EPHEMERIDES IURIS CANONICI - 62 (2022) n. 1 - Nuova Serie-Unitus Dspace

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EPHEMERIDES IURIS
             CANONICI
                                – Nuova Serie –

                               62 (2022) n. 1

EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Ephemerides Iuris Canonici
                                                   Nuova Serie
                                                  62 (2022) n. 1

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Imprimatur: Venezia, 27 aprile 2022, Mons. Angelo Pagan, Vicario Generale
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Per la riproduzione anche parziale degli scritti qui pubblicati è necessaria l’autorizzazione esplicita della Redazione.

Autorizzazione del Trib. di Venezia n. 2 del 5.2.2009
Iscrizione al R.O.C. n. 1515 del 09.08.2005
ISSN 0013-9491
ISBN 978-88-6512-839-8
Indice

Paola Lambrini, Ipotesi di responsabilità per fatto altrui
nel diritto penale romano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .        5

Stefano Troiano, La decorrenza della prescrizione
nella responsabilità extracontrattuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .            19

Daniele Velo Dalbrenta, Il tempo come giudice.
Una riflessione filosofico-giuridica su prescrizione e dintorni . . . . . . .                     63

Giuseppe Comotti, Atti del Vescovo diocesano
e legale rappresentanza della diocesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .           95

Matteo Carnì, Enti ecclesiastici e costituzione di parte civile  . . . .                         119

Pierpaolo Dal Corso, Le nuove Normae de delictis
Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis:
tra continuità e discontinuità nella disciplina . . . . . . . . . . . . . . . . . .              143

Giacomo Incitti, Il diritto missionario tra continuità
e trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   171

Fabio Fornalè, La rimozione del veto a contrarre nuove nozze
con particolare riferimento al ruolo della coscienza morale
dell’Ordinario del luogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .     199

Pasquale Lillo, Riflessioni preliminari su alcune peculiarità
del diritto ecclesiastico statale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .    233

Davide Dimodugno, Dal capitolo monastico a forme di gestione
partecipata per la rigenerazione del patrimonio culturale
delle comunità di vita consacrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .          257

Szabolcs Anzelm Szuromi, The Most Important Authors
and Scientific Works in Canon Law Between 1545 and 1773.
(A Brief Overview)  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .      283

EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Recensioni

Jesús Miñambres – Benedict N. Ejeh – Fernando Puig
(a cura di), Studi sul diritto del governo e dell’organizzazione
della Chiesa in onore di Mons. Juan Ignacio Arrieta
(Costantino-M. Fabris) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .          297

Péter Erdő , Il diritto canonico tra salvezza e realtà sociale.
Studi scelti in venticinque anni di docenza e pastorale
(Pierpaolo Dal Corso)  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .          300

Bruno Fabio Pighin, Il nuovo sistema penale della Chiesa
(Giovanni Parise) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .       308

Andrea Errera, Il “Movimento giuridico di un popolo”
Nino Tamassia e l’insegnamento della Storia del diritto
nell’anno accademico 1899-1900 (Giulietta Voltolina) . . . . . . . . .                            314

Fabrizio Casazza, Le sfide del governo pastorale – In ascolto
dei Vescovi italiani (Roberto Carlo Delconte) . . . . . . . . . . . . . . . .                     318

Giovanni Parise, Opus Iustitiae Pax. Saggi di diritto canonico
in memoriam del ven. Pio XII (Javier Canosa)  . . . . . . . . . . . . . . .                       325

Libri ricevuti  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   329
EPHEMERIDES IURIS CANONICI 62 (2022) 233-256

      Riflessioni preliminari su alcune peculiarità
      del diritto ecclesiastico statale
      Pasquale Lillo

      Sommario
      1. Funzione sistematica del diritto ecclesiastico. – 2. Dimensione giuridica dei valori
      religiosi negli ordinamenti politici. – 3. Diritti confessionali e ordinamento civile.
      – 4. Fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano. – 5. Rilevanza civile di
      norme religiose ebraiche e di regole musulmane. – 6. Caratteristiche specifiche del
      diritto ecclesiastico statale.

                 Riassunto                                          Abstract
Il fenomeno religioso segna l’identità             The religious phenomenon marks the
culturale e valoriale di popoli e nazioni,         cultural and value identity of peoples
specialmente nel loro divenire esisten-            and nations, especially in their existen-
ziale. Il ramo dell’ordinamento statua-            tial becoming. The branch of the state
le che disciplina la materia religiosa è           system that governs religious matters is
convenzionalmente denominato diritto               conventionally referred to as ecclesias-
ecclesiastico; tale disciplina esprime sul         tical law; this discipline expresses on a
piano giuridico il profilo ideale di una           legal level the ideal profile of a specific
determinata cultura sociale capace di in-          social culture capable of affecting the
cidere nella struttura dell’intero sistema         structure of the entire state legal system.
giuridico statale. Il diritto ecclesiastico        Ecclesiastical law seems to carry out the
sembra svolgere la funzione di favorire            function of favoring a better understand-
una migliore cognizione delle ragioni più          ing of the deeper reasons of the law itself
profonde del diritto stesso attraverso lo          through the study of the religious phe-
studio del fenomeno religioso.                     nomenon. The essay intends to analyze
Il contributo intende analizzare una serie         some peculiarities typical of the ecclesi-
di peculiarità tipiche del diritto ecclesia-       astical law.
stico dello stato.

Parole chiave: diritto ecclesiastico, valori religiosi, diritti confessionali
Key word: ecclesiastical law; religious values; confessional rights.

*
    Contributo sottoposto a referaggio.

EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Pasquale Lillo

1. Funzione sistematica del diritto ecclesiastico statale
    Dove riguardata in una pro­spettiva di gradualità temporale, la di-
mensione religiosa dell’uomo appare in grado di esprimere particola-
re testimonianza spirituale di ogni singola comunità politica. Come
evidenziato da diverse ricerche storiche e sociologiche, il fenomeno
religioso segna l’identità culturale e valoriale di popoli e nazioni, spe-
cialmente nel loro divenire esistenziale.
    Quel ramo dell’ordinamento statuale che, nel valorizzare e nel dare
consistenza giuridica all’esperienza spirituale dell’uomo, disciplina spe-
cificatamente la materia religiosa è denominato convenzionalmente
“diritto ecclesiastico”.
    Il “diritto ecclesiastico” non rappresenta soltanto uno dei vari rami
o settori particolari dell’ordinamento dello Stato, ma rappresenta, so-
prattutto, disciplina diretta ad esprimere sul piano giuridico il singolare
profilo ideale di una determinata cultura sociale, capace di incidere
significativamente nella struttura complessiva dell’intero sistema giu-
ridico statale1.
    Sul piano convenzionale ed accademico, con l’intento di delinearne
il profilo strutturale e funzionale, si vuole indicare con l’espressione
“diritto ecclesiastico” quel settore del diritto pubblico statuale costitu-
ito dal complesso delle norme civili e confessionali, vigenti in materia
religiosa ed ecclesiastica, regolative del fenomeno sociale religioso2.

