I Ghiacciai della Lombardia Una risorsa da conoscere - Regione Lombardia
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
I Ghiacciai della Lombardia Una risorsa da conoscere I Ghiacciai della Lombardia Una risorsa da conoscere
Premessa I cambiamenti climatici globali e i processi di deglaciazione alpina sono di estrema attualità. Tali fenomeni stanno infatti determinando conseguenze rilevanti in primo luogo sul territorio alpino, sulla sua stabilità idrogeologica, sul paesaggio e sulla fruibilità in sicurezza di aree a notevole vocazione turistica. Ma i ghiacciai alpini rappresentano una risorsa produttiva importantissima per tutta la nostra Regione, sia nel settore idrico, che nel settore energetico, per la produzione idroelettrica. La necessità di aggiornare con continuità lo stato delle conoscenze in questo campo è quindi di grande importanza, anche al fine di impostare adeguate azioni e politiche di adattamento ai cambiamenti in atto. Negli ultimi anni Regione Lombardia - Direzione Territorio e Urbanistica ha promosso lo sviluppo delle conoscenze nel campo della ricerca glaciologica applicata al territorio lombardo in collaborazione con diversi soggetti, quali il Comitato Glaciologico Italiano, il Servizio Glaciologico Lombardo, l’Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Scienze della Terra, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Lombardia (ARPA) e l’Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia applicate alle Aree Alpine (IREALP). Tali Enti e le analisi da essi condotte, hanno contribuito alla costruzione della banca dati “Ghiacciai di Lombardia”, uno dei livelli informativi presenti nell’Infrastruttura per l’Informazione Territoriale Lombarda (IIT) fruibile attraverso il Geoportale di Regione Lombardia (www.cartografia.regione.lombardia.it). La banca dati “Ghiacciai di Lombardia” contiene oggi i tre catasti regionali relativi agli anni 1991, 1999 e 2003 e, periodicamente ed accuratamente aggiornata, rappresenta un valido strumento per il monitoraggio dell’evoluzione del glacialismo lombardo e un utile supporto ai processi pianificatori a varia scala. Inoltre, grazie alle funzionalità del Geoportale, i dati in essa contenuti sono facilmente raggiungibili ed accessibili da parte delle molteplici categorie di utenti interessati (comunità scientifica, pubblica amministrazione, insegnanti, studenti, escursionisti, alpinisti). Con le informazioni ad oggi disponibili, coerenti con i dati raccolti a livello internazionale, è possibile elaborare alcune significative analisi sull’evoluzione in atto di questa risorsa, che vengono presentate sinteticamente in questa pubblicazione e che ci possono aiutare a prefigurare gli scenari futuri. Le analisi dimostrano ormai senza alcun dubbio che, da circa 150 anni, con una sensibile accelerazione del fenomeno negli ultimi 20, è in atto un intenso regresso glaciale su tutta la catena alpina, che sta portando ad una vera e propria “disintegrazione” dei ghiacciai, con la fortissima riduzione o addirittura l’estinzione di quelli di minore dimensioni, con la frammentazione di quelli maggiori e con una rapida trasformazione del paesaggio dell’alta montagna. L’Assessore regionale al Territorio e Urbanistica 1 2
Gran parte del territorio lombardo (circa il 41%) è perdite di massa) e dalle nevicate invernali (che montuoso ed ospita alcuni dei massicci più elevati costituiscono l’alimentazione dei ghiacciai). E’ un delle Alpi ad est del Gottardo, come il Cevedale sistema delicato che per mantenersi vitale deve avere (3779 m), l’Adamello (3539 m) e il Bernina, che con un equilibrio fra perdite ed accumuli di massa; le i suoi 4049 m rappresenta il tetto di questo settore prime sono causate soprattutto dalla fusione e sono della catena (seppure per pochi metri in territorio concentrate nei settori inferiori (bacino ablatore) elvetico). Queste montagne, ospitano le più vaste mentre i secondi sono costituiti da nevicate e masse glaciali delle Alpi Italiane, poca cosa di valanghe che avvengono nelle aree superiori (bacino fronte alle gigantesche calotte della Groenlandia collettore). Se il sistema è in equilibrio, il ghiacciaio e soprattutto dell’Antartide, che raccolgono la attraverso il proprio flusso verso valle trasporta quasi totalità del ghiaccio terrestre, ma di notevole massa che ripristina il materiale perso per fusione importanza a livello regionale. nei settori inferiori; il suo limite inferiore (chiamato fronte glaciale), quindi, resta stabile. Se la massa I ghiacciai lombardi sono apparati “montani”, persa per fusione è maggiore di quanto accumulato localizzati cioè su una catena montuosa, in valli, (bilancio di massa negativo), il flusso glaciale non conche, circhi, valloni, versanti, canaloni, che ne riesce a trasportare a valle sufficiente materiale per condizionano morfologia ed evoluzione. Diversi pareggiare le perdite e la lunghezza del ghiacciaio, quindi dai ghiacciai di “calotta” delle regioni polari a testimonianza del prevalere delle perdite, si riduce che con i loro giganteschi spessori (anche 4 km) portando ad una retrocessione della fronte che si coprono e nascondono completamente le morfologie attesta a quote più elevate. sottostanti. Diversi anche nella loro evoluzione e nelle Il ghiacciaio è dunque un sistema naturale fortemente caratteristiche fisiche. Mentre i ghiacciai polari sono condizionato dall’evoluzione della temperatura e formati da ghiaccio che è costantemente lontano delle precipitazioni; ciò lo rende un indicatore molto dalla pressione di fusione e il loro movimento, attendibile delle variazioni climatiche locali e globali. molto lento, è dovuto quasi esclusivamente alla Lo studio delle variazioni glaciali in atto si colloca alpino da parte di turisti, escursionisti ed alpinisti. maggiori e con una rapida trasformazione del deformazione interna, i ghiacciai lombardi, come oggi fra i maggiori e più attuali temi di ricerca in La loro riduzione areale, in atto da circa 150 anni, paesaggio dell’alta montagna. tutti i ghiacciai delle catene montuose al di fuori campo ambientale e il ruolo della criosfera (ghiacciai, ma con una sensibile accelerazione negli ultimi due Anche i ghiacciai lombardi non sfuggono delle aree polari, sono formati da ghiaccio che ghiaccio marino, permafrost) è considerato ormai decenni, è divenuta anche presso il grande pubblico naturalmente a questa evoluzione e ben si