Calcio Amarcord / Mateo Retegui l'ultimo oriundo, ma nessuno come "La Bibbia del Football" Renato Cesarini - Il nativo di Senigallia fu uno dei ...

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Calcio Amarcord / Mateo Retegui l'ultimo oriundo, ma nessuno come "La Bibbia del Football" Renato Cesarini - Il nativo di Senigallia fu uno dei ...
Calcio   Amarcord  /   Mateo
Retegui l’ultimo oriundo, ma
nessuno come “La Bibbia del
Football” Renato Cesarini

Il nativo di Senigallia fu uno dei primi
oriundi a giocare con l’Italia.
Un personaggio unico, non solo per la sua
ancora celebre “Zona”
Calcio Amarcord / Mateo Retegui l'ultimo oriundo, ma nessuno come "La Bibbia del Football" Renato Cesarini - Il nativo di Senigallia fu uno dei ...
SENIGALLIA, 23 Marzo 2023 –
                               Mateo Retegui numero 50, Renato
                               Cesarini numero 1, in campo e
                               fuori.

L’attaccante italo-argentino del Tigre contro l’Inghilterra,
il 23 marzo nel match valido per le qualificazioni agli
Europei 2024, sarà il cinquantesimo oriundo a giocare nella
Nazionale italiana.

Non sono mancate le polemiche sull’opportunità, o meno, di far
debuttare in azzurro un calciatore che in Italia non ha mai
giocato e che è in possesso della cittadinanza soltanto per un
nonno materno siciliano.

La crisi che colpisce il calcio italiano, che pare ormai
incapace di produrre attaccanti anche solo di medio livello
internazionale, in futuro potrà – crediamo – presentare casi
analoghi se non ancora più clamorosi ma intanto l’attaccante
classe 1999 si aggiunge alla lunga lista di oriundi che hanno
indossato la gloriosa maglia dell’Italia.

Gli oriundi, infatti, ci sono
sempre stati, anche se qualcuno
pare   essersene     ricordato
soltanto ora: ben prima di
Retegui, o di Joao Pedro e Luiz
Felipe, questi ultimi due
brasiliani      di     origine
recentemente    convocati    ma
apparentemente già fuori dal
giro azzurro.

Esattamente 25   su 50 provenivano   dall’Argentina, a partire dal
primo, Eugenio   Mosso da Mendoza,    che giocò in azzurro già nel
1914: la gran    parte di loro non    ha lasciato il segno, e c’è
anche chi poi    ha cambiato idea,    come Franco Vazquez, nato e
cresciuto in Argentina, che prima nel 2015 accetta di giocare
per l’Italia in amichevole, poi nel 2018 esordisce nella
maggiore argentina, ribadendo di essersi sempre sentito
albiceleste: potenza dei regolamenti, che consentono di
cambiare nazionale a chi abbia disputato soltanto amichevoli.

Alcuni di questi oriundi però lasciarono il segno eccome, come
Luis Monti e Raimundo Orsi, campioni del mondo con l’Italia
nel 1934.

E come Renato Cesarini, soprattutto.

A differenza della gran parte degli altri, Cesarini era nato
in Italia, sulle colline di Senigallia.

Era il 1906: poco dopo, con la famiglia, come tanti altri,
emigrò in cerca di fortuna verso l’Argentina.

Tempi grami, e vita di fatiche, di lavori umili e improbabili
(persino acrobata in un circo) anche per il futuro
fuoriclasse, come per tanti altri emigrati del tempo.

Fuori e dentro la patria d’origine.

Un personaggio carismatico Cesarini, una vera Bibbia del
Football, in campo prima e da allenatore poi: un po’ filosofo,
tanto da sostenere, in una delle sue frasi ad effetto:

“Quale è la cosa che assomiglia di più alla vita? Un campo di
calcio. Lì dentro ci sono tutti i personaggi”.

Renato Cesarini è ancora oggi famoso per la sua “Zona”, cioè i
minuti finali di una partita nei quali in più circostanze (ma
soprattutto, in una, come vedremo), il campione segnò gol
decisivi: il termine è ormai diventato d’uso comune anche
fuori dallo sport tanto che il Dizionario ricorda che
“l’espressione è ancora oggi spesso adoperata in senso
estensivo e figurativo come equivalente della locuzione
“appena in tempo””.
In fondo, le nostre esistenze scorrono sul filo dei minuti,
proprio come una partita di calcio.

Centrocampista offensivo/attaccante dal talento precoce, idolo
del Chacarita Juniors, squadra di un quartiere di Buenos
Aires, già a 20 anni debutta nell’Argentina, mettendosi
definitivamente da parte una giovinezza di tante speranze e
altrettante fatiche.

Quindi, torna in Italia, acquistato dalla Juventus: è il 1930
ed ha 24 anni.

Alla Juve, “El Tano” (L’Italiano) o “Il Cè” diventa leggenda,
vincendo 5 scudetti consecutivi e segnando oltre 50 gol.

Poco dopo Cesarini debutta anche nella nazionale italiana, per
la rabbia del governo argentino che accusa quello fascista
italiano di voler “depredare” il meglio del football
sudamericano per costruire una nazionale azzurra più forte:
polemiche a non finire in quei giorni in cui anche Orsi, suo
amico e compagno alla Juventus, inizia a vestire l’azzurro ma
Cesarini – ricordiamolo – è nato a Senigallia e senigalliese è
percepito dai suoi concittadini tanto che nel 1932, quando
gioca una amichevole con la maglia della Vigor contro
l’Anconitana, la tribune dello stadio di Senigallia sono
gremite per riabbracciare un proprio figlio.

Perché “Il Cè” era uno che ce l’aveva fatta, diventando
qualcuno di cui andare fieri.

In quel 1932 d’altronde è già famoso per i suoi gol in
extremis: tutto nasce quando contro l’Ungheria il 13 dicembre
1931, segna al 90′ il gol della vittoria.

E’ in quel momento che si sente parlare sui giornali per la
prima volta di “Zona Cesarini”, arrivata fino ad oggi.
Cesarini però non era soltanto
                              un calciatore; o meglio, era un
                              calciatore atipico, un artista
                              in campo e fuori: ciuffo
                              costantemente ribelle, amante
                              delle belle donne, coraggioso
                              anche      a   parole,      con
                              considerazioni non di rado
polemiche che spesso dividevano gli appassionati ma non di
meno sapevano essere acute e non banali.

Dopo la Juventus torna in Argentina per giocare nella più
famosa squadra del paese, il River Plate, continuando a
vincere pure da allenatore prima creando in Sud America
l’imbattibile “La Maquina” – il più forte River Plate di tutti
i tempi -, e poi in Italia, dove nel 1959 si ripresenta a
guidare la Juventus, scoprendo anche futuri grandi campioni
(Giampiero Boniperti, Omar Sivori).

Allena anche in Messico a metà degli anni sessanta e poi la
nazionale argentina.

Muore a Buenos Aires il 24 marzo 1969 dopo una breve malattia,
ad appena 62 anni.

“Quando dai il tuo nome a un pezzetto di tempo – il quale è
solo di Dio, dice la Bibbia – qualcosa nella vita lo hai
fatto”, scrive il romanziere Alessandro Baricco pensando a
Cesarini, l’unico giocatore diventato un modo di dire.

E l’oriundo Cesarini, quel nome al tempo lo ha dato e
attraverso la sua “Zona” ancora vive nel linguaggio di tutti i
giorni, ricordandoci la leggenda de “El Tano” di Senigallia.

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