1
  Cf., fra gli altri, G. Catalano, Lezioni di diritto ecclesiastico. Parte Prima, Milano 1989, 5-6; L.
De Luca, Diritto ecclesiastico ed esperienza giuridica, Milano 1976, 111; P. Gismondi, Lezioni di
diritto ecclesiastico. Stato e confessioni religiose, Milano 1975, 1 ss.; C. Magni, Teoria e interpreta-
zione del diritto ecclesiastico civile, ed. E. Vitali, Bologna 1994, 321 ss., spec. 325.
2
  Per la dottrina e la manualistica italiana a cavallo fra gli ultimi decenni del Novecento e i
primi anni del Terzo Millennio, cf. A. Albisetti, «Diritto ecclesiastico italiano», in Digesto
delle Discipline Pubblicistiche, vol. V, Torino 1990, 236; G. Barberini, Lezioni di diritto ecclesia-
stico, Torino 2000, XI ss.; R. Botta, Manuale di diritto ecclesiastico. Valori religiosi e società civile,
Torino 1998, 9 ss.; C. Cardia, Manuale di diritto ecclesiastico, Bologna 1999, 168 ss., 209 ss.;
G. Dalla Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino 2014, 37 ss.; P. A. d’Avack, Trattato di
diritto ecclesiastico italiano. Parte generale, Milano 1978, 3; L. De Luca, Diritto ecclesiastico ed
esperienza giuridica, Milano 1976, 3 ss.; V. Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano
1970, 3; F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, Bologna 2020, 3 ss.; A. C. Jemolo, Lezioni di
diritto ecclesiastico, Milano 1979, 135 ss.; S. Lariccia, Diritto ecclesiastico, Padova 1986, 3 ss.;
L. Musselli – V. Tozzi, Manuale di diritto ecclesiastico. La disciplina giuridica del fenomeno reli-
gioso, Roma-Bari 2005, 3 ss.; G. Saraceni, Introduzione allo studio del diritto ecclesiastico, Napoli
1986, 34; L. Spinelli, Diritto ecclesiastico, Torino 1987, 7 ss.; M. Tedeschi, Manuale di diritto

                                               EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
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Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

    Con queste caratteristiche, la materia ecclesiastica rappresenta nu-
cleo centrale del patrimonio culturale e valoriale posto alla base di un
determinato modello di civiltà. A tal punto che, attraverso le norme
del diritto ecclesiastico – soprattutto ove riguardate in chiave storica
– appare possibile ricostruire tanto la vita e la ragion d’essere di molti
istituti giuridici contemporanei, quanto la parabola evolutiva di una
determinata collettività politica e del sottostante modello di convi-
venza sociale posto a fondamento del relativo organamento giuridico.
    Di fronte all’evidenziata peculiarità delle norme del “diritto eccle-
siastico”, l’ordinamento statuale sembrerebbe interessarsi alla materia
religiosa – e alle sue proiezioni esteriori sul terreno dei rapporti sociali
– esclusivamente allo scopo di conferire una certa qualificazione giuri-
dica a fatti e a comportamenti di natura spirituale considerati degni di
disciplina e di tutela non solo sul piano meramente fattuale. Difatti,
solitamente gli Stati tendono a disciplinare alcuni aspetti del fenome-
no religioso, soprattutto, per due ragioni di fondo.
    In primo luogo, per ragioni “difensive” (di “autotutela”): nel senso
che gli Stati, consapevoli del “potenziale” e della “forza” che le reli-
gioni possono esprimere (anche) nella sfera pubblica, tendono a rego-
lare taluni aspetti dell’esperienza religiosa dei consociati per tenerla
(in un certo senso) “sotto controllo”. In secondo luogo, per ragioni
“promozionali” (di “garanzia” e di “tutela” delle libertà fondamentali
dell’uomo): nel senso che gli Stati disciplinano la materia religiosa per
assicurare spazi di libertà in questo settore ai propri consociati; onde
consentire loro di potersi determinare (a seconda dei casi, più o meno)
“liberamente” nella sfera religiosa e nella dimensione sociale.
    Tuttavia, una più accorta riflessione sembra evidenziare la presenza
di più profonde ragioni giustificatrici e stimolatrici del particolare in-
teresse giuridico civile e statuale nei confronti del fenomeno religioso e
delle sue implicazioni sociali. Sul presupposto (pure storicamente veri-
ficabile) dell’esistenza di un oggettivo intreccio strutturale fra «diritto»
e «religione», infatti, l’analisi della fenomenologia religiosa da parte
degli operatori giuridici può dimostrarsi utile al fine di una migliore
comprensione del diritto stesso.

ecclesiastico, Torino 2010, 11 ss.; A. Vitale, Corso di diritto ecclesiastico. Ordinamento giuridico
e interessi religiosi, Milano 1998, 1 ss.

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Pasquale Lillo

    In questa prospettiva, il “diritto ecclesiastico” dello Stato, pur es-
sendo nato per cogliere i profili estrinseci della vita e della fenomenolo-
gia religiosa, e delle sue “ricadute” sul piano giuridico, in realtà, sembra
assolvere – anche – alla non meno rilevante funzione di favorire – at-
traverso lo studio delle dinamiche religiose – una migliore cognizione
delle ragioni più profonde del diritto stesso. Aprendo, in tal modo,
l’orizzonte conoscitivo ad una più completa comprensione degli aspetti
intrinseci della struttura giuridica.
    Così, sorto in origine per disciplinare determinati profili dell’inte-
resse religioso di carattere estrinseco e ad agevolarne (implicitamente) la
soddisfazione, invero, il “diritto ecclesiastico” – certamente insieme ad
altre discipline giuridiche parimenti fondamentali – appare costituire
“osservatorio” particolare, di studio e di indagine, del mondo del diritto
positivo. Seguendo questa prospettiva, esso si pone, nella specie, qua-
le strumento di conoscenza oggettivamente idoneo a cogliere alcuni
aspetti peculiari dello stesso interesse giuridico.
    Che la conoscenza del mondo religioso possa risultare funzionale
ad una migliore comprensione della struttura giuridica complessiva e
delle sue intrinseche dinamiche appare confermato, per altro, da alcuni
studi di settore3. Seguendo un metodo di indagine di tipo induttivo,
tali studi hanno evidenziato, all’interno dei processi che hanno ac-
compagnato l’evoluzione della società umana, l’esistenza di un antico,
originario e strettissimo legame fra esperienza giuridica e sfera religiosa.
    In particolare, esaminando la struttura sociale di talune comunità
umane arcaiche, è stato rilevato che l’attività e le pratiche religiose
permisero a tali aggregazioni pluripersonali di «riconoscersi come col-
lettività, di simbolizzare il loro ordine sociale»4. Accanto a questo fon-
damentale ruolo di identificazione sociale, la religione svolse, vieppiù,
un compito unitivo-unificativo del gruppo.
    Infatti, attraverso il ricorso ai «miti» e alle pratiche «rituali», ulte-
riore funzione della religione fu proprio quella «di far nascere e coltiva-
re sentimenti collettivi ed esprimere un senso di unità sociale»5. Sotto

