Consiglio di Stato - Sezione Quinta - sentenza del 12 agosto 2019 n. 5671.

Pagina creata da Viola Viola
 
CONTINUA A LEGGERE
Consiglio di Stato – Sezione Quinta –
sentenza del 12 agosto 2019 n. 5671.
Il lotto, gioco di sorte avente origini antiche consistente nell’estrazione dei numeri dall’1 al 90 sulle
c.d. ruote che determinano le vincite e l’attribuzione di premio secondo quote prestabilite, è stato da
sempre riservato allo Stato che ne ha gestito la raccolta delle giocate mediante una rete di ricevitorie,
secondo le regole e i criteri fissati nel R.D.L. 10 ottobre 1938, n. 1933.

Secondo la Corte di Giustizia gli articoli 49 e 56 del TFUE non ostano ad una normativa nazionale (art.
1, comma 653, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, recante “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato”– c.d. legge di stabilità 2015)la quale preveda, per la
concessione della gestione del servizio del gioco del lotto, un modello a concessionario unico, a
differenza degli altri giochi, pronostici e scommesse, “a condizione che il giudice nazionale accerti che
la normativa interna persegue effettivamente in modo coerente e sistematico i legittimi obiettivi fatti
valere dallo Stato membro interessato”: alla luce di tali indicazioni interpretative fornite dalla Corte di
Giustizia, deve ritenersi come le ragioni che hanno orientato la scelta legislativa di un siffatto modello
(scelta poi recepita negli atti di gara, nel caso in esame, impugnati) siano effettivamente ascrivibili a
fattispecie meritevoli di tutela secondo l’ordinamento dell’Unione: essa è infatti giustificata da ragioni
di controllo e vigilanza a presidio dell’Ordine Pubblico e della Pubblica Sicurezza (che improntano
peraltro, nel nostro ordinamento, l’intero settore dei giochi e delle scommesse) e da motivi di
imperativi di interesse generale; il che esclude che essa comporti una violazione delle libertà
garantite degli articoli 49 e 56 TFUE.
Ne consegue come, in tal senso, il modello monoproviding soddisfi in primis l’esigenza dello Stato (il
quale sopporta in via esclusiva il rischio di impresa nei termini su indicati) di confrontarsi nella
gestione di quel gioco con un unico ed affidabile operatore scelto mediante una procedura aperta,
competitiva, non discriminatoria e trasparente.
La scelta del modello monoproviding non si esaurisce, tuttavia, in ragioni connesse alle peculiarità del
gioco del lotto: ma, proprio in ragione di tali innegabili peculiarità, non può dubitarsi che detta scelta
risponda ad una fondamentale esigenza di Ordine Pubblico e Pubblica Sicurezza, convogliando il gioco
in un circuito unico e controllato sì da rendere possibile un rapido, agevole e trasparente controllo
dell’Amministrazione sulla sua gestione e da prevenire il rischio di frode e di infiltrazioni di
organizzazione criminali; obiettivi questi da tempo perseguiti dal legislatore nazionale nel settore dei
giochi.
Ed infatti, le attività affidate al concessionario unico della gestione del lotto automatizzato sono
complesse e strettamente correlate tra loro, riguardando anche le attività di gestione della raccolta
delle giocate, l’aggiornamento telematico della rete telematica, la riscossione degli importi dovuti e il
pagamento delle vincite, nonché la gestione e l’amministrazione contabile e l’intera attività di
rendicontazione (verso banche e operatori finanziari): la scelta del concessionario unico risponde,
dunque, anche a motivazioni di carattere gestionale, ma non nel senso di esaurirsi in esse; esso nella
misura in cui attua, invero, la garanzia di un più efficace e sicuro controllo dell’Amministrazione
statale sulla gestione del gioco, assicura al contempo un più adeguato livello di prevenzione dai rischi
di frodi e infiltrazioni di organizzazioni criminali.

                                                                               Pubblicato il 12/08/2019
                                                                      N. 05671/2019REG.PROV.COLL.
                                                                             N. 06137/2016 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
                              in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
      ha pronunciato la presente
                                                SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6137 del 2016, proposto da Stanley
International Betting Limited (ora Magellan Robotech Limited), in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto A. Jacchia, Antonella
Terranova, Fabio Ferraro, Anna Marcantonio e Daniela Agnello, con domicilio eletto presso lo studio
dell’avvocato Antonella Terranova in Roma, via Vincenzo Bellini 24;
Stanleybet Malta Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Roberto A. Jacchia, Daniela Agnello, Fabio Ferraro, Anna Marcantonio, Antonella
Terranova, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonella Terranova in Roma, via
Vincenzo Bellini 24;
                                                  contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, Agenzia delle Dogane e
dei Monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi
12;
                                              nei confronti
Lottoitalia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli
avvocati Anna Romano, Roberto Baratta, Roberto Mastroianni, Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola e
Filippo Arturo Satta, con domicilio eletto presso lo studio Satta Romano & Associati in Roma, Foro
Traiano, 1/a; ottomatica s.p.a., non costituita in giudizio;
                                              per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione II, 21 aprile 2016,
n. 4651, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’Agenzia delle
Dogane e dei Monopoli e della Lottoitalia s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 aprile 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le
parti gli avvocati Daniela Agnello, Fabio Ferraro, Antonella Terranova, Anna Romano, Sergio Fidanzia,
Angelo Gigliola, Roberto Baratta e dello Stato Del Fante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

                                                 FATTO
1.La società Stanley International Betting Limited (ora Magellan Robotech Limited), registrata nel
Regno Unito, e la StanleyBet Malta Limited, sua controllata con sede in Malta (di seguito
congiuntamente “Stanley”), autorizzate all’esercizio di giochi e scommesse in numerosi Stati membri
e attive anche in Italia nel settore delle scommesse sportive, propongono appello avverso la sentenza
del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma, II, 21 aprile 2016, n. 4651 che ha
respinto “perché infondato” il ricorso per l’annullamento degli atti della “procedura di selezione
aperta per l’affidamento in concessione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri
giochi numerici a quota fissa”, indetta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (successore ex
lege dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) con bando di gara pubblicato sulla G.U.R.I.
n. 150 del 21 dicembre 2015, in attuazione dell’art. 1, comma 653, della legge 23 dicembre 2014 n.
190 (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”– c.d. legge
di stabilità 2015).
