ha  deliberato     limitazioni
all’applicabilità della legge all’interno delle aree progetto
Apc (aree progetto costruite) e Apl (aree progetto libere)
previste dal Piano regolatore, salvo quelle completamente
attuate o con convenzione scaduta. Esclusi anche gli edifici
ricompresi in un piano attuativo adottato o ancora in vigore
nonché infine i programmi di riqualificazione urbanistica di
iniziativa privata. La delibera contiene anche l’elenco di
tutte le deroghe ammissibili in via straordinaria ai parametri
urbanistici al fine di consentire la realizzare degli
interventi.
La delibera impone poi, per gli interventi di demolizione
ricostruzione con ampliamento fino al 35% e contestuale
mutamento d’uso a residenza, effettuati su edifici non
residenziali ubicati in zona omogenea B aventi volumetria
superiore a    1750 mc, di riservare almeno il 15% della
superficie utile ad alloggi sociali con canone d’affitto da
convenzionarsi con il Comune.

Una delibera del Comune di Pesaro vieta la possibilità di
effettuare interventi oltre che nei casi già contemplati
dalla legge anche sugli immobili ricadenti nell’ambito di
strumenti urbanistici attuativi non ancora adottati o vigenti
e sugli immobili    sottoposti   a   restauro   o   risanamento
conservativo.

Il Comune di Urbino delimita l’ambito di applicazione degli
interventi escludendo tutto il centro storico e una serie di
edifici per ragioni storiche e paesaggistiche. Individua
poi   gli ulteriori parametri  del Prg e del Regolamento
edilizio che si rende necessario derogare per consentire una
più ampia applicazione della legge (densità edilizia, indice
di copertura, distanze tra edifici).
A Fano, una delibera vieta la possibilità di effettuare
interventi anche nelle aree che, pur esterne al centro
storico contengono edifici e spazi scoperti, con particolare
valore storico architettonico e ambientale.

Piano Casa Molise
Anche nel piccolo Molise la questione del Piano Casa ha visto
numerosi interventi legislativi, in primis la legge regionale
30/2009 modificata dalle successive leggi regionali n. 3/2011,
n. 21/2011, n. 2/2012. Gli interventi previsti dal Piano Casa
possono essere realizzati in   deroga agli strumenti urbanistici
vigenti riguardo al rapporto   di copertura, all’altezza massima
ed alle distanze dai confini    e dai fabbricati, fermo restando
quanto stabilito dalle norme   del codice civile e dall’articolo
9 del DM n. 1444/1968.

Sono esclusi dall’applicazione del Piano Casa i centri storici
e le zone inedificabili, mentre occorre specifico assenso per
le aree demaniali o vincolate ad uso pubblico, fatti salvi i
vincoli storico artistici e paesaggistici.

Per i fabbricati anche parzialmente abusivi, è possibile
richiedere il condono, se concedibile, e il Comune deve
provvedere nel termine perentorio di 60 giorni.

I   limiti   urbanistici   alle   demolizioni   e   ricostruzioni
riguardano la possibilità degli spostamenti rispetto all’area
di sedime del fabbricato oggetto di demolizione solo
all’interno dello stesso lotto. I cambi d’uso sono possibili
nel rispetto degli standard a servizi e delle superfici per
esercizi di vicinato e attività artigianali, con obbligo di
reperimento spazi a parcheggio per la parte ampliata o loro
monetizzazione.

Entro il 16 dicembre 2011, i Comuni potevano escludere
l’applicabilità delle disposizioni sugli ampliamenti in
relazione alle singole zone urbanistiche del proprio
territorio, sulla base di specifiche valutazioni di carattere
urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale. Con la
stessa deliberazione i consigli comunali possono individuare
ambiti di aree degradate da riqualificare e da assoggettare a
piani esecutivi.