3
  Cf. H. J. Berman, Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica oc­cidentale, Bologna
1998, 24 ss.
4
  B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, Bologna 1996, 47.
5
  B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, 47.

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Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

questo specifico aspetto, la «religione, quindi, funzionava per il man-
tenimento della coesione sociale», ponendosi quale collante essenziale
e strumentale all’unità della stessa struttura comunitaria6.
   Sulla base della considerazione che «sino a un passato non lon-
tano, morale religiosa e morale umana, diritto civile e diritto divino
facevano tutt’uno»7, la teoria sociologica di matrice funzionalista «in-
terpreta la religione come istituzione umana prodotta socialmente, la
cui funzione è di confermare il senso di identità e di appartenenza
sociale, promovendo il consenso collettivo»8. Per questa impostazione,
«è la società come tale che, attraverso la forma religiosa, promuove lo
sviluppo delle forze morali e dei sentimenti di fedeltà, dando vita alle
diverse istituzioni sociali»9.
   L’originario intreccio fra «diritto» e «religione» sarebbe ulterior-
mente testimoniato dalla specifica funzione del momento rituale, «nel
quale il gruppo sociale attualizza il proprio senso di appartenenza e
conferma i vincoli di solidarietà, aiutando i membri del gruppo a pren­
dere coscienza della loro unità morale, nel collegamento del presente
con il passato, dell’individuale con il collettivo»10.
   Dotate di queste connotazioni, le «pratiche rituali costituiscono
una sorta di oggettivizzazione delle credenze e delle tradizioni, e, come
tali, acquistano una propria autonomia»11. Tale “forza autonoma” dei

6
   B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, 47, il quale fa esplicito riferimento alla
«teoria funzionalistica della religione» elaborata da E. Durkheim, Le forme elementari della vita
religiosa, Milano 1963, in relazione allo studio dell’organizzazione sociale delle tribù aborigene
dell’Australia (tesi successivamente utilizzata, su scala generale, quale «teoria antropologica»
della «scuola funzionalista»: per uno studio di questa dottrina, cf. R. Treves, Sociologia del
diritto. Origini, ricerche, problemi, Torino 1996, 54 ss.).
7
  E. Durkheim, Per una definizione dei fenomeni religiosi, ed. E. Pace, Roma 1997, 60.
8
  F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, Roma-Bari 1997, 168.
9
   F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 168-169, il quale completa la descrizione di
questa tesi, osservando che «mediante la religione, l’individuo assimila, infatti, quei divieti,
quei valori morali, quel senso di appartenenza e di dipendenza tutelare, che, trasformando il
suo egoismo originario, lo spingono a mettere in atto comportamenti socialmente utili. Le
cerimonie e le feste religiose costituiscono momenti nei quali la collettività rappresenta emo-
tivamente sé stessa, rafforzando la sua solidarietà interna e la propria identità».
10
   F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 178.
11
    F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 178, secondo cui, inoltre, «la religione presta
attenzione agli aspetti pratici dell’esperienza vissuta, definendo regole generali di comporta-
mento, ma, al tempo stesso, essa tende a trascendere il momento puramente normativo della
morale, rinviando a responsabilità che non possono essere fondate soltanto sul principio di
reciprocità», 166.

EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
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Pasquale Lillo

riti religiosi presenta rilevanti ricadute (pure) sul terreno dei rappor-
ti sociali – i quali risultano necessariamente sottoposti, natura loro, a
regolamentazione giuridica – le cui dinamiche risultano, di tal fatta,
assiologicamente (com-)penetrate da determinate forme e simbologie
di natura religiosa12.

2. Dimensione giuridica dei valori religiosi negli ordinamenti politici

   Nell’indagine relativa allo studio dei fenomeni giuridici, sembra
esatto ritenere che l’interprete non deve dimenticare il legame fon-
damentale esistente tra il pre-giuridico e il giuridico, fra la dommatica
e la pre-dommatica13. E non dovrebbe trascurare, neppure, l’intima
connessione esistente tra la formula e la ragione sostanziale che quella
formula ha determinato e deve sorreggere14.
   Applicando questo criterio interpretativo e ricostruttivo alle vicen-
de storiche che attraversano l’esperienza degli ordinamenti politici, è
possibile evidenziare con chiarezza che l’elemento religioso, dall’età
antica fino ai nostri giorni, ha inciso più o meno profondamente sul-
la conformazione di diversi sistemi statuali, investendo le dinamiche
della loro sfera istituzionale e dell’esercizio stesso del potere sovrano.
   La vita di alcuni Stati ha risentito e tuttora risente in modo pe-
netrante della presenza religiosa, la quale dispiega i suoi effetti sia
nell’ambito della produzione normativa – dove i contenuti di taluni
atti normativi possono risultare ispirati o comunque rispettosi di de-
terminati valori religiosi – sia nell’ambito del governo politico statale
e delle forme mediante cui viene esercitato. Il fattore religioso – in
quanto annoverabile fra i diversi elementi caratterizzanti le dinami-
che della “sfera pubblica” statale15 – appare in grado di influenzare le

12
   E. Pace, Introduzione alla sociologia delle religioni, Roma 2007, 31 ss.
13
   In senso analogo, L. De Luca, «Diritto ecclesiastico», in Enciclopedia del diritto, vol. XII,
Milano 1964, 984 ss. Cf. altresì, E. Vitali, «Diritto ecclesiastico e storia», in Storia e dogmati-
ca nella scienza del diritto ecclesiastico, Milano 1982, 99 ss.; nonché, diversi contributi sul tema
contenuti in Dottrine generali del diritto e diritto ecclesiastico, Napoli 1988.
14
   P. Gismondi, «L’autonomia scientifica del diritto ecclesiastico», Annali dell’Università di
Macerata (1948) 92.
15
   Su un aspetto specifico del tema, cf., di recente, G. Di Cosimo, «Gli spazi pubblici e la religio-
ne», Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica. www.statoechiese.it 6 (2020) 20 ss.

