EPHEMERIDES IURIS CANONICI - 62 (2022) n. 1 - Nuova Serie-Unitus Dspace
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EPHEMERIDES IURIS CANONICI – Nuova Serie – 62 (2022) n. 1 EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Ephemerides Iuris Canonici Nuova Serie 62 (2022) n. 1 Comitato Scientifico – Scientific Committee Juan Ignacio Arrieta; Orazio Condorelli; Jean Paul Durand; Péter Erdő ; Carlo Fantappiè;Brian Edwin Ferme; Montserrat Gas Aixendri; Pablo Gefaell; Wojciech Koval; Kurt Martens; Cesare Mirabelli; Paolo Moneta; Jorge Otaduy; Kenneth Pennington; Helmuth Pree; Luigi Sabbarese; Ludwig Schmugge; Péter Szabó; Patrick Valdrini. Direzione Scientifica – Scientific Direction Eduardo Baura; Geraldina Boni; Giuliano Brugnotto; Giuseppe Comotti; Pierpaolo Dal Corso; Benedict Ndubueze Ejeh; Andrea Favaro; Giorgio Feliciani; Paola Lambrini; Manlio Miele; Chiara Minelli; Andrea Nicolussi; Vincenzo Pacillo; Cecilia Pedrazza Gorlero; Bruno Fabio Pighin; Andrea Pin; Roberto Senigaglia; Naonyir Sébastien Somda; Stefano Troiano; Matteo Visioli. Direttore Scientifico Bruno Fabio Pighin Direttore Responsabile Giuliano Brugnotto Segretario Fabio Fornalè Segretario di Redazione Costantino-Matteo Fabris Redazione Marcianum Press Ufficio Abbonamenti Edizioni Studium Srl Tel. +39 030 29 93 305 Dorsoduro 1 – 30123 Venezia e-mail: abbonamenti@edizionistudium.it Tel. +39 041 27 43 914 sito: www.marcianumpress.it e-mail: ephic@fdcmarcianum.it La rivista è semestrale – condizioni per il 2022 Abbonamento annuale Italia: € 62,00 Prezzo del fascicolo: € 38,00 Europa: € 92,00 Annata arretrata Italia: € 80,00 Resto del mondo: € 120,00 Annata arretrata estero: € 120,00 Imprimatur: Venezia, 27 aprile 2022, Mons. Angelo Pagan, Vicario Generale Per richiedere la pubblicazione di articoli spedire la richiesta a: Redazione Ephemerides Iuris Canonici, Dorsoduro, 1 – 30123 Venezia, pure via e-mail ephic@fdcmarcianum.it Tutti gli articoli inviati verranno sottoposti a procedura di peer review da parte di revisori esterni anonimi. I contributi pubblicati in questa rivista sono registrati in: Canon Law Abstract (Dublin-Essex), Bibliografia canonistica G.I.D.D.C. (Italia), DoGi (Italia), DaKaR (Germania), Kaldi (Austria). Per la riproduzione anche parziale degli scritti qui pubblicati è necessaria l’autorizzazione esplicita della Redazione. Autorizzazione del Trib. di Venezia n. 2 del 5.2.2009 Iscrizione al R.O.C. n. 1515 del 09.08.2005 ISSN 0013-9491 ISBN 978-88-6512-839-8
Indice Paola Lambrini, Ipotesi di responsabilità per fatto altrui nel diritto penale romano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Stefano Troiano, La decorrenza della prescrizione nella responsabilità extracontrattuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Daniele Velo Dalbrenta, Il tempo come giudice. Una riflessione filosofico-giuridica su prescrizione e dintorni . . . . . . . 63 Giuseppe Comotti, Atti del Vescovo diocesano e legale rappresentanza della diocesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Matteo Carnì, Enti ecclesiastici e costituzione di parte civile . . . . 119 Pierpaolo Dal Corso, Le nuove Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis: tra continuità e discontinuità nella disciplina . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143 Giacomo Incitti, Il diritto missionario tra continuità e trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 Fabio Fornalè, La rimozione del veto a contrarre nuove nozze con particolare riferimento al ruolo della coscienza morale dell’Ordinario del luogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 Pasquale Lillo, Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 Davide Dimodugno, Dal capitolo monastico a forme di gestione partecipata per la rigenerazione del patrimonio culturale delle comunità di vita consacrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 Szabolcs Anzelm Szuromi, The Most Important Authors and Scientific Works in Canon Law Between 1545 and 1773. (A Brief Overview) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283 EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Recensioni Jesús Miñambres – Benedict N. Ejeh – Fernando Puig (a cura di), Studi sul diritto del governo e dell’organizzazione della Chiesa in onore di Mons. Juan Ignacio Arrieta (Costantino-M. Fabris) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297 Péter Erdő , Il diritto canonico tra salvezza e realtà sociale. Studi scelti in venticinque anni di docenza e pastorale (Pierpaolo Dal Corso) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300 Bruno Fabio Pighin, Il nuovo sistema penale della Chiesa (Giovanni Parise) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 308 Andrea Errera, Il “Movimento giuridico di un popolo” Nino Tamassia e l’insegnamento della Storia del diritto nell’anno accademico 1899-1900 (Giulietta Voltolina) . . . . . . . . . 314 Fabrizio Casazza, Le sfide del governo pastorale – In ascolto dei Vescovi italiani (Roberto Carlo Delconte) . . . . . . . . . . . . . . . . 318 Giovanni Parise, Opus Iustitiae Pax. Saggi di diritto canonico in memoriam del ven. Pio XII (Javier Canosa) . . . . . . . . . . . . . . . 325 Libri ricevuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329
EPHEMERIDES IURIS CANONICI 62 (2022) 233-256 Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale Pasquale Lillo Sommario 1. Funzione sistematica del diritto ecclesiastico. – 2. Dimensione giuridica dei valori religiosi negli ordinamenti politici. – 3. Diritti confessionali e ordinamento civile. – 4. Fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano. – 5. Rilevanza civile di norme religiose ebraiche e di regole musulmane. – 6. Caratteristiche specifiche del diritto ecclesiastico statale. Riassunto Abstract Il fenomeno religioso segna l’identità The religious phenomenon marks the culturale e valoriale di popoli e nazioni, cultural and value identity of peoples specialmente nel loro divenire esisten- and nations, especially in their existen- ziale. Il ramo dell’ordinamento statua- tial becoming. The branch of the state le che disciplina la materia religiosa è system that governs religious matters is convenzionalmente denominato diritto conventionally referred to as ecclesias- ecclesiastico; tale disciplina esprime sul tical law; this discipline expresses on a piano giuridico il profilo ideale di una legal level the ideal profile of a specific determinata cultura sociale capace di in- social culture capable of affecting the cidere nella struttura dell’intero sistema structure of the entire state legal system. giuridico statale. Il diritto ecclesiastico Ecclesiastical law seems to carry out the sembra svolgere la funzione di favorire function of favoring a better understand- una migliore cognizione delle ragioni più ing of the deeper reasons of the law itself profonde del diritto stesso attraverso lo through the study of the religious phe- studio del fenomeno religioso. nomenon. The essay intends to analyze Il contributo intende analizzare una serie some peculiarities typical of the ecclesi- di peculiarità tipiche del diritto ecclesia- astical law. stico dello stato. Parole chiave: diritto ecclesiastico, valori religiosi, diritti confessionali Key word: ecclesiastical law; religious values; confessional rights. * Contributo sottoposto a referaggio. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491