prestano d’estate è prossimo al punto di fusione (processo unanimemente quello di fornire preziosi e rapidi la manifestazione più concreta e più evidente del ad esemplificare questo fenomeno. Essi infatti che quindi in alcuni mesi può avvenire comportando segnali sulla dinamica del clima. cosiddetto global change. formano un’importante subregione glacializzata la riduzione della loro massa) e il loro movimento, I ghiacciai tuttavia offrono altri tipi di interesse che può veramente considerarsi rappresentativa di che può arrivare a decine di metri all’anno, è dovuto applicativo anche economico; si tratta infatti I dati raccolti a livello internazionale dimostrano tutto il glacialismo italiano. Le Alpi Lombarde infatti sostanzialmente allo scivolamento sul letto di una risorsa preziosa a livello idrologico ormai senza alcun dubbio che vi è in atto un intenso non solo comprendono i due più vasti ghiacciai roccioso e solo in piccola parte alla deformazione con importanti ricadute per quanto riguarda regresso glaciale su tutta la catena alpina (e anche italiani (quello dell’Adamello con circa 18 km2 di interna del ghiaccio ed alla deformazione del letto. l’irrigazione e la produzione di energia. I ghiacciai sulle altre catene montuose) che sta portando ad una superficie e quello dei Forni con circa 12 km2), ma inoltre rappresentano un importante fattore di vera e propria “disintegrazione” dei ghiacciai, con raccolgono anche un numero elevato di ghiacciai La nascita, l’evoluzione e l’estinzione di un polarizzazione nell’ambito del turismo alpino, sono la fortissima riduzione o addirittura l’estinzione piccoli e di medie dimensioni con un’ampia casistica ghiacciaio alpino sono fortemente influenzate sicuramente il simbolo più riconosciuto dell’alta di quelli di minori dimensioni (con superficie di tipologie, esposizioni, morfologie, altitudini e dalle temperature estive (che determinano le montagna, l’oggetto più ricercato del paesaggio inferiore a 1 km2), con la frammentazione di quelli inclinazioni. 3
Per determinare le caratteristiche dei ghiacciai di queste misure fornisce oggi curve cumulate lombardi e individuarne la fase evolutiva sono state anche ultrasecolari (quelle dei Forni o del Ventina utilizzate nell’arco di oltre un secolo tecniche di ad esempio), dalle quali è possibile ricavare l’entità rilievo di vario tipo. Fra le più antiche (a partire dal totale degli arretramenti e degli avanzamenti delle 1895) vi sono le misure di variazione frontale. Si fronti. I dati, che riguardano un campione variabile tratta della variazione della distanza fra un caposaldo fra qualche decina e un centinaio di ghiacciai, sono esterno al ghiacciaio e il limite del ghiacciaio stesso, stati pubblicati sulle riviste del Comitato Glaciologico misurata ogni anno a fine estate mantenendo Italiano (Bollettino del Comitato Glaciologico costante la direzione o azimut del rilievo. Se la Italiano dal 1914 al 1977, divenuto dal 1978 ad oggi distanza aumenta il ghiacciaio si sta allontanando Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria) e a partire dal caposaldo di misura (ovvero sta arretrando), se dal 1998 anche sulla rivista del Servizio Glaciologico la distanza diminuisce il ghiacciaio si sta avvicinando Lombardo, Terra Glacialis. Distribuzione dei ghiacciai nel territorio al caposaldo (ovvero sta avanzando). La successione lombardo Variazioni frontali cumulate del Ghiacciaio dei Forni (alta Valtellina, Lombardia) rilevate tra il 1925 ed il 2003. Quanti sono i ghiacciai in Lombardia ? Lo studio del glacialismo lombardo, che all’inizio si configurò come una vera e propria esplorazione, prese avvio fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo con le prime osservazioni e le prime misurazioni alle fronti dei ghiacciai della Valfurva, del Bernina, dell’Adamello. Numerosi studiosi se ne occuparono, prima nell’ambito della Commissione per lo Studio dei Ghiacciai istituita dal Club Alpino Nel 1987 sono iniziati anche i bilanci di massa, cioè Sforzellina e successivamente su un’altra decina di Italiano (attiva dal 1895 al 1912) e poi nell’ambito del le misure di variazione di spessore e di volume da ghiacciai. Comitato Glaciologico Italiano; a questo proposito un anno idrologico al successivo, sul Ghiacciaio della non si può non ricordare la lunga attività di ricerca di Giuseppe Nangeroni e Ardito Desio che si sviluppò per buona parte del XX secolo. All’opera del Comitato Glaciologico Italiano si unirà poi negli anni ottanta quella intensa e capillare del Servizio Glaciologico I bilanci di massa Lombardo, integrata, negli ultimi decenni, da annui del Ghiacciaio numerosi altri enti che hanno sperimentato nuove della Sforzellina (alta Valtellina Lombardia) metodologie per l’analisi dell’evoluzione (Università calcolati tra l’anno di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra, idrologico 1986/87 Politecnico di Milano, Università di Brescia, CNR, e l’anno idrologico ARPA-Lombardia, FLA, CESI). 2006/2007. La linea rappresenta la quota della Linea di Equilibrio o ELA (Equilibrium Line Altitude), altitudine alla quale accumulo ed ablazione si equivalgono ed il bilancio di massa è L’evoluzione del Ghiacciaio dei Forni in alta Valtellina pertanto pari a zero. (gruppo del Cevedale): a) 1890; b) 1941; c) 1997; d) 2007 5
Per avere informazioni sul numero dei ghiacciai 113 km2. Nel 1992 venne pubblicato dal Servizio Per effettuare confronti attendibili sono quindi lombardi e sulla superficie complessiva da essi Glaciologico Lombardo (a cura di Antonio Galluccio stati utilizzati solo i dati dei ghiacciai presenti ricoperta, è necessario realizzare dei catasti o e Guido Catasta) un pregevole catasto regionale contemporaneamente in tutte e tre le serie, che inventari, che identificano i vari apparati glaciali e con l’utilizzo di cartografia, foto da terra e rilievi di sono risultati 249. Dal confronto sono stati esclusi i ne misurano le caratteristiche geometriche (area, terreno del 1991; vi figurano 334 apparati per una ghiacciai presenti nel catasto 1992 ma estinti o non lunghezza, quota minima e massima, etc.). superficie di 119,4 km2. Dati più recenti (1998- ritrovati nel 1999 e/o nel 2003 (a causa ad esempio 2001) del Servizio Glaciologico Lombardo indicano della copertura nevosa) e quelli presenti nel catasto Il primo catasto dei ghiacciai lombardi fu realizzato una superficie complessiva di 110 