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Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

vicende politiche e istituzionali dello Stato con diverse modalità e
intensità ricavabili dall’esperienza intercorsa: anche accompagnando,
sotto diversi aspetti e in determinate materie, la parabola evolutiva del
suo stesso ordinamento generale.
    Le ricadute giuridiche del fattore religioso nella sfera degli ordina-
menti civili contemporanei sono numerose, sia in ragione della varietà
dei comportamenti umani, personali e comunitari, ispirati da motiva-
zioni di ordine religioso, sia in ragione della numerosità delle situazioni
e delle relazioni esistenziali in cui la pratica religiosa comporta comun-
que specifiche ricadute sul piano del diritto.
    Per tale motivo, non sembra possibile esaminare compiutamente
i vari e numerosi profili giuridici dell’esperienza religiosa in questa
sede; nella quale, più limitatamente, si vuole soltanto evidenziare la
potenziale rilevanza giuridica dei “diritti religiosi” in relazione ad alcuni
specifici profili della vita di alcuni ordinamenti statali contemporanei.
    Infatti, l’esperienza intercorsa dimostra che in alcuni casi i “diritti
confessionali” rappresentano “modello di riferimento” per la disciplina
statuale di una serie di istituti giuridici secolari. Ancora, in altri casi, i
“diritti religiosi” sono considerati «fonti del diritto» statale ovvero han-
no comunque rilevanza civile all’interno dell’ordinamento dello Stato.
    In particolare, ove si guardi al sistema delle fonti normative di di-
versi diritti ecclesiastici nazionali, si può osservare che, in alcuni ordi-
namenti statali, le fonti giuridiche che vanno a comporre e ad alimen-
tare questo specifico settore del diritto sono di varia e articolata natura
e provenienza: e non esclusivamente – tutte – di stretta derivazione o
produzione statuale.
    Per esempio, prendendo in considerazione l’ordinamento italiano,
il diritto ecclesiastico nazionale comprende al suo interno una triade
di fonti differenziate: fonti unilaterali-statali; fonti bilaterali (o pattizie ov-
vero concordatarie); fonti unilaterali-confessionali.
    Appare agevole rilevare che, nel caso delle fonti pattizie e nel diffe-
rente caso delle fonti confessionali, il contenuto normativo delle stesse
fonti del diritto non è frutto di esercizio diretto ed esclusivo della so-
vranità normativa dello Stato italiano.
    Nel primo caso, infatti, si tratta di norme concordate, i cui contenuti
sono il risultato di negoziazione e di accordo fra lo Stato e la confes-
sione religiosa di volta in volta interessata (arg. ex artt. 7 e 8 cost. ita-

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Pasquale Lillo

liana). Nel secondo caso, addirittura, si tratta di contenuti normativi
del tutto estranei ed esterni alla volontà giuridica dello Stato, in quanto
rappresentano regole e previsioni di origine e di natura religiosa, cui
l’ordinamento statale può riconoscere rilevanza civile utilizzando gli
strumenti di raccordo tipici del diritto internazionale privato.
    Soffermando l’attenzione sulle due diverse tipologie di fonti del dirit-
to ecclesiastico italiano, può osservarsi, in primo luogo, che, in relazione
alle fonti normative bilaterali, attraverso il sistema degli accordi e delle
intese, si rende in parte possibile l’ingresso, la vigenza e l’efficacia della
“legge personale” di derivazione religiosa del cittadino-credente all’in-
terno dell’ordinamento giuridico nazionale16. Questa impostazione, im-
plicante una certa disponibilità dell’ordinamento verso “leggi personali”
di origine religiosa, configura gli artt. 7 ed 8 della Costituzione italiana
quali norme di (potenziale) apertura sistematica – in relazione alla di-
sciplina di determinate “materie miste” (di interesse e di competenza
bilaterale) – come rilevanti e particolarissime eccezioni di “lex personalis”,
derogative rispetto alla regola generale della “lex territorialis”17.
    La coordinazione istituzionale fra Stato e confessioni religiose nelle
materie di comune interesse si colloca nel solco delle ‘aperture’ ordi-
namentali attenuative della complessiva vis espansiva del potere sovra-
no statuale, in quanto il raccordo pattizio costituzionalmente previsto
importa, sotto il profilo formale, una co-partecipazione dei soggetti
religiosi – per loro natura estranei all’apparato istituzionale dello Sta-
to – al procedimento di produzione giuridica delle norme positive di
cui i medesimi saranno diretti destinatari. E comporta, sotto il profilo
sostanziale, un “riversamento” di principi e di contenuti normativi di
origine confessionale nell’ambito sistematico statuale.
    Difatti, sotto questo specifico profilo, in relazione alla disciplina di
determinate materie sulle quali le parti rivendicano una propria e re-
ciproca competenza, lo Stato rinuncia alla sua esclusività (espressione
della sua sovranità) consentendo che soggetti religiosi, ad esso stesso
del tutto estranei, possano veicolare all’interno del suo ordinamento

16
   Cf. in tal senso G. Dalla Torre, Le frontiere della vita. Etica, bioetica e diritto, Roma 1997,
84-85.
17
   Cf. G. Dalla Torre, Europa. Quale laicità?, Cinisello Balsamo 2003, 90 ss.; G. Dalla Tor-
re, «Chiesa e Stato nel sessantesimo della Costituzione», in Valori costituzionali. Per i sessanta
anni della Costituzione Italiana, ed. F. D’Agostino, Milano 2010, 254.