Pasquale Lillo 1. Funzione sistematica del diritto ecclesiastico statale Dove riguardata in una prospettiva di gradualità temporale, la di- mensione religiosa dell’uomo appare in grado di esprimere particola- re testimonianza spirituale di ogni singola comunità politica. Come evidenziato da diverse ricerche storiche e sociologiche, il fenomeno religioso segna l’identità culturale e valoriale di popoli e nazioni, spe- cialmente nel loro divenire esistenziale. Quel ramo dell’ordinamento statuale che, nel valorizzare e nel dare consistenza giuridica all’esperienza spirituale dell’uomo, disciplina spe- cificatamente la materia religiosa è denominato convenzionalmente “diritto ecclesiastico”. Il “diritto ecclesiastico” non rappresenta soltanto uno dei vari rami o settori particolari dell’ordinamento dello Stato, ma rappresenta, so- prattutto, disciplina diretta ad esprimere sul piano giuridico il singolare profilo ideale di una determinata cultura sociale, capace di incidere significativamente nella struttura complessiva dell’intero sistema giu- ridico statale1. Sul piano convenzionale ed accademico, con l’intento di delinearne il profilo strutturale e funzionale, si vuole indicare con l’espressione “diritto ecclesiastico” quel settore del diritto pubblico statuale costitu- ito dal complesso delle norme civili e confessionali, vigenti in materia religiosa ed ecclesiastica, regolative del fenomeno sociale religioso2. 1 Cf., fra gli altri, G. Catalano, Lezioni di diritto ecclesiastico. Parte Prima, Milano 1989, 5-6; L. De Luca, Diritto ecclesiastico ed esperienza giuridica, Milano 1976, 111; P. Gismondi, Lezioni di diritto ecclesiastico. Stato e confessioni religiose, Milano 1975, 1 ss.; C. Magni, Teoria e interpreta- zione del diritto ecclesiastico civile, ed. E. Vitali, Bologna 1994, 321 ss., spec. 325. 2 Per la dottrina e la manualistica italiana a cavallo fra gli ultimi decenni del Novecento e i primi anni del Terzo Millennio, cf. A. Albisetti, «Diritto ecclesiastico italiano», in Digesto delle Discipline Pubblicistiche, vol. V, Torino 1990, 236; G. Barberini, Lezioni di diritto ecclesia- stico, Torino 2000, XI ss.; R. Botta, Manuale di diritto ecclesiastico. Valori religiosi e società civile, Torino 1998, 9 ss.; C. Cardia, Manuale di diritto ecclesiastico, Bologna 1999, 168 ss., 209 ss.; G. Dalla Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino 2014, 37 ss.; P. A. d’Avack, Trattato di diritto ecclesiastico italiano. Parte generale, Milano 1978, 3; L. De Luca, Diritto ecclesiastico ed esperienza giuridica, Milano 1976, 3 ss.; V. Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano 1970, 3; F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, Bologna 2020, 3 ss.; A. C. Jemolo, Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano 1979, 135 ss.; S. Lariccia, Diritto ecclesiastico, Padova 1986, 3 ss.; L. Musselli – V. Tozzi, Manuale di diritto ecclesiastico. La disciplina giuridica del fenomeno reli- gioso, Roma-Bari 2005, 3 ss.; G. Saraceni, Introduzione allo studio del diritto ecclesiastico, Napoli 1986, 34; L. Spinelli, Diritto ecclesiastico, Torino 1987, 7 ss.; M. Tedeschi, Manuale di diritto EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 234
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale Con queste caratteristiche, la materia ecclesiastica rappresenta nu- cleo centrale del patrimonio culturale e valoriale posto alla base di un determinato modello di civiltà. A tal punto che, attraverso le norme del diritto ecclesiastico – soprattutto ove riguardate in chiave storica – appare possibile ricostruire tanto la vita e la ragion d’essere di molti istituti giuridici contemporanei, quanto la parabola evolutiva di una determinata collettività politica e del sottostante modello di convi- venza sociale posto a fondamento del relativo organamento giuridico. Di fronte all’evidenziata peculiarità delle norme del “diritto eccle- siastico”, l’ordinamento statuale sembrerebbe interessarsi alla materia religiosa – e alle sue proiezioni esteriori sul terreno dei rapporti sociali – esclusivamente allo scopo di conferire una certa qualificazione giuri- dica a fatti e a comportamenti di natura spirituale considerati degni di disciplina e di tutela non solo sul piano meramente fattuale. Difatti, solitamente gli Stati tendono a disciplinare alcuni aspetti del fenome- no religioso, soprattutto, per due ragioni di fondo. In primo luogo, per ragioni “difensive” (di “autotutela”): nel senso che gli Stati, consapevoli del “potenziale” e della “forza” che le reli- gioni possono esprimere (anche) nella sfera pubblica, tendono a rego- lare taluni aspetti dell’esperienza religiosa dei consociati per tenerla (in un certo senso) “sotto controllo”. In secondo luogo, per ragioni “promozionali” (di “garanzia” e di “tutela” delle libertà fondamentali dell’uomo): nel senso che gli Stati disciplinano la materia religiosa per assicurare spazi di libertà in questo settore ai propri consociati; onde consentire loro di potersi determinare (a seconda dei casi, più o meno) “liberamente” nella sfera religiosa e nella dimensione sociale. Tuttavia, una più accorta riflessione sembra evidenziare la presenza di più profonde ragioni giustificatrici e stimolatrici del particolare in- teresse giuridico civile e statuale nei confronti del fenomeno religioso e delle sue implicazioni sociali. Sul presupposto (pure storicamente veri- ficabile) dell’esistenza di un oggettivo intreccio strutturale fra «diritto» e «religione», infatti, l’analisi della fenomenologia religiosa da parte degli operatori giuridici può dimostrarsi utile al fine di una migliore comprensione del diritto stesso. ecclesiastico, Torino 2010, 11 ss.; A. Vitale, Corso di diritto ecclesiastico. Ordinamento giuridico e interessi religiosi, Milano 1998, 1 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 235