Piano Casa Piemonte
La materia è disciplinata da due leggi regionali, la
n. 20/2009 e la n. 9/2017. Per le realizzazioni degli
ampliamenti e delle demolizioni e ricostruzioni è previsto
dalla legge il rispetto delle distanze dai confini, dalle
strade e tra edifici, dei parametri qualitativi vigenti e
dell’indice di permeabilità       dei suoli, fissati dagli
strumenti urbanistici, nonché il rispetto del limite        di
densità fondiaria. È invece possibile derogare all’altezza
massima consentita dagli strumenti urbanistici per la quantità
necessaria per sopraelevare di un piano.
I Comuni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge,
potevano disporre l’esclusione dell’applicazione degli
interventi di    ampliamento e demolizione ricostruzione in
tutto o in parte del territorio comunale.
Potevano inoltre indicare i parametri quantitativi e
qualitativi stabiliti dagli strumenti urbanistici          non
derogabili per la realizzazione di tali interventi.

Il Comune di Torino ha escluso dal campo di applicazione del
Piano Casa le aree destinate a servizi e a viabilità,
interessate da fasce di rispetto o infine classificate come
zone boscate, e ha disposto l’inderogabilità dell’altezza
massima consentita dal regolamento edilizio per gli edifici
posti a levante del fiume   Po.

Per i fabbricati con piano pilotis realizzati in allineamento
al filo stradale, pubblico o privato, la trasformazione in
residenza può avvenire solo previa realizzazione di un
porticato di uso comune, di larghezza minima pari a metri 3,
posizionato lungo i citati allineamenti e protetto da
cancellata lungo la via.

Ad Alba, sono escluse le aree che presentano i caratteri
geomorfologici o idrogeologici che li rendono inadatti
ad ospitare gli incrementi volumetrici nonché le aree
aventi   determinate    caratteristiche   di   unitarietà  e
funzionalità o aventi densità già prossime ai limiti
inderogabili. Esclusi ad esempio tutti i lotti catastali
ricomprendenti edifici a schiera.      Ammessi gli interventi
anche nelle aree agricole collinari con il solo obbligo di
rispettare le altezza massime previste per quelle zone.
Piano Casa Puglia
In Puglia la legge che regolamenta il Piano Casa è la
14/2009. Non è ammessa la realizzazione degli interventi
previsti dal Piano Casa:

     all’interno delle zone territoriali omogenee o a esse
     assimilabili, così come definite dagli strumenti
     urbanistici generali o dagli atti di governo del
     territorio comunali, salvo che questi strumenti o atti
     consentano interventi edilizi di tale natura;
     nelle zone nelle quali lo strumento urbanistico generale
     consenta soltanto la realizzazione di interventi di
     manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e
     risanamento conservativo o subordini gli interventi di
     ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno
     strumento urbanistico esecutivo;
     sugli immobili definiti di valore storico, culturale e
     architettonico dagli atti di governo del territorio o
     dagli strumenti urbanistici generali.

I Comuni, con deliberazione da adottare entro 60 giorni
dall’entrata in vigore della legge regionale, potevano
disporre motivatamente:

     l’esclusione di parti del territorio comunale
     dall’applicazione della legge in relazione a
     caratteristiche    storico-culturali,    morfologiche,
     paesaggistiche e alla funzionalità urbanistica;
     la perimetrazione di ambiti territoriali nei quali gli
     interventi previsti dalla presente legge possono essere
     subordinati a specifiche limitazioni o prescrizioni,
     quali, a titolo meramente esemplificativo, particolari
     limiti di altezza, distanze tra costruzioni,
     arretramenti dal filo stradale, ampliamenti dei
     marciapiedi;
     la definizione di parti del territorio comunale nelle
     quali per gli interventi possono prevedersi altezze
massime e distanze minime diverse da quelle prescritte
     dagli strumenti urbanistici vigenti;
     l’individuazione di ambiti territoriali estesi di tipo
     “B” del Putt/P, nonché immobili ricadenti in aree
     sottoposte a vincolo paesaggistico, nei quali
     consentire, su immobili in contrasto con le qualità
     paesaggistiche dei luoghi, gli interventi di
     ampliamento, demolizione e ricostruzione, purché gli
     stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni
     previste dalla legge regionale, utilizzando sia per le
     parti strutturali sia per le finiture materiali e tipi
     architettonici legati alle caratteristiche storico-
     culturali e paesaggistiche dei luoghi, obbligatoriamente
     e puntualmente definiti da apposito regolamento
     approvato dal consiglio comunale entro il termine
     perentorio di 120 giorni dalla data di entrata in vigore
     della legge regionale.