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 240
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

giuridico (comunque “indipendente” e “sovrano”) valori e precetti di
provenienza e di produzione materiale e sistematica non statuale.
    Tale fenomeno concorre a qualificare gli ordinamenti politici sta-
tuali in cui esso stesso si dispiega non soltanto come sistemi demo-
cratici “aperti” e pluralisti, ma soprattutto come sistemi a democrazia
sostanziale. Tali sistemi risultano basati, cioè, su una concezione della
democrazia sensibile a riconoscere particolare rilevanza ai valori sostan-
ziali (e perciò pure a quelli di origine religiosa) che la collettività civile
è in grado di esprimere, anche attraverso le sue formazioni sociali (per
il caso italiano, arg. ex artt. 1, 2 e 3 cost.)18.
    Di tal fatta, la rilevante eccezione (costituzionalmente consenti-
ta) al canone generale della nazionalità o della territorialità della legge
implica un’oggettiva attenuazione dell’esclusività del diritto statuale a
favore di una ‘apertura’ assiologica dell’ordinamento civile verso tavole
valoriali (pure) di origine religiosa, cui il civis-fidelis può fare riferimen-
to nel processo di affermazione e di crescita della sua stessa personalità.
Processo, giova sottolinearlo, verso il quale tende del resto – anche in
forza del disposto degli artt. 2 e 3, 2° comma, cost. italiana – l’intera
costruzione dell’ordinamento giuridico nazionale.
    Giova rilevare, inoltre, che gli artt. 7 ed 8 cost. italiana, pur muo-
vendosi su una linea formalmente istituzionistica in quanto volti a qua-
lificare e a valorizzare il particolarissimo ruolo “pubblicistico” svolto
dalle istituzioni confessionali, diversamente, possono essere riletti più
esattamente – come pare preferibile – in un’ottica personalistica.
    La “matrice” personalistica delle due disposizioni costituzionali – le
quali appaiono essenzialmente dirette a favorire, in ultima analisi, più
la persona del credente che non l’organizzazione religiosa di apparte-
nenza in sé e per sé considerata – può evincersi dal fatto che lo speciale
statuto giuridico di volta in volta disegnato dai diversi accordi ed intese
bilaterali è finalizzato a far beneficiare ciascuna determinata confessio-
ne di un regime giuridico particolare, ma con un intento in un certo
senso strumentale. Difatti, i patti e le convenzioni di cui agli artt. 7 ed 8
cost. italiana, ove regolarmente recepiti ovvero resi esecutivi mediante

18
   Per le argomentazioni poste a sostegno di questa linea di pensiero, cf. P. Lillo, «Democra-
zia e religione nell’orizzonte costituzionale», Diritto Pubblico Comparato ed Europeo – DPCE
online, Saggi 2 (2020) 1195 ss.

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Pasquale Lillo

corrispondenti atti normativi statuali, rappresentano funzionalmente il
veicolo attraverso cui sono ‘riversate’ nell’ordinamento statale norme
giuridiche non prodotte materialmente ed esclusivamente dal legisla-
tore civile, le quali, nondimeno, possono andare a toccare in alcuni
aspetti rilevanti della vita personale dei consociati.
    In secondo luogo, per quanto riguarda le fonti normative confessio-
nali (o unilaterali-confessionali), cui il diritto italiano fa riferimento in
rari casi attraverso i meccanismi di raccordo tipici del diritto inter-
nazionale privato (rinvio formale, rinvio materiale, presupposto in senso
tecnico)19, esse rappresentano strumenti e fattispecie mediante le quali
si rende in parte possibile l’ingresso, la vigenza e l’efficacia della “lex
personalis” di derivazione religiosa del cittadino-credente all’interno
dell’ordinamento territoriale nazionale.
    Il travaso di valori religiosi nella sfera dell’ordinamento civile deter-
minato dal richiamo di specifiche regole religiose può implicare, in rela-
zione a determinate fattispecie, l’ingresso della c.d. “legge personale” di
derivazione confessionale – e, dunque, l’ingresso di determinati prin-
cipi o precetti di natura sostanzialmente religiosa – all’interno delle
maglie del tessuto dell’ordinamento positivo nazionale. Con il risultato
di integrare e di arricchire, in modo qualitativo, la struttura materiale
complessiva del sistema normativo dello Stato.

3. Diritti confessionali e ordinamento civile

   La possibile incidenza normativa dei diritti religiosi all’interno degli
ordinamenti statali appare confermata altresì dal punto di vista storico.
   Per quanto riguarda, in specie, il tema della funzione paradigmatica
di norme di origine religiosa all’interno di alcuni ordinamenti civili
contemporanei di matrice “occidentale”, l’esperienza giuridica finora
maturata evidenzia, innanzitutto, che il diritto della Chiesa cattoli-
ca (il “diritto canonico”) ha inciso – talvolta in modo significativo
– nell’ambito di diversi sistemi politici statuali. Fino ad arrivare ad
influenzare, in determinate circostanze, la nascita o la struttura di de-

19
  Per una riflessione su tali strumenti giuridici dal punto di vista del diritto ecclesiastico sta-
tale, cf. P. Lillo, L’adattamento dell’ordinamento interno al “diritto pattizio”. Contributo allo studio
delle fonti del diritto ecclesiastico italiano, Milano 1992, 2 ss.

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 242
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

terminati istituti giuridici “secolari”, tanto afferenti all’area del diritto
privato, quanto inerenti al settore del diritto pubblico.
    Ad esempio, casi di “civilizzazione” del diritto canonico, che si sono
tradotti in una trasformazione o “conversione” di figure tipicamente ca-
nonistiche in veri e propri istituti giuridici “secolari”, sono riscontrabili
nella sfera del diritto matrimoniale e del diritto di famiglia di molti or-
dinamenti statali europei. Infatti, nell’ambito di tali ordinamenti politici
la gran parte delle “figure matrimoniali” risultano ispirate – sotto svariati
aspetti formali e sostanziali – (anche) al modello matrimoniale canonico.
    Tale stretta connessione al diritto canonico appare evidente segna-
tamente in ordine ad alcuni aspetti inerenti alla struttura fisiologica
dell’istituto matrimoniale (necessità dello “stato libero” e della diver-
sità di genere dei nubendi per contrarre validamente le nozze, carattere
monoganico del modello matrimoniale, requisiti richiesti per esprime-
re un valido consenso nuziale, diritti e doveri reciproci dei coniugi,
etc.). Ancora, tale intimo collegamento con l’ordinamento canonico
appare evidente in ordine ad altri aspetti legati ad eventuali patologie
del patto coniugale: per esempio, in relazione ai vizi del consenso ov-
vero in rapporto alle cause di scioglimento del rapporto nuziale, come
la c.d. “inconsumazione” sponsale del matrimonio.
    Analogamente, per quanto riguarda l’area giuspubblicistica, ad
esempio, il diritto costituzionale italiano si richiama a importanti prin-
cipi che presentano evidenti radici o ascendenze canonistiche: come, a
titolo indicativo, il principio maggioritario, il principio di solidarietà, il
principio di sussidiarietà, il principio di laicità dello Stato basato sulla
distinzione “dualistica” cristiana fra “Cesare e Dio”, fra sfera civile e
ordine confessionale.
    Di più, si riscontrano evidenti tracce dell’influenza canonistica nel
diritto penale italiano in relazione alla previsione di ipotesi delittuose,
come i c.d. reati “religiosi” (contro le persone dei ministri di culto
ovvero contro le c.d. “res sacrae”) ovvero come le figure di reato che
possono riguardare non esclusivamente e solamente le persone fisiche
– giusta la tradizione giuridica proveniente dal diritto romano – ma
anche determinate tipologie di “persone giuridiche” (imputabilità di
taluni reati finanziari a carico di organizzazioni criminali internazio-
nali di stampo mafioso). Infine, in relazione al diritto internazionale,
sembra esistere un sostanziale collegamento fra il principio di effettività

