CORONAVIRUS, WWF ITALIA: LEGAME STRETTISSIMO TRA PANDEMIE E PERDITA DI NATURA

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CORONAVIRUS, WWF ITALIA: LEGAME STRETTISSIMO TRA PANDEMIE E PERDITA DI NATURA
17/3/2020                               Coronavirus, WWF Italia: Legame strettissimo tra pandemie e perdita di natura

             CORONAVIRUS, WWF ITALIA:
             LEGAME STRETTISSIMO TRA
               PANDEMIE E PERDITA DI
                     NATURA
               Un nuovo report del WWF Italia spiega come
             l’emergenza sanitaria che ha sconvolto le vite di
                tutti noi sia anche la conseguenza del nostro
               impatto sugli ecosistemi e come attraverso la
               difesa della natura si possa tutelare la salute
                                    umana
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            video e infografiche

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            Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le
            dimensioni epocali della perdita di natura. Virus, batteri e altri microrganismi
            nella maggior parte dei casi sono innocui, anzi, spesso essenziali per gli ecosistemi
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            e l’uomo. Tuttavia, alcuni di essi, come il coronavirus SARS-COV-2 all’origine del
            Covid-19, possono provocare impatti estremamente negativi sulla salute umana, sui
            sistemi sociali ed economici, come quelli a cui stiamo assistendo nell’attuale
            emergenza sanitaria che ha raggiunto la portata di una vera e propria pandemia,
            avendo già colpito oltre 129 paesi in ogni continente con oltre 5.000 vittime. Quella
            provocata dal Coronavirus fa parte delle cosiddette “malattie emergenti” - come ad
            esempio Ebola, AIDS, SARS, influenza aviaria o suina - che non sono catastrofi del
            tutto casuali ma mostrano numerosi elementi comuni. Spesso infatti le zoonosi,
            ovvero le malattie trasmesse dagli animali all’uomo (esattamente come il Covid-19),
            sono conseguenza di nostri comportamenti errati tra cui il commercio
            illegale o non controllato di specie selvatiche e, più in generale,
            l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali.

            Partendo dall’emergenza coronavirus, che sta mettendo in ginocchio un mondo
            sempre più globalizzato, un nuovo report del WWF Italia, dal titolo
            “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi -
            Tutelare la salute umana conservando la biodiversità”, prova a mettere
            in evidenza proprio i collegamenti nascosti che esistono fra le azioni dell’uomo e
            alcune malattie che hanno un fortissimo impatto non solo sulla salute delle
            persone, ma anche sull’economia e sui rapporti sociali.

            Dagli animali all’uomo. Alla base dell’origine del nuovo coronavirus c’è il
            fenomeno dello “spillover”, titolo di un libro di successo del giornalista scientifico
            USA David Quammen (2012) che racconta proprio come alla base di epidemie
            come l'ebola ci sia la distruzione degli ecosistemi, in particolare quelli forestali, i
            più complessi e ricchi di biodiversità. Spillover significa “salto interspecifico”, il
            momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra, in questo caso
            da animale a uomo. Fra i più probabili serbatoi del virus SARS-CoV-2 ci sono
            alcune specie di chirotteri (pipistrelli), ma rimane aperta anche l’ipotesi che a
            facilitarne la diffusione come ‘ospiti intermedi’ siano stati i pangolini. Questi
            piccoli mammiferi insettivori, le cui 8 specie esistenti sono tutte a rischio estinzione
            secondo la IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, sono
            gli animali più contrabbandati al mondo per via delle infondate credenze sui poteri
            curativi delle loro scaglie, ma anche per la loro carne.
            Ad oggi non sappiamo ancora quale sia stata l’origine del SARS-CoV2, ma è molto
            probabile che dietro la sua diffusione si nasconda il commercio legale e illegale di
            animali selvatici vivi o di loro parti. Il commercio di animali selvatici è infatti un
            comprovato veicolo di vecchie e nuove zoonosi, che ogni anno causano circa un

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            miliardo di casi di malattia e milioni di morti. Il 75% delle malattie umane fino
            ad oggi conosciute, infatti, deriva da animali, così come il 60% delle
            malattie emergenti viene trasmesso da animali selvatici.

            Gli ecosistemi naturali hanno un ruolo cruciale nel sostenere e alimentare la
            vita, compresa quella della nostra specie, ma svolgono anche un ruolo
            fondamentale nel regolare la trasmissione e la diffusione di malattie
            infettive come le zoonosi. La distruzione di habitat e di biodiversità provocata
            dall’uomo rompe gli equilibri ecologici in grado di contrastare i microrganismi
            responsabili di alcune malattie e crea condizioni favorevoli alla loro diffusione. In
            aggiunta la realizzazione di habitat artificiali o di ambienti poveri di natura e con
            un’alta densità umana possono ulteriormente facilitare la diffusione di patogeni. Le
            periferie degradate e senza verde di tante metropoli tropicali, ad esempio, sono la
            culla perfetta per malattie pericolose e per la trasmissione di zoonosi, mentre la
            diffusione in paesi tropicali di sistemi d’irrigazione, canalizzazioni e dighe permette
            la riproduzione di vettori come alcune specie di zanzare.