I Comuni possono individuare edifici, anche con destinazione
non residenziale, legittimamente realizzati o per i quali sia
stata rilasciata sanatoria edilizia, da rimuovere in quanto
contrastanti, per dimensione, tipologia o localizzazione, con
il contesto paesaggistico, urbanistico e architettonico
circostante. A tal fine, approvano piani urbanistici esecutivi
che prevedono la delocalizzazione delle relative volumetrie
mediante interventi di demolizione e ricostruzione in area o
aree diverse, individuate anche attraverso meccanismi
perequativi.
Il Comune di Gallipoli ha deliberato diverse limitazioni: per
le sole zone classificate come B e C è consentito
l’ampliamento delle altezze massime di 3 metri, con divieto
assoluto di soprelevare l’esistente torrino scala e di
realizzare qualsiasi volume tecnico sul piano di copertura
dell’ampliamento. La distanza minima dal confine interno del
lotto è ridotta da 5 a 3 metri.

Nel giugno 2018, il Comune di Bari ha approvato una delibera
che definisce nuovi limiti all’applicazione del Piano casa,
sulla base della considerazione che, nel territorio comunale,
le istanze presentate si sono decuplicate negli ultimi tre
anni mettendo in gioco circa 800.000 mc di volumi per nuove
residenze. Oltre alle aree produttive, già considerate da una
precedente delibera, sono esclusi dal Piano Casa tutti gli
edifici che, sebbene non siano vincolati direttamente dal
Codice dei beni culturali e del paesaggio, rivestono un
particolare rilievo storico-architettonico, identificati a
seguito di una puntuale ricognizione, nonché degli immobili
qualificati Segnalazioni architettoniche nell’ambito della
variante di adeguamento del Prg al Putt/P, diffusi in tutto il
territorio comunale.

Piano Casa Sardegna
La normativa sarda con la legge n. 8/2015 modificata dalla
legge regionale n. 11/2017 è una delle più regionalistiche;
infatti, le direttive, i vincoli regionali e gli schemi di
assetto territoriale approvati con deliberazione della Giunta
regionale prevalgono sulle disposizioni degli strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti edilizi e i Comuni
devono adeguare alla pianificazione regionale i propri piani e
regolamenti.

Entro dieci anni dalla loro adozione i provvedimenti comunali
che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli
strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in
contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al
momento della loro adozione, possono essere annullati dalla
Regione.

Nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici
generali comunali al Piano paesaggistico regionale è vietata
l’adozione definitiva di varianti ai piani generali vigenti,
fatti salvi gli atti di pianificazione:

     finalizzati al ripristino delle originarie destinazioni
     agricole o all’introduzione di aree di salvaguardia;
     connessi alla realizzazione di opere pubbliche o
dichiarate di pubblica utilità da disposizioni nazionali
     in attuazione di principi comunitari;
     di interventi localizzati in aree contigue ad
     insediamenti esistenti o ad essi integrate, riconosciuti
     con deliberazione della Giunta regionale di preminente
     interesse generale e di rilevanza regionale.

La Regione promuove il trasferimento del patrimonio edilizio
esistente mediante interventi di demolizione e ricostruzione
con differente localizzazione degli edifici ricadenti:
a) in aree di particolare valore paesaggistico;
b) in aree necessarie per garantire spazi pubblici finalizzati
all’incremento della qualità dell’abitare, come spazi a verde,
spazi a parcheggio e centri di aggregazione sociale;
c) in aree dichiarate ad elevata o molto elevata pericolosità
idrogeologica;
d) in prossimità di emergenze ambientali, architettoniche,
archeologiche o storico-artistiche;
e) all’interno di aree di rispetto inedificabili.