km2. del 1999 e/o in quello del 2003, ma non in quello dal Comitato Glaciologico Italiano nel 1961 a cura I confronti fra i vari catasti non sono agevoli a precedente (ad esempio a causa del frazionamento di Giuseppe Nangeroni nell’ambito del catasto causa delle diverse metodologie utilizzate. Si di un ghiacciaio in più parti). Il confronto è apparso nazionale con l’utilizzo di cartografia e rilievi di constata comunque che dalla metà del XX secolo il in ogni caso significativo se si tiene conto che per terreno. In quell’occasione vennero individuati glacialismo lombardo avrebbe subito una riduzione quanto riguarda ad esempio il 2003 i 249 ghiacciai 271 ghiacciai (dei quali 186 esistenti e 86 estinti o areale di circa il 6%. L’incremento nel numero utilizzati coprono il 98% dell’intera superficie trasformati in glacionevati, termine quest’ultimo con degli apparati fra il 1961 e il 1981, così come glaciale individuata sulle ortofoto. il quale si indica la fase finale di evoluzione di un l’incremento di superficie del catasto 1992 rispetto ghiacciaio) con una superficie complessiva di circa a quelli precedenti, può essere attribuito sia ad una Suddividendo i 249 ghiacciai in 7 classi dimensionali 117 km2. Nell’ambito della partecipazione italiana al maggiore precisione nell’individuazione dei singoli omogenee, è evidente l’aumento del numero World Glacier Inventory (Catasto Internazionale dei ghiacciai, sia (almeno per il confronto 1961-1981) di ghiacciai della classe dimensionale inferiore, Ghiacciai) fu poi realizzato un nuovo catasto a cura ad un reale incremento del glacialismo (è la piccola sottolineando la riduzione dimensionale del di Claudio Smiraglia e Guido Catasta con l’utilizzo fase di espansione che ha caratterizzato i ghiacciai glacialismo lombardo (Fig. sotto). di foto aeree del 1981-1983. In questo vennero alpini fra il 1965 e il 1985). individuati 305 apparati (fra ghiacciai in senso stretto e glacionevati) per una superficie di circa Le variazioni recenti del glacialismo lombardo Per ottenere informazioni più precise sull’evoluzione diversamente le ortofoto 2003 sono risultate di in corso dei ghiacciai lombardi, nell’ambito di eccezionale qualità e nitidezza grazie anche alle un progetto di ricerca sostenuto dalla Regione particolari condizioni meteorologiche dominanti Lombardia si è proceduto alla realizzazione di due l’estate 2003 (quasi totale assenza di neve anche nei nuovi inventari che hanno utilizzato elaborazioni settori superiori degli apparati glaciali) e non hanno di ortofoto e supportate da rilievi di terreno con richiesto verifiche di terreno dei limiti glaciali. tecnica GPS differenziale (DGPS) in modalità fast- statica rispetto a basi master locali. I dati geometrici di base (aree-lunghezze- Le variazioni areali larghezze) sono stati rilevati per il primo nuovo inventario da ortofoto in bianco e nero (AIMA 1997) I ghiacciai lombardi sono risultati 340 nel 1999 e a colori (Terra Italy 89-99) e per il secondo nuovo e 348 nel 2003, con un lieve aumento numerico inventario da ortofoto a colori (Terra Italy 2003). rispetto al 1991 dovuto a diverse cause fra le quali la frammentazione di ghiacciai preesistenti. I nuovi dati sono poi stati confrontati con quelli del catasto 1992. Le ortofoto impiegate per la ricerca hanno costituito il livello di riferimento di un Sistema Geografico Informativo (GIS) allestito per delimitare manualmente i limiti glaciali ed archiviare in un database relazionale i caratteri morfometrici rilevati (area, perimetro, lunghezza, larghezza e dislivello altimetrico degli apparati). Le ortofoto utilizzate sono prodotti commerciali restituiti dalla Compagnia Generale Riprese Aeree – CGR- con risoluzione planimetrica di un pixel avente lato di 1 m per le immagini 1999 e 0,5 m per le immagini 2003. L’accuratezza delle immagini garantita dal produttore è pari a ± 2 m per le immagini 1999 e ± 1 m per quelle 2003. L’integrazione tra dati telerilevati (da ortofoto) e dati di terreno (da Evoluzione dei ghiacciai lombardi rilievi DGPS) si è resa necessaria per ottimizzare per classe dimensionale le informazioni morfometriche relative al 1999; 7
Utilizzando sempre le tre serie di dati riguardanti pari a -29%) alla contrazione, infatti, è stato fornito lo stesso campione di ghiacciai si osserva che la dai ghiacciai che nel catasto 1992 erano stati superficie complessiva che assommava a 117,4 classificati nella classe dimensionale sopra indicata km2 nel 1991 si è ridotta a 104,7 km2 nel 1999 e che rappresentavano nel 2003 circa l’11% della e a 92,4 km2 nel 2003. La contrazione areale per superficie glacializzata totale. l’intero periodo è stata quindi di 25 km2 (-21%), Se si considerano poi tutti i ghiacciai di superficie ma è avvenuta con ritmi diversi; infatti fra il 1991 inferiore ad 1 km2 (ovvero i 233 ghiacciai che nel e il 1999 si è registrata una riduzione di 12,7 km2 1991 afferivano alle prime tre classi dimensionali), si (1,6 km2 per anno), mentre dal 1999 al 2003 il osserva che questi, pur ricoprendo nel 1991 meno glacialismo lombardo si è ridotto di altri 12,3 km2, del 30% della superficie glacializzata lombarda, quasi raddoppiando il tasso di regresso annuale (3,1 nel periodo 1991-2003 hanno contribuito ad oltre km2 per anno). il 50% delle perdite areali regionali. I ghiacciai Le variazioni areali, pur interessando i ghiacciai di dimensioni maggiori, invece, ovvero gli di tutte le dimensioni, sono state particolarmente apparati di area superiore ai 5 km2, che nel 1991 evidenti e intense per i ghiacciai di minori rappresentavano oltre il 50% della superficie glaciale dimensioni, in particolare per quelli appartenenti regionale, hanno contribuito alla riduzione glaciale alla classe 0,1-0,5 km2 .(Fig. 6) Su una perdita lombarda per meno del 20%. totale di 25 km2 il maggior contributo (-7.2 km2 Evoluzione dell’estensione dei ghiacciai per classe dimensionale 9