Pasquale Lillo In questa prospettiva, il “diritto ecclesiastico” dello Stato, pur es- sendo nato per cogliere i profili estrinseci della vita e della fenomenolo- gia religiosa, e delle sue “ricadute” sul piano giuridico, in realtà, sembra assolvere – anche – alla non meno rilevante funzione di favorire – at- traverso lo studio delle dinamiche religiose – una migliore cognizione delle ragioni più profonde del diritto stesso. Aprendo, in tal modo, l’orizzonte conoscitivo ad una più completa comprensione degli aspetti intrinseci della struttura giuridica. Così, sorto in origine per disciplinare determinati profili dell’inte- resse religioso di carattere estrinseco e ad agevolarne (implicitamente) la soddisfazione, invero, il “diritto ecclesiastico” – certamente insieme ad altre discipline giuridiche parimenti fondamentali – appare costituire “osservatorio” particolare, di studio e di indagine, del mondo del diritto positivo. Seguendo questa prospettiva, esso si pone, nella specie, qua- le strumento di conoscenza oggettivamente idoneo a cogliere alcuni aspetti peculiari dello stesso interesse giuridico. Che la conoscenza del mondo religioso possa risultare funzionale ad una migliore comprensione della struttura giuridica complessiva e delle sue intrinseche dinamiche appare confermato, per altro, da alcuni studi di settore3. Seguendo un metodo di indagine di tipo induttivo, tali studi hanno evidenziato, all’interno dei processi che hanno ac- compagnato l’evoluzione della società umana, l’esistenza di un antico, originario e strettissimo legame fra esperienza giuridica e sfera religiosa. In particolare, esaminando la struttura sociale di talune comunità umane arcaiche, è stato rilevato che l’attività e le pratiche religiose permisero a tali aggregazioni pluripersonali di «riconoscersi come col- lettività, di simbolizzare il loro ordine sociale»4. Accanto a questo fon- damentale ruolo di identificazione sociale, la religione svolse, vieppiù, un compito unitivo-unificativo del gruppo. Infatti, attraverso il ricorso ai «miti» e alle pratiche «rituali», ulte- riore funzione della religione fu proprio quella «di far nascere e coltiva- re sentimenti collettivi ed esprimere un senso di unità sociale»5. Sotto 3 Cf. H. J. Berman, Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale, Bologna 1998, 24 ss. 4 B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, Bologna 1996, 47. 5 B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, 47. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 236
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale questo specifico aspetto, la «religione, quindi, funzionava per il man- tenimento della coesione sociale», ponendosi quale collante essenziale e strumentale all’unità della stessa struttura comunitaria6. Sulla base della considerazione che «sino a un passato non lon- tano, morale religiosa e morale umana, diritto civile e diritto divino facevano tutt’uno»7, la teoria sociologica di matrice funzionalista «in- terpreta la religione come istituzione umana prodotta socialmente, la cui funzione è di confermare il senso di identità e di appartenenza sociale, promovendo il consenso collettivo»8. Per questa impostazione, «è la società come tale che, attraverso la forma religiosa, promuove lo sviluppo delle forze morali e dei sentimenti di fedeltà, dando vita alle diverse istituzioni sociali»9. L’originario intreccio fra «diritto» e «religione» sarebbe ulterior- mente testimoniato dalla specifica funzione del momento rituale, «nel quale il gruppo sociale attualizza il proprio senso di appartenenza e conferma i vincoli di solidarietà, aiutando i membri del gruppo a pren dere coscienza della loro unità morale, nel collegamento del presente con il passato, dell’individuale con il collettivo»10. Dotate di queste connotazioni, le «pratiche rituali costituiscono una sorta di oggettivizzazione delle credenze e delle tradizioni, e, come tali, acquistano una propria autonomia»11. Tale “forza autonoma” dei 6 B. R. Wilson, La religione nel mondo contemporaneo, 47, il quale fa esplicito riferimento alla «teoria funzionalistica della religione» elaborata da E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Milano 1963, in relazione allo studio dell’organizzazione sociale delle tribù aborigene dell’Australia (tesi successivamente utilizzata, su scala generale, quale «teoria antropologica» della «scuola funzionalista»: per uno studio di questa dottrina, cf. R. Treves, Sociologia del diritto. Origini, ricerche, problemi, Torino 1996, 54 ss.). 7 E. Durkheim, Per una definizione dei fenomeni religiosi, ed. E. Pace, Roma 1997, 60. 8 F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, Roma-Bari 1997, 168. 9 F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 168-169, il quale completa la descrizione di questa tesi, osservando che «mediante la religione, l’individuo assimila, infatti, quei divieti, quei valori morali, quel senso di appartenenza e di dipendenza tutelare, che, trasformando il suo egoismo originario, lo spingono a mettere in atto comportamenti socialmente utili. Le cerimonie e le feste religiose costituiscono momenti nei quali la collettività rappresenta emo- tivamente sé stessa, rafforzando la sua solidarietà interna e la propria identità». 10 F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 178. 11 F. Crespi, Manuale di sociologia della cultura, 178, secondo cui, inoltre, «la religione presta attenzione agli aspetti pratici dell’esperienza vissuta, definendo regole generali di comporta- mento, ma, al tempo stesso, essa tende a trascendere il momento puramente normativo della morale, rinviando a responsabilità che non possono essere fondate soltanto sul principio di reciprocità», 166. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 237