Per tale finalità, è consentita la concessione di un credito
volumetrico massimo pari al volume dell’edificio demolito
maggiorato del 40%, da determinarsi con apposita deliberazione
del consiglio comunale.

L’amministrazione comunale, in sede di redazione dello
strumento urbanistico generale o di una sua variante,
individua gli edifici che si trovano nelle condizioni
previste, determina il credito volumetrico e individua, nel
rispetto dei parametri urbanistici ed edilizi previsti dalle
disposizioni regionali, una idonea localizzazione per il
trasferimento dei volumi.

Il mutamento della destinazione d’uso è ammesso a condizione
che sia compatibile con le disposizioni previste negli
strumenti urbanistici vigenti. Gli ampliamenti non possono
essere alienati separatamente dall’unità immobiliare
principale prima che siano decorsi dieci anni dalla
dichiarazione di ultimazione dei lavori.

Gli interventi di demolizione e ricostruzione non si applicano
agli edifici:

     che successivamente all’entrata in vigore della legge
     regionale sono stati oggetto di opere che ne abbiamo
     mutato i caratteri strutturali, architettonici e
     tipologici in forza di interventi radicali di nuova
     costruzione, ovvero di ristrutturazione edilizia;
     che hanno già usufruito di interventi consentiti da
     norme regionali;
     per i quali il consiglio comunale, con apposita
     deliberazione, ha previsto la limitazione o
     l’esclusione, in ragione di particolari qualità
     storiche,   architettoniche         o   urbanistiche   da
     salvaguardare;
     che ricadono nella fascia dei 300 metri dalla linea di
     battigia marina, con esclusione di quelli ubicati nelle
     zone omogenee A, B, C e D, nonché nelle zone G
     contermini all’abitato;
     che ricadono nelle aree protette.

Non c’è l’obbligo di rispetto dell’aspetto, della forma e
dell’orientamento dell’edificio originario. Il mutamento della
destinazione d’uso è ammesso a condizione che sia compatibile
con le destinazioni urbanistiche previste dalla strumentazione
urbanistica comunale.

I Comuni individuano, con riferimento alle destinazioni dello
strumento urbanistico vigente ed in conformità con il Piano
paesaggistico regionale, gli ambiti territoriali nei quali
realizzare gli interventi previsti, localizzandoli
prioritariamente nelle zone urbanistiche omogenee C contigue
all’ambito urbano e, quindi, nelle zone D e G contigue
all’ambito urbano e non completate o dismesse. Sono esclusi
dall’ambito di intervento i centri di antica e prima
formazione e le zone urbanistiche omogenee E e H.
Nei Comuni dotati di piano urbanistico comunale, è consentita
l’attuazione degli interventi localizzati nelle zone
urbanistiche omogenee C, D e G, tutte contigue al centro
urbano, e previsti nei piani attuativi adottati alla data di
entrata in vigore della presente legge.

Piano Casa Sicilia
La legge regionale sul Piano Casa n. 6/2010, in deroga agli
strumenti urbanistici comunali, consente per gli edifici
ultimati entro il 31 dicembre 2009, l’ampliamento nei limiti
del 20% del volume degli edifici con tipologia unifamiliare o
bifamiliare ad uso residenziale o uffici e comunque di
volumetria non superiore a 1.000 metri cubi; la demolizione e
ricostruzione degli edifici residenziali ultimati entro la
stessa data, con un aumento fino al 25% del volume, qualora si
utilizzino tecniche costruttive di bioedilizia o incrementato
del 10%, per un aumento complessivo fino al 35%, qualora siano
adottati sistemi che utilizzino fonti di energie rinnovabili
che consentano l’autonomia energetica degli edifici.
Per diventare operative le prescrizione del Piano Casa nel
territorio comunale devono essere approvate dal Consiglio
Comunale.
I Comuni istituiscono e aggiornano l’elenco degli interventi
autorizzati, hanno l’obbligo di effettuare e documentare con
apposita relazione annuale almeno il venti per cento di
controllo a campione degli interventi, verificano gli
ampliamenti volumetrici richiesti ai sensi delle disposizioni
di cui alla presente legge e valutano eventuali esigenze di
integrazione delle dotazioni territoriali e dei servizi
pubblici che risultino necessari.