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Pasquale Lillo

vigente in seno alla Comunità internazionale contemporanea e il tra-
dizionale principio della elasticità del diritto canonico, derivante dai
valori fondamentali della “grazia” e della “tolleranza” sintetizzabili nel
brocardo “tolerari potest”20.
    Accanto all’oggettiva influenza del diritto della Chiesa cattolica
nella struttura normativa di alcuni ordinamenti statali afferenti all’area
europea, anche altri diritti o valori religiosi (ad es., di matrice induista,
buddista, confuciana, taoista, shintoista, etc.) hanno alimentato, nel
tempo, la sfera della produzione giuridica di vari ordinamenti statuali
del continente asiatico.
    Peraltro, fra le diverse modalità di raccordo fra “diritto” e “religio-
ne”, tra Stato e sfera religiosa, alcune rappresentano espressione di
impostazioni dottrinali basate su una visione unitaria e monolitica della
realtà umana, sociale e politica.
    Tali orientamenti dottrinali hanno trovato particolare incarnazio-
ne – fra l’altro – in specifici sistemi istituzionali che hanno dato vita a
regimi politici di natura teocratica ovvero cesaropapistica, fondati (cia-
scuno con proprie e diverse caratteristiche originali) sul presupposto
dell’esistenza di una oggettiva fusione e compenetrazione tra ordina-
mento civile e dimensione religiosa21. Con la conseguenza che, in tali
specifiche realtà sistematiche, le fonti confessionali hanno svolto e
continuano a svolgere un ruolo normativo essenziale, condizionante
profondamente le dinamiche giuridiche dell’intero ordinamento dello
Stato.
    D’altro canto, pure nella gran parte delle società civili proprie degli
ordinamenti statali contemporanei a struttura democratica “aperta” e
“pluralista” (le c.d. “democrazie occidentali”), il fattore religioso costi-
tuisce elemento di speciale rilevanza giuridica e costituzionale – poten-
zialmente incidente, in determinate fattispecie, sui fattori di produzio-
ne del diritto nazionale. Tale fenomeno accade per una serie di ragioni
derivanti, per certi versi, dal particolare ruolo “pubblico” riconosciuto
all’esperienza religiosa (pure) nell’odierna dimensione sociale.

20
   Cf. in tema, il classico (ora di recente riedizione) di N. Nilles, Tolerari Potest. De Juridico
Valore Decreti Tolerantiae Commentarius, London 2019.
21
   Cf. di recente in argomento, P. Lillo, «Sovranità politica e dimensione religiosa nei siste-
mi unionisti», Federalismi.it. Rivista telematica di Diritto Pubblico Italiano, Comparato, Europeo.
www.federalismi.it 9 (2019) 1 ss.

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 244
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

    In questa prospettiva, il sentimento religioso non si limita soltanto a
toccare la dimensione privata dei singoli (la loro coscienza personale),
ma si estende anche ai loro comportamenti (individuali e collettivi) e
alle loro relazioni esterne e sociali di natura interpersonale. Il fenome-
no religioso incide, così, nelle dinamiche pubbliche degli ordinamenti
politici contemporanei, sollecitando gli Stati a disciplinarne alcuni
aspetti ritenuti di fondamentale importanza.
    Sul piano oggettivo, infatti, le religioni tendono ad influenzare –
talvolta in modo profondo – il tessuto connettivo e culturale della
società civile, il suo patrimonio etico e valoriale, i suoi usi, i costumi,
le tradizioni popolari e i modelli comportamentali (individuali e col-
lettivi, pubblici e privati): idealmente e potenzialmente incidendo, in
modo diretto ovvero indiretto, nei sistemi di produzione normativa
dello Stato.
    Sicché, i valori religiosi permeanti determinate società civili e con-
tenuti nei rispettivi “diritti confessionali” possono essere richiamati dal
diritto positivo dello Stato come fonti normative confessionali, integra-
tive del tessuto giuridico del diritto ecclesiastico nazionale. In questi
casi, le norme di origine religiosa, pur presentando contenuti precettivi
geneticamente esterni ed estranei rispetto alla sfera giuridica statuale,
tuttavia, possono avere rilevanza civile – mediante specifici richiami ope-
rati da disposizioni statali – in guisa di vere e proprie fonti del diritto
(ecclesiastico) interno dello Stato.
    Inoltre, nell’ambito di alcuni sistemi politici contemporanei, de-
terminati “ordinamenti confessionali” sono considerati nei rispettivi
diritti ecclesiastici interni, non semplici fonti esterne richiamate, bensì
sono considerati vere e proprie «fonti» interne (e dirette) del diritto
positivo dello Stato.
    In questi casi – in forza di espresse disposizioni normative – al-
cune regole di un determinato “diritto religioso” sono riconosciute
ufficialmente come «fonte» formale dell’ordinamento positivo stata-
le; ed entrano a comporre e ad integrare, insieme agli altri e diversi
atti-fonte prodotti sostanzialmente da organi statuali, il complessivo
sistema delle «fonti del diritto» di quello Stato. Si tratta di quelle
fattispecie in cui un determinato “diritto confessionale” non viene
considerato come espressione di una fonte normativa esterna (o “stra-
niera”) che viene richiamata attraverso appositi meccanismi tecnici