Pasquale Lillo riti religiosi presenta rilevanti ricadute (pure) sul terreno dei rappor- ti sociali – i quali risultano necessariamente sottoposti, natura loro, a regolamentazione giuridica – le cui dinamiche risultano, di tal fatta, assiologicamente (com-)penetrate da determinate forme e simbologie di natura religiosa12. 2. Dimensione giuridica dei valori religiosi negli ordinamenti politici Nell’indagine relativa allo studio dei fenomeni giuridici, sembra esatto ritenere che l’interprete non deve dimenticare il legame fon- damentale esistente tra il pre-giuridico e il giuridico, fra la dommatica e la pre-dommatica13. E non dovrebbe trascurare, neppure, l’intima connessione esistente tra la formula e la ragione sostanziale che quella formula ha determinato e deve sorreggere14. Applicando questo criterio interpretativo e ricostruttivo alle vicen- de storiche che attraversano l’esperienza degli ordinamenti politici, è possibile evidenziare con chiarezza che l’elemento religioso, dall’età antica fino ai nostri giorni, ha inciso più o meno profondamente sul- la conformazione di diversi sistemi statuali, investendo le dinamiche della loro sfera istituzionale e dell’esercizio stesso del potere sovrano. La vita di alcuni Stati ha risentito e tuttora risente in modo pe- netrante della presenza religiosa, la quale dispiega i suoi effetti sia nell’ambito della produzione normativa – dove i contenuti di taluni atti normativi possono risultare ispirati o comunque rispettosi di de- terminati valori religiosi – sia nell’ambito del governo politico statale e delle forme mediante cui viene esercitato. Il fattore religioso – in quanto annoverabile fra i diversi elementi caratterizzanti le dinami- che della “sfera pubblica” statale15 – appare in grado di influenzare le 12 E. Pace, Introduzione alla sociologia delle religioni, Roma 2007, 31 ss. 13 In senso analogo, L. De Luca, «Diritto ecclesiastico», in Enciclopedia del diritto, vol. XII, Milano 1964, 984 ss. Cf. altresì, E. Vitali, «Diritto ecclesiastico e storia», in Storia e dogmati- ca nella scienza del diritto ecclesiastico, Milano 1982, 99 ss.; nonché, diversi contributi sul tema contenuti in Dottrine generali del diritto e diritto ecclesiastico, Napoli 1988. 14 P. Gismondi, «L’autonomia scientifica del diritto ecclesiastico», Annali dell’Università di Macerata (1948) 92. 15 Su un aspetto specifico del tema, cf., di recente, G. Di Cosimo, «Gli spazi pubblici e la religio- ne», Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica. www.statoechiese.it 6 (2020) 20 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 238
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale vicende politiche e istituzionali dello Stato con diverse modalità e intensità ricavabili dall’esperienza intercorsa: anche accompagnando, sotto diversi aspetti e in determinate materie, la parabola evolutiva del suo stesso ordinamento generale. Le ricadute giuridiche del fattore religioso nella sfera degli ordina- menti civili contemporanei sono numerose, sia in ragione della varietà dei comportamenti umani, personali e comunitari, ispirati da motiva- zioni di ordine religioso, sia in ragione della numerosità delle situazioni e delle relazioni esistenziali in cui la pratica religiosa comporta comun- que specifiche ricadute sul piano del diritto. Per tale motivo, non sembra possibile esaminare compiutamente i vari e numerosi profili giuridici dell’esperienza religiosa in questa sede; nella quale, più limitatamente, si vuole soltanto evidenziare la potenziale rilevanza giuridica dei “diritti religiosi” in relazione ad alcuni specifici profili della vita di alcuni ordinamenti statali contemporanei. Infatti, l’esperienza intercorsa dimostra che in alcuni casi i “diritti confessionali” rappresentano “modello di riferimento” per la disciplina statuale di una serie di istituti giuridici secolari. Ancora, in altri casi, i “diritti religiosi” sono considerati «fonti del diritto» statale ovvero han- no comunque rilevanza civile all’interno dell’ordinamento dello Stato. In particolare, ove si guardi al sistema delle fonti normative di di- versi diritti ecclesiastici nazionali, si può osservare che, in alcuni ordi- namenti statali, le fonti giuridiche che vanno a comporre e ad alimen- tare questo specifico settore del diritto sono di varia e articolata natura e provenienza: e non esclusivamente – tutte – di stretta derivazione o produzione statuale. Per esempio, prendendo in considerazione l’ordinamento italiano, il diritto ecclesiastico nazionale comprende al suo interno una triade di fonti differenziate: fonti unilaterali-statali; fonti bilaterali (o pattizie ov- vero concordatarie); fonti unilaterali-confessionali. Appare agevole rilevare che, nel caso delle fonti pattizie e nel diffe- rente caso delle fonti confessionali, il contenuto normativo delle stesse fonti del diritto non è frutto di esercizio diretto ed esclusivo della so- vranità normativa dello Stato italiano. Nel primo caso, infatti, si tratta di norme concordate, i cui contenuti sono il risultato di negoziazione e di accordo fra lo Stato e la confes- sione religiosa di volta in volta interessata (arg. ex artt. 7 e 8 cost. ita- EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 239
Pasquale Lillo liana). Nel secondo caso, addirittura, si tratta di contenuti normativi del tutto estranei ed esterni alla volontà giuridica dello Stato, in quanto rappresentano regole e previsioni di origine e di natura religiosa, cui l’ordinamento statale può riconoscere rilevanza civile utilizzando gli strumenti di raccordo tipici del diritto internazionale privato. Soffermando l’attenzione sulle due diverse tipologie di fonti del dirit- to ecclesiastico italiano, può osservarsi, in primo luogo, che, in relazione alle fonti normative bilaterali, attraverso il sistema degli accordi e delle intese, si rende in parte possibile l’ingresso, la vigenza e l’efficacia della “legge personale” di derivazione religiosa del cittadino-credente all’in- terno dell’ordinamento giuridico nazionale16. Questa impostazione, im- plicante una certa disponibilità dell’ordinamento verso “leggi personali” di origine religiosa, configura gli artt. 7 ed 8 della Costituzione italiana quali norme di (potenziale) apertura sistematica – in relazione alla di- sciplina di determinate “materie miste” (di interesse e di competenza bilaterale) – come rilevanti e particolarissime eccezioni di “lex personalis”, derogative rispetto alla regola generale della “lex territorialis”17. La coordinazione istituzionale fra Stato e confessioni religiose nelle materie di comune interesse si colloca nel solco delle ‘aperture’ ordi- namentali attenuative della complessiva vis espansiva del potere sovra- no statuale, in quanto il raccordo pattizio costituzionalmente previsto importa, sotto il profilo formale, una co-partecipazione dei soggetti religiosi – per loro natura estranei all’apparato istituzionale dello Sta- to – al procedimento di produzione giuridica delle norme positive di cui i medesimi saranno diretti destinatari. E comporta, sotto il profilo sostanziale, un “riversamento” di principi e di contenuti normativi di origine confessionale nell’ambito sistematico statuale. Difatti, sotto questo specifico profilo, in relazione alla disciplina di determinate materie sulle quali le parti rivendicano una propria e re- ciproca competenza, lo Stato rinuncia alla sua esclusività (espressione della sua sovranità) consentendo che soggetti religiosi, ad esso stesso del tutto estranei, possano veicolare all’interno del suo ordinamento 16 Cf. in tal senso G. Dalla Torre, Le frontiere della vita. Etica, bioetica e diritto, Roma 1997, 84-85. 17 Cf. G. Dalla Torre, Europa. Quale laicità?, Cinisello Balsamo 2003, 90 ss.; G. Dalla Tor- re, «Chiesa e Stato nel sessantesimo della Costituzione», in Valori costituzionali. Per i sessanta anni della Costituzione Italiana, ed. F. D’Agostino, Milano 2010, 254. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 240