Si confrontino a questo proposito le variazioni areali aumenti areali delle classi inferiori conseguenti TABELLA 3 - Variazioni areali medie annue (valori in km2/anno) negli intervalli di tempo considerato presentate nella Tab. 1, che sono state calcolate all’aumento numerico degli apparati glaciali a queste (1991-1999, 1999-2003, 1992-2003). confrontando le aree dei ghiacciai di ciascuna classe afferenti). In questo modo le variazioni di superficie dimensionale con quella degli stessi ghiacciai in calcolate non sono affette dalle conseguenze dello Classe INTERVALLO TEMPORALE periodi successivi (ovvero, allo scopo di calcolare le slittamento dei ghiacciai dalle classi maggiori a dimensionale variazioni di superficie si sono tenute fisse le classi quelle inferiori. (km2) 1991-1999 1999-2003 1991-2003 dimensionali del 1991 per evitare errori quali falsi 10 - 0.2 - 0.4 - 0.2 1991 1999 2003 1991- 1999- 1991- 1999- totale - 1.6 - 3.1 - 2.3 2003 2003 2003 2003 10 31.0 29.7 28.3 - 2.7 - 1.4 - 10.8 - 11.5 degradazione in atto. Si è quindi proceduto ad una letto glaciale. totale 117.4 104.7 92.4 - 25.0 - 12.3 - 100.0 - 100.0 valutazione di spessori e volumi nei tre intervalli Ottenuto lo spessore medio glaciale questo può di tempo, parametri questi molto meno semplici da venire esteso all’area dell’apparato misurata nei valutare rispetto a quelli areali. Per il calcolo degli diversi periodi permettendo di stimare i volumi e le spessori e dei relativi volumi si può procedere con loro variazioni. metodi di prospezione indiretta come quella Il confronto fra i dati di spessore medio stimati A titolo di esempio nella Tab. 2 si riportano le variazioni areali di alcuni dei maggiori ghiacciai lombardi geofisica (sondaggi sismici, elettrici, o radar che si attraverso il metodo analitico e quelli ricavati dai partendo dai dati del World Glacier Inventory del 1981. basano sulla diversa velocità di propagazione nel metodi di terreno indiretti (elettrici, sismici e radar) ghiaccio e nella roccia rispettivamente di vibrazioni ha evidenziato un buon accordo ed ha quindi TABELLA 2: aree dei maggiori ghiacciai lombardi negli ultimi 20 anni. I valori areali sono espressi in km2. o impulsi sonori, elettrici, elettromagnetici) su suggerito di estendere l’applicazione del metodo apparati campione, tecniche che sono state utilizzate analitico all’intero campione lombardo, almeno per Ghiacciaio Area (km2) Area (km2) Area (km2) Area (km2) su alcuni ghiacciai come quelli dei Forni (sulla lingua quanto riguarda i ghiacciai di area superiore a 0,1 1981 1991 1999 2003 di confluenza è stato trovato uno spessore massimo, km2. appena a valle della seraccata centrale, di circa 90 La variazione media di spessore dei ghiacciai Adamello 18,8 18,1 17,4 16,7 m), dell’Adamello, della Sforzellina (spessore medio lombardi nel periodo 1991-2003 (calcolata Forni 13,2 12,9 12.7 12,0 30 m), del Dosdè Orientale (spessore medio 40 m, rispetto alla superficie reale ricoperta nel 1991 Scerscen Sup. 5,3 5,5 5.4 5,0 spessore massimo poco più di 60 m). dai 116 ghiacciai considerati, pari a 112.1 km2) è Fellaria W 5,1 5,0 4.8 4,7 La prospezione geofisica non può, per motivi risultata di circa - 6.84 m pari ad un valore medio Fellaria Est 5,0 5,2 5.0 4,9 logistici ed economici, venire applicata a scala annuo di -0.57 m. Nel periodo 1991-1999 la Dosegù 3,4 2,7 2.3 2,2 regionale, ma può venire utilmente impiegata per variazione di spessore glaciale medio è stata di calibrare le valutazioni di spessore e volume glaciale -3,4 m (pari a - 0.43 m/anno), mentre tra il 1999 ottenute attraverso l’applicazione di metodi analitici ed il 2003 lo spessore di ghiaccio perso in media Attraverso le analisi delle ortofoto si sono valutate di crisi glaciale. che si basano sulle relazioni non lineari esistenti dai ghiacciai lombardi (riferito alla copertura areale anche le variazioni di estensione altitudinale Come si è già sottolineato, la fase di degradazione tra alcuni parametri morfometrici glaciali (come 1999 dei ghiacciai con area maggiore di 0.1 km2, dei ghiacciai lombardi attraverso il confronto del glacialismo lombardo si sta acuendo, come è il dislivello altimetrico, ovvero la differenza tra la pari a 100.6 km2), è risultato di circa -3,9 m pari ad delle quote minime (frontali) e massime (limite evidenziato anche dalla Tab. 3, dove sono indicate quota minima e la quota massima di un apparato) un valore medio di - 0.98 m/ anno. Questi dati, che superiore del bacino glaciale) dei 249 ghiacciai le variazioni areali medie annue per tutte la classi e la componente parallela al pendio dello sforzo confermano un’accelerazione della contrazione considerati. E’ risultato che la media delle quote dimensionali. Come si può constatare, i ghiacciai di conseguente alla massa glaciale stessa, ovvero dei ghiacciai lombardi, risultano molto simili ai minime è aumentata da 2690 m nel 1991 a 2745 tutte le classi dimensionali mostrano un incremento lo sforzo di taglio basale (indicato in fisica con la valori medi annui di variazione dello spessore dei m nel 2003, mentre la media delle quote massime della riduzione areale media annua dal primo lettera greca τ). Più precisamente gli spessori medi ghiacciai alpini (italiani e non) raccolti nei data base è diminuita dai 3043 m nel 1991 ai 2985 m del periodo al secondo. L’unica eccezione sembra quella glaciali possono venire stimati sulla base degli sforzi internazionali a cura del World Glacier Monitoring 2003. Si è quindi messa in evidenza, ad ulteriore della classe minore che mostra riduzioni uguali, ma di taglio basale (τ) calcolati in modo non lineare Service di Zurigo (IAHS (ICSI) - UNEP – UNESCO, dimostrazione dell’intensa fase di regresso dei in realtà se non si arrotonda ad un solo decimale si a partire dai dislivelli altimetrici degli apparati 1988-2005). ghiacciai lombardi, non solo l’innalzamento delle passa da una media annua di -0,15 km2 a -0,23 seguendo il metodo proposto da alcuni ricercatori Per quanto riguarda i volumi, utilizzando i dati quote frontali, che è il primo sintomo di una rottura km2. svizzeri (Haeberli & Holzle, 1995). Conoscendo τ è di spessore e di superficie, si è arrivati alla dell’equilibrio del sistema glaciale con l’evoluzione quindi possibile stimare lo spessore medio glaciale, quantificazione di un volume totale di ghiaccio per climatica, ma anche l’abbassamento dei settori τ infatti per un ghiacciaio medio è così definita: l’intero campione considerato di 5.15 km3 nel 1991 superiori, fenomeno che indica una fase avanzata (corrispondenti ad una riserva idrica di 4.72 km3), τ = ρ g h sen α di 4.72 km3 nel 1999 (riserva idrica di 4.33 km3) 11