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Pasquale Lillo

di rinvio da parte del legislatore dello Stato (di derivazione interna-
zionalprivatistica: rinvio formale, rinvio materiale, presupposizione); ma
viene considerato, più esattamente, come espressione di una «fonte
giuridica» interna, organicamente incorporata nelle maglie del tessuto
ordinamentale statale.
    Quando si verificano queste specifiche situazioni, le norme religiose
prese in considerazione non sono qualificabili come meri “fatti” giuri-
dici (alla stregua di “fonti-fatto”), che possono (in ipotesi) produrre ef-
fetti giuridici in Italia solo e soltanto nei casi in cui ciò sia determinato
dalla “volontà” del legislatore civile (espressione della sovranità poli-
tica dello Stato), il quale ad esse faccia rinvio mediante i meccanismi di
collegamento previsti dal diritto internazionale privato. Diversamente,
in tali casi, la «fonte confessionale» – per esplicito disposto normativo
statuale – integra direttamente il corpo del sistema delle fonti del diritto
di quel determinato Stato, pur presentando essenza, natura giuridica e
provenienza diversa rispetto alle altre «fonti formali» (prodotte diret-
tamente dal legislatore civile) integrative del diritto statuale.
    Per evidenziare la rilevanza che le norme di origine confessionale
possono presentare all’interno di alcuni particolari ordinamenti con-
temporanei, verranno esaminati tre casi di differente natura: ma con-
vergenti nel rappresentare, ciascuno con propri tratti di singolare ori-
ginalità, la significativa incidenza dispiegata dal fattore religioso pure
all’interno dei sistemi di produzione dello stesso diritto statale.

4. Fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano

   Una profonda influenza del diritto canonico in relazione alla vita e
alle dinamiche politiche statuali – implicante, peraltro, una tendenziale
preminenza giurisdizionale dell’autorità religiosa sulla dimensione tem-
porale – è riscontrabile specialmente nei singolari e distinti casi dell’or-
dinamento giuridico dello Stato pontificio (c.d. Stato della Chiesa o Patri-
monio di S. Pietro), e dell’ordinamento positivo dello Stato della Città del
Vaticano. In tali singolari contesti sistematici, infatti, la fonte principale
del diritto interno dello Stato è rappresentata dal diritto canonico.
   Innanzitutto, tale caratteristica normativa era individuabile, in
epoca passata, all’interno dello Stato pontificio, il quale costituiva

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246
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

una realtà statale piuttosto peculiare nell’ambito del generale pano-
rama politica europeo. Il suo primo nucleo genetico risaliva alla metà
dell’VIII secolo, quando il Papato, ormai di fatto politicamente sgan-
ciato dall’Impero bizantino, era riuscito ad affrancarsi anche dall’ege-
monia longobarda con l’aiuto dei Franchi.
    La sovranità temporale del Pontefice romano esercitata sul territo-
rio del c.d. Stato della Chiesa durò, sia pure con alterne vicende, per
circa un millennio, fino alla sua definitiva estinzione nel 187022. Tale
potere temporale si consolidò in modo effettivo soltanto a partire dalla
metà del sec. XV, quando, di fronte al sorgere degli Stati moderni, pure
la Chiesa si costituì in “Principatus civilis” per garantirsi un proprio spa-
zio vitale di azione e di indipendenza dalle Potenze secolari europee23.
    Si tratta di una figura statuale del tutto particolare, costituente un
unicum nel panorama politico mondiale, la cui creazione sarebbe stata
motivata dall’esigenza di sottrarre i Pontefici – insieme al loro Ufficio
centrale di governo della Chiesa universale – dai (possibili e) contin-
genti condizionamenti delle varie sovranità temporali.
    Non può considerarsi continuazione storico-politica dello Stato
pontificio (che si era definitivamente estinto per debellatio nel 1870)
l’attuale Stato della Città del Vaticano, sorto nel 1929 in virtù del
Trattato lateranense stipulato fra l’Italia e la Santa Sede per risolvere
la c.d. “Questione romana”24.
    Lo S.C.V. rappresenta una entità statuale geneticamente originale
e del tutto sui generis, sia sotto l’aspetto strutturale, sia sotto il profilo
funzionale25.
    Sotto il primo aspetto, i suoi elementi costitutivi (popolo, territorio e
sovranità) presentano delle caratteristiche peculiari, non riscontrabili
nell’esperienza di altri ordinamenti statuali26. Da questo punto di vista,
infatti, sembra opportuno segnalare che, a parte la singolare esiguità

22
   Per un esame delle diverse tappe storiche dello Stato pontificio, cf. F. Ercole, «Chiesa (Lo
Stato della Chiesa)», in Enciclopedia italiana, vol. X, Roma 1950, 38 ss.
23
   Cf. P. Prodi, Il sovrano Pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età
moderna, Bologna 1982, 9.
24
   Cf. M. Tedeschi, «Vaticano (Stato Città del)», in Enciclopedia del diritto, vol. 46, Milano
1993, 284 ss., spec. 295.
25
   Cf. F. Cammeo, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano, Città del Vaticano
2005, 7 ss.
26
   Cf. V. Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano 1970, 86 ss.

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Pasquale Lillo

geografica (quasi “simbolica”) del territorio vaticano, il popolo, che ri-
sulta costituito quasi esclusivamente da funzionari ecclesiastici e da
dipendenti laici e dalle loro rispettive famiglie, non dà vita ad una
collettività umana stabile e attiva e in potenziale espansione demo-
grafica, ma è costituito da un insieme di cittadini aventi (in un certo
senso) un ruolo “funzionale” rispetto allo Stato (e non viceversa, come
dovrebbe accadere normalmente, invece, all’interno degli Stati) i quali
hanno acquisito lo status civitatis comunque in modo temporaneo, per
concessione o per svolgere una loro specifica “funzione”. Quanto alla
sovranità, la potestà di governo o d’imperio appartiene costituzional-
mente alla Santa Sede, e cioè al Sommo Pontefice, il quale riunisce
in modo stabile nella propria persona due potestà supreme: quella di
Capo visibile della Chiesa cattolica universale, e quella di sovrano
dello Stato della Città del Vaticano.
    Sotto il secondo profilo, lo S.C.V. difetta del requisito, tipicamente
presente in tutti gli altri Stati, della “politicità” (in senso tecnico),
ossia non è stato creato per perseguire istituzionalmente e in via prio-
ritaria fini di carattere generale (e, perciò, “politici”) che interessino il
benessere e il progresso della sua collettività. In altri termini, lo S.C.V.,
pur interessandosi (ovviamente) del “bene comune” e della tutela dei
suoi cittadini, non è stato creato allo scopo principale di provvedere
a soddisfare i bisogni di coloro che possiedono la cittadinanza al suo
interno; non appare essere stato costituto, primariamente, quale sog-
getto statuale “politico” (in senso proprio) diretto a provvedere al sod-
disfacimento delle esigenze fondamentali dei suoi cittadini e alla cura
primaria dell’interesse pubblico e generale della sua comunità.
    Invece, lo S.C.V. appare geneticamente costituito per ragioni e
per finalità del tutto diverse, di carattere strumentale e non di natura
“politica”. La Città-Stato vaticana appare configurarsi come soggetto
istituzionale essenzialmente finalizzato ad assicurare alla Santa Sede la
libertà e l’assoluta e visibile indipendenza da qualsiasi altro potentato
politico nello svolgimento della sua funzione religiosa, e a garantirle
piena sovranità anche in campo internazionale27.