I Comuni, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge, potevano motivatamente escludere o limitare
l’applicabilità delle norme ad immobili o zone del proprio
territorio o imporre limitazioni e modalità applicative, sulla
base di specifiche ragioni di carattere urbanistico,
paesaggistico e ambientale.

Nel 2010, la Giunta comunale di Siracusa ha deliberato
prescrizioni, esclusioni e limitazioni all’applicabilità sul
territorio comunale del Piano Casa in tutti quei casi e in
quelle aree dove l’utilizzo della norma comporterebbe effetti
negativi sul territorio e la perdita o l’alterazione di quei
tessuti urbani e di quei singoli edifici che posseggono una
valenza storica o culturale.

Piano Casa Toscana
La legge regionale n. 24/2009 non riconosce alcuna autonomia
comunale. Gli interventi straordinari di ampliamento,
demolizione e ricostruzione possono essere realizzati su
edifici abitativi per i quali gli strumenti della
pianificazione territoriale, gli atti di governo del
territorio o gli strumenti urbanistici generali dei comuni
consentono la ristrutturazione edilizia con addizioni
funzionali o incrementi volumetrici ulteriori rispetto a
quelli ammessi per volumi tecnici.

Esclusi centri storici, parchi, riserve regionali e nazionali,
zone con pericolosità idraulica e geomorfologica molto elevata
e gli edifici con vincolo storico-monumentale.

In sede di proroga del Piano Casa, le deroghe regionali agli
strumenti edilizi e urbanistici comunali incidono sul
dimensionamento dell’unità immobiliare, nelle zone
residenziali, dal 20 al 35%. L’unico limite è il rispetto
delle distanze minime previste dal codice civile.

Gli edifici soggetti a demolizione e ricostruzione devono
essere situati in centri abitati e gli interventi di
sostituzione debbono essere permessi dagli strumenti
urbanistici. E’ vietato l’incremento di nuove unità
immobiliari o il cambio d’uso prima di 5 anni dalla
presentazione della Scia o del permesso di costruire, pena il
fatto che l’intervento sia        considerato   come   totalmente
abusivo, con demolizione.

Piano Casa Umbria
I Comuni disciplinano con proprio regolamento l’attività
edilizia nel rispetto delle norme regolamentari e degli atti
di indirizzo emanati dalla Regione con la legge regionale n.
1/2015.

Il   Comune   di   Perugia   ha     deliberato     unicamente
l’applicazione       di uno   sconto pari al 50% sugli
oneri primari,      secondari e sul costo di costruzione
e di un ulteriore sconto del 50%               sul totale
della    spesa     necessaria        a    chi     demolisce
e ricostruisce ex novo utilizzando tecniche costruttive di
bioedilizia e di fonti di energia rinnovabili.

A      Terni,        sono     state      confermate
le esclusioni, con ulteriori specificazioni riguardo gli
edifici residenziali nelle zone di nuova trasformazione
per attività produttive.

A Gubbio, oltre alle esclusioni già previste dalle legge
regionale, una   delibera ne specifica di ulteriori in
considerazione       della     specificità        e
delle peculiari emergenze del territorio comunale.

Piano Casa Valle d’Aosta
Nella più piccola regione d’Italia la legge 24/2009 si occupa
del Piano Casa. Per gli interventi su unità immobiliari non
soggette a vincoli, i Comuni, entro trenta giorni dal
ricevimento della denuncia di inizio dell’attività o altro
titolo abilitativo comunque denominato in materia di
procedimento unico, possono imporre modalità costruttive al
fine del rispetto delle normative tecniche di settore.
I Comuni provvedono a verificare annualmente gli standard
urbanistici, a seguito della realizzazione degli interventi
previsti dal Piano Casa, anche apportando le eventuali
variazioni allo strumento urbanistico generale al fine di
garantire il rispetto degli standard urbanistici previsti dal
Prg.