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale giuridico (comunque “indipendente” e “sovrano”) valori e precetti di provenienza e di produzione materiale e sistematica non statuale. Tale fenomeno concorre a qualificare gli ordinamenti politici sta- tuali in cui esso stesso si dispiega non soltanto come sistemi demo- cratici “aperti” e pluralisti, ma soprattutto come sistemi a democrazia sostanziale. Tali sistemi risultano basati, cioè, su una concezione della democrazia sensibile a riconoscere particolare rilevanza ai valori sostan- ziali (e perciò pure a quelli di origine religiosa) che la collettività civile è in grado di esprimere, anche attraverso le sue formazioni sociali (per il caso italiano, arg. ex artt. 1, 2 e 3 cost.)18. Di tal fatta, la rilevante eccezione (costituzionalmente consenti- ta) al canone generale della nazionalità o della territorialità della legge implica un’oggettiva attenuazione dell’esclusività del diritto statuale a favore di una ‘apertura’ assiologica dell’ordinamento civile verso tavole valoriali (pure) di origine religiosa, cui il civis-fidelis può fare riferimen- to nel processo di affermazione e di crescita della sua stessa personalità. Processo, giova sottolinearlo, verso il quale tende del resto – anche in forza del disposto degli artt. 2 e 3, 2° comma, cost. italiana – l’intera costruzione dell’ordinamento giuridico nazionale. Giova rilevare, inoltre, che gli artt. 7 ed 8 cost. italiana, pur muo- vendosi su una linea formalmente istituzionistica in quanto volti a qua- lificare e a valorizzare il particolarissimo ruolo “pubblicistico” svolto dalle istituzioni confessionali, diversamente, possono essere riletti più esattamente – come pare preferibile – in un’ottica personalistica. La “matrice” personalistica delle due disposizioni costituzionali – le quali appaiono essenzialmente dirette a favorire, in ultima analisi, più la persona del credente che non l’organizzazione religiosa di apparte- nenza in sé e per sé considerata – può evincersi dal fatto che lo speciale statuto giuridico di volta in volta disegnato dai diversi accordi ed intese bilaterali è finalizzato a far beneficiare ciascuna determinata confessio- ne di un regime giuridico particolare, ma con un intento in un certo senso strumentale. Difatti, i patti e le convenzioni di cui agli artt. 7 ed 8 cost. italiana, ove regolarmente recepiti ovvero resi esecutivi mediante 18 Per le argomentazioni poste a sostegno di questa linea di pensiero, cf. P. Lillo, «Democra- zia e religione nell’orizzonte costituzionale», Diritto Pubblico Comparato ed Europeo – DPCE online, Saggi 2 (2020) 1195 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 241
Pasquale Lillo corrispondenti atti normativi statuali, rappresentano funzionalmente il veicolo attraverso cui sono ‘riversate’ nell’ordinamento statale norme giuridiche non prodotte materialmente ed esclusivamente dal legisla- tore civile, le quali, nondimeno, possono andare a toccare in alcuni aspetti rilevanti della vita personale dei consociati. In secondo luogo, per quanto riguarda le fonti normative confessio- nali (o unilaterali-confessionali), cui il diritto italiano fa riferimento in rari casi attraverso i meccanismi di raccordo tipici del diritto inter- nazionale privato (rinvio formale, rinvio materiale, presupposto in senso tecnico)19, esse rappresentano strumenti e fattispecie mediante le quali si rende in parte possibile l’ingresso, la vigenza e l’efficacia della “lex personalis” di derivazione religiosa del cittadino-credente all’interno dell’ordinamento territoriale nazionale. Il travaso di valori religiosi nella sfera dell’ordinamento civile deter- minato dal richiamo di specifiche regole religiose può implicare, in rela- zione a determinate fattispecie, l’ingresso della c.d. “legge personale” di derivazione confessionale – e, dunque, l’ingresso di determinati prin- cipi o precetti di natura sostanzialmente religiosa – all’interno delle maglie del tessuto dell’ordinamento positivo nazionale. Con il risultato di integrare e di arricchire, in modo qualitativo, la struttura materiale complessiva del sistema normativo dello Stato. 3. Diritti confessionali e ordinamento civile La possibile incidenza normativa dei diritti religiosi all’interno degli ordinamenti statali appare confermata altresì dal punto di vista storico. Per quanto riguarda, in specie, il tema della funzione paradigmatica di norme di origine religiosa all’interno di alcuni ordinamenti civili contemporanei di matrice “occidentale”, l’esperienza giuridica finora maturata evidenzia, innanzitutto, che il diritto della Chiesa cattoli- ca (il “diritto canonico”) ha inciso – talvolta in modo significativo – nell’ambito di diversi sistemi politici statuali. Fino ad arrivare ad influenzare, in determinate circostanze, la nascita o la struttura di de- 19 Per una riflessione su tali strumenti giuridici dal punto di vista del diritto ecclesiastico sta- tale, cf. P. Lillo, L’adattamento dell’ordinamento interno al “diritto pattizio”. Contributo allo studio delle fonti del diritto ecclesiastico italiano, Milano 1992, 2 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 242
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale terminati istituti giuridici “secolari”, tanto afferenti all’area del diritto privato, quanto inerenti al settore del diritto pubblico. Ad esempio, casi di “civilizzazione” del diritto canonico, che si sono tradotti in una trasformazione o “conversione” di figure tipicamente ca- nonistiche in veri e propri istituti giuridici “secolari”, sono riscontrabili nella sfera del diritto matrimoniale e del diritto di famiglia di molti or- dinamenti statali europei. Infatti, nell’ambito di tali ordinamenti politici la gran parte delle “figure matrimoniali” risultano ispirate – sotto svariati aspetti formali e sostanziali – (anche) al modello matrimoniale canonico. Tale stretta connessione al diritto canonico appare evidente segna- tamente in ordine ad alcuni aspetti inerenti alla struttura fisiologica dell’istituto matrimoniale (necessità dello “stato libero” e della diver- sità di genere dei nubendi per contrarre validamente le nozze, carattere monoganico del modello matrimoniale, requisiti richiesti per esprime- re un valido consenso nuziale, diritti e doveri reciproci dei coniugi, etc.). Ancora, tale intimo