27
  Circa le peculiarità della sovranità (o soggettività) internazionale dello Stato della Città
del Vaticano, cf., di recente, E. Greppi, «Qualche riflessione sulla soggettività internazionale
della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano», Quaderni di Diritto e Politica Eccle-

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 248
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale

    Dal punto di vista classificatorio, e tenendo sempre in debito conto
il fatto della relatività e della oggettiva opinabilità degli schemi qualifi-
catori, lo S.C.V. assume una particolare configurazione sia sotto il pro-
filo del diritto costituzionale sia sotto il profilo del diritto ecclesiastico.
    Sotto l’aspetto costituzionalistico, la Città-Stato vaticana si presenta
come uno Stato patrimoniale (forma di stato), retto da una monarchia
elettiva e assoluta (forma di governo)28.
    Infatti, la Santa Sede non solo esercita un’assoluta potestà pubbli-
cistica su tutto il territorio vaticano, ma ne possiede altresì la “piena
proprietà” (di diritto privato), costituendo l’elemento territoriale (in-
sieme a tutte le sue dotazioni immobiliari, le sue pertinenze e i suoi
accessori) “patrimonio” di esclusiva proprietà del sovrano Pontefice29.
Lo S.C.V., inoltre, è retto da un monarca elettivo che esercita un po-
tere di governo assoluto30, in quanto tutte le prerogative e le potestà
fondamentali competono istituzionalmente al sovrano, il quale può di-
screzionalmente demandarne l’esercizio a funzionari delegati, i quali, a
sua personale discrezione, possono essere sempre rimossi dall’incarico31.
    Nell’ambito di questa singolare cornice ordinamentale, il diritto ca-
nonico è «fonte» interna del sistema normativo vaticano. In particola-
re, l’ordinamento giuridico della Chiesa cattolica appare essere fonte
del diritto statale vaticano tanto dal punto di vista oggettivo e formale,
quanto dal punto di vista soggettivo e sostanziale.
    Infatti, sotto il profilo oggettivo, il diritto canonico è ricompreso fra
le fonti formali dell’ordinamento della Città del Vaticano da una spe-
cifica legge dello Stato. Sia la legge vaticana sulle fonti del diritto 7
giugno 1929, n. II (secondo cui «sono fonti principali del diritto og-

siastica 2 (2017) 325 ss.
28
   Cf. G. Dalla Torre, «Vaticano (Stato della città del)», in Enciclopedia giuridica, vol. 32,
Roma 1994, 3; G. Dalla Torre, Lezioni di diritto vaticano, Torino 2020, 44 ss.; G. Dalla
Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino 2014, 377, il quale precisa che «la Città del Va-
ticano rientra nella categoria, conosciuta al diritto pubblico e al diritto internazionale, degli
Stati-mezzo anziché a quella, ordinaria, degli Stati-fine».
29
   Cf. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, 263.
30
   Cf. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, 263 ss.; S. Gherro, Stato e Chiesa ordinamento,
Torino 1994, 69; W. Schulz, «Città del Vaticano (Stato della)», in Digesto delle Discipline
Pubblicistiche, vol. 3, Torino 1989, 111.
31
   Per un’articolata disamina delle fonti del diritto vaticano in argomento, cf. G. Dalla Tor-
re, Lezioni di diritto vaticano, 46 ss.

EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
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Pasquale Lillo

gettivo nello Stato della Città del Vaticano: a) il Codex iuris canonici e
le Costituzioni Apostoliche; b) le leggi emanate per la Città del Vati-
cano dal Sommo Pontefice o da altra autorità da lui delegata, nonché
i regolamenti legittimamente emanati dall’autorità competente»), sia
la nuova legge vaticana sulle fonti del diritto 1° ottobre 2008, n. LXXI
(che abroga la precedente), riconoscono un primato normativo al diritto
canonico nel sistema delle fonti dell’ordinamento vaticano32.
    Nella specie, tale posizione normativa riservata a favore del diritto
canonico, nel quadro della gerarchia delle fonti vaticane, sembra ora
rafforzato dalle statuizioni del nuovo testo della legge sulle fonti del
2008, la quale distingue chiaramente fra “fonte primaria” e “fonti prin-
cipali” del sistema giuridico statale.
    Tale primazia gerarchica delle norme giuridiche canoniche rispetto
agli altri atti normativi vaticani appare desumibile dall’art. 1 della ci-
tata legge sulle fonti del 1° ottobre 2008, secondo cui

     1) L’ordinamento giuridico vaticano riconosce nell’ordinamento canoni-
     co la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpreta-
     tivo. 2) Sono fonti principali del diritto la legge fondamentale e le leggi
     promulgate per lo Stato della Città del Vaticano dal Sommo Pontefice,
     dalla Pontificia Commissione o da altre autorità alle quali Egli abbia con-
     ferito l’esercizio del potere legislativo. 3) Quanto disposto circa le leggi
     riguarda parimenti i decreti, i regolamenti e ogni altra disposizione nor-
     mativa legittimamente emanati. 4) L’ordinamento giuridico vaticano si
     conforma alle norme di diritto internazionale generale e a quelle deri-
     vanti da trattati e altri accordi di cui la Santa Sede è parte, salvo quanto
     prescritto al n. 133.

   Un primato gerarchico delle fonti giuridiche canoniche che sembre-
rebbe estendersi – almeno prima facie – nei confronti di tutti gli atti
normativi vaticani, compresa (di conseguenza) la stessa «Legge fonda-
mentale» dello S.C.V. (legge 7 giugno 1929, n. I, ora sostituita dalla

32
   P. A. Bonnet, «Le fonti normative e la funzione legislativa nello Stato della Città del Va-
ticano», Archivio Giuridico 4 (2009) 457 ss.
33
   Peraltro, l’art. 4 delle legge sulle fonti del diritto 1° ottobre 2008, n. LXXI, nel fare riferi-
mento ai possibili casi di recezione vaticana della «legislazione italiana» in via «suppletiva»
(art. 3), riserva alla competenza esclusiva del diritto canonico la regolazione di specifiche
materie (art. 4): sul punto, cf. G. Dalla Torre, Lezioni di diritto vaticano, 82-84.

                                             EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
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