1.1. Con quest’ultima disposizione – di cui le società ricorrenti chiedevano, altresì, la previa
disapplicazione “ove occorra”– il legislatore aveva, infatti, in vista della scadenza della concessione
vigente, demandato all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito “ADM”) il compito di indire e
aggiudicare la gara per l’affidamento della nuova concessione avente ad oggetto la gestione del
servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa,“per la sua
raccolta sia attraverso la rete dei concessionari di cui all’art. 12 della legge 2 agosto 1982, n. 528 e
successive modificazioni, (…)sia a distanza”.
1.2. In particolare, la richiamata disposizione normativa (della quale le ricorrenti, per quanto più
diffusamente si dirà, prospettavano il contrasto sia con i principi eurounitari di libertà di stabilimento
e proporzionalità sia con quelli costituzionali di uguaglianza, libertà di iniziativa economica, libertà di
concorrenza) aveva previsto che la gestione del servizio del gioco del lotto automatizzato e degli altri
giochi numerici a quota fissa fosse affidata in concessione aggiudicata da ADM“nel rispetto dei
principi e delle regole europee e nazionali, ad una qualificata impresa con pregresse esperienze nella
gestione o raccolta di gioco con sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, munita
di idonei requisiti di affidabilità morale, tecnica ed economica, scelta mediante procedura di selezione
aperta, competitiva e non discriminatoria”.
1.3. Nel contempo con la norma citata il legislatore aveva stabilito le seguenti condizioni essenziali
della procedura in esame: a) la durata prevista della concessione era fissata in nove anni, non
rinnovabili; b) il compenso per il concessionario era individuato nell’aggio del 6 per cento della
raccolta di gioco; c) il criterio dell’aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più
vantaggiosa; d) quanto alla componente prezzo, la base d’asta, per le offerte al rialzo, era pari ad
euro 700.000.000, da versarsi da parte dell’aggiudicatario in tre tranches secondo la tempistica e
nella misura ivi stabilita.
1.4. In attuazione dell’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 ADM aveva dunque pubblicato
(sulla G.U.U.E. del 17 dicembre 2015 e sulla G.U.R.I. del 21 dicembre 2015) il bando di gara e
l’annesso schema di convenzione per l’affidamento della concessione de qua: essa aveva ad oggetto
il servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi a quota fissa anche con partecipazione
a distanza, nonché “degli ulteriori giochi numerici a quota fissa, anche con partecipazione a distanza,
che l’ADM riterrà in qualsiasi momento di commercializzare per mezzo della rete distributiva” (in base
alla previsione di cui all’art. 2.1 del Capitolato).
1.5. Ai fini che qui rilevano per la comprensione delle complesse questioni sottese alle censure
formulate dalle appellanti, giova sin d’ora richiamare le previsioni di maggiore interesse stabilite dal
bando di gara per regolare la procedura in oggetto.
1.5.1. Il punto 5.3. del capitolato d’oneri (di seguito“il Capitolato”) prevedeva, quale requisito di
capacità economica e finanziaria, il conseguimento, nel triennio 2012/2014 o nel triennio 2013/2015,
di un fatturato complessivo connesso alle attività di gestione o raccolta del gioco pari ad almeno euro
100.000.000.
1.5.2. Il punto 5.4 del Capitolato prevedeva, quali requisiti di capacità tecnica: a) la raccolta di gioco
pari ad almeno euro 350.000.000 (“relativamente a tipologie di giochi effettuati tramute terminali di
gioco”) nei medesimi trienni alternativamente indicati (ovvero una raccolta proporzionalmente
rapportata all’effettivo periodo, nel caso di candidato operante nel settore da meno di tre anni, ma da
almeno diciotto mesi); b) il possesso della certificazione di qualità dei sistemi di gestione aziendale
conforme alle norme UNI EN ISO 9001:2008 e sui sistemi di gestione della sicurezza delle informazioni
conforme alla norma ISO IEC 27001.
1.5.3. La lex specialisprevedeva, altresì, un requisito specifico per partecipare alla gara costituito
dalla pregressa esperienza nella gestione o raccolta di gioco sulla base di un valido ed efficace titolo
abilitativo in uno degli Stati dello Spazio Economico Europeo.
1.6. L’offerta economica (ai sensi del punto 12.4 del Capitolato) consisteva “nell’offerta al rialzo
sull’importo minimo a base d’asta previsto in € 700.000,00; le offerte al rialzo dovranno essere
formulate con importo minimo di € 3.000.000,00 (euro tremilioni/00), come precisato nelle istruzioni
contenute nell’allegato”.
1.6.1. Il punto 15.3 del Capitolato prevedeva l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di un punteggio massimo pari a 100 punti, così
articolato: fino ad un massimo di 30 punti, riferito all’offerta tecnica secondo le regole indicate nel
capitolo 17 del Capitolato; fino ad un massimo di 70 punti, riferito all’offerta economica secondo le
regole indicate nel capitolo 18 del Capitolato.
1.7. Il punto 11 del Capitolato richiedeva anche di presentare un piano di investimenti, un progetto
organizzativo e un progetto di sviluppo, redatti secondo le istruzioni contenute nell’Allegato B; mentre
il punto 13 del Capitolato prevedeva che il candidato fosse tenuto a presentare una garanzia
provvisoria di € 5.000.000,00 con impegno a portarla ad € 40.000.000 in caso di aggiudicazione.
1.8. La legge di gara prevedeva, inoltre, la facoltà, per i concorrenti, di fare ricorso all’avvalimento
(cfr. punto 5.5. del Capitolato) ovvero alle diverse forme di partecipazione in forma aggregata (punto
4.1 del Capitolato).
1.9. Altra previsione di rilievo ai fini che qui interessano (sulla quale pure si appuntavano le critiche
delle società ricorrenti) era poi quella contenuta nell’art. 22.1 dello Schema di Convenzione in base
alla quale “Al termine del periodo di concessione, il concessionario devolve ad ADM, senza alcun
onere a carico della stessa e a sua richiesta, tutti i beni materiali e immateriali che costituiscono la
rete costituita dai punti di raccolta fisici nonché la proprietà dell’intero sistema automatizzato,
comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i
punti di raccolta, degli impianti, delle snellire dei programmi degli archivi e di quanto altro occorre per
il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso risultante dell’ultimo inventario
approvato da ADM; tali beni al momento della devoluzione devono essere liberi da diritti e pretese di
terzi”.
1.9.1. A tale specifico riguardo, l’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 prevedeva, tra le
condizioni essenziali, l’obbligo del concessionario di aggiornamento tecnologico del sistema della rete
e dei terminali di gioco “secondo standard qualitativi che garantiscano la massima sicurezza ed
affidabilità, secondo il piano di investimento che costituisce parte dell’offerta tecnica”.