collegamento con l’ordinamento canonico appare evidente in ordine ad altri aspetti legati ad eventuali patologie del patto coniugale: per esempio, in relazione ai vizi del consenso ov- vero in rapporto alle cause di scioglimento del rapporto nuziale, come la c.d. “inconsumazione” sponsale del matrimonio. Analogamente, per quanto riguarda l’area giuspubblicistica, ad esempio, il diritto costituzionale italiano si richiama a importanti prin- cipi che presentano evidenti radici o ascendenze canonistiche: come, a titolo indicativo, il principio maggioritario, il principio di solidarietà, il principio di sussidiarietà, il principio di laicità dello Stato basato sulla distinzione “dualistica” cristiana fra “Cesare e Dio”, fra sfera civile e ordine confessionale. Di più, si riscontrano evidenti tracce dell’influenza canonistica nel diritto penale italiano in relazione alla previsione di ipotesi delittuose, come i c.d. reati “religiosi” (contro le persone dei ministri di culto ovvero contro le c.d. “res sacrae”) ovvero come le figure di reato che possono riguardare non esclusivamente e solamente le persone fisiche – giusta la tradizione giuridica proveniente dal diritto romano – ma anche determinate tipologie di “persone giuridiche” (imputabilità di taluni reati finanziari a carico di organizzazioni criminali internazio- nali di stampo mafioso). Infine, in relazione al diritto internazionale, sembra esistere un sostanziale collegamento fra il principio di effettività EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 243
Pasquale Lillo vigente in seno alla Comunità internazionale contemporanea e il tra- dizionale principio della elasticità del diritto canonico, derivante dai valori fondamentali della “grazia” e della “tolleranza” sintetizzabili nel brocardo “tolerari potest”20. Accanto all’oggettiva influenza del diritto della Chiesa cattolica nella struttura normativa di alcuni ordinamenti statali afferenti all’area europea, anche altri diritti o valori religiosi (ad es., di matrice induista, buddista, confuciana, taoista, shintoista, etc.) hanno alimentato, nel tempo, la sfera della produzione giuridica di vari ordinamenti statuali del continente asiatico. Peraltro, fra le diverse modalità di raccordo fra “diritto” e “religio- ne”, tra Stato e sfera religiosa, alcune rappresentano espressione di impostazioni dottrinali basate su una visione unitaria e monolitica della realtà umana, sociale e politica. Tali orientamenti dottrinali hanno trovato particolare incarnazio- ne – fra l’altro – in specifici sistemi istituzionali che hanno dato vita a regimi politici di natura teocratica ovvero cesaropapistica, fondati (cia- scuno con proprie e diverse caratteristiche originali) sul presupposto dell’esistenza di una oggettiva fusione e compenetrazione tra ordina- mento civile e dimensione religiosa21. Con la conseguenza che, in tali specifiche realtà sistematiche, le fonti confessionali hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo normativo essenziale, condizionante profondamente le dinamiche giuridiche dell’intero ordinamento dello Stato. D’altro canto, pure nella gran parte delle società civili proprie degli ordinamenti statali contemporanei a struttura democratica “aperta” e “pluralista” (le c.d. “democrazie occidentali”), il fattore religioso costi- tuisce elemento di speciale rilevanza giuridica e costituzionale – poten- zialmente incidente, in determinate fattispecie, sui fattori di produzio- ne del diritto nazionale. Tale fenomeno accade per una serie di ragioni derivanti, per certi versi, dal particolare ruolo “pubblico” riconosciuto all’esperienza religiosa (pure) nell’odierna dimensione sociale. 20 Cf. in tema, il classico (ora di recente riedizione) di N. Nilles, Tolerari Potest. De Juridico Valore Decreti Tolerantiae Commentarius, London 2019. 21 Cf. di recente in argomento, P. Lillo, «Sovranità politica e dimensione religiosa nei siste- mi unionisti», Federalismi.it. Rivista telematica di Diritto Pubblico Italiano, Comparato, Europeo. www.federalismi.it 9 (2019) 1 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 244
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale In questa prospettiva, il sentimento religioso non si limita soltanto a toccare la dimensione privata dei singoli (la loro coscienza personale), ma si estende anche ai loro comportamenti (individuali e collettivi) e alle loro relazioni esterne e sociali di natura interpersonale. Il fenome- no religioso incide, così, nelle dinamiche pubbliche degli ordinamenti politici contemporanei, sollecitando gli Stati a disciplinarne alcuni aspetti ritenuti di fondamentale importanza. Sul piano oggettivo, infatti, le religioni tendono ad influenzare – talvolta in modo profondo – il tessuto connettivo e culturale della società civile, il suo patrimonio etico e valoriale, i suoi usi, i costumi, le tradizioni popolari e i modelli comportamentali (individuali e col- lettivi, pubblici e privati): idealmente e potenzialmente incidendo, in modo diretto ovvero indiretto, nei sistemi di produzione normativa dello Stato. Sicché, i valori religiosi permeanti determinate società civili e con- tenuti nei rispettivi “diritti confessionali” possono essere richiamati dal diritto positivo dello Stato come fonti normative confessionali, integra- tive del tessuto giuridico del diritto ecclesiastico nazionale. In questi casi, le norme di origine religiosa, pur presentando contenuti precettivi geneticamente esterni ed estranei rispetto alla sfera giuridica statuale, tuttavia, possono avere rilevanza civile – mediante specifici richiami ope- rati da disposizioni statali – in guisa di vere e proprie fonti del diritto (ecclesiastico) interno dello Stato. Inoltre, nell’ambito di alcuni sistemi politici contemporanei, de- terminati “ordinamenti confessionali” sono considerati nei rispettivi diritti ecclesiastici interni, non semplici fonti esterne richiamate, bensì sono considerati vere e proprie «fonti» interne (e dirette) del diritto positivo dello Stato. In questi casi – in forza di espresse disposizioni normative – al- cune regole di un determinato “diritto religioso” sono riconosciute ufficialmente come «fonte» formale dell’ordinamento positivo stata- le; ed entrano a comporre e ad integrare, insieme agli altri e diversi atti-fonte prodotti sostanzialmente da organi statuali, il complessivo sistema delle «fonti del diritto» di quello Stato. Si tratta di quelle fattispecie in cui un determinato “diritto confessionale” non viene considerato come espressione di una fonte normativa esterna (o “stra- niera”) che viene richiamata attraverso appositi meccanismi tecnici EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 245