I Comuni stabiliscono modalità di controllo in merito alla
corrispondenza del progetto e dell’opera in corso di
realizzazione o ultimata a quanto dichiarato nella
documentazione tecnica allegata alla richiesta di titolo
abilitativo, nell’osservanza dei seguenti criteri:

     il controllo è effettuato in corso d’opera e comunque
     entro dodici mesi dalla comunicazione di fine dei
     lavori, ovvero, in assenza di tale comunicazione, entro
     dodici mesi dal termine di ultimazione dei lavori
     indicato nel titolo abilitativo;
     il controllo, effettuato anche       a   campione,   deve
     riguardare almeno il 20 per cento degli interventi
     edilizi eseguiti o in corso di realizzazione.

Piano Casa Veneto
Il Piano Casa del Veneto attivato con la legge
regionale 14/2009, modificata dalla legge n. 32/2013, ha
suscitato diffuse riserve da parte degli enti locali di quella
regione, in quanto prevale sulle previsioni dei Regolamenti
Comunali e degli Strumenti Urbanistici e territoriali
comunali, provinciali e regionali, compresi i piani ambientali
dei parchi regionali nonché quelle in contrasto con essa.
In particolare, in deroga alle previsioni dei regolamenti e
degli strumenti urbanistici e territoriali comunali è
consentito l’ampliamento degli edifici esistenti al 31 ottobre
2013 nei limiti del 20% del volume, o della superficie; è
comunque consentito un ampliamento fino a 150 metri cubi per
gli edifici residenziali unifamiliari da destinarsi a prima
casa di abitazione.

L’art. 64 della Legge regionale n. 30 del 30 dicembre 2016
fornisce l’interpretazione autentica dell’entità di tali
deroghe, che devono intendersi nel senso che esse consentono
di derogare ai parametri edilizi di superficie, volume,
altezza e distanza , anche dai confini, previsti dai
regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti
urbanistici e territoriali, fermo restando le disposizioni in
materia di distanze previste dalla normativa statale vigente.

Secondo la Circolare n. 1 del 13 novembre 2014,            la
previsione di interventi anche in deroga alla disciplina dei
parchi va letta nel senso che la deroga si riferisce alle
norme urbanistiche ed edilizie contenute nei piani dei parchi
e non alle norme di carattere ambientale, in combinato
disposto con quella che esclude dall’applicazione del Piano
Casa gli edifici “oggetto di specifiche norme di tutela da
parte degli strumenti urbanistici e territoriali che non
consentono gli interventi edilizi previsti”.

I Comuni devono limitarsi a istituire e aggiornare l’elenco
degli interventi autorizzati, indicando, per ciascun tipo di
intervento, il volume o la superficie di ampliamento o di
incremento autorizzati, la localizzazione, intesa quale
indicazione della zona territoriale omogenea in cui ricade il
lotto dove insiste l’edificio da cui genera l’ampliamento o
incremento, e se si tratta di prima casa di abitazione.

Molti Comuni hanno chiesto alla Regione la revisione del nuovo
Piano Casa (Lr n. 32 del 29 novembre 2013), che ha eliminato
del tutto il coinvolgimento dei Comuni nella sua applicazione,
chiedendo il riconoscimento di un ruolo più incisivo in
particolare per quanto riguarda i centri storici.

La Giunta del Comune di Tombolo, ad esempio, nel 2014 ha
conferito mandato alla Sindaca di agire in tutte le sedi più
opportune, al fine di ripristinare per il Comune il pieno
potere di regolamentare lo sviluppo del proprio territorio e
di decidere in quali modi e con quali limiti applicare le
misure del Piano Casa e adattarle alla propria realtà
territoriale.