2. Le società Stanley, sostenendo che le misure introdotte dal legislatore prima, con la disciplina
normativa in esame, e da ADM poi, con gli atti della procedura, pur formalmente volte a garantire
l’apertura del mercato nel settore dei giochi in questione, in sostanza avessero introdotto gravi
restrizioni e asimmetrie in danno degli operatori di minori dimensioni, impugnavano, dinanzi al
Tribunale amministrativo, oltre al bando, i seguenti atti di gara: a) il nomenclatore unico delle
definizioni; b) il capitolato d’oneri con i relativi allegati; c) il capitolato tecnico con l’allegato
tecnico; d) lo schema di atto di convenzione; e) l’allegato I- livelli di servizi e penali; f) la nota
dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 22 dicembre 2015, con la quale era stata riscontrata
negativamente la nota di parte ricorrente dell’11 dicembre 2015; g) tutti gli atti presupposti, connessi
e conseguenti.
2.1. Le esponenti premettevano che la gestione del gioco del lotto inerisce a due tipi di concessioni,
quella per la raccolta delle giocate, riservata esclusivamente ai rivenditori dei generi di monopolio (i
tabaccai) sulla base del modello a più concessionari (c.d. multiproviding non esclusivo), e quella per i
servizi di estrazione, collegamento e automazione, affidata in via diretta alla società Lottomatica
s.p.a., sino all’indizione della gara oggetto della controversia: gara alla quale le società ricorrenti, pur
avendo i requisiti di fatturato e possedendo l’esperienza e la capacità tecnica per candidarsi
seriamente alla gestione del servizio, non avevano inteso partecipare (in quanto assumevano che le
previsioni della lex specialisavrebbero reso impossibile e, comunque, inutile la presentazione di un
offerta) e di cui perciò domandavano in via principale l’annullamento.
2.2. Le società Stanley chiedevano, infatti, la rimozione delle misure, asseritamente discriminatorie e
distorsive, adottate da ADM con la lex specialis della procedura in questione: e, per un verso,
contestavano la scelta di indire la gara secondo il c.d. modello monoproviding esclusivo che, insieme
alla previsione di elevatissimi e irragionevoli requisiti speciali, avrebbe escluso dalla procedura
medesima le ricorrenti e molti altri operatori del settore, riservando di fatto la partecipazione alla gara
alla sola concessionaria uscente (la Lottomatica s.p.a.) o, al più, ad un ristretto numero di operatori di
dimensioni straordinariamente elevate; per altro verso, paventavano che la lex specialisdella nuova
gara, mediante la previsione di clausole escludenti (sulla cui legittimità aveva espresso perplessità,
evidenziandone le criticità, anche il Consiglio di Stato nel parere n. 878 del 28 ottobre 2015), fosse
costruita “su misura” per la concessionaria uscente (che oltretutto aveva già beneficiato per un
ventennio dell’affidamento diretto della concessione e del suo rinnovo tacito, in virtù dell’allora
controversa possibilità di affidare concessioni traslative di pubblici poteri senza procedura
concorsuale).
Le ricorrenti affermavano la propria legittimazione a ricorrere sostenendo che, sebbene disponessero
dei requisiti di fatturato (avendo un fatturato di 500 milioni annui) e di raccolta, nonché della capacità
tecnica ed esperienza richiesti dalla lex specialis e non avessero però partecipato alla gara, avevano,
tuttavia, manifestato in più occasioni un concreto interesse all’aggiudicazione del servizio del gioco
del lotto ad ADM, chiedendole (con nota dell’11 dicembre 2015) di riconsiderarne complessivamente
l’impianto quanto alla scelta del modellomonoproviding, a taluni requisiti di qualificazione escludenti,
alla devoluzione gratuita della rete alla scadenza della concessione: la decisione di non partecipare
alla competizione sarebbe stata, pertanto, determinata dal convincimento che, da un lato, il
modello monoproviding, del quale si contestava in radice l’adozione per l’assegnazione dei servizi di
estrazione, collegamento e automazione oggetto della presente gara, restringeva l’accesso al
mercato di nuovi operatori, dall’altro (come dimostrato dalla consulenza di parte a firma
dell’economista dott. Matteo Merini, depositata in vista dell’udienza pubblica dinanzi al Tribunale
amministrativo) che le condizioni e i requisiti previsti dal bando, “pur ragionevoli a prima
vista”, celavano in realtàun meccanismo che riservava nei fatti la partecipazioneal solo
operatore incumbent, escludendo chiunque altro.
A conforto delle tesi prospettate, le ricorrenti evidenziavano che alla procedura in questione aveva
difatti partecipato unicamente il raggruppamento temporaneo di imprese con mandataria Lottomatica
s.p.a. (con una quota di partecipazione pari al 62% circa) ed altre tre società mandanti (Arianna 2001
s.p.a., Italian Gaming Holding a.s. e Novomatic s.p.a.), risultato all’esito delle operazioni
aggiudicatario definitivo (giusta determinazione prot. n. RU47031 del 16 maggio 2016, anch’essa
impugnata dalle società ricorrenti con autonomo ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio).
2.3. In particolare, il ricorso introduttivo era affidato a cinque motivi di diritto con cui erano dedotte le
seguenti censure:
“I) Incompatibilità dell’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e degli atti di gara impugnati
con norme e principi dell’Unione in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi;
violazione dei principi di congruenza, non discriminazione e proporzionalità, trasparenza ed
imparzialità della P.A.; eccesso di potere per difetto di motivazione;
II) Violazione e falsa applicazione dei principi e della parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost., della
libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e della libertà di concorrenza di cui all’art. 117
comma 2, lett. E) Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza;
III) Violazione di norme e principi dell’Unione in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei
servizi; violazione della direttiva 2014/23/UE e dei principi di congruenza, non discriminazione e
proporzionalità,trasparenza ed imparzialità della P.A.; eccesso di potere per illogicità manifesta e per
difetto di motivazione; sviamento di potere;
IV) Violazione dei principi comunitari in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi
sotto altro profilo; violazione dei principi di congruenza, non discriminazione e proporzionalità,
trasparenza ed imparzialità della P.A.; eccesso di potere per difetto di motivazione;
V) Violazione dei principi di trasparenza in relazione alla devoluzione a titolo gratuito della rete.”
2.4. Con il primo motivo di ricorso, Stanley lamentava che i criteri di selezione del concessionario
erano stati concepiti, nella disciplina normativa prima e negli atti applicativi poi, in modo tale da
rendere obiettivamente possibile solo a Lottomatica e ad un ristretto numero di operatori di
grandissima dimensione di aggiudicarsi la gara: ciò in palese contrasto con gli articoli 49 e 56 del
Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito “TFUE”) che riconoscono il diritto di
stabilimento e la libera prestazione di servizi.