Pasquale Lillo di rinvio da parte del legislatore dello Stato (di derivazione interna- zionalprivatistica: rinvio formale, rinvio materiale, presupposizione); ma viene considerato, più esattamente, come espressione di una «fonte giuridica» interna, organicamente incorporata nelle maglie del tessuto ordinamentale statale. Quando si verificano queste specifiche situazioni, le norme religiose prese in considerazione non sono qualificabili come meri “fatti” giuri- dici (alla stregua di “fonti-fatto”), che possono (in ipotesi) produrre ef- fetti giuridici in Italia solo e soltanto nei casi in cui ciò sia determinato dalla “volontà” del legislatore civile (espressione della sovranità poli- tica dello Stato), il quale ad esse faccia rinvio mediante i meccanismi di collegamento previsti dal diritto internazionale privato. Diversamente, in tali casi, la «fonte confessionale» – per esplicito disposto normativo statuale – integra direttamente il corpo del sistema delle fonti del diritto di quel determinato Stato, pur presentando essenza, natura giuridica e provenienza diversa rispetto alle altre «fonti formali» (prodotte diret- tamente dal legislatore civile) integrative del diritto statuale. Per evidenziare la rilevanza che le norme di origine confessionale possono presentare all’interno di alcuni particolari ordinamenti con- temporanei, verranno esaminati tre casi di differente natura: ma con- vergenti nel rappresentare, ciascuno con propri tratti di singolare ori- ginalità, la significativa incidenza dispiegata dal fattore religioso pure all’interno dei sistemi di produzione dello stesso diritto statale. 4. Fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano Una profonda influenza del diritto canonico in relazione alla vita e alle dinamiche politiche statuali – implicante, peraltro, una tendenziale preminenza giurisdizionale dell’autorità religiosa sulla dimensione tem- porale – è riscontrabile specialmente nei singolari e distinti casi dell’or- dinamento giuridico dello Stato pontificio (c.d. Stato della Chiesa o Patri- monio di S. Pietro), e dell’ordinamento positivo dello Stato della Città del Vaticano. In tali singolari contesti sistematici, infatti, la fonte principale del diritto interno dello Stato è rappresentata dal diritto canonico. Innanzitutto, tale caratteristica normativa era individuabile, in epoca passata, all’interno dello Stato pontificio, il quale costituiva EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 246
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale una realtà statale piuttosto peculiare nell’ambito del generale pano- rama politica europeo. Il suo primo nucleo genetico risaliva alla metà dell’VIII secolo, quando il Papato, ormai di fatto politicamente sgan- ciato dall’Impero bizantino, era riuscito ad affrancarsi anche dall’ege- monia longobarda con l’aiuto dei Franchi. La sovranità temporale del Pontefice romano esercitata sul territo- rio del c.d. Stato della Chiesa durò, sia pure con alterne vicende, per circa un millennio, fino alla sua definitiva estinzione nel 187022. Tale potere temporale si consolidò in modo effettivo soltanto a partire dalla metà del sec. XV, quando, di fronte al sorgere degli Stati moderni, pure la Chiesa si costituì in “Principatus civilis” per garantirsi un proprio spa- zio vitale di azione e di indipendenza dalle Potenze secolari europee23. Si tratta di una figura statuale del tutto particolare, costituente un unicum nel panorama politico mondiale, la cui creazione sarebbe stata motivata dall’esigenza di sottrarre i Pontefici – insieme al loro Ufficio centrale di governo della Chiesa universale – dai (possibili e) contin- genti condizionamenti delle varie sovranità temporali. Non può considerarsi continuazione storico-politica dello Stato pontificio (che si era definitivamente estinto per debellatio nel 1870) l’attuale Stato della Città del Vaticano, sorto nel 1929 in virtù del Trattato lateranense stipulato fra l’Italia e la Santa Sede per risolvere la c.d. “Questione romana”24. Lo S.C.V. rappresenta una entità statuale geneticamente originale e del tutto sui generis, sia sotto l’aspetto strutturale, sia sotto il profilo funzionale25. Sotto il primo aspetto, i suoi elementi costitutivi (popolo, territorio e sovranità) presentano delle caratteristiche peculiari, non riscontrabili nell’esperienza di altri ordinamenti statuali26. Da questo punto di vista, infatti, sembra opportuno segnalare che, a parte la singolare esiguità 22 Per un esame delle diverse tappe storiche dello Stato pontificio, cf. F. Ercole, «Chiesa (Lo Stato della Chiesa)», in Enciclopedia italiana, vol. X, Roma 1950, 38 ss. 23 Cf. P. Prodi, Il sovrano Pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1982, 9. 24 Cf. M. Tedeschi, «Vaticano (Stato Città del)», in Enciclopedia del diritto, vol. 46, Milano 1993, 284 ss., spec. 295. 25 Cf. F. Cammeo, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano, Città del Vaticano 2005, 7 ss. 26 Cf. V. Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano 1970, 86 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 247
Pasquale Lillo geografica (quasi “simbolica”) del territorio vaticano, il popolo, che ri- sulta costituito quasi esclusivamente da funzionari ecclesiastici e da dipendenti laici e dalle loro rispettive famiglie, non dà vita ad una collettività umana stabile e attiva e in potenziale espansione demo- grafica, ma è costituito da un insieme di cittadini aventi (in un certo senso) un ruolo “funzionale” rispetto allo Stato (e non viceversa, come dovrebbe accadere normalmente, invece, all’interno degli Stati) i quali hanno acquisito lo status civitatis comunque in modo temporaneo, per concessione o per svolgere una loro specifica “funzione”. Quanto alla sovranità, la potestà di governo o d’imperio appartiene costituzional- mente alla Santa Sede, e cioè al Sommo Pontefice, il quale riunisce in modo stabile nella propria persona due potestà supreme: quella di Capo visibile della Chiesa cattolica universale, e quella di sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Sotto il secondo profilo, lo S.C.V. difetta del requisito, tipicamente presente in tutti gli altri Stati, della “politicità” (in senso tecnico), ossia non è stato creato per perseguire istituzionalmente e in via prio- ritaria fini di carattere generale (e, perciò, “politici”) che interessino il benessere e il progresso della sua collettività. In altri termini, lo S.C.V., pur interessandosi (ovviamente) del “bene comune” e della tutela dei suoi cittadini, non è stato creato allo scopo principale di provvedere a soddisfare i bisogni di coloro che possiedono la cittadinanza al suo interno; non appare essere stato costituto, primariamente, quale sog- getto statuale “politico” (in senso proprio) diretto a provvedere al sod- disfacimento delle esigenze fondamentali dei suoi cittadini e alla cura primaria dell’interesse pubblico e generale della sua comunità. Invece, lo S.C.V. appare geneticamente costituito per ragioni e per finalità del tutto diverse, di carattere strumentale e non di natura “politica”. La Città-Stato vaticana appare configurarsi come soggetto istituzionale essenzialmente finalizzato ad assicurare alla Santa Sede la libertà e l’assoluta e visibile indipendenza da qualsiasi altro potentato politico nello svolgimento della sua funzione religiosa, e a garantirle piena sovranità anche in campo internazionale27. 