Il Comune di Venezia , anche in considerazione della
peculiarità morfologica della città ha deliberato, oltre a
confermare in linea generale le esclusioni già previste dalla
legge, che gli interventi non possono essere realizzati in
tutto il centro storico, nelle zone A del Lido e delle Isole
sugli edifici considerati manufatti testimoniali         della
civiltà industriale. Per l’ampliamento sulle case a schiera la
delibera precisa che il requisito dell’uniformità deve
intendersi come necessità che sia preservata, in seguito
all’ampliamento, la coerenza delle forme architettoniche. A
tal fine prevede l’obbligo di estendere il progetto
all’intero complesso edilizio attraverso la presentazione di
una istanza edilizia comune da parte di tutti i proprietari
delle unità componenti la schiera.
L’istanza di ampliamento comune non è necessaria in caso di
ampliamento della superficie interna, anche attraverso
l’utilizzo del sottotetto, delle singole unità immobiliari.
La delibera impone poi il rispetto sia della normativa statale
in materia di distanze e altezza sia delle disposizioni degli
strumenti urbanistici comunali.A Verona, per quanto riguarda
l’ambito di applicazione della legge, sono confermate tutte le
esclusioni già da questa fissate e aggiunte ulteriori
condizioni per gli interventi relativamente a specifiche zone
del territorio comunale come:

     gli ambiti dei parchi o per la formazione dei parchi e
     delle riserve naturali di interesse comunale;
     gli edifici ricadenti in ambiti strategici per la
     riqualificazione, riconversione e ristrutturazione
     delle aree produttive che presentano caratteristiche di
     archeologia industriale.

Il Comune di        Treviso ha posto molte restrizioni
all’applicabilità   del Piano Casa: oltre, infatti, a quelle già
previste dalla      legge regionale, sono stati esclusi gli
interventi nelle     zone D (produttive) zone F (servizi di
interesse generale) e negli ambiti Piruea (programmi di
riqualificazione urbana).

Inoltre gli interventi non possono essere realizzati su
edifici situati nella fasce di    rispetto (es. cimiteriale,
fluviale, impianti di depurazione) e negli ambiti vincolati:

      su edifici ubicati in ambiti di vincolo preordinato
      all’esproprio (anche decaduto);
      separati dall’edificio principale ed aventi carattere
      accessorio e pertinenziale.

In   caso   di   deroga alle   distanze   dai   confini   dovrà
essere allegato l’assenso del proprietario confinante.
L’ampliamento delle case a schiera è ammesso a condizione che
venga presentata un’unica istanza da parte di tutti i
proprietari. La delibera riduce poi del 10% le percentuali di
incremento previste dalla legge per la demolizione e
ricostruzione.

A Padova, la delibera comunale precisa innanzitutto che gli
interventi disciplinati negli articoli 2 e 3 della legge
regionale (ampliamento e demolizione/ricostruzione) devono
essere intesi come aggiuntivi rispetto alla eventuale
potenzialità residua del Prg vigente. È ammessa la deroga
alle previsioni degli indici di edificabilità, altezze massime
di zona e distacchi dai confini      e tra fabbricati     alle
condizioni stabilite nelle delibera      stessa.    Con   gli
interventi di ampliamento è ammessa la formazione di nuove
unità immobiliari.
Oltre agli ambiti di esclusione già indicati dalla legge
regionale, la delibera elenca ulteriori aree o zone in
cui   gli interventi   non trovano applicazione, tra cui ad
esempio gli edifici esistenti, esterni al centro storico,
costruiti prima del 1942 che presentano elementi tipologici
e/o particolari connotazioni di valore storico-culturale,
ovvero    costituiscono una unitarietà costruttiva e/o
morfologica (stesso periodo, progetto unitario, identità di
immagine).

Gli interventi in zona agricola sono ammessi e possono
prevedere la creazione di nuove unità immobiliari solo nel
caso in cui siano destinate ad abitazione principale di
parenti fino al II° grado     del proprietario che ha nella
stessa casa la propria abitazione principale; è comunque
consentito l’ampliamento del 20% degli annessi rustici
limitatamente a quelli legati alla conduzione del fondo.
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