La scelta del modello monoprovidingesclusivo – a differenza di quello multiproviding adottato per altri
giochi, concorsi a pronostici, videolotterie e scommesse – avrebbe, infatti, ostacolato l’accesso al
mercato di nuovi operatori, in assenza di valide ragioni idonee a giustificarla.
In primo luogo, le ricorrenti sostenevano che il gioco del lotto non differirebbe da una semplice
scommessa a quota fissa, risolvendosi nell’estrazione di determinati numeri sulle c.d. ruote delle varie
città.
Peraltro, l’esclusiva in favore di un solo operatore sarebbe ancor più censurabile in quanto neppure
circoscritta al solo gioco del lotto, ma estesa invece anche ad altri giochi numerici, come il 10 e lotto,
nonché a “qualunque ulteriore gioco numerico a quota fissa che ADM riterrà in qualsiasi momento di
voler commercializzare per mezzo della rete Distributiva” (cfr. l’art. 2.1 del capitolato d’oneri).
Inoltre, le ricorrenti rammentavano che la Corte la Corte di Giustizia, nella sentenza 24 gennaio 2013,
nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, ha affermato quanto segue : «Gli articoli 43 CE e 49 CE
devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui
trattasi nei procedimenti principali, che concede un diritto esclusivo avente ad oggetto lo
svolgimento, la gestione, l’organizzazione e il funzionamento dei giochi d’azzardo ad un organismo
unico, qualora, da un lato, tale normativa non risponda realmente all’intento di ridurre le occasioni di
gioco e di limitare le attività in tale settore in modo coerente e sistematico e, dall’altro, non sia
garantito uno stretto controllo da parte delle autorità pubbliche sull’espansione del settore dei giochi
d’azzardo, soltanto nella misura necessaria alla lotta alla criminalità connessa a tali giochi,
circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare».
Alla luce di tali affermazioni la disciplina speciale regolante la fattispecie in esame non troverebbe,
sempre ad avviso delle ricorrenti, giustificazione in esigenze di interesse generale e non supererebbe
il “test di coerenza e sistematicità” al fine di verificare l’effettiva proporzionalità di una misura
restrittiva: in particolare, non si spiegherebbe perché le attività di service providing relative ad altri
giochi, maggiormente pericolose per la tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori (quali
scommesse e videolotterie), sono esercitate da più operatori in competizione tra di loro, mentre il
servizio del gioco del lotto automatizzato, che presenta minori criticità, debba essere affidato ad un
solo operatore.
Né la scelta del modello monoconcessionario, con le restrizioni alle libertà di stabilimento e di
prestazione dei servizi che ne conseguono, potrebbe ritenersi dettata dall’intento di ridurre le
occasioni di gioco (vista l’espansione esponenziale delle opportunità di gioco e della pubblicità, anche
tramite internet, che ha caratterizzato gli ultimi anni) o da esigenze erariali (stante la sicura maggiore
redditività per lo Stato che deriverebbe dall’adozione del modello multiproviding e dall’ampliamento
della rete di raccolta a soggetti diversi dai rivenditori di generi di monopolio).
2.5. Con il secondo motivo di ricorso le società Staley denunciavano il contrasto della disciplina
normativa di cui all’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e dei relativi atti applicativi con i
principi costituzionali di uguaglianza (art. 3 Cost.), libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e
libertà di concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e) Cost.).
La gara per la concessione sarebbe stata sottratta al mercato e alla libera competizione sì da
agevolare il concessionario uscente con un’evidente disparità di trattamento non sorretta da alcuna
adeguata giustificazione: l’obiettivo di tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori ben potrebbe
essere adeguatamente realizzato attraverso un modello multi providing.
Ne risulterebbero sconfessate anche le chiare indicazioni dell’Autorità Garante per la Concorrenza e
per il Mercato (di seguito “AGCM”): quest’ultima, con la segnalazione AS404 del 28 giugno 2017,
aveva richiesto di garantire la contendibilità dei diversi giochi in occasione del rilascio dei nuovi titoli,
evitando di attribuire esclusive ad un unico operatore.
Per contro, i criteri di selezione del concessionario erano stati delineati in modo tale da rendere
possibile aggiudicarsi la concessione solo al concessionario uscente e ad un esiguo numero di
operatori di straordinarie dimensioni.
2.6. Ad ulteriore riprova e specificazione di queste ultime affermazioni, le critiche articolate con il
terzo motivo si appuntavano, quindi, sull’offerta economica, sui requisiti di capacità finanziaria e
sull’importo delle garanzie richieste, costituenti altrettante preclusioni alla partecipazione.
In primo luogo, il legislatore italiano avrebbe previsto una base d’asta (pari a 700 milioni di euro)
irragionevole e sproporzionata rispetto ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-
organizzativi: dal raffronto con questi ultimi emerge, infatti, che l’importo della base d’asta per il
prezzo offerto è pari al doppio della soglia di capacità tecnica e a sette volte il fatturato generato nel
triennio di riferimento; sicché un’offerta a rialzo su tale importo base non potrà che interessare
operatori che realizzano fatturati e volumi di raccolta di gran lunga superiori rispetto a quelli
nominalmente richiesti dalla lex specialis(caratterizzata, per di più, da previsioni e condizioni
eccedenti le obiettive necessità operative e organizzative della concessione).
Nonostante l’intervenuta riduzione dei requisiti di fatturato e di raccolta a seguito del parere del
Consiglio di Stato del 7 agosto 2016, la lex specialis continuerebbe a porsi in contrasto con le
previsioni degli articoli 49 ss. e 56 ss. del TFUE e della Direttiva 2014/23/UE, risultando i criteri di
selezione previsti dall’ADM ancora non congruenti con i considerando n. 63 e n. 67 della Direttiva
stessa.
In particolare, la lex specialissarebbe stata illegittima ed immediatamente lesiva perché rivolta a
pochissimi operatori, in grado di realizzare un’elevata capacità di indebitamento o di reperimento di
mezzi propri: difatti, anche un operatore come Stanley – che realizza, a livello di gruppo, un fatturato
annuo pari a circa 500 milioni di euro e che è in possesso dei requisiti di fatturato e di raccolta previsti
dal bando – non sarebbe comunque in grado di farsi affidare dal sistema bancario o di reperire capitali
di rischio nell’ordine di 700/800 milioni di euro.
2.7. Con il quarto motivo di ricorso le società esponenti lamentavano che lalex specialis contenesse
diverse disposizioni idonee ad interferire con le vicende contenziose e con l’attività del gruppo
Stanley nel settore dei giochi e delle scommesse.