27 Circa le peculiarità della sovranità (o soggettività) internazionale dello Stato della Città del Vaticano, cf., di recente, E. Greppi, «Qualche riflessione sulla soggettività internazionale della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano», Quaderni di Diritto e Politica Eccle- EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 248
Riflessioni preliminari su alcune peculiarità del diritto ecclesiastico statale Dal punto di vista classificatorio, e tenendo sempre in debito conto il fatto della relatività e della oggettiva opinabilità degli schemi qualifi- catori, lo S.C.V. assume una particolare configurazione sia sotto il pro- filo del diritto costituzionale sia sotto il profilo del diritto ecclesiastico. Sotto l’aspetto costituzionalistico, la Città-Stato vaticana si presenta come uno Stato patrimoniale (forma di stato), retto da una monarchia elettiva e assoluta (forma di governo)28. Infatti, la Santa Sede non solo esercita un’assoluta potestà pubbli- cistica su tutto il territorio vaticano, ma ne possiede altresì la “piena proprietà” (di diritto privato), costituendo l’elemento territoriale (in- sieme a tutte le sue dotazioni immobiliari, le sue pertinenze e i suoi accessori) “patrimonio” di esclusiva proprietà del sovrano Pontefice29. Lo S.C.V., inoltre, è retto da un monarca elettivo che esercita un po- tere di governo assoluto30, in quanto tutte le prerogative e le potestà fondamentali competono istituzionalmente al sovrano, il quale può di- screzionalmente demandarne l’esercizio a funzionari delegati, i quali, a sua personale discrezione, possono essere sempre rimossi dall’incarico31. Nell’ambito di questa singolare cornice ordinamentale, il diritto ca- nonico è «fonte» interna del sistema normativo vaticano. In particola- re, l’ordinamento giuridico della Chiesa cattolica appare essere fonte del diritto statale vaticano tanto dal punto di vista oggettivo e formale, quanto dal punto di vista soggettivo e sostanziale. Infatti, sotto il profilo oggettivo, il diritto canonico è ricompreso fra le fonti formali dell’ordinamento della Città del Vaticano da una spe- cifica legge dello Stato. Sia la legge vaticana sulle fonti del diritto 7 giugno 1929, n. II (secondo cui «sono fonti principali del diritto og- siastica 2 (2017) 325 ss. 28 Cf. G. Dalla Torre, «Vaticano (Stato della città del)», in Enciclopedia giuridica, vol. 32, Roma 1994, 3; G. Dalla Torre, Lezioni di diritto vaticano, Torino 2020, 44 ss.; G. Dalla Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Torino 2014, 377, il quale precisa che «la Città del Va- ticano rientra nella categoria, conosciuta al diritto pubblico e al diritto internazionale, degli Stati-mezzo anziché a quella, ordinaria, degli Stati-fine». 29 Cf. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, 263. 30 Cf. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, 263 ss.; S. Gherro, Stato e Chiesa ordinamento, Torino 1994, 69; W. Schulz, «Città del Vaticano (Stato della)», in Digesto delle Discipline Pubblicistiche, vol. 3, Torino 1989, 111. 31 Per un’articolata disamina delle fonti del diritto vaticano in argomento, cf. G. Dalla Tor- re, Lezioni di diritto vaticano, 46 ss. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 249
Pasquale Lillo gettivo nello Stato della Città del Vaticano: a) il Codex iuris canonici e le Costituzioni Apostoliche; b) le leggi emanate per la Città del Vati- cano dal Sommo Pontefice o da altra autorità da lui delegata, nonché i regolamenti legittimamente emanati dall’autorità competente»), sia la nuova legge vaticana sulle fonti del diritto 1° ottobre 2008, n. LXXI (che abroga la precedente), riconoscono un primato normativo al diritto canonico nel sistema delle fonti dell’ordinamento vaticano32. Nella specie, tale posizione normativa riservata a favore del diritto canonico, nel quadro della gerarchia delle fonti vaticane, sembra ora rafforzato dalle statuizioni del nuovo testo della legge sulle fonti del 2008, la quale distingue chiaramente fra “fonte primaria” e “fonti prin- cipali” del sistema giuridico statale. Tale primazia gerarchica delle norme giuridiche canoniche rispetto agli altri atti normativi vaticani appare desumibile dall’art. 1 della ci- tata legge sulle fonti del 1° ottobre 2008, secondo cui 1) L’ordinamento giuridico vaticano riconosce nell’ordinamento canoni- co la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpreta- tivo. 2) Sono fonti principali del diritto la legge fondamentale e le leggi promulgate per lo Stato della Città del Vaticano dal Sommo Pontefice, dalla Pontificia Commissione o da altre autorità alle quali Egli abbia con- ferito l’esercizio del potere legislativo. 3) Quanto disposto circa le leggi riguarda parimenti i decreti, i regolamenti e ogni altra disposizione nor- mativa legittimamente emanati. 4) L’ordinamento giuridico vaticano si conforma alle norme di diritto internazionale generale e a quelle deri- vanti da trattati e altri accordi di cui la Santa Sede è parte, salvo quanto prescritto al n. 133. Un primato gerarchico delle fonti giuridiche canoniche che sembre- rebbe estendersi – almeno prima facie – nei confronti di tutti gli atti normativi vaticani, compresa (di conseguenza) la stessa «Legge fonda- mentale» dello S.C.V. (legge 7 giugno 1929, n. I, ora sostituita dalla 32 P. A. Bonnet, «Le fonti normative e la funzione legislativa nello Stato della Città del Va- ticano», Archivio Giuridico 4 (2009) 457 ss. 33 Peraltro, l’art. 4 delle legge sulle fonti del diritto 1° ottobre 2008, n. LXXI, nel fare riferi- mento ai possibili casi di recezione vaticana della «legislazione italiana» in via «suppletiva» (art. 3), riserva alla competenza esclusiva del diritto canonico la regolazione di specifiche materie (art. 4): sul punto, cf. G. Dalla Torre, Lezioni di diritto vaticano, 82-84. EPHEMERIDES IURIS CANONICI 1 (2022) – ISSN 0013-9491 250
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