            Foreste, il nostro antivirus. I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione
            di habitat naturali come le foreste sono responsabili dell’insorgenza di almeno la
            metà delle zoonosi emergenti. La distruzione delle foreste può quindi
            esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie
            selvatiche che li ospitano. Nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale,
            ad esempio, vivono alcuni pipistrelli portatori del virus Ebola. Il cambiamento di
            uso del territorio come le strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di
            caccia e la raccolta di carne di animali selvatici (bushmeat), lo sviluppo di
            villaggi e altri insediamenti in territori prima selvaggi, hanno portato la
            popolazione umana a un contatto più stretto con nuovi virus, favorendo
            l’insorgenza di nuove epidemie. Lo stesso è accaduto con patologie come la febbre
            gialla (che viene trasmessa, attraverso le zanzare, da scimmie infette), la
            leishmaniosi o l’HIV, che si è adattato all’uomo a partire dalla variante presente
            nelle scimmie delle foreste dell’Africa Centrale. Il consumo di bushmeat è in
            drammatica crescita in diverse parti del mondo - non solo in Africa - e mette
            terribilmente a rischio la salute umana, così come il commercio di fauna
            selvatica o di parti di essa (wildlife trafficking) che, oltre ad essere causa
            primaria di perdita di biodiversità, amplifica potenzialmente la diffusione di
            patogeni.

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            L’IPBES (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and
            Ecosystem Services dell’ONU), nel 2019 ha segnalato che l’azione distruttiva
            dell’uomo verso la natura ha raggiunto livelli senza precedenti. Il 75% dell’ambiente
            terrestre e circa il 66% di quello marino sono stati modificati in modo significativo e
            circa 1 milione di specie animali e vegetali, come mai prima si era verificato nella
            storia dell’umanità, rischiano l’estinzione; mentre secondo i dati del Living Planet
            Report redatto dal WWF nel 2018, in poco più di 40 anni il pianeta ha perso in media
            il 60% delle popolazioni di vertebrati.
            In 50 anni la popolazione mondiale è raddoppiata, così come dal 1980 sono
            raddoppiate le emissioni di gas serra, provocando un aumento delle temperature
            medie globali di un 1°C rispetto all’epoca preindustriale e causando un aumento del
            livello medio globale del mare tra i 16 e i 21 centimetri dal 1900. Oggi inoltre abbiamo
            perso circa il 50% della superficie delle foreste, che ospitano circa l’80% della
            biodiversità terrestre, contribuiscono alla lotta al cambiamento climatico, proteggono
            la nostra salute e garantiscono la nostra sopravvivenza: secondo dati più recenti,
            infatti, le foreste pluviali producono da sole oltre il 40% dell’ossigeno atmosferico.

            Costi umani ed economici. Come è possibile vedere dalla mappa, le principali
            minacce alla salute non solo hanno un bilancio pesante in termini di vite umane, ma
            rappresentano anche un costo economico altissimo. Oltre alla portata sanitaria e alla

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            conseguente mortalità dovuta a queste zoonosi, il cui valore è chiaramente
            incalcolabile, è infatti indicativo valutare anche il loro impatto socio-economico. Ad
            esempio, a fronte di circa 8.000 persone infette, la perdita economica dovuta
            all’esplosione della SARS nel 2003 è costata all’economia globale tra i 30 e i 50
            miliardi di dollari. Altre zoonosi, meno prese in considerazione dai media, come ad
            esempio l’echinococco (che viene trasmesso all’uomo dai cani e che ha alcuni ungulati
            come ospiti intermedi), costa ogni anno in analisi e farmaci ben 4 miliardi di dollari.
            Cifre che l’emergenza legata ai contagi del SARS-CoV-2, per gli effetti sulla salute
            pubblica, l’economia e la finanza, sembra avere già superato in maniera significativa.

            Purtroppo, è ormai evidente che l’impatto crescente dell’uomo su ecosistemi e specie
            selvatiche, amplificato dagli effetti dei cambiamenti climatici, aumenta la nostra
            esposizione a rischi come quelli che stiamo vivendo con l’emergenza del Coronavirus:
            è quindi fondamentale agire subito per fermare la perdita di natura che ha subito una
            drammatica accelerazione negli ultimi 50 anni.

            "L’emergenza del Coronavirus ha sconvolto le nostre vite modificando il nostro
            lavoro, il nostro tempo libero, le nostre passioni e i nostri affetti. Tutti noi dobbiamo
            fare la nostra parte seguendo le indicazioni del Governo e restando a casa per
            limitare il più possibile il contagio. Ma intanto noi del WWF vogliamo approfondire
            il legame che esiste tra la perdita di natura e le malattie che, come questa mettono in
            serio pericolo l'umanità. La nostra analisi nasce con questo scopo: è fondamentare
            riuscire a proteggere gli ecosistemi naturali, conservare le aree incontaminate del
            pianeta, contrastare il consumo e il traffico di specie selvatiche, ricostruire gli
            equilibri degli ecosistemi danneggiati, arrestare i cambiamenti climatici". Dichiara
            la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: "Per poter

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            immaginare un futuro globale abbiamo bisogno di un New Deal for Nature e People,
            che permetta di dimezzare la nostra impronta, arrestare la perdita degli habitat
            naturali e delle specie viventi. Iniziare a ricostruire gli ecosistemi distrutti, che sono
            la rete di protezione naturale da epidemie e catastrofi, è il primo passo da fare. Tutti
            insieme riusciremo a vincere questa sfida e a invertire la rotta che sta portando al
            collasso il Pianeta".

            Roma, 14 marzo 2020

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