Le censure si appuntavano, in particolare, sulle clausole di cui al punto 9.1. lett. b. del Capitolato
d’oneri e all’art. 30 lett. h) e k) dello schema di convenzione inerente a talune ipotesi di decadenza
dalla concessione.
La prima clausola prevedeva l’obbligo di dichiarare, tra l’altro, di non aver commesso “violazioni
gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse,
secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito intendendosi per gravi le
violazioni che comportano l’omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a quello
indicato all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e successive
modificazioni ed integrazioni”.
L’art. 30.2 dello schema di convenzione stabiliva invece che può determinare decadenza dalla
concessione “ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che ADM, in
ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l’oggetto
dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l’affidabilità, la professionalità e
l’idoneità morale del concessionario” (lett. h), nonché ogni ipotesi in cui “il concessionario viola la
normativa in materia di repressione del gioco anomalo, illecito e clandestino ed, in particolare,
quando in proprio od attraverso società controllate o collegate ovunque ubicate, commercializzi sul
territorio italiano altri giochi assimilabili al gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a
quota fissa senza averne il prescritto titolo ovvero ad altri giochi vietati dall’ordinamento
italiano” (lett. k).
A tale riguardo le ricorrenti evidenziavano che esse operano in Italia attraverso punti di raccolta
denominati Centri Trasmissione Dati (c.d. CTD), presso i quali offrono servizi di scommesse sportive
(che gli utenti possono concludere per via telematica accedendo ad un server della Stanley ubicato
nel regno Unito o in un altro Stato Membro, pagando presso i detti Centri le puntate o riscuotendo le
vincite) in regime di libera prestazione di servizi e in assenza di concessione; aggiungevano poi che,
sebbene tale modus operandi fosse stato riconosciuto legittimo sia dalla Corte di Giustizia sia dalla
Corte di Cassazione, l’ADM continuava a mantenere una posizione di segno contrario, come
dimostrerebbe il contenzioso (sia penale sia tributario) in atto di cui sono parti il gruppo Stanley e la
stessa Agenzia.
Per tali ragioni le suddette previsioni, nella misura in cui hanno stabilito una valutazione ampiamente
discrezionale dell’ADM sulle ipotesi che possono dare luogo ad esclusione dalla gara o a decadenza
dalla concessione e determinato così incertezza su simili evenienze, avrebbero rivestito una portata
dissuasiva rispetto alla partecipazione alla gara nei confronti di un imprenditore di normale
avvedutezza (e ancor più nel caso di Stanley per il quale la partecipazione alla gara avrebbe richiesto
la rinuncia all’esercizio dell’attività tramite i propri CTD, per non incorrere nella sanzione espulsiva o
decadenziale).
2.8. Infine, con il quinto motivo di doglianza, le ricorrenti lamentavano che ADM, prima di disciplinare
il profilo inerente la devoluzione a titolo gratuito della rete al termine della concessione, avrebbe
dovuto prudenzialmente attendere la decisione della Corte di Giustizia nella causa C-375/14, avente
ad oggetto un’analoga disciplina nel settore delle scommesse.
2.9. Come già evidenziato, al fine di avvalorare le proprie tesi difensive, le ricorrenti depositavano nel
giudizio di primo grado una consulenza economica a firma del dottor Matteo Merini (di
seguito “Memoria Merini”), ove si poneva in rilievo la necessità di operare una valutazione
complessiva delle previsioni del bando e, in dettaglio, di quelle relative: alla base d’asta; alla ristretta
finestra temporale in cui dovevano essere pagati dall’aggiudicataria i corrispettivi del prezzo offerto
(comprensivo dell’ammontare dei rilanci obbligatori); alla prestazione di una garanzia definitiva di 40
milioni di euro al momento dell’affidamento del servizio; alla realizzazione entro i primi cinque anni di
un piano di investimenti di valore complessivo non inferiore a 90 milioni di euro per l’aggiornamento
della rete. Dette previsioni, pur apparentemente ragionevoli, in realtà davano luogo ad un
meccanismo che riservava la competizione al solo concessionario uscente Lottomatica, generando
esse di fatto la necessità di un fabbisogno finanziario immediato pari a circa 750/800 che, unitamente
al fatturato richiesto dal bando, imporrebbe al concorrente di reperire in un solo anno risorse pari tra
le 21 e 24 volte il fatturato annuo indicato.
2.9.1. Inoltre, per effetto delle stringenti condizioni di patrimonializzazione prescritte dalla lex
specialisal concorrente – al quale era, da un lato, consentito di indebitarsi fino al 400 per cento del
suo patrimonio netto (art. 9.2. lett. f) del capitolato) e dall’altro imposto il rispetto degli altri indici di
solidità patrimoniale di cui al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 28 giugno 2011, n.
1845/Strategie/UD – sarebbe fortemente limitata la sua capacità di indebitamento, soprattutto di
lungo periodo, da parametrarsi costantemente al patrimonio netto: ne conseguirebbe che, alla
stregua di tali elementi, soltanto due operatori, Lottomatica (e la sua controllante IGT) e WHG Ltd (e
la sua controllante William Hill plc) erano qualificati per partecipare poiché soltanto gli operatori che
avessero già posseduto un patrimonio netto superiore ad un miliardo di euro avrebbero, ad un tempo,
potuto ricorrere al finanziamento esterno e soddisfare i requisiti di solidità patrimoniale richiesti dal
bando. Ad un esame più approfondito, anzi, neppure WHG Ltd avrebbe rispettato i requisiti indicati dal
d.m. 28 giugno 2011 e, in definitiva, soltanto la società Lottomatica avrebbe potuto partecipare alla
gara.
Tali considerazioni confermerebbero l’intrinseca attitudine escludente della legge di gara che
consentiva l’ingresso alla selezione competitiva solo agli operatori di grandi dimensioni: invero, i
candidati avrebbero dovuto generare un flusso di cassa annuo che assommasse complessivamente
fino a sette-otto volte il fatturato richiesto dal bando e che non avrebbero potuto in alcun modo
reperire dai proventi derivanti dall’esercizio della concessione (che avrebbero al più consentito di
generare un flusso di cassa pari a circa 133,2 milioni di euro annui, ossia il 33, 3% dell’aggio dovuto al
concessionario, quantificabile in circa 400 milioni di euro all’anno), con conseguente impossibilità per
l’aggiudicatario di far fronte agli impegni assunti, peraltro entro una tempistica (imposta dal bando)
eccessivamente rigorosa (si pensi in primis al pagamento entro trenta giorni dall’aggiudicazione
dell’importo di 350 milioni di euro).