e di 4.26 km3 nel 2003 (riserva idrica di 3.91 km3). presenti sul territorio lombardo per la produzione lombarda glacializzata. Se si riduce il periodo di analisi all’intervello 1992- Per avere un termine di paragone si può ricordare di energia idroelettrica (ricordiamo a titolo di I dati delle stazioni di Bormio e dei Forni (temperatura 1998 la temperatura media annua a Diga Avio che l’afflusso meteorico medio annuo sulla Regione esempio che il bacino di S. Giacomo in alta Valtellina dell’aria e precipitazioni liquide o equivalenti) risulta di 4.3°C, suggerendo un incremento di 0.1 °C viene valutato in circa 27 km3 (dati ARPA Lombardia). raggiunge un volume di 64 milioni di m3 d’acqua, sono rilevati a cadenza oraria e registrati nel rispetto al quarantennio di riferimento; se invece si Tra il 1991 ed il 1999 il glacialismo lombardo ha mentre quello di Cancano, uno delle più grandi database generale di ARPA Lombardia; i dati di prende in esame il periodo 1999-2003, i dati medi di dunque subito una riduzione volumetrica di circa della Lombardia, racchiude oltre 120 milioni di m3 Avio Diga (temperatura dell’aria, precipitazioni Avio (+5.0 °C) permettono di quantificare l’aumento 0.379 km3 di ghiaccio, nel periodo successivo (1999 di acqua). La perdita media volumetrica è stata liquide, spessore della neve al suolo) sono rilevati di temperatura in circa 0.8°C. Quest’ultimo elevato -2003) la quantità di ghiaccio persa è aumentata stimata pari a circa - 0.05 km3/anno di ghiaccio giornalmente e registrati a cura di Enel che gestisce valore è in accordo con quanto ritrovato da altri ed ha raggiunto 0.388 km3, portando la perdita nel periodo 1991-1999, è aumentata raggiungendo i vicini impianti idroelettrici. autori analizzando le variazioni termiche alpine complessiva sull’intero periodo a 0.766 km3 di i - 0.10 km3/anno nell’intervallo 1999-2003 ed Per quanto riguarda le temperature medie degli ultimi anni che risultano molto amplificate ghiaccio, pari ad un volume di acqua di circa 0.697 in media è risultata pari a - 0.07 km3/anno tra il annue, se per Bormio si prende in considerazione rispetto alle aree collinari o di pianura. km3. Un simile valore è confrontabile con il volume 1991 ed il 2003. l’intervallo temporale 1966-2006 si ottiene un Prendendo in esame la stazione Forni nel periodo di acqua contenuto in circa 7 grandi invasi artificiali valore sull’intero periodo di +7.5 °C. Limitando 1988-2005, i risultati sono lievemente diversi; non l’elaborazione al periodo 1992-2003, la temperatura emerge, infatti, un chiaro segnale dai dati annui media è pari a +8°C, evidenziando pertanto un che sembrano abbastanza stabili e senza alcuna aumento di circa 0.5°C rispetto alla temperatura tendenza evidente; sono invece i dati medi estivi Il monitoraggio dei ghiacciai con tecniche ditelerilevamento media del quarantennio. Ad Avio Diga il valore (Giugno-Agosto) a fornire le informazioni più termico medio nel periodo 1966-2006 risulta pari interessanti, evidenziando un incremento di 0.2°C a +4.2 °C; se si considera l’intervallo 1992-2003, la nel periodo 1992-2003 rispetto al 1988-2005 ed Il Settore Sistemi Informativi Ambientali di ARPA ghiacciai regionali. I principali ghiacciai analizzati media annua risulta di +4.6°C, portando a valutare un aumento di 0.6°C nell’intervallo 1999-2003. Lombardia ha sviluppato metodologie operative sono situati in alta Valtellina (in particolare il l’incremento medio in circa 0.4°C. di monitoraggio dei ghiacciai con l’utilizzo di ghiacciaio dei Forni, il comprensorio del M. Confinale immagini satellitari stereoscopiche IKONOS. e del M. Sobretta), sul gruppo del Bernina (es., i Le principali applicazioni di questo tipo di attività ghiacciai Scerscen Sup. e Inf., Fellaria Est e Ovest) e sono la valutazione degli impatti a scala locale sul gruppo dell’Adamello (es. i ghiacciai Adamello- del cambiamento climatico sui ghiacciai lombardi, Mandrone, Venerocolo, Pisgana Est e Ovest). e la stima del contributo della fusione glaciale Dai casi in cui le analisi sono state ripetute su più al ciclo idrologico, con un approccio parallelo e annualità, emerge che i trend stimati di perdita di complementare rispetto alle tradizionali metodologie spessore e di conseguenza di volume mostrano una di analisi glaciologica di campo. decisa accelerazione negli anni recenti. Le immagini satellitari IKONOS hanno permesso, grazie all’elevata risoluzione geometrica, un’accurata La metodologia sviluppata è complementare e valutazione delle variazioni planimetriche dei corpi integrata con le tecniche tradizionali di campo glaciali investigati. Inoltre, sfruttando le riprese (misure frontali, bilanci di massa, bilanci energetici) stereoscopiche, e quindi la possibilità di ricostruire ed i due approcci potranno coesistere in un’ottica i modelli digitali del terreno, è possibile valutare di monitoraggio integrato e “multi-scala” dei corpi le variazioni di spessore e stimare le variazioni glaciali. volumetriche, sia tramite confronto con cartografia storica che con riprese satellitari ripetute. Per una trattazione più esaustiva dei risultati su Le aree investigate, con riprese estive effettuate nel tutti i comprensori glaciali investigati, si rimanda 2003, 2004, 2006 e 2007, sono state i principali all’articolo disponibile nel CD allegato. comprensori glaciali glaciali lombardi, raggiungendo la copertura di circa il 70% dell’estensione dei Ghiacciai e clima Se, come sottolineato più sopra, i ghiacciai sono elaborati i dati rilevati presso alcune stazioni sopravvivono finché persiste il delicato equilibrio meteorologiche lombarde, calcolando le anomalie o fra fusione nivo glaciale ed accumulo nevoso, scarti rispetto ad un periodo di riferimento. Si tratta Anomalie termiche annue i dati delle stazioni meteorologiche dovrebbero delle stazioni di Bormio (1225 m) e dei Forni (2180 (in °C) calcolate per le evidenziare una recente variazione dei fenomeni m), in alta Valtellina (Gruppo dell’Ortles-Cevedale), stazioni di Bormio (1225 m) e di Diga Avio (1860 meteoclimatici che modulano distribuzione ed entità e di quella di Diga Avio (1860 m), nel Gruppo m) rispetto alla media del di questi due parametri. Considerando, seppur dell’Adamello, che per distribuzione e altimetria periodo 1966-2006. Le in modo semplicistico, come forzanti climatiche possono venire considerate ben rappresentative due rette rappresentano principali le temperature e le precipitazioni, si delle condizioni meteoclimatiche dell’alta montagna le interpolanti lineari alle due serie di dati 13