Né sarebbe alternativa percorribile l’emissione di nuove azioni da destinarsi a terzi per raggiungere il
fabbisogno finanziario richiesto in quanto tale scelta modificherebbe la compagine proprietaria con i
connessi problemi di governantee perdita del controllo della società: piuttosto, potrebbe in concreto
optarsi solo per apporti di capitale proprio (quali il finanziamento in conto capitale o gli aumenti del
capitale sociale), strumenti riservati però ancora una volta alle società appartenenti a gruppi
multinazionali di grandissime dimensioni (come Eurobet Italia- Coral Group ed Intralot Italia- Intralot
PLC), sufficientemente liquidi e adeguatamente patrimonializzati per sopperire al fabbisogno
finanziario delle proprie controllate, intenzionate a partecipare alla gara.
In definitiva, con il mezzo in esame le ricorrenti sostenevano che il complesso delle condizioni e dei
requisiti previsti da ADM con la lex specialis si sarebbe tradotto in una sorta di requisito occulto che
aveva operato, mediante il combinato disposto dell’ingente fabbisogno finanziario e del
contemporaneo rispetto dei requisiti di solidità patrimoniale, come una fortissima barriera all’ingresso
di operatori di piccole e medie dimensioni, impossibilitati a partecipare anche ove avessero rispettato
tutti gli altri requisiti previsti dal bando.
2.9.2. In via istruttoria, le società Stanley richiedevano che, in caso di contestazione dei dati e
documenti rappresentati nella Memoria Merini, il Tribunale disponesse una consulenza tecnica
d’ufficio ai sensi degli articoli 63, comma 4, Cod. proc. amm. e 67 Cod. proc. amm. per l’acquisizione
di elementi di valutazione e giudizio sulle condizioni di qualificazione dei partecipanti che postulano
specifiche competenze tecnico-economiche.
3. In subordine, le società ricorrenti chiedevano, altresì, il rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, delle questioni pregiudiziali prospettate con riferimento all’art. 1,
comma 653, della legge di stabilità 2015 e agli atti applicativi impugnati al fine di verificare la
compatibilità con il diritto comunitario (ed in particolare con il diritto di stabilimento e la libera
prestazione di servizi, nonché con i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di
concorrenza, proporzionalità e coerenza) delle relative previsioni in punto di: a) modello di
concessionario monoproviding esclusivo (prescelto solo in relazione al servizio del gioco del Lotto e
non per altri giochi, concorsi pronostici e scommesse); b) base d’asta (di gran lunga superiore rispetto
ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativi, del tipo di quelli previsti dai punti
5.3, 5.4, 11, 12.4 e 15.3 del capitolato d’oneri); c) alternatività del tipo di quella che discende dall’art.
30 dello schema di convenzione tra la partecipazione alla gara per l’assegnazione di una nuova
concessione ed esercizio della libertà di prestazione dei diversi servizi di scommessa su base
transfrontaliera, sì da comportare la rinunzia all’attività trasfrontaliera nonostante quest’ultima sia
stata più volte riconosciuta legittima dalla Corte di Giustizia (con sentenze 6 novembre 2003, in
C-243/01 Gambelli, 6 marzo 2007 nelle cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica, e 16
febbraio 2012, nelle cause riunite C 72/10 e C 77/10, Costa-Cifone).
3.1. Le ricorrenti chiedevano, altresì, in subordine, la rimessione alla Corte Costituzionale delle
questioni di legittimità costituzionale prospettate con riferimento alle citate disposizioni della legge di
stabilità 2015 per violazione degli artt. 3, 41 e 117 comma 2, lett. e), della Costituzione.
3.2. Si costituivano in resistenza il Ministero dell’Economia e della Finanze (di seguito “il MEF”o“il
Ministero”) e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; non si costituiva invece nel giudizio di primo
grado la controinteressata Lottomatica s.p.a., benché ritualmente evocata.
3.3. Preliminarmente le Amministrazioni intimate eccepivano l’inammissibilità del ricorso per carenza
di interesse (stante il possesso da parte delle società ricorrenti, per loro stessa ammissione, dei
requisiti di partecipazione) e la tardività delle censure afferenti l’impianto della gara (rispetto alla
pubblicazione della legge di stabilità del 2015 e, comunque, alla pubblicazione sul sito istituzionale
della Giustizia Amministrativa del parere interlocutorio del Consiglio di Stato del 7 agosto 2015); nel
merito, ne argomentavano comunque l’infondatezza, alla stregua delle concrete modalità di
funzionamento del gioco del Lotto, fondato su un sistema necessariamente multiproviding a valle
(quanto alla raccolta delle giocate, affidata a oltre 33.000 ricevitorie, operanti in virtù di concessione)
e monoproviding a monte (per quanto invece attiene a tutte le attività di estrazione, collegamento e
gestione costituenti oggetto specifico della gara in questione); in ogni caso, sostenevano la carenza di
una lesione attuale della sfera giuridica delle società ricorrenti, in quanto la base d’asta, i requisiti
speciali e l’importo delle garanzie richieste non sarebbero state né preclusive della partecipazione alla
gara né irragionevoli.
3.4. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo, prescindendo per ragioni di economia
processuale dalle esame delle eccezioni in rito formulate in limine dalle Amministrazioni, ha respinto il
ricorso, ritenendo infondate tutte le censure proposte.
3.5. In primo luogo, il Tribunale ha trattato congiuntamente i primi due motivi di ricorso e li ha
rigettati, evidenziando la ragionevolezza di un modello monoproviding e la sua rispondenza anche a
finalità di interesse generale: da un lato, esso crea una minore competizione all’interno del mercato
(realizzando una logica di governo responsabile e non competitiva del gioco); dall’altro si attaglia alle
peculiarità del gioco del lotto, unico in cui lo Stato assume il rischio di impresa e nel quale sussiste
una netta distinzione tra la fase della raccolta, affidata ad una rete di ricevitorie diffuse capillarmente
su tutto il territorio nazionale, e la fase della gestione affidata ad un unico concessionario, peculiarità
che lo differenziano rispetto ad altri giochi.
Pertanto, la previsione di un sistema a più concessionari auspicato dalle ricorrenti imporrebbe,
secondo il Tribunale, la necessità di un coordinamento affidato ad una sorta di “superconcessionario”
(o, quantomeno, la costituzione di una rete di collegamento presso l’ADM) che tenga indenni
l’Amministrazione da eventuali responsabilità derivanti da inadempimenti di tali soggetti, con
maggiori oneri per l’Erario.