Le rette interpolanti le anomalie termiche calcolate precipitazioni solide che costituiscono la principale nell’area alpina si verificano quindi precipitazioni di nel periodo 1966-2006 con i valori dell’indice NAO per Bormio e per Diga Avio rispetto al valore medio fonte di alimentazione dei ghiacciai alpini. I dati della minore intensità rispetto alla media con temperature calcolati sempre nell’intervallo 1966-2006 per i mesi del periodo 1966-2006 indicano una comune stazione di Bormio e dei Forni si riferiscono ai valori invernali superiori ai valori medi stagionali. dell’anno invernali-primaverili (Gennaio-Marzo); si tendenza all’aumento che avviene a partire dagli in acqua equivalenti e permettono di quantificare un L’influenza sull’accumulo nevoso della variabilità osserva infatti che a valori positivi dell’indice NAO anni ’80 del secolo scorso, nonostante le differenze decremento medio dal 1988 ad oggi di circa il della NAO può essere apprezzata se si confrontano corrispondono anomalie negative dello spessore puntuali che riflettono le diverse condizioni stazionali 10%. le anomalie dei dati di spessore nivale di Avio Diga nivale e viceversa. (quota, esposizione, localizzazione geografica, I dati raccolti alla stazione Diga Avio sono invece ecc.). Questo periodo caldo, sincrono con quanto è riferiti agli spessori nivali misurati quotidianamente avvenuto anche a scala emisferica e globale, presenta dal 1966 al 2006. L’analisi delle anomalie annue maggior intensità a Diga Avio dove l’aumento supera (calcolate rispetto alla media 1966-2006) dello gli 0.8°C nel periodo 1999-2003, valore pari a circa spessore nivale riportato in equivalenti in acqua tre volte l’intensità delle variazioni termiche globali. (m water equivalent o w.e.) evidenzia un netto Risultati simili sono riportati da diversi autori che decremento (circa 11.4%) nel periodo 1999-2003 hanno analizzato dati termici rilevati presso stazioni rispetto alle media 1966-2006. Se si considera alpine e/o montane (Beniston, 2006). l’intervallo temporale 1999-2006, il decremento è Per quanto concerne le precipitazioni, i dati più intenso e pari a 16%. più importanti sono sicuramente quelli delle Anomalie annue (in m w.e.) dello spessore nevoso calcolate per la stazione di Diga Avio (1860 m) rispetto alla media del periodo 1966-2006 a confronto con l’indice NAO dei mesi di Gennaio-Marzo Un paesaggio che cambia Il confronto dei dati geometrici dei ghiacciai lombardi Per quanto riguarda spessori e volumi, la variazione fra il 1991 e il 2003 indica in sintesi una notevole media di spessore stimata per il periodo 1991- Anomalie annue (in m w.e.) dello spessore nevoso calcolate per la stazione di Diga Avio (1860 m) rispetto alla riduzione areale di circa 25 km2 (da 117.4 km2 nel 2003 è risultata di -6.84 m (-0,57 m/anno), anche media del periodo 1966-2006. La retta rappresenta l’ interpolante lineare 1992 a 92.4 km2 nel 2003, -21%). E’ un fenomeno in questo caso con un’accelerazione; fra il 1991 e il che mostra tuttavia un’accelerazione negli anni più 1999 la riduzione di spessore glaciale media annua Questa riduzione potrebbe essere attribuita del XX secolo si sono spesso registrati valori recenti; tra il 1991 ed il 1999 sono infatti andati è stata infatti di -0.43 m, salita fra il 1999 ed il alle variazioni dell’intensità della circolazione positivi dell’indice barico tra Islanda ed Azzorre, persi 1.6 km2/anno, mentre negli ultimi 4 anni il 2003 a 0.98 m/ anno. Lo stesso si può dire per le atmosferica generale sull’area Nord Atlantica, indice che è appunto indicato come Oscillazione glacialismo lombardo si è ridotto di 3,1 km2/ anno perdite volumetriche totali, risultanti di 0.766 km3 in particolare alla variabilità interannuale Nord Atlantica o NAO. Negli anni nei quali si registra (i valori sono calcolati tralasciando i ghiacciai minori di ghiaccio, pari ad un volume di acqua di circa dell’Oscillazione Nord Atlantica (NAO, North Atlantic un valore dell’indice NAO elevato, cioè un sensibile di 10 ettari). 0.697 km3 (-0.05 km3/anno tra il 1991 ed il 1999 e Oscillation), che secondo alcuni studiosi potrebbe scarto barico fra l’anticlone delle Azzorre e il ciclone Il maggior contributo (-7.2 km2, pari a -29%) alla -0.10 km3/anno fra il 1999 e il 2003). giustificare la maggior parte delle oscillazioni dell’Islanda, le perturbazioni invernali provenienti contrazione è stato fornito dai ghiacciai che nel 1991 A fronte di questa intensa riduzione segnata climatiche dell’America Settentrionale e dell’Europa dall’Atlantico cariche di umidità tendono solamente erano stati classificati nella classe dimensionale 0.1- da un’accelerazione negli anni più recenti, si Centrale ed Occidentale. Durante l’ultimo decennio a sfiorare le Alpi e a dirigersi più a nord-est; 0.5 km2. sono misurati incrementi della temperatura media 15
annua fra il 1991 e il 2003 compresi fra 0.4°C e -emersione di “finestre rocciose” in rapido -estinzione o pre-estinzione di numerosi quindi improbabile che l’attuale tendenza possa 0.5 °C, che fra il 1999 e il 2003 salgono a 0.8°C; ampliamento che interrompono la continuità delle ghiacciai di piccole dimensioni (ad esempio il concludersi o invertirsi in un prossimo futuro. contemporaneamente si registra un decremento colate glaciali e ne predispongono la frammentazione Sasso Torto nel settore Dosdè-Piazzi, il Gemelli, il medio delle precipitazioni di circa il 10% con un in più apparati distinti (ad esempio sul Porola e sullo Pizzo del Ferro Ovest e il Passo di Bondo Inferiore decremento dello spessore nivale (circa -11.4%) Scais nelle Orobie, sul Pisgana Ovest, sull’Avio Est e nel settore Codera-Masino, il Pizzo Zembrasca nel nel periodo 1999-2003 rispetto alle media 1966- sul Pian di Neve in Adamello, sui Forni, sullo Scalino, Livignasco, il Monte Torena nelle Orobie, il Cima del 2006. sullo Scerscen Inferiore, sul Pizzo Ferrè, sul Sissone, Duca sul Monte Disgrazia). I dati sopra presentati, nella loro freddezza sul Caspoggio); E’ uno scenario che richiama un “collasso” della statistica, non danno tuttavia un’idea se non molto - frammentazione di interi corpi glaciali, che talora criosfera piuttosto che una risposta dinamica ai indiretta delle rapide e intense trasformazioni del generano lingue separate (ad esempio il Fellaria Est cambiamenti climatici, una situazione che rende paesaggio glaciale dell’alta montagna lombarda, sul Bernina e il Sivigia Nord-Est nel settore Codera- dove negli anni più recenti a partire dal 2003 ogni