3.6. Il Tribunale amministrativo adito ha altresì ritenuto che non valesse alle ricorrenti invocare né la
segnalazione dell’AGCM AS 403 del 27 giugno 2007 (nella quale si chiariva che «anche nel mercato
dei giochi e delle scommesse l’ingresso dovrebbe avvenire nel rispetto del principio costituzionale di
libertà di iniziativa economica e dei principi comunitari di non discriminazione, di parità di
trattamento, di mutuo riconoscimento e di proporzionalità” evitando di stabilire condizioni di accesso
tali da favorire gli operatori di gioco già attivi sul mercatomediante previsione di “criteri di selezione
che non appaiono proporzionati al pur condivisibile obiettivo di attribuire il titolo ad operare a soggetti
dotati di stabilità economica- finanziaria e di esperienza tecnico-organizzativa”); né la sentenza della
Corte di Giustizia del 21 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11 (con la quale è stato
affermato che «gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una
normativa nazionale … che concede un diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la
gestione, l’organizzazione e il funzionamento dei giochi d’azzardo ad un organismo unico, qualora, da
un lato, tale normativa non risponda realmente all’intento di ridurre le occasioni di gioco e di limitare
le attività in tale settore in modo coerente e sistematico e, dall’altro, non sia garantito uno stretto
controllo da parte delle autorità pubbliche sull’espansione del settore dei giochi d’azzardo, soltanto
nella misura necessaria alla lotta alla criminalità connessa a tali giochi, circostanze queste che spetta
al giudice del rinvio verificare»).
3.6.1. Quanto alla segnalazione dell’AGCM, essa, avendo ad oggetto le “Modalità di affidamento in
concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale” (in definitiva, inerendo ad
una concessione per la raccolta delle giocate), non potrebbe perciò riferirsi a concessioni come quella
in esame (riguardante, invece, soltanto la “gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e
degli altri giochi numerici a quota fissa”): le indicazioni operative fornite dall’AGCM risulterebbero
comunque rispettate nel caso concreto (come dimostrerebbe l’assenza di limitazioni alla costituzione
di raggruppamenti temporanei di impresa ai fini della partecipazione alla gara in questione).
3.6.2. Con riguardo alla citata sentenza della Corte di Giustizia essa si riferiva, sempre secondo il
Tribunale, ad una fattispecie ben diversa nella quale le società Stanley ed altri operatori del settore si
dolevano dell’istituzione di un monopolio statale da parte dello Stato greco nel settore dei giochi
d’azzardo mediante affidamento diretto e senza gara ad una società pubblica maggioritaria di un
diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la gestione, l’organizzazione e il funzionamento,
per venti anni, dei giochi: mentre nel caso oggetto di giudizio, le ricorrenti contestavano la scelta
dello Stato italiano di affidare il servizio relativo alle attività di gestione automatizzata del Lotto ad
unico concessionario “scelto mediante procedura di selezione aperta, competitiva e non
discriminatoria”. In tal modo, sarebbero, dunque, assicurate sia la “concorrenza nel mercato” della
raccolta del gioco del Lotto, sia la “concorrenza per il mercato” relativo alla gestione del servizio del
gioco del Lotto automatizzato.
3.7. Il Tribunale amministrativo ha parimenti ritenuto infondate le doglianze articolate con il terzo
motivo inerente all’asserita irragionevolezza e sproporzione della base d’asta e alla violazione, da
parte dell’ADM, dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e concorrenza nella fissazione dei
requisiti di partecipazione alla gara, costituenti un’indebita limitazione dell’accesso al mercato per le
imprese interessate a candidarsi come la Stanley: ha, infatti, rilevato che, per un verso, non fosse
precluso alle concorrenti, per soddisfare i requisiti speciali di cui fossero state singolarmente carenti,
partecipare nelle forme di aggregazione associativa consentite dal bando (come, peraltro, aveva fatto
la stessa aggiudicataria Lottomatica, il che smentirebbe pure l’assunto delle ricorrenti secondo cui la
nuova gara e il modello monoproviding sarebbero stati costruiti “su misura” per il concessionario
uscente), ovvero per il tramite di società direttamente o indirettamente controllanti o controllate, in
Italia o in altro Stato dello Spazio Economico Europeo e, nel caso di società consortile o consorzio,
posseduti anche cumulativamente dalle imprese componenti (purché per almeno 1/3 da un’unica
impresa); per altro verso la base d’asta, per quanto elevata, era determinata dall’esigenza di tutela
dei rilevantissimi pubblici connessi alla gestione del gioco del lotto e proporzionata sia all’entità
economica della concessione (tenuto conto dei dati storici e del gettito generato per l’Erario: nel solo
2015, pari a circa 1,2 miliardi) sia all’aggio, previsto dal legislatore nella misura del 6 per cento della
raccolta e tale da comportare, per il concessionario, un ricavo annuo pari a 400 milioni di euro (e a
circa 3,7 miliardi di euro per l’intera durata, novennale, della concessione).
Allo stesso tempo, il Tribunale ha condiviso le deduzioni svolte dalle Amministrazione resistenti in
merito all’adeguatezza e proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto della prestazione per la
quale era stata indetta la gara anche dei requisiti speciali prescritti da ADM con la lex specialis,
tenuto conto in particolare: a) dei dati storici (negli ultimi cinque esercizi la raccolta dei giochi
numerici a quota fissa è stata sempre superiore a 6 miliardi all’anno, generando così un fatturato per
il concessionario di circa 400 milioni annui); b) del fatto che tali requisiti sono inferiori al fatturato
annuo che potrà derivare dalla concessione e sono comunque contenuti se raffrontati alla base
d’asta; c) della possibilità che l’aggio annuale già nel primo anno generi un fatturato superiore a 400
milioni di euro, ossia a pari a poco meno della metà del fabbisogno finanziario richiesto; d) del fatto
che sia rimasto del tutto sfornito di prova il timore, espresso dalle ricorrenti, di non vedere realizzato
l’obiettivo del rapporto di indebitamento previsto dal citato d.m. del 28 giugno 2011, considerando
altresì che tale rapporto non costituiva condizione di ammissione alla selezione competitiva, ma
atteneva alla mera fase esecutiva del rapporto concessorio; e) della circostanza che, per stessa
ammissione delle ricorrenti, almeno quattro operatori del settore erano in possesso dei requisiti di
partecipazione e che le società Stanley avevano pure omesso di indicarne altri di grandissime
dimensioni (sebbene dovesse pure ritenersi, ad avviso del Tribunale, che le prescrizioni in tema di
fabbisogno finanziario e limiti all’indebitamento avessero in effetti precluso a gran parte dei quindici
operatori economici indicati dall’ADM, benché in possesso dei requisiti speciali previsti dal bando, di
partecipare singolarmente alla gara).