Masino); estate ha visto la perdita per fusione di spessori medi di ghiaccio superiori ai 2 m. Nel 2006, ad esempio, i bilanci di massa hanno fatto registrare una riduzione di spessore medio di circa 2 m di Effetti della deglaciazione sul settore destro idrografico della lingua del Ghiacciaio dei Forni (alta Valtellina, equivalente in acqua, corrispondente ad un volume Lombardia): si osservano il crollo di un settore del ghiacciaio a seguito dell’azione erosiva termica e meccanica complessivo di poco meno di 200 milioni di m3 (è il operata dal torrente subglaciale, l’emersione di finestre rocciose, fenomeni di flussi detritici presso la morena caso di ricordare che l’afflusso totale estivo 2006 da laterale che ne rivelano il nucleo centrale in ghiaccio di ghiacciaio anch’esso sottoposto ad intensa fusione. giugno a settembre nel bacino dell’Adda prelacuale è stato, secondo i dati di ARPA-Lombardia, di circa 920 milioni di m3). Il quadro di intensa deglaciazione assume i suoi connotati più “drammatici” quando si percorrono le zone più elevate delle montagne lombarde e si assiste ad una serie di rapidissime trasformazioni morfologiche. Dove fino a pochi anni fa si estendevano le fronti e le lingue dei ghiacciai, oggi si trovano ammassi di detriti grossolani e fini rimaneggiati in modo “selvaggio” dalle acque di fusione. Le superfici glaciali che ancora negli anni ’80 apparivano anche a fine stagione in gran parte ricoperte di neve residua e quindi con un limite delle nevi piuttosto basso, oggi si presentano quasi totalmente prive di alimentazione, con un limite delle nevi molto elevato o addirittura inesistente, come è avvenuto per tutti i ghiacciai lombardi durante l’estate 2003, con la superficie solcata da torrenti superficiali. Fra le principali variazioni morfologiche si osservano: -aumenti della copertura detritica superficiale, anche a causa di grandi frane (questo fenomeno riguarda praticamente tutti i ghiacciai lombardi, ad esempio il Porola e il Marovin nelle Orobie, il Gavia, la Sforzellina e lo Zebrù nel Cevedale, il Bompià in Adamello, il Campo Nord nel Livignasco, i Cassandra Ovest e Centrale nel gruppo del Monte Disgrazia, il Venerocolo, sempre in Adamello, che è il maggiore ghiacciaio lombardo tipo debris covered, con la lingua cioè completamente ricoperta di detrito); -formazione presso le fronti di laghi di contatto glaciale, spesso effimeri (solo per citarne alcuni fra i numerosissimi, al Ghiacciaio dei Forni nel gruppo del Cevedale, al Pisgana Ovest sull’Adamello, al Fellaria Ovest e al Fellaria Est sul Bernina, al Ponciagna nel settore Spluga-Lei); 17
E’ interessante a questo punto riportare quanto scritto recentemente dai colleghi svizzeri coordinati da Wilfried Haeberli, noto scienziato esperto nello studio dei ghiacciai alpini: “Dopo un modesto e temporaneo incremento a partire dagli anni ’60, dopo l’inizio degli anni ’80 i bilanci di massa glaciale sono diventati fortemente negativi. Molte lingue glaciali hanno cominciato a rispondere a questo segnale, ma sono ancora ben lontane dall’aver raggiunto una fase di equilibrio. Oggi le lingue dei ghiacciai di medie dimensioni riflettono ancora le condizioni climatiche della fine del secolo scorso. Nello stesso tempo la perdita media di volume dei ghiacciai alpini è cresciuta del 2-3% ogni anno. Per un completo adeguamento alle condizioni climatiche degli anni successivi al 2000, molte lingue e fronti glaciali dovrebbero arretrare ulteriormente per un chilometro o più ed è chiaro che se si ripetesse la situazione dell’estate 2003, molti ghiacciai sparirebbero completamente. La riduzione di spessore è divenuta così veloce che la maggior parte dei ghiacciai ha cominciato a modificare la propria evoluzione, passando da un “regresso attivo” per rimettersi gradualmente in equilibrio con le condizioni climatiche ad un vero e proprio “collasso”. Sono parole che sembrano riecheggiare quanto scritto da Antonio Stoppani nel Bel Paese, edizione 1876: “Il regresso continua; continuano inesorabilmente l’impicciolimento e la scomparsa totale o parziale delle nevi persistenti, delle vedrette e dei ghiacciai. All’occhio di chi li ha visti appunto circa 40 anni fa, quando i ghiacciai erano nella massima piena, è uno spettacolo di desolazione: è lo spettacolo che può presentare un campo dopo la grandine, una città dopo un terremoto, o per trovare una similitudine più a proposito, un corpo, già florido e ben nutrito, poi ridotto pelle e ossa dalla tisi.” Ma Stoppani dipingeva un paesaggio che riguardava la prima grande fase di regresso seguita alla Piccola Età Glaciale, quando i ghiacciai lombardi nei primi decenni del XIX secolo avevano raggiunto la loro massima espansione storica. Espansione che nel 1825 faceva scrivere alla guida di Chamonix Joseph- Marie Couttet: “Quest’anno fortunatamente i ghiacciai Ghiacciaio Fellaria Est (Gruppo Bernina). la foto non hanno raggiunto i nostri pascoli. Temevamo che testimonia la frammentazione della lingua glaciale avvenuta nell’estate avrebbero distrutto le nostre case come accadde 100 anni fa… I ghiacciai avanzano e si ritirano senza che si riesca a capire il perché. Forse fra 200 anni questi ghiacciai saranno completamente spariti dalle nostre montagne: chissà!”. Oggi veniamo da un secolo e mezzo di regresso e le condizioni dei nostri ghiacciai sono ben più misere rispetto a quanto descritto da Stoppani. Che Joseph- Marie Couttet sia stato un buon profeta sta ormai divenendo ben più che un’ipotesi… 19
I sentieri glaciologici della Lombardia I sentieri glaciologici della Lombardia I “sentieri glaciologici” sono nati verso la fine degli anni ’90 del XX secolo in Lombardia e costituiscono una variante tipologica dei più noti e diffusi “sentieri naturalistici” che guidano all’osservazione diretta e alla conoscenza di vari aspetti del mondo naturale abiologico e biologico. morene più antiche di 12.000 anni fa fino alle morfologie effimere che si formano sulla superficie del ghiacciaio. Recentemente sono state segnalate varianti (“Sentiero Glaciologico Basso”) che evitano l’attraversamento del ghiacciaio. e in ogni caso suggeriscono una riflessione sul delicato equilibrio sul quale si basa l’ambiente naturale e sulla facilità con cui questo equilibrio può essere modificato anche ad opera delle attività umane. Pur rientrando in un unico quadro generale di turismo “culturale”, i sentieri glaciologici, a differenza di quelli Sempre il Servizio Glaciologico Lombardo ha realizzato naturalistici, si sviluppano in un ambiente di alta montagna successivamente il “Sentiero Glaciologico Luigi con l’obiettivo di fare partecipe l’escursionista delle varie Marson al Ghiacciaio di Fellaria”. Si localizza sempre forme del paesaggio glaciale e periglaciale e di favorire una in Valmalenco nel gruppo del Bernina ed è dedicato a fruizione turistica di limitato impatto ambientale, anche Luigi Marson, primo studioso del Ghiacciaio di Fellaria perché utilizzano in massima parte sentieri o tracce di e di numerosi altri ghiacciai delle Alpi Lombarde. sentiero preesistenti. L’itinerario, partendo dal rifugio Bignami, è diviso in due Il primo sentiero glaciologico è stato realizzato nel 1992 varianti, entrambe adatte a normali escursionisti, ed in alta Valmalenco ad opera del Servizio Glaciologico oltre ad interessi strettamente glaciologici suggerisce Lombardo ed è stato denominato “Sentiero Glaciologico una lettura del paesaggio anche dal punto di vista Vittorio Sella al Ghiacciaio del Ventina”. Dedicato a geomorfologico e botanico. La prima variante porta Vittorio Sella, il grande fotografo dell’alta montagna che ad un punto panoramico che consente l’osservazione più volte ritrasse il Ghiacciaio del Ventina, è un itinerario generale del Ghiaccio di Fellaria Occidentale e permette che si dirama dal rifugio Gerli-Porro a monte di Chiareggio di osservare le tracce dell’intenso regresso a partire e che porta a conoscere il paesaggio glaciale della Valle dalla Piccola Età Glaciale e soprattutto dell’accelerazione Ventina, dove il ghiacciaio omonimo ha lasciato alcune di questo regresso negli ultimi vent’anni. La seconda delle più belle tracce delle sue fasi di regresso e di avanzata variante porta al pianoro antistante la fronte attuale, osservabili sulle Alpi Lombarde, in particolare le imponenti passando attraverso le testimonianze morfologiche morene laterali della Piccola Età Glaciale (circa 1550- delle varie fasi antiche e recenti del regresso (ma anche 1850). Osservabili sono anche i vari segnali utilizzati dai della piccola espansione 1970-1985). glaciologici dall’inizio del ‘900 ad oggi per misurare le variazioni della lingua glaciale. Un quarto Sentiero Glaciologico è stato realizzato Adatto al normale escursionista, il sentiero percorre la Valle sempre in alta Valfurva in Valle Cedech. Partendo dal Ventina, raggiunge la fronte del ghiacciaio e scende sul lato rifugio dei Forni si percorre la valle dapprima su un opposto in poco meno di 2 ore. versante, poi sull’altro, avendo come base di appoggio il rifugio Pizzini. Adatto a normali escursionisti, l’itinerario Nel 1995 ad opera del Comitato Glaciologico Italiano è porta a contatto con le varie tappe dell’evoluzione della stato realizzato in alta Valfurva il Sentiero Glaciologico valle dalle ultime pulsazioni dell’ultima era glaciale agli del Centenario al Ghiacciaio dei Forni. La denominazione attuali fenomeni di intenso regresso. deriva dal fatto che in quell’anno si celebrava un secolo Un elemento comune di altissimo interesse scientifico di osservazioni glaciologiche in Italia, iniziate nel 1895 e didattico dei sentieri glaciologici è la possibilità di proprio sul Ghiacciaio dei Forni. Fra gli itinerari lombardi osservare le rapide trasformazioni in atto del paesaggio è sicuramente il più spettacolare e il più impegnativo glaciale, ad esempio la formazione di piccoli laghi e deve essere affrontato nella sua versione integrale da davanti ai ghiacciai con iceberg galleggianti, l’apertura escursionisti esperti, equipaggiati con attrezzatura da di “finestre rocciose” sulle loro superfici, la creazione ghiacciaio ed eventualmente accompagnati da una guida di caverne di ghiaccio, lo smantellamento di cordoni alpina. L’itinerario, partendo dal rifugio dei Forni, può morenici, la caduta di frane sulla loro superficie, la essere iniziato sul versante destro o su quello sinistro della fusione di lenti di ghiaccio sepolto dal detrito con la valle e comporta l’attraversamento del Ghiacciaio dei Forni formazione di colate di fango e di detrito, la riduzione a circa 2800 m di quota, che deve essere ovviamente evitato della loro lunghezza (misurabile in decine di metri nel caso di tempo instabile o di copertura di neve recente. all’anno) e l’abbassamento del loro spessore che portano Punto di appoggio lungo il percorso è il Rifugio Branca. allo scoperto un nuovo paesaggio di rocce e detriti. L’itinerario in circa 6 ore permette di osservare un ambiente Sono fenomeni che talora, come nel caso del Sentiero glaciale di enorme fascino e interesse paesaggistico, dalle dei Forni, costringono a modificare l’itinerario originale 21
Suggerimenti biblografici I libri e gli articoli pubblicati sui ghiacciai lombardi a partire dalla fine del XIX secolo sono naturalmente numerosissimi. Nel CD allegato se riporta una selezione. I rilievi sui ghiacciai lombardi sono pubblicati sul Bollettino del Club Alpino Italiano e sulla Rivista del Club Alpino Italiano fino al 1913, poi sul Bollettino del Comitato Glaciologico Italiano fino al 1976, successivamente su Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria e a partire dal 1998 anche su Terra Glacialis, dove sono pubblicate anche numerose monografie. Suggerimenti bibliografici CD-Rom CD Rom Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd Finto testo sul cd 23
Coordinamento generale: Regione Lombardia - Direzione Generale Territorio ed Urbanistica Ing. Mario Nova Dr. Roberto Laffi Contributi scientifici: Università degli Studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra – Comitato Glaciologico Italiano: Dr. Claudio Smiraglia Dr.ssa Guglielmina Diolaiuti Servizio Glaciologico Lombardo: Andrea Tamburini ARPA Lombardia: Dr. Enrico Zini Dr. Dario Bellingeri Coordinamento editoriale: Regione Lombardia - Direzione Generale Territorio ed Urbanistica Dr.ssa Marina Credali Dr.ssa Donata Dal Puppo Dr. Andrea Piccin Arch. Grazia Aldovini Dr.ssa Valentina Bacchi Realizzazione CD: Gruppo Lombardia Informatica S.p.A: Dr. Marco Panebianco Dr. Stefano Gelmi Dr.ssa Carmela Marion Referenze Fotografiche © : M. Butti: Prima di Copertina A. Desio: Figura 2 b) G. Diolaiuti: Figura 8 G. Kappenberger: Figura 9 S. Paoletti: Figura 12 V. Sella: Figura 2 a) crediti R. Scotti: Quarta di copertina C. Smiraglia: Figura 2 c), d)
Puoi anche leggere