In conclusione, il Tribunale amministrativo ha ritenuto, alla luce delle risultanze del giudizio, che la
disciplina posta dalla lex specialisnon avesse determinato un’indebita limitazione della concorrenza: e
ha fondato, tra l’altro, il suo convincimento proprio sulle valutazioni espresse nella “memoria Merini”
in ordine alla effettiva e concreta possibilità di partecipazione alla gara, anche singolarmente, quanto
meno degli operatori di maggiori dimensioni.
Il Collegio di prime cure ha in particolare dato rilievo a quei passaggi (si veda pagina 22 e 27 della
consulenza di parte depositata dalle ricorrenti in primo grado) ove si riconosceva che: a) la possibilità
di un finanziamento in conto capitale o mediante un aumento di capitale riservato agli azionisti
esistenti fosse in concreto praticabile dalle filiali italiane di gruppi nazionali di grandissime dimensioni
(e, tra questi, Eurobet Italia e Intralot erano proprio due dei quindici operatori del settore indicati dalle
Amministrazioni resistenti); b)gli operatori potevano di fatto, a loro discrezione, scegliere tutte le
modalità possibili per reperire il fabbisogno finanziario necessario; c) nell’ambito di un campione di
undici operatori, ben tre di essi (IGT/Lottomatica, La Francaise de Jeux, Paddy Power Betfair)
avrebbero potuto partecipare con successo alla gara.
Oltre a tali considerazioni, il Tribunale ha rilevato poi che non vi erano preclusioni alla possibilità di
partecipare ricorrendo ad un raggruppamento temporaneo di imprese o ad una società consortile, il
che escludeva anche la prospettata violazione della direttiva 2014/23/UE: risultava perciò pienamente
rispettato il dettato del considerando n. 63 ove si afferma un principio generale, secondo il quale la
congruità della scelta di criteri di selezione operata dalla stazione appaltante non deve essere
valutata solo con riferimento al singolo candidato perché, salvo casi eccezionali, le stazioni appaltanti
devono consentire a ciascun operatore economico di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti
facendo ricorso “alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi
rapporti con essi, qualora l’operatore dimostri all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente
aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie”.
3.8. La sentenza in epigrafe ha poi respinto il quarto motivo di impugnazione, ritenendo che le
clausole con esso censurate dalle ricorrenti non potessero tradursi in una forma di dissuasione dal
partecipare alla gara.
A tale riguardo, il Tribunale ha, in primo luogo, osservato che, sebbene in passato la Corte di Giustizia
(cfr. le sentenze 6 novembre 2003, in C-243/01 Gambelli; 6 marzo 2007 nelle cause riunite C-338/04,
C-359/04 e C-360/04, Placanica; e 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C 72/10 e C 77/10, Costa-
Cifone) e la Corte di Cassazione abbiano effettivamente affermato che il diritto dell’Unione osta a che
vengano applicate sanzioni per l’esercizio di un’attività organizzata di raccolta di scommesse senza
concessione o senza autorizzazione di polizia nei confronti di soggetti (quali i gestori dei CTD) legati
ad un operatore (la Stanley) che era stato escluso da una gara in violazione del diritto dell’Unione –
purtuttavia tale ius singulare dovesse oramai ritenersi venuto meno: inoltre, ha richiamato al riguardo
un proprio precedente (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 5 marzo 2015, n. 3793).
In tale decisione il Tribunale amministrativo aveva già avuto modo di precisare che: a) le società
Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited hanno impugnato il bando della c.d.
gara Monti (ossia della gara indetta ai sensi dell’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge 2 marzo
2012, n. 16, convertito dalla legge del 26 aprile 2012, n. 44, per l’affidamento in concessione di
duemila concessioni per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici attraverso l’attivazione di rete fisica
di negozi di gioco e relativa conduzione) perché hanno correttamente inteso gli effetti che tale gara
avrebbe prodotto sullo “sdoppiamento” della disciplina del mercato dei giochi, ponendo fine allo ius
singulare riservato agli operatori di altri Stati membri ai quali in passato erano state illegittimamente
negati i titoli per operare nel mercato italiano; b) difatti la “gara Monti” è stata prevista dal legislatore
al dichiarato fine di “rendere la legislazione nazionale pienamente coerente con quella degli altri Paesi
che concorrono in ambito europeo alla realizzazione della nuova formula di gioco” e le predette
società nel ricorso proposto avverso il relativo bando hanno espressamente dichiarato il proprio
interesse ad aggiudicarsi le nuove concessioni, interesse che sarebbe stato, invece, insussistente se
l’operatività del sistema dei CTD in assenza di concessione fosse stata comunque garantita dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia; c) l’integrale reiezione delle censure dedotte dalle società
Stanley avverso il bando della “gara Monti” (per effetto delle sentenze del Consiglio di Stato n. 4199
del 20 agosto 2013 e n. 3985 del 25 agosto 2015, nonché della sentenza della Corte di Giustizia 22
gennaio 2015 in C/463-13) vale a dimostrare che tale gara ha effettivamente sortito l’effetto di porre
termine al predetto ius singulare.
Tanto premesso, il Collegio di prime cure ha, quindi, ritenuto che il motivo non meritasse
accoglimento in quanto, da un lato, la clausola di cui al punto 9.1. del capitolato si limitava a recepire
la disposizione normativa di cui all’art. 38 del Codice dei Contratti pubblici; dall’altro, quanto alle
cause di decadenza dello schema di convenzione, le censure delle ricorrenti si infrangevano
irrimediabilmente su quanto già statuito dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento alla lex
specialis relativa alla gara per l’affidamento delle duemila concessioni di cui all’art. 10, comma 9-
octies, del decreto legge n. 16 del 2012 e alle previsioni di decadenza contenute nelle clausole di cui
all’art. 23 dello schema di convenzione relativo a tali concessioni (cfr. Cons. di Stato, IV, 20 agosto
2013, n. 4199 che ha respinto l’appello delle Stanley, richiamando le valutazioni già espresse dalla
Sezione Consultiva nel parere n. 3337 del 19 luglio 2012 e aderendo alle argomentazioni della
decisione della Corte di Giustizia Costa- Cifone).
In particolare, il Tribunale ha rammentato che nel parere in oggetto la Sezione Consultiva aveva
rilevato come sine dubio la nuova formulazione dell’art. 23 (ove si disponeva la decadenza dalla